Carità bastarda

fajprotest200803

di Francesco Natale

Penso fosse il 1994, poiché all’epoca avevo poco più di 18 anni: avevo appena finito il Liceo e iniziato a frequentare il primo anno di Giurisprudenza.

Il weekend capitava spesso che prendessi un treno per recarmi a Milano: buona parte del mio “entourage” liceale si era iscritto alla Cattolica o alla Statale e a quel tempo Internet, chat e social network erano qualcosa di neppure immaginabile. I primi telefoni cellulari, oggetti costosissimi di dimensioni equiparabili ad un accumulatore da centrale termica, erano, al massimo, appannaggio esclusivo di qualche altissimo dirigente pubblico.

I rapporti umani, insomma, si dovevano coltivare ancora alla vecchia maniera: bastavano due telefonate in corso di settimana, magari fatte in cabina a gettoni, per fissare un generico appuntamento e via, si partiva, senza scrivere monografie manzoniane a ritmo di settanta notifiche all’ora su What’s Up, senza necessità di verificare compulsivamente le “spunte” sul “gruppo” “Apericena equo&solidale al Timballo” o “Amici della Polisportiva Don Femore”. Prassi oggi corrente alla quale la Vostra qui presente cariatide ancora rifiuta categoricamente di piegarsi, neppure avendo installato il suddetto software sul proprio, pur moderno, citofonino.

Quel Sabato mattina di Novembre partii per incontrare Silvia, carissima amica conosciuta anni prima alle superiori. Solito programma: visita a Sant’Ambrogio, speleologia comparata tra le bancarelle di vinili in Senigallia, mostra nei pressi di Brera (quel giorno H.R. Giger), pomeriggio bohemienne sui Navigli. Lei Porto, io Gin-Tonic. Salii sull’Intercity che in meno di due ore mi avrebbe portato in Stazione Centrale (ai tempi più o meno frequentabile), presi posto nel mio scompartimento e aprii la mia copia da viaggio de “Il Signore degli Anelli”, immergendomi nella lettura.

Poco prima di passare per Genova la porta dello scompartimento fu aperta cautamente da un uomo a me sconosciuto: era vestito con abiti in denim consunti, portava un cappellino con visiera e teneva gli occhi bassi. Si presentò così: “Buongiorno. Mi scusi se la disturbo. Sono un ex tossicodipendente. Sono sieropositivo all’HIV. Volevo chiederle se poteva darmi un piccolo aiuto…”.

Lo guardai meglio: vidi guance scavate, occhi liquidi, un torace che pareva la griglia di un tostapane, tanto le costole erano evidenti. Un morto che camminava.

Sul quale l’eroina aveva lasciato segni non solo materiali, ma anche “metafisici”: era come se la sua dimessa figura polarizzasse la luce in maniera diversa rispetto alle altre persone, rispetto addirittura agli oggetti. Era puro sfondo, come un daguerrotipo consumato dal tempo, stinto, a-dimensionale.

Provai pena e pietà per quella carcassa vivente. Mi alzai e gli chiesi come si chiamasse. “Maurizio”, rispose. Gli porsi la mano per stringere la sua.

Dopo un attimo di titubanza, probabilmente poiché poco abituato a essere toccato vista la sua condizione, me la strinse e sorrise. Sentendomi come l’Imperatore Traiano quando scese da cavallo per parlare con una giovane vedova, presi una decisione: avevo nel portafoglio 150.000 Lire, una somma tutt’altro che disprezzabile allora, destinata all’acquisto di beni voluttuari in quel di Milano (anche Amazon ed eBay non esistevano all’epoca…e il capoluogo lombardo era una vera Bengodi per appassionati di musica, videogames, fumetti…).

Presi due banconote da 50.000 Lire e le diedi a Maurizio, il quale quasi svenne nel riceverle. Tentò, per pura educazione, di rifiutarle, ma alla fine le accettò. Con estrema incoscienza e stupidità non mi posi neppure il problema, sul momento, di quale avrebbe potuto essere la destinazione ultima di quel denaro. Ero solo contento di aver compiuto quello che ritenevo essere “un bel gesto”, pensando tra me e me che io, in fondo, avevo rinunciato a qualcosa di assolutamente superfluo, a qualche disco e a qualche ninnolo informatico, mentre avevo “garantito il pane” per qualche giorno a chi ne aveva davvero bisogno.

Vestire gli ignudi, dare da mangiare agli affamati. Una linea guida assolutamente giusta nella sua essenza. Ma perniciosa in massimo grado quando ad essa non si coniugano doverosa intelligenza e severa prudenza. Nell’interesse primario dell’eventuale beneficato.

Rincontrai Maurizio più volte da allora. Sempre gli lasciai qualcosa quando potevo.

Nemmeno mi sfiorava l’idea che il mio denaro sarebbe finito puntualmente nelle tasche di un pusher assai noto nella zona del Tigullio al fine di procacciarsi eroina. Arrivai addirittura a lasciargli il numero di telefono di casa, qualora avesse avuto necessità mediche urgenti. Un’imprudenza colossale, per altro.

