di Costanza Miriano
Sono stata una secchiona, va bene, ma pur sempre in una scuola post sessantottina. Ho studiato tutto quello che mi è stato chiesto di studiare, più o meno al meglio che ho potuto, ma non è che sia morta sotto cataste di carte, non è che mi abbiano inseguito di notte il Foscolo né il Leopardi per controllare che avessi imparato tutto a memoria. Ho potuto fare atletica leggera, e le gare, e catechismo, e il gruppo di preghiera… certo, poi non mi avanzava neanche un minuto, tranne quelle manciate di secondi necessarie ogni tanto a litigare con i fratelli o a fare loro prediche sui pericoli della tecnologia, che all’epoca consisteva nel guardare Mazinga Zeta (mi allenavo per diventare mamma).
Ricordo che mi stupivo di come mio padre a oltre trent’anni dalla chiusura del Pechenino, il mitico manualetto di verbi greci, sapesse ancora elencare quelli irregolari in interminabili elenchi. Non era il più bravo della classe, faceva quello che era richiesto a tutti. Doveva averli studiati e ripetuti a memoria fino alla nausea, e certo non attaccati sommariamente con lo sputo alla corteccia cerebrale qualche ora prima dell’interrogazione. Era il tempo in cui i professori non si preoccupavano affatto di essere interessanti per gli alunni, né di sviluppare il loro senso critico. Le opinioni, le sensazioni e i sentimenti degli studenti non erano proprio in questione, non era chiesto loro che cercassero o esprimessero se stessi nello studio. Quanto a loro, quello che veramente cercavano era di salvarsi la pelle dalla bocciatura.
Già quando è toccato a me andare a scuola le cose erano molto cambiate, lo ammetto, anche se quando devo fare prediche ai miei figli mi atteggio a martire dei lavori forzati. Qualche professore della vecchia generazione mi ha permesso di fare lettere classiche in scioltezza, mentre qualcuno della generazione del 6 politico mi ha lasciata tranquilla nella mia ignoranza.
Ma poi l’impatto con la scuola dei miei figli è stato davvero scioccante per me. La caduta, quanto all’intensità dell’impegno, è stata verticale. Ricordo, l’ho detto altre volte, quando ho preso in mano i primi libri delle loro elementari, e ho pensato “ecco, questi sono i libretti per i giochini da fare a casa nel pomeriggio, ma quando ci danno quelli veri per studiare?”
Non sono in grado di entrare nel merito da un punto di vista tecnico, chiamo in causa gli insegnanti che ci leggono, ma da mamma posso dire che la scuola non ha più il coraggio di chiedere un impegno serio, faticoso, noioso, meccanico ai ragazzi. Per come la vedo io la passione, il sapere vero, la rielaborazione e la padronanza di una materia possono venire solo dopo un lavoro arido e faticoso, solo dalla fatica di scavare nei testi, di imparare a memoria, di perlustrare ogni parola di un piccolo brano, oppure di ripetere, che so, non è il mio campo, la squadratura del foglio (vogliamo parlare della perdita assoluta di manualità dei ragazzi?). E, sempre non da esperta, avanzo l’ipotesi che l’attuale epidemia di disgrafia, discalculia e dislessia sia in parte, e sottolineo in parte, imputabile anche a una didattica sbagliata (ho letto che ci sono studi che sostengono la stessa mia idea, che io ho formulata solo da mamma e non da insegnante). Puntualizzo che la mia è un’impressione generale, e che nel quadro complessivo io sono stata molto fortunata con alcuni insegnanti dei miei figli – un po’ meno con altri.
Non è lontano dal discorso della didattica il tema della disciplina: più volte ho assistito a sfoghi, o anche ad attacchi di rassegnato scoramento da parte degli insegnanti davanti a bambini e ragazzi incapaci di rispettare le consegne in classe, stare fermi, fare compiti a casa, leggere libri, neppure, che so, portare le scarpe da ginnastica per l’ora di educazione fisica. L’età più critica forse è quella delle medie, l’anello debole della scuola italiana, quella fase in cui le mamme, i genitori, non devono più occuparsi dell’accudimento fisico (quando devi controllare che un bambino non beva l’ammorbidente o non infili un cacciavite nella presa non puoi distrarti anche quando sogni ardentemente di avere tempo per fare una doccia), e allora è facile cedere alla tentazione di lasciarli soli, spesso in pasto alla tecnologia, ai telefonini e alle altre robe che li distraggono e impediscono loro di rompere le scatole ai grandi (ai miei figli dico sempre che Steve Jobs non dava ai suoi l’iPad, sapendo che non sarebbe stato il loro vero bene, e che per me sarebbe molto più comodo dimenticarmi di loro). Sono anni incredibili quelli delle medie, in cui anche i ragazzi più esuberanti e indisciplinati hanno un grande desiderio di conoscere la realtà che li circonda, ma non hanno gli strumenti per farla propria, presi come sono dal capire se fare i compiti di inglese o tentare la sorte con i problemi di geometria (per le espressioni si può sempre chiedere al gruppo di WhatsApp della classe). Eppure questi sono anni così fondamentali per l’apprendimento di un metodo di studio che alla scuola superiore danno ormai per scontato e che è poi difficile improvvisare, con giovani che saltellano negli anni dell’adolescenza tra una scuola superiore e l’altra e sono sommersi da valanghe di lezioni private. Noi genitori che abbiamo un grande desiderio di seguire i nostri figli, sappiamo bene quanto sia complicato dedicargli questo tempo prezioso per la loro crescita e anche chi come me rinuncia al pranzo per arrivare a casa per la merenda, è in grande difficoltà nel farsi ripetere la lezione di storia o sciogliere dubbi amletici sul predicato verbale e quello nominale.
