A un mese dall’uscita di SPOSALA E MUORI PER LEI vi proponiamo un estratto dal capitolo 8 : Ho detto “Dio”, non “bio” ovvero L’educazione deve avere un fine alto. A seguire il video dell’intervista alla LIBRERIA COLETTI.
di Costanza Miriano
Prima mi dispiaceva del fatto che i miei figli di ogni cosa che dico chiedano conferma al padre: ero sicura che fosse perché non ero riuscita a dissimulare la mia ignoranza, forse era stato troppo quando avevo detto che Pancho Villa era l’aiutante di Zorro, o forse perché tutto quello che funziona in casa lo fa funzionare il babbo, e se il divx si blocca è meglio che io esca dalla stanza.
Poi ho realizzato che non è colpa della mia inadeguatezza – comunque quando sarò in pensione conto di colmare qualche lacuna – ma dello specifico paterno: è il padre che indica l’origine e il fine dell’uomo. E’ per questo che prendiamo il nome di nostro padre (fino a che la legge ce lo consentirà), perché a lui apparteniamo. Un padre che è solo una pallida immagine del Padre a cui tendiamo, ma che comunque ci dice la nostra storia, da dove veniamo e dove andiamo. Per questo a casa nostra il babbo oltre ad aggiustare le cose, caccia tutte le paure, dà il coraggio di provare. Il padre infatti ha la forza di mettere obiettivi alti da raggiungere, osserva il figlio, lo conosce e per questo stabilisce le regole (come disse Konrad Adenauer i dieci comandamenti sono così chiari perché non li ha decisi un’assemblea). La legge non è costrizione, ma è quello che porta via dalla schiavitù dell’Egitto: fa vivere meglio qui sulla terra (quanta infelicità in giro tra le persone che fanno di testa propria, e dicono di appartenere solo a se stesse), e ci fa vivere per sempre.
Sì, lo so, Valeria, che a volte succede che Giuseppe sgridi più o meno le bambine non esattamente in base alla gravità di quello che hanno fatto, ma in base all’importanza della partita che sta vedendo. Capisco che il tuo istinto sia quello di afferrare la liana e buttarti giù a difendere il cucciolo dalle sgridate del babbo, ma è vietatissimo. Sono i padri che tagliano il cordone con la mamma, anzi, devono salvare i figli dall’abbraccio soffocante e a volte mortale con lei, che è programmata per intuire e soddisfare tutti i loro bisogni. Non si può neanche ipotizzare l’esistenza di un uomo capace di azzeccare il numero di strati di magliette necessario al pupo, o in grado di decifrare un pianto infantile, non ce la fa neanche quella particolare specie rara che sono i pediatri maschi.
Tra le dotazioni base di cui è sprovvisto l’uomo c’è anche la percezione dei pericoli. Quando sono con Giuseppe le bambine fanno dei tripli axel – senza pattini, bastano i calzini – per centrare gli spigoli, si lanciano dalle scale per vedere se possono volare come La Torcia Umana, ingeriscono bottoni e toccano pentole bollenti. Lui, inadatto e inconfessabilmente scocciato da questo babysitteraggio forzato e ininterrotto, appena può si distrae – leggiucchia, smessaggia, si appisola – le due inventive aspiranti suicide ne approfittano immediatamente. In più, diciamo la verità, non essendo una mamma il padre non ha quell’istinto che gli fa indovinare una febbre al telefono, una caduta da due stanze di distanza, un brutto voto da un colpo di tosse. Un uomo non è in grado di prevedere pericoli e insidie come una donna, a meno che non sia un nevrotico ipocondriaco conclamato. Perché dunque costringerlo a farlo? Se la sicurezza fosse una preoccupazione maschile i padri impiegherebbero molto meno di due ore e un quarto a imparare a chiudere le cinture del seggiolino dell’auto, e non suderebbero così tanto.
Propongo poi una raccolta di firme per salvare l’uomo, quello vecchio stile, dico, dalle insidie della visita pediatrica, vicenda per lui estremamente impegnativa, durante la quale verrà sottoposto a una serie di domande incomprensibili (cosa intenderà esattamente con tosse secca?). La pediatra certo per venirgli incontro abbasserà progressivamente la difficoltà della prova, proponendogli alla fine una domanda di salvataggio, giusto per non bocciarlo, tipo quanti anni ha il bambino (una specie di “parlami del tuo autore preferito”), e questa lui la sa, se lo ricorda perché è nato l’anno dopo lo scudetto.
