La passione delle pazienze

di Madeleine Delbrêl

La passione, la nostra passione, sì, noi l’attendiamo. Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo viverla con una certa grandezza.

Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che ne scocchi l’ora.

Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover essere consumati. Come un filo di lana tagliato dalle forbici, così noi dobbiamo essere separati. Come un giovane animale che viene sgozzato, così noi dobbiamo essere uccisi.

La passione, noi l’attendiamo. Noi l’attendiamo, ed essa non viene.

Vengono, invece, le pazienze.

Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:

sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,

E’ l’autobus che passa affollato;

il latte che trabocca,

gli spazzacamini che vengono,

i bambini che imbrogliano tutto.

Sono gli invitati che nostro marito porta in casa e quell’amico che, proprio lui, non viene;

E’ il telefono che si scatena;

quelli che noi amiamo e non ci amano più;

E’ la voglia di tacere e il dover parlare,

E’ la voglia di parlare e la necessità di tacere;

E’ voler uscire quando si è chiusi

e rimanere in casa quando bisogna uscire;

E’ il marito al quale vorremmo appoggiarci

e che diventa il più fragile dei bambini;

E’ il disgusto della nostra parte quotidiana,

E’ il desiderio febbrile di tutto quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostre pazienze, in ranghi serrati o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.

E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando – per dare la nostra vita – un’occasione che ne valga la pena.

Perché abbiamo dimenticato che come ci son rami che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.

Perché abbiamo dimenticato che se ci sono fili di lana tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno per giorno si consumano sul dorso di quelli che l’indossano.

Ogni riscattto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso: ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita.

E’ la passione delle pazienze.

Tratto da Madeleine Delbrêl, Il piccolo monaco, P.Gribaudi editore, Torino, 1990

77 pensieri su “La passione delle pazienze

  1. nonpuoiessereserio

    Un brano molto toccante, malinconico, che racconta la sofferenza che è la vita. Ma è l’ una passata di notte e nonostante nel mio salotto ci sia solo una flebile luce sarei più propenso per qualcosa di gioioso. Mi sfugge solo che cosa c’ entrino gli spazzacamini, boh.

    1. angelina

      Anni ’30, estrema periferia di Parigi: ecco spiegati gli spazzacamini, figura quotidiana come il lattaio. Un contesto non esattamente “malinconico” ma certamente molto povero, materialmente e spiritualmente.
      Bella persona M. Delbrel, una biografia interessante.

      http://www.santiebeati.it/dettaglio/92984

  2. Sara S

    Anche a me sfuggono gli spazzacamini, ma il post è per me azzeccatissimo. Questo martirio senza sangue che mi è chiesto, fatto di circostanze banali ripetitive apparentemente inutili ( a che serve mettere a posto i lego se un minuto dopo qualcuno li rovescia? a che serve aggiustare dei pantaloni, se il giorno dopo sono di nuovo bucati?) a volte mi pesa come un macigno. E mi scandalizzo pure per la fatica che provo, rimproverandomi di non saperla portare e di esagerarla. Ci sono giornate che sono uno stillicidio vero e proprio, e davanti alla montagna da scalare lo
    scoraggiamento prende il sopravvento e invece di iniziare a fare quel piccolo passo che è chiesto, mi fermo, senza energie, apatica, incapace e accidiosa. Mii siedo e guardo la montagna, chissà, magari succede qualcosa, arriva Mary Poppins che schiocca le dita e mette a posto in un attimo, pulisce il latte che qualcuno ha versato a colazione, mette a tacere urla e litigi, e poi magari mi rimbocca anche le coperte e mi concede un sonno lunghissimo e senza sogni.
    Io queste pazienze che vengono serrate o in fila indiana non le disprezzo aspettando un’ occasione che valga la pena, io le faccio anche venire, le accolgo e le affronto, ma tante volte proprio non ce la faccio. Semplicemente loro arrivano e mi schiacciano. Tutti i discorsi sull’offerta del sacrificio , la preghiera ecc. li so, me li faccio anche venire in mente, ma l’accidia è tale che non trovo la forza di metterli in atto, così rimangono solo discorsi. Forse tutto ciò serve semplicemente a farmi venire fuori per quello che sono, un niente , e così imparo ad essere umile. Umilmente, lo ammetto: io a volte proprio non ce la faccio (persino l’umorismo che mi aiuta tanto – e infatti la Costanza è un bel regalo proprio per questo, molti di voi anche – a volte risulta un’arma spuntata).

