L’uomo originario non discende dalla scimmia

evoluzione

di Olivier Rey*   (Pubblicato su Etudes, n°4182, febbraio 2013, p.187-197, per la traduzione di Andrea Piccolo)

Che gli esseri umani non siano il prodotto di tre miliardi e mezzo di anni di mutazioni e di selezione naturale praticati sul vivente, ecco cosa non è facile sostenere un secolo e mezzo dopo la pubblicazione de L’Origine delle specie, settant’anni dopo la confluenza del darwinismo e della genetica nella teoria sintetica dell’evoluzione. Ciononostante, è possibile affermare una cosa simile senza tuttavia indossare la veste del creazionista di turno, né votarsi a una di quelle controversie assurde che appassionano il nostro tempo. Da un lato, l’integrismo darwiniano, alla Dawkins: «La vita intelligente su un pianeta giunge a maturità quando per la prima volta arriva a cogliere il senso della sua propria esistenza. […]

Gli organismi viventi sono esistiti sulla terra, senza mai sapere perché, per più di tre miliardi di anni, prima che uno tra loro non cominciasse a intravvedere la verità. Il suo nome era Charles Darwin […] Non abbiamo più bisogno di affidarci alla superstizione per affrontare le grandi domande: la vita ha un senso? A cosa serviamo? Che cosa è l’uomo? Dopo aver posto l’ultima di queste domande, l’eminente zoologo G. G. Simpson si è espresso in questi termini: “Ciò che voglio fare notare a questo punto è che tutte le risposte che si è cercato di dare a questa domanda prima del 1859 sono prive di valore, e che la cosa migliore da fare è ignorarle completamente”[1]». Dall’altro il fautore di una lettura assolutamente letterale della Genesi (ciò che si usa chiamare, oggi, un «creazionista») a sostenere che il mondo che conosciamo è stato creato da Dio in sei giorni, grossomodo seimila anni fa. In questo modo si ottiene un dibattito di intensità massima per un livello di pensiero minimo.

Dalla Genesi al senso letterale

C’è una certa ironia nel constatare che i creazionisti cristiani appartengano per la maggior parte a Chiese protestanti, che una delle principali figure della Riforma fu Giovanni Calvino e che costui si richiamasse esplicitamente a sant’Agostino: volesse il Cielo che i creazionisti contemporanei studiassero un po’ più Agostino e, in particolare, il trattato intitolato Dalla Genesi al senso letterale. Per Agostino, cogliere il «senso letterale» non significa leggere parola per parola, ma penetrare il senso di ciò che Dio ha intenzione di dirci attraverso le Scritture.la-creazione-719385

Queste non devono mai essere confuse con un trattato scientifico. In materia di filosofia naturale, insegna Agostino, l’autorità appartiene alla ragione e all’esperienza; se per caso la ragione e l’esperienza vanno contro un’opinione che si pretende trarre dalla Storia santa, non si deve né ricusare i loro insegnamenti né pensare che la Bibbia si sbagli, ma concludere che non si è saputo cogliere ciò che il Libro vuole dire. Sant’Agostino prosegue: «E’ una cosa estremamente scioccante, perniciosa e da evitare a ogni costo, che un non-cristiano senta un cristiano snocciolare su tali soggetti [cioè i fenomeni naturali] delle assurdità avendo l’aria di ricavarle dalle Scritture, degli errori così colossali che possa difficilmente trattenersi dal ridere. La cosa deplorevole, non è che un uomo che vaneggia sia canzonato, è che i redattori dei nostri testi sacri passino, agli occhi di quelli che non condividono la nostra fede, per aver professato quelle opinioni e, a gran pregiudizio delle anime la cui salvezza ci preoccupa, siano considerati come incompetenti da biasimare e rifiutare. Se dei non credenti, su un argomento che conoscono perfettamente, colgono un credente in flagrante delitto di errore e lo sentono appellarsi ai nostri Libri per sostenere le sue vaneggianti dichiarazioni, come potranno dare credito a ciò che dicono questi Libri della risurrezione dei morti, della speranza nella vita eterna e del regno dei cieli – dal momento che si immaginano che questi scritti si sbaglino su materie di cui hanno già esperienza, o che possono conoscere con certezza per mezzo di ragionamenti matematici?[2]»

Alcuni obietteranno che se la Bibbia è uno scritto ispirato dallo Spirito Santo, il fatto di non essere un trattato scientifico non dovrebbe impedire al testo di essere ovunque vero, e dunque di non contenere alcun elemento, per quanto tenue, che il progresso scientifico possa contraddire. Questa critica manca di serietà. Ammettiamo che di fatto l’universo sia cominciato e si sia evoluto come la scienza attuale lo concepisce: la Bibbia avrebbe dovuto, per essere in grado di evocare la creazione in modo gradito agli scienziati contemporanei, ricorrere a nozioni incomprensibili per gli uomini dei secoli passati, e che restano tali per la maggior parte degli uomini di oggi? Avrebbe dovuto distogliere da sé la stragrande maggioranza dell’umanità per essere giudicata accettabile da coloro che le rimproverano adesso le sue inesattezze scientifiche? E neppure per quello: per il solo risultato di condurre queste persone a trovare un altro pretesto che non sia la testimonianza dei fossili per rifiutare la parola di Dio[3].

Criticare la Bibbia perchè la sua cosmogonia non è conforme in ogni punto agli insegnamenti della scienza attuale non ha nessun senso. Cosa che non toglie nulla, ovviamente, all’errore dei creazionisti quando pensano, loro, di fare della Bibbia un riferimento in materia di filosofia naturale.

Su alcuni smarrimenti darwinisti

Regolarmente, sondaggi a sostegno, spiriti illuminati si spaventano sulla stampa, nei convegni o negli studi televisivi perché il creazionismo ha presa sulla popolazione. Spavento assai ambiguo, notiamolo, perché in questi allarmi compare una dose non trascurabile di compiacimento. La pittura moderna, diceva Roger Nimier, ha tratto gran parte della sua forza dal carattere poco cordiale di coloro che la detestavano: parrebbe che la stessa cosa valga a proposito del darwinismo integralista. L’esistenza di oppositori di così scarsa qualità come i creazionisti conforta nella loro certezza quelli che non riconoscono altro che l’evoluzionismo, e denunciare la trave nell’occhio dei loro avversari li dispensa dall’esaminare ciò che ottenebra il loro. Tuttavia numerose obiezioni, di varia natura, si oppongono alla concezione dell’umano come risultato di un processo di variazione-selezione.