Fu solo allora che cominciai a sentire “puzza di bruciato”: a volte mi chiamava alla sera, in palese stato di alterazione, sostenendo che l’indomani avrebbe dovuto affrontare costosi esami o acquistare costosissime medicine che il SERT non gli passava gratuitamente. La mia abominevole “cecità” guarì di colpo il giorno in cui lo vidi in compagnia del famigerato spacciatore di cui sopra.

Maurizio mi venne incontro, salutandomi calorosamente, e mi chiese se potevo “assisterlo” poiché il medico gli aveva diagnosticato l’endometriosi, e avrebbe quindi dovuto acquistare i farmaci per la terapia specifica.

Maledicendo me stesso per la mia totale mancanza di elementare senso del discernimento, feci finalmente due più due in pochi istanti. Mi astenni dal fargli notare che i maschi non possono essere afflitti dall’endometriosi, mi congedai freddamente e tagliai ogni ulteriore rapporto nonché somministrazione di denaro. Mi sentivo ovviamente truffato, deluso, sfruttato. Pensavo naturalmente alla mia “buona fede” tradita e calpestata.

Ma, soprattutto, ero incazzato a morte con me stesso perché, senza possibile ombra di dubbio, ero stato io il responsabile principale se non unico di quella amarissima situazione. Ed ero stato io a consentire, pur involontariamente, a Maurizio di continuare a drogarsi liberamente. Non avevo giustificazioni: la “buona fede” presuppone l’assenza di stupidità marchiana. E io ero tutt’altro che esente da tale colpa.

Mi è capitato più volte, nel corso degli anni, di ripensare a quella situazione.

E sono giunto ad una conclusione: nella Carità vera, quella con la “C” maiuscola, quella che presuppone intelligenza fattiva, dedizione, cura e attenzione, si cela un potere enorme. Il potere di cambiare davvero per il meglio le cose. Il potere di rimettere in sesto ciò che è sbagliato o fallato. Il potere di dare Speranza, energia, possibilità, futuro a quanti ritengono di averli inesorabilmente perduti.

La Carità, poiché quando è vera è Dono che ci viene dall’Alto e ci rende mezzo, tramite attraverso cui scorre e plasma qualcosa che è più grande di noi, ha il potere di cambiare il Mondo. Questo potere enorme è, ovviamente, temuto, odiato ed avversato dagli stessi che temono, odiano e avversano il Nome di Cristo e la qualifica di cristiano. E’, anzi, il Dono che subisce forse l’aggressione più subdola e selvaggia che si possa immaginare: quello che in Francese si chiama “detournemant de pouvoir”, qui inteso nel significato etimologico di “sviamento”.

Preso atto che la Carità implica in re ipsa questo potere immane che non posso scalfire, faccio di tutto affinché questo sia male indirizzato, reso sterile, immobilizzato. Come a voler chiudere e confinare una corazzata navale dentro ad un acquitrino stagnante, melmoso, putrido.

Dalla fenomenologia del mio vissuto, ho ripensato alla “situazione Maurizio” traslandola su macro-scala.

Nella fattispecie la prima persona che mi è venuta in mente è stata Maria Heinz, donna-magnate tra le più ricche ed influenti del pianeta (probabilmente conoscete ed avete usato il suo ketchup, “Heinz” appunto), moglie di John Kerry, attuale Segretario di Stato. La quale ha fatto sapere, durante la campagna elettorale (persa) del marito, che il suo gruppo finanziava, tra le altre, ben 107 associazioni ambientaliste. Centosette.

Penso alle centinaia di migliaia di Americani che finanziano e supportano innumerevoli “associazioni pro-choice” (abortisti d’assalto, insomma). Penso alle smisurate sovvenzioni private che ricevono associazioni e lobby LGBT, difensori del panda e della stella alpina, propugnatori della “dieta” a base di soja, amministratori di “ashram” tantristi, dalai-lami e proteiformi seguaci di Dorje Shudgen. Penso a quanti milioni di tesserati e sostenitori paganti contano Greenpeace e WWF.

Incapace persino di ipotizzare a quanto ammonti un simile, smisurato patrimonio, neppure con l’ausilio del computer, penso con amarezza a cosa sarebbero in grado di fare di buono e giusto i Missionari di San Pietro Claver con un milionesimo di tale inconcepibile somma. Più prosaicamente penso cosa sarebbero in grado di fare semplici e laici amministratori locali che davvero avessero a cuore le Famiglie dei loro amministrati se disponessero di un miliardesimo di quello che ogni anno i privati di tutto il mondo donano per “contrastare il riscaldamento globale” o finanziare un gay-pride o sabotare le baleniere giapponesi. O provate voi a immaginare cosa accadrebbe se tutto il “malloppo” fosse affidato ad un pool di severi ed oculati economi di monastero Benedettino.

La nostra smania di essere “buoni”, insomma (e magari pure “belli” agli occhi del mondo), pur comprensibile, ha fatto si che il Dono della Carità venisse progressivamente svuotato dall’interno e riempito di “sano impegno civile”. Che è cosa altra, diversa, sostanzialmente inutile poiché avulsa dalla Realtà e fondamentalmente circoscritta alla gratificazione personale del beneficiante, il quale spesso e volentieri così agisce in risposta a nebulosi sensi di colpa eteroindotti o a spirito di emulazione nei confronti di qualche “grande”, sia esso rockstar, “paladino-dei-diritti-civili”, politico o direttrice di rivista patinata.