Nel centro di Roma, alla Chiesa Nuova, stanno provando a offrire un’alternativa alle mamme che vorrebbero essere più presenti e seguire di più i loro figli, ma magari ne hanno troppi, o troppo lavoro, credendo che la loro formazione sia un bene per tutti, e che ci dobbiamo alleare. L’idea è quella di un gruppo di studio dedicato ai ragazzi delle medie, in cui possano fare i compiti e crescere insieme per arrivare ad affrontare con maggiore consapevolezza gli anni delle superiori. Mi riempie il cuore di gioia sapere che c’è qualcuno che pensa che educare i figli sia un’impresa non solo di adulti isolati che devono vedersela da soli coi loro problemi di tempo, energie e magari soldi, ma una sfida appassionante per tutta la comunità, di tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
A seguire la locandina dell’iniziativa e i contatti delle mia amica Benedetta Bondesan che la guiderà (massimo quindici posti per ragioni di spazio!).
Anche a me… da insegnante, piacerebbe che in prima elementare i bambini arrivassero con un minimo di pregrafismo e la minima concezione di cosa sia stare seduti magari ricopiando una misera cornicetta dalla lavagna… le avete più viste le lavagne alle scuole dell’infanzia?! Non parliamo di banchi e sedie che non sono abbastanza neanche per la metà dei bambini (tanto mica devono far lezione…retrogradi!)…. ma almeno gli ultimi mesi dell’ultimo anno dell’infanzia ci si può provare…un’oretta al giorno, a farli star seduti a ricopiar un disegno, che non sia sempre il “disegno libero”?! Ma non si può perché le ultime tendenze vogliono bambini dai 3 ai 6 anni tutti insieme, e quindi come si fa?!
Non ho mai visto come in questi ultimi anni bambini che ODIANO letteralmente disegnare, ma in realtà non gli viene insegnato e loro come vedono che i loro disegni fanno schifo ci rinunciano subito! Così in genere passo il primo anno di primaria a insegnar che per far una pecora basta far una nuvoletta con le gambe…
Però vogliamo mettere: arrivano che sanno a memoria l’alfabeto , ovviamente non quello italiano!!!!
CHIEDO SCUSA a tutte le educatrici della scuola dell’infanzia, perché sono conscia che con bambini così piccoli io non ce la farei mai, e per me sono comunque sempre delle EROINE …ma qualche riflessione insieme riusciamo a farla?!
@Costanza
Non so se è a questi studi che ti riferisci, ma anch’io ho letto che alcuni danno la colpa, per l’insegnamento della letto-scrittura, al fatto che si utilizzi il metodo globale (per cui invece di partire dalle lettere/suono che poi si uniscono si partirebbe direttamente dalla parola intera).
Metodo di cui ho sempre sentito parlare (studiato pure a scuola) ma che in realtà non ho mai visto applicare! manco fossimo cinesi con gli ideogrammi… forse in America sì, ma in Italia dubito
Salve. Mi permetto di dissentire in toto con l’articolo da Lei pubblicato in quanto sembra esprimere una mentalità antiquata e ormai obsoleta.
Innanzitutto mi presento: sono uno studente diplomato da un anno a pieni voti che ha deciso di intraprendere una carriera scientifica in un’importante Università Italiana. Non mi considero un secchione, perché sebbene molto intelligente, ho studiato soltanto ciò che mi andava (cioè tutto ciò che spazia da matematica a biologia passando per fisica chimica e due lingue straniere), quando mi andava e se mi andava. Nonostante tutto grazie al mio spirito di senso critico ed alla mia intelligenza, sono riuscito ad eccellere anche nelle materie che non mi sono mai andate a genio e che conseguentemente, non studiavo.
