Ventinove e lode

di Cyrano

Basta essere stati perlomeno iscritti uno o due anni in una qualche università, nonché essersi presentati agli appelli (anche solo a quelli degli altri), per aver assistito almeno una volta alla scena: lui/lei (non importa, anche se il genere può intaccare sensibilmente le dinamiche) ha un libretto farcito di trenta fino all’indecenza, con doviziosa crema di lodi sfuse, il professore lo/la guarda con imbarazzo (con più imbarazzo, se è una “lei”) perché stavolta la performance non è da cifra tonda. È stato un bell’esame, e di certo il professore non darà il voto che avrebbe dato a cuor leggero davanti a un libretto più variegato. Un altro secondo di tentennamento, poi il verdetto, che viene detto come a voler rendere un omaggio alla giustizia senza infliggere uno sfregio alla media: «29». A quel punto l’atmosfera tesa si dissolve: il professore riguadagna padronanza della situazione (ha fatto il suo dovere, e l’ha fatto secondo coscienza, cavoli!) e deglutisce per dimenticare il nodo alla gola di un attimo prima. Il candidato sbianca, e un filo di sudore gli cola sulla tempia: qui la gender question non è più del tutto irrilevante, perché se è una ragazza può quasi tranquillamente chinare il capo e versare due sommesse lacrime, fino a ricevere qualche parola di consolazione dal professore (o di aspro rimbrotto dalla professoressa); se invece è un ragazzo deve pensare che non solo la vita andrà avanti, ma che ci andrà molto presto, e che dallo stile con cui incasserà “la botta” dipenderà la sua presentabilità sociale molto più che la media dal “votaccio”.

Con beneficio d’inventario, s’intende. Ma il cuore della scena è costituito dal silenzioso coro di pensieri con cui i colleghi e le colleghe assistono alla scena: «Era ora che sbattessi i denti anche tu, fighetto/a!» – «Vediamo se la prossima volta che ti chiedo gli appunti me li dai o no, snob del cavolo!» – «Guarda, guarda, ci manca poco che si metta a piangere!» – «E adesso che fa? Perché non si alza? Vuole commuovere il prof…» – «Ah, fossi io il prof. glie lo farei mangiare quello schifoso libretto! Anzi, vorrei vedere se con un esame del genere Arcibaldo [si fa per dire, n.d.r.] avrebbe avuto un 29!» – «Sempre la stessa storia…». Le sfumature di genere possono importare anche in questa fase delle notevoli varianti, ad esempio gli sguardi femminili saranno spietati nel rileggere l’abbigliamento di una collega, crivellando con un’esegesi implacabile gli accostamenti tra accessori, tacchi, scollature, make up e profumi.

Sorvoliamo, e spezziamo una lancia in favore del malcapitato (ora possiamo tenerlo per uomo e basta, così non ci dilunghiamo con le concordanze): è senz’altro l’essere umano più infelice in un raggio non trascurabile. Meglio per lui, sì, che la sua muraglia di 30 sia stata sbeccata, così magari si rende conto che l’asse terrestre non s’è spostato di un secondo (di grado, ovviamente). Okay, sarà anche meglio per lui, ma domani: guardatelo ora, afflitto, reietto… un concentrato di fallimento! E sì che in greco e in ebraico (ma presumo anche in altre lingue sensate) c’è un solo verbo per dire “educare” e “bastonare”: il penultimo capitolo della Lettera agli Ebrei si dà la pena di constatare che «ogni educazione/bastonata non sembra essere, al momento, motivo di gioia, ma di tristezza; dopo però offre un frutto pacifico di giustizia a quelli che così sono stati allenati» (Cf. Eb 12,11). In fondo una banalità: è l’assioma fondamentale dell’educazione con cui sono venute su quasi tutte le generazioni della razza umana, giusto fino a due o tre prima della nostra. Ecco, il fatto che ci siano passati tutti non toglie che quando la batosta cade sui tuoi denti non sono le gengive del genere umano a sanguinare, ma le tue. Ed è sempre un po’ la prima volta!

C’è però un insidioso fraintendimento in agguato: non è raro che si abbia l’idea che una vita calibrata secondo le prospettive di Gesù Cristo sia una vita disposta a non emergere, a non produrre, a non eccellere. Pare certe volte che il fantomatico “frutto pacifico di giustizia” sia niente più che un “profilo basso”, incapace di sgomitare sul lavoro, nella ricerca, negli ambienti in cui la competitività ha un coefficiente rilevante – quindi non esposto al tracollo delle delusioni, delle frustrazioni… delle batoste. In breve: non dare fastidio agli altri, e gli altri (verosimilmente) non ne daranno a te. Ammantare la paura con la religione è operazione quanto mai rapida, e in effetti la si fa spesso in buona fede. Sarà “buona fede” quanto si vuole, comunque non è “fede buona”: la differenza tra il miserabile che piange sul libretto deturpato dall’orribile cifra “2” (chi non lo capirebbe?!) e gli sciacalli che godono per la sua “disfatta” è che il primo ha forse più probabilità di aggiustare il tiro e di continuare a eccellere per le giuste ragioni e coi dovuti “distinguo”.

Giuste ragioni? Quali sarebbero? Tanto per cominciare che il mondo è bello e vale la pena prenderlo di petto, perché investigare, capire, gestire e governare l’ordine delle cose (indifferentemente se si è astronomi, spazzini o teologi) è partecipare quanto ci è dato alla gioia cosmica del Creatore provvidente. Poi che, giacché il Creatore ha voluto lavorare con mani di uomo, ogni gesto quotidiano assurge a dignità “liturgica”, e pertanto merita la massima cura.

I dovuti “distinguo”, invece, sono tutti compendiati in quell’insuperabile norma di vita che è l’indifferenza (cui Ignazio dà tanto rilievo nel discernimento): se tieni a mente che le ragioni per cui ti protendi all’eccellenza non hanno direttamente a che fare col tuo prestigio (anche se possono implicarlo), la presenza di questo o la sua demolizione dovrebbero divenirti man mano fondamentalmente equivalenti.

Il “frutto pacifico di giustizia” resta allora a portata di mano: libertà. Libertà di alzarsi con un sorriso alleggerito davanti all’esaminatore e alla “media neo-periodica”. Libertà di godersi con gli altri mortali il gusto dell’imperfezione, senza smettere di protendersi all’infinito, che ci chiama dal reticolo caotico delle nostre agende.