Questa “carità” imbastardita e impregnata di “impegno civile”, che nulla mette a frutto e tutto isterilisce, è forse la peggior forma di narcosi della Coscienza: perché ci rassicura e ci spinge all’autoconvinzione di fare il Bene laddove altro non facciamo, come tanti anni fa fece un diciottenne un po’ imbecille, che dissipare risorse utili per consentire al “Maurizio” della situazione di continuare a farsi in vena, denegando possibilità e speranze a chi davvero ha bisogno. Non solo di denari. Ma anche e soprattutto di intelligenza e umanità vera.

 

78 pensieri su “Carità bastarda

  1. ola

    Tutto vero ma manca un pezzo: la Carità, se fatta col cuore – e soprattutto se fatta nel Nome di Colui che ce la ha comandata, fa bene a chi la riceve ma anche a chi la fa.
    Il fatto che Maurizio non li abbia usati bene non rende meno nobile il tuo gesto, perche’dal tuo racconto si capisce che lo hai fatto per vera carita’cristiana.
    Quindi sacrosanto l’invito alla prudenza, ma attenzione che non diventi una condanna dell’elemosina come gesto negativo ipso facto.

    1. Fabrizio Giudici

      “Quindi sacrosanto l’invito alla prudenza, ma attenzione che non diventi una condanna dell’elemosina come gesto negativo ipso facto.”

      Mi sembra chiaro che la condanna è al sentimentalismo (“smania”), contrapposto ad una presa di responsabilità più diretta (“presuppone intelligenza fattiva, dedizione, cura e attenzione”).

      “Il fatto che Maurizio non li abbia usati bene non rende meno nobile il tuo gesto, perche’dal tuo racconto si capisce che lo hai fatto per vera carita’cristiana.”

      Qui invece avrei da ridire. Intanto non c’entra niente la “nobiltà” del gesto, che mi pare un attributo del tutto laico. Capisco che stai parlando di buona intenzione. Ma si dice anche che le buone intenzioni (da sole) lastricano la via per l’inferno. Ora, in questo caso il proverbio è chiaramente esagerato, ma il senso è che le buone intenzioni non bastano.

      1. ola

        “Mi sembra chiaro che la condanna è al sentimentalismo (“smania”), contrapposto ad una presa di responsabilità più diretta (“presuppone intelligenza fattiva, dedizione, cura e attenzione”).”
        In questo caso, come detto, non ho obiezioni. Elemosina non e’scaricarsi la coscienza.

        “il senso è che le buone intenzioni non bastano.”
        Qui penso che effettivamente bisogna distinguere fra “ignoranza” colpevole e incolpevole sull’uso dell’elemosina.

        1. ola

          “Il fatto che Maurizio non li abbia usati bene non rende meno nobile il tuo gesto, perche’dal tuo racconto si capisce che lo hai fatto per vera carita’cristiana.”

          Qui mancava effettivamente un pezzo importante: Francesco non poteva sapere come Maurizio avrebbe usato i suoi soldi. Per questo non si puo’secondo me condannare a priori il suo gesto ( a posteriori ovviamente si ).
          Confronta anche CCC 2478 sul giudizio temerario. Poi sono d’accordo che fra il giudizio temerario e la “boccalonaggine” c’e’un ampio spettro di impostazioni, per questo dico che il gesto di Francesco non si puo’condannare a priori: bisogna vedere quali elementi aveva per giudicare nel momento in cui lo ha fatto.

          1. Fabrizio Giudici

            “Condannare” è un termine eccessivo, tenuto presente che era giovane e sbagliando s’impara.

            Per quanto riguarda il “giudizio temerario”, ammetto di non avere un gran che di letture sul tema, ma penso che non si possa intendere la cosa letteralmente. Infatti giustamente dici che una cosa è evitare il “giudizio temerario”, altra diventare “boccalone”. Allora vuol dire che ci sono condizioni al contesto che differenziano la situazione.

            Sennò, solo per fare qualche esempio: ogni anziana signora che vive da sola dovrebbe aprire a tutti i sedicenti operai dell’ENEL, perché pur sapendo che esistono i truffatori, non ha prove che lo sia il tizio che sta davanti alla porta; non dovremmo mai andare a leggere un contratto nella scrittura fine perché dovremmo fidarci totalmente della controparte che abbiamo davanti, per la stessa ragione di prima; dovremmo presupporre che ogni politico farà quel che promette, perché pur sapendo che ci sono politici bugiardi, non è detto che lo siano tutti… A questo proposito, faccio presente che tutti noi, base e leader, opinionisti e giornalisti, all’epoca dell discussione sulla legge Cirinnà non ci fidavamo per niente degli interlocutori politici, eppure la “prova” della loro disonestà morale – prima della votazione definitiva – non c’era. Non direi che abbiamo peccato di giudizio temerario (e non solo perché, a posteriori, è stato dimostrato che avevamo ragione).

            Per cui ho l’impressione che il termine “giudizio” in questo caso non si applichi. Ma, come dicevo, in questo caso non ho riferimenti.

