Essere spose

sposi

di Costanza Miriano, dal libro QUANDO ERAVAMO FEMMINE

Care le mie piccole donne,

ogni tanto nelle giornate frenetiche che ben conoscete, quando torno dal dentista trascinando di peso Livia nella mia corsa, praticamente buttandomi sotto i tir per attraversare la strada e tentare di entrare nel negozietto del cinese prima della vecchietta cicciona che stara li, me lo sento, almeno sette minuti a scegliere un rocchetto di filo – ≪ma io, signora, devo comprare le ghirlande per il lavoretto della prole e poi fiondarmi a casa, infilare in una borsa tre mutande, lenti a contatto e un po’ di cioccolata e cercare di prendere un treno per Parma, quindi mi perdonerà cara se la ribalto con una gomitata ≫.

Ogni tanto, dicevo, cercando il binario a tre minuti dalla partenza del treno, sperando che il direttore non mi chiami per chiedermi un pezzo (che la macchina ha bucato l’ho detto due settimane fa, le zie morte le ho finite), sperando che tutto a casa fili liscio e che Lavinia non mi chiami per segnalare che il fratello ha detto una parolaccia, sperando quindi di non sentire in diretta il sedicenne che sfila la tibia alla sorellina spiona per giocarci a cricket, sperando tutto ciò (e anche di avere preso, in un attacco di efficienza, gli appunti per la relazione di stasera) maturo la certezza lampante, solida, evidente, che tirerò le cuoia prestissimo, perché anche per me che sono di stirpe etrusca e fibra contadina a volte e veramente troppo. Quando penso al fatale momento (ricordatevi tutte le raccomandazioni che vi ho fatto, soprattutto di seppellirmi no truccata e con il rosario che mi ha fatto la zia Chiara in mano, perché a volte ho cosi tanto sonno che non riesco neanche a sfilarmelo dal polso per mettermelo fra le dita, e poi magari finisce che sto tutta l’eternità a dire ≪adesso lo prendo≫) passo in rassegna tutte le cose importanti che non vi ho ancora detto, o che non vi ho ripetuto abbastanza.

Perché si sa che le cose dette dalle madri vengono recepite solo verso la nona volta che sono proferite (si, sono io quella signora bionda finta che si aggira per la vostra casa emettendo suoni incomprensibili), e invece all’oracolo paterno, essendo egli assai più parco di parole, basta aggrottare le sopracciglia per ricevere il massimo dell’attenzione (mi devo ricordare di dire ≪guardate che chiamo il babbo≫ un po’ meno spesso, perche capita che lo chiami e lui non arrivi: anche per lui, a volte, sono la signora bionda che emette suoni indistinti – a meno che non fornisca informazioni interessanti, anche false, tipo ≪guarda! Esce un nuovo disco postumo di Jeff Buckley!≫ giusto per vedere mirianoQUANDOcover ridottase mi sente).

Quando penso alle cose che non vi ho detto mi rendo conto che sono tante, davvero, e per questo se posso scegliere, Signore, ti chiederei di non farmi morire all’improvviso, in modo che io faccia in tempo a confessarmi, a recuperare alcune delle preghiere arretrate, magari se e il caso farmi la ricrescita, accettare con serenità il fatto che non c’e stato verso di sistemare gli addominali, la libreria, i denti e tutte le altre cose che sono fuori posto nella mia vita. Sistemare, per prima cosa, la mia vita stessa, i bicchieri d’acqua non dati e le persone non sfamate, e credo che dovrei anche io mettere una Sindone a grandezza naturale accanto al letto per ricordarmi a chi devo somigliare, e come dovrebbe finire la storia (anche le visite ai cimiteri aiutano molto a sistemare la lista delle priorità).

Dunque, le cose non dette sono tante. Ma se ne dovessi scegliere una, se fosse già partito l’embolo che mi porterà alla morte, ecco cosa vorrei dirvi, prima che diventiate donne. Aprite bene le orecchie perché non ve lo ripeterò più (se tiro le cuoia; senno solo altre duecento volte). Ed e tra l’altro la cosa che mi sta più a cuore di insegnarvi, nonché il cuore di questo libro, quindi, lo dico per chi volesse stringere un po’ sui tempi di lettura (il seguito potete anche appoggiarlo nell’ampia sezione “casomai poi lo finisco” e dimenticarlo come merita).