102 pensieri su “Ventinove e lode

  1. Stasera dopo le preghiere leggevo un libro con mio figlio sui miti greci, in particolare sul vaso di Pandora e del fatto che, proprio come Eva, la sua disubbidienza ha scatenato i mali del mondo. Poi il dialogo è partito sul puntare sempre al massimo nella vita, puntare al paradiso(perché lui ne è uscito con un va bé, c’è sempre il purgatorio). Dicevo che era come a scuola, puntare sempre al voto pieno, perché se sbagli mira, al limite sei poco sotto e sei nella sufficienza, se punti alla sufficienza e sbagli mira sei bocciato…
    Io ho sempre pensato così e un voto più basso della mia media esemplare mi faceva un male cane… Ma que voti più bassi mi hanno insegnato moltissimo e mi hanno aiutata a crescere più degli altri.
    Mi è piaciuto molto il pezzo, se poi mi metti dentro Sant’Ignazio io mi apro in un sorriso e vado a nana contenta!

    Grazie!

  2. Antonio

    Interessante articolo, che il sottoscritto ha apprezzato perché probabilmente “di parte”. No, mai avute medie alte in vita mia – se non alle elementari forse. Ma la realtà universitaria non la conosco poi tanto male. Che dire, senza rischiare di mancare di tatto verso la miriade di laureandi e laureati sparsi per la Penisola?

    Forse è vero che il problema dell’Università sia il valore legale. Ma non voglio aprire dibattiti nei dibattiti. Una cosa mi sembra però di averla imparata. Il percorso universitario, come tutto ciò che accade nella vita di ognuno, è sostanzialmente una tra le tante esperienze alle quali ci si può sottoporre, volontariamente o meno.

    In quanto tale, anche per essa vale il medesimo approccio: prendere quanto di buono si riesce a ricavare e metterlo di lato. Vero è che trarre qualcosa di veramente utile in certi ambienti, oggigiorno, è più un’impresa che un approccio. Ma mai dire mai.

    Quella della media alta, poi… lì sconfiniamo in tutt’altro campo. Al singolo stabilire cosa sia meglio: uscirne presto o uscirne bene. Chi riesce a conciliare entrambe le cose è furbo. L’importante è non farsi illusioni. La meta deve sempre brillare esponenzialmente di più delle tappe che servono per raggiungerla. Perché tali tappe, signori miei, “vivono” e splendono solo ed esclusivamente in virtù di quella luce. Luce da cui tutto ha origine e a cui tutto tende.

    E no, non c’è nulla di strettamente “religioso” in quest’ultima affermazione.

  3. fefral

    “se tieni a mente che le ragioni per cui ti protendi all’eccellenza non hanno direttamente a che fare col tuo prestigio (anche se possono implicarlo), la presenza di questo o la sua demolizione dovrebbero divenirti man mano fondamentalmente equivalenti.”
    Penso che sia questo il succo del tuo post. Ed è un tema tosto, anche se lo inserisci in un racconto che mi ha portata indietro di un po’ di anni e mi ha rubato un sorriso.
    Puntare all’eccellenza, fare le cose bene, il meglio che possiamo. Questo può portarci a primeggiare nello studio o nel lavoro. Ma non è per questo che lo facciamo. Però Cyrano, sarà vero che ci sono cattolici che si accontentano nascondendo la propria paura, o pigrizia, dietro una falsa umiltà, ma io ne conosco tanti che nascondono quella che è pura e semplice ambizione dietro il paravento della fede. E che dimenticano che il prestigio non solo non è il fine, ma tante volte non è neppure il segno che si è fatto davvero bene. Cattolici che dimenticano le basilari norme di giustizia e carità in nome dell’affermazione professionale “perchè noi cattolici dobbiamo dimostrare che valiamo più degli altri, perchè facciamo le cose meglio degli altri, lo facciamo per amore di Dio, mica per noi stessi”
    E’ difficile quello che dici, anche se ne parli con leggerezza. E’ molto più difficile nel mondo del lavoro che all’università, una volta che si cominciano ad ottenere i primi successi professionali. E’ forse più difficile per l’uomo che per la donna. E il rischio che io vedo più frequente per i cattolici che conosco io non è quello di rinunciare al giusto e meritato prestigio in nome della fede, ma esattamente il contrario

    1. Alberto Conti

      Bello il concetto sui “cattolici arrivisti”, penso però che sia l’altra faccia della medaglia descritta da Cyrano: appiccicare Cristo alle nostre idee.

  4. Ciao Cyrano e buongiorno a tutti.
    Due cose : ho fatto le magistrali prima e poi Pedagogia (vecchio ordinamento) all’Università = pochi maschi.
    Al primo esame (Latino) = 22 (anatema!); secondo inglese = 28, poi una sfilza (una ventina) di 30 con una maggioranza seguita da lode.
    Sì : sono una secchiona, ottimo alle medie, 60 alla maturità, voti altissimi di italiano, filosofia e latino. Non che studiassi tanto . I tempi c’erano ma mi distraevo da morire. Diciamo che mi veniva bene.

    Seconda cosa : ll mondo è bello e vale la pena prenderlo di petto, perché investigare, capire, gestire e governare l’ordine delle cose (indifferentemente se si è astronomi, spazzini o teologi) è partecipare quanto ci è dato alla gioia cosmica del Creatore provvidente. Poi che, giacché il Creatore ha voluto lavorare con mani di uomo, ogni gesto quotidiano assurge a dignità “liturgica”, e pertanto merita la massima cura.

    Hooooooo! Questa cosa sì che mi piace, è nelle mie corde, è la prima cosa che sento adeguata da ieri mattina, dopo aver letto tutti i commenti , essermi data dei voti dallo 0 al 4–, e non essere intervenuta.

    Oggi giornatona ma mi sa che sarà una giornataccia : l’influenza non mi è ancora passata, anzi. Stasera saggio di danza seconda figlia.
    Ora vi saluto perchè rischio che mi sfumino: tolgono la luce per dei lavori condominiali.
    Eh, signora mia : sò problemi pure questi.