La prima riguarda la maggiorazione di potere esplicativo della teoria darwiniana. In qualunque ambito sia, una teoria che ha conosciuto successi spettacolari ha la tendenza ad essere elevata, dai suoi più ferventi adepti, al rango di chiave universale, adatta a rispondere  a qualsivoglia domanda. Così si sentono biologi, esaltati dai successi reali della loro scienza, raccontare la grande saga della vita a partire dal brodo chimico primordiale, dove si formavano molecole organiche, fino alla situazione presente, con la stessa sicurezza che se avessero assistito di persona a ciascuna delle tappe, senza fare distinzione tra ipotesi plausibili e fatti avvenuti, e come se per chiarire tutto non mancasse che qualche dettaglio minore da mettere a punto e non voragini di ignoranza da varcare. Chi può garantire che le zone d’ombra da dissipare in biologia non richiedano degli sconvolgimenti teorici importanti come quelli conosciuti dalla fisica nella prima metà del XX secolo?

Siamo franchi: le carenze attuali della biologia richiedono progressi nella biologia, come le difficoltà della fisica classica hanno richiesto progressi della fisica. Se Dio è mistero, non ogni mistero è Dio, ed è ridicolo trarre argomento da ogni lacuna esplicativa per ricusare gli insegnamenti della scienza, o pretendere di rattoppare le brecce con interventi divini. Per contro, i darwinisti militanti raddoppiano l’ardore nell’affermare che la teoria dell’evoluzione è senza falle e spiega tutto, tanto è grande la loro ossessione che la minima ammissione di ignoranza serva ad accrescere  i loro avversari religiosi. Questa attitudine polemica ha effetti funesti. Da una parte, l’identificazione della causa della scienza nella difesa incondzionata della teoria dell’evoluzione nella sua forma attuale crea un clima poco propizio a progressi scientifici che richiederebbero, forse, maggior libertà rispetto agli schemi di pensiero in uso. (I fisici, un secolo fa, hanno sottolineato le carenze della meccanica classica con il giusto sentimento di operare in favore della loro scienza, non di tradirla.) D’altra parte, capita spesso che, accalorati per la controversia, i difensori del darwinismo si esaltino, perdano il senso della misura e diano meno l’esempio del rigore scientifico che dichiarano di difendere che del fanatismo denunciato nei loro oppositori – testimoni le dichiarazioni citate all’inizio di questo articolo. Il darwinismo diviene allora la nuova vetrina della spiegazione definitiva, la dissimulazione scientifica di uno zelo religioso quanto quello dei creazionisti, con la doppia pretesa di non aver nulla in comune con la religione e di rimpiazzarla.charles_darwin

Rimettere le cose a posto

Ma veniamo al dunque. Numerosi scienziati sembrano provare una gran voluttà praticando il nothing-else-but’ism, il «nient’altro che-ismo», quell’attività che consiste nell’affermare che ciò che la gran parte dei mortali rispetta di più non merita tanti riguardi, rivelandosi in definitiva «nient’altro che» il prodotto di processi meccanici o organici assai banali. Così l’amore: nient’altro che pulsioni e affetti programmati dai nostri geni e pilotati dagli ormoni, al fine di spronarci a rapporti sessuali che permetteranno a quei geni di trasmettersi. Ugualmente la fede religiosa: nient’altro che una certa concentrazione di serotonina in determinate zone del cervello (possono essere invocati altri neurotrasmettitori, dipende dalle pubblicazioni), un certo tipo di impulso nervoso (o la sua assenza) in questa o quella area cerebrale, ecc. Tuttavia, la scienza che mostra una grande voracità ad annettersi grossolanamente i domini che le sono più estranei, si mostra molto meno sollecita quando c’è da riflettere sui fondamenti dei suoi propri concetti – forse perché una impresa di questo genere riserverebbe qualche sorpresa.  Dawkins, ad esempio, presenta la teoria dell’evoluzione per selezione naturale di Darwin come «un caso particolare della più generale legge di sopravvivenza di ciò che è stabile». Bene. E come definisce la stabilità? «Una cosa stabile è una collezione di atomi sufficientemente permanente o comune da meritare un nome[4]». Vale la pena rileggere questa frase. Essa manifesta, nella più totale ingenuità, che a fondamento non v’è solo il gene, ma anche il verbo. Il pensiero era considerato una produzione tardiva dell’evoluzione, ed ecco che nella concezione stessa dell’evoluzione entra, in modo essenziale, la facoltà di nominare ciò che merita esserlo; ecco che l’evoluzione si rifà, dall’origine, a ciò che non doveva apparire che alla fine – come se per dimostrare una proposizione matematica si impiegasse proprio il risultato che si tratta di stabilire. A dire il vero la teoria darwiniana, non in quanto tale, ma quando si vuole derivare tutto da quella, ivi compresi l’esistenza e la forma del pensiero stesso, non è un caso particolare della legge generale della sopravvivenza di ciò che è stabile, ma un sofisma sofisticato, una metamorfosi dell’errore di pensiero che denunciava Husserl all’inizio delle sue Ricerche logiche: l’errore che consiste nel voler dedurre le regole della logica da un principio di evoluzione e di adattamento, senza vedere che la deduzione richiama immediatamente i principi che pretende fondare[5].