In primo luogo vorrei contestarLe, tenendo in considerazione la mia personalissima esperienza come anche Lei ha fatto nel suo articolo, la drastica presa di posizione contro la tecnologia. Certo, se per Lei la Tecnologia (con la T maiuscola) si identifica con Mazinga Zeta, il mio discorso perde di consistenza, ma vorrei dirLe che (caso raro per una classe 1995 come me), fin da quando avevo un anno ho avuto un personal computer in camera, che girava addirittura col vecchio Windows 3.1 grazie al quale ho imparato a leggere e contare all’età di 3 anni, e fare semplici operazioni di radici quadrate a 5. Ricordo anche che la mia maestra d’asilo mi mostrava come ‘fenomeno’ anche ai genitori dei compagnetti. Al di là di questa personalissima esperienza, resto sgomento di fronte al fatto che esista ancora gente che reputa la tecnologia un inutile gioco. Certo, spesso può diventarlo, ma se per assurdo fosse vietato a tutti i bambini di ‘giocare’ col computer, imparare le informazioni di base e le sue potenzialità di base magari in maniera divertente, quando questi diventeranno adulti, non dovranno mica calcolare gli accoppiamenti in matrici pam e blosum a mano?
Aprite la mente al progresso e smettetela di considerare uno strumento di crescita come se fosse l’origine di tutti i mali.
Vorrei poi porre l’accento sul mio rapporto conflittuale con la scuola superiore. Ho avuto ottimi professori che rispetto e voglio bene tutt’ora, infatti quando rientro nella mia città vado sempre a trovarli e che mi hanno fatto appassionare nei limiti del possibile. Quel ‘nei limiti del possibile’ è la chiave per comprendere il discorso che segue: i programmi mi sono sembrati sempre antiquati, e sebbene io frequentassi uno scientifico il carico maggiore di compiti (per chi decideva di farli tutti) era sempre di storia, filosofia, italiano, latino. Non ho mai avuto dei rudimenti di informatica né ho avuto mai la possibilità di approfondire la fisica come avrei desiderato. Tutto questo per una mancanza di tempo. Posto che anche la letteratura cilena o la storia dell’indonesia possano essere interessantissime materie di studio, secondo il mio punto di vista è necessario fare una selezione per garantire uno studio corretto, approfondito e ragionato sui programmi di ciascuna materia. Poniamo un esempio. E’ (non esiste il tasto per la è maiuscola) vero che il latino “apre la mente” (che vuol dire?), ma esistono tante cose che lo fanno, e visto che la maggior parte di noi avrà la necessità di andare a studiare, lavorare, fare stage all’estero, e più probabilmente in Germania piuttosto che in Vaticano, perché non sostituire l’interessantissimo studio del latino con l’utilissimo studio del tedesco? D’altra parte, prima il dovere e poi il piacere! Spero che Lei non travisi le mie parole, non sto dicendo che il latino sia brutto, inutile o noioso, sto solo forse avanzando l’ipotesi rivoluzionaria della possibilità dell’esistenza di qualcosa di più utile.
Vorrei concludere il mio discorso, infine, ponendo l’accento sull’ultimo punto del Suo discorso che non condivido assolutamente, ovvero la necessità di studiare aridamente nozioni a memoria: NO, ASSOLUTAMENTE NO. Non è un metodo scientifico. Non è un metodo pagante. Dalle premesse (poche) si giunge alle conseguenze (tante) per via di un esercizio CONTINUO DEL RAGIONAMENTO. Non è possibile fossilizzare il cervello. Impara questo, ricorda quello. NO. Imparo lo stretto necessario, dopodiché deduco. E ultimo nel mio discorso ma primo per importanza, diventa FONDAMENTALE un coinvolgimento personale nelle materie studiate, una serenità nello studio ed un avvicinamento da parte del professore che comprenda le difficoltà dell’allievo nei confronti di concetti nuovi.
Inizialmente ero molto sorpreso quando colleghe, amiche, amici e compagne di classe mi dicevano ‘spieghi meglio di un professore’ (perché sono comunque una persona molto disponibile nei confronti degli altri e non mi chiudo nella mia ‘torre d’avorio’ come Lei sta, consciamente o inconsciamente facendo), ma adesso vedendo il Suo e molti altri discorsi denotanti una mentalità medievale, mi rendo conto di come io sia un passo avanti. E non lo dico con presunzione. Saluti.
E’ sicuro che anche i suoi insegnanti La vogliano bene?
(Non se la prenda se Le segnalo questo erroraccio: serve a renderLa più umano)
Certo che ne sono sicuro. E grazie per la segnalazione dell’errore, ho buttato giù il messaggio di fretta e uno ci scappa sempre. Piccola considerazione, comunque, se mi avesse anche dato un parere sul contenuto del commento (non lo chiamo articolo) forse sarebbe stato più utile e costruttivo per me. Inoltre se Lei mi conoscesse capirebbe istantaneamente quanto sono umano e quanto mi metta a disposizione del prossimo, magari si potrebbe iniziare a chiacchierare di scienze e forse ne potrebbe anche restare appassionato, oltre a capire forse anche ‘come funziona’.