Per come la vedo io, comunque, il confine estremo dell’ignoto per un uomo sarebbe raccogliere le firme per il ritorno della vecchia maestra di teatro. Innanzitutto dovrebbe sapere che suo figlio fa teatro (ai suoi tempi a scuola si imparava a leggere e scrivere). Poi dovrebbe apprendere che prima aveva una maestra. Memorizzarne il nome anche se racchia. Sapere che adesso è cambiata. Indignarsi. Vergare una lettera di più di quattro parole. Contattare altri genitori – li incontra da anni ma ne riconosce solo uno, e perché porta la quinta di reggiseno – ascoltare le loro ragioni, sintetizzare, mediare, accogliere obiezioni, smussare angoli. Portare la lettera alla preside. Sostenere una conversazione. Impossibile.
D’altra parte ci sono molte altre cose che un padre fa, e una mamma non sa fare, per quanto noi, quasi sempre affette da deliri di onnipotenza, fatichiamo ad ammetterlo. Il padre propone nuove esperienze, e insegna ad affrontare i problemi, protegge ma quando è il caso permette di rischiare, ama la mamma e dà un modello ai maschi, approva e conferma le femmine, poiché ha messo le regole può anche perdonare, e quando è presente, è presente con tutto se stesso, e può appassionarsi al gioco come se avesse dieci anni, cosa ampiamente apprezzata dai figli.
A questo punto devo inserire un ringraziamento a mio marito, che impedisce che a casa nostra viga la democrazia, ciò che porterebbe a un netto predominio della Pepsi twist sull’acqua, del wrestling sullo studio, delle attività di acconciatura peluche su quelle di riordino giochi. Quello che dice il babbo si ascolta, perché il babbo è generoso e non tiene niente per se stesso. Vorrei ringraziare mio marito perché fa il lavoro grosso, quello meno creativo ma più utile a tutti noi; perché è solido e razionale; grazie perché è senza optional – tipo un sofisticato navigatore che gli permetta di individuare nuovi colpi di sole nella consorte – ma non va mai in panne; riceve sms solo dal Touring Club, ma per noi c’è sempre (non come qualcun’altra che starebbe sempre al telefono); corregge con mano ferma, spegne le luci alla sera, toglie i ciucci e dice basta alle caramelle; sa sempre distinguere tra la birichinata e il birichino, e contiene l’arrabbiatura sempre negli argini; si fa aiutare nei lavori di giardinaggio pur avendo i quattro aiutanti più sconclusionati del centro Italia; lo ringrazio perché fa viaggi, vede film, spiega guerre, ascolta incongruenti opinioni di tattica calcistica e surreali avventure di omini Lego, mette (e sente) sveglie ed è pronto a fare tutte le cose per le quali non saprei dove sbattere la testa; perché ci guida ma mi chiede sempre un’opinione (e quando poi fa di testa sua di solito ci prende); lo ringrazio perché è il re dell’accrocco e con creatività tutta sua – uno sputo, un chiodo stortignaccolo – aggiusta praticamente, incredibilmente tutto. Lo ringrazio perché, anche se potrebbe migliorare sul fronte complimenti (è sempre necessario dire tutta la verità?) sarebbe pronto a morire per ognuno di noi.
Caro Giuseppe, ho una sorpresa per te. Mi sono decisa a darti retta e ho messo a posto il solaio. Ho ritrovato i tuoi vecchi scarponcini, quelli capaci di resistere a un attacco nucleare, fatti da queste parti quando non esisteva ancora il made in China. Sono un po’ duri e pesanti forse (sembrano due ferri da stiro), ma secondo me sono talmente fuori moda che ormai hanno scollinato. Te li ho puliti, ho cambiato i lacci, e li ho un po’ ingrassati. Perché non provi a rimetterteli? Hanno l’aria di poter andare lontano, di essere adatti al passo coraggioso di uno che apre la strada. Da parte mia ti prometto che ti seguirò, e starò lì a controllare che anche i figli lo facciano. Anche perché, come è noto, tu vai avanti, e mica ti giri a controllare se qualcuno si perde. A questo proposito sappi che la piccola me lo ha raccontato che al parco te la sei dimenticata sull’altalena: ho fatto finta di non saperlo. D’altra parte se uno è un condottiero mica può star lì a guardare il capello.