Husserl non ha smesso, lungo tutta la sua opera, di dare la caccia a questo errore che guasta il pensiero moderno. In un piccolo testo tardivo, intitolato L’Arca originaria Terra non si muove, ha saputo dare uno svolgimento particolarmente accattivante alla sua argomentazione, basata sul richiamo a queste verità molto semplici: per essere in grado di dire che la Terra si muove nello spazio, gira su se stessa e attorno al sole, bisogna sapere che cosa sia il movimento e il riposo. Ora queste nozioni si elaborano, entrambe, in riferimento a un suolo originario cui quelle non si applicano: «La Terra essa stessa, nella forma originaria di rappresentazione, non si muove né è in riposo, è innanzitutto in riferimento a essa che movimento e riposo prendono senso[6].» E’ solo dopo aver costituito le nozioni di movimento e riposo che, in un secondo tempo, la Terra sotto i nostri piedi può essere considerata come un corpo celeste in mezzo ad altri, suscettibile, in quanto tale, di movimento. Lo stesso anno in cui Husserl redigeva questo testo, scriveva in una lettera indirizzata all’abate Emile Baudin: «Nessun consacrato “realista” fu mai realista e concreto come me, il fenomenologico “idealista”[7].» Di fatto, dimenticare il suolo originario Terra, confonderlo con il pianeta gravitante attorno al sole in nome di un preteso «realismo», è perdere il contatto col reale e sradicare la scienza.

Allo stesso modo in cui l’arca-originaria Terra – il suolo sul quale nasciamo e cresciamo – non si muove, gli uomini originari, quelli tra i quali accediamo all’umanità, non sono il prodotto dell’evoluzione. Prima di poter dire che l’uomo è una specie particolare di grande scimmia, che condivide con scimpanzé e bonobo un antenato comune qualche milione di anni fa, bisogna in precedenza essere divenuti un umano e, in questa maturazione, la distinzione tra umano e non-umano ha giocato un ruolo essenziale. Detto altrimenti, bisogna che l’uomo cominci col non essere un animale (o con l’essere un animale che differisce dagli altri per tratti essenziali) per potere, in un secondo tempo, e in un certo senso, esserne uno. Ne risulta che i settari della scienza che credono operare per la sua causa volendo imporre ovunque il loro punto di vista – e, in particolare, cancellando dall’orizzonte ogni approccio religioso all’uomo -, attaccano in verità le loro proprie condizioni di possibilità e di perennità.

L’errore è a doppia azione. Comincia con un falso storico. Il cristianesimo sarebbe il terribile ostacolo che la scienza moderna in generale, e la teoria evoluzionista in particolare, hanno dovuto superare per riuscire ad emergere ed imporsi. In questo caso, è difficile capire perché sia proprio nel mondo cristiano che la scienza moderna e il darwinismo hanno visto la luce. In realtà, il cristianesimo ha reso possibile questa fioritura. Serviva, in effetti, la prospettiva di un Dio creatore, e di una Creazione dove nulla è lasciato al caso, per essere in grado, come Galileo, d’immaginare la natura come un libro scritto in caratteri matematici. Ed era necessario l’avvenimento dell’Incarnazione per dare l’audacia di immaginare la Creazione dal punto di vista di Dio. Con particolare riferimento all’evoluzionismo, la scienza moderna non avrebbe potuto livellare la differenza ontologica tra l’animale e l’uomo, e porre il secondo in continuità col primo, se uomo e animale non si fossero trovati preventivamente riuniti, dal punto di vista del Dio creatore, nella comune qualità di creatura. (Si obbietterà che nel pensiero totemico, gli uomini si concepiscono come discendenti di un animale; ma in questo caso la continuità tra l’uomo e l’animale va di pari passo con una discontinuità tra i clan, che hanno ciascuno il proprio totem – contesto decisamente poco propizio all’elaborazione di una teoria dell’evoluzione di tipo darwiniano.) Non affermiamo che dal cristianesimo alla scienza ci sia un legame necessario. Diciamo solo che è nel quadro di pensiero stabilito dal cristianesimo che, a partire da elementi ereditati dalla scienza greca e da alcuni apporti arabi, l’impresa scientifica moderna ha potuto germogliare e svilupparsi. Il vocabolario ne reca traccia. Se gli uomini di scienza hanno scelto il termine «legge» per designare le relazioni che stabilivano tra i fenomeni, è perché queste relazioni apparivano loro come altrettanti segni dell’obbedienza assoluta delle cose, sprovviste di libertà, alla volontà divina. In altri termini, se il cristianesimo ha ispirato reazioni di rigetto nei confronti della scienza moderna, e continua a ispirarne, qua e là, rispetto alla teoria dell’evoluzione, è anche, e innanzitutto, ciò che ha loro permesso di emergere.

Supponiamo che si voglia concordare su questo punto, in mancanza dei lunghi sviluppi che meriterebbe. Si potrebbe anche ritenere che il cristianesimo, dopo aver svolto il ruolo di incubatore, sia oramai inutile, e anche nocivo a una teoria cui ha consentito di nascere – allo stesso modo in cui l’uccello, una volta preso il volo, non ha più bisogno del nido dove ha emesso i primi pigolii. Tocchiamo qui il secondo versante dell’errore. Separando radicalmente la teoria dal quadro concettuale in seno al quale ha potuto essere elaborata, si trascura una cosa: ed è che non v’è scienza senza scienziato. Per quel che concerne il progresso delle scienze, riteneva Pascal, «l’intera sequenza di uomini, nel corso di tanti secoli, deve essere considerata come uno stesso uomo che sussiste sempre e che impara continuamente[8]». Può darsi, ma quest’unico uomo transgenerazionale deve, per sussistere e continuare ad apprendere, rinnovare continuamente le cellule umane che lo compongono, le quali cellule, che alla nascita sono grossomodo identiche a ciò che erano migliaia di anni fa, non potranno stabilmente concorrere al progresso del grande organismo nel quale si inseriscono se non perchè le nuove generazioni sono in grado di percorrere per proprio conto, seppure con estremi ravvicinati, il cammino che ha permesso lo sviluppo del grande organismo. Una cultura non è coerente e duratura se non mantenendo il cammino per il quale i nuovi venuti sono in grado di appropriarsi di ciò che essa lascia loro in eredità. E per questo, il metodo migliore non è di considerare che un modo di pensare estremamente tardivo, risultato di secoli, per non dire di millenni di riflessioni sedimentate, sia naturale, e che i bambini di oggi potrebbero di colpo adottarlo, sentircisi a proprio agio e svilupparcisi armoniosamente.