E mi sorprende anche come, in mezzo a questo lungo discorso, sia riuscito a notare solo quello!
No, Dio me ne scampi!
Caro Saro
Credo che nella tua esperienza trascuri l effetto di una buona memoria rispetto ad una normale o scadente.
Peronalmente ho pessima memoria da sempre, malgrado questo mi sono laureato sebbene con grande fatica.
L intelligenza é interconnessione fra fatti, che quindi vanno ricordati per essere collegati.
Anche applicare soluzioni ricordate inconsciamente può sembrare intelligenza.
Ritengo quindi che mettere a memoria, come sollecitata Costanza, sia importante.
Caro Saro,
non vedi il senso di dedicare tanto spazio a discipline come la storia, la filosofia, l’italiano, il latino in un liceo scientifico e vorresti privilegiare materie, a tuo dire, più utili, come la fisica, l’informatica, la lingua tedesca.
Intanto avrei da dire che, per chi è predisposto a diventare uno storico o un filosofo o un politico o un archeologo…ai fini lavorativi eccome se sono utili certe materie, mentre la fisica o la matematica o l’informatica (a parte i necessari rudimenti di quest’ultima, ormai comuni a tutti) sono automaticamente trascurabili.
Se l’obiezione è che ogni indirizzo scolastico dovrebbe focalizzarsi solo, o quasi solo, sulle materie a se stesso attinenti, beh, non sono d’accordo e ti spiego perché.
L’esercizio a dedicarsi costantemente a materie che non si trovano interessanti è utilissimo specialmente quando si è molto giovani, come te, come chi è in età scolastica. Perché forma il carattere a mantenere un impegno anche di lunga durata. Abitua al sacrificio, responsabilizza, fortifica. Questa disciplina, di cui abbiamo bisogno ad ogni età, è particolarmente importante nella giovinezza, quando si costruisce l’uomo o la donna che si dovrà diventare. All’università avrai tutto il tempo e le occasioni per approfondire gli argomenti che più ti interessano. Potrai fare master, dottorati e tutte le specializzazioni che vuoi. Ma se non avrai imparato da ragazzo il metodo dell’autodisciplina, sarà molto difficile poi farlo da adulto, quando ormai sei già formato (ovviamente semplifico).
Mi dirai che qualunque studio richiede impegno e sacrificio, quindi perché doversi applicare in ciò che non ci piace o che non riteniamo nelle nostre corde, e che comunque dopo la scuola non entrerà mai più nella nostra vita?
Perché la vita non è fatta solo del nostro punto di vista. Se non ci si abitua presto a considerare il punto di vista dell’altro, anche se lo troviamo irragionevole o per noi non ha senso, se non si impara che una cosa che per noi è sciocchezza e inconsistenza, per un altro che la sostiene è reale e concreta, allora falliremo nelle relazioni, il che, credimi, è molto peggio di non azzeccare un buon lavoro.
Spero di essermi spiegata, in ogni caso sono a disposizione per chiarire il mio pensiero.
Bruna
Gentile Signora Bruna, si è spiegata molto bene, ma fare uno sport e dare l’anima, lavorare nei campi 8 ore al giorno servono a formare il carattere ed abituare al sacrificio (detto da atleta agonista ed anche appassionato di lavori manuali quale giardinaggio, barca e traslochi). La forma mentis scientifica e razionale e ‘punta sempre in alto anche se devi soffrire’ che ho ricevuto è attribuibile all’80% al mio allenatore. non si impara a scuola anzi forzando a fare qualcosa di noioso si rischia che il ragazzo ‘butti tutto per aria e abbandoni gli studi’ (semplifico ed esagero, spero il concetto sia chiaro). conosco anche persone che in seguito ad un pessimo risultato (assolutamente ingiustificabile, visto il valore del ragazzo) si è ‘smarrita per strada’.
Non si tratta del punto di vista. Io ho del tempo e potrei utilizzarlo per studiare cose che mi renderebbero passi avanti rispetto a me stesso e ad altri, invece vengo costretto a sprecarlo.
Le pongo infine questo dilemma: per quale motivo nei licei classici la matematica è ridotta a due ore, mentre negli scientifici italiano e latino hanno stesse ore di matematica e fisica?
Buongiorno Saro,
vedo solo ora la tua risposta (mi piacerebbe darci del tu per rendere meno formale la conversazione, se sei d’accordo). Non c’è dubbio che lo sport richiede una grande tenacia e spirito di sacrificio. Io però volevo sottolineare l’importanza, nella formazione di una persona, di impegnarsi anche in un progetto che non sia il proprio, visto che la vita spesso mette in queste condizioni. Certi ostacoli vanno superati, certi altri invece servono per imparare a cambiare prospettiva.
