L’amico che tutte vorremmo

di Costanza Miriano

Quando Karol Wojtyla diventò Papa io avevo sette anni, ma l’età della ragione era di là da venire. Prima, prima che arrivasse la ragione, le balle sulla parità io e le mie coetanee ce le siamo bevute tutte. “Uomini e donne sono uguali, bisogna competere sugli stessi campi, niente ci è precluso, e anche se un giorno diventeremo mamme non saremo certo tenute a scegliere, e che diamine”.
Ma non è tutta colpa mia. Che ne sapevo della vita, di come siamo fatti, di cosa davvero significhi il fatto che “maschio e femmina li creò, a sua immagine”? A mio discapito, signori della corte, vorrei ricordare che a una adolescente degli anni ’80 bastava accendere Videomusic (ve la ricordate?) per vedere maschi alla David Bowie con una messa in piega che neanche mia zia, femmine androgine o all’altro estremo aggressivamente sessuate come Madonna. Spero che la corte la ritenga un’attenuante per quei miei guanti di pizzo nero che rimarranno negli annali dei capi di abbigliamento più inspiegabili della fine del secolo scorso.

Erano anni in cui noi donne pensavamo di saperla lunga. Noi, o meglio le nostre sorelle maggiori avevano rovesciato il maschilismo più becero ed egoista, conquistandoci il diritto al voto (le nostre nonne) e altri importanti passi in avanti. Nel rovesciare la logica del dominio, però, le donne l’hanno fatta propria, per quanto capovolta. A ben vedere, l’emancipazione femminile non è stata che un’applicazione della logica maschile del dominio, dall’altra parte. Io non voglio più esserti assoggettata, ma invece di esserti un’alleata, un aiuto, una compagnia leale e di uguale dignità, voglio finalmente imporre la mia voce fino a coprire la tua.
Ma di voci veramente diverse, in quegli anni, ne rimase una, alta, forte, sola. In una Chiesa quasi schiacciata, spaventata, un giovane vescovo divenne Papa, ed esordì nel suo luminoso pontificato invitando tutto il mondo a non avere paura, perché Cristo è il centro del cosmo e della storia. Lui, il Papa, per primo non ha avuto paura di proporre un modello esigente e alto alle donne e agli uomini. Non ha fatto sconti sulla Evangelium vitae, non ha aperto le porte al mondo sulla contraccezione (tanto meno sull’aborto, è ovvio), sul sesso fuori dal matrimonio. Non è sceso sul piano delle femministe, delle loro rivendicazioni, ma ha invitato loro, le donne, a salire più in alto, a non deprezzarsi, a non svendersi per così poco: una sessualità libera in cambio di una sterminata solitudine, dell’infecondità, della perdita di identità, dell’infelicità.
La Mulieris Dignitatem l’ho ricevuta nel 1989 per Natale. Non ricordo chi mi abbia fatto questo caritatevole dono, forse la mia amica Daniela. A quel punto avevo 19 anni, e della lettera apostolica mi innamorai, letteralmente. Come resistere a quella chiamata a un amore alto, sublime, tra l’uomo e la donna, figura dell’amore trinitario? Dio ha qualità anche femminili, perché la sua immagine è nell’uomo E ANCHE nella donna. Maschio e femmina, a sua immagine. Una scintilla di Dio è in entrambi, ma “la donna non può tendere ad appropriarsi delle caratteristiche maschili, contro la sua propria originalità femminile”.
Attraverso le donne che Gesù incontra nel vangelo, e ancor più attraverso Maria, Wojtyla parla dello specifico femminile. E qui, sulla maternità, scrive parole commoventi sullo speciale debito che il mondo ha verso la donna, per la sua disposizione personale al dono. La donna si ritrova dandosi, “mediante un dono sincero di sé”, dice il Papa, mostrando una conoscenza acutissima della mente femminile, che ha “una speciale comunione col mistero della vita”. Per questa speciale chiamata a dare amore “la donna rappresenta un valore particolare come persona umana”.
Quante sofferenze avrebbe potuto risparmiare a tante, tantissime donne che conosco la lettura e l’accoglienza della Mulieris Dignitatem. Purtroppo se ne propongo la lettura alle mie amiche, a ancor più se gliela avessi proposta quando avevamo 19 anni, me l’avrebbero tirata in testa (fortuna che è leggera).
Gli stessi concetti sei anni dopo animano la Lettera alle donne, scritta per la conferenza di Pechino: la donna, come dice la Genesi, è un aiuto dell’uomo. Un aiuto, scrive il Papa, non unilaterale ma reciproco.
Si vede proprio che Giovanni Paolo II sul mistero del matrimonio ci si è rotto la testa, e già da quando, giovane sacerdote, seguiva gruppi di coppie. Allora la teologia considerava la vocazione alla vita coniugale “non un ostacolo” alla perfezione. Invece la via che tracciava lui per le sue famiglie era la via della santità più alta. Non dire ti amo, diceva ai fidanzati, ma partecipo con te dell’amore di Dio, chiarendo subito che nel matrimonio cristiano gli sposi sono tre, lui, lei e Dio. E’ lui l’unico che può indurci a dire una cosa così rischiosa e impensabile come “finché morte non ci separi”, e anche ad avere almeno una vaga speranza di mantenere fede alla parola data.
E grazie a questa fedeltà, allo starci, al rimanere sulla croce del qui e ora (che davvero può essere una croce) nella famiglia, sotto gli occhi di Dio, si rinnova la faccia della terra. Un programmino niente male.
Wojtyla ha avuto anche una carissima amica, una donna, Wanda Poltawska, come lei ha raccontato nel Diario di un’amicizia Lei era una donna sconvolta dall’esperienza dei lager. Wojtyla, da giovane sacerdote incontrato “per caso” in un confessionale, la aiutò a dire ancora una volta sì alla vita, alla sua vocazione di donna e poi di sposa. Con lei, che lo chiamava fratello, tante volte si confrontò. Lei, che reclusa in un lager aveva visto bambini appena partoriti buttati vivi nei forni, e che faticò a liberarsi da quell’orrore, ha dedicato tutta la sua vita a difendere la famiglia e la vita nascente, e quest’impegno i due amici lo condivisero combattendo strenuamente, lei come medico psichiatra, dal suo consultorio in Polonia, lui dalla cattedra di Roma. Ma anche da Papa trovava il tempo per stare vicino alla sua amica carissima, tanto segnata dalla crudeltà nazista, leggendo le sue meditazioni spirituali, correggendole, annotandole a margine, facendole da padre spirituale, mostrando di conoscere la complicata mente femminile come pochi uomini. Io personalmente, che gli uomini non li capisco e avrei bisogno di un traduttore per farmi capire da loro, un amico così lo avrei voluto proprio ma proprio tanto.