La cosa e questa. Noi donne abbiamo un’interiorità molto ricca e complessa, o complicata a seconda dei punti di vista. Abbiamo uno sterminato incompiuto bisogno di amare ed essere amate. Ma non solo quello. Siamo sensibili in un modo che a volte può far impazzire gli uomini che decidano di prestarci attenzione, o far impazzire noi, se loro si stancano di far caso alle nostre tempeste, o alle maree. Abbiamo, insomma, una parte animale molto forte, che a volte ci può dominare totalmente (per esempio in certi periodi del mese, prima del ciclo o dopo l’ovulazione se non c’è stata fecondazione) e ci fa inconsciamente arrabbiare col nostro uomo.

Noi donne facciamo più dell’uomo fatica a rispettare le regole. Che so, gli orari, le uniformi, i tempi: perché noi siamo più alleate della vita, noi siamo vicine alla carne, e la carne e fatta di eccezioni e particolari e casi unici.

Inoltre, noi più di lui abbiamo difficoltà a stare in un rapporto paritario, a non fare le mamme dei nostri uomini, o le loro figlie. Essere alleate davvero per noi è difficile, e possiamo farlo solo se cominciamo una vita spirituale seria e profonda, che prenda il sopravvento sulla vita naturale. La donna tutta naturale, Eva, è capace di malizia, di confusione, di una follia che un uomo si sogna. Quella donna può manipolare quanti uomini vuole, grazie ai radar di cui è dotato il suo cervello. Oppure può essere vittima della sua tristezza o del suo malessere. La donna che invece cerca di somigliare a Maria, diventa – faticosamente, gradualmente – la donna capace di mettere l’uomo nel suo ruolo di guida e di dare a ognuno il posto di cui ha bisogno, quella che come Maria a Cana dice “fate quello che lui vi dirà”, che non si sostituisce all’uomo né gli mette in bocca le cose da dire, ma gli presenta lealmente un bisogno, e intercede per i deboli (come tutte noi mamme facciamo con i nostri figli), che dice all’uomo esattamente quello che lei pensa, ma insieme fa quello che lui vuole. Quella è una donna potentissima, capace di chiedere lealmente qualsiasi cosa, libera dalle sue fragilità e quindi libera anche di non ottenere ciò che chiede, e liberante per quelli che le sono attorno. È una donna che, anche se ha il cuore aperto e le braccia allargate per ricevere, non fa dipendere la sua felicità da un altro.

[…]

da QUANDO ERAVAMO FEMMINE – Sonzogno 2016

5 pensieri su “Essere spose

  1. Marcello Bernacchia

    E’ un mondo così folle quello raccontato da Costanza… e così meravigliosamente reale. Buona festa dell’Immacolata a tutti.

  2. Cara Costanza !!!! la vita di una donna per quanto ho sperimentato, è spesso nel suo silenzio, pensa e pensa a tutto e di più. Spesso non viene capita, perché è donna….mah !!!..non credo di dire una cosa fuori posto……quante volte non si sente amata ??…guai se disturbi l’altro che sia il tuo marito o amici. Ma la donna ha un pregio la pazienza….. che con gli anni riesce a dire…bene ho creduto a l’amore, costa quello che costa……ma l’amore gratuito vince sempre…….Ciao !!!! pace e bene con Maria L’Immacolata Concezione nostra carissima Mamma di ogni consolazione……buona serata….a tutti voi…..

  3. Dile

    Non voglio scatenare una polemica che sarebbe sterile, so che qualsiasi commento in disaccordo crea una marea di commenti da parte dei lettori del blog che apprezzano gli argomenti che qui vengono affrontati. Premesso questo, di fronte a qualcosa che trovo sbagliato io sento il dovere morale di dirlo. Non perché abbia la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno, ma perché mi sembrerebbe di comportarmi da ignava se non intervenissi di fronte a qualcosa che trovo sbagliato. E l’antropologia femminile descritta in Quando eravamo femmine è, a mio modo di vedere le cose, sbagliata, svilente e misogina.

    1. admin @CostanzaMBlog

      Bene signora Dile, ma faccia uno sforzo, sia più precisa ci indichi i passi del libro che l’hanno lasciata più perplessa, eventualmente leggendolo anche.

  4. Francesco Paolo Vatti

    Resto quasi sempre piacevolmente sorpreso dai suoi scritti, che danno un’immagine della femminilità che ricorda molto quella, orgogliosa, della mia povera mamma (orgogliosamente casalinga e madre di tre maschi).E’ una delle poche signore che leggo in scritti pubblici che non sembri godere di umiliare gli uomini solo perché maschi, senza per questo sminuirsi. E’ un’epoca nella quale essere nati maschi, anche per i giornali cattolici (che per me dovrebbero puntare di più sul fascino delle differenze fra uomini e donne che sul cercare di appiattirle), sembra essere colpa grave se non dolo. La ringrazio molto!

I commenti sono chiusi.