«L’epoca dell’aborto sta passando». Intervista con Thérèse Hargot

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ARTICOLO TRATTO DAL LA CROCE 

intervista di Giovanni Marcotullio

 Thérèse, ho letto sulla stampa francese che quella di una decina di giorni fa potrebbe essere l’ultima Marcia per la Vita che abbia avuto luogo in Francia. Nel tuo libro hai definito l’aborto “Servizio clienti della contraccezione”. Non pensi che Una gioventù sessualmente liberata (o quasi) possa presto finire all’Indice?

No, non ho avuto proteste particolari, per il mio capitolo sull’aborto. I media hanno parlato molto poco di questo capitolo, è passato liscio come l’olio perché non ho mai scritto “sono contro l’aborto”. Ho scelto di non pronunciarmi “pro o contro” perché ho 32 anni e sono nata con il diritto all’aborto.

Nessuno mi ha chiesto se sono a favore o contro. D’altro canto bisogna dire che il diritto all’aborto ha avuto ripercussioni sul modo in cui si vede il bambino e sul modo in cui i giovani di oggi percepiscono l’aborto stesso, e per questo lo chiamo “l’assistenza clienti della contraccezione”. Se hai una gravidanza per disattenzioni nell’uso dei mezzi contraccettivi non è un problema, ti dicono: «Puoi sempre abortire». Non si può riflettere sulla questione dell’aborto senza riflettere su quella della contraccezione, vorrei far capire che sono cose intimamente connesse. Ecco perché, penso, almeno fino a questo momento i giovani hanno capito cosa voglio dire: non sono finita all’Indice perché porto molte testimonianze. C’è questo miscuglio di idee e fatti, nel libro, e contro i fatti si può obiettare poca cosa: è per questo che non vengo attaccata e il libro riscuote interesse sia sul piano mediatico sia su quello politico. Quando mi si chiede se sono contro o a favore, da parte mia dico questo: domenica scorsa non ho partecipato alla Marcia per la vita perché il mio fronte di battaglia non è sulla questione della legalizzazione dell’aborto ma si trova piuttosto a monte, dove io mi batto con tutte le mie forze per impedire che si dia la situazione in cui la questione [dell’aborto singolo, ndr] si pone. Poi certo, è anche una questione di strategia, perché il dibattito in Francia – ma penso pure in Italia – è minato, anzi completamente ostracizzato. Io invece voglio – ed è il mio obiettivo nel libro – uscire da questa impasse e prendere un altro punto di vista per nutrire la riflessione e permetterla. E lo stratagemma funziona.

Scusami, Thérèse, ma nessuno ti ha obiettato che questo sembra più che altro un modo furbo per sottrarsi alla domanda?

Sì, mi rendo conto che possa sembrare così. Allora provo a essere più esplicita: non voglio rispondere a questa domanda. Trovo che per me, come donna (e ho tre bambini), sia molto difficile dire “sono contro l’aborto”. Nel mio essere donna ho spesso un sentimento ambivalente, riguardo alla maternità: ci sono emozioni e desiderî contraddittorî, e quest’ambivalenza è importante e credo abbia diritto di cittadinanza. Quello che, come donna, mi pare importante è l’avere un uomo, il quale non ha ambivalenza in questo desiderio, o non ce l’ha allo stesso modo della donna. Quello che voglio dire è molto tradizionale, ma io credo che l’uomo sia “il garante della legge”. Mi piace poter dire a mio marito: «Forse non la voglio, questa gravidanza», «Magari porrò fine a questa situazione»; e lui che mi dice “ti ascolto”, e poi conclude: «Però no, non si abortisce». Vedi, io voglio poter dire tutto quello che abita il mio cuore e poterlo sottomettere a mio marito, o all’uomo che condivide la mia vita, e lui – non io – è il garante della legge. Quando vado in giro per conferenze io voglio poter dire tutto quello che c’è nel cuore delle donne, voglio parlare dell’ambivalenza, la legge è affare da uomini. In fondo penso che tutto ciò sia molto tradizionale.

Ma quale legge? Quella scritta di Creonte o quella non scritta di Antigone?

Vorrei rispondere: «Entrambe», ma penso che la legge sia di non abortire, non si può interrompere un processo vitale, in tal senso mi riferisco più precisamente alla legge morale. Oggi il problema è che la legge giuridica non è sempre morale, come poi è sempre stato nella storia, almeno in parte. Ma per me il grande problema è che oggi si è tolta voce all’ambivalenza del desiderio materno, perché appena una donna dice “non voglio questo bambino”, le rispondono: «Ok, ti portiamo ad abortire». Ma io – direbbe quella donna – non ti ho detto che voglio abortire, bensì che per me è difficile. Dico a livello emozionale, non sul piano normativo, e questa duplicità semantica fa parte dello spirito femminile.

Ma visto che in Francia è in discussione il “délit d’entrave à l’IGV” [il crimine di porre ostacoli alla decisione di abortire, ndr], il tuo libro non potrebbe comunque ricadere sotto questa mannaia?