pubblicato il 14 maggio 2011

24 pensieri su “L’amico che tutte vorremmo

  1. sabina

    Ho comprato e iniziato a leggere “Diario di un’amicizia” della Poltawska..due vite parallele per salvare e proteggere la famiglia,in una vera Amicizia.
    Che Grazia avere un amico così!

  2. Simona

    Cara Costanza,
    Non ci conosciamo di persona, ma per me è come se ci conoscessimo davvero. Trovo che questo tuo articolo sul Papa sia meraviglioso e condivido il tuo pensiero pienamente: anche io lo avrei voluto per amico.
    Un abbraccio

  3. E intanto nel giorno della santificazione di Giovanni Paolo II, in questo momento su LA7 la cara Lilli Gruber, ha imbastito una trasmissione che che “sputa” sentenze e insinuazioni – tornando sulla certamente dolorosa questione della pedofilia – come quella che San G. P. II non poteva non sapere ecc, ecc.

      1. Claudio

        E’ tutto botox quello che fa le smorfie? Scusate, è una stupidata, ma non sono riuscito a trattenermi …

        1. @Claudio, si direi sia quello… 😉

          Sembrerà una stupidata, ma sotto sotto è ben altro… è l’incapacità di molti, molte donne ma anche uomini, moltissimi del “mondo dello spettacolo”, ma non solo, di accettare di invecchiare, di accettare che il tempo e l’età segnino come debbono segnare, il nostro cammino.