  3. Alessandro

    La pazienze assembrate o spicciolate mi ricordano che

    1) questa terrena non è la vita eterna: tocca soffrire
    2) prima della Passione anche Cristo sgranò un rosario di pazienze senza numero. A renderglieLe più mordaci fu il fatto che nessuna di esse fu espiazione per il peccato Suo, essendo Egli l’innocentissimo; a trasfigurarle, facendole sopportabili e perfino desiderabili, fu l’immensità dell’Amore con cui le praticò, tramutandole in gloria per il Padre Suo amatissimo. Promemoria: se non voglio che le mie minuscole pazienze mi soverchino debbo consegnarmi (resa incondizionata) a quell’Amore
    3) ogni pazienza attraversata con amore è santificata, soffoca l’orgoglio nostro, la superbia che è il peccato di Satana. Se ami lo spazzacamino ti rifiuti di mangiare dei frutti dell’albero proibito, dispiaci al Tentatore. Ne vale la pena.

    1. Alessandro

      “mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia.
      A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me.
      Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.
      Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.”

      (2Cor 12, 7-10)

  4. 61Angeloeztralarge

    Alvise Maria Vincenzo (me piaceeee): non credo che tu sia automaticamente fuori da ogni cosa. Vuoi esserlo, ed è molto diverso. A volte vogliamo mettere dei muri perché nulla esca ed entri senza che noi possiamo controllare che non ci procuri dolore, fastidio, sofferenza e/o altro ancora. A volte ci mettiamo delle maschere per non farci vedere come siamo in realtà perché abbiamo timore che l’altro veda le nostre debolezze e le nostre fragilità (che tutti abbiamo perché siamo fatti di carne ed ossa).

  5. 61Angeloeztralarge

    Questo brano mi tocca sempre in profondità, ma mi lascia anche con il fiato sospeso. E coi? Che viene poi? Dopo questo elenco di cose che servono per farci crescere nella pazienza? Dopo questo elenco di cose più o meno problematiche? Questo POI mi manca! Ho bisogno anche di un elenco di cose gioiose, meno problematiche. E’ vero che con la pazienza si riesce ad essere sereni in qualsiasi situazione, ma perché ridurre tutto? Non mi basta!
    Voglio un elenco di cose belle! E’ impossibile che non ci siano! 😀

    1. angelina

      Ci sono, ci sono. E magari sono esattamente le stesse cose elencate nel brano. Magari non c’è nessun POI, è lì che abita la nostra gioia: il tempo passa, noi aspettiamo qualcos’altro, e invece proprio lì c’è già tutto. E’ lo sguardo che conta, che fa nuove tutte le cose, che vede l’essenziale là dove sembra impercettibile. Lo sguardo di chi ha ricevuto in dono la pace del cuore trova la gioia anche nelle piccole, insignificanti, opache pazienze quotidiane. Pazienze, e non “la pazienza”, nel senso di passione/pathos.
      Oh, bada Angela che queste parole non sono un predicozzo in risposta a te: diciamo che mi hai riportato alla mente cose molto molto care, e personali, e mi è venuta voglia di replicare a una certa persona che mi sembrava proprio mi stesse parlando attraverso le tue parole. Te ne ringrazio 🙂

      1. 61Angeloextralarge

        Angelina: lo so che non mi hai fatto il predicozzo, anche perché se comincio a fare l’elenco, di cose belle sai quante ne trovo! Anzi, “ne trovo” non è corretto, perché non ho bisogno di cercarle. 😀
        Chiaro che vedo anche le altre, ma ormai mi viene istintivo cercare quelle, anzi (doppio errore) non le cerco più (come tempo fa) ma le vedo. Hai ragione sul fatto che sono esattamente le stesse cose. Sono belle se siamo di buon umore, se la giornata è iniziata bene, se… Sono brutte se la situazione è al contrario.
        Dobbiamo cambiare noi, non le cose! Dobbiamo chiedere allo Spirito Santo degli occhi diversi, capaci di vedere la vita, il mondo, le persone e le situazioni come LE VEDE DIO, cioè con OCCHI MISERICORDIOSI. 😉
        E a questo proposito, anche se qualcuno l’avrà già inserito in qualche post precedente (potrei averlo fatto anche io):

        1. 61Angeloextralarge

          Non mi sarebbe dispiaciuto che qualcuno avesse iniziato un elenco di cose “belle”… 😉 Magari Alvise Maria Vincenzo, no? 😀

          1. Alessandro

            A me piacciono il sole, la luna, le stelle. Ho scritto questo, vedi se ti piace 😉

            Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le Tue creature,
            spetialmente messor lo frate Sole,
            lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
            Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
            de Te, Altissimo, porta significatione.

            Laudato si’, mi Signore, per sora Luna e le stelle:
            in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

            Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
            et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
            per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

            Laudato si’, mi Signore, per sor’Acqua.
            la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

            Laudato si’, mi Signore, per frate Focu,
            per lo quale ennallumini la nocte:
            ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

            Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra,
            la quale ne sustenta et governa,
            et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.