Con Amore Valeria
(continua in libreria)
Le illustrzioni sono di Giulietttt (il suo vero nome è Giulia Amadei, graphic designer e illustratrice), realizzate appositamente per il libro Sposala e muori per lei.
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Fantastico! ahahaha! Stamperò questo post in formato gigante e lo appenderò in cucina per mia moglie… grazie mille. 😀
Poi corrò in libreria a comprarmi il libro ovviamente.
Meraviglioso!:)
Me l’ero già goduto leggendo il libro, estrapolato è ancora più bello. Da queste parti i libri di Costanza li devo ordinare e ci mettono un secolo ad arrivare, perfino alle Paoline di LI li ho ordinati un mese fa perchè li voglio regalare (però è pieno il negozio dei libri di Martini, messi in bella vista, ovviamente). Anche il libro del card. Ruini l’ho ordinato da un mese, sei in buona compagnia, Costanza! Già che siamo in tema editoriale, se già non lo conoscete, è molto bello il libro di Piero Gheddo “Meno male che Cristo c’è”, e che dire di quel piccolo capolavoro del nostro card. Biffi “La fortuna di appartenergli”? Grazie a tutti voi, vi leggo con interesse e tanto amore in questa piazzetta telematica, ormai vi conosco senza conoscervi, siete fantastici. Buona giornata a tutti.
Costanza ha il dono di rendere comprensibili e divertenti persino temi ostici come la svirilizzazione degli uomini moderni.
Ne sanno qualcosa le mie amiche (ma immagino le amiche di tutte…) che faticano a trovare un maschietto che abbia voglia di crescere, di fare il marito, il padre, l’uomo insomma.
In realtà mi sembra che questa cosa sia estesa anche alle donne (non deve ingannarci il fatto che tante ragazze continuino a sognare l’abito bianco: molte di loro non hanno seriamente voglia di mettersi in gioco una volta che l’ultimo dono di nozze è stato scartato), ma questo Costanza lo affronta nel primo libro.
Non so cosa stia succedendo, non ho ricette, quindi provo a seguire quelle di Costanza, che mi sembrano sensate, anche se obietto qualche volta sui dettagli ( continuo a credere che anche un maschio, se adeguatamente istruito, possa imparare a infilare a un neonato una corretta sequenza di indumenti 😉
Si, ne sono capaci…
E anche a lavar culetti, fare bagnetti e ADDIRITTURA fare lavatrici!!
Certo a volte se non per Amore per forza di cose.
Tenere dietro a tre figli seppur non più poppanti è stata una grande esperienza… “straco morto” ma a volte anche con una punta di soddisfazione.
Condivido appieno, Bariom: a volte le questioni domestiche sono questione di sopravvivenza 🙂 (es. se il maschietto vive da solo).
Due anni fa alla fiera BcomeBimbo venne indetta una gara di cambio pannolini per papà, credo che se avessi partecipato avrei avuto chances da podio… 🙂
Tutto questo per dire che condivido al 99% quello che Costanza ha scritto nei suoi due libri (il secondo lo sto ultimando, giusto ieri ho letto la pagina che oggi funge da post), purtroppo non sempre mi è facile tradurlo in pratica, anche perché i nostri tempi famigliari sono un po’ anomali (passo più tempo io di lei a casa, con tutto quello che ne consegue…).
P.S = l’1% su cui non concordo è l’uso dell’anno dello scudetto come punto di riferimento per il calcolo dell’età del/la figlio/a: è un parametro praticamente inutilizzabile per romanisti e laziali… (ok, adesso verrò bandito dal blog, me la son cercata… 🙂 🙂 🙂 🙂
Stefano, se è per questo non dovrebbe essere un parametro neppure per gli juventini con tutti quelli che vincono.