Beh, non mi sembra proprio che l’articolo fosse un’accusa alle nuove tecnologie, nè tantomeno un’apologia dell’imparre nozioni a memoria. Era una constatazione da mamma sulla difficoltà di ottenere unun impegno serio, sistematico (e perchè no, a volte anche noioso) nei ragazzi. Lo sottoscrivo da insegnante delle medie: è una battaglia durissima. Se poi alcuni studenti come Saro nascono con la predisposizione a ragionare e un’intelligenza non comune, si tratta di splendide eccezioni, di cui ringraziare il Signore. Purtroppo la realtà è per gran parte come Costanza l’ha descritta..
Se le cose possono essere fatte in serenità e senza noia, perché quest’esasperazione nel ricercare queste ‘caratteristiche’ inconfutabilmente negative? No, non è questione di Signore, è questione di attitudine verso la quale si è indirizzati, modalità innovative di insegnamento/apprendimento. E SECONDO ME LA MIA SITUAZIONE E’ RAGGIUNGIBILE DA TUTTI, NON SONO PARTICOLARMENTE SPECIALE, SERVONO SOLO DEI BUONI INSEGNANTI E UN MINIMO DI FORZA DI VOLONTA’. Se poi le stesse insegnanti delle medie reputano che una persona come me sia ‘speciale’, una splendida eccezione, non si va da nessuna parte: IN POTENZA SIAMO TUTTI COSI’, con la giusta combinazione potremmo esserlo in ATTO. Il Signore lasciamolo a chi ne ha realmente bisogno, i malati e i poveri.
Mi raccomando che in nostri figli non provino la scioccante esperienza di ANNOIARSI! Sia mai! Vade retro noia!
Carissimo, NO. Tu non sei come gli altri, tu sei molto intelligente, ti è stato fatto un grande dono. La tua situazione non è raggiungibile da tutti, soprattutto i tuoi risultati non possono essere raggiunto coi tuoi stessi metodi. Se tu ce l’hai fatta è perché ti è stato donato un gran cervello, e credimi, se a scuola ti avessero “frustato” un po’ di più, metaforicamente parlando, avresti reso il centuplo! Te lo dice una che ha avuto un’esperienza scolastica identica alla tua, e non mi sono diplomata con voti stellari facendo poca fatica perché il metodo era giusto, ma solo perchè le pretese erano facili da soddisfare. Rimpiango di non avere faticato di più, soprattutto l’ho rimpianto il primo anno di università.
P.s. Che uno che abbia studiato per anni il latino scriva certe cose in merito allo stesso e allo studio a memoria dimostra di non aver mai capito il latino, purtroppo. E di non aver capito neanche la matematica, forse.
La matematica non si studia a memoria, che le piaccia o meno. Lo so da discreto matematico (non amo vantarmi ma il 30 conferma, anche all’università). Io al primo anno di università non ho rimpianto proprio un bel niente, ho concluso tutte le materie del primo con 4 mesi di vacanza (uno a febbraio, due in estate e uno fra natale e Pasqua) con media del 28. Le dico inoltre di esperienze di persone che hanno frequentato la mia stessa classe e hanno avuto voti uguali al mio, e per loro, gente dedita, precisa e puntigliosa, non è stato affatto un relax come lo è stato per me. Anche io sono per l’utilizzo della frusta, ma in campo sportivo. quello me l’ha trasmesso il mio allenatore, così come l’entusiasmo, la voglia di puntare in alto e forse devo buona parte dei miei successi e la consapevolezza del fatto che CHIUNQUE possa raggiungere il traguardo X a lui.
Gentile Saro, mi creda: malati e poveri, in senso spirituale, lo siamo già tutti (anche quelli che non se ne rendono conto). E a diventarlo anche in senso materiale, non ci si mette niente.
in senso spirituale, nel ‘senso’ che non c’è limite al meglio, concordo con Lei. Ma d’altra parte chi accetta il proprio limite e riesce a conviverci, non diventa forse in un certo senso più ‘ricco’ e ‘sano’ (almeno mentalmente)?