              1. 61Angeloextralarge

                Non dire che sei uno sfigato

                Una volta ero a Budrio, dove c’è il laboratorio che mi fa le protesi. Alla fine vado in un bar, si parla come al solito di auto, di Ferrari, tutti giù a offrirmi caffè. E vedo un uomo, alla finestra, con una bambina in braccio, che piange. Allora mi avvicino e mi accorgo che la bambina è senza gambe. L’uomo mi vede e fa: “No guardi, non creda, sto piangendo di gioia, sa. Perché Alice è nata senza gambe e oggi, a tre anni, le hanno potuto mettere le prime protesi e quando sono arrivato mi hanno detto: “Beh, dove sono le scarpe?”. E io sono corso a comprarle. Non l’avevo mai fatto, e adesso piango perché Alice ha le prime scarpe”. Allora sono andato nel bagno del bar e mi sono detto: “Sandro, tu hai avuto trentatré anni alla grande, Montecarlo, Indianapolis, la Formula Uno. Hai una moglie, un figlio, degli amici, i soldi, la casa e la barca. Se adesso dici che sei sfigato ti sputo addosso”.

                (Alex Zanardi, bolognese, campione di automobilismo che gareggia e vince anche dopo l’amputazione delle gambe a seguito di un incidente avuto nel 2001)

  6. …ragazzi, io ve lo dico, a voi vi fa male, vi intristisce la religione, non tutti ci hanno le spalle abbastanza larghe per le cose religiose, e altre, simili (anche peggio!)
    Fate come fo io, via, liberi, nel porcaio animalasco, bestiale, allo stato puro, di base, della natura (ammettendo esistesse, o senza, anche meglio)!!!!

    1. 61Angeloextralarge

      Alvise Maria Vincenzo: ma io sto benissimo! Mi pare che anche Alessandro ed altri in questo blog lo stiano! Cos’è che ci fa male? Non è che è il contrario, no? SEMPRE QUESTIONI DI SGUARDO! 😉

  7. Alessandro

    OT rispetto al post, ma non dal blog.

    A proposito di “sottomissione” della sposa, mi colpiscono alcune lettere di Gianna Beretta al futuro sposo Pietro Molla:

    21 febbraio 1955: “Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà. […] Ora ci sei tu, a cui già voglio bene ed intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana”

    11 marzo: “Pietro, potessi dirti tutto ciò che sento per te! Ma non sono capace, supplisci tu.
    Il Signore proprio mi ha voluto bene. Tu sei l’uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: «Sarò io degna di lui?». Sì, di te, Pietro, perché mi sento così un nulla, così capace di niente che, pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirvi.
    E allora prego così il Signore: «Signore, tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e penso che anche Pietro lo desideri». Va bene così, Pietro?”

    Dopo il matrimonio: “Pietro, se vedi che faccio qualcosa che non va bene, dimmelo, correggimi, hai capito? Te ne sarò sempre riconoscente”

    http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-le-tragressive-lettere-di-gianna-5080.htm

      1. Alessandro

        Per me invece puro piacere dello spirito, soave eco sponsale della comunione trinitaria

  8. Caro Alessandro.
    Mi ce n’è voluto del tempo a capirlo: te ci stai pigliando tutti per le mele!!!
    Non è credibile che una persona della tua intelligenza continui a sfornare o documenti eucaristici o altre cose deliranti come queste della Signora Beretta Molla. Allora mi sono convinto che è tutta una finzione, uno scherzo, devo ammetterlo, ben riuscito.
    Se così non fosse, brutto segno.
    Vorrei un po’ sentire cosa le donne che guardano questo post SINCERAMENTE ne possano pensare delle lettere
    di questa donna innamorata qui sopra. Se questo è amore.

    1. 61Angeloextralarge

      Caro Alvise Maria Vincenzo
      Mi ce n’è voluto del tempo a capirlo: te ci stai pigliando tutti per le mele!!!
      Non è credibile che una persona della tua intelligenza continui… AD INSISTERE A DEFINIRE DELIRANTI COSE CHE AD ALTRI, IN QUESTO BLOG, MA GRAZIE A DIO, ANCHE AL DI FUORI DI QUESTO BLOG, CONTINUANO A DEFINIRE DIVERSAMENTE. 😉