La condotta di Darwin meriterebbe, a questo riguardo, di essere meditata. Ancora assai pio quando si è imbarcato nel 1831, a ventidue anni, sul Beagle, questa pietà non gli ha impedito di raccogliere, nel corso dei cinque anni che è durato il suo viaggio, gli elementi che sarebbero serviti da base alle sue riflessioni. Si è poi allontanato dalla religione, ma alla maniera di tanti uomini del XIX secolo: mettendo quella in deposito presso la propria sposa, che vigilava sull’istruzione religiosa dei loro bambini. Tolleranza verso le illusioni con cui gli esseri deboli amerebbero cullarsi? Concessione fatta a spiriti meno progrediti del suo? Nel suo caso si tratta, piuttosto, di una profonda saggezza[9]. Ed è qui che vale la pena tornare alla questione dei creazionisti. Perché se sono ridicoli, non sono esclusivamente ridicoli: essi indicano anche un problema decisamente reale.

 

Un’educazione che sia tale

Nel 1925 si è tenuto lo Scopes Monkey Trial, il «processo della scimmia», che ha contrapposto il professore di scienze John Scopes allo stato del Tennessee che gli rimproverava di aver insegnato l’evoluzione in una scuola finanziata dallo Stato, in violazione della legislazione vigente. Scopes fu riconosciuto colpevole (benché la sentenza sia stata annullata), ma il processo, che i partigiani dell’evoluzionismo desideravano fosse una occasione di difendere pubblicamente le loro posizioni, ha contribuito a far progredire la loro causa nell’opinione pubblica. Bisogna insistere su questo fatto: da quell’epoca, il conflitto non si è svolto in abstracto, ma sul terreno concreto dell’educazione. E’ così ancora oggi, ma il contesto è cambiato: il conflitto non verte più sul diritto di insegnare la teoria dell’evoluzione, ma sul diritto di insegnare, in parallelo, le vedute dei creazionisti. Porre sullo stesso piano la teoria dell’evoluzione e il racconto biblico è una aberrazione, non torniamoci sopra. Ciò stante, questo errore non è originato dalla sola stupidità, è anche il sintomo di una autentica difficoltà.

Nel bene o nel male, piaccia o dispiaccia, la scuola ha assunto un ruolo estremamente importante nell’educazione. Ora, il contenuto educativo della scienza moderna è per principio limitato nel momento in cui questa si propone assiologicamente neutra, non riconosce per autorità che la ragione e i fatti escludendo le considerazioni morali dal suo orizzonte. Di conseguenza, non sembra strano che nella misura in cui cresce la rivendicazione della scuola non solo a istruire, ma educare, tutto ciò che è idoneo a orientare nella vita tenda a essere estromesso da ciò che si insegna? Si dirà: nulla vieta d’aggiungere alle discipline scientifiche un insegnamento religioso. Affatto! La legge americana vieta un tale insegnamento in tutte le scuole che ricevono fondi pubblici. Mentre la scuola universale e obbligatoria trova la sua matrice lontana nella catechesi della comunità cristiana, il cristianesimo si trova espulso, nel nome della neutralità religiosa, dall’istituzione che ha ispirato. Ne consegue una indiscutibile tensione, per non dire contraddizione, tra lo stato dominante che le istituzioni politiche conferiscono alla scuola nell’educazione, e il rifiuto di far posto in essa a ciò che un gran numero di genitori ritiene essere la cosa più importante da trasmettere, non solo in seno alle famiglie, ma socialmente.

Se i creazionisti rivendicano per la Bibbia un valore scientifico è, almeno in parte, perché non intravedono altro modo per evitare che nel corso della loro scolarità la sola concezione «seria» dell’uomo consegnata ai loro figli sia quella dell’evoluzionismo; che la sola concezione «seria» dell’amore e della morale proposta loro sia quella delle pulsioni sessuali geneticamente pilotate cercando di soddisfarsi, e di strategie adattative. Sono numerosi quelli che s’indignano, o si beffano, delle pretese scientifiche dei creazionisti, dimenticando che è il rifiuto di dare diritto di cittadinanza ad altro che non sia la scienza nelle scuole ad aver indotto questo tipo di pretese. L’idea di Intelligent Design che ha conquistato consensi a partire dagli anni 1980, risponde anzitutto al desiderio che a scuola il mondo non sia solo presentato, nella sua ultima verità, come una combinazione di caso e di necessità; ed è per reclamare un posto nei programmi che l’Intelligent Design si è ornato dello statuto di teoria scientifica.

Non si tratta per nulla, qui, di difendere queste affettazioni di scientificità – e neppure l’Intelligent Design in quanto tale, mescolanza di generi assai indigesta. Si tratta di identificare l’origine di alcuni fenomeni, e riconoscervi l’espressione criticabile di una ansietà giustificata. Anime buone si stupiscono che il movimento anti-evoluzionista non riguardi solamente, negli Stati Uniti, le fasce incolte o tradizionaliste della popolazione, ma anche persone diplomate, che nelle grandi metropoli conducono vite del tutto moderne. E’ che avere dei diplomi non impedisce di percepire che qualcosa non va nel dominio dell’educazione. Stephen Jay Gould ha cercato di far sentire, nel dibattito americano, la voce della ragione difendendo il principio di non sovrapposizione dei magisteri (NOMA, per Non Overlapping Magisteria). La scienza e la religione non dovrebbero entrare in conflitto dal momento che i loro magisteri si esercitano in domini disgiunti: la scienza risponderebbe al desiderio di rispondere al carattere fattuale della natura, la religione al bisogno di trovare un senso alla nostra esistenza e una base morale al nostro agire (concezione assai riduttiva, ma lasciamo stare). Un tale principio di separazione dei magisteri è sensato, ma lungi dall’essere sufficiente: bisogna ancora concepire il modo in cui si articolano. Perché è proprio in mancanza di una articolazione adeguata che i magisteri cercano di sconfinare l’uno sull’altro. I moderni hanno avuto la tendenza a pensare che la scienza avrebbe avuto tutto da guadagnare da un confinamento del cristianesimo tra i muri delle chiese. I postmoderni giungeranno forse a comprendere che su una scala temporale piùestesa, è l’inverso che è vero.