Ah, questo è interessantissimo, sei la prima persona che mi pone questa domanda – anche perché la legge è tuttora in discussione. Io penso che il mio libro non dovrebbe rischiare di essere proibito perché propongo una riflessione e non influenzo le donne dicendo “non fatelo”: parlo di società, di come stanno le persone. Ma tu hai ragione e può darsi che io mi sbagli: chi potrà decidere se il mio libro sarà passibile di condanna? Qualcuno potrebbe osservare che “il lavoro della Hargot va contro l’aborto”, e allora certo, con una simile legge, la questione sarebbe in mano ai giudici. E tutto sommato non mi dispiacerebbe che qualcuno si spingesse a tanto: sarebbe appassionante! Magari! Vedi, per esempio, qualche giorno fa “Alliance Vita”, che in Francia si occupa molto di questioni prolife, ha diffuso un video del ministro che ha proposto la legge, video che ho pure condiviso su Facebook e su Twitter, in cui si dice che «non si interrompe una vita quando si abortisce». Ebbene, ho condiviso quel link (che ovviamente era molto critico) e nessuno mi ha contestato, e sì che ne ho di femministe tra i follower e i contatti.

Capisco. Ascolta: senza entrare in considerazione squisitamente politiche, qual è il tuo giudizio filosofico riguardo a una certa tendenza liberticida in voga oggi nei governi? E nel caso particolare, quali possono essere secondo te le conseguenze – nel corto e nel lungo periodo – di una così violenta repressione del dibattito su aborto e contraccezione?

Allora, tu dici che i governi e le legislazioni si irrigidiscono, e quello che vorrei anzitutto sottolineare è questo: l’irrigidimento si deve a una crescente opposizione delle nuove generazioni. Esiste un sentire diffuso, e questo sentire è per me un buon segno: pensieri contrarî alladoxa, all’opinione dominante, hanno diritto di cittadinanza, possono circolare e si diffondono, hanno l’attenzione dei media e questo li manda nel panico [i gestori della doxa, ndr]. Da un lato. Dall’altro osserviamo quello che mi pare l’ultimo colpo di coda di una generazione che ha difeso una certa ideologia e che ne vede il crollo, che assiste alla fine della propria epoca. Ci sono tutti i segni della fine di questo periodo: il “délit d’entrave” è fantastico perché mostra fino a che punto possono arrivare i sostenitori dell’aborto come “diritto umano”, dal momento che non esistono argomenti a sostegno di una simile posizione. Se credessero veramente in ciò che dicono, se si fidassero della forza dei loro sofismi (che non sono argomenti), non avrebbero bisogno di inventare certe leggi, di mettere a tacere gli altri.4542633

Quindi pensi che l’epoca dell’aborto stia passando?

L’epoca dell’aborto sta passando, sì, almeno per come è stato vissuto fino a questo momento: ne vediamo tutti i segni. Purtroppo l’aborto è anche il sintomo di tanti comportamenti, e per questo non si può proporre di impedire sic et simpliciter l’accesso all’aborto, oggi, perché bisognerebbe offrire in cambio altri metodi di regolazione della fertilità, alternativi a pillole e preservativi. Bisogna quindi che avvengano questi cambiamenti. Però di certo le cose stanno cambiando: lo vediamo negli Stati Uniti, ma pure nella stessa Francia.

Visto che stiamo parlando di cose proibite, perché non mi dici qualcosa sull’utero in affitto? C’è una ragione particolare per cui non ne tratti nel libro? Da una parte abbiamo molte sentenze nazionali e internazionali – l’ultima a Strasbourg la settimana scorsa –, e dall’altra un fiorente business planetario. Che pensi a riguardo?

Sì, la prima ragione è che ho fatto una cernita tra gli argomenti che riguardano più da vicino i giovani, anche se in effetti l’argomento lo sfioro, un istante, sul finale del capitolo sull’aborto: termino quel capitolo spiegando che la questione della GPA è semplicemente una conseguenza della connessione tra il diritto all’aborto e quello alla contraccezione (e di nuovo vediamo questo legame). Niente di nuovo: questo femminismo ha dato le proprie armi, ha procurato i proprî strumenti ideologici, per rendere possibile la GPA. Per esempio, il classico slogan “Un bambino, se voglio, quando voglio”, veniva usato nel contesto delle manifestazioni per l’aborto e per la contraccezione, ma l’aborto e la contraccezione non riescono a produrre “un bambino se voglio e quando voglio”, riescono al limite a permettere di non averlo, il bambino, se non si vuole averlo: è la GPA che permette di realizzare questo slogan per la contraccezione e l’aborto. Ecco perché diverse femministe francesi sono contrarie alla GPA, almeno in Francia: pensa, che so, a Sylviane Agacinski. Quello che mi manda in bestia è che questi sono dei femminismi incoerenti, perché secondo me non si può essere coerentemente contro la GPA e a favore della contraccezione e dell’aborto. Perché? Perché il retropensiero è lo stesso: sul corpo e sul bambino. Dunque c’è una profonda incoerenza e, per tornare alla domanda, non ne ho parlato specificamente perché secondo me si tratta quasi di un non-argomento, in sé: l’argomento in sé è la contraccezione. Per me è l’origine dell’intero sistema ideologico.

