Chiedetelo alla massaia

di Cyrano

Devo confessare che nutro una considerevole ammirazione per gli ingegneri. Non solo, direi di più: in qualche modo ne ho un timore reverenziale. C’è una cosa che è vera per tutte le categorie di professionisti, ma che riferita agli ingegneri può fare veramente la differenza: si può fare gli ingegneri (e per questo basta studiare, purché ci sia un minimo di disposizione) e si può essere ingegneri (e forse così si nasce soltanto). Dov’è la differenza? Facile: uno che fa l’ingegnere ha un orario in cui argina le sue profonde competenze tecniche, e uno in cui semplicemente “fa altro” (magari gioca a calcetto con gli amici, corteggia donne o addirittura porta a spasso il muflone!). Uno che invece è ingegnere ha un orario in cui l’applicazione delle sue competenze gli frutta un reddito… e un altro in cui nessuno lo paga, ma in cui continua imperterrito allo stesso modo. Un ingegnere meccanico non ha bisogno che gli si chieda un parere sul nuovo motore Ferrari perché parta per la tangente: gli basta sedersi a una tavolata tra amici perché cominci a osservare i materiali di tavoli e sedie, la resistenza delle strutture e la funzionalità. Fatto questo, può tirare in ballo da un momento all’altro la qualità delle lampadine, il rapporto tra luce, energia e calore, il costo unitario e le nuove normative europee per l’illuminotecnica! Non glie ne vogliate: l’ingegnere essenziale non fa questo per mettersi in mostra. È il suo mondo, e cerca di condividerlo.

Ormai sospetterete che io sia prezzolato da una qualche potente lobby ingegneristica (non è così, ma se qualcuno di voi vi appartenesse e fosse interessato a ingaggiarmi, contattatemi pure in privato): il fatto è che ho dovuto apprezzare e ammirare, tra gli ingegneri, la risoluta determinazione a incidere significativamente (=utilmente) nel mondo a partire dalla conoscenza delle leggi che lo governano. A parlare con un amico ingegnere si dischiudono autentici mondi paralleli, e dopo che per nottate intere a base di coca cola si viene iniziati a considerare il significativo contributo che la realizzazione di un nuovo processore informatico apporterà alla causa dell’effetto serra… beh, uno può anche avere una nuova percezione della realtà.

Fatto sta che il mio amico Roberto, ingegnere essenziale, s’è ritrovato ad assistere la madre malata, e l’ha fatto con gran cuore (hanno anche un gran cuore, gli ingegneri!). «Mammona [era un vezzeggiativo, non parlava col demonio, ndr] che vuoi per pranzo?» – «Beh, se ti va anche a te facciamo una frittatina con le patate» – «Benissimo: quante patate e quante uova?» – «Eh, tre, quattro… dipende» – «Dipende da cosa? Mamma: le patate e le uova sono unità di grandezze discrete, non continue! Tre o quattro patate? Tre o quattro uova?».

Roberto è un ingegnere, non lo fa. E se improvvisamente chiedete a lui che cos’è la verità (come una spericolata lettrice, che ringrazio, ha fatto qualche giorno fa su queste pagine…) non potrete che avere una domanda in risposta: «Quale verità?». Non si fanno discorsi sul nulla: la verità è sempre “verità di qualcosa” oppure non è niente e basta. Anche la mamma di Roberto lo sapeva, che dal letto non si può dire se “la verità” sia sul serio “tre” o “quattro” patate: devi avercele in mano, vedere quanto sono fresche, quanto avvizzite, insomma devi palparle! Per le uova è più facile, sì, ma una brava massaia sa riconoscere anche dal loro rumore se sono fresche o no (ammetto che per me questo resta un mistero ai limiti del paranormale). Imparatelo allora dalla massaia, che cos’è la verità; in fondo l’evangelista Giovanni, che per la parola “verità” manifesta una comprensibile fissazione, pare giustificarsi allo stesso modo: «Quello che abbiamo visto coi nostri occhi, quello che abbiamo sentito con le nostre orecchie e che le nostre mani hanno palpato… di questo stiamo parlando, perché la vita e la verità si sono fatte visibili e palpabili» (Cf. 1Gv 1,1-3).

“Ma di questo passo dove andiamo a finire?!”, si chiedono gli ammiratori della verità, che almeno di scorcio l’hanno vista: se cominciamo a negoziare a destra e a manca con la scusa che “poi, alla fine, bisogna vedere la situazione”, chi ci garantisce che non svendiamo “valori non negoziabili”? Ci mancherebbe altro! Se chiedete alla massaia, per telefono, cosa dovete fare per tirar fuori dal forno un ciambellone commestibile, riceverete senz’altro una precisissima serie di indicazioni (chiamata, in gergo tecnico, “ricetta”), subordinata tuttavia all’immancabile appello: «Comunque una volta vieni da me, lo facciamo insieme e ti faccio vedere».

Un po’ come l’esperienza storica del cristianesimo, che ha imparato bene a distinguere anche verità sottilissime da eresie sottilissime, e a distinguere le leggi morali invalicabili dai “caldi consigli” e dai “rispettabili pareri”. Del resto, se una/o è incerta/o sulla temperatura del latte per il pupo nel biberon, neanche l’ormai famosa massaia potrà giovare più di tanto: «Se lo metta sul polso – le/gli dirà – deve vederlo lei!».

E poi c’è il prodigio: gli oltranzisti della norma (a partire dai grammatici, passando per i giuristi e finendo ai moralisti, ma senza coinvolgere gli artisti e gli ingegneri!) riescono a inventarsi delle speciali “norme” che “normalizzano” quello che norma proprio non è – così nascono l’eccezione, l’æquitas e l’epikeìa (se si usano nomi difficili le cose semplici sembrano migliori, dicono!).

