
di Costanza Miriano
C’è un’infinità di argomenti contro l’aborto, ma io, visto che mi piace perdere facile, scelgo il più opinabile, il più attaccabile, il meno spendibile in un dibattito pubblico: l’aborto rende le donne infelici. Si potrebbe affrontare il tema sul piano filosofico, come Bobbio (o la Paola Belletti, la mia filosofa preferita, di certo la più gnocca), culturale, come Pasolini, di fede, come fa la Chiesa, o ancora economico, come fa chi elenca nomi dei finanziatori dei prochoice e cifre (fiumi di denaro: perché?). Si potrebbero contestare i numeri falsi che hanno alimentato falsi miti e portato all’approvazione delle leggi sulla base di bufale (come la sentenza Roe – Wade negli Usa o la campagna radicale in Italia), e mostrare come l’aborto ha risparmiato pochissime vite di donne evitando l’aborto clandestino ma ha sterminato schiere infinite di bambini che senza la 194 sarebbero nati.
Si potrebbe raccontare la storia delle leggi e delle bugie, come Socci nell’imperdibile Il genocidio censurato, o raccogliere le voci di medici che dopo migliaia di corpi straziati non ce la fanno più, a volte neanche gli abortisti più convinti, perché loro lo sanno che stanno tradendo il giuramento di Ippocrate, per cui hanno promesso di curare e non di procurare morte.
Invece a me l’argomento che mi infiamma – lo so, “a me mi” non si dice, ma serve a sottolineare -, quello che mi fa arrabbiare, che mi toglie anche il sonno quando incontro qualche storia di donna alle prese con LA decisione della sua vita (e non solo della sua), è che le donne sono infelici se abortiscono, e a me dispiace tanto per loro, e mi arrabbio per le bugie che hanno ascoltato. Non credo che sia neanche un fatto di bontà, o di sensibilità o nobiltà d’animo. Le donne soffrono perché le nostre viscere più profonde e ancestrali fremono quando uccidono la vita che pulsa dentro di loro, e che chiede di essere accolta, chiede sangue e cellule e carne e fiato per resistere. È una questione prima di tutto animale. Una donna lo sa che sta facendo una cosa contraria a quello a cui tutto il suo essere tende. Lo sa che il suo corpo e il suo cervello sono programmati per questo. Lo sa che sta uccidendo il suo bambino, e non sta raschiando via il frutto del concepimento. Lo sa che poi per tutta la vita si chiederà chi sarebbe stato quel bambino, che gusto di gelato avrebbe preferito, se avrebbe avuto paura dell’acqua o del buio o dei ragni. Si tormenterà per questo piccolo che lei ha lasciato andare via da solo, nel freddo, tra i rifiuti, tradito dalla sua mamma.
Certo, se la potrà raccontare per un po’. Per un bel po’, anche. Io le conosco direttamente, di persona, nomi e facce. Alcune sono arrivate alla fine della vita senza riuscire ad ammettere a se stesse quello che avevano fatto. Perché era troppo doloroso e faticoso e complicato ammettere di avere sbagliato tutto. Poi sul letto di morte invocavano quel bambino. Le ho viste coi miei occhi. Donne che a 80 anni non riuscivano a perdonarsi di un aborto clandestino fatto magari 60 anni prima. Donne che si erano indurite e sono rimaste sole. Donne che avevano portato la nevrosi nella loro famiglia, facendone pagare il prezzo anche ad altri figli. Donne dipendenti dall’alcol, dagli psicofarmaci. Donne che non potevano più guardarsi allo specchio. Donne che avevano perso tutta la stima di sé, e che quindi non si facevano stimare dagli uomini. Donne che non denunciavano gli stupratori perché a causa di un aborto fatto anni prima pensavano di meritarsi quel male.
Eppure nessuna di quelle donne si meritava nessun male, tanto meno una violenza. Quelle donne si meritavano di essere prese per mano, abbracciate, contenute in un abbraccio più grande del dubbio, della paura, dell’incertezza. Andava detto loro che non sarebbero state sole: a una mamma non serve tanto per dire sì. Serve solo una spinta, perché poi una mamma trova dentro di sé delle energie che neanche sospettava di avere. Una mamma prende a spallate i muri, solleva le montagne, dorme tre ore a notte e ne ha ancora sempre per tutti, per leggere I viaggi di Giovannino Perdigiorno e preparare la cena e ascoltare un racconto di supereroi anche se non si siede da diciannove ore.