Capisco cosa dici. E a proposito di sistemi e di ideologia, volevo fare una domanda alla filosofa che c’è in te: diversi anni fa scrivevi sul tuo blog che «la teologia del corpo provoca gli stessi effetti della pornografia, sulla sessualità». Che volevi dire?

Era una provocazione, naturalmente. In realtà non è certo la Teologia del corpo ad essere problematica: è l’insegnamento della Teologia del corpo, semmai, ed è tale perché per la maggior parte i cattolici ricevono anzitutto una base di morale sessuale; poi si aggiunge unateologia della sessualità; il tutto senza sapere che cosa sia la sessualità. Voglio dire che non c’è una conoscenza adeguata del fenomeno sessuale: come si manifestano le dimensioni emozionale, affettiva e psicologica. Si passa direttamente alla dimensione morale e a quella teologica. Sono cose estremamente interessanti, la morale e la teologia, ma l’insegnamento va in cortocircuito sulla conoscenza fisica ed emozionale. Intendo dire che c’è una generazione di giovani – quella di cui parlo nel mio libro – che coinvolge naturalmente anche numerosi cattolici: venuti su al latte della pornografia come gli altri, crescono e ricevono un insegnamento che è molto molto bello e non hanno modo di viverlo. Entrano rapidamente in un’idea di ciò che la sessualità dovrebbe essere: la comunione degli sposi, la Trinità, la liturgia dei corpi… tutte idee che trovo molto affascinanti e belle… solo che poi ad esse non corrisponde la loro esperienza. E diventano frustrati: «Cavolo, la mia vita sessuale decisamente non è così… il sesso con mio marito non assomiglia proprio a questa roba…». E giù a deprimersi in un circolo vizioso, che si nutre del fatto che si ha scarsa o nulla conoscenza delle dinamiche personali della sessualità: perché abbiamo dei fantasmi, come funzionano le pulsioni sessuali; e quindi la masturbazione, il piacere…

Penso ci sia del vero in ciò che dici, ma Giovanni Paolo II non poteva avere esperienza di tutte le dimensioni della vita sessuale che tu enumeri. Che cosa manca, secondo te, alla Teologia del corpo? E a chi toccherebbe il compito di integrare quella visione sublime con ciò che ancora non ha?

Ecco, quello di cui c’è bisogno è di avere dei bravi sessuologi in Vaticano [ride]. Lo dicevo a un incontro con dei preti, anzi due anni fa ho avuto modo di incontrare tutti i Vescovi di Francia e anche a loro ho detto: «Non cambiate il vostro insegnamento; però accompagnatevi a uomini e donne, laici, che si accompagnino a voi e che facciano dell’educazione. Di questo ha bisogno la nuova generazione». Devo dire che in Francia la Chiesa cattolica è stata molto recettiva al mio messaggio e in generale sono stata accolta benissimo: una donna giovane, che parla di sessualità senza complessi… io sono sbalordita a vedere che questa cosa è considerata straordinaria ma prendo atto della cosa. Mi dicono che questa cosa mancava e che ce n’era bisogno perché quel messaggio venga integrato. E ce n’è bisogno davvero, penso, perché davvero constato che gli esiti di certa non-educazione sono simili a quelli della pornografia: intendo disfunzioni sessuali, come problemi di erezione, difficoltà con l’orgasmo, calo del desiderio, vaginismo… sono effetti di un insegnamento teorico che non viene incarnato. E tocca ai laici completare questo passaggio: è compito loro.

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36 pensieri su “«L’epoca dell’aborto sta passando». Intervista con Thérèse Hargot

          1. Splendide le catechesi di GPII, ma è bene ricordare che troviamo i prodromi di tutta quella che chiamiamo oggi “teologia del corpo” già a partire da San Paolo…

            In buona sostanza il corpo come Tempio dello Spirito Santo e manifestazione visibile della presenza di Cristo che possono sembrare concetti che allontanano l’Uomo (in particolare la coppia) dalla sessualità vissuta nei suoi leciti aspetti o financo nei suoi “meccanismi”, ma è esattamente l’opposto.

            Il dono delle Catechesi di GPII è proprio quello di aver tradotto concetti spiritualmente elevati, nella esperienza quotidiana del vivere la sessualità umana, che non riguarda solo chi ha e può avere rapporti sessuali.

            1. exdemocristianononpentito

              Belle e nobili parole quelle della affascinante m.me Hargot, però, siccome io conteggio una somma fra le “entrate” solo quando i soldi sono in tasca, permettetemi di dire che, fino a quando non saranno mutate le normative sull’aborto, si continuerà a parlare di ipotesi. Sapeste quante volte ha creduto e sperato di conseguire un risultato per il quale mi ero impegnato e poi sono rimasto con un pugno di mosche!