E gli ingegneri? Niente, ormai se la ridono, perché fin dagli anni di studio si trasmettono un imponente bagaglio di “barzellette di settore” (un po’ come i carabinieri e i preti), che mostra a un tempo l’importanza e la futilità delle loro competenze. Una per tutte:

«Al cantiere. L’ingegnere arriva portando matita, gomma, calcolatrice, penna grafica. Dà un’occhiata ai numeri e scrive, cancella, calcola, sbuffa e alla fine dichiara soddisfatto: “Qui ci vogliono barre di armatura da 16,4!”. Passa il capomastro, a dorso nudo, dà un’occhiata ai conti e dice: “Sì, è vero. Però non ce le abbiamo, e quelle da 16 vanno bene uguale”».

“Che cos’è la verità?”, dite? Bisogna chiederlo all’ingegnere. E al capomastro. E chiedetelo anche alla massaia! Poi, alla fine, dovete vedere.

106 pensieri su “Chiedetelo alla massaia

    1. ops… grazie per la pronta segnalazione, Isabella. Solo che, sarà l’ora, ancora non trovo l’errore che dici. Se me lo mostri lo correggo subito.

  1. giovanni dm

    Al politecnico di Milano qualcuno ha inciso su un banco: “L’ingegnere non vive, FUNZIONA”!

  2. sorellastragenoveffa

    Divertentissimo, complimenti!
    Ma il messaggio è complicato, “venite e vedete”, Lui dice a loro, ma loro stanno lì.
    “venite e vedete”, Lui dice anche a noi, ma noi stiamo qui e ci viene facile far finta di non sentire.

    1. sarà complicato perché siamo complicati noi… l’esperienza della verità, di per sé, dovrebbe essere particolarmente “semplice”. Husserl diceva: «Bisogna solo vedere». A confrontare questa citazione con la tua, Genny, sembra proprio vero quel che disse Gesù: «Chi è dalla verità ascolta la mia voce». 😉

  3. sorellastragenoveffa

    Si, anche Claudel fa dire a Violaine “perché affannarsi tanto, quando è così semplie obbedire?” e questa frase mi è particolarmente cara, racchiude tutto, e cerco di farla mia, a volte è semplice, a volte no.

  4. elisabetta

    mio papa’ la frittata la divideva (in realta’ lo fa ancora oggi) in settori circolari e davanti agli amichetti ci chiedeva (non interrogava, era una ovvia domanda, che diamine!) “di quanti gradi la vuoi?”… manco a dirlo e’ un ingegnere 🙂

    1. questa devo raccontarla a Roberto! Sono sicuro che neanche lui farebbe una cosa del genere, anche se è perfettamente capace di accostare su un cavalcavia autostradale perché dal suono delle gomme inferisce che la distanza tra i compensatori d’espansione (si chiamano così? Boh…) non è ben stimata!

  5. Alessandro

    La verità è semplice, ma per noi complicati è dura: “Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16, 24-25); “molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 22,14); “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno” (Lc 13, 24).
    Eppure basterebbe il buon senso della massaia: “Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia; e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?” (Mt 16, 2-3); “Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11, 16-19)

  6. alvise

    ……e cosí si rimase solo in Roma, ché Donato a Fiorenza se ne tornò, e con maggiore studio e fatica di prima, dietro alle rovine di quelle fabriche, di continuo si esercita|va. Né restò ch’e’ non fusse disegnata da lui ogni sorte di fabbrica, tempii tondi e quadri, a otto facce, basiliche, acquidotti, bagni, archi, colisei, anfiteatri et ogni tempio di mattoni, da’ quali cavò le cignature et incatenature, e cosí il girarli nelle volte, tolse tutte le collegazioni e di pietre e di impernature e di morse; et investigando a tutte le pietre grosse una buca nel mezzo per ciascuna in sotto squadra, trovò esser quello ferro, che è da noi chiamato la ulivella, con che si tira su le pietre, et egli lo rinovò e messelo in uso di poi.”
    Vasari -“Brunelleschi”

    1. giuliana z.

      Eh Alvise! ma tu parli del più grande architetto di tutti i tempi (non me ne vogliano gli estimatori di Le Corbusier e gli ingegneri!), colui che ha ideato la cupola autoportante della Cattedrale fiorentina, meglio di un ingegnere, perchè ha coniugato la tecnica e l’estetica….cose raffinate. Colui che ha imparato dall’antico dopo che le conoscenze dell’antico s’erano perdute con i mastri morti nelle pestilenze…. Per me il meglio artista del ‘400, per mente e opere. Il vero erede e prosecutore dei costruttori di cattedrali gotiche.

    2. giuliana z.

      Dani! se ti capita di andare a Firenze, devi assolutamente andarti a vedere la Cupola di Santa Maria del Fiore, e quando passi nell’intercapedine capisci tutto il suo valore. Non che quella di San Pietro non valga la salita (specie per la vista interna della Basilica), ma quella di Brunelleschi è eccelsa.

  7. Pingback: capomastro « lacorsianumerosei

  8. giuliana z.

    Dal titolo pensavo quasi che oggi il post fosse scritto per me. Poi inizio a leggere e tu, o esimio Cyrano, mi vieni a parlare di ingegneri! ti piace vincere facile! qui ci stanno almeno 3 dott. ing.: Alessio, Alberto e Fefral, e forse altri sotto mentite spoglie. Di massaie ci sono solo io! bè, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare! ebbene sì, la massaia esiste, non funziona. O meglio, a volte funziona perchè ha una serie di cose da fare, dal battere i materassi al cambio di stagione, a passare l’aspirapolvere, stendere i panni, stirarli, riporli, poi pulire i sanitari (e con 3 maschi in casa che giocano a centrare la tazza, vi assicuro non è sempre piacevole), lavare vetri e specchi, portare e ritirare i figli da scuola e piscina. Ma poi arriva finalmente il momento creativo: la cucina! se vuoi fare una frittata o qualsiasi cosa che contempli la presenza delle uova ti devi prima assicurare che le uova siano fresche, e qui entrano in scena le tecniche, puoi scuotere leggermente per sentire se il tuorloballa o sta fermo, puoi immergerle in acqua per vedere se affonda o galleggia, puoi aprirlo e vedere se c’è la bolla. Io personalmente mi fido della massaia a 200m da casa mia che c’ha le galline e non mi ha mai fregato. Mi dice anche che ci sono periodi in cui le galline non fanno uova e quindi non la chiamo. Capite qual è il metodo?