    1. «Poi udii una voce dal cielo che diceva: “Scrivi: Beati d’ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”» (Ap. 14,13).

  5. alvise

    CYRANO: riprendo da ieri, ero stanco, “io non sono Pietro, ma solleverò grosse pietre”; stamani no, per ora, almeno, piove,il bosco di Lucolena avvolto resta avvolto da una nebbione affascinante e misterisoso….ma bagnato!!!
    “La fede non è soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire ma sono ancora totalmente assenti; essa ci dà qualcosa. Ci dà già ora qualcosa della realtà attesa, e questa realtà presente costituisce per noi una « prova » delle cose che ancora non si vedono. Essa attira dentro il presente il futuro, così che quest’ultimo non è più il puro « non-ancora ». Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future”.
    Questo era il punto che si diceva. Nulla da ridire, nel senso che, credo, chiunque avrà sperimentato dentro se stesso l’effetto straordinario di una felice prospettiva futura concreta e l’entusiasmo e il “reale” cambiamento che essa riesce a infondere in tutti gli atti del tempo dell’attesa di questo che sappiamo verrà. E credo anche, lo stesso, sperimentino, dentro sé, i credenti nella Realtà Futura,escatologica. Quello, ahimé, di cui, in questo secondo caso, c’è bisogno, è la fede. Io non lo so cosa sia codesta fede che Voi dite (già detto altre volte)io non la conosco, ma, per analogia con la psicologia terrena di base, posso riuscire a capire la trasformazione che uno vive quando si trova a possedere un’aspettativa così forte in un altra vita.
    .

    1. Sai cos’è, molto “terra terra”? Non è “l’aspettativa in un’altra vita”, ma l’intuizione pura, infusa, indeducibile e indubitabile di questa realtà: “Gesù è vivo. Gesù è vivo veramente”. Nient’altro, davvero: il resto è corollario. Hai detto bene “escatologica”, ma “escatologica” non è sinonimo di “futura”, bensì indica proprio quel quella certa mutua immanenza del futuro nel presente e del presente nel futuro. Sai che cos’è “escatologico”? Quando il croupier dice: «Les jeux sont faits, rien ne va plus». Quello è escatologico: la ruota sta girando, la pallina saltella impazzita a destra e a manca, ma “il giudizio è già avvenuto”.

  6. @Paola, ieri pensavo a te, visto che non eri intervenuta, temevo per la tua influenza.
    @Fefral:
    Un requiem aeterno al tuo amico.
    Un abbraccio a te.

  7. Velenia

    Dopo questo post non posso farealtro che iniziare la mia giornata di lavoro.Buona giornata a tutti.

  8. alvise

    GIORNALISMO! (VENEZIANI, Il giornale):
    “Ho letto con commosso stupore l’auto­biografia di un filosofo vero, Emanue­­le Severino, Il mio ricordo degli eterni ( Riz­zoli). Tu ti aspetti una vita all’ombra della teoria e un accademico che discetta sul­l’essere e l’illusione del divenire. E inve­ce trovi un uomo di 82 anni che dedica il suo libro all’amore di una vita, sua mo­glie Esterina. Conosciuta da ragazzo, amata da subito, sin da quando ha senti­to un­a sera il profumo dei suoi capelli nel­le sue narici mentre l’accompagnava a ca­sa in bicicletta. Le dedica versi, testi, la vita. Madre dei suoi figli, 62 anni sempre insieme. Monogamo assoluto nel pensie­ro come nella vita, Severino; eterni per lui non sono solo gli enti ma anche gli amori.”

    Ma nessuno che abbia mai avuto il coraggio di dire che questo “filosofo” è un babbeo nascosto dietro pensieroni
    che non sono pensieroni, ma pensierini, travestiti da Università ( 110 e lode?)Non è così, Cyrano?

    1. Alessandro

      @Alvise: i cattolici (e non solo loro) hanno ampiamente criticato il pensiero di Severino. A riguardo del quale, pur essendo io un detrattore del suo neoparmenidismo, mi corre l’obbligo di consigliare di non metterlo nel mazzo dei filosofi tronfi ma scarsamente vocati. Severino molto sbaglia ma non è un pensatore da poco (lo sapeva un teoreta del rango di Gustavo Bontadini, che pure dalla teoresi di Severino a un certo punto prese le distanze recisamente). Il confronto degli anni Sessanta e Settanta tra Bontadini e Severino è uno dei punti più alti (ancorché negletti o fraintesi in taluni ambienti, pure cattolici) del pensiero filosofico italiano (e non solo) del Novecento, ed è assai istruttivo anche oggi.

      @Cyrano; “Contro Severino”, nonostante l’indubbia caratura dell’autore Salmann, è a mio modesto avviso un libro debole perché non aggredisce filosoficamente il cuore pulsante della teoresi severiniana. Severino va battuto sul terreno filosofico, anche quando straparla di teologia cristianesimo ecc. Una volta che gli hai mostrato che straparla di teologia cristianesimo ecc., lui può dirti: ok, ma il mio discorso filosofico inficia alla radice il cristianesimo del catechismo, quindi è sul terreno filosofico che (se ti riesce) sei tenuto a confutarmi, se vuoi salvare il tuo amato catechismo.

  9. Alberto Conti

    Bellissimo post (anche se non ho mai avuto grossi problemi ad accettare anche un 19 perchè sono dovuto andare al recupero dopo un inizio stentato) per portarla sullo sport direi che “l’importante è partecipare” ma vincere è più bell, non è necessario ma è più bello.

    Sono andato a vedere una gara di mio nipote (per il momento è l’unico che segue le mie orme), aveva i 200 stile libero e, da buon velocista qual è, ha fatto una gara al risparmio; il giorno dopo, con tutto il tatto (poco) di cui sono capace perchè a quell’età lo sport deve essere gioco, gli ho detto come fa a risparmiarsi in una gara, ogni cosa deve essere fatta al meglio solo e soltanto perchè è più bello, è più divertente, costerà più fatica (ma “felicità non è l’anagramma quasi perfetto di facilità” anche se questa citazione me la sono già giocata) ma sicuramente dopo sei più contento e Costanza sarà d’accordo con me nel dire che c’è più soddisfazione a scoppiare in una gara che a finirla “avendone ancora”.
    In questo sono pienamente d’accordo con Valentino Rossi (si “il Dottore” noto filosofo della motocicletta) quando dice “Pensa se non ci avessi provato”: la vita è una non perdiamone neanche una briciola e gustiamola al meglio (anch’io come Costanza “predico”).