              1. Servi inutili siamo… forse le tue aspettative non coincidevano con i piani Nostro Signore.
                O nei Suoi piani stava il tuo insuccesso (che potrebbe avere più di un perché…)

              2. Alessandro

                exdemocristiano

                Il Signore ci comanda di non sostenere in alcun modo la legalizzazione dell’aborto, non ci garantisce che il nostro sforzo condurrà all’abolizione dell’aborto legalizzato.

                Che su questa terra il nostro impegno non sia coronato da successo non ci deve minimamente disanimare e desolare, non ci esonera in alcun modo dall’obbedire al comando divino, dall’operare secondo giustizia, cioè dal difendere indefessamente come intangibile ciascuna vita umana fin dal suo concepimento.

                1. exdemocristianononpentito

                  Bariom e alessandro , io non discuto sul dovere del cattolico di opporsi all’aborto, dico semplicemente che le previsioni della m.me Hargot sono di dubbia realizzazione. Insomma mi sembra che “la faccia troppo facile”…….

                  1. Può sembrare “la faccia facile” perché le cose che afferma sono di una conseguenzialità lapalissiana.

                    Ciò che diviene quasi ovvio ad una adeguato ragionamento, pare quasi facile (o meglio semplice)… ma non credo sia persona sprovveduta al punto di non rendersi conto delle reali difficoltà oggi si ha anche nel riconoscere che “l’acqua è bagnata” (come si usa dire).

  1. Luigi

    Leggo, nell’intervista, queste parole straordinarie:

    Quello che, come donna, mi pare importante è l’avere un uomo, il quale non ha ambivalenza in questo desiderio, o non ce l’ha allo stesso modo della donna. Quello che voglio dire è molto tradizionale, ma io credo che l’uomo sia “il garante della legge”

    Non c’è che dire, avevo proprio preso lucciole per lanterne.
    O fischi per fiaschi, più correttamente.

    Ciao.
    Luigi

  2. Giusi

    Scusate siccome si nasce e poi si muore mi pare pertinente. Ma dico io ‘sto omo non ha altro da fare che scrivere ‘sti mappazzoni! Mi devo ancora ripigliare da AL! 452 pagine! Non ho nessuna intenzione di leggerlo. Dicono che ci sia scritto che bisogna alimentare il paziente finché è utile. Se fosse vero che significa? L’alimentazione non è una cura, non può far parte dell’accanimento terapeutico. Ho assistito mio padre fino alla fine. E’ morto di tumore all’intestino. Alla fine era attaccato a vari tubi ma non è morto di fame e di sete, non hanno mai smesso di alimentarlo. E’ morto di morte naturale certo sedato e quant’altro. Poichè non aveva fatto la chemio perché nel suo caso non serviva era bello come il sole con la pelle liscia e idratata. Eluana è morta di fame e di sete ed è morta in un modo atroce. Nessuno deve morire di fame e di sete! In ospedale! Alessandro mi puoi dire una parola di conforto? Hai letto qualcosa?
    http://www.libreriaeditricevaticana.va/content/libreriaeditricevaticana/it/novita-editoriali/nuova-carta-degli-operatori-sanitari.html

    1. Alessandro

      @Giusi

      Premetto che non ho letto questa “Nuova Carta degli Operatori Sanitari”.

      Posso rassicurarti su ciò che afferma il Magistero della Chiesa (che peraltro ben conosci) a riguardo di idratazione e nutrizione del paziente e del morente.

      Vedi qui:

      http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20070801_risposte-usa_it.html

      Come puoi constatare, la Congregazione per la dottrina della Fede, rispondendo ai dubia presentati dalla Conferenza episcopale staunitense, afferma che

      1) “La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita.
      Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione.”

      2) “Un paziente in “stato vegetativo permanente” è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali”.

      Questo è il Magistero della Chiesa.

      Se ho ben capito, al tuo caro genitore fu debitamente somministrato (come insegna il Magistero) il sostegno vitale (idratazione e nutrizione) fino al trapasso, quindi non hai fondato motivo di paventare a questo riguardo qualche tua mancanza rispetto al dettame del Magistero.

      Purtroppo sul sito del Vaticano, nel resoconto della conferenza stampa di presentazione della XXV Giornata Mondiale del Malato e, contestualmente, della Nuova Carta degli Operatori Sanitari, è presente un infausto refuso, che spero sia tempestivamente corretto.

      Il prof. Antonio Spagnolo avrebbe detto:

      “Tema ugualmente rilevante è quello della nutrizione e idratazione, anche artificialmente somministrate (art. 152). Considerate tra le cure di base dovute al morente, quando non risultino troppo gravose o di alcun beneficio. La loro sospensione non giustificata può avere il significato di un vero e proprio atto eutanasico, ma è obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente.”