    1. giuliana z.

      ah, ecco, c’era qualcosa allora…. se parli del quadrato vuol dire che ne hai contato i lati!

    1. Alessandro

      Non son o ingegnere, ma mi piace moltissimo, Alberto. Apprezzo la tua autoironia!!!!

      1. Per quanto ne so io, l’ironia è un tratto comune a molti ingegneri: sarà che devono difendersi dall’alienazione sempre in agguato dietro i loro libri di formule! Fanno corpo simpaticamente, attorno alle loro piccole manie, da cui comunque tutti ricaviamo mediamente grande utilità! W gli ingegneri! W le massaie! (e un hip-hip anche per i capomastri, va’… 😉 ).

  9. alvise

    Brunelleschi ha guardato ha visto ha preso i principi tecnici ha eseguito.
    E quindi, voi vorrreste dire, uno potrebbe (se solo volesse) fare anche lui lo stesso.
    Chi non vede è perché non VUOLE vedere. E’ così? E quindi ” …è già condannato…e la causa della condanna sta in questo : che la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini preferirono le tenebre alla luce, perché le loro opere erano cattive”.

    1. Alessandro

      Certamente, chi non vede è perché non vuole vedere. Ma la distinzione tra chi non vede e chi vede non equivale perfettamente alla distinzione che comunemente facciamo tra non credente e credente. Anche il credente cede ogni giorno (più o meno gravemente) alla tentazione di non vedere, perché per vedere occorre voler vedere, e la volontà umana – pure quella del credente – preferisce spesso non vedere. Capita invece che talora quello che definiremmo un non credente veda meglio di un credente dalla volontà illanguidita: “Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: “Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono uomo sottoposto a un’autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all’uno: Va’ ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”. All’udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!”. E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito” (Lc 7, 6-10)
      “Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: “Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio”. Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: “Esaudiscila, vedi come ci grida dietro”. Ma egli rispose: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele”. Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: “Signore, aiutami!”. Ed egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. “È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Allora Gesù le replicò: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”. E da quell’istante sua figlia fu guarita” (Mt 15, 21-28)

    2. Se dicessimo semplicemente questo, Alvise, saremmo dei pelagiani (molto irritanti, concordo). Giovanni scrive le cose che hai citato a partire da una prospettiva cosmologica e soteriologica molto particolare, che vede un determinismo senza altre spiegazioni fuori di quella che hai riportato tu. Anzi, per lui non è che non si appartiene al gruppo dei gesuomani perché non si accoglie Gesù, ma l’esatto contrario!
      Giovanni, però, non è tutta la Scrittura, e non è neanche tutta la teologia. Perché qualcuno veda e qualcuno no, come in fondo diciamo spesso, resta misterioso. Chi “ha visto”, però, racconta cose molto semplici. Non ricordo quale illuminista doveva ammettere che «il cristianesimo è stato predicato dagli incolti e creduto dai colti, e in questo non assomiglia ad alcunché di conosciuto».

    3. Alessandro

      Giovanni criptopelagiano? Mi sembra grossa.
      Che significa “Giovanni, però, non è tutta la Scrittura”. Che i Sinottici discordano da Giovanni? E dove, e in che cosa?
      Quanto ai passi giovannei “incriminati”, eccoli (è l’episodio di Nicodemo):
      “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
      Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
      Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv 3, 16-19).
      Qui non c’è nessun “determinismo”, ma viene semplicemente detto ciò che c’è scritto in tutto il NT (le citazioni si sprecherebbero, ma magari altra volta): chi crede nel Figlio è salvo, chi non crede è condannato.
      L’opposizione evidenziata da Giovanni è tra i credenti e coloro che sono nelle tenebre. Chi è nelle tenebre è certamente condannato, ma non c’è scritto in Giovanni che chi è nelle tenebre è quello che noi chiamiamo comunemente “non credente”. La demarcazione tra luce e tenebre, cioè (in ottica giovannea) tra salvezza e dannazione, è una linea che attraversa il cuore di ogni uomo, sia quello che noi comunemente chiamiamo “credente” sia quello che noi comunemente chiamiamo “non credente”. La sorte dell’uno e dell’altro (salvezza o dannazione) dipenderà da quanto la luce prevarrà sulla tenebra, o viceversa. Dire che “chi non crede è già stato condannato” significa, in ottica giovannea (e neotestamentaria, senza dissenso alcuno tra gli autori sacri), che chi rifiuta il “nome dell’unigenito Figlio di Dio”, cioè del mandato da Dio “perché il mondo si salvi per mezzo di lui”, non sarà salvo, ma sarà condannato. Ovviamente, però, il rifiuto deve essere reciso e definitivo (e solo Dio sa quando nel cuore di un uomo prende il sopravvento questo rifiuto).
      “Perché qualcuno veda e qualcuno no, come in fondo diciamo spesso, resta misterioso”. Certamente, purché non si neghi che Dio voglio largire a tutti il dono della fede (che non necessariamente coincide con l’adesione esplicita ai contenuti del credo), e che sta all’uomo liberamente accettare o no il dono: se così non fosse, cadremmo in un predestinazionismo anticattolico (altro che pelagianesimo…).