            1. ola

              Si si infatti io davo una valutazione esclusivamente morale sull’operato di Francesco, scusa avrei dovuto specificarlo. La signora che apre a un estraneo che si qualifica come funzionario dell’ENEL non brillera’forse per acume, ma la sua azione e’moralmente lecita. Cosi’come lo era quella di Francesco – sempre fatta salva la buona fede – al tempo del racconto.

    2. fra' Centanni

      Fare l’elemosina nel.senso.di dare denaro a qualsiasi straccione che si incontra per strada è una sciocchezza con.pochi eguali. Anzi, secondo me è pesantemente colpevole.perché, non di rado, quei soldi servono a fare il.male: alcool, droga, sesso, ludopatia o altro.

    3. germana

      Concordo,anche perchè per i cristiani l’elemosina è un obbligo.So che le monetine che distribuisco qua e là ,le piccole offerte che faccio alla parrocchia o alle associazioni cattoliche non hanno in sè il potere di cambiare le situazioni,però mi sembra un atto di presunzione l’idea di legare un gesto di carità solo a quei casi in cui il gesto “può cambiare le cose”

  2. C’è statao un tempo in cui il “malloppo” veniva effettivamente dato a quegli amministratori benedettini di cui sopra.
    Cosa ne hanno fatto?
    L’Europa.

    1. Esiste un’edizione tascabile (da tasca della cacciatora 😉 ). Comunque è tutto un problema di carta, quella che circola ora costa poco e vale meno. Conosco intimamente una Divina Commedia degli anni ’20 che sta nel palmo della mano e una Fiera delle Vanità primi ‘900 da 600 pagine spesse un centimetro scarso. Carta india, bianca oggi come cento anni fa.

      1. Fabrizio Giudici

        “Conosco intimamente una Divina Commedia degli anni ’20”

        Per esempio 1916, edizioni “Vade-mecum”? Quand’ero piccolo i miei dovevano togliermelo dalle mani, perché quella carta sottile è molto delicata…

        1. E’ un’edizione “diamante” fiorentina (acc… Barbèra o Le Monnier?), 1920 circa. Senza note.
          Carta resistente ma delicata, meglio sfogliarla soffiandoci sopra, così eviti di stropicciare gli angoli 😀

      2. Enrico Turomar

        Eh, adesso ci sono gli e-reader, con cui leggere gli e-book, che sicuramente occupano poco spazio e quindi sarebbero utili ‘da viaggio’. Però la sensazione della carta sotto le dita… Mia figlia ne ha ricevuto uno in regalo dallo zio ma nonostante sia una divoratrice di libri non ne è entusiasta: la carta…

          1. Enrico Turomar

            Giusi,
            devo deluderti subito.
            Ho appena regalato una scatola di pastiglie per la tosse a un tizio credo senegalese, ma non solo, ho anche comprato qualcosa da lui.
            Però non era per la strada: è lui che è entrato in farmacia.
            Dopo esserci scambiati qualche battuta, mi ha anche detto ‘Dio ti benedica’: forse non fa parte dell’invasione musulmana. Mi ha anche detto che tornerà a dicembre così festeggiamo Natale (ossia io compro e lui festeggia).
            Quando entra qualcuno di questi venditori in farmacia o gli regalo una medicina che gli serve o gli do qualche spicciolo (raramente compro): per me se lo meritano per il fatto di aver osato spingersi fin qua.
            Comunque non è che aiuto gli immigrati a spese degli italiani: per gli anziani ed in particolare per le vedove (orfani non ce ne sono) ho sempre cercato di avere un occhio di riguardo.

            1. Giusi

              Non faccio una questione di razza ma di effettivo bisogno. Sugli ambulanti vari il discorso sarebbe lungo. Ci sono delle leggi che gli italiani devono rispettare per il commercio ambulante pena multe esosissime. In un quartiere vicino al mio si metteva uno con un carretto a vendere frutta e verdura e la gente comprava perché a buon mercato. Ma quelli dei negozi vicini si sono ribellati perché a loro toccava pagare le tasse e invece questo non era in regola….. In Senegal c’è la guerra?

              1. Enrico Turomar

                Sono d’accordo su bancarelle in regola e non. Quello che compro io da chi passa lo prenderei da Coop o Conad e quindi non mi sento molto in colpa.

  3. Claudio

    Tutto vero e d’accordo, attenzione, prudenza e astuzia, perchè il denaro va sempre usato bene e non “gettato” visto che frutto di e comunque fatica (salvo avere una Zecca in cantina o simile). A riguardo mi vengono in mente certi anziani seguiti e “perseguitati” da vari figuri fin a quando non aprono il borsellino per dare un’euro..è carità? Poi almeno potessimo dare l’Itaia in mano ai Bendettini o alle Suore, magari per solo uno o due anni…!

  4. Alessandro

    @Roberto

    https://costanzamiriano.com/2016/10/28/luomo-non-e-il-cancro-del-pianeta/#comment-119989

    Visto che i commenti là sono chiusi e ti sei rivolto a me… solo per dire che sono d’accordo, ovviamente non sei “aggrappato” nostalgicamente al vocabolo proselitismo, è la strategia di arretramento che non quadra.