      Il testo ovviamente va corretto così:

      “La loro sospensione non giustificata può avere il significato di un vero e proprio atto eutanasico, e LA LORO SOMMINISTRAZIONE è obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente.”

      http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2017/02/06/0080/00193.html#spa

      1. Giusi

        Si certo non temevo per mio padre che è morto tempo fa ed è stato sempre alimentato. Temevo per il futuro.

      2. Alessandro

        Il refuso sul sito del Vaticano che ho segnalato è particolarmente infausto perché molti organi di stampa, come spesso accade, hanno dato la notizia della presentazione della Nuova Carta facendo copia-incolla dal resoconto ufficiale presente su quel sito, amplificando il refuso e facendo così passare un’informazione scorretta.

        1. Giusi

          Infatti. Il solito disastro. Ma la cosa è gravissima. Spero che l’altro Burke o la donna desaparecida chiariscano. I giornali hanno già titolato nel senso che il Papa è innovatore ed è per questo che i cattivoni anonimi fanno i manifesti!

          1. Fabrizio Giudici

            Il problema sull’eutanasia è che abbiamo un vescovo che ha firmato il suo sostegno al “testamento biologico”:

            http://www.lanuovabq.it/it/articoli-sorondo-il-testamento-biologico-ha-il-suo-vescovo-18684.htm

            E non è un vescovo qualsiasi: è il solito mons. Sorondo, braccio destro del Papa, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, che ne combina di ogni, incluso invitare a raffica noti abortisti e neo-malthusiani a diffondere il loro punto di vista proprio da convegni organizzati dall’Accademia.

            @Giusi sulla questione del sacerdozio femminile

            Non solo Spadaro è l’alter ego del Papa; come Magister ricorda sempre, è tradizione che i contenuti pubblicati su La Civiltà Cattolica siano personalmente approvati dal pontefice.

            1. Giusi

              Li sceglie sempre da dentro al mazzo…. (espressione ironica in uso nel mio paese natio….)

  3. Vanni

    Camillo Langone su Thérèse Hargot e sul festival di San Remo:

    “San Remo, oggi sei il Santo più tradito e mi riferisco al festival che parassitizza il tuo nome, a questa edizione super-omosessualista (Maria De Filippi, Mika, Tiziano Ferro, Ricky Martin…) e dunque sottilmente estinzionista e schiavista (uteri in affitto). E inoltre riduzionista, aggettivo che ricavo da “Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)” di Thérèse Hargot (Sonzogno). “Essere omosessuale è una cosa che non esiste. Io non sono le mie attrazioni. Ogni volta che un individuo è ridotto alle proprie tendenze sessuali, è alla sua dignità di persona umana che si attenta”. La giovane e bella sessuologa belga invita ad abbandonare il totalizzante verbo essere (“Sono omosessuale”, “Sono eterosessuale”) per liberarsi dalla gabbia di identità ormai ideologiche. Mentre il festival sprizza ideologia da tutti i pori: “Sanremo è un posto dove si possono lanciare riflessioni su temi seri” ha minacciato la co-conduttrice in conferenza stampa. San Remo ti prego di farmi addormentare cullato dalla voce di Thérèse Hargot e non da quella di Maria De Filippi, stanotte.”

  4. Giusi

    Ecco mancava questa per concludere la giornata:
    Ultime da Santa Marta. Porte aperte alle donne sacerdote
    “A giudizio de “La Civiltà Cattolica”, quindi, non solo vanno messe in dubbio l’infallibilità e la definitività del “no” di Giovanni Paolo II alle donna sacerdote, ma più di questo “no” valgono “gli sviluppi che nel XXI secolo hanno avuto la presenza e il ruolo della donna nella famiglia e nella società”.

    Questi sviluppi – prosegue il ragionamento della rivista – rendono ormai incomprensibili le “rationes” di divieti “che, più che espressione di autorità, paiono significare autoritarismo”.

    In altre parole, il fatto che la Chiesa cattolica non abbia mai avuto donne sacerdote non impedisce che ne abbia in futuro:

    “Non si può sempre ricorrere al passato, quasi che solo nel passato vi siano indicazioni dello Spirito. Anche oggi il Signore guida la Chiesa e suggerisce di assumere con coraggio prospettive nuove”.

    E Francesco per primo “non si limita a ciò che già si conosce, ma vuole addentrarsi in un campo complesso e attuale, perché sia lo Spirito a guidare la Chiesa”, conclude “La Civiltà Cattolica”, evidentemente con l’imprimatur del papa”.
    http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/02/07/ultime-da-santa-marta-porte-aperte-alle-donne-sacerdote/

    1. Giusi

      Mi pare che fino a questo punto non ci si fosse mai spinti. E questo è Spadaro, l’alter ego del Papa.