      1. Certo che Giovanni non è criptopelagiano, ma facilmente noi lo saremmo, seguendolo solo in quel tipo di versetti che citava Alvise. Giovanni non è tutta la Scrittura nel senso che, se ogni autore ha la sua particolarità, il taglio di Giovanni è spiccatissimamente “sopra le righe” (tanto che il suo Vangelo fu recepito con una certa fatica dalle maggiori chiese, pur essendosi diffuso rapidissimamente). Puzzava di gnosi. Questo è innegabile. Ricorda che Giovanni dice che “le pecore che non ascoltano la voce di Cristo” non l’ascoltano “perché non sono sue”: in questo senso il suo determinismo spinge in direzione diametralmente opposta al pelagianesimo, ma la lettura di Alvise coinvolgeva la “colpa”, la “responsabilità” (ricavandole dai termini giovannei e spingendole “oltre la loro portata giovannea”). Certamente la tua lettura è sensatissima, Alessandro, ma è (giustamente) protesa a uno sguardo canonico. Giovanni non aveva a mente di dover salvare il tuo e il mio bagaglio tradizionale. In Giovanni non si parla di “elezione universale”, perché si è fin troppo consapevoli del fatto che c’è chi rifiuta. Questo problema è più sentito da Paolo, da lui elaborato e mediante i suoi scritti da noi recepito. Proprio una predestinazione che non faccia torto alla bontà di Dio è il cruccio paolino, e anche lì – se seguiamo solo certi passi di Paolo – finiamo dritti dritti tra le pagine di Calvino (come dicevi tu). Ma pure stando attentissimi, Alessandro… non se ne esce: sulle tormentate pagine dell’Ad Simplicianum in cui Agostino tratta questo problema sono stati versati fiumi d’inchiostro. E non se ne viene a capo… Restano i canoni di Trento. A quelli bisogna attenersi, e a nessuno di quelli veniamo meno con queste considerazioni puramente esegetiche.

    4. Alessandro

      Cyrano, ti ringrazio per le tue precisazioni;
      “se seguiamo solo certi passi di Paolo finiamo dritti dritti tra le pagine di Calvino”. Concordo, così come se “seguiamo” solo certi passi di Giovanni (o di Luca o di chi altro) certamente finiamo dritti tra altre pagine che non ci sono molto gradite. Direi che un’esegesi corretta va sempre accompagnata e confortata da una sana teologia, e viceversa.

    5. Elena

      E se fosse semplicemente che chi non ha visto non aveva nulla da vedere? “che tutti siano uno affinché il mondo creda”. Se cristo non è generato in terrà dalla chiesa comunione come può essere visto?

      1. Sottile, Elena, ma è la Chiesa che vive in Cristo, più che Cristo nella Chiesa: ok, c’è “mutua immanenza”, ma il primato è di Cristo oppure non ci sarà proprio un bel niente da vedere! 😉 Ma che vuoi dire invece con la prima parte della frase?

    6. Elena

      Cyrano, la mia esperienza di fede contempla la presenza viva di una persona in una comunione di amore scambievole, sul modello trinitario. Penso al “dove due o più” e mi riferisco al fatto che, secondo me, nel cristianesimo la verità non è dialettica. Come mi pare di aver letto da qualche commento, la verità di cristo non si dimostra, si mostra (e si vive). Quando pilato chiede a Gesù cos’è la verità, lui non risponde, perché pilato la verità ce l’aveva davanti, mostrata. Lui l’avrebbe voluta invece ragionata.
      Vorrei anche io possedere le armi argomentative della teologia quando discuto con i miei amici non credenti e spesso mi sale alle labbra, davanti alle loro argomentazioni stringenti, il “venite e vedete”. Ma non sempre so dove portarli, almeno non nelle immediate vicinanze 😉

      1. quant’è vero… 🙂
        La teologia, poi, non serve neanche a me a “dimostrare” molto su Dio (diciamo che il pensare volentieri le cose di Dio è stato una tra le grazie più grandi della mia vita), proprio perché la verità che ti trasforma non è dialettica. Il fascino di Cristo, il suo “profumo”, queste sono cose che cambiano il mondo di chi le accoglie. La teologia è una speculazione che chi ama Dio non può negarsi, quantunque non gli basti; tantomeno basta a chi lo cerca, Dio. Ma a chi vuole capire il come e i perché dell’armonia dei misteri cristiani… beh, a quelli una manina può darla, dai. 😉
        Ma poi perché dici di non possederle, quelle “armi”? Mi sembri mostrare un intuito piuttosto agile invece…

    7. Elena

      dico di non possedere le armi della dialettica e della teologia speculativa, anche se la teologia mi affascina (e – lo confesso – ne sono stata affascinata anche attraverso la lattura di quell’autore borderline ma ricco di suggestioni e di amore per la verità che è Vito Mancuso – ma non solo): spesso i non credenti vogliono la prova provata e purtroppo io non solo non gliela posso dare, ma nemmeno riesco a stare al passo delle loro feroci invettive ;-). Posso solo invitarli a fare un’esperienza, ma spesso mi scontro con la diffidenza suscitata dalle loro esperienze pregresse.
      Quello che credo è che se noi fossimo davvero testimoni autentici (ossia fossimo davvero tanti Cristo) non dico che il mondo si convertirebbe (ogni uomo infatti non può essere costretto dalla necessità di un principio secco di causa-effetto), ma sicuramente daremmo una grossa mano al regno di Dio. Poi, si sa, ci sono quelli che neanche se vedessero Elia in persona… 😉
      Non è detto comunque che in futuro io non decida potendo di seguire studi teologici, ma se non avessi più quel che ora trovo nella vita comunitaria potrei tranquillamente iscrivermi a matematica o – perché no – ingegneria, tanto farebbe lo stesso.
      Grazie per avermi risposto

      1. Mi associo anch’io, e penso di interpretare pure i sentimenti di Alvise estendendo il ricordo ad Antonio Socci…

  10. Divertentissimo, come è divertente in presenza degli ingegneri accentuare volutamente le approssimazioni “Sì, ok, falla con qualche patata ma anche qualche uovo, cuocila abbastanza e tagliamene un po'”. Dopo l’ingegnere si suicida, ma se non altro intrattiene. 🙂

  11. maria joana

    COME COMPRARE LA VERITA’
    di C. H. Spurgeon

    (Pubblicato con permesso del sito Cristiani Evangelici)

    Sermone pubblicato giovedì, il 11 Marzo 1915 al Tabernacolo Metropolitano Newington

    e predicato anche il 26 Giugno 1870.