  10. Giuda Maccabeo

    Cyrano,
    hai ben chiaro cosa implica utilizzare il termine “genere” , o parlare di “gender question” al posto di un più sereno sesso, maschio e femmina, uomo o donna?
    Sei sicuro che protendere all’eccellenza anche per aumentare il proprio prestigio personale sia poi tanto sbagliato?

    1. Sì, ce l’ho presente, ma chiaramente (e il contesto lo prova) ho usato l’espressione in senso lato, quindi equivalente a quelle che tu dici essere “più serene”. Non direi che è “tanto sbagliato”, ma certo è uno stile molto rischioso, intendo per sé e per la propria integrità. Tutti vogliamo essere amati, stimati e rispettati, ma forse quando cerchiamo di guadagnarci tutto questo a suon di meriti stiamo provando a comprare ciò che in fondo non si può comprare. Qualcosa di analogo al non accumulare tesori che la ruggine può divorare, il che significa tutt’altro che confinarsi nell’improduttività.

  11. fefral

    Il mio amico era ateo. Proprio non ci credeva in Dio. Mi prendeva in giro con affetto per la mia fede e io prendevo in giro lui. Gli facevo gli auguri a Natale, ma lui mi rispondeva a capodanno perchè per lui il natale non era una festa. Era stronzo. Molto. Era un amico. Uno di quelli che ci si vede una volta ogni tanto, senza sentirsi per mesi, ed è come se ci si fosse salutati il giorno prima. Uno di quelli che, per dirla con le sue parole, “è bello avere amici come te, che quando ci incontriamo non stiamo a rimpiangere il passato ma parliamo del presente e guardiamo al futuro, e abbiamo sempre qualcosa da dirci”.
    Io non lo so adesso lui dov’è. Non lo so. So che con la sua vita ha cambiato la mia vita. So che da lui ho imparato cose che non mi hanno insegnato altri amici cattolici. E so che oggi sono incazzata con lui perchè se ne è andato senza dire niente, è sparito per qualche mese, come faceva sempre, ma adesso non ci sarà più modo di incontrarci e parlare insieme del presente guardando il futuro, non potremo più raccontarci dei nostri figli che crescono, dei nostri problemi di lavoro, delle sconfitte e delle vittore nei nostri matrimoni. Non berremo più insieme mohito fino a star male, non proveremo più a convertirci a vicenda senza avere la presunzione di riuscirci, non litigheremo più. Non c’è più. Spero che la sua fosse davvero ignoranza involontaria, non ho nessun motivo per pensarlo ma neppure per non pensarlo…. che ne so io perchè lui non aveva fede e io ce l’ho? Non era peggiore di me. Non era neppure migliore. Era uno stronzo come me che cercava di amare a modo suo le persone che aveva accanto, sapendo di non riuscirci quanto avrebbe voluto. Ed è stato stronzo fino alla fine che se ne è andato senza salutare.
    Scusate lo sfogo. Dovrei lavorare ma non ci riesco.

    1. Alessandro

      Mi inserisco in punta di piedi, nel massimo rispetto del dolore, la mia non è una risposta. Posso solo pregare per l’amico defunto.
      Nella preghiera eucaristica, lo sai, il celebrante dice:
      “Ricordati anche dei nostri fratelli che sono morti
      nella pace del tuo Cristo, e di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede: ammettili a godere la luce del tuo volto e la pienezza di vita nella risurrezione”.

      Solo Lui è giudice giusto, solo lui conosce la fede (e le eventuali “ignoranze involontarie”). A noi tocca mantener viva la speranza, penso.

    2. alvise

      FEFRAL:Anche lui è stato fortunato a avere te come amica, una stronza per amica, è il meglio che a uno possa capitare!!!

    3. sottoscrivo in pieno Alessandro e Alvise: si potrebbe dipingere un Van Gogh con la gamma d’accezioni che t’ho visto dare alla parola “stronzo”, ma in quasi tutte c’è grande calore. Per questo il tuo amico è stato fortunato. E ora non si può che piangere, lasciare il giusto spazio alla tristezza, e sperare.

  12. Giuda Maccabeo

    Cyrano,
    chiarissimo il tuo discorso, ma il prestigio personale, naturalmente se ben inteso, è sempre un fortissimo ascendente verso le altre persone, per poter essere più efficace nel sostenere una tesi, per “conquistarle” a cose buone.
    Questa possibile valenza non è da sottovalutare.

    Grazie.

  13. alvise

    Cyrano: Sì, mi sembra di capire,”quella certa mutua immanenza del presente nel futuro e del futuro nel presente” anche se molto teologichese mi sembra di afferrare, ma, resta, comunque la necessità della speranza reale, cioè della fede, per immanentizzazione reciproca

    1. alvise

      Cyrano; mi sono sacppati i comandi (un segno?)volevo dire “per questa immanentizzazione reciproca di cui tu parli”

  14. alvise

    ALESSANDRO: uno di questi giorni lo “confuterò”!!!
    E’ già da parecchio tempo che ci penso a questa
    “confutazione”.

    1. alvise

      Non la confutazione, io credo necessaria, ma la babbeizzazione, cioè, non rendere babbeo, ma mostrare che è babbeo.Come si fa a confutare un babbeo?