    2. Francesco Paolo Vatti

      Ma non c’era un motu proprio che dava la parola definitiva sul tema?
      Poi: siamo sicuri che ci sia la fila di donne che vogliano diventare pretesse?
      Infine, penso sia meglio aspettare: più di una volta si sono scritte cose simili su ciò che avrebbe detto Francesco ed egli stesso le ha smentite (come nel caso delle diaconesse…)

  5. Antonio Spinola

    Nonostante alcune perplessità (questa storia sull’esperienza della sessualità, non è chiara), non si può non riconoscere a Thérèse Hargot la lucidità e il coraggio di dire l’indicibile oggi: la latitanza dell’uomo che non è e non vuole essere quello che per natura e volontà divina è chiamato ad essere, il custode dei limiti.
    Non così accade alla donna, che, nonostante il femminismo, continua sostanzialmente a essere quello che è, perché, fin’ora almeno, solo una donna può generare vita.
    Certi preti e certi teologi dovrebbe riflettere e forse anche studiare di più: nella cristianità a certe odierne assurdità, come il sacerdozio femminile, non ci saremmo arrivati neanche col pensiero senza questo continuo arretrare dell’uomo (naturalmente bianco e occidentale) davanti all’inalienabile compito che gli è stato affidato. Vogliamo continuare così?

  6. Alessandro

    A proposoto di aborto.

    Il Papa l’ha chiamato “interruzione di gravidanza”. Addirittura nella Giornata per la vita:

    http://w2.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2017/documents/papa-francesco_angelus_20170205.html

    A nulla serve, dunque, quanto detto da San Giovanni Paolo II in Evangelium Vitae (n. 58):

    “Proprio nel caso dell’aborto si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di «interruzione della gravidanza», che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell’opinione pubblica.
    Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita.”

    1. Giusi

      Lui ama essere ambiguo così apre processi….. Per quanto riguarda le sentenze quelle vengono pronunciate solo contro i cattolici all’insegna di una grandissima misericordia…..

  7. Nunzia

    A leggere con attenzione l’intervista, a me sembra che non si sia data la giusta importanza a queste parole: «L’epoca dell’aborto sta passando, sì, almeno per come è stato vissuto fino a questo momento: ne vediamo tutti i segni. Purtroppo l’aborto è anche il sintomo di tanti comportamenti, e per questo non si può proporre di impedire sic et simpliciter l’accesso all’aborto, oggi, perché bisognerebbe offrire in cambio altri metodi di regolazione della fertilità, alternativi a pillole e preservativi. Bisogna quindi che avvengano questi cambiamenti».
    Certamente la percezione dell’aborto oggi è diversa dal come è stato fin qui vissuto. E tuttavia se questa situazione è valida per alcune categorie di donne, quelle sufficientemente acculturate e consapevoli, non si può dire lo stesso per le donne che non posseggono determinati strumenti, che provengono dall’estero o appartengono al mondo della prostituzione.
    La scrittrice molto saggiamente aggiunge una riflessione importante, dicendo che l’aborto è anche il sintomo di tanti comportamenti e quindi molto opportunamente afferma che non si può cancellare l’aborto senza prima offrire in cambio altri metodi di regolazione della fertilità. Il che rende il superamento dell’aborto tutt’altro che semplice.

    1. Fabrizio Giudici

      “La scrittrice molto saggiamente aggiunge una riflessione importante, dicendo che l’aborto è anche il sintomo di tanti comportamenti e quindi molto opportunamente afferma che non si può cancellare l’aborto senza prima offrire in cambio altri metodi di regolazione della fertilità. Il che rende il superamento dell’aborto tutt’altro che semplice.”

      Questa parte dell’intervista è piuttosto ambigua – come altre, e mi associo a certi dubbi di Antonio Spinola. Infatti i metodi esistono e sono i cosiddetti “metodi naturali”. Cosa vuol dire “tutt’altro che semplice”? Che bisogna trovarne altri?

      Dalla pagina Wikipedia della Hargot leggo:

      S’exprimant sur la contraception orale, Thérèse Hargot constate que la pilule a été présentée par de nombreux féministes comme l’outil par excellence de libération sexuelle des femmes ; pour sa part elle estime que les femmes sont au contraire entrées par le biais de ce médicament dans une sexualité « masculine » qui ne tient pas compte de leur rythme ; et d’autre part que le choix leur est insuffisamment présenté d’adopter des méthodes de contraception différentes, en particulier les méthodes naturelles 11, n’hésitant pas à déclarer, dans famille chrétienne que “la contraception est le plus grand scandale du siècle”12.

      Quindi direi che la Hargot pensa proprio ai mezzi naturali, e non c’è niente da inventare; semmai il problema è che non sono abbastanza conosciuti. Forse però era il caso di essere più esplicita?

      Peraltro, se si parla di “conseguenze di comportamenti a monte”, bisognerebbe parlare di anche castità matrimoniale, e nell’intervista non ve ne è traccia.