No, mi sa che non mi sono spiegata bene. Povero nel senso spirituale per me è il tipo di persona di cui si parla qui, per fare un esempio
http://www.tempi.it/blog/abbiamo-dimenticato-il-misterio-eterno-dell-esser-nostro
Da imprenditrice e mamma di cinque figli (di cui solo il piccolino alla scuola dell’infanzia), francamente, non posso che concordare con Saro. I nostri ragazzi non imparano più per DOVERE ma per PIACERE, per interesse, per utilità e lo fanno magnificamente e ad una velocità impressionante. il grosso, grossissimo problema della scuola è che i programmi, i mezzi e, ahimè, gli insegnanti non sono all’altezza della situazione (salvo rare eccezioni). Poi possiamo discutere di chi sia la responsabilità, ma intanto la situazione è questa… Temo che anche noi stessi genitori, continuando a pensare che “dovrebbero fare come noi …” commettiamo un errore madornale. I nostri figli abitano un mondo che non è il nostro quando avevamo la loro età; e che CORRE. Noi pretenderemmo che passeggiassero; la tecnologia e i mezzi informatici si rinnovano in continuazione e i nostri figli devono studiare informatica (quando la studiano) su testi che quando vengono pubblicati in italiano sono già preistoria. Eclatante la nostra esperienza: alla mia bambina, quando frequentava la V della scuola primaria, l’insegnante ha tentato di insegnare il funzionamento dei comandi della tastiera (V elementare … questi ragazzi a questa età quasi sanno programmare: sveglia!!!) presentando una fotocopia della tastiera stessa!!!!! ma stiamo scherzando??? no, purtroppo… forse è ora di comprendere e arrendersi all’idea che, senza dimenticare la nostra storia, continuando a farne preziosa memoria, si possa diventare fisici brillanti e utili alla società, capaci imprenditori e abilissimi medici anche senza conoscere il latino e il greco a memoria …
Se dovete sfruttare la duttile memoria di un bambino/ragazzino, insegnate loro la tavola periodica o i 20 alfa levo amminoacidi e non le inutili declinazioni, per carità!!
(cosa che tutt’ora ho difficoltà ad imparare, forse il mio cervello si sarà fossilizzato?)
Signor Saro, si dissente DA qualcosa, non CON qualcosa. E questa è logica. Minimale, di puro buon senso, di quella che passa non solo dalle inutili declinazioni e coniugazioni ma persino dalle inutili preposizioni semplici e articolate. A volte financo dagli inutili articoli determinativi e indeterminativi…
Ripeto ciò che ho scritto: se siete in grado di criticare qualche svista (non scrivo ormai da parecchio tempo, sono buttato sulle molecole), non è che abbiate confutato il mio discorso. Gentilmente vi pregherei di focalizzarvi sul contenuto e riflettervi. Poi se avete qualcosa da commentare a proposito, è ben accetta. Non ho bisogno della correzione del tema.
🙂
«… anche senza conoscere il latino e il greco a memoria …»
A questo proposito mi permetto di dissentire. Conoscere non “il greco e il latino” ma “qualcosa in greco e in latino” a memoria può voler dire qualcosa di più che essere figli di papà snob…
The single most famous story about Patrick Leigh Fermor is his kidnap of the German General Kreipe in occupied Crete in 1944. The fugitive party of two British officers and three Cretans spent an uncomfortable night on the slopes of Mount Ida. As the dawn broke, and lit the mountain, Leigh Fermor heard the General muttering the first line of Horace’s Ode to Thaliarchus: “See, Soracte’s mighty peak stands deep in virgin snow.” Leigh Fermor recognised the Latin, and quoted the rest of the poem. As he later put it, “…for a long moment, the war had ceased to exist. We had both drunk at the same fountains long before; and things were different between us for the rest of our time together.”
This moment of ancient, shared civilisation overcoming a terrible present is a great theme. It is the subject, for example, of Jean Renoir’s film La Grande Illusion, in which a French and a German officer on opposite sides in the First World War feel that they share what really matters.
“a French and a German officer on opposite sides in the First World War ..” proprio così! durante la prima guerra mondiale, Imparo ora che il latino fosse patrimonio comune tra gli ufficiali dei rispettivi eserciti.. così non è più e le nuove generazioni francesi e tedesche si trovano nel comune linguaggio dell’inglese e delle nuove tecnologie.
Sogno che anche i nostri ragazzi non abbiano bisogno di doppiaggi per vedersi un buon film, per leggere l’ultimo aggiornamento scientifico (rigorosamente redatto in inglese) e lo stesso possano coloro che li guidano nella loro istruzione, sbaglio?!
Poi sono convinta che ogni genere di conoscenza e cultura siano meravigliosi e da preservare, perché ci rendono davvero umani, nella fantasiosa e sorprendente fantasia del Creatore.
Mi domando però se non sia ora di riequilibrare gli sforzi della nostra scuola.
Scusate se non seguo la discussione, purtroppo vado di fretta.
Rispondo solo a Costanza quando dice “chiamo in causa gli insegnanti”, sono insegnante e mamma. Due parole a difesa della scuola: la scuola e’ molto cambiata rispetto a quella che abbiamo frequentato noi (ho pochi anni in più di Costanza) , ma è cambiata in senso strutturale. Tutto, dai metodi ai programmi e’ ora diverso a causa di riforme e cambiamenti continui negli ultimi 15 anni. Ora si può non essere d’accordo su tutto ( e anch’io spesso non approvo certe novità ) ma dobbiamo ricordarci che è tanto cambiata la società . Se la scuola post- sessantottina voleva col suo apparente permissivismo allargare l’accesso all’istruzione per lo meno obbligatoria a quante più persone possibili riducendo le enormi sacche di analfabeti presenti in Italia al tempo dei nostri padri, la scuola di oggi deve occuparsi del gran numero di famiglie di stranieri. Lo dico senza ombra di polemica, penso sia giusto così: la scuola del l’obbligo deve garantire al più alto numero possibile di ragazzi il raggiungimento degli obiettivi elementari e prevenire dispersione. Sappiamo tutti quali sono le conseguenze della dispersione scolastica.