E le mamme che hanno abortito, sempre mamme sono, oggi si meritano un abbraccio, qualcuno che le lasci piangere fino a che gli occhi si secchino e la mente si svuoti, qualcuno che permetta loro di guardare il male fatto, di perdonarsi e di ricominciare, ricordando loro che tutti siamo peccatori perdonati infinite volte al giorno. Ma per avere perdono serve chiederlo, guardare una volta, una sola, quello che si è fatto, perché neanche i regali si possono ricevere se noi non li si accolgono.
Non è che solo le donne che abortiscono abbiano qualcosa da farsi perdonare, basta essere uomini per essere poveri uomini, come diceva Mazzolari. Il punto è che sono loro che non si perdonano, perché continuano a dirsi di avere esercitato un diritto, quando sanno benissimo, da qualche parte nelle viscere, che non è così. Non voglio assolutamente in nessun modo alimentare la mistica della madre santa eroica perfetta. Non è che essere mamma sia niente di straordinario, né ci rende particolarmente speciali in sé il fatto di partorire (lo fanno anche gli animali, volevo dire). E’ avvenuto svariati miliardi di volte e avverrà ancora, mentre le piogge continueranno a cadere e i tram ad andare e le patatine a essere fritte, non è che il mondo si fermerà perché una fa un figlio. Perché c’è anche l’esagerazione opposta, a volte, almeno tra noi occidentali. Abbiamo talmente tanto perso il senso della naturalezza della maternità che poi quando capita a una, pare la fine del mondo. Si mobilitano schiere di nonni, si fanno i party coi regali delle amiche, gli album fotografici, si comprano attrezzature atte allo sbarco di un commando di piccole dimensioni in Vietnam, si fanno analisi e controlli che manco alla Nasa prima di una missione su Marte. Essere mamme è fisiologico, è normale. Siamo nate per questo, così come camminiamo perché abbiamo due gambe. Poi si può camminare con eleganza come una modella, magari danzare come una étoile, o marciare verso l’oro olimpico, oppure si può camminare arrancando con le buste della spesa, come la maggior parte di noi, cioè essendo mamme normali, che a volte sbagliano a volte fanno bene. Non c’è nessun merito a essere mamme, è nor-ma-le.
Né voglio al contrario alimentare la mistica della maternità tutta delizie e angeli che svolazzano intorno al focolare. Credo che nessuna di noi tragga particolare soddisfazione dal pulire vomiti alle tre di notte o dallo spazzare da terra pezzi di patata lessa spalmata. Non è questo il punto. E poi si può essere mamme in molti modi, anche orribili (io mi accontenterei di essere una madre decente). Anzi, credo che quasi tutte noi proiettiamo il nostro mondo interiore ferito – mai totalmente riconciliato, sempre memore del peccato originale – nel rapporto più viscerale che abbiamo. Possiamo essere insopportabili, possessive, invadenti, fanatiche. Possiamo anche essere affette da una sorta di delirio di onnipotenza nei confronti dei nostri figli, dei quali dimentichiamo troppo spesso che non sono nostri (noi diamo una mano a Dio, gli permettiamo di usarci, ma i figli sono i suoi). Rischiamo spesso di essere così madri da dimenticare di essere prima spose, ed estromettere i padri dal rapporto, privandoli del ruolo fondamentale: tagliare il cordone, non solo quello di carne, mandare i figli fuori di casa, proteggerli dalla madre, rappresentare il principio di realtà. Siamo tutte un po’ quella mamma dell’esercizio di grammatica che racconta spesso Franco Nembrini (compito: analizza la mia mamma mi vuole bene. La=articolo determinativo mia= aggettivo ossessivo). Spesso non ci accontentiamo di essere mamme, vogliamo essere mamme al cubo, e questo non è certo un bene. Ma è in qualche modo anche per questo che dico che sono certa che una donna abortendo faccia una cosa contro la sua più profonda natura.