    INTERVENTO DELL’ADMIN: scusa Maria Joana ma il tuo commento era veramente troppo lungo e l’ho incorporato in un file PDF. chi volesse leggerlo questo è il link
    http://costanzamiriano.files.wordpress.com/2011/06/mariajoana.pdf

  12. Luigi

    Mi associo agli auguri ad Antonio, oggi la mia Chiara compie 4 anni, festa al mare con bolle di sapone. Non sono mai riuscito ad avere gran feeling con i miei amici ingegneri, troppo diversi da me, mi limito a stimarli in silenzio. Faccio già molta fatica a comprendere i manuali delle giovani marmotte.

    1. sorellastragenoveffa

      auguri!!!
      una bella festa sulla spiaggia per levare tutte le energie e far si che la notte dormano come angioletti!

  13. alvise

    Con la sola intelligenza
    Non si arriva alla Credenza!!!

    LUIGI: AUGURI A TE E ALLA TUA BAMBINA!!!!

  14. giuliana z.

    Ora che ci penso Alessio e Alberto sono ingegneri ma i capelli ce li hanno ancora!

    Mi posso sfogare un po’ adesso che i seggi sono chiusi? permettetemi di dire che questa nostra Italia ha scelto ancora una volta di somigliare sempre più a Cuba. Se non avere il nucleare e i servizi idrici gestiti solo dai comuni è progresso, allora tanto valeva approvare anche le leggi su testamento biologico, unioni di fatto, procreazione assistita illimitata….Revolucion! revolucion!

    1. giuliana z.

      sottoscrivo Magister! questo Paese non ha capito niente di cosa sia la sussidiarietà! la libera iniziativa avrà sempre le ali tarpate dallo statalismo. Ho citato Cuba perchè ho un’amica cubana che mi racconta storie allucinanti di come nessuno possa pescare pesce, macellare bestie per mangiare (mangiano praticamente solo fagioli, per la felicità dei veganiani) e muovere un passo che non sia sotto controllo dello stato. Vogliamo finire così? meglio che non parlo di preti che sostenevano il si coi bandieroni sull’altare, perchè come sempre mi si allungherebbe la lista di cose da fare in Purgatorio…..e meglio che a casa mi “sottometto” perchè mio marito ha votato 4 sì ed io ancora adesso mi sento tutti i “nodi” dentro e prego che la Madonna me li sciolga tutti quanti!

    2. paulbratter

      scusate mi spiegate in cosa produzione di energia nucleare e l’acqua gestita dai privati abbiano a che fare con i valori cattolici? nel caso di procreazione assistita, testamento biologico etc è evidente ma mi spiegate perchè un cattolico dovrebbe avere una posizione invece di un’altra su temi che non riguardano la morale o la Vita?

  15. Il post di oggi mi obbliga ad intervenire.
    Quando le persone mi chiedono che lavoro faccio, io rispondo: “Io SONO un ingegnere civile.”
    La Treccani ci definisce così: “In origine, chi progetta e dirige l’esecuzione di macchine belliche o idrauliche, e la costruzione di opere civili, militari, idrauliche e stradali…”
    L’ingegnere è colui che usa l’ingegno cioè “la facoltà dello spirito di intuire, penetrare e giudicare le cose con prontezza e perspicacia; capacità inventiva applicata sia alla creazione di opere d’arte, sia all’esecuzione di opere anche manuali, sia a trovare le vie, i modi e i mezzi per risolvere problemi, per eliminare le difficoltà che ostacolano la riuscita di un lavoro o di un’impresa…”
    Mi scuso per l’ampia citazione , ma ci tenevo a chiarire l’origine dell’ingegnere (anche perché mi sembrava di notare un po’ d’ironia nel post di Cyrano).

    Secondo me il problema, molto diffuso oggi, è che gli ingegneri (come un po’ tutti) sono stati ridotti nella loro capacità di usare l’ingegno e la ragione. Si vuole ridurre tutto a ciò che è misurabile e dimostrabile.
    Io amo i numeri e mi piace fare i calcoli perchè mi aiutano a capire e penetrare le cose, ma la realtà non è riducibile ai numeri. Un vero ingegnere lo sa bene e infatti di solito diffida anche dei calcolatori o dei computers perchè non sono capaci di capire tutte le informazioni che la realtà fornisce.
    C’è un unico campo di verifica per l’ingegnere: la realtà e l’esperienza della realtà.
    Contrariamente a quello che si può pensare l’ingegnere è un approssimatore per definizione, perchè il suo compito non è la perfezione (non è un matematico) , ma è risolvere il problema pratico in modo adeguato e ragionevole.
    Per risolvere un problema bisogna fare quello che oggi è sempre + difficile e impopolare: osservare la realtà e cercare di capirla usando l’ingegno con tutti i mezzi e le informazioni a disposizione.
    Invece di solito accade che la realtà non viene considerata o peggio viene pensata a tavolino e poi si cerca di far tornare le cose (e alla fine tutti si arrabbiano con la vita che delude).

    Faccio un esempio: Un giorno un cliente mi ha chiesto di progettare una fondazione per metterci sopra un macchinario. Io gli ho chiesto come era grande e quanto pesava il macchinario. Lui mi ha risposto che non lo sapeva ancora, ma non voleva perdere tempo e gli serviva subito fare il basamento.
    In questo esempio si parla di oggetti misurabili, ma è facile capire la confusione che accade quando poi si entra in altri campi molto meno misurabili, come gli affetti, con lo stesso criterio: non so se ti voglio bene x vivere tutta la vita con te, ma intanto cominciamo a convivere e poi vedremo x il matrimonio.
    Nei due esempi la mia risposta sarebbe sempre la stessa: ma mi stai prendendo in giro??