      Non mi piace per niente neanche l’elusione sul fatto in sé dell’aborto, parlando delle cause “a monte”. È giustissimo affrontarle, comunque se si arriva “a valle”, l’aborto è sempre e comunque un omicidio. Uno può anche dire che ci sono cause “a monte” per la fame in certe regioni del terzo mondo; non è che però se uno propone un programma di soppressione dei più deboli ci si ferma sulle considerazioni a monte; ci si oppone comunque, esplicitamente. Quindi anche sull’aborto, bisogna dire chiaramente che si è contro. Capisco che dal punto di vista politico, in democrazia, la questione è più complessa.

      Come ho scritto sopra, c’è un livello di ambiguità permanente in tutta questa intervista che disturba.

      In ogni caso, che le cose sull’aborto cambieranno non lo dice solo la Hargot. È noto che l’opinione pubblica negli USA sta cambiando, anche perché altrimenti sarebbe stato molto difficile vincere per Trump.

  8. Francesco Paolo Vatti

    Non sono riuscito a commentare sull’altro (suo) articolo sulla signora Hergot e lo faccio qui, sperando di non essere troppo fuori luogo, ma una cosa la devo dire: quando lei, dr.ssa Miriano, parla della pillola come mezzo con cui l’uomo assoggetta la donna alle sue voglie, mi fa venire in mente mia madre nel 1974, quando aveva appena perso un figlio (sarebbe stato il quarto) per aborto spontaneo: era in giro con noi tre (io ero decenne, il più piccolo aveva appena due anni) e fu fermata da un giovane che le chiese se voleva firmare per il referendum per legalizzare l’aborto. Mia madre rispose: “no, perché sono femminista”. Il ragazzo si mostrò stupito, asserendo che proprio per quello avrebbe dovuto firmare. Mia madre rispose: “Non ha proprio capito. Sono così femminista che sono per la sterilizzazione del maschio!” ovviamente il tizio scappò a gambe levate. Fu da quel giorno che diventai pro-life.

      1. Francesco Paolo Vatti

        Purtroppo era: è morta, sei soli mesi dopo mio padre, 12 anni fa. Ma era solita a questo tipo di battute (in cui credeva fermamente).

        1. Beatrice

          Mi dispiace, non lo sapevo. Comunque da quello che hai raccontato si capisce che era una donna tosta da cui hai imparato a difendere con coraggio quella Verità che lei, come tuo padre, ha ormai avuto la gioia di incontrare a tu per tu!

  9. Beatrice

    È da un po’ di giorni che volevo commentare questa intervista perché ho letto diverse cose che personalmente non condivido, tra tutte le interviste della Hargot (ne ho letta anche una molto bella sul Timone di gennaio) questa è quella che mi ha lasciato più perplessa.

    Premetto che apprezzo comunque il fatto che la Hargot da non-cattolica sostenga molte tesi contro-corrente rispetto al mainstream per ciò che concerne la sessualità, per questo ho deciso che leggerò il suo libro (quando avrò finito la pila che ho in camera). Tuttavia in questa particolare intervista ho notato tre aspetti controversi:

    1) La seguente affermazione è a dir poco problematica: “non si può proporre di impedire sic et simpliciter l’accesso all’aborto, oggi, perché bisognerebbe offrire in cambio altri metodi di regolazione della fertilità, alternativi a pillole e preservativi”. A parte la “piccolissima questione” che l’aborto è la soppressione di una vita nascente in tutto e per tutto (per nulla al mondo è tollerabile legalizzare l’omicidio di un innocente), io penso che rendendo illegale l’aborto si risolverebbero tanti problemi della nostra società, in primis la denatalità di cui soffrono tutti i paesi occidentali (altro che fertility day e altre iniziative simili!). Tra l’altro, dati alla mano, nei paesi che hanno leggi più restrittive sull’aborto le donne godono di una salute migliore ( ne parla il seguente articolo: http://www.iltimone.org/35704,News.html).

    2) Il secondo aspetto che mi ha lasciata perplessa è la questione dell’ambivalenza femminile nel suo modo di rapportarsi all’aborto, ebbene questa ambivalenza è propria dell’essere umano nel suo rapportarsi a tutte le questioni della vita. Se, infatti, è vero che l’uomo dovrebbe essere il “garante della legge”, colui che difende e ricorda il limite tra giusto e sbagliato, la donna a sua volta dovrebbe essere portata all’accoglienza, all’amore, alla dedizione verso il più debole. Come la donna può sentirsi tentata di venir meno a questa sua vocazione all’accoglienza della vita nascente con ragionamenti del tipo “ah, però, io non me la sento di far nascere mio figlio in questo mondo orribile; ah, però, io non so se sono pronta a diventare madre; ah, però, non me la sento di crescere questo bambino da sola, etc.”; così anche l’uomo può sentirsi tentato di venir meno alle sue responsabilità di “garante della legge” con pensieri del tipo “ah, però, se mia moglie non se la sente di portare avanti la gravidanza, non posso mica obbligarla; ah, però, coi problemi economici che abbiamo come facciamo; etc.”. Questi sentimenti ambivalenti della donna e dell’uomo dovrebbero chiarificarsi di fronte alla presa di coscienza dell’esistenza di un terzo soggetto interpellato nella questione che sicuramente direbbe “ah, però, non me ne frega niente dei vostri dubbi e delle vostre crisi esistenziali da uomini post-moderni, io voglio nascere lo stesso, ormai ci sono e non ci sto ad essere eliminato!”