Mi si obietterà che non è vero niente, che ridurre le donne a corpi da fattrici è da Medio Evo e da cattonazista-fascista-islamica (cattoislamica ora che ci penso è da Nobel dell’ignoranza)bla bla bla, e che comunque le donne devono essere libere di rovinarsi la vita, se lo desiderano. Ci sarebbero molte cose da rispondere, prima di tutto che c’è anche un’altra vita in gioco, e potrei andare avanti per ore. Ma il punto che fa fremere le mie viscere come dicevo è che c’è un bombardamento culturale su queste donne che non le rende pienamente consapevoli di quello che stanno facendo. Non è vero che siamo liberi. Siamo tutti anche culturalmente condizionati nelle nostre scelte. Paola Bonzi, tanto per dirne una, solo abbracciando, contenendo, offrendo aiuto economico è riuscita a far nascere 18mila mamme e altrettanti bambini. Nessuna mamma deve essere lasciata sola. Mai più. Una donna ha solo bisogno di qualcuno che le dica quanto è bella e forte, che non è sola, che qualcuno la aiuterà a provvedere al suo bambino, che la aiuti a vedere la felicità pazza e strabordante alla quale è stata miracolosamente chiamata. Io ne sono testimone. Ci può essere, molto spesso c’è, un momento di sgomento di fronte alla chiamata: non è il momento, il lavoro, non ci sono i soldi, la casa è piccola, lui non mi ama, non lo amo, sarà la persona giusta, ma i fratelli come la prenderanno, li trascurerò, adesso che ero tornata magra, ho la tiroide sfasata, è il quarto cesareo, il cuore fa i capricci, è il sesto figlio, era la prima sera che uscivo con quest’uomo, proprio adesso che mi hanno offerto il posto in America/all’università/nello studio, sono grande e il bimbo potrebbe avere problemi. Lo sgomento arriva, spesso, ma la morte non è mai la soluzione. Chiedete a una mamma che ha già figli di uccidere quello di sette anni, visto che non c’è posto in casa. Vi guarderà come se le aveste chiesto di strapparsi via il cuore a morsi. Ecco, si tratta solo di dire a tutte le donne che stanno abortendo che si stanno strappando via il cuore a morsi, solo che non ha sette anni ma qualche giorno di vita.
fonte: La Croce Quotidiano
Signori e Signore, non e’ ne morale o etica che determina la validita’ dell’aborto: per non entrare nel merito. Prima o poi nella vita di Lei, e anche di Lui, la inseparabile coscienza che abbiamo morde con denti da leone i piu’ profondi recessi del nostro essere gridandoci: Hai ucciso tuo figlio/a. Non ci scappa nessuno che si trovi in questa situazione di deliberato aborto: e’ un segreto personale, ma smembra l’anima specie quella della Donna per aver agito gravemente contro se stessa e il rimorso rimane incancellabile non potento cambiare la sua natura umana per la quale e’ nata e vive e che ha voluto violare in modo estremo togliendo alla sua creatura il dono della Vita. Non giudicate e non saremo giudicati. E per me va bene, ma la Verita’ non puo’ macchiarsi di delitti.. Cordiali saluti, Paul
L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
L’aborto e l’infelicità delle donne, di Costanza Miriano
L’ha ribloggato su lavitasempreintornoe ha commentato:
Chi ha tempo, legga…
Chi non ha tempo, lo trovi
Please
Meraviglioso, Costanza.
Ho scoperto una quantità impressionante di donne che hanno abortito involontariamente, e se una si trova a raccontare- ad avere il coraggio o la disperazione di raccontare della sua tragedia- ecco, si trova anche immediatamente circondata da una solidarietà femminile incredibile, da un mare di lacrime e carezze e: “anche a me, anche a me…” e nessuno può confortare tanto questa marea di dolore e speranza che viene allo scoperto.
Da qui due domande:
1. Cosa può significare allora un aborto volontario? Quale abisso di disperazione può portare, se solo quello spontaneo ferisce mortalmente e non basta la logica e il ripeterselo mille volte a convincersi che non si voleva, a sconfiggere quel latente senso di colpa che se non rimane latente può uccidere l’anima?