        1. 61Angeloextralarge

          Alvise Maria Vincenzo. ho letto la vita di Gianna Beretta Molla, come quella di altri santi e martiri. Non mi viene da imitarli: credo che ognuno di noi sia chiamato a santificarsi di suo, per come il Signore l’ha creato, con pregi e difetti suoi. Se imito qualcuno non sono più me stessa. Ciò non toglie che da loro prendiamo grandi esempi. Ammiro Gianna Beretta Molla! come ammiro altri santi e martiri, ma non so se mi capitasse di trovarmi nella loro situazione reagirei allo stesso modo. Certo è che vorrei comportarmi come il Signore si aspetta da me. 😉
          Ti dico di più. quando ero molto lontana da Dio, mi capitava di leggere avidamente la vita di santi. ne ho lette talmente tante che ti dovessi dire ora cos’ha fatto il tal santo e cos’ha fatto quell’altro, direi una roba strampalata. Ma quello che conta è che nell’insieme hanno fatto grandi cose. Ma non era per vedere di cosa erano capaci che legegvo la loro vita! Dopo anni di queste letture, mescolate con altre, mi sono ritrovata a raccogliere santini: non li prendevo nei luoghi di culto che non frequentavo, ma riportavo a casa quelli che trovavo per terra o in altri posti, abbandonati o persi. Sai che ne avevo fatti un bel po’? Tutto era iniziato anadando a funghi. avevamo trovato delle case di campagna abbandonate, anzi pericolose da entrarci, ma entravo uguale. La cosa che mi stonava era che oltre alle mura quasi frananti c’erano solo quadretti alle pareti raffiguranti Gesù, o la Madonna o dei santi. Mi dicevo: ” Che brutto lasciare qui questa cosa?”. E me la riportavo a casa.

              1. 61Angeloextralarge

                Sai, a me mica basta parlare solo di un santo! E’ come le patatine Pai! Sgroc, sgronc, sgronc! 😉

                  1. 61Angeloextralarge

                    Quelle di Alvise Vincenzo Beretta Molla? Fammele avere e poi ti dico cosa ne penso! 😉

    2. Alessandro

      Caro Alvise M. V.,

      ma che scherzo, è tutto vero! (che sono i “documenti eucaristici”?)

    3. Sara

      Caro Alvise Maria, da donna e sposata, ti dico che per me questo è l’Amore e non un altro. E ti dico anche che cerco quotidianamente e con l’aiuto misericordioso di Gesù e Maria, di conformarmi a questa forma d’amore, perché solo così possono avvenire il mio perfezionamento e la mia santificazione. “Questa donna”, come la chiami tu, insieme a S. Rita, a Sara moglie di Abramo, a Sara moglie di Tobia e a tante altre sante spose è una delle sante che invoco sempre perché siano patrone del ministero sponsale che sto svolgendo e vivendo. Ovviamente, la prima è Maria che io prego ogni giorno così: “Madre, mi dono tutta: fammi donna come te, cioè donna sposa e madre, donna di neve e di fuoco: di neve per il candore, di fuoco per l’ardore”.
      Sara

    1. Alessandro

      Sì. Come è vero che tu non hai autostima e vivi “libero, nel porcaio animalasco, bestiale, allo stato puro, di base, della natura”

  9. Alessandro

    Anche questa lettera trovo bellissima.

    Il 9 aprile ’55, Gianna Beretta scrive:

    “… Pietro carissimo, tu sai che è mio desiderio vederti e saperti felice; dimmi come dovrei essere e ciò che dovrei fare per renderti tale.
    Ho tanta fiducia nel Signore e son certa che mi aiuterà ad essere la tua degna sposa.
    Mi piace spesso meditare il brano dell’Epistola della Messa di S. Anna – “La donna forte chi la troverà?… Il cuore di suo marito può confidare in lei… non gli farà che bene, né mai gli recherà danno, per tutto il tempo della vita” ecc –
    Pietro, potessi essere per te la donna forte del Vangelo! Invece mi pare e mi sento debole. Vuol dire che mi appoggerò al tuo braccio forte. Mi sento così sicura vicino a te!”

  10. agli esperti di Chesterton: sapete mica se la raccolta di articoli Brave new family, edita postuma nel 1990 ed uscita oltre che in lingua originale anche in spagnolo sia mai stata tradotta anche in italiano e sia reperibile da qualche parte anche sul web? grazie mille
    Paolo

  11. Leggendo i commenti agli ultimi post, travolto da un improvviso impeto di emotività (perché ho imparato dai nuovi maitre à penser che bisogna lasciare spazio al proprio sé intimo, dire tutto quello che si pensa subito, non mediare le reazioni istintive con la ragione e il rispetto, ma dare spazio ai proprio sentimenti spontanei) che ha trascinato con sé irritazione, malizia e intemperanza, ho provato ad immaginare che cosa accadrebbe se in un blog democratico che disserta chessò di amore libero, di ecologia dell’ambiente e dello spirito, ma anche di alimentazione bio, ci fosse qualcuno che insistentemente e con pervicacia irriverente schifasse le bietoline naturali proponendo funghi fritti fritti fritti, o peggio costolette d’agnello rosolate nel burro grasso grasso grasso e lasagne ai fagatini (i famosi vincisgrassi di cui si parlava tempo fa). Mi chiedevo quanti commenti sarebbero sufficienti a scatentare una tempesta di reazioni che dall’indignato andassero al volgare e al violento, senza risparmiarsi ovviamente accuse di provocazione nazifascita o persino fasciocattolica, così da espellere con soddisfazione di tutti coloro che si proclamano giusti in nome di una tolleranza che permette a tutti il diritto di pensiero e parola tranne che a chi la pensa diversamente da me.