    Per finire (condivido in pieno il post): che cos’è la Verità? Non bastano le formule e i consigli, ognuno la può scoprire solo dentro un’esperienza, ma bisogna usare l’ingegno e il cuore (“dovete vedere”, ognuno ha in se stesso i criteri per farlo).

    1. giuliana z.

      sarà che mi stai simpatico, caro ing. Pesaro, ma ti dò ragione su una cosa in particolare, sulla realtà pensata al tavolino e che poi non sta in piedi. Mi vengono in mente gli architetti moderni, che progettano cose quasi impossibili, bellissime ma quasi impossibili, e poi devono arrendersi a chiedere l’aiuto di un ingegnere se non vogliono che i fruitori delle loro opere non finiscano anzitempo al Creatore. O ad un ingegnere civile, o ad un ingegnere dei materiali.

  16. Caro Cyrano
    complimenti sinceri : il tuo post mi piace tantissimo!!!
    Vengo ora sfinita dal tentativo (peraltro vano) di spiegare a mio figlio il perchè lui, che non ha fatto nulla, all’esame di cui parlavamo giorni fa ha preso una media di 7.50 e la sua morosa, che ha studiato come una bestia, ha preso 10. A lui farebbe comodo pensare che lei è un genio.
    Ma invece : dov’è la verità?
    Attendo contributi, ne sono uscita sfiancata, non parliamo di mio marito.

    Notizie dal Nido : uno dei due pigoli è quasi un piccioncino, è diventato grigetto; l’altro è ancora giallo ed è più piccolo. Bruttarelli ma belli scarrafoni a mamma loro.
    Come il mio per me 😉

    1. Alberto Conti

      l’unica cosa che posso suggerire è puntare sulla bellezza, sulla bellezza di fare bene tutto (studio compreso), a me è l’unica cosa che mi ha smosso ed affascinato

    2. Roberto

      Mmm. Forse perché in lui è così profonda l’evidenza che non vale la pena fare lo sforzo, da darlo talmente per scontato che, dal suo punto di vista, la morosa DEVE essere un genio. Che lui sappia che lei ha studiato di bestia, è un altro paio di maniche: ma di fatto è un contorno, come un evento non del tutto reale o una notizia sentita alla radio. Gli è talmente aliena l’ipotesi di poter trovare una ragione per fare uno sforzo del genere, che l’unica alternativa ragionevole che gli si para davanti è che per ottenere così tanto sia necessario, semplicemente, essere maggiormante dotato/a per natura.

    3. Sono D’ACCORDISSIMO sposo questa spiegazione. Non è bello ma è reale…
      Lei ha visto l’Everest e l’ha scalato col suo zainetto ; e lui è ancora giù che dice (non è solo in verità) “Fossi matto!”.
      Quello che mi chiedo è : ma cosa ci fanno insieme ?

    4. Roberto

      E chi capisce le donne??
      Forse la morosa ha visto un altro Everest e ha deciso di scalare anche quello?

    5. Roberto

      Questo detto, a costo di assumermi il rischio di dire una colossale ca****a, e ti chiedo già scusa solo per il fatto che mi permetto (e solo perché hai chiesto suggerimenti), per quanto non mi piaccia sparare alla cieca facendo ipotesi su persone che non conosco, da quel che racconti mi viene la sensazione che tuo figlio… faccia “obiezione di coscienza alla vita”.

  17. Antonio

    Anzitutto ringrazio di cuore Alberto, Daniela, Luigi e Cyrano per gli auguri.

    In secondo luogo, mi sembra opportuno complimentarmi con Cyrano per l’articolo, che solleva alcune questioni capitali – specie per noi giovani. Noi, infatti, siamo stati circuiti da una pseudo-cultura che alimenta sé stessa e le menti dei propri componenti con l’idea (ricevuta) della “legittimazione” dei più svariati organi.

    Il “pezzo di carta” non serve perché è utile… serve perché dietro di esso c’è qualcuno che te l’ha riconosciuto. Questo “qualcuno”, a sua volta, è stato messo al vaglio da altri, e così via fino alla radice. In questo processo coesistono pratiche atte ad indottrinare, miste ad altre che servono per addolcire tale addomesticamento – riconoscimenti di vario tipo, insomma.

    Per chi non l’avesse capito, mi riferisco al sistema istruzione. La corsa alla laurea, ai bei voti, alla posizione… e nel più breve tempo possibile! Oggi a 25 anni sei già tagliato fuori da certi ambienti e certe logiche se non ne fai già parte. E’ così che funziona, e mi piacerebbe tanto che qualcuno fosse in grado di smentirmi.

    Cyrano, però, in questo suo spassoso articolo ci ricorda com’è che veramente s’impara. Sulla scorta di quel vecchio proverbio: “Me l’hanno raccontato e ho dimenticato. l’ho visto e ho capito. L’ho fatto e ho imparato”. Sì, perché così s’imparava un tempo, da quel che mi è parso di capire. E’ stato citato Brunelleschi, ma già in un’altra occasione mi sembra di aver parlato di come cominciarono pittori che già al tempo venivano considerati geni. Impastavano colori!

    Penso non si smetterà mai a dovere di sottolineare l’importanza di “imparare facendo”. E’ stato portato il caso degli ingegneri. Certo, nel loro ambito, come in altri, essere preventivamente al corrente di svariate nozioni di base è fondamentale. Ma mi sembra quasi banale sottolineare come sul campo siano venuti fuori i migliori – alcuni imparando proprio da quegli “ignoranti” dei capo-mastri. E’ una realtà che un po’ conosco, quindi non si tratta di affermazioni campate in aria.

    L’idea del sottoscritto è che la ‘tecnica’ sia un aspetto fondamentale di gran parte delle professioni esistenti al mondo. Tecnica che, però, diventa lettera morta se non appassionatamente sperimentata sul campo. Ed è questo che rende quella semplice professione in una vocazione vera e propria. O si pensa che anche la vocazione riguardi solo i preti?