2. Perché è una cosa così diffusa, che non c’è famiglia che non ne sia segnata? La natura, si dice, che seleziona…No, non convince. Io mi sono data una risposta, sicuramente parziale. E’ come se a una donna venisse detto: “il potere di generare, il potere più grande, non è tuo. Guarda, non puoi fare nulla di fronte a un centimetro di carne del tuo corpo e del tuo cuore che ti viene tolto. Non è vero che l’utero è tuo e lo gestisci tu. I figli sono un dono, non dimenticarlo! Anche gli altri figli che hai potevano non esserci e non dipendono da te! ” E così la donna non può più appropriarsi del bene di cui è tramite, diventando come dice Costanza, possessiva, fanatica e più o meno sottilmente dispotica.
C’è un’altra cosa che vorrei dire. Guardare le donne che hanno abortito volontariamente senza giudizio e con questa attenzione alla loro sofferenza, è una cosa che bisogna imparare. Non credo sia possibile impararla al di fuori della carità cristiana. Ringrazio chi aiuta in questo, chi aiuta a ricordare che siamo davvero tutti potenziali assassini e anche non potenziali e che per tutti c’è speranza e redenzione. Che questi figli, voluti e non voluti, accolti o buttati via, amano le loro madri e le perdonano tutte, qualsiasi sia il motivo che li ha separati da esse fin da subito. CI insegnino questi angioletti ad amarci tra di noi come loro ci amano, in tutta purezza.
.. grazie, ma perché certe cose – come altre – magari dette diverse (dato che in questo modo le può dire solo una donna), perché certe cose non sono annunciate, proclamate, gridate nelle omelie dai nostri Pastori, nella quasi totalità delle S.Messe domenicali?? Un abbraccioGiuseppe R .
“Lo sa che poi per tutta la vita si chiederà chi sarebbe stato quel bambino, che gusto di gelato avrebbe preferito, se avrebbe avuto paura dell’acqua o del buio o dei ragni. Si tormenterà per questo piccolo che lei ha lasciato andare via da solo, nel freddo, tra i rifiuti, tradito dalla sua mamma.”
(c’è bisogno di un commento?)
Grazie per aver rimarcato questo passaggio che come giustamente dici non ha bisogno di essere commentato.
No non ce n’è Alvise. E c’è di peggio. Conosco una donna che continua a sognare una bambina morta e sono passati trent’anni dall’aborto.E so di almeno una decina di casi ma altri ne ho sentiti che dopo non hanno più avuto figli perchè è quando vuole il Signore non quando vogliamo noi…. Non è assolutamente infrequente questa ventura….
…e il diavolo la va a visitare la notte e te l’hai visto?
Il diavolo non lo so, la coscienza si.
Scusate non è esattamente l argomento di questo articolo ma…mi piacerebbe esprimere la mia solidarietà e approvazione a Dolce e Gabbana per le dichiarazioni fatte sulla famiglia e i bambini “sintetici”.Elton John è uno, noi siamo tanti e penso che sarebbe bello farsi sentire! ! purtroppo non trovo nessun link per inviare un commento (te pareva??) Se qualcuno avesse una dritta da darmi..grazie! Lucia
Per Lucia
http://www.citizengo.org/it/20066-tu-nasci-e-hai-un-padre-e-una-madre-supportdolcegabbana?sid=MTI3MjA3NTI5NzA2NjA5
Grazie, Vanni.
E’ vero,la radice del non perdono è pensare di aver esercitato un diritto.I sensi di colpa nascono quando dopo aver commesso un atto che pensavi legittimo,ti accorgo delle conseguenze nefaste.Ma nel momento in cui lo compivi eri convinto di essere nel giusto.Anche se l’aborto ,pur continuando ad essere legittimo,fosse chiamato con il suo nome ,ossia uccisione di un essere umano inerme da parte della madre (la pena di morte è legittima in alcuni stati ma il suo contenuto è chiaro,morte inflitta ad un uomo da altri uomini),la riflessione delle donne sarebbe diversa,ci interrogheremmo molto di più prima di compiere questo gesto
Divina e coraggiosa.
Filosofia, scusa ma non ho capito bene cosa trovi di sbagliato in quella frase…
…chi ha cervello per intendere intenda!
…e poi vorrei anche dire che digià (partendo dal giusto presupposto che chi abortisce non sia necessariamente una persona inumana) basta e avanza il patire di una donna senza bisogno di dipingerglielo in macabro con frasi a effetto come quella che io non capirei perchè non è nemmeno degna di commento.
Prendete invece spunto dalla statua di cristallo che si vede sulla testata! La madre che soffre, ma che il suoi bambino non nato amorevolmente conforta e (sembra) non giudica!