Molte scuole, la mia lo fa, si occupano anche dei “bravi” offrendo percorsi che potenziano le loro capacità.
I bravi ovviamente sono coloro che hanno la fortuna di avere una famiglia che li ama e li segue.
E vengo anche al problema della disciplina segnalato nel’ articolo. Si, tenere la disciplina non è facile, certo con le famiglie (e sto parlando di italiani) di oggi sfido chiunque a fare l’insegnante severo e basta.
Potrei raccontarvi tante cose, ma vi assicuro che frequenti sono minacce (io stessa sono finita in commissariato) da parte di genitori, altrettanto frequenti giustificazioni ripetute delle mancanze dei figli, succede anche che l’insegnante venga malmenato ( anche questo lo dico per esperienza) .
E allora? C’è da rifare un po’ tutto…. Scuola, ma anche famiglia e, soprattutto, chi può,continui a seguire amorevolmente (da genitore o da insegnante o da amico) i ragazzi che crescono SEMPRE, anche quando sembrano ormai grandi.
Un saluto a tutti
Credo Stefania tocchi un concreto e reale problema…
Le famiglie tutte protese a difendere i “diritti” dei propri pargoli, che in realtà sono i presunti lesi diritti dei genitori stessi subito pronti (e ben addestrati dalla mentalità attuale) a “menar le mani” in senso fisico o per vie legali.
Peccato che non abbiano altrettanta solerzia quando si tratta di difendere i figli dalle teorie gender…
Di fatto non difendono ne educano, ne aiutano i loro figli a crescere, in nessuno dei due casi.
@Bariom
Mi va di spandere polemica: ma quanti insegnanti oggi si meritano la stima degli altri genitori, quelli che mai e poi mai difenderebbero i loro figli a prescindere o menerebbero le mani?
Altri genitori cui mi pare si possa riferire la seguente frase di Stefania (frase che mi ha particolarmente colpito):
“I bravi ovviamente sono coloro che hanno la fortuna di avere una famiglia che li ama e li segue.”
Un motivo, a me evidente, per lasciarmela rimbalzare un po’ fra i neuroni è che appartiene ad un’insegnante che non sta parlando della sua categoria ma attribuisce con incredibile onestà ad altri il merito per la miglior riuscita della sua “missione”.
Per quanto impegno Stefania possa profondere … i bravi … lo devono alla famiglia
Concetto politicamente scorrettissimo
@Bri, vado anche io giù piatto… qui non è questione di “bravi” o “non bravi”.
Sai cosa ho sempre trasmesso ai miei figli (quel che ho ricevuto anch’io da mio padre)?
Di “default”, l’insegnante ha sempre ragione (ho ha le sue buone ragioni).
Questo insegna ai ragazzi a vivere nella vita reale (dov’è che a torto o ragione, hai sempre ragione?), a guardare per primi alle loro eventuali inadempienze (frase classica: “ho preso 4 perché quel prof è un stro…” – o è perché NON ha studiato – ha un atteggiamento indisponente – se ne frega di quella materia “che tanto non serve e nulla e l’anno prossimo non c’è più – e via discorrendo…), a rispettare l’autorità a cui sono sottoposti (ricorda nulla?).
Poi non credere non sia intervenuto dove o creduto di vedere delle prevaricazioni (non dico nemmeno abusi), ma senza clamori o partendo lancia in resta accomunandomi allo “str….o” di cui sopra di qualcuno dei miei figli.
Dimmi tu, passati gli anni della scuola (e del necessario studio) nei due opposti approcci, cosa rimane più formativo per un figlio?
😉
@Bariom
Sicuramente il metodo che ha tramandato dei valori 🙂
E intanto mi chiedo, ma possibile che tramandare sia così faticoso? O forse fastidioso?
@Bri, faticoso è mettere mano seriamente all’educazione dei figli… ma mooooolto faticoso! 😉
Per cui si fa prima con tante scorciatoie…
@Bariom
Mi associo in toto (ops.. scusate mi è scappato il latino anche se ho fatto superiori e università scientifiche…è grave?)