La cultura scientifica non è duratura in sé stessa, non fosse che perché incapace di riprodursi coi suoi propri mezzi. Essa può trasmettersi da una generazione all’altra solo inserita in seno a una cultura più ampia che la porta. Molti scienziati accusano di debolezza, di vigliaccheria o di incoerenza quelli che, pur riconoscendo la validità della scienza, vogliono mitigare la sua presa nella cultura. Se la scienza è vera, in nome di che limitare il suo posto? Non riescono a capire che la scienza, da sé stessa, non è vera, che scivola nell’insignificanza e scompare. Del resto essi stessi, per gran parte della loro esistenza e checchè ne dicano (e per fortuna, altrimenti sarebbero dei mostri), concepiscono il mondo diversamente dai precetti della scienza moderna. Tra l’uomo oggettivante e oggettivato della scienza, e l’uomo soggetto che entra in  relazione, non c’è da scegliere, perché siamo l’uno per mezzo dell’altro. In calce a una lettera che gli aveva mandato sua moglie Emma, Charles Darwin ha tracciato queste parole:  «God Bless You. C. D. Giugno 1861» Anche dopo la pubblicazione de L’Origine delle specie, Darwin l’agnostico continuava a fare appello, nella relazione con sua moglie, al Dio che benedice. Nessuna «regressione» in questa circosanza, ma una intelligenza delle cose e della vita preservata. Una intelligenza che i darwinisti di oggi dovrebbero preoccuparsi di coltivare, perché prima di consegnarsi alla scienza, bisogna accedere a una umanità capace di scienza, e permanervi. Per questo, il cristianesimo si è mostrato nel corso dei secoli rimarcabilmente capace. A lungo termine, è probabile che sia solo nella misura in cui l’uomo continuerà a vivere come creatura di Dio che potrà anche continuare, in un certo senso, a discendere dalla scimmia.

 

[1]Richard DAWKINS – The Selfish Gene, Oxford University Press, 2006 (30th anniversary edition), p. 1.

[2]Livre I, chap. IX.

[3]Vedere Peter VAN INWAGEN, «Genesis and Evolution», in God, Knowledge, and Mystery – Essays in

Philosophical Theology, Ithaca (N.Y.), Cornell University Press, 1995, p. 128-162. Riprendiamo numerosi argomenti di questo eccellente saggio

[4] Richard DAWKINS, op. cit., p. 12.

[5]Edmund HUSSERL – Ricerche logiche1. Prolegomeni a una logica pura, a cura di Giovanni Piana, 2 volumi, Milano: Il Saggiatore, 1968,cap. IX (particolarmente § 56).

[6] “Die Urarche Erde bewegt sich nicht” [1934], pubblicato in Philosophical Essays in Memory of E. Husserl, New York, Greenwood Press, 1988, p. 307-325. (Traduzione francese : La Terre ne se meut pas, Éditions de Minuit, 1989, p. 12.)

[7]Lettre du 26 mai 1934, in Briefwechsel (Band VII) : Wissenschaftlerkorrespondenz, Dordrecht, Kluwer

Academic Publishers, 1994, p. 16.

[8] Frammento di prefazione per un Trattato sul vuoto [1647]

[9]Vedere le pagine che Marie BALMARY consacra a questo soggetto in La divina origine – Dio non ha creato l’uomo, Ed. Dehoniane, Bologna 2006, cap. III.

 

*Oliver Rey –  filosofo, ricercatore al Centre national de la recherche scientifique (Cnrs) e professore all’Università Paris 1 Pantheon-Sorbona.

 

36 pensieri su “L’uomo originario non discende dalla scimmia

  1. Massimo ippolito

    Saluto con piacere un articolo che tratta il darwinismo, e soprattutto son felice che avvenga su questo sito. Chiaramente, avendolo scritto un filosofo il tema è stato affrontato solo sotto certi aspetti, utilizzando l’accetta per distinguere i neodarwinisti e i critici del neodarwinismo, che qui prendono i nomi di creazionisti e promotori dell’intelligent design.
    Da biologo rimango interdetto perchè vedo mancare una terza categoria, fatta da coloro che criticano il neodarwinismo su basi scientifiche. Si parlava nell’articolo del problema dell’educazione. Bene. Quanti hanno letto questo articolo sanno che non sono stati trovati anelli mancanti, che la famosa Lucy non appartiene all’evoluzione umana, che non è stata dimostrata la nascita della vita dal brodo primordiale, ecc.? I libri scolastici, dalle elementari all’universitá, sono pieni di grossolani errori che spacciano il neodarwinismo come una scienza, che invece non è affatto sperimentale.
    Due suggerimenti: 1) spesso questi discorsi sono molto specialistici e non tutti possono parteciparvi, da poco è uscito un romanzo thriller che smonta gli antiquati cavalli di battaglia darwinisti con linguaggio semplice e non noioso, adatto a grandi e studenti. Si chiama Sapiens – troppo comodo morire. Non l’ho trovato in libreria ma solo come e-book. 2) vi suggerisco un sito : critica scientifica del prof. Enzo pennetta. Sito che si distingue da tutti gli altri perché tutt’altro che fanatico: attua una critica scientifica al neodarwinismo con equilibrio e buona documentazione.
    Saluti,

    Massimo

    1. vale

      veramente se ne era già ampiamente discusso-son certo che admin ,volendo, ricorderà i o il post-.interessante il pennetta.

    2. “grossolani errori che spacciano il neodarwinismo come una scienza, che invece non è affatto sperimentale.”

      E come potrebbe esserlo?