Ma infatti il Signore perdona. Spesso non ci si perdona invece.
…e spesso si fanno lunghi discorsi per dire che? che noi gli si vuole in fondo tanto bene a tutte?
ma però siccome c’è un di mezzo un innocente di mezzo eccetra eccetra? ma però fare a tutte presente che
staranno male tutta la vita? che avrebbero fatto meglio a ascoltare la Miriano o chi per lei?
il giudizio lo vedi solo tu. Quelli sono pensieri che queste donne si fanno da sole, sono la rappresentazione di quello che provano, e se non lo capisci è perchè non sei mai stato incinto.
Elisa:
…perché invece te hai mai abortito?
Alvise le donne per fortuna parlano perchè se portassero da sole certi pesi uscirebbero pazze. Nessuno giudica. Alle donne che mi hanno messa a parte di questo dramma io ho sempre detto: ti devi perdonare perchè il Signore lo ha fatto. Sono loro che non si perdonano lo vuoi capire? Era un bambino quello!
Giusi:
…ma te credi di conoscere la vita solo te? A te ti è successo questo, a te ti hanno detto quest’altro etc.
Non pensi che anche altri abbiano visto e ascoltato anche loro? O li conosci solo te i casi della vita?
E per quale ragione continuare a ripetere “sì, patiscono e patiranno, sì, il rimorso le divorerà, fino a 80 e più anni”?
Che ne sai te?
Ognuno porta la sua esperienza. Poi difficile che le donne parlino di queste cose con gli uomini.
e i papà?
I papà a volte non vengono nemmeno informati, a volte fuggono, se sono contrari all’aborto per legge non hanno voce in capitolo, comunque è la donna che decide. Certo una loro presenza e assunzione di responsabilità nel caso che vengano informati potrebbe giovare…… Ho conosciuto una donna tanti anni fa che aveva mezzo ovaio in seguito ad intervento chirurgico. Rimase incinta. Studiava come il suo ragazzo. Lui la spinse ad abortire, lei lo fece ma non avrebbe voluto. Dopo si lasciarono perchè certe cose devastano. Lei si sposò con un altro ma non è mai riuscita ad avere un figlio. Di recente ho saputo di una coppia giovane ma senza problemi economici (famiglie benestanti) fidanzati da tempo. Lei resta incinta, lui terrorizzato fugge. Lei se ne frega e fa lo stesso il bambino. Lui non lo vuole nemmeno conoscere…… Come diceva quel comico di uomini c’è una vasta gamba, un ampio assorbimento……
Cara Costanza, grazie per i tuoi contributi a nutrire le anime in cammino.
Ecco io sono una di queste. Sono una plurimamma, due bimbi ancora piccoli e una terza in arrivo e il tema “aborto” non è mai entrato nella mia vita nè si è mai insinuato nei miei pensieri, nemmeno in quelli di gioventù. Quindi per me non c’è mai stata una scelta. Nemmeno quando alla 21a settimana di gestazione di questa piccolina, vado a fare la morfologica con mio marito con l’unico pensiero di sapere se fosse stata maschio o femmina e mi ritrovo dopo circa 10 minuti di osservazione con uno stuolo di dottori e ostetriche intorno all’ecografo che guardavano, scrutavano, parlavano sottovoce… quasi non avessero il coraggio di dirmi cosa non andava. “C’è qualche problema” mi dicono. E io rispondo: “Spina Bifida?” “Sì”. Punto. L’avevo capito per l’insistenza con cui guardavano la colonnina vertebrale e poi avevo visto benissimo l’apertura delle vertebre.
Mio marito sviene e lo fanno uscire in barella. Mi ritrovo da sola a parlare con il “luminare”. Che aspettative di vita ha? Che qualità della vita avrà? Quali sono le problematiche? Lui mi risponde con una voce fredda e uno sguardo metallico dandomi la diagnosi peggiore e dando per scontata l’interruzione di gravidanza. Io rispondo che non è nelle mie più assolute intenzioni. Mi mette di fronte ad un quadro clinico degno di un piccolo mostro.
Poi desiste e se ne va senza salutarmi. Il luminare.