Mi hai sgamato…. 🙂
Non è un parametro neppure per me, che per come vedo il calcio da fuori, lo si potrebbe pure abolire 🙂 🙂
Domenica sarò a Perugia al centro Congressi Quattro Torri di Ellera al convegno (si dice così?) del Rinnovamento, e parlerò alle 12.
Domenica alle 12? Ora il dubbio è se ascoltare l’Angelus del Papa o Costanza:-))
Ti ringrazio Costanza per questo bellissimo articolo, che ci fa sentire tutti noi padri un po’ più amati, che mi ha fatto sbellicare dal ridere nel veder tratteggiati con ironia e dolcezza, molti dei nostri limiti (dal pediatra quello sono io…), ma mi ha anche fatto ricordare con commozione la figura di mio Padre.
Ricordo che quando lui non c’era in casa, c’era un po la situazione da “il gatto non c’è, i topi ballano” (6 topi eravamo), ma quando c’era, e io me ne accorgevo dal profumo di pipa misto al suo dopobarba, stavamo un po’ tutti più in “riga”, ma anche mi sentivo come se la nostra casa fosse un forte, un castello, dove nulla di male sarebbe potuto accadere.
Ricordo quando se la combinavamo veramente grossa, ci si prendeva un sonoro ceffone o si finiva a letto senza cena, e mai mia Madre interveniva a minare la sua autorità o a discutere le sue decisioni. Magari, in camera di nascosto, ci portava un toast, ma questo non metteva in discussione ciò che era stato, era il compito di mia madre in fondo, protettrice come ogni “chioccia” preoccupata della nostra fame non della correzione ricevuta.
Ricordo mio padre sempre presente, certo preso dai suoi hobbies, ma c’era, c’era sempre.
Lui aggiustava tutto, proprio come tu racconti, e io, fortunato perché sono il primogenito, ero il suo aiutante “predestinato” e così a forza di a passare cacciavite e martello, ho preso amore e esperienza per il fare (e tutto – quasi – adesso aggiusto io).
Era un uomo che poco concedeva alle affettuosità (erano anche tempi un po’ diversi), ma ricordo tutti i suoi pochi, ma per me fondamentali, discorsi fatti in alcune occasioni particolarmente importanti. Ricordo il suo essere esigente… quando facevamo bene una cosa, soleva sempre dire: “Bravo! Ha i fatto metà del tuo dovere…” come a dire c’è sempre altro da fare e da migliorare. Pure era capace di buttarsi a terra e con noi “fare la lotta” (femmine comprese)… in quattro o cinque su di lui nella speranza di “tenerlo giù”, poi come Sansone contro i Filistei, con un urlo ci ribaltava tutti e ne usciva vincitore.
Per noi mio Padre era “un mito”! Ricordo che un suo caro amico lo invitò con noi, al tiro al piattello e mio padre, non avvezzo all’uso della armi, sbaglio 5 colpi su 6… io e i miei fratelli eravamo fermamente convinti che l’avesse fatto apposta per non umiliare l’amico che lo voleva istruire 🙂 🙂
Non mi ha insegnato la Fede, da buon agnostico, ma ha tenuto la mia schiena dritta, mi ha fatto amare la Famiglia, desiderare avere accanto una moglie come mia Madre, mi ha dato senso di responsabilità e fiducia in me e negli altri, mi ha insegnato a camminare con le mie gambe.
E’ salito in Cielo presto, troppo presto umanamente parlando. Aveva 51 anni e io allora 19 ed ero il maggiore.
E’ stato un dono grande per me, essendo l’unico già con la patente, poterlo accompagnare al lavoro sino a quando gli è stato possibile. Aspettare per ore nel suo ufficio e vederlo sbrigare i suoi impegni e parlare con i colleghi. E’ stato un dono vederlo anche in difficoltà e nella sofferenza… certo lo ha “smitizzato”, ma l’ho amato ancora di più e tutte le mie avversità per il suo carattere forte e autoritario che iniziava a cozzare con il mio (perché a lui simile), si sono sciolte come neve al sole.
Ho visto la dignità di un uomo che ha saputo affrontare la morte anche senza l’aiuto della Fede (poi chissà del rapporto tra lui e Dio, Dio solo sa…), preoccupato sempre di sapere la realtà della sua malattia per poter pensare a noi, alla sua Famiglia.