      Ad ogni modo anche ipotizzando che l’uomo provenga da ominidi e gli ominidi da babbuinidi o che altro, non potrebbe comunque essere stato Dio l’inizio di tutto? Inclusa la magica insufflazione dell’anima in quello che poi sarebbe divenuto l’homo sapiens sapiens (cosiddetto)? (o anche, magari, insufflatala nel momento che divenne sapiens-sapiens) (biologi permettendo)

      1. giuseppe

        E come potrebbe esserlo?
        Semplicemente facendo una previsione e permettendo a tutti di verificarla!
        Il problema del darwinismo è proprio questo non permette di fare delle previsioni: in senso popperiano, non permette di elaborare e confutare teorie.
        Un fisico come ragiona?
        Congettura: getto un oggetto in aria, questo cade a terra: perchè c’è la forza di gravità.
        Confutazione: lancio un oggetto e questo effettivamente cade la congettura è verificata
        Capisco che in biologia non ci siano (spesso, ma non sempre) laboratori, ma in realtà mancano darwiniani che si vogliano assumere l’onere di elaborare delle congetture verificabili,
        Ad esempio: tra cento anni, (oppure cento generazioni) al il coccodrillo del Nilo spunteranno le ali per saltare da una pozza d’acqua ad un’altra.
        Questa è una congettura qualche darwiniano la affermi e così la verifichiamo: guarda questo è quello che fece Edmund Halley che in vita sua (visse 56 anni) mai vide la cometa che porta i suo nome eppure la previde!
        Forza un piccolo sforzo: fai una previsione sull’evoluzione di un qualsiasi vivente: io e te resteremo nel dubbio, ma credimi i nostri eredi ci ringrazieranno …o derideranno!

      2. Massimo ippolito

        Ciao filosofiazzero,
        Anche immaginando una evoluzione , può essere stato Dio a iniziare tutto. Ma bisogna fare due osservazioni:
        Come dice Max Weber: dio è stato tolto dal cielo da galileo ed è stato tolto dalla terra da darwin. Cioè l’intento dei neodarwinisti è usare la scienza per negare la fede. È dire cioè: non serve più Dio, visto che siamo qui per caso. Ma questo è far diventare la scienza sinonimo di veritá, se fosse scienza, ma il darwinismo nemmeno quello è.
        E questo è il secondo punto: negare che il darwinismo sia scienza, ti porta ipso facto fuori dalla comunitá scientifica. Per convenzione, per ostracismo. La comunitá scientifica rimane una comunitá di uomini, con i loro umori e i loro condizionamenti.
        Massimo

        1. Dio è stato tolto dal cielo dagli illuministi, che hanno mitizzato le controversie di Galileo. Galileo era un cattolico devoto, che aveva trovato nella matematica “il linguaggio con cui Dio ha scritto l’universo”. Grazie Massimo per il sito di Enzo Pennetta, lo sto divorando 🙂

  2. “Adottando quel principio che potremmo chiamare del «radicalismo del punto di partenza», cominceremo col mettere da parte ogni eventuale convinzione precedente, e in particolare col non considerare acquisita alcuna verità della scienza.”

    [Edmund Husserl, Meditazioni cartesiane]

  3. Qualunque teoria quando conosciuta a fondo comincia a fare acqua da qualche parte. E’ per questo che sono favorevole all’insegnamento delle religioni nelle scuole. Aiuta a far venire dei dubbi.

  4. ….per la maggior parte di coloro che hanno familiarità con la biologia e la paleontologia le prove sinora raccolte significano che il mondo vivente, compreso l’uomo, è il prodotto si uno sviluppo evolutivo, ma c’è ancora persone che, pur a conoscenza di tali prove, insistono nel dire che l’evoluzione è una pura ipotesi e continuano a respingerla a favore della creazione speciale (e la crezione speciale non è un’altra ipotesi?).

    1. Massimo ippolito

      No filosofiazzero,
      Se ci fossero delle prove, il mondo non la chiamerebbe ancora teoria. Familiaritá con la biologia? Non cadere nel tranello di dare dell’ignorante a chi non la pensa come te. I programmi di piero angela e di focus danno l’evoluzionismo per scontato. Le riviste specializzate continuano a mettere in crisi il darwinismo.
      Su critica scientifica c’è un’interessante indagine su come viene raccontata l’evoluzione nei musei italiani. Questa settimana la prima puntata, dai un’occhiata se ti va.

      Massimo

      1. Thelonious

        Beh questo non è corretto. Nella scienza tutto è “teoria”, anche quella della gravitazione universale, dell’elettromagnetismo, della relatività e così via.
        Poi, se ci sono prove contrarie, quella teoria viene confutata da un’altra teoria.
        Ma sempre di teoria si tratta.
        In questo senso la scienza non può e non può mai essere “assoluta”.
        Poi, che il darwinismo sia tutt’altra cosa è vero, ma che una teoria scientifica si chiama teoria perché non ci sono prove è falso.

        1. Pardon, il big bang è una teoria, il brodo primordiale è una teoria, gravitazione universale, elettromagnetismo e relatività consistono ormai in fior di leggi matematiche, vengono volgarmente chiamate “teorie”, ma non lo sono in senso stretto e quindi accostabili al darwinismo 🙂

          1. Clockwork

            Soltanto perchè una teoria è correlata da formule matematiche non vuol dire che non sia una teoria o, peggio ancora, che sia vera, anzi. Spesso le formule matematiche sono soltanto buone approssimazioni di quel che realmente accade, senza alcune volte che il fisico assolutamente s’immagini il perchè. Esempio: teoria della riflessione/rifrazione dell’onda luminosa.

            Una quarantina d’anni fa, la teoria che si credeva corretta per spiegare il fenomeno si rivela totalmente errata. Eppure, i fisici oggi continuano a utilizzare la teoria non corretta perchè le sue formule matematiche sono comode e semplici da manipolare rispetto alla teoria esatta.

            Esempio di lavoro di un fisico: Einstein, dopo la relatività, si mise a elaborare una cosmologia che tenesse appunto conto della relatività generale, ristretta e della legge di Hubble. Vedeva che i conti non tornavano e quindi nelle equazioni c’ha aggiunto una costante posticcia – che non esiste, per sua stessa poi ammissione.

            La fisica, più che un percorso ragionato, è un… aggiustare il tiro quando conviene.

            1. Thelonious

              E’ una visione assai riduttiva. Se si vuol dire che la scienza non è mai “assoluta” è vero, ma questo fa parte della natura stessa della scienza. Altrimenti si confonde il piano fisico con quello metafisico

            2. Beh, quando queste formule danno modo di prevedere fenomeni con precisione e danno origine ad applicazioni tecniche che funzionano, la teoria si può dire vera e semmai perfezionabile ed espandibile, ma non falsa. Ma dire che la gravitazione universale e l’elettromagnetismo siano teorie confutabili significherebbe affermare che i razzi nello spazio e i nostri cellulari funzionano per un colpo di fortuna, o no?