La ginecologa mi dice di non fare l’eroe e di pensare a quelle due povere creature che ho a casa, e alla sofferenza e disgrazia che piomberà sulla nostra famiglia. Ma la parola aborto non è comunque nel mio vocabolario. Io non uccido mia figlia. Se Dio ha voluto questo è perchè ha un piano su di lei e su di noi che non sappiamo, le serve e gliela devo restituire al massimo delle nostre possibilità umane.
Poi penso a tutte quelle donne che si ritrovano di fronte ad una scelta così, che io grazie a Dio non ho dovuto fare. Solo pochi giorni di tempo per decidere se tenere o meno la creatura. Come una roulette russa.
Senza conforto dei medici, sole, con una paura folle. La Paura vera, l’affrontare il giorno peggiore della propria vita.
Non sarà facile, lo sappiamo, e sempre grazie a Dio mio marito la pensa come me. Ma non per tutte è così. Quell’abbraccio di cui parlavi manca negli ospedali, in quasi tutti. Nessun medico ti verrà mai a dire “coraggio, ce la farai, Dio è con te, avrai il supporto di tante persone, sarà un’esperienza difficile ma arricchente”…. I medici non vogliono guardare in faccia il dolore e lo sgomento. Preferiscono l’aborto terapeutico (io lo chiamo aborto selettivo perchè di terapeutico non ha un bel niente) allo sgomento di una madre che deve affrontare una difficoltà. Non sanno sostenere le emozioni di chi si trova davanti a loro. Preferiscono togliere il “problema” piuttosto che risolverlo. Ma a quel problema se ne aggiungerà un altro: la morte del proprio bambino, anche se è ancora un feto, scaverà per sempre l’anima della sua mamma. E la depressione è sempre alle porte.
Mio marito mi ha detto: non ho paura della fatica, ma avrei moltissima paura del rimorso.
Questo nessun medico lo dice.
Ora siamo in mano ad un’Angelo in terra, la dott.ssa Gloria Pelizzo del San Matteo di Pavia che opererà la nostra piccola alla nascita, che sarà alla fine di maggio.
Stiamo tutti pregando per un miracolo, so che avverrà. La piccola è già un Miracolo. Sento vicinissima la presenza di Dio e mille porte ci si sono spalancate davanti: amore, solidarietà, preghiera. Mio padre che quasi ha avuto una conversione spirituale. Questo è già il primo vero Miracolo. L’amore smuove le montagne.
Ho i miei momenti di paura, di pianto, ma sento che avrò la forza per affrontare tutto.
So che sarà faticoso, ci saranno periodi di sgomento ma saremo comunque una famiglia felice. Solo Diversamente felice.
Non abbiate paura, mamme, ad affrontare una felicità diversa dagli standard..
Strano a dirsi ma il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato ‘che creatura fortunata con una famiglia così ad attenderla’. Coraggio! Unisco le mie umili preghiere a quelle dei tanti che vi sono vicini
Anita, da adesso nelle mie preghiere ci siete tu, tuo marito e la vostra bambina. C’è un’associazione, La Quercia Millenaria, che si occupa di supportare genitori che accompagnano alla nascita bambini con problemi di salute, talvolta anche gravissimi. Un grande abbraccio!
Anita, sei una mamma coraggiosissima e ti ammiro molto… Tuo marito e i tuoi bimbi sono fortunati come fortunata sei tu ad averli accanto a te… Pregherò per tutta la tua famiglia… Un abbraccio
Anita
grazie di cuore per aver condiviso la tua testimonianza di vita e di fede, permettimi di abbracciarti e di pregare per te, per il tuo sposo e per la creatura di Dio che stai accudendo in grembo.
mi chiedo quale tormento quei papà che il figlio l’avrebbero voluto.O quelli che lo rimpiangono. Ma mentre le donne possono dire: io soffro/ho sofferto”, non sono sicura lo possa fare anche un uomo. Chiamato a proteggere la vita debole, lui forte, e non una vita qualsiasi, ma una vita che nasce da lui… beh, non oso immaginare. Parlo ovviamente non dei codardi, ma degli uomini veri e propri.
“uomini veri e propri”…ammettendo esistessero!
Esistono…
Strazianti e bellissime le parole di Costanza come quelle di Anita.
Hanno il sapore della realtà e della vita.
Luigi
Forse rari, ma esistono. Quelli che non scappano e affrontano la realtà.Per me è questo un uomo come si deve…
Alvise: no, ma sono stata incinta: sto avanti a te.