    E mi sono trovato a ringraziare Dio per avermi fatto cattolico, oltre che ad avermi conservato in questa notte etc…
    Perché alla fine il doloroso fastidio, pur con tutti i limiti della mia persona che con l’aumentare dell’età aumenta anche il livello di insofferenza, viene messo in conto come dono dello Spirito.

    1. 61Angeloextralarge

      Paolo: anche io ringrazio il Signore per averti fatto cattolico.
      Con alcuni elementi in questo blog (Alvise Maria Vincenzo ne sai qualcosa?) succede proprio quello che hai detto. Questa è una cosa da aggiungere nell’elenco della Delbrel? io lo propongo! 😀
      Certo che “il porgere l’altra guancia” non è gratuito, anzi!
      Buona domenica “ragazzi”!

  12. Paolo Pugni:
    Ma anche nel mondo, per esempio, dei vegetariani, ci sono voci contrastanti, dall’espiazione assoluta del peccato della carne e di ogni cosa vivente (come se le piante non fossero viventi!) alla moderazione e al buon senso. Quello che scrivo io non è contro le religioni, ma contro le esasperazioni che possono arrivare fino alla nevrastenia(vedi le lettere succitate) e al ricolo.
    Nessuno (NESSUNO) comunque, è depositario, qui dentro, del VERBO.
    L’ho già detto, e poi starò zitto (che è la cosa più sensata, lo riconosco!) che questo o è uno spazio di discussione o di catechesi reciproca autorefenziale (scusate la brutta parola molto di moda).
    Quanto all’età, è vero, hai ragione, tutti, nel corso degli anni, o anche prima, si rimbambisce..

    1. Non vedo il nesso.
      Come spesso ti capita manipoli quello che gli altri vogliono dire, con una tenacia che orami mi fa pensare ad una studiatra malafede.
      Il ridicolo e l’esasperazione per me sono le tue continue uscite che reputo offensive innanzitutto della ragione e poi del pensiero altrui.
      Ciò che dicevo è che se ci fosse qualcuno che provasse a intervenire con la tua astiosità e mancanza totale di rispetto in blog molto democratici sarebbe trollato a valanga.
      Tra l’altro affermi di continuo di stare zitto e poi continui ad intervenire. Cosa che peraltro è lecita e auspicata nonostante la palese incoerenza.
      Ti ricordo che se nessuno qui è depositario del verbo non lo è neanche del ridicolo termine con il quale spesso e volentieri apostrofi ciò che non capisci, non vuoi capire e disdegni.
      Hai superato da tempo i limiti della mia pazienza. Il che peraltro è completamente irrilevante per te, per questo blog, per l’andamento del mondo. Lo so bene.
      Anzi, la considero una benedizione.
      Per poter capire come raggiungere quel limite che san Paolo ci addita: non avete ancora resistito alle tentazione fino al sangue

    2. 61Angeloextralarge

      Alvise Maria Vincenzo: non credo che qualcuno qui dentro abbia bisogno né desiderio di essere contro-catechizzato! Per quel che mi riguarda ho già le mie tentazioni quotidiane e la voglia di seguire Cristo non sempre riesce a concretizzare il bene: ci provo! Quindi non è necessario che tu né altri facciate la voce controcanto. Soprattutto che lo facciate con insistenza e saccenteria.
      Nessuno qui dentro è depositario del Verbo? Il Verbo è già dentro di noi, ce ne cibiamo ogni volta che andiamo a Messa, lo contempliamo quando ci prostriamo durante l’Adorazione Eucaristica. insomma il Verbo è con noi, in noi e per noi. Ma non perché siamo speciali! Semplicemente perché l’abbiamo RICONOSCIUTO e lo abbiamo ACCOLTO e, tra alti e bassi dovuti alla nostra fragilità umana, cerchiamo di continuare a farlo attimo per attimo. Se tu, volutamente, non lo riconosci e non lo accogli, che c’entriamo noi? Parlo di NOI perché l’hai tirato in ballo tu, altrimenti avrei detto IO. Se non ti sta bene che altri riconoscano ed accolgano il Verbo, problema nostro? Anche, perché volente o no, sei nostro fratello in Cristo, ma più che pregare e parlare e, cercare di testimoniare con la vita quello che diciamo, CHE POSSIAMO FARE? Con quelli DE COCCIO come te che possiamo fare? NULLA, se non conrinuare a pregare e rispondere alle tue domande, cosa che sto limitando tantissimo, personalmente, perché (come ti ho già detto più volte) manchi di rispetto: non ci sei solo tu nel mondo! Esistono anche altri che la pensano diversamente e se vogliamo vivere bene, bisogna rispettarsi! AMEN!