              1. Thelonious

                …a dire che la gravitazione universale e l’elettromagnetismo siano teorie confutabili significherebbe affermare che i razzi nello spazio e i nostri cellulari funzionano per un colpo di fortuna, o no?….

                No. Tutte le teorie scientifiche, proprio perché sono scientifiche e non trattano di verità metafisiche, sono confutabili e modificabili, nel caso si provino casi non spiegati dalle suddette teorie.

  5. ….coloro i quali ci vorrebbero fare credere che Dio abbia creato separatamnete ogni specie biologica quale oggi la osserviamo, ma l’abbia fatto in modo da indurci a pensare che sono tutte il prodotto di un processo evolutivo, che gente sarebbero?

    1. Massimo ippolito

      Ciao, non interessa parlare di creazionisti o altro. Interessa chiederci se ci sono prove sperimentali che l’evoluzione darwiniana è avvenuta. La risposta è no. Al momento non ci son prove.
      Poi che Dio ci abbia indotto a pensare qualsivoglia cosa…. Mi viene da sorridere. Allora abbiamo pensato in passato che il sole girava intorno a noi perchè Qualcuno ci ha indotto a pensarlo? Ridicolo, vero? È che il progresso della conoscenza ci porta a scoperte sempre più precise. Se parliamo di scienza è prudente rimanere a quanto osservabile e riproducibile, questa è l’ereditá di Galileo.
      Ciao,

      Massimo

  6. …..prove non vuole dire solo esperimenti ripetibili, ma, per esempio, la paleontologia, lo studio degli strati geologici contenenti scheletri umani. Lasciamolo stare Galileo, per piacere!
    p.s. perché tante prove rimaste della evoluzione dell’uomo se invece è stato creato di un botto (era questo il senso
    del discorso che facevo prima) e poi QUANDO sarebbe stato creato così come è ora?

    1. Roberto

      La paleontologia e lo studio degli strati geologici dimostrano l’infondatezza delle pretese evoluzioniste.

  7. vale

    beh, se per scienza si intende una qualsivoglia teoria purchessia….:

    I due gruppi umani si sarebbero mescolati fra di loro fino a che la stirpe dei neandertaliani si fuse completamente con la nostra: lo rivela una nuova ricercadi Brian Handwerk
    http://www.nationalgeographic.it/scienza/2011/11/29/news/fu_il_sesso_con_i_sapiens_a_far_estinguere_i_neandertal_-700666/

    L’uomo di Neanderthal e l’homo sapiens non sono parenti
    Lo sostiene uno studio di ricercatori dell’Università di Ferrara secondo il quale le due specie sono rimaste sempre distinte

    Il test del Dna per l’uomo di Neanderthal e alcuni esemplari di Homo sapiens dimostra che i due gruppi, pur avendo abitato insieme in Europa, non si incrociarono tra loro, rimanendo sempre due specie distinte, fino a che Neanderthal, perdendo la battaglia evolutiva con Sapiens, si estinse.( da corriere scienze)

    http://www.koimano.com/articolo.asp?id=97

    d’altronde, finchè non si prova il contrario, non si può dire che l’uomo non discenda dagli alieni.in teoria.
    scientifica finché non viene smentita.

    1. Thelonious

      No, per scienza non si intende una qualsivoglia teoria purchessia. Che senso ha questa affermazione?
      Guarda che per portare avanti una posizione, magari contro il darwinismo, bisogna dare ragioni probanti, e non fare affermazioni campate in aria. Anch’io sono contrario al darwinismo e soprattutto alla riduzione antropologica che ne consegue, ma fare certe affermazioni su cos’è una teoria scientifica dimostra solo che si può parlare senza sapere di cosa si sta parlando.

      1. vale

        non entro nel merito della quaestio, sia chiaro.

        quel che mi interessava è stabilire, a questo punto , cosa è scientifico o meno. e fino a che punto si può dire che sia scientifica una teoria supportata da dati erronei (vedi Galilei sulle maree,per esempio)

        infatti, come sotto dice l’ippolito, ho citato entrambe quelle due teorie-scientifiche, va da sé, proprio perchè antitetiche.
        e darwin stesso non tenne conto,per esempio ,degli studi di Mendel suo contemporaneo( nel cosidetto neodarwinismo, tale teoria verrà inclusa assieme alla paleontologia ed allo studio della genetica delle popolazioni),e disse che se non si fosse trovato l’anello di congiunzione, tutt’ora mancante,la sua, già al tempo,teoria-scientifica?- era falsa.
        quindi vien data per scientifica una teoria che non è supportata da dati scientifici. o comunque non supportata in buona misura da tali dati. ma solo da “osservazioni”.

        quel che voglio dire è che oramai si appiccica il termine “scientifico” a qualsivoglia teoria per dargli una patina di credibilità.
        anche quando i dati non supportano tale teoria o, addirittura, il contrario ( vedere l’esempio di piketty che il Financial time accusa di utilizzare dati sbagliati a supporto della sua teoria sulle diseguaglianze in aumento.Secondo Giles, gli errori trovati dal Financial Times nelle tabelle e nei grafici di Giles confutano la stessa premessa del libro, e cioè che da quasi un secolo le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza (attenzione: non del reddito) non abbiano fatto altro che crescere. Secondo Giles, Piketty ha commesso alcuni errori di trascrizione nei dati, ne ha abritrarimante inventati degli altri e ne ha scelti alcuni ed eslcusi altri ancora per favorire le sue tesi (qui trovate tutti i dati e le tabelle contestati dal Financial Times, qui invece trovate i dati di Piketty).

        ( http://www.ilpost.it/2014/05/24/piketty-errori/ )

        poiché il solo criterio della falsificabilità non mi pare sembra più essere sufficiente a dare “dignità”scientifica ad una teoria( e cioè: finché non viene falsificata, anche se basata su dati erronei, resta scientifica?)