Mio Padre me lo porto ancora dentro… e quando iniziando un cammino di conversione mi hanno parlato di Dio come di un Padre (giacche Lui stesso ha scelto con il Figlio di avvicinarsi a noi con questa categoria di Figure a noi comprensibili) ho subito percepito cosa questo potesse significare… Che mio padre non era un dio, ma che Dio mi è Padre, Padre di mio padre, Padre dei miei Figli.
Mi hai commosso.
Vero. Il padre figura del Padre. Bariom, sono commossa anch’io.
@Bariom: e’ molto bello quello che hai scritto su tuo padre.
È un lavoro difficile fare il padre, sarà per questo che non vuole più farlo nessuno… Però poter leggere parole come le tue dovrebbe far riflettere e invogliare.
Bariom:
scusa se mi permetto di commentare quello che dici di tuo padre:”Non mi ha insegnato la Fede, da buon agnostico, ma ha tenuto la mia schiena dritta, mi ha fatto amare la Famiglia, desiderare avere accanto una moglie come mia Madre, mi ha dato senso di responsabilità e fiducia in me e negli altri, mi ha insegnato a camminare con le mie gambe.”
E ti sembra poco, e ti sembra che a lui gli mancasse qualcosa se è stato un uomo come te lo descrivi? E poi anche te scrivi che ha saputo affrontare la morte senza l’aiuto della fede e che è salito in cielo, anche se troppo presto.
E allora? Lo vedi che anche senza la tua fede si può essere degnissime persone! Come può uno dopo aver letto le cose che hai scritto e poi stare ancora a cincischiare discorsi su CL? Che i CL seppelliscano i loro CL, che noi andremo da soli per la nostre strade con orgoglio!
Ci sono cristiani che non sanno di esserlo, credimi.
Caro Alvise, Bariom ti ha scritto una bellissima risposta.
Ricordo altre tue parole sul tema ‘ padre-Padre’. Le ricordo perché mi avevano colpito, ho la sensazione che per te sia un argomento significativo….
Caro Alvise, ti ringrazio per il “scusa se mi permetto”…
Dici “Lo vedi che anche senza la tua fede si può essere degnissime persone!”… se qualcuno dice il contrario dice una corbelleria. Io comunque non l’ho mai detto, e visto che è un po’ che dibattiamo virtualmente io e te, forse ricordi che non ho mai affermato il contrario.
La Fede (in Cristo) non fa di noi “degne persone”, fa (o dovrebbe fare) di noi Cristiani, che è un’altra cosa.
Il nocciolo sta nel fatto che tu pensi che la maggior parte di “noi”, creda di essere migliore di altri (soprattutto dei non credenti…) e avrai le tue buone ragioni per pensarlo, ma potrebbe anche essere solo un preconcetto.
Ad ogni modo non è così per me, che so da dove vengo. Io sono quel figlio primo di sei. Io solo ho un cammino di fede approfondito e anche impegnativo nella Chiesa, non i miei fratelli e sorelle (di sangue)… perché. Perché sono il peggiore di tutti loro e per questo Dio mi ha usato questa misericordia.
Ciò non toglie che se avessi avuto Fede allora, e se lo Spirito Santo me ne avesse dato forza e modo, avrei annunciato Cristo morto e Risorto anche a mio padre. Perché lo avrei fatto mi chiederai tu.
Sono tanti, tantissimi i perché e qui non mi basta il tempo e neppure forse le parole.
Io so cosa sento nel profondo del mio cuore sentendomi amato da Dio, la profonda gratitudine e commozione che ho provato anche oggi ricordando mio Padre e la storia che Dio ha fatto con noi e vorrei che questo chiunque lo potesse provare, a iniziare dalla mia casa dove, ad esempio qualcuno potrebbe non essere in pace per la morte di nostro Padre (ripeto… ad esempio)
Caritas Christi urget nos… caro Alvise. Caritas Christi urget nos! 🙂
Bariom, è molto bello quello che hai scritto. Il mistero della nostra vita è grande e tu ne hai tracciato i segni più autentici.
Ma Costanza però scrive:”La legge non è costrizione, ma è quello che porta via dalla schiavitù dell’Egitto: fa vivere meglio qui sulla terra (quanta infelicità in giro tra le persone che fanno di testa propria, e dicono di appartenere solo a se stesse), e ci fa vivere per sempre.”