    2. Alessandro

      Alvise, mi limiterei alla confutazione. Sono molto interessato a un tuo tentativo di confutazione, se ti cimenti ti chiedo la cortesia di farmelo sapere

  15. alvise

    Alessandro: Un abbozzo non antiSeverino, ma della futilità di Severino.
    Se nel cammino sbagliato tutto è apparenza opinione e invece (nella via giusta)tutto E’, e nient’altro, allora tutto l’altro che sembra che sia che divenga eccetra, è sempre comunque compreso dentro questo essere tondo e pieno dentro cui tutto,non ne pole scappare fori, nulla e nessuno, ora, poi, da questa consapevolezza che tutto a noi il divenire soltanto appare e è opinione, o ne deriva uno stato mistico catalettico (l’essere è anche immobile) o un percorrere avanti il cammino di sempre, ben sicuri che comunque e ben protetti nellla custodia eterna di questo tutt’uno. Severino tautologizza,siamo dunque siamo
    e nient’altro che siamo, finito. Cosa può allora uno fare? Nulla, cioè, Tutto,quello che ha sempre fatto e farà, o magari lo farà, ma con la “mente cambiata”. Se poi questa mente cambiata (che il divenire è illusione, idiozia)porterà a una trasformazione anche della vita dell’uomo (questa è anche la pretesa della religione) intanto il mondo procede a rottadicollo, chi credesse ha due vie, una la costruzione di un mondo meglio, senza p.es.l’invasione della tecnica (ma a questo ci si sta arrivando senza bisogno di metafisica) un’altra per inerzia “alla via così” dentro (comunque)il tutto assoluto.

    1. Alessandro

      Severino accusa i filosofi (tutti, tranne lui) di “svirilizzare l’essere” (così in “Ritornare a Parmenide”), cioè di non capire che l’essere (tutto, anche uno spillo) è eterno, tu accusi Severino di “babbeizzare l’essere”. Al di là della formula, sono d’accordo soprattutto con questo che scrivi: “Cosa può allora uno fare? Nulla, cioè, Tutto,quello che ha sempre fatto e farà”. Bontadini già obiettava a Severino (Dialogo di metafisica [1969], in Conversazioni di metafisica, II, 1995 (seconda edizione), p. 217): “che indicazione sapienziale ne potremo ricavare? Nella pazzia dell’Occidente Severino include anche la civiltà della tecnica. Bene. Ma che cosa faremo allora? Contempleremo l’ombelico dell’essere? Severino suggerirà, come alternativa: continuare – con un processo infinito – a far apparire l’eterno. E’ quello che fa anche la civiltà delle macchine e che fa qualunque uomo che pur non creda all’eternità di tutto… [la tua filosofia] non può dirci altro, se non che tanto l’ordinamento giusto, quanto quello ingiusto – apparsi nella storia della della manifestazione dell’essere – sono conservati nella immutabilità dell’essere”. Aggiungo, in una concezione, come quella severiniana, in cui non esiste libertà (solo illusione di essere liberi) e in cui tutto è eterno, “giusto” e “ingiusto”, “buono” e “malvagio” diventano attributi intercambiabili, in definitiva.

      Comunque magari questo scambio di considerazioni possiamo continuarlo privatamente, altrimenti deviamo dai temi del blog e annoiamo gli amici che lo seguono…

  16. Luigi

    @Fefral
    Cerco di immedesimarmi nel tuo sentimento di rabbia, ribellione e scoramento, mi dispiace molto. Noi quaggiù offesi dalla nostra impotenza.

  17. Luigi

    @Alessandro
    Non mi sto annoiando a leggere. Pensavo piuttosto che se riuscissi ad imparare a memoria il pezzo e lo recitassi a mia moglie stasera forse riuscirei a guadagnarmi un amplesso.

    1. Alessandro

      Questo espediente non sono mai riuscito a farlo funzionare (in genere, dico, non parlo certo di tua moglie, che non sfiorerei nemmeno col pensiero!!!)…

    2. alvise

      LUIGI: Ci ho pensato in quello che dicevi tempo fa a proposito del ciacolare e del fare con la netta preferenza per fare, quando, specialmnete, la ciacola diventa, alla fine, solo rumore di rane gracchianti, o anca pezo!!!
      Anhe io mi trovo più soddifatto e diciamo “autentico” quando ho molto da lavorare (considera anche che il mio lavoro è un lavoro che impegna anche fisicamente e quindi
      doppia soddisfazione)e più dolce riposo, cena, dopocena,
      fumare, guardare le rondini, i pistrelli, le stelle…
      Sì, non c’è paragone tra le due cose, ma allora come si fa? Un rimedio è (io per esempio che sono il più “petulante vittimista”, (l’ho presa da Mons. GRAPPONE)e noioso che mai si sia conosciuto, riducessi un po’ la mia continua babbeicità. Ora il lavoro mi terrà occupato per più tempo e quindi sarò meno presente, e anche penserò di più alle cose da dire, prima di dirle.
      FEFRAL: non è una mancanza di riguardo il continuare le nostre diatribe insulse anche mentre te stai soffrendo.
      Ti siamo vicini lo stesso, anzi, di più.

  18. Luigi

    Ecco Alessandro, parliamo un po’ di gelosia. Io devo ancora capire se sono geloso o meno. Non sono possessivo. In teoria non sono neppure geloso però credo di confondere talvolta la gelosia con l’orgoglio personale.

    1. Alessandro

      Se non sei possessivo e “in teoria non sei geloso”, secondo me non è il caso di farsi troppi scrupoli, gli scrupoli vanno domati. L’orgoglio non necessariamente è negativo: lo è se è superbia (ritengo), non se è sano amore di sé (chi lo dice che bisogna detestarsi? Dio non ci detesta).
      Ciao a tutte/i, vi leggo più tardi

  19. giuliana z.

    Ero quasi decisa a non scrivere nulla per oggi, visto che l’argomento studio universitario è per me un tasto dolente, una ferita aperta, una corsa non conclusa dopo un grande sprint. La mia carriera accademica come studente si è fermata alla tesi, dopo un libretto di tutto rispetto costellato di 28-29-30. Nessuna lode e soprattutto un mediocre 22 in latino che ha chiuso come una pietra tombale la lista degli esami. Forse è stato quel terribile 22 che mi ha bloccato. Ho cominciato a scrivere la tesi e mi sono fermata al primo capitolo, poi basta, solo una scaletta di argomenti rimasta uno scheletro abbozzato e nulla più, solo una montagna di fotocopie, libri, immagini che sono lì fermi a casa di mia madre a pigliare la polvere da 10 anni. Ogni tanto lei mi chiama e mi chiede cosa deve fare con quella torre cartacea, io dico di tenere lì tutto chè non si sa mai. Nel frattempo ho lavorato precaria, determinata, indetreminata, poi mi sono sposata, ho figliato, mi sono licenziata, ho cambiato città e per un certo periodo ho anche smesso di andare in chiesa. Quando mi chiedono se sono laureata mi sento una merdaccia. La cultura non mi manca, dopo anni di studi letterari, storici, artistici, ma senza il famigerato pezzo di carta nessuno ci crede che tu le cose le sappia davvero. Mica pretendo di dirigere le Belle Arti! però non sono una capra. Spero almeno di essere utile ai miei figli quando mi chiederanno di dargli una mano in analisi grammaticale o di imparare a riconoscere allegorie e figure di santi. Oggi mi sento sempre una merdaccia non tanto perchè non ho discusso la tesi, quanto perchè mi è mancato il coraggio di arrivare fino al traguardo, come un’auto di formula 1 che vede da lontano la bandiera a scacchi e si ritira con la scusa di non avere carburante solo perche si è accesa la spia della riserva (ma c’è ancora quel goccio di benzina in più).
    E comunque adesso non mi sento più determinata dal mio limite.