  13. Alessandro

    “Il testo è rivolto agli sposi come a donne e uomini concreti e ricorda loro l’«ethos» dell’amore sponsale che risale all’istituzione divina del matrimonio sin dal «principio». Alla verità di questa istituzione risponde l’esortazione «Voi, mariti, amate le vostre mogli», amatele a motivo di quello speciale e unico legame mediante il quale l’uomo e la donna diventano nel matrimonio «una carne sola» (Gen 2, 24; Ef 5, 31).

    Si ha in questo amore una fondamentale affermazione della donna come persona, un’affermazione grazie alla quale la personalità femminile può pienamente svilupparsi ed arricchirsi. Proprio così agisce Cristo come sposo della Chiesa, desiderando che essa sia «gloriosa, senza macchia né ruga» (Ef 5, 27). Si può dire che qui sia pienamente assunto quanto costituisce lo «stile» di Cristo nel trattare la donna. Il marito dovrebbe far propri gli elementi di questo stile nei riguardi della moglie: e, analogamente, dovrebbe fare l’uomo nei riguardi della donna, in ogni situazione. Così tutt’e due, uomo e donna, attuano il «dono sincero di sé»!

    L’autore della Lettera agli Efesini non vede alcuna contraddizione tra un’esortazione così formulata e la costatazione che «le mogli siano sottomesse ai loro mariti come al Signore; il marito, infatti, è capo della moglie» (5, 22-23). L’autore sa che questa impostazione, tanto profondamente radicata nel costume e nella tradizione religiosa del tempo, deve essere intesa e attuata in un modo nuovo: come una «sottomissione reciproca nel timore di Cristo» (cf. Ef 5, 21); tanto più che il marito è detto «capo» della moglie come Cristo è capo della Chiesa, e lo è al fine di dare «se stesso per lei» (Ef 5, 25) e dare se stesso per lei è dare perfino la propria vita. Ma, mentre nella relazione Cristo-Chiesa la sottomissione è solo della Chiesa, nella relazione marito-moglie la «sottomissione» non è unilaterale, bensì reciproca!”

    (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Mulieris dignitatem, 24)

  14. Erika

    Ho letto qualcosa su Santa Gianna Beretta Molla e devo dire che mi ha sconcertato.
    Pur con tutto il rispetto per questa donna generosa e coraggiosa, non posso non sentirmi a disagio di fronte al modello di donna che viene proposto.
    Ho l’impressione che a una donna venga richiesto di soffocare la sua personalità, servire il marito fino a lasciarsene plasmare e mettere al mondo figli a scapito della propria vita. Non sono sicura che questa sia la strada da seguire. Mio marito certamente si innervosirebbe se lo facessi oggetto di una tale venerazione, e non vorrebbe mai che io decidessi di morire pur di portare a termine una gravidanza.

    1. Alessandro

      Erika,
      Gianna Beretta Molla non soffocò la sua personalità. La sua biografia dice altro. Fu moglie felice, medico pediatra operosa e innamorata del proprio lavoro, madre amorevole. Le parole che possono sembrare di venerazione per il fidanzato e poi marito non sono una sorta di manifestazione “idolatrica”, ma testimoniano la profonda consapevolezza del mistero sponsale, che ti fa essere una carne sola con lo sposo, e ti fa desiderare quella perfetta compenetrazione con l’amato senza la quale non puoi essere una carne sola con lui.
      Ecco: le parole della Santa mi paiono esprimere questo palpitante desiderio di perfetta compenetrazione con l’amato, la quale rifiuta il persistere di alcun lembo di estraneità, di resistenza nei suoi confronti, ma aspira alla donazione totale. Donazione che – è da sottolineare – Beretta si mostra convinta che sarà reciproca.

      Beretta era una persona dolcissima con una personalità forte e risoluta e… certe decisioni le prendeva lei. Si legga ad es. la lettera del 4 settembre, in cui decide anche per il futuro sposo di fate un triduo di preparazione al matrimonio:

      “…Mancano solo venti giorni e poi sono…Gianna Molla! Che diresti, se per prepararci spiritualmente a ricevere questo Sacramento facessimo un triduo? Nei giorni 21 – 22 – 23 S. Messa e S. Comunione, tu a Ponte Nuovo, io nel Santuario dell’Assunta. La Madonna unirà le nostre preghiere, desideri, e poiché l’unione fa la forza, Gesù non può non ascoltarci ed aiutarci. Sono certa che dirai di sì, e ti ringrazio.”