    Sì, la strategia di arretramento è innegabile, e niente mi fa prevedere – a viste umane (beninteso) – che ai vertici della Chiesa si stia covando finalmente un accantonamento di questa strategia a favore di un annuncio diretto, limpido,
    schietto, che dica pane al pane e vino al vino, che certamente può risultare ruvido e perfino urticante ma che in definitiva è l’unico che possa riuscire veramente attraente perché non blandisce le voghe del mondo, non soffre di complessi di inferiorità rispetto ad esse (se uno si trova bene con le logiche del mondo non le ripudierà certo per aderire a qualcosa che con le logiche del mondo pare tutto sommato consonante…)

    1. Roberto

      Che poi, ormai basta essere chiari per essere urticanti. Ciò che era urticante in Benedetto XVI, per esempio, era la chiarezza con la quale diagnosticava i mali del tempo presente: sfido a trovare sue dichiarazioni ruvide nei toni, nell’atteggiamento, nella posa.

  5. Miles

    Tuttosommato l’articolo dice cose giuste, ma la cosa importante è che esperienze di questi tipo non diventino la “scusa” per non aprire mai il portafogli.

    Infatti c’è anche chi ha avuto esperienze opposte a quelle dell’articolista, ovvero di persone che hanno aiutato uno “straccione” per strada aiutandolo davvero, sia a mettere qualcosa sotto i denti che a trovare un lavoro.

    Perciò ok una sana prudenza, ok tutto, ma mai prendere una esperienza personale e generalizzarla.

    Non sto dicendo che questo articolo stia applicando questa generalizzazione, sto solo mettendo in guardia dall’eventualità di fare un errore del genere; perché di cattolici che, per una scusa o per l’altra, alla fine il portafogli non lo aprono, anche se ne avrebbero le possibilità, ce ne sono parecchi.

    1. Giusi

      Basta aprirlo per il prossimo tuo, nel senso di vicino. Ho un’amica che a 50 è rimasta senza lavoro. Vive sola e i suoi sono morti. Non è straniera per cui lo Stato se ne frega. Non chiede perché ha molta dignità. Si adatta a fare qualsiasi cosa nonostante abbia un’istruzione superiore. Se non viene aiutata non mangia. Casi simili ce ne sono tanti. Basta guardarsi intorno. Gli “straccioni” sono un capitolo a parte. In confessione ho chiesto a un sacerdote francescano di un noto santuario se bisogna dargli l’elemosina. Risposta: “no perché fanno parte di un racket. Piuttosto darli alla Caritas o alla San Vincenzo”. Quando il sindaco ha cercato di opporsi a questo racket il rettore dello stesso santuario, defunto da non molto mentre nuotava, ha fatto l’anima bella davanti alla televisione. Ho mandato un’offerta per anni a un santuario di un santo da me venerato e poi ho scoperto che era in affari con quel gentiluomo di Sua Santità che fu arrestato qualche anno fa e che tra le altre cose procurava fanciulli ai cardinali…… Da un po’ di tempo, avendo verificato che la carità è un business, personalmente la faccio a chilometro zero…..

        1. E’ vero ma “Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno” vale anche per molte persone che non sono disoneste come l’amministratore del Vangelo. E’ un fenomeno antico e sempre nuovo; sono stati santi uomini di Chiesa che hanno trovato il modo di assistere anche questi “poveri vergognosi” senza farglielo pesare http://www.buonominidisanmartino.it/la_storia.php
          e di certo che ce ne sono anche oggi

          1. Ce ne sono certamente e mai bisogna far pesare il bene che si fa, ma talvolta il non chiedere per vergogna, ti mette in situazioni peggiori o ti impedisce di vedere come qualcuno si fa tuo prossimo.

            Naturalmente sono riflessioni di senso generale… ognuno sa di sè.

            Io so che nel momento della seria precarietà mi ha fatto bene umiliarmi un pochino e chiedere. Così non sono arrivati angeli dal cielo, ma angeli in carne ed ossa con in mano borse della spesa 😉

          2. Giusi

            Più che altro Viviana per chi ha sempre lavorato e ce l’ha fatta con le sue forze non è facile….. Poi si sa, nel momento del bisogno, gli amici diminuiscono…… Comunque il problema della carità a chilometro zero va anche oltre il discorso soldi. Una coppia di mia conoscenza era in crisi perché il marito non so quanto volontariato facesse ma una giornata con la moglie non la passava mai e lei si sentiva trascurata. Non io che non avevo la confidenza necessaria ma una mia cara amica e amica anche loro a un certo punto ha violato il famoso detto: tra moglie e marito non mettere il dito ed è andata a trovare lui in un posto dove faceva volontariato e gli ha detto: lo sai che il tuo primo prossimo è tua moglie? Quand’è che la porti da qualche parte? Sgombriamo il campo dalle facili battute che vengono in questi casi: dubbi su mogli arpie, grasse e brutte. Niente di tutto questo: graziosa e dolce. Insomma ha funzionato. Lui ha fatto finta che l’idea fosse sua e l’ha portata in vacanza. Da allora va meglio. A volte anche impicciarsi è carità.