    1. Alessandro

      Te fai così: quando ti chiedono se c’hai il pezzo di carta manifesta la cultura che hai ma di’ che no, non hai potuto frequentare l’università (ti ammireranno… Ti sto invitando a mentire per farti bella? Sì, lo so, è peccato, ma una piccccolissssima frottolina ogni tanto, come diversivo…).

      Comunque, come sta scritto da qualche parte in fondo alla Bibbia, “i non laureati vi precederanno nel Regno”

    2. Luigi

      Ti strastimo, pensa che la mia cultura è vicina allo zero e quindi ti vedo meglio, quelli troppo letterati li vedo in lontananza. A volte mi sento come un membro del gay pride al sinodo dei vescovi.

    3. Alberto Conti

      Ti va bene: l’ing. Pesaro non è in ufficio, se i blogger si scatenano in numerosi commenti magari il tuo gli sfugge e ti risparmia l’ennesimo cazziatone sul tema Università (ma non ci spererei troppo).

    4. Alessandro

      Adesso dico la cattiveria del giorno (perdonate): pensi Luigi che non ci sia qualche vescovo a cui non dispiace il gay pride?

    5. Luigi

      Alessandro, non mi scandalizzerei assolutamente. Ho visto che si praticano aborti in ospedali cattolici che è anche peggio.

  20. giuliana z.

    @ Fefral: io penso con ansia alle persone non credenti che muoiono senza conversione, specie se penso ad amici carissimi che sono atei; ma forse le nostre preghiere e le preghiere di tutti quelli che sono in clausura potrebbero muovere la misericordia di Dio anche per loro. Nel Rosario si dice “porta in cielo tutte le anime specialmente le più bisognose della Tua misericordia”. Noi non siamo nulla, ma abbiamo la preghiera, umile, prostrata, anche arrabbiata e gravida di domande, ma è sempre mendicanza. Per noi stessi, per tutti i vivi e per tutti i defunti. Ti abbraccio caramente.

  21. Luigi

    Comunque Giuliana anche tu ci metti del tuo con quella foto…è difficile avere una corrispondenza dotta con quell’immagine davanti.

    1. giuliana z.

      trovo che l’ironia sia importante quanto la cultura, se non di più… e non mi prendo mai troppo sul serio! (tranne quando si tratta delle provocazioni dell’augusta….)

  22. Federica

    Io invece la mia tesi di laurea la sto scrivendo proprio ora.
    Tra le mille pagine aperte sul mio pc c’è anche questa, un’ancora, a ricordarmi che non sono fatta solo di voti incolonnati su di un libricino blu.
    Sono una dei tanti occhi silenziosi che da mesi vi leggono. Mi tenete compagnia con i vostri discorsi, con i racconti delle vostre vite.
    Ho passato questi anni di università aspirando a voti eccellenti. Eppure ogni 30 (non tantissimi, anche se comunque mi difendo bene) mi ha sempre lasciato l’amaro in bocca. E non capivo perchè.
    A quanto pare cercavo la mia strada puntando gli occhi nella direzione sbagliata. Per questo vi ringrazio: con le vostre parole mi illuminate quel sentiero che troppo spesso ho perso di vista.

  23. Federica

    Crepi il lupo!!! Tesi in Economia: “Modelli organizzativi e di governance dei sistemi culturali integrati”.
    Di sicuro nulla che abbia a che fare con teologia o filosofia… ma altrettanto interessante! 🙂

    1. Luigi

      Non mi ricordo più cos’ è un sistema culturale integrato per cui al massimo posso darti supporto morale.

  24. Federica

    @Alberto
    Appunto… quella poesia mi ha colpita profondamente. Capite perchè vi ringrazio? 😉

  25. Federica

    @Luigi
    Al momento faccio fatica anch’io a ricordarlo…saranno le 7ore passate al pc da stamattina?
    Comunque si tratta dell’applicazione dei principi dei distretti industriali a zone territoriali che individuano nei beni culturali di cui sono dotate (beni intesi in ogni loro forma, tangibile e intangibile) un possibile volano per lo sviluppo economico.

    1. giuliana z.

      azz! direi che in Italia i beni culturali devono essere volano per l’economia e ci sono comuni che ne hanno fatto la loro principale fonte di guadagno, specie nel nord Italia.

  26. Federica

    @luigi
    Ti ringrazio per il supporto morale. E capisco lo smarrimento… lo stesso che provo io a sentirvi parlare di Severino, Bontadini &Co.
    Ma non demordo. La paginetta la lascio aperta comunque. Chissà che tra una citazione e una digressione teologica non riesca ad afferrare qualcosa anch’io…

    1. Luigi

      Mi piace scherzare Federica, ho capito quello che hai scritto ed effetivamente lo trovo interessante. Spero che tu possa diventare un assessore per lo sviluppo del territorio di un comune importante s’intende oppure un consulente esterno e ben pagato (cosa assai rara in Italia).