…mentre invece, io penso (tu pensi?) che di infelicità ce n’è tanta per tutti senza distinzioni. Poi c’è chi ha un carattere più gioioso, più positivo degli altri, che ha meno angosce, meno paura, meno sconforto eccetra, ma questo dipende, molto, dicevo, dal carattere che si ritrova.
Ed è innegabile che c’è chi è più gioioso, chi meno, chi è timoroso, chi meno e via discorrendo, come è vero che Dio NON SNATURA il carattere di nessuno, ma chi è gioioso trova un’altra dimensione alla sua gioia, chi lo è poco scopre la fonte della gioia, chi a coraggio mette il suo coraggio in Dio (o per Dio se preferisci), chi ha paura scopre che con Dio accanto le sue paure possono essere superate e anche del tutto annientate.
Di infelicità ce ne è tanta vero, per tutti senza distinzioni non è esatto… la croce c’è per tutti! E c’è chi non avendo fatto l’esperienza della Croce Gloriosa (hai presente quella con i raggi intorno?) vive la vita in una infelicità profonda e senza speranza, sino a far male a chi gli sta intorno o a sè stesso. Ma il Cristiano (se tale è) ha fatto esperienza della Croce Gloriosa, della Resurrezione di Cristo nella propria vita (io ne sono testimone nella mia) e soffre certo perché la croce e un supplizio e Cristo non ci è salito “per scherzo”, ma l’infelicità quella no… Quella il Signore la cambia in una sorgente zampillante, non felicità beota, ma una serenità, la serenità di chi, nella croce, sa E’ CERTO che Dio provvede, Dio salva, Dio ti AMA.
Io di questo sono testimone… e perché dovrei essere così egoista da non dirlo a chiunque? Io so che questa esperienza Dio mi ha dato perché arrivi a qualcun altro, perché oggi i piedi le mani gli occhi le labbra di Cristo siamo noi. Non è presunzione e sua Parola. Il Cristiano e presenza via del Cristo Risorto in questa come in ogni generazione. Sino al Suo Ritorno.
Bene. Dette tutte queste cose belle e sacrosante, in Francia hanno appena abolito per legge padre e madre diventati Genitore 1 e Genitore 2. Mi immagino l’entusiasmo delle nostrane truppe politicamente corrette e conformi…
Oggi la Francia è uno dei paesi più scristianizzati d’Europa e di queste “idiozie” (eufemismo) si raccoglieranno i frutti.
Purtroppo da quel che sento ripetere a pappagallo, anche qui in Italia ed anche in ambiti insospettabili ci sono schiere che non vedono l’ora di raccoglierli quei frutti. Così anche l’Italia diventerà un Paese “avanzato”. Il punto è che le suddette schiere sono estremamente attive e potenti mentre chi si oppone, anche nel mondo cattolico, è quasi senza voce se non assente.
Bariom e gli altri cattolici (c’è solo cattolici nel blog?):
Non non critico e non ho mai criticato il fatto che voi siete come siete (gioiosi o meno) ma ritengo che, siccome il mondo è vario, c’è tanti che riescono a trovare una via onorevole alla pari di voi e a trovare in essa quel tanto di soddisfazione e di felicità e di forza di andare avanti il meglio che possono, sia nella famiglia che fuori. Se poi voi avete in più la rivelazione a me questo mi sorprende, ma non fa dispiacere
(non mi riesce solo di capire cosa vuole dire credere in Dio nei miracoli nei santi nella vita dopo la morte eccetra) e nemmeno mi viene in mente di riuscire a farvi cambiare idea, non ci penso nemmeno lontanamente!!!
Come dicono, qui, in campagna, a S.Donato in Poggio: “ogni uno conosce di se stesso il bisogno”e ogni uno vale come quegli altri.
Lo so Alvise.. e temo per quanto tu chieda continuerai a non capire, perché non ci si arriva “per un ragionamento convincente”.
Ma se la tua è una ricerca sincera e il tuo cuore aperto Dio si farà conoscere.
Buonanotte Alvise.
Ti ho appena conosciuta e gia’ sei il mio mito