La lezione del sabato sera

illustrazione di Emanuele Fucecchi

di Emanuele Fant per Credere

Guido io perché sono l’unico con la patente. Stasera alcuni studenti mi hanno invitato a un concerto, dicono che suonerà a Milano un rapper che fa vera letteratura, meglio di quell’Ariosto che li costringo a studiare.

Sbadigliando, parcheggio all’ora in cui sono solito andare a dormire. Entriamo nel centro sociale stracolmo. I miei accompagnatori riconoscono degli amici, io mi faccio da parte perché possano parlarsi senza un vecchio professore che li fissa. Faccio fatica a orientarmi per il fumo, mi comporto da falena con la luce di un proiettore: mi piazzo davanti a un crudo film in bianco e nero senza audio. Mi diverto ad osservare le persone: un ragazzino con la cresta sprofondato nella poltrona accanto a me, un trio di biondine con i pantaloni turchi che si rubano la parola, aspiranti contestatori che disquisiscono sui contenuti di un volantino. Nessuno guarda il cellulare, tutti sono comunque intenti a comunicare.

Ripenso ai manichini assonnati che cerco di rianimare sui banchi, il lunedì mattina. Sospetto che la letteratura sia destinata a scomparire anche per colpa delle mie lezioni: la confino nell’algida riserva delle pagine dei manuali, costringo le poesie ad accoppiarsi tra loro, impoverendone i geni. Non è vero che ai ragazzi non importano le rime; quello che non sappiamo è che se le vanno a cercare da soli, nel buio, dove noi non le possiamo parafrasare.

Finalmente mi è chiaro: vita e letteratura sono una sola materia, che nasce spontaneamente per parto gemellare, senza le chiose del Contini, né le schede di comprensione. Così hanno fatto gli autori: prima di calibrare le figure retoriche, hanno scavato tra i cumuli delle parole, per trovare qualcosa per cui valesse la pena esaltarsi o addirittura morire.

Bussano sulla mia spalla. Mi sono venuti a cercare: “Bella prof. Venga, scendiamo. Il concerto sta per iniziare”. Non so come, ma questa serata troverà un posto nella mia programmazione. E guai a Carducci e D’annunzio, se la guarderanno male.

7 pensieri su “La lezione del sabato sera

  1. Luigi igiul

    Magari avessi avuto un prof di italiano capace di farci studiare e fare davvero il suo lavoro!

  2. PaoloP

    Ricordo quando rilessi i Promessi Sposi in vista della maturità: un libro appassionante. Fu una sorpresa, perchè lo studio dello stesso libro al ginnasio me lo aveva reso insopportabile.
    L’errore fondamentale è che la scuola ti impone lo studio della critica letteraria, invece di aiutare un esercizio del tutto diverso: l’esperienza della lettura. Cerrto, molti bravi professori riescono comunque a trasmettere la passione per i libri, fornendo progressivamente anche strumenti critici più profondi. Ma è evidentemente vero che spesso il metodo scolastico uccide l’interesse, mediante schede, commenti accademici, e inopportuna quanto dubbia scientificità, che dovrebbero venire – se mai – molto ma molto dopo.
    In particolare nelle scuole cristiane, dovrebbe essere possibile evocare il giusto spazio spirituale, la corretta impostazione umana di attesa e attenzione, per poi lasciare più libero corso alla lettura personale continuata – senza interruzioni ogni mezzo capitolo.
    Mi rendo conto che non è possibile fare così per ogni autore, perchè alla fine degli studi lo studente deve aver anche un quadro generale dello sviluppo storico e artistico della letteratura. Ma almeno per il libro fondamentale, e possibilmente più di uno, l’esperienza da proporre è un’altra.

  3. Pasolini Giuseppe

    Interessante, “sbarcare in una nuova terra” mette sempre alla prova le nostre certezze. C’è da imparare, senza dimenticarci quello che dalla fatica e dalla passione la vita ci ha insegnato

  4. Grazie Costanza …c’è sempre da imparare fino alla fine…..un giorno tutto sarà chiaro, o forze non faremo domande….talmente sarà chiaro…..Ciao e buona giornata a tutti voi…..

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