Ti perdono… 😀
Si, Bariom e’ quello che intendevo dire. Per quanto riguarda le teorie gender c’è ancora tanta disinformazione (alimentata da media e social di punta) anche tra gli insegnanti, in alcuni casi anche totale ignoranza sulla questione. Continuate e insistete con la vostra azione capillare di informazione. Io per questo vi ringrazio molto
EVVIVA! Anche qui sono arrivati quelli che temono il cattivo scientismo, la logica, la matematica e i FATTI, soprattutto i cattivissimi fatti. Ricordate, insegnare i ragazzi a distinguere realtà oggettiva e soggettiva, vero e falso, logico o illogico è SBAGLIATO! Insegnare loro le lingue vive che si parlano sul serio nel mondo è MALE! Molto meglio il fantastico mondo di Benedetto Croce,dove il progresso e il futuro sono cose da temere, e il pinnacolo dell’evoluzione culturale dell’umanitá è Dante Alighieri!
Caro Sarto…certo che deve esser dura portar in testa un cervello così pesante h24!
Saro ovviamente, (maledetto touch!)
@Saro
No, ti sbagli di grosso (“absit iniura verbis”): qui sono arrivate persone che magari hanno titoli scolastici “ad abundantiam”, qualcuno magari come e più di te (perdona l’ardire), ma che misurano la qualità di un uomo non solo, al contrario, non soprattutto dalla “summa” del loro sapere bensì dal loro carattere, non tanto da quello che sanno quanto da quello che sono. E per questo non giova un’educazione “ad usum Delphini” ma è fondamentale insegnare la disciplina, il rispetto degli altri e “in primis” di genitori ed insegnanti, l’osservazione delle regole, (anche quando sono noiose, come quelle latine… o come le tasse… o a volte le leggi).
“Prosit”!
Velocemente, purtroppo ho poco tempo, rispondo al commento di bri … Si, come insegnante non mi sento onnipotente, per esperienza so che coltivo meglio dove e’ già stato concimato e dissodato (dunque preparato) dalla famiglia. Dove la famiglia non c’è o c’è poco ci provo lo stesso con fiducia. Essendo cristiana in tutti e due i casi mi affido a Dio
@Stefania
Massima ammirazione per il tuo pensare e porti nei confronti della tua professione e della … Provvidenza 🙂
Che dire del dilagare della dislessia? A volte mi vien da pensare che sia il nuovo metodo scolastico a creare dislessici. Possibile che ormai siano quasi tutti disortografici, discalculici, dislessici? Non si impara più a scrivere le lettere dell’alfabeto, niente più colonne di A,B,C etc scritte in bella grafia, il corsivo è diventato un optional, mica si può affaticare il bambino ad imparare il corsivo, così ognuno scrive come si sente e alle medie molti scrivono ancora in stampatello. Mi viene il dubbio che con la scusa di non frustrare i bambini che hanno qualche difficoltà invece di aiutarli li si lascia monchi. Meno progetti assurdi e più tempo da dedicare alle cose fondamentali a mio parere risolverebbero molte lacune, che oggi vediamo nei nostri figli. Se poi la scuola facesse ciò che deve fare cioè trasmettere il sapere e non volesse fare quello che spetta ai genitori, ci eviteremo sessuologi che insegnano come usare il condom, ci eviteremo annoiati che inventandosi una teoria di genere, vogliono inculcarla al prossimo, ci eviteremo tante cose stupide. Dico io, se la scuola non sa più cosa inventarsi per tenere gli alunni impegnati faccia meno ore (ne bastano poche per insegnare bene) e non perda tempo in sciocchezze. Per quanto riguarda i compiti, a mio parere ne danno troppi e spesso inutili. In estate sarebbe meglio far leggere dei buoni libri ai ragazzi e magari far scrivere loro dei racconti, i temi pare siano stati quasi aboliti. C’è spesso da chiedersi: ma cosa fanno in classe, se poi a casa hanno mezzo mondo da fare? Anzi abbiamo mezzo mondo da fare, perchè oggi i genitori devono sobbarcarsi una marea di compiti che sembrano più che verifiche dell’apprendimento, vere e proprie lezioni da imparare da se. Io opterei per una scuola di meno ore, senza progetti assurdi e spesso nocivi, che insegni il vero sapere e l fondamenti della nostra lingua e della matematica, poi lasci fare ai genitori ciò che riguarda la sfera morale, sessuale, religiosa dei figli. Ad ognuno il suo compito altrimenti c’è da credere che siamo sotto uno Stato totalitario che indottrina i giovani in stile Staliniano.
concordo su tutto .. a parte forse la necessità del corsivo che comunque da adulti si perde, nonostante i tanti sforzi dei maestri e dei genitori. E forse è meglio così visto le ricette mediche illeggibili o le note incomprensibili dei professori sulle verifiche dei miei figli … 😉
Incredibile riuscire a dare le colpe ai bambini…ogni generazione è diversa dall’altra e di conseguenza non si possono fare paragoni. Certo è, almeno per quello che penso io, che gli insegnanti dovrebbero essere sottoposti a dei test di idoneità che verifichino oltre alla conoscenza della materia, il carisma e la capacità di trasmettere.
Tutto ciò dovrebbe avvenire per via emozionale e non meccanica, a meno che non vogliamo sfornare soldatini…