            1. Quello che dici Giusi è sacrosanto…

              E mi viene in mente un pover uomo di un paesello che dopo varie tristi vicende ed essere rimasto solo, si è ammazzato e amici di detto paesello mi dicevano: “Eh, ma ce lo aspettavamo… tutti lo sapevano che sarebbe finito male…”.

              Tutti lo sapevano… ma nessuno a fatto nulla!
              Non è che lo dovevi adottare, ma magari una buona parola, una visita ogni tanto… accompagnarlo a Messa.

              Quanti modi di “fare la Carità” (e quanti peccati di omissione… me compreso).

              1. Giusi

                Hai proprio ragione e me ne rendo conto dalle reazioni abnormi di riconoscenza per gesti che dovrebbero costituire il “minimo sindacale di umanità”…..

                1. Questo ci dice quanto oggi la gente non sia abituata a ricevere del bene… (bene disinteressato).
                  Il che a sua volta ci dice quanto poco bene (disinteressato) si pratichi.

                  Non è una accusa lanciata nel vuoto… è solo una amara constatazione. Le ragioni di questa “aridità” sono molte.

                    1. In questi contesti – che sono quelli di tutti i giorni più o meno per tutti – ecco quanto la presenza di un Cristiano che sia concretamente immagine dell’Amore di Dio, può essere “dirompente”!
                      Non perché si metta a fare sermoni o “miracoli”, ma semplicemente per la “luce” (riflessa) che brilla nei suoi occhi, nel suo parlare, nel suo attegiamento verso l’altro…

                      Può sembrare una banalità, epure può essere quella presenza che interroga seriamente le persone, sino a chiamarle a conversione.

                      “Perché costui, che prende il mio stesso treno tutti i giorni, non è inca***to perché siamo così pigiati, per l’ennesimo ritardo, perché piove governo ladro! E non tira accidenti, magari non ha neppure la tensta infilata tra due cuffie e dentro uno smartphone, ma appare interessato alla vita altrui o ai piccoli grandi disagi altrui?”

                      “Cos’ha costui (costei) che io non ho??”

                      (Conversione per attrazione) 😉

                    2. Fabrizio Giudici

                      “Io vado al lavoro in treno. Pendolari ingrugnati, compulsatori compulsivi di smartphone, trincerati dietro bastioni di borse e cartelle. Eppure a volte una parola, un sorriso, un “grazie” o un “permesso” li ritrasforma da statue in persone. ”

                      Per chi guida, invece, generalmente basta fermarsi – peraltro come da regolamento – davanti alle strisce pedonali, specialmente in città come Milano.

                    3. Enrico Turomar

                      Fabrizio,

                      …e non mandare a quel paese gli altri utenti della strada (auto, bici, trattori) che intralciano il nostro (anzi il mio perché fondamentalmente sto pensando a me) andare.

                  1. Piero

                    Butto li’ la mia…
                    Questo ci dice quanto oggi la gente non sia abituata a ricevere del bene… (bene disinteressato).
                    Sara’ anche dovuto al fatto che c’e’ gente che “ci marcia” e se ne approfitta?
                    Quanti di noi vedendo una macchina ferma al buio in una stradina secondaria si fermerebbero a dare un’occhiata?
                    Tempo fa girava una pubblicita’ con Teo Teocoli proprio con questa ambientazione…
                    Quanta gente e’ stata rapinata, o peggio, per essersi fermata a dare soccorso?
                    La suora che e’ stata uccisa “in odium fidei” da quelle ragazze sataniste, e’ caduta in trappola proprio con una scusa del genere…
                    E, per non arrivare al gia’ citato “dipendente ENEL”, quanta gente fa il “poveraccio” per le cose fondamentali, e poi va a comprarsi la ricarica al cellulare? Capita anche questo…
                    Oggi la gente s’e’ fatta piu’ “chiusa” (in tutti i sensi) perche’ i pericoli sono aumentati in modo esponenziale
                    (questo mio discorso non voleva essere in contrapposizione col tuo, Bariom, ma solo un completamento).

                    1. Infatti Piero, come avevo scritto “le ragioni di questa aridità sono molte”.

                      Anche quelle che riporti sono tra queste.
                      Io però pensavo alla chiusura verso chi si conosce, magari non benissimo, ma almeno si sa non essere un “serial killer”.

                      Quindi il tuo vicino di casa, il tuo collega d’ufficio, il “pizzicagnolo” sotto casa tua, lo sconosciuto tutti i giorni in treno con te (vedi sopra), il tuo giornalaio, ecc. ecc.