      1. Specifichiamo però una cosa, visto che l’eroica testimonianza di santa Gianna Beretta Molla è spesso usata da ignoranti e anticattolici per denigrare l’insegnamento della Chiesa. La Chiesa considera illegittimo l’aborto “diretto” e lecito quello “indiretto”, sul quale è intervenuto esplicitamente Pio XII:

        Noi abbiamo di proposito usato sempre l’espressione «attentato diretto alla vita dell’innocente», «uccisione diretta». Poiché se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l’operazione può essere lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio.

        (All’Ass. delle famiglie numerose, 27 novembre 1951, in Insegnamenti pontifici, a cura dei Monaci di Solesmes, vol. I, La famiglia, pp. 408-409).

        Ovviamente poi va detto che “lecito” non significa “obbligatorio” o “doveroso”: la madre per amore del figlio può, per amore spinto fino all’eroismo, rimandare le cure a dopo il parto o chiedere al medico di privilegiare, in sede operatoria, la vita del figlio portato in grembo rispetto alla propria, come fece Gianna Beretta Molla. Ma la Chiesa non impone un simile grado di oblatività. Non si può imporre un simile amore estremo. Allo stesso modo, la Chiesa mai avrebbe imposto il sacrificio della propria vita a quel bancario ucciso da una banda di tagliagole per essersi opposto, legato e inerme, alla loro volontà di violentare la sua fidanzata. Pochi possiedono un simile coraggio, ma è chiaro che sono questi esempi di amore estremo a toccarci nel profondo e a rivelarci la vera misura dell’amore: l’assenza di misura.

  15. Alessandro

    Sul tema della SOTTOMISSIONE della sposa in seno alla reciproca donazione sponsale, con riferimento alla Lettera agli Efesini, questo è probabilmente l’intervento papale più esteso e articolato:

    “Scrive San Paolo agli Efesini: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5, 25). Come si vede, l’analogia dell’amore sponsale, ereditata dai profeti dell’Antica Alleanza, riapparsa nella predicazione di Giovanni Battista, ripresa da Gesù e passata nei vangeli, è riproposta dall’apostolo Paolo.
    Il Battista e i Vangeli presentano il Cristo come Sposo: lo abbiamo visto nella catechesi precedente. Sposo del nuovo Popolo di Dio, che è la Chiesa. Sulla bocca di Gesù e del suo Precursore l’analogia ricevuta dall’Antica Alleanza era usata per annunciare che era venuto il tempo della sua reale attuazione.
    Furono gli eventi pasquali a darle pienezza di significato. Proprio in riferimento a tali eventi l’Apostolo può scrivere nella lettera egli Efesini che “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”. In queste parole vi è l’eco dei profeti che nell’Antica Alleanza avevano usato l’analogia per parlare dell’amore sponsale di Dio per il popolo eletto, Israele; vi è almeno implicitamente il riferimento all’applicazione che Gesù ne aveva fatto a se stesso, presentandosi quale Sposo, come doveva essere stato detto dagli Apostoli alle prime comunità, nelle quali nacquero i Vangeli; vi è un approfondimento della dimensione salvifica dell’amore di Cristo Gesù, che è nello stesso tempo sponsale e redentivo: “Cristo ha dato se stesso per la Chiesa”, ricorda l’Apostolo.

    2. Ciò risulta con evidenza anche maggiore se si considera che la lettera agli Efesini mette in diretta relazione l’amore sponsale di Cristo per la Chiesa e il sacramento che unisce come sposi l’uomo e la donna, consacrandone l’amore. Leggiamo infatti: “E voi mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola [riferimento al Battesimo], al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 25-27). Poco più oltre nella lettera, l’Apostolo stesso sottolinea il grande mistero dell’unione sponsale perché la mette “in riferimento a Cristo e alla Chiesa” (Ef 5, 32). Il significato essenziale del suo discorso è che nel matrimonio e nell’amore sponsale cristiano si riflette l’amore sponsale del Redentore per la sua Chiesa: amore redentivo, carico di potenza salvifica, operante nel mistero della grazia con cui il Cristo partecipa la vita nuova alle membra del suo Corpo.

    3. È per questo che nello svolgimento del suo discorso l’Apostolo ricorre al passo del Genesi che, parlando dell’unione dell’uomo con la donna, dice: “I due formeranno una carne sola” (Ef 5, 31; Gen 2, 24). Ispirandosi a questa affermazione, l’Apostolo scrive: “I mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; ma al contrario (ognuno) la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa” (Ef 5, 28-29).