    2. Federica

      In realtà mi piacerebbe mettere a disposizione della mia terra quel poco che so… anche se correre lontano, in una grande città sarebbe certamente più comodo e produttivo (economicamente(!) parlando…)

  27. Federica

    @Giuliana
    Già! E’ proprio nel nord Italia che ci sono i primi esempi (esperimenti!) di Distretti Culturali: Cremona, Valle Camonica…

  28. Fefral

    @Alvise e tutti: grazie! Oggi ogni tanto butto l’occhio sulla pagina e vi leggo. Non vi seguo nei discorsi ma mi fate compagnia

  29. Velenia

    @giuliana,scusami se mi intrometto ma secondo me dovresti ritentare a laurearti.Perchè non cambi semplicemente materia e titolo della tesi,che so potresti fare una tesi di storia contemporanea sul ruolo della famiglia e del matrimonio nella società attuale,oppure(senti che idea)una tesi di letteratura sul romanzo epistolare nel XXI secolo partendo,naturalmente,dal libro del Genio.

    1. giuliana z.

      Velenia, mi piacerebbe ritentare, ma il mio percorso di studi non è di storia contemporanea e neppure di letteratura italiana. Ero iscritta a lettere moderne e avevo sostenuto anche quegli esami, ma il mio piano era depositato all’Istituto di Storia dell’Arte dell’Uni. di Parma, e quindi la maggioranza dei miei esami vertevano sull’arte e la critica. Il mio settore preferito era l’arte moderna, ovvero dal XV al XVIII secolo, ed in particolare mi stavo preparando sulla iconografia dei santi nella Controriforma. Era una cosa che mi piaceva tantissimo, e comportava studi profondi della storia della chiesa e dell’arte dal Michelangelo della Sistina in poi. Non voglio annoiarti, ma se si mettesse il naso in certi argomenti si scoprirebbe che gli storici cattolici non hanno fatto abbastanza per difendere la chiesa dalle false accuse che le sono piovute addosso, dal positivismo ad oggi (questo parlando del dibattito critico) e che la chiesa si è forse ripiegata su se stessa rendendo certo la sua proposta meno affascinante e troppo slegata dalla vita, come se fosse offensivo per gli altri proclamare la verità. Insomma, ce n’è un bel po’!!!

    2. giuliana z.

      niente però mi impedisce di scrivere un libro su uno degli argomneti che mi hai proposto, anzi, lo sto valutando!

  30. giuliana z.

    manco a farlo apposta, mi hanno segnalato questo bel pezzo di Leo Moulin, che dice meglio di me quello di cui sopra.

    il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillargli l’imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di insistere, dalla riforma sino ad oggi, ce l’hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell’autocritica masochista, per neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto. Femministe, omosessuali, terzomondiali e terzomondisti, pacifisti, esponenti di tutte le minoranze, contestatori e scontenti di ogni risma, scienziati, umanisti, filosofi, ecologisti, animalisti, moralisti laici: da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato, senza quasi discutere. Non c’è problema o errore o sofferenza nella storia che non vi siano stati addebitati. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci, magari per dar loro manforte. Invece io (agnostico, ma storico che cerca di essere oggettivo) vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se qualcosa di vero c’è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perché non chiedere a vostra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da quali pulpiti ascoltate, contriti, certe prediche?
    Léo Moulin

    1. Alberto Conti

      ehm… l’aveva lasciato Danicor ieri sera (ad un oraio indecente) sul post precedente…

      Siccome oltre a te molti non l’avranno sicuramente notato (io l’ho visto per caso) hai fatto benissimo a riproporlo

  31. Alessandro

    @FEDERICA
    Ciao, sono quello di Severino e compagnia, non preoccuparti se non capisci tutto quello che scrivo, perché
    1) manco io lo capisco
    2) di economia sto con tutte e quattro le gomme a terra (tabula rasa, per chi conosce il latinorum).
    Tanti auguroni per la tesi!!!!

    1. Federica

      grazie
      Mi rincuora sapere che c’è qualcun altro che fatica a capirsi da solo… 😀

  32. fefral

    ciao a tutti. Volevo scusarmi per i toni che ho usato nel commento di stamattina. Ero, sono, a pezzi. E il primo moto è di ribellione di fronte a una cosa così. E ci metterò un po’ per mandar giù questa cosa, per far pace col mio amico e con Dio. Mi sono serviti i vostri messaggi di vicinanza. Mi ha colpito quello di luigi ” Noi quaggiù offesi dalla nostra impotenza” ecco, così mi sento.
    @Luigi, è vero…dormo poco 🙂 A volte penso quasi che dormire sia uno spreco.
    Oggi fate discorsi troppo difficili per me. Ho lasciato la filosofia un bel po’ di anni fa, troppo faticosa, penso che la realtà si conosca più facilmente vivendo, almeno per me è così. E così la vivo e poi magari provo a raccontarla come a volte ho fatto anche qua dentro. Poi però a volte la vita va più veloce di me e così …. così sto come adesso, incapace di trovare un senso.
    Federica in bocca al lupo per la tua tesi. Hai un bellissimo nome 🙂

  33. alvise

    MI direte voi, idiota! stai a lavorare con le pietre coi muri e non rompere e avreste ragione sempre ragione avreste voi,LUIGI VELENIA FEFRAL DANIELA GIULIANA ISABELLA PAOLA ALESSANDRO CYRANO; FEDERICA la TENERA FEDERICA IN FIORE, e tutti gli altri, PAULBRATTER; I MIRIANI TUTTI;
    ma io intanto stasera con la energia prodigiosa che mi contraddistingue e che sempre mi anima indefesso pronto a tutto sempre in qualsiasi caso dunque dicevo io stasera ho trovato anche il tempo di leggere finalmente un articolo di SOCCI su LO STRANIERO su cui sono D’ACCORDO, noi siamo qui e intanto in LIBIA (e anche altrove) BOMBARDANO; cioè noi si bombarda, sarà giusto non sarà giusto, io questo non lo so, io sono un cavapietre, come posso saperlo, ma loro (noi) intanto, BOMBARDANO!!!!

    1. giuliana z.

      capito il premio nobel e noi democratici come esportiamo la più alta forma di convivenza sociale?

    2. già. comunque prima o poi mi devi insegnare l’arte dei muri a secco. Ah, e naturalmente mi prenoto anch’io per la confutazione (o come vuoi chiamarla)… 😉
      @Alessandro: è stato un piacere farmi rispolverare la questione Severino-Bontadini così criticamente. Io non l’ho mai approfondita molto (è vero, è ingiustamente trascurata), ma posso dirti che oggi anche Salmann, parlando di quel suo libro, lo definisce “un lavoretto di gioventù”.
      @Giuliana: grazie per aver poi partecipato, nonostante tutto. Sono in fila anch’io per il libro!
      @Fefral: ho ripensato tutto il giorno al profilo nero di una madre alla camera ardente del figlio. era uno strazio muto. sono passati otto anni, ma…
      @Federica: benvenuta!