                      Sono tanti piccoli microcosmi che poi si possono allargare e sanare almeno in parte il “macrocosmo”… da qualche parte bisogna iniziare e noi che siamo “micro” (io almeno) abbiamo questa “minestra” attorno.
                      A noi, per chiamata e vocazione, essere quel sale che da sapore al tutto, che sana le ferite, che “conserva” ciò che sarebbe corruttibile (altre proprietà del sale). 😉

                2. Giusi

                  Ti racconto un episodio emblematico. A settembre sono andata in vacanza a Minorca. Una mattina ero in un’aiuola attrezzata dell’albergo sotto l’ombrellone su una sdraia con un buon libro. A un certo punto vedo una giovane signora con le stampelle. Aveva tre cerotti su una gamba, ho pensato come poi in effetti era che doveva aver subito subito un incidente. Ho visto che si arrabattava intorno ad una sdraia. Non perché sono buona ma perché è ovvio, è normale mi è venuto spontaneo chiederle: ha bisogno di aiuto? L’ho aiutata. Sono poi andata in camera e al ritorno ho pensato che se avesse avuto sete non le sarebbe stato facilissimo alzarsi e andare al bar. Allora ho preso due bottigliette d’acqua e gliele ho portate. Non merito certo il Nobel per questo. E’ il “minimo sindacale di umanità”. Peraltro è lei che ha dato a me perché persona interessantissima come pure suo marito coreano che era dovuto andare in paese per una farmacia. Ci sentiamo ancora. Ma vengo al motivo per cui racconto questo episodio. Non l’ho più vista per giorni, l’albergo era grande e poi non ero sempre là, giravo. Un giorno di ritorno da una passeggiata la trovo nella hall in partenza. Mi abbraccia: desideravo tanto rivederti! Lo sai che in due settimane sei l’unica persona che mi abbia chiesto se avessi bisogno di aiuto? Sono rimasta con la bocca aperta. Ma come? 500 camere, per fortuna non giravano animali ma un giorno in giardino c’era un unico gatto randagio. Non vi dico e non vi conto: tutti intorno (tranne me ovviamente) e cicì e cocò, i bambini che lo toccavano (con i genitori che non si preoccupavano che non essendo un gatto vaccinato potesse nuocergli) e poi si ignora un essere umano che ha bisogno di un minimo di aiuto?

      1. Miles

        Ma questo discorso, nel complesso, è del tutto condivisibile Giusi.

        In effetti il caso della signora di 50 anni di cui parli spiega bene, per l’appunto, l’opportunità di fare la carità al prossimo “poi vicino”, come ad esempio molti italiani di cui purtroppo lo Stato non si occupa.

        In effetti anche il discorso che ti ha fatto quel sacerdote è condivisibile: facendo la carità alla San Vincenzo, ad esempio, si è sicuri che finisca in buone mani.

    2. fra' Centanni

      In generale direi che non è bene dare soldi agli sconosciuti che chiedono l’elemosina per strada, perché, quasi sempre, sono straccioni. Per aprire il portafogli ci sono tanti modi, ad esempio, quello che suggerisce Giusi.

      1. Se non fossero “straccioni” non sarebbero per la strada a chiedere l’elemosina…
        In questi casi cosa “è bene” e bene discernerlo nel proprio cuore. Ci sono “straccioni” che forse il Signore ti mette davanti.

        1. Giusi

          Bariom non ti è mai capitato di vedere “straccioni” depositati la mattina e poi prelevati a sera dagli “organizzatori”? A me diverse volte. Pure finti storpi che miracolosamente si raddrizzano.

          1. No Giusi, ma so che è una realtà che esiste.

            Non ho detto né “tutti buoni”, né “tutti cattivi”… o detto qualcosa di diverso (credo).

            1. Giusi

              Un tempo questi straccioni di cui tu parli esistevano. Molti diventavano anche dei “personaggi” e la comunità tutta li aiutava. Mio padre mi ha sempre insegnato che bisognava far loro la carità. Adesso con l’invasione le cose sono cambiate.

        2. fra' Centanni

          Non ci sono solo gli straccioni sfruttati dalle organizzazioni, ci sono anche gli “straccioni dentro”, quelli che scelgono di vivere da straccioni e che sono mantenuti nel loro stato da un esercito di anime belle. Se fosse per me sparirebbero dalla circolazione nel giro di un mese, sia gli sfruttati che i liberi professionisti.

  6. Pierangelo

    E’ importante la distinzione fra Carità cristiana (per sua natura disinteressata) e filantropia massonica (con secondi fini di interesse). Ad esempio Amnesty international, Unicef, Greenpeace, WWF, Save the children e chissà quante altre , mi risultano rientrare nella galassia massonica.

  7. Daniele

    Grazie Francesco Natale! Semplicemente wow! Condivido tutto! Anche a me è successa una cosa simile….ed ho capito che la Carità vera coinvolge pienamente tutta la persona, non soltanto la sua tasca.
    Grazie ancora!

  8. Vanni

    Allora ho fatto male a aiutare per tanti anni Odino (Odiiinooo, gridava quando era ubriaco, nelle notti fiorentine). Quei soldi se li beveva e se li fumava, era la sua vita. Irredimibile, a viste umane. Ma ne era nata una amicizia ribalda che ricordo ancora con affetto. No, ho fatto bene.

    1. Vanni, penso che C.S. Lewis sarebbe d’accordo 😀

      «Once when Tolkien and Lewis met a beggar, Lewis gave the man some money. As they walked away Tolkien said to Lewis, “Jack, what did you do that for? You know the man is just going to go and waste that money on drink!” To which Lewis replied: “If I kept the money I would just waste it on drink myself. So what’s the difference?”»

