Pastori che profumano di Cristo

di Luca Del Pozzo

C’è un vescovo, M.or Andrè Leonard, dal 2010 al 2015 titolare della diocesi di Malines-Bruxelles. E c’è un giornalista, Drieu Godefridi, che non appartiene alla Chiesa e che anzi è dichiaratamente agnostico. I due si sono incontrati, hanno discusso a lungo, il primo incalzato dalle domande del secondo, a sua volta stimolato dalle argomentazioni serrate e per certi aspetti provocatorie del primo. Ne è scaturito un libro-intervista che è un balsamo per chiunque in questa calda e chiassosa estate voglia leggere qualcosa di autentico, di vero, di bello.

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L’Assunzione, l’Islam e le contraddizioni della civiltà occidentale

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di D. Massimo Lapponi

Uno dei pregiudizi più radicati, e più esiziali, della moderna mentalità occidentale è che la sfera dell’amore tra i sessi sia un ambito di natura strettamente privata, che non ha rilevanza per gli interessi comuni e in cui perciò la pubblica autorità, non solo statale ma anche religiosa, non ha né motivo né diritto di intromettersi. Non si è ripetuto ad usura in questi ultimo tempi: “Ora uno non può neanche amare come gli pare e piace?”

Che questo sia un pregiudizio infondato lo dimostra la più elementare riflessione: forse che non dipende dall’amore tra i sessi e dal mistero della generazione umana tutta la vita del mondo e tutto il suo avvenire? Si può dunque lasciare all’arbitrio individuale la stessa fonte della vita dei popoli? Continua a leggere “L’Assunzione, l’Islam e le contraddizioni della civiltà occidentale”

Francesco e il sultano

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Il Sultano d’Egitto sottopose a Francesco D’Assisi un’altra questione: “II vostro Signore insegna nei Vangeli che voi non dovete rendere male per male, e non dovete rifiutare neppure il mantello a chi vuol togliervi la tonaca,dunque voi cristiani non dovreste imbracciare armi e combattere i vostri nemici”.

Rispose San Francesco: “Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Il perdono di cui Cristo parla non è un perdono folle, cieco, incondizionato, ma un perdono meritato. Continua a leggere “Francesco e il sultano”

Chi sei tu che mi sgozzi?

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di don Vincent Nagle

Sono un pochino vergognoso della mia reazione davanti alla morte di Padre Jacques Hamel, l’anziano prete francese che è stato sgozzato durante la messa da due uomini al grido “Allahu Akbar!”. Il suo martirio mi ha colpito profondamente e dolorosamente. Allora perché mi vergogno? Perché nonostante io cerchi di seguire bene le notizie riguardo i movimenti islamisti in tutto il mondo e sappia dei massacri di congregazioni intere in Nigeria, delle moltitudini di persone musulmane e non sterminate nel Medio Oriente, dei tanti miei connazionali americani e delle centinaia di innocenti europei stroncati in bagni di sangue e fuoco, non sono mai entrato del tutto dentro l’esperienza di terrore e dolore delle vittime. Continua a leggere “Chi sei tu che mi sgozzi?”

Francesco, Europa, Islam

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di Aldo Maria Valli    aldomariavalli.it

Nell’intervista che papa Francesco ha concesso al giornale francese La Croix, e che l’Osservatore romano ha riportato integralmente, ci sono alcuni passaggi altamente problematici.

Partiamo dalle affermazioni di Bergoglio circa le radici cristiane dell’Europa. «Bisogna parlare – sostiene Francesco – di radici al plurale, perché ce ne sono tante. In tal senso, quando sento parlare delle radici cristiane d’Europa a volte temo il tono, che può essere trionfalista e vendicativo. Allora diventa colonialismo. Giovanni Paolo II ne parlava con tono tranquillo».