    3) Non mi è piaciuto cos’ha detto la Hargot sulla teologia del corpo di Giovanni Paolo II, perché essa richiama l’uomo a conservare e proteggere la propria dignità di individuo creato a immagine e somiglianza di Dio, mostrandogli la dimensione alta a cui è chiamato in relazione all’esercizio della propria sessualità che deve perciò avvenire nel pieno rispetto del suo essere “tempio dello Spirito Santo”. Io non lo so se in passato la Chiesa demonizzasse davvero il sesso creando fobie varie nei novelli sposi (ma dato che non ci siamo estinti neanche quando l’Europa era tutta cristiana mi viene qualche dubbio), però so che l’insegnamento di Giovanni Paolo II non aveva certo questo scopo e credo neanche questo effetto, ma intendeva restituire il giusto valore a un aspetto della vita che è stato sempre più banalizzato a mero strumento di piacere eliminando completamente l’afflato spirituale di cui è portatore.

    1. Luigi

      “È da un po’ di giorni che volevo commentare questa intervista perché ho letto diverse cose che personalmente non condivido, tra tutte le interviste della Hargot (ne ho letta anche una molto bella sul Timone di gennaio) questa è quella che mi ha lasciato più perplessa”

      Ma no, è che stavolta io l’ho apprezzata, per cui tu dovevi per forza criticarla… 😀

      “io penso che rendendo illegale l’aborto si risolverebbero tanti problemi della nostra società, in primis la denatalità di cui soffrono tutti i paesi occidentali (altro che fertility day e altre iniziative simili!)”

      Come in effetti ha messo ben in luce Roberto Volpi, non sono la crisi della famgilia e la non volontà di procreare ad aver portato alla legalizzazione di divorzio e aborto, ma l’opposto: il divorzio e l’aborto hanno portato alla crisi della famiglia e alla denatalità.
      Non che prima non esistessero famiglie spaccate e aborti clandestini, ma l’aver tolto la sanzione legale ha moltiplicato i numeri.

      “Questi sentimenti ambivalenti della donna e dell’uomo dovrebbero chiarificarsi di fronte alla presa di coscienza dell’esistenza di un terzo soggetto interpellato nella questione”

      Certo, se questo soggetto fosse considerato per quello che scientificamente è, ovvero un essere umano pienamente compiuto.
      Propedeutica al genocidio abortista, così come a ogni altro genocidio contemporaneo, è infatti la degradazione dell’obiettivo da colpire.

      Prima di passare allo sterminio, bisogna dipingere gli sterminandi di volta in volta come “parassiti”, “nemici del proletariato”, “grumi di cellule”. Questo per abbattere le “difese immunitarie” degli esseri umani, nei confronti di determinate azioni.

      Alla fine, è comunque un fatto che l’Hargot non ha una visione pienamente cattolica. Ma come diceva la saggezza dei padri, “dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io”.
      Considerati certi “amici”, meglio i “nemici” come l’Hargot o Trump.

      Rimasto indietro dal precedente articolo, un appunto su quanto scrivesti in merito “all’attricetta famosa”.
      Conosciamo solo la sua versione, dei fatti. Quella del produttore ci è sconosciuta.

      Ciao.
      Luigi

      1. Beatrice

        @Luigi
        «Ma no, è che stavolta io l’ho apprezzata, per cui tu dovevi per forza criticarla…»

        Ma sai che ho proprio pensato: “con tutta la fatica che ho fatto per far apprezzare a Luigi le tesi della Hargot, moh sono io che mi metto a criticarla!”
        Comunque l’ho detto che apprezzo lo stesso il contributo offerto dalla Hargot a sostegno di alcune tesi cattoliche in materia sessuale, sostegno che vale di più proprio perché a farlo è una che cattolica non lo è per niente. Quindi ribadisco la mia intenzione di leggere il suo libro e la mia stima per il suo essere andata contro-corrente, cosa mai facile soprattutto al giorno d’oggi per tutto ciò che concerne la sessualità. Ben vengano altre voci a sostegno di tesi scomode anche se queste voci non sono completamente allineate su tutta la dottrina cattolica! Però ci tenevo a sottolineare le criticità che avevo riscontrato in questa particolare intervista.
        Per il resto, concordo con tutto quanto hai detto!

        1. Francesco Paolo Vatti

          Personalmente l’avevo molto apprezzata. Forse il problema sta nelle aspettative: per me è la prima che leggo e sentire una non cattolica dire che a monte dell’aborto c’è il discorso sulla contraccezione mi ha profondamente colpito (ho già chiesto a mia moglie di ordinarmi il libro la prima volta che va su Amazon). Probabilmente chi ha già letto qualcosa vede gli aspetti mancanti (che indubbiamente ci sono).

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