      1. Enrico Turomar

        Cosa vorresti dire, che Vanni se non li avesse dati ad Odino se li sarebbe bevuti lui? 🙂

        Scherzo, in realtà l’aneddoto mi è piaciuto parecchio, Tolkien e Lewis erano due bei tipi e chi ha potuto godere della loro amicizia penso abbia avuto una grande fortuna.

        1. È probabilmente l’occasione giusta per far notare come Lewis scelse di mettere una strana coppia citazioni in apertura della sua opera più famosa. Una di Lutero e una di Tommaso Moro.
          Forse come augurio per i cristiani futuri?

          1. Fabrizio Giudici

            “Forse come augurio per i cristiani futuri?”

            Malaugurio semmai.

            Comunque, Lewis o non Lewis (che non è mica Magistero), l’aneddoto decisamente non mi torna; per niente. Come ha scritto fra’, non si può contribuire al vizio altrui.

  9. Antonio Spinola

    La carità è diventata un dovere morale, un’etica che s’impone all’uomo giusto, frutto avvelenato di una certa laicità dalle radici cristiane, e di una secolarizzazione che si fonda sul “pervertimento” del cristianesimo.
    La carità è un puro atto d’amore, una scelta libera, un fatto “privato” da tenere possibilmente nascosto, è questo che ci insegna Gesù.
    “…la lebbra scomparve da lui. Gli ingiunse di non dirlo a nessuno” Luca 5,14.

    1. Enrico Turomar

      E quello che dai per amore ti ritorna centuplicato.
      Ricordo un episodio raccontato da una mia amica che a quei tempi faceva la badante (ora è suora). Una domenica andò a Messa e al momento della questua mise nella cesta i soldi che aveva in tasca (pochi ma che le servivano per comprare non ricordo cosa). Al ritorno a casa la sua padrona-assistita le regalò una cifra molto più alta.

      1. Enrico Turomar

        Chiaro che lei raccontava l’episodio agli amici non per far vedere quanto era stata brava ma per invitarci a donare senza timore.

  10. Antonio Spinola

    Quando vediamo sempre più persone mendicare e vivere in strada, possiamo essere certi che non si tratta più di “vittime” in senso stretto (quelle non le incontriamo in centro storico o sui treni), ma del risultato di qualche soluzione del passato pensata per risolvere “i problemi della società”.
    ” Le odierne San Francisco e New York sono entrambe afflitte da alti tassi di “senza fissa dimora”, in gran parte come risultato delle precedenti “riforme” abitative che hanno reso le abitazioni più costose ed hanno posto rigidi limiti al numero degli alloggi, alla loro tipologia e alla possibilità di una loro costruzione.
    La “soluzione”? Spendere più soldi dei contribuenti facendo dei senzatetto uno stile di vita sostenibile per più persone.” (Thomas Sowell)

    1. Fabrizio Giudici

      Ed una bella rappresentanza di creatori di “soluzioni” è oggi ricevuta in questi giorni in Vaticano:

      http://www.lanuovabq.it/it/articoli-quei-rivoluzionari-sudamericani-in-vaticano-17936.htm

      “Papa Francesco ha detto di voler piantare la bandiera dei movimenti popolari in Vaticano”, ha affermato Turkson. Ma cosa significa? A prima vista sembra una bella idea di integrazione, molto allineata con l’invito del pontefice di creare una Chiesa che guardi alle periferie. Invece bisogna approfondire e guardare oltre le parole. Soprattutto quando si tratta di un evento a sfondo più politico che pastorale. Non a caso, Juan Grabois, uno dei pilastri degli incontri, ha dato istruzioni ai delegati partecipanti di non parlare con i giornalisti, perché “manipolano le cose che diciamo”, come si può vedere nel video fatto in diretta su Facebook.

      Dimmi chi sono i tuoi amici e ti dirò chi sei. Juan Grabois è un avvocato argentino, co-fondatore del Movimento dei Lavoratori Esclusi e della Confederazione di Lavoratori dell’Economia Popolare (CTEP) in Argentina. Uomo di fiducia di Jorge Mario Bergoglio, da quando era arcivescovo di Buenos Aires; poi a Roma il Santo Padre gli ha affidato l’organizzazione degli incontri dei movimenti popolari. E da giugno è diventato consulente di Giustizia e Pace del Vaticano.

      Juan Grabois è dichiaratamente un militante marxista. “Non nasconde la sua ammirazione per la rivoluzione russa del 1917 e Vladimir Lenin”, si legge in un articolo di Pedro Maria Gomez sul blog “elquijotesiglo21.blogspot.it”, aggiungendo che il consulente vaticano è anche un grande ammiratore di Hugo Chávez: “Grabois sogna l’utopia di grandi cambiamenti sociali, ribellioni e di governi popolari, in stile cubano e venezuelano”. Infatti i testi scritti proprio da Grabois confermano il suo amore per il socialismo del XXI secolo. Basta dare uno sguardo alla serie di libri che ha scritto assieme a Emilio Persico, segretario di agricoltura famigliare del governo di Cristina Fernandez Kirchner per confermare il suo orientamento politico. Ma non solo, in rete gira una sua foto che lo ritrae con la maglietta del “Che” e, in mano, una tazza con l’immagine di Papa Francesco.

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