  34. Roberto

    Ci vorrebbero più cavapietre in Italia, però.

    @fefral: e di che ti scusi? Sono in tanti proprio convinti che per un cattolico le cose siano sempre per il meglio (bhe, effettivamente anche la nostra padrona di casa è abbastanza di quest’avviso… ), eppure penso che a tutti noi sia capitato quella sensazione d’impotenza e timore all’idea (anche alla sola idea!) della morte delle persone a cui vogliamo bene e che ci sembrano così coriacee nel loro dir di no a Dio. Per quanto mi riguarda, è un peso per risparmiarmi il quale feci uno dei miei innumerevoli tentativi di fuga dalla Fede… ma io sono un fifone e non faccio testo.
    L’Opera non è nostra. Per riprendere il bel pensiero di Luigi: offriamo la sofferenza della nostra impotenza, con tutto il cuore che ci riesce di raccattare.

    1. fefral

      mi scuso per la mancanza di ritegno nello sfogo che ho fatto in un posto in cui sono ospite.
      Per un cattolico è meglio cosa? Oltre a sentire il dolore per chi non c’è più c’abbiamo pure da fare i conti con Dio e non è mica semplice quando non hai voglia di parlargli perchè sei arrabbiato con Lui?
      Buonanotte. Vado a letto presto stasera, così luigi non ha nulla da rimproverarmi.
      Alvise, che tipo che sei! Ma che tipi che siete tutti! Che strana macedonia di persone in questo blog. A parlare di filosofia e di muri a secco.
      Ma non dovevamo parlare di cavalli?

      1. «La bestemmia del povero che soffre è una litania alle orecchie di Dio» (S. Alfonso M. De’ Liguori)
        Buonanotte. Prima o poi parleremo di cavalli. Puoi scommetterci.

  35. Francesca Miriano

    Ultima sera prima della partenza, sempre tardi e sempre trafelata.Per prima cosa :Fefral ti sono vicina. E’ un dolore che ho già provato e che ricordo bene anche se sono passati diversi anni.Ora penso anche ad un’altro amico che sta combattendo una dura battaglia della quale non sappiamo l’esito: gli amici sono una delle cose per cui ecc. ecc…Il mio amico combattente è un credente ,anzi molto credente; ma l’amicizia per fortuna va oltre tutto.
    Volevo salutarvi tutti , mi viene quasi da dire con affetto. Non so se quando tornerò sarò ancora una blogaholic e continuerò in questo scambio a volte faticoso , a fil di spada, a volte divertente ,quasi sempre stimolamte( del cervello e dello stomaco alternativamente). Sicuramente ho trovato delle amiche con le quali spero di riuscire a combinare un incontro; mi sono beccata fiammate anticellulite e spilloni qua e là ma fortunatamente sono pochissimo permalosa.Prima di lasciarvi un saluto a Filippo e Genevieve a cui mando un in c… alla balena. Poi un saluto anche alla neo Federica.Alvise mi raccomando sii bon citto (direbbe la Sonia). Bacioni.

    1. Federica

      Che accoglienza!!! Grazie Francesca!
      Anche se a dire il vero mi stupisce… in fondo vi conosco da un pezzo!
      Dimenticavo… ero due occhi silenziosi! 🙂

    2. Boa viagem Francesca!!!!
      Cara Federica!!!! Io fatico ancora a ricordare che ci sono gli occhi silenziosi!!!!
      In bocca al lupo!

    3. Federica

      @danicor
      Fa un po’ Grande Fratello (si, lo ammetto, l’ho guardato anch’io! Però ho un’attenuante: casa universitaria, 5 ragazze, una sola Tv e si decide a turno cosa guardare).
      Comunque vi assicuro che “da fuori” siete uno spasso! 😉

  36. guido

    proprio in questi giorni sto preparando dei video da proiettare alla commemorazione di un grande giornalista e una grande persona morta qualche giorno fa e che ho avuto la fortuna di conoscere.
    Era assolutamente ateo.
    Mi hanno riferito una cosa che ha detto poco prima di morire, è una frase che gli argentini dicono a proposito dell’intensità del tango:
    “nessuno ci potrà togliere quello che abbiamo ballato”.

    1. Luigi

      La morte è comunque un mistero per tutti. Mi ricordo che mia madre quando era giovane andava spesso a trovare gli anziani nel momento del trapasso perché riteneva che fosse un’esperienza al limite del soprannaturale e quando queste persone erano decedute è capitato che mi portasse me piccolino a vedere questi volti vissuti e rassenerati. Ho avuto modo nel corso della mia vita di assistere da solo sul letto di morte all’esalazione dell’ultimo respiro del mio padrino con il rosario in mano ed è stato uno dei momenti più intensi della mia vita. Un santo in quel caso.

    2. Alberto Conti

      bhe che differenza! Io sono stato redarguito da mia suocera per aver portato le mie figlie al funerale del prozio (anziano e malato da tempo, non un giovane morto di colpo), ma sai la morte va esorcizzata

  37. Alberto Conti

    @ Fefral: solo una cosa, una volta avevo chiesto al mio padre spirituale perchè io avevo la Fede e la mia amica no (aveva perso nel giro di 2 mesi padre e sorella in modo improvviso) e lui: “perchè tu ne hai più bisogno, perchè senza Fede tu non ce la faresti”

    1. Luigi

      E’ una risposta difficile da capire anche se apparentemente semplice. Non è come dire che lafede sia una consolazione? Bisogna rifletterci.

    2. Alberto Conti

      il “non ce la faresti” non era riferito all’eventuale dolore ma al fatto che senza Cristo avrei fatto macelli incredibile, la sua frase preferita è infatti “il Signore chiama i più stronzi”

    3. Luigi

      Allora concordo, così su due piedi credo di essere d’accordo. Avevo proprio pensato di essere stronzo e forse è per questo che tante volte noi che abbiamo la fede non siamo ben visti dagli altri. Me gusta il tuo padre spirituale

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