…congratulazioni vivissime!
Ma-gi-stra-le! Stavolta hai superato te stessa, grazie Costanza.
Anita, per te e la tua bimba una preghiera. Coraggio che Dio è un artista molto stravagante, usa tempi e modi che spesso noi non capiamo, ma se ci lasciamo portare vediamo poi le meraviglie che crea! Coraggio. Siamo con voi.
Francesca
Signori e Signore: gia avere, per una ragione o l’altra, la mentalita’ di condividere o abortire deliberatamente, legalmente, e’ essere moralmente ed eticamente completamente al di fuori non solo da credenze religiose ma anche da leggi di vera civilizzazione. Va che per leggi di natura il periodo di gestazione di procreazione e la continuazione dalla specie, e’ custodito e sviluppato da parte della Donna=Madre da cui tutti dipendiamo se ci e’ dato vivere o no.
Non sara’ mai ne moralmente, ne filosoficamente edificante, ne socialmente accettabile o progressivo togliere la vita’ a nessuno membro della societa’: neppure durante la sua formazione privandogli la vita per non potersela difendere. Cordiali saluti, Paul
Costanza, che meraviglia!
Io ho abortito spontaneamente 2 volte (Maddalena e Antonio i miei due santi in cielo), e quanto penso a loro! Mi arrivano continue richieste di preghiere di ragazze giovani, giovanissime che, accompagnate dalle persone a loro più care, genitori, amici compagni, hanno deciso di non avere il loro bimbo. Ed io pregando per loro me le immagino in quel tormento che solo noi donne possiamo capire, in quella spaccatura dentro che ci dilania tra il Sì e il no, tra la morte e la vita. Terribile. Terrificante. Cosa avrei fatto al posto loro? 16 anni, una scappatella con un semi-sconosciuto, i miei genitori che mi incitano a non tenerlo…..non credo mi sarei comportata diversamente.
Per questo la mia preghiera più intensa è “Signore manda a queste ragazze un angelo che le apra gli occhi e che le accompagni in questa situazione”.
Sono tante, troppe ragazze lasciate e spinte a fare una scelta così importante, come se stessero andando a togliersi un dente.
Io sono quello meno adatto a parlare dell’argomento, perchè non posso “strutturalmente” esser madre, perchè, nel mio caso, l’aborto non era all’ordine del giorno dato che mia madre mi ha desiderato e amato immensamente (e l’ho ricambiata, almeno credo), e , perchè, scientemente, ho rifiutato la paternità, quindi il mio parere è quello di un osservatore molto “esterno”, riguardo alla problematica dell’articolo.
Pure, io penso che, siccome le donne (come gli uomini) non sono tutte uguali, le conseguenze di aborto spontaneo o no, non siano uguali per tutte.
Ci sono al mondo (sarebbe meglio non ci fossero, ma ci sono) persone “anaffettive”; e se la mancata madre fosse una di queste, non soffrirà più di tanto per la perdita.
Dipenderà poi molto (nel caso di IVG) dalle motivazioni che hanno spinto la donna ad abortire, perchè è ovvio che un motivo importante, accuratamente meditato e oggettivamente “pesante”, determini conseguenze diverse rispetto ad una motivazione superficiale sull’onda di un’emozione momentanea. A69+
…pù che giusto!
Il riduzionismo mirianiano è troppo riduzionista!
Una precisazione al fine di evitare un equivoco: ho rifiutato la paternità, NON nel senso che ho disconosciuto mio padre, ma nel senso che NON voglio assolutamente, per le ragioni che ho spiegato in un recente post in questo blog (“Spiegare ai bambini ciò che sesso non è” del 13 c.m.), essere padre. A69
…o, se preferite, riduzionistico!
anche io ho avuto un aborto spontaneo….nella mia testa non ho 2 bambini ma 3. Per questo non posso pensare a quale rimorso debba provare chi lo ha fatto volontariamente…
un abbraccio Anita!