    Bello l’esempio relativo a coloro che non “fanno” l’ingegneri, ma che semplicemente “lo sono”. “Fare” una determinata cosa è solo il primo passo per fondersi con essa e diventarne un tutt’uno. Peccato per chi si ferma a quella primissima fase…

  18. paulbratter

    LEGGO:

    Chi è per il SI al referendum sull’acqua (come Di Pietro, Bersani e i cattolici alla Zanotelli, per intendersi) non vuole che i privati ne abbiano la gestione, neppure in compartecipazione. Sono gli stessi che sparano a palle incatenate contro le scuole paritarie (che chiamano private).

    ma perchè i servizi idrici vengono dati in gestione ai presidi?

    1. giuliana z.

      credo che il parallelismo tra acqua e scuola sia abbastanza appropriato. si ritiene infatti che entrambe sarebbero meglio gestite solo nelle mani del pubblico, che ne garantirebbe l’equa distribuzione e un prezzo “politico”. Io invece credo che come nella scuola ci sia la possibilità che anche il privato possa fare del buono, che ciascuno deve avere la libera scelta sull’istruzione da dare ai suoi figli e che lo stato garantisca questa libera scelta anche venendo incontro alle famiglie meno abbienti, ma che sentono quella esigenza. Mica dico che le scuole pubbliche non siano buone, anzi, quelle che ho fatto io x esempio, erano ottime. Ma la libertà di educare per me è importante. Così la gestione dell’acqua: ci sono comuni virtuosi che gestiscono bene eed in economia i sistemi idrici, ce ne sono altri che invece lasciano falle nei tubi per anni e non hanno soldi per rimettere ordine. Quindi secondo me è importante valutare caso x caso. Non so se mi sono spiegata bene, ma io non ho votato x questi motivi.

    2. paulbratter

      ma chi pensi che avrebbe pagato l’ammodernamento delle reti idriche? il “privato” di tasca sua?

  19. Marion

    sono consapevole che non c’entra nulla ma domani parto per Gerusalemme e volevo salutarvi. Sappiate che pregherò per tutti voi e, potete crederci o no, mi mancherete!!!!!

  20. Alberto Conti

    Mi limito a riportare un piccolo commento sul referendum (in particolare quello sull’acqua) riprendendo un tema a me molto caro citato da Giuliana cioè la Sussidiarietà: tutt’ora esiste questa avversione verso tutto cio che è privato perchè permane nel pensiero dominante la cultura Hobbesiana dell’homo lupo lupis, per cui l’uomo è per natura egoista e solo il pubblico è garante del bene comune; in questo concetto vedo qualcosa di molto anticristiano, la stessa idea portò a cancellare (o meglio statalizzare) nel passato tutte quelle grandiosi opere che erano nate spontaneamente dalla società guarda caso cristiana (ospedali, ricoveri, scuole, misericordie, opere pie, …). mi fermo qui perchè ci sarebbe da riportare interi libri.

    Ritorno invece al post di oggi e devo dire che mi ha aiutato molto studiare ingegneria perchè buona parte del piano di studi è stato improntato ad imparare a risolvere problemi (non necessariamente matematici) e questo è stato utilissimo poi nella vita lavorativa e non; ho imparato l’importanza di quello che sosteneva Carrel (Nobel per la Medicina): “poca osservazione e molto ragionamento portano all’errore, molta osservazione e poco ragionamento portano alla verità” (citazione già usata mi scuso).

    Nel lavoro e nella vita osservare la realtà è quanto di più istruttivo e ragionevole possa fare l’uomo e, ovviamente come ricordava Antonio, osservare chi ne sa più di noi solo perchè ha osservato prima di noi.

    1. giuliana z.

      scusa Paul, come mai è sparito il tuo link a Bilderberg54? l’avevo trovato molto interessante!

    2. paulbratter

      bilderberg54 era solo una prova un copia incolla di notizie di altri. se ti vuoi informare su internet c’è tantissimo sul gruppo Bilderberg il problema è che c’è anche tanta “monnezza”

  21. alvise

    “perché per come la vedo io senza la grazia di Dio sposarsi è davvero un grosso, grossissimo azzardo. Il giogo può anche in certi casi diventare davvero pesante da trascinare fino alla fine dei propri giorni. Impensabile farcela senza l’aiuto di Dio.”

    Ma come faranno allora i “gentili”,?Faranno quello che gli riesce fare a tutti, se ci riescono.
    Insomma, per tornare indietro al libro: secondo me il positivo del libro consite nei quadretti di peripezie quotidiane disegnati con vivezza umorismo e ironia. Il resto funzione come funziona il ragionamento vive meglio chi crede che chi non crede. Senza spiegare come si fa a credere. E poi io credo che Iddio, se ci sarà, e se vorrà, potra aiutare tutti a andare avanti. Mi ricordo la dotttrina che studiavo io:
    Dove è Dio?
    Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo
    Quindi…

    1. alvise

      Quindi presente per tutti!!! Come gli piace dire, al mio amico Taddei, il tassista,ieri a pranzo:
      “tanto, ragazzi, l’è così, “Dio è misericordia infinita!!!”
      Mica se ne avrà mica a male se qualcuno non ci crede…
      Era nell’Antico Testamento il Dio permaloso!

    2. fefral

      eggià, però mi pare che diceva “beati quelli che pur non avendo visto crederanno”…. beati, a me non mi dispiacerebbe un po’ di beatitudine :-), a te Alvi’?

  22. alvise

    …ma certo ,Fefral, che mi piacerebbe, ma mi devo accontentare di quella che mi riesce trovare, cammin facendo, via via, anche con orgoglio, (orgoglio di fare il mio meglio )non è così per tutti, in definitiva?

    1. fefral

      sì, è così per tutti alvi’, cammin facendo. Ma accontentarsi è un peccato se si può avere il 100×1 oltre alla vita eterna (peccato nel senso di “che spreco”!)