    Si può dire che nel pensiero di Paolo l’amore sponsale rientra in una legge di uguaglianza che l’uomo e la donna attuano in Gesù Cristo (cf. 1 Cor 7, 4). Tuttavia quando l’Apostolo constata: “Il marito… è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo Corpo” (Ef 5, 23), l’uguaglianza, la parità interumana viene superata, perché c’è un ORDINE NELL’AMORE.
    L’amore del marito per la moglie è partecipazione dell’amore di Cristo per la Chiesa. Orbene Cristo, Sposo della Chiesa, è stato PRIMO nell’amore, perché ha attuato la salvezza (cf. Rm 5, 6; 1 Gv 4, 19). Quindi egli è allo stesso tempo “Capo” della Chiesa, suo “Corpo”, che egli salva, nutre e cura con ineffabile amore.

    Questo rapporto tra Capo e Corpo non annulla la reciprocità sponsale, ma la RAFFORZA. È proprio la precedenza del Redentore nei riguardi dei redenti (e dunque della Chiesa) che rende possibile tale reciprocità sponsale, in forza della grazia che il Cristo stesso elargisce. Questa è l’essenza del mistero della Chiesa come Sposa di Cristo-Redentore, verità ripetutamente testimoniata e insegnata da San Paolo.”

    (Giovanni Paolo II, Udienza generale, 18 dicembre 1991)

    1. Erika

      @Alessandro: grazie, ci riflettero’. Sicuramente, poi, sono ansiosa di leggere il prossimo libro di Costanza, che ha il dono di trasmettere con leggerezza anche i passaggi più “ostici”. 🙂

    1. Alessandro

      No, è un uomo che, con l’aria di promulgare verità decisive, dice un sacco di sciocchezze, una colluvie di banalità sconfinanti talvolta nel ridicolo. Come quando, per spiegarci come superare il dualismo (?) anima-corpo che a suo avviso terrebbe banco nel Catechismo, propina (si vedano gli ultimi due minuti del video) questa solenne corbelleria, che almeno ha avuto il pregio di farmi ridere di gusto (sfido chiunque a dare un senso plausibile alle sue affermazioni; un senso tale, cioè, dal non lasciarle sprofondare nella farneticazione):

      l’unità del composto umano va pensata come unità di energia e massa. La mia massa corporea è energia solidificata e man mano che le mie funzioni vitali aumentano l’energia solidificata si libera fino a poter essere energia allo stato puro, come avviene nell’intelletto e nella creatività. Se si pensa così si capisce come il dualismo anima corpo può essere superato.

      Come ha notato Sandro Magister, concetti analoghi sono espressi da un altro teologo di vaglia, il maestro Luca Laurenti:

      http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/02/25/

  16. Sì, hai ragione, ma io volevo parlare del “senso” generale del suo discorso.
    E robaccia, è spazzatura, è tutto da disprezzare , o, come, in(quasi) tutte le argomentazioni serie, c’è qualcosa da tenere in considerazione?
    Anche il fatto che l’anima sia soffiata dentro da fuori non è egualmente sconfinante?

    1. Alessandro

      Non ci vedo nulla di implausibile nel pensare che l’anima non sia generata dai genitori ma sia creata direttamente da Dio. Un Dio onnipotente può farlo. Se poi non si crede nell’onnipotenza di Dio, allora quasi tutto il cristianesimo diventa un’assurdità.

      1. Che sia onnipotente non comporta neccessariamente l’insufflazione.
        Potrebbe aver creato il corpo entro cui poi si sono sviluppate le funzioni superiori dell’intelletto umano (anima)
        Non ci vedo nulla di strano. o di eretico. L’anima dal corpo, un miracolo lento, provenuto da Dio.
        Si è creduto anche che il sole girasse intorno alla terra e poi non era vero.
        Un miracolo, anche il sistema solare, ma copernicanizzato.

        1. Alessandro

          Sì, ma il corpo muore. E se l’anima non c’è, e le funzioni superiori dell’intelletto umano non sono che un’evoluta espressione del corpo (e andrebbe mostrato che ciò sia possibile), con il corpo trovano la morte anche la coscienza e l’autocoscienza. Non resta alcuno spazio per l’anima immortale, per una mia sopravvivenza oltre la morte fisica. Dio avrebbe dunque creato un uomo completamente mortale?

  17. Ti chiedevo di Mancuso “nel suo insieme”, a dire il vero.
    Certo, potrebbe essere un grande stronzo, anche lui, come tanti, ma le cose che ha detto non mi sono sembrate da persona cattiva, che vuole il male, che è in mala fede, che è falso, eccetra, certo, te dici, lui è nell’errore e te nella verità, ma fossero tutti quelli nell’errore che dicessero cose così da omini che cercassereo di fare il loro meglio anche pur credendo cose non vere!!!

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