Del trauma post-aborto non parla mai nessuno, eppure i medici che tradiscono la deontologia e il giuramento di Ippocrate dovrebbero almeno avere il fegato di ammettere che esiste e avvertire quelle che sono in quel momento delle loro pazienti, anche se in realtà sono molto di più che semplici pazienti: sono donne, a volte, disperate a cui hai il coraggio di dire semplicemente “uccidi”…
Io non lo so, perchè questa esperienza non posso farla direttamente e non ci sono passato nemmeno indirettamente (non essendo mai stato padre biologico), però ho sempre visto i medici seri (che sono, dopo tutto, la stragrande maggioranza) avvertire i pazienti degli effetti collaterali di un determinato intervento.
Tempo fa, ho dovuto affrontare un esame diagnostico piuttosto invasivo, e correttamente, lo specialista mi ha avvertito che ci poteva essere qualche effetto collaterale: perchè non dovrebbero fare lo stesso, i medici, prima di un aborto? Anche se un sanitario è abortista, dovrebbe avvertire delle conseguenze spiacevoli di quello che si intraprendere, se è un professionista serio! Se, un medico coscienzioso, prima di prescriverti un farmaco potenzialmente gastrolesivo, indica delle precauzioni da prendersi, A MAGGIOR RAGIONE, il ginecologo-ostetrico dovrebbe indicare le problematiche connesse ad una IVG e le eventuali ipotesi di terapia psicofarmacologica. A69
Esatto Anonimo69, un professionista serio dovrebbe farlo… eppure non lo fanno, né con le donne né con gli uomini (questo trauma colpisce anche loro…)
Anita, maggio è il mese della madonna…
Immagino che tutti si rendano conto che la “testimonianza” di Anita nulla aggiunge alla certezza mirianiana (o mirianesca) del rimorso eterno che verrà a tormentare le donne che avranno abortito.
Per piacere: se bastasse il monito, il semplice accenno al senso di colpa per evitare gli aborti – anche uno solo – credetemi, non solo non avremmo aborti, ma neanche furti di caramelle (e rapine, omicidi eccetera eccetera)!
L’aborto è per lo più una paura viscerale che fa presa sul presente (poi si proietta nel futuro).
Voi ragionate col senso di colpa, con qualcosa che verrà…. Semplicemente non parlate la stessa lingua di chi chiede un aborto.
Provate a fare un paio di mesi in un centro pr la vita, capirete.
Non si parla (quasi) mai di futuro, ma solo di paure presenti. Presenti lì, in quel momento; non tra nove mesi.
Poi
L’approccio di ciascun medico è personale. Ma poi di quale medico parlate? Quello della diagnosi prenatale? O di colui che esegue l’ivg? Solitamente quelli che non parlano sono obiettori, sapete? Credono di dimostrare il loro sdegno così.
Quelli che inveiscono sono i non obiettori, solitamente – perché a prescindere dalle loro scelte, son di carne anche loro, e solitamente vorrebbero evitare di rivedervi…
Poi
Se siete abbastanza adulte per rimanere incinte, potete anche gestire un po’ di senso di colpa… E se non lo siete, avete circa tre settimane per pensarci. E comunque il medico non è il prete, né un vostro parente o amico: in ospedale ci lavora, la sera torna in famiglia e magari ha solo due minuti per salvare la vita a madre e figlia in sala parto – che poi sarebbe quello il suo lavoro. E magari per loro è inconcepibile quello che gli state chiedendo.
E poi son medici, non assistenti sociali. Ad ognuno il suo, per piacere.
Che magari ci hanno anche provato a dirvi qualcosa, ma voi nn avete capito -perché magari siete giustamente scosse, impaurite, fragili in quel momento… e certe cose andrebbero fatte per tempo, avendo il tempo di rifletterci bene, ed invece no: sempre all’ultimo momento, perché avete paura a star lì a pensarci… Avete paura di cambiaree idea…
Sapete cos’è che vi fa paura veramente? Che siate piccole o giovani o signore, tutte: avete paura di scoprirvi inadatte alla responsabilità. Responsabilità che vi arriva addosso in un minuto, e che non vi lascia più. Pensavate di rimandare, di scansarla… Siete come Sroodge, ma non lo sapete. Questo dovrebbero insegnarvi le vostre mamme o nonne!
Ma davvero pensate che basti un cane o un gatto?
Ripensaci, caro A69.
Non sarai mai adulto finché non capirai chi ti ha cresciuto – chiunque sia stato.
@ Fortebraccio
In che senso “ripensaci”? A69
condivido ogni singola parola…..