Ora, che le radici dell’Europa siano tante è fuori discussione. Ma nessuno può negare che, fra le tante, ci sia una radice più decisiva e profonda: è quella giudaico-cristiana. Dopo di che, riconosciuto che il tono di qualcuno, nel rivendicare il ruolo di tale radice, possa essere a volte trionfalista o vendicativo, si può davvero dire che san Giovanni Paolo II ne parlasse con «tono tranquillo»?

Certo, formalmente papa Wojtyła non era mai sopra le righe, ma i contenuti erano forti, eccome! Continua a leggere “Francesco, Europa, Islam”

Libertà è sottomettersi all’Infinito

E poi un giorno ti scrive una giovane donna musulmana, di madre italiana e padre iraniano, vissuta in Iran per quindici anni e madre di tre figli, laureata in scienze islamiche, che dice di aver trovato punti di contatto con quello che scrivi sulle donne e sulla loro missione di salvare l’umanità, e che avrebbe avuto voglia di mandarti una mail, ma poi ti ha incontrata davanti a scuola (perché sì, è incredibile, ma i nostri figli frequentano la stessa scuola) e non ti sembra possibile ma succede davvero. Io e la dolcissima Hanieh ci siamo davvero incontrate, ci siamo sorrise e riconosciute, perché alcune parole universali sono scritte dentro il cuore di ogni essere umano. E tornando a casa una figlia mi ha detto: “mamma, ti ricordi che ti avevo detto che in cortile ieri c’era una bambina con la felpa uguale alla nostra maglietta, quella con la figura di mamma babbo e figli?  Era quella la bambina!”, e io sono stata felice di avere riconosciuto una sorella, e di avere avuto una prova che la nostra battaglia escatologica, cioè per la salvezza eterna dell’uomo, passa prima ancora per la salvezza dell’umano.

Costanza

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di Hanieh Tarkian

La prima volta che sentii parlare del libro “Sposati e sii sottomessa”, rimasi sorpresa del fatto che qualcuno avesse il coraggio di scrivere riguardo alla “sottomissione” di questi tempi. Questi tempi in cui ci si sottomette a tante cose, solo che viene mascherato con altri termini: ci si sottomette alla moda e allora è seguire la moda, ci si sottomette alla cultura e allora è integrazione…., molto spesso non ci si chiede nemmeno chi l’abbia creata quella moda o quella cultura. Continua a leggere “Libertà è sottomettersi all’Infinito”

Il discorso di Ratisbona

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Discorso di Sua Santità Benedetto XVI , Aula Magna dell’Università di Regensburg, martedì, 12 settembre 2006

È per me un momento emozionante trovarmi ancora una volta nell’università e una volta ancora poter tenere una lezione. I miei pensieri, contemporaneamente, ritornano a quegli anni in cui, dopo un bel periodo presso l’Istituto superiore di Freising, iniziai la mia attività di insegnante accademico all’università di Bonn. Era – nel 1959 – ancora il tempo della vecchia università dei professori ordinari. Per le singole cattedre non esistevano né assistenti né dattilografi, ma in compenso c’era un contatto molto diretto con gli studenti e soprattutto anche tra i professori. Ci si incontrava prima e dopo la lezione nelle stanze dei docenti. I contatti con gli storici, i filosofi, i filologi e naturalmente anche tra le due facoltà teologiche erano molto stretti. Una volta in ogni semestre c’era un cosiddetto dies academicus, in cui professori di tutte le facoltà si presentavano davanti agli studenti dell’intera università, rendendo così possibile un’esperienza di universitas – una cosa a cui anche Lei, Magnifico Rettore, ha accennato poco fa – l’esperienza, cioè del fatto che noi, nonostante tutte le specializzazioni, che a volte ci rendono incapaci di comunicare tra di noi, formiamo un tutto e lavoriamo nel tutto dell’unica ragione con le sue varie dimensioni, stando così insieme anche nella comune responsabilità per il retto uso della ragione – questo fatto diventava esperienza viva.

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