    2. Massimo ippolito

      Sembra invece, con dati più aggiornati rispetto al 2011 – la data dello studio citato da Vale, che siano stati ritrovati figli nati fra sapiens e neandertal. Così tanto diversi non paiono (citato sotto lo studio pubblicato). Forse son più distanti esteticamente una bionda bassina e un nero watusso. Entrambi umani al 1000 per 1000.

      Ha ragione Giuseppe, per avere dignitá di teoria scientifica, deve essere almeno falsificabile. E Darwin disse come fare: “se non si trovano anelli di congiunzione, allora quest’idea è destinata a fallire”. Finora il piatto piange, e son state trovate oltre 260mila specie fossili, nessun anello di congiunzione.

      Alcuni qui, hanno accusato di creazionismo chi critica il neodarwinismo. È una semplificazione che danneggia la ricerca della veritá. Se si critica un aereo perchè progettato così male da non sapersi alzare in volo, non bisogna essere affossati da critiche di oscurantista tecnologico del tipo: “tu non vuoi che l’uomo voli”, semmai insieme si dovrá trovare il modo di costruire un aereo (fuor di metafora : una teoria) che abbia rispondenze nella realtá, e questa – perdonatemi – non è il neodarwinismo che spiega quasi tutto col caso. Noi scienziati siamo un pò orgogliosi e non sappiamo dire la nostra ignoranza, spesso usiamo la parola casualità quando non sappiamo spiegare qualcosa. Il neodarwinismo non è una teoria che spiega la macroevoluzione, dovremo ancora cercare.
      Ho trovato molto bello questo confronto.
      Grazie.

      Massimo

      Bibliografia dell’opera citata:
      “Condemi S, Mounier A, Giunti P, Lari M, Caramelli D, et al. “Possible Interbreeding in Late Italian Neanderthals? New Data from the Mezzena Jaw”. PLoS ONE 8(3) (2013)”

  8. francesco

    A proposito di evoluzionismo mi sono occupato tanto dell’argomento negli ultimi anni, e da medico ho scritto una riflessione, basata su dati di genetica medica incontestabili, che stronca alla radice qualsiasi ipotesi di veridicità scientifica dell’evoluzionismo o di altre teorie assimilabili ad esso. Per chi fosse interessato posso inviare l’articolo. In sostanza quello che ci insegna la genetica è che il patrimonio cromosomico umano non tollera variazioni, né in plus, né in minus; che queste variazioni sono sempre peggiorative per la specie, e lo sono tanto di più quanto maggiore è il pezzo di cromosoma interessato (lo studio delle sindromi cromosomiche è in tal senso illuminante). Un cromosoma in più (trisomia) è tollerato solo per i cromosomi più piccoli ( 21, 13, 18, perché le altre trisomie non sono compatibili con la vita), un cromosoma in meno (monosomia) non è MAI compatibile con la vita eccezion fatta per rarissimi casi di Sindrome di Turner (si parla dell’uno per mille), dove i nati vivi non arrivano comunque mai a sopravvivere fino all’età riproduttiva.
    A questo punto mi spieghino gli scienziatoni evoluzionisti, visto che la monosomia non è compatibile con la vita, come ha fatto l’uomo a passare dai 48 cromosomi delle scimmie antropomorfe ai 46 che rappresentano il nostro patrimonio genetico, e per di più migliorando la specie!!!
    La verità, che gli scienziati non vogliono capire è che ogni intervento fatto dall’uomo sul DNA degli organismi viventi è peggiorativo: infatti gli OGM sono sempre sterili, cioè danno semi non in grado essere seminati e riprodursi.
    Il fatto che non sempre capiamo la Rivelazione, non significa che la Genesi sia una favoletta acchiappa-bischeri. Tantomeno possiamo pensare di utilizzare la filosofia, strumento umano imperfetto e fallace, per spiegare la Parola di Dio, perfetta e immutabile. San Paolo infatti ci mette spesso in guardia dal farci portare a spasso da vuote teorie filosofiche

    1. Castagna

      “La verità, che gli scienziati non vogliono capire è che ogni intervento fatto dall’uomo sul DNA degli organismi viventi è peggiorativo: infatti gli OGM sono sempre sterili, cioè danno semi non in grado essere seminati e riprodursi.”
      Mi perdoni, ma no. Se dobbiamo demonizzare tutta l’ingegneria genetica, allora dobbiamo anche rinunciare all’insulina ricombinante, all’Aradopsis thaliana per scovare le mine antiuomo, alla chimosina ricombinante, alla terapia genica, a buona parte della sperimentazione animale, al GH ricombinante, etc.
      Non è affatto vero, poi, che gli OGM siano sempre sterili: non c’è ragione perché lo siano, tant’è che è brevettato un metodo apposito per renderli sterili (lo chiamano “gene terminator”, è stato famoso per un po’). Può citarmi la fonte della sua affermazione?

      “A questo punto mi spieghino gli scienziatoni evoluzionisti, visto che la monosomia non è compatibile con la vita, come ha fatto l’uomo a passare dai 48 cromosomi delle scimmie antropomorfe ai 46 che rappresentano il nostro patrimonio genetico, e per di più migliorando la specie!!!”
      Si pensa che il cromosoma 2 umano derivi dalla fusione di due cromosomi ancestrali, come indicato dalla presenza di telomeri e centromeri vestigiali e dalla grande somiglianza di questo cromosoma con i cromosomi 2p e 2q dello scimpanzé. Un esempio di traslocazione robertsoniana, insomma, che non è incompatibile con la vita – come dimostra la fusione dei cromosomi 12 e 13 in una famiglia finlandese per almeno nove generazioni (Eklund et al., 1988).

  9. francesco:

    ….non sono né medico né filosofo né teologo. Semplicemente non credo in Dio (e quindi non credo nella creazione)
    e non ho nemmeno nessun argomento per dimostrare vero o non vero l’evoluzionismo o quant’altro. D’altra parte (vero o non vero) per me è uguale. Se hai trovato la prova dell’impossibilità dell’evoluzionismo sono contento per te (se anche te sei contento).
    Per quanto riguarda la Bibbia e S.Paolo….lasciamo perdere!

I commenti sono chiusi.