  23. alvise

    Si vede che a me non mi riece vincere alla Vs. lotteria, se siete SINCERI quando dite che avete
    il centuplo ogni giorno!!!
    E poi come fate a sapere che Voi siete contenti più di me?

    1. Fefral

      Non so se è il centuplo ogni giorno, né so se sei piu o meno felice di me. Io so solo che io con cristo sono piu felice di io senza cristo…e in questo credimi, sono sincera perché l’ho provato (e lo provo tutti i giorni)

  24. Ele86

    …che bello questo articolo e quanto ritrovo di mio marito, che ancora ingegnere non è ma lo sarà a brevissimo. Cmq la testa è già quella….Sono incinta e all’inizio della gravidanza non sono stata troppo bene…momento cena, deve cucinare lui; PANICO(lui è il primo figlio, maschio di una mamma casalinga)….
    Sapendolo in difficoltà gli dico “Michi ci sono le cotolette già pronte devi solo scaldarle in padella” risposta “per quanto tempo?”
    Gli rispondo “3-4 minuti, vedi tu quando sono pronte”.
    Mi ribatte sconcertato “e come faccio a sapere quando sono pronte?”.
    Mi ingegno per dare una risposta il più semplice possibile, una risposta chiara, che lo aiuti sinceramente…trovata “Michi fuoco basso, quando diventano di un colore dorato sono pronte”. Ero certa che non ci si potesse sbagliare, più chiara di così???
    Si presenta in camera con la paletta per girare la carne ed esordisce dicendo ” con questa cosa (la paletta) non riesco a girare la cotoletta! Ma come fai ad usarla?e poi di minuti ne sono passati SOLO due ma a me sembra già dorata, che faccio?dici che è pronta?a me sembra che il colore assomigli a quello della FEDE”.
    Alzo la testa lo guardo mezza stordita e dico “scusa quale fede?, e lui “l’anello al dito! Scusa ,che ne so io cosa intendi per dorato. Ho pensato che le nostra fedi sono uguali e sono d’orate. Mi serviva qualcosa di tangibile!”

    1. Alessandro

      Ele86, auguri per la gravidanza e per tutto (sei dell’86 e sei già sposata e incinta? complimenti, sei in controtendenza rispetto al trend nazionale). Cmq scusa se mi permetto ma tuo marito è più imbranato di me in cucina. Com’è finita, l’ha bruciata la cotoletta?

  25. alvise

    CYRANO: “restano i Canoni di Trento. A quelli bisogna attenersi…”
    Ma io mi attengo (e non mi attengo) a tutte le scritture e trascritture
    fruibili….
    Fo male?

    1. Quando mi atteggio a storico del dogma fai bene a non darmi importanza… almeno finché non vuoi parlare di teologia “ingegneristica” (se mi passi l’ossimoro)! 🙂
      Sono fruibili anche i canoni del Tridentino, comunque… Buonanotte Alvi’, e grazie di cuore.

  26. Letti tutti i commenti, mi sarebbe piaciuto intervenire, ma per me sono giornate di fuoco!
    Io sono un architetto ma sono cresciuta in mezzo agli ingegneri!!! A casa nostra al mare partivano quesiti tipo: ragazzi, secondo voi, quanto misura quel palo della luce? Ed ecco che noi partivamo con metro, a misurare l’ombra e calcolare sulla sabbia l’altezza in proporzione con quella dello stecchino del ghiacciolo!
    C’erto, non eravamo normali!
    Volevo solo dire che durante la mia formazione accademica io ho sempre lavorato in studi di architettura ( da quando avevo 18 anni!!!). Questo “toccare con mano” la realtà mentre studiavo mi ha molto aiutata. Oggi arrivano da me in studio neolaureati di 30 anni che non hanno mai messo i piedi in cantiere… C’è qualcosa che non va!!!

  27. Ele86

    Lo so alessandro che siamo contro tendenza! E ti dirò di più mio marito è dell’89 e studia!!! Già lo “mantengo” io ma si può essere sottomesse anche se si è le uniche a lavorare.
    Io lavoro (lavoravo ora sono in maternità) poi gli consegno tutti i soldi e decide lui.
    Ma guarda non c’è scelta più bella che abbia mai fatto. A fidarsi di Dio la vita diventa Vangelo; o il vangelo la tua vita!
    Ci tengo a precisare una cosa visto che lo pensano sempre tutti,(persino delle suore mi hanno chiesto se fosse un matrimonio riparatore!) prima mi sono sposata poi sono rimasta incinta!

  28. Ele86

    Grazie alessandro. Guarda so che siamo contro tendenza ma non c’è scelta più bella che abbiamo mai fatto. Ti dirò di più, mio marito è dell’89 e studia ancora. Non perchè sia un asino, è semplicemente nei tempi. Già lavoro io e lo mantengo, ma si può essere sottomesse anche così. io lavoro(lavoravo) e do tutti isoldi a lui e lui decide le sorti finanziare. Non mi manca mai nulla!!! Anche il Mc alle dieci di sera….Cmq a fidarsi di Dio la vita diventa vangelo o se preferisci il vangelo diventa la tua vita. Non capisco bene ancora da che parte guardare questa frase ma per me è molto vera.
    P.s. cmq la cotoletta era pronta e buona

    1. Alessandro

      “Lo “mantengo” io ma si può essere sottomesse anche se si è le uniche a lavorare”: mi sembra una originale conferma di quanto dice Costanza!

      Vedi come cambia il mondo… io son nato negli anni Settanta all’interno del matrimonio da una mamma che aveva ventisei anni, e allora nessuno pensava che una ventiseienne fosse una madre giovane (mia nonna anzi diceva a mia mamma che era già “maruotta” – cioè avanti con gli anni – per avere il primo figlio), oggi invece…

      Beh, che dire, auguroni per tutto, di cuore!

    2. Alberto Conti

      GRANDISSIMI!!!
      Ed io che pensavo di essere stato coraggioso sposandosi neolaureati: ma entrambi lavoravamo (anche se quando abbiamo fissato la data mia moglie era ancora in stage)

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