          E’ l’incapacità, età che avanza o meno, di accettare se stessi per quelli che si è, per come Dio ci ha fatti (alti, bassi, mori o biondi – belli o brutti che pensiamo di essere).

          Per molti una incapacità intrinseca, per alcuni un “piegarsi” alle “esigenze” dell’ambiente in cui si lavora, la paura di essere “tagliati fuori”, messi da parte, scartati… comunque segno di una profonda debolezza i cui rimedi esteriori sono spesso peggio di quello da cui si vorrebbe fuggire.

          Quando poi da questa mal celata insicurezza, si sale sul piedistallo di non si sa quale superiorità, a sentenziare e giudicare anche un Santo (vedi ieri) – e anche non lo fosse stato ancora, ne avrebbe da mangiare “dei crostini” la signora Gruber per poter aprire la sua tumefatta (ahilei) bocca – la cosa rattrista non poco o se vogliamo, rischia di far cadere chi lo fa, quanto meno nel ridicolo.

          1. Claudio

            in certi casi, non solo belli e brutti, biondi o mori, ma anche uomini o donne … ma fermiamoci qui, che l’Inquisizione politically correct non ci senta …

    1. Giusi

      Non ho visto la Gruber ma penso che quello che si rimproveri a Papa Giovanni Paolo II sia di non aver agito contro il capo del Legionari di Cristo cosa che poi ha fatto Benedetto. Non so naturalmente nulla delle motivazioni ma questa storia mi ha sempre fatto venire in mente, per una sorta di analogia, un episodio occorsomi nella prima adolescenza. Vivevo in un paese del sud dove la festa del patrono era ed è un evento importantisimo che coinvolge tutto il paese. Per aiutare nelle confessioni veniva sempre un confessore straordinario. Io avevo 12 anni e mi confessai da lui. La confessione fu molto strana. Ero piccola, ma non scema, capii che c’era qualcosa che non andava e mi rifiutai di seguirlo in sacrestia come mi aveva proposto.. Una volta a casa raccontai tutto a mia mamma la quale non mi parlò male del prete ma mi disse che avevo fatto bene a non seguirlo e mi raccomandò di non raccontare niente a Don Antonio (il nostro santo ed integerrimo parroco) perchè si sarebbe tanto dispiaciuto. A distanza di tempo, quando si palesarono certe brutture che purtroppo esistono nella chiesa, chiesi a mia mamma se all’epoca non avesse pensato che non denunciare quel sacerdote fosse stato un errore perchè magari potrebbe aver fatto del male a qualcuno. Mia mamma rispose che no, non ci aveva pensato, che la sua mente non riusciva nemmeno a contemplare certe cose. Non so perchè mi è venuto in mente questo episodio leggendo un’intervista ad un amico di Papa Giovanni Paolo (non ricordo il nome) dove affermava che nei paesi comunisti dove Lui è vissuto quel tipo di accuse venivano imbastite apposta per combattere gli avversari politici e che il Papa, vedendo anche i frutti veramente copiosi di vocazioni nei Legionari di Cristo (ad es.a Padova ci sono empre stati in una bellissima chiesa del centro e sono sempre stati bravissimi e apprezzatissimi sacerdoti), non aveva creduto. Ecco, chiamatemi ingenua, ma io credo a questa versione. Le anime pure, sante delle volte non vedono certe brutture perchè non le concepiscono e questo non toglie nulla alla grandissima intelligenza e profondità del grande Santo proclamato ieri.

  4. Giusi

    La Poltawska è peraltro la signora per la quale il Papa, allora Cardinale, scrisse a Padre Pio perchè aveva un tumore maligno inoperabile alla gola chiedendogli di pregare La lettera fu affidata da un Cardinale ad Angelo Battisti, impiegato in Segreteria di Stato, figlio spirituale di Padre Pio e amministatore della Casa Sollievo. Padre Pio lo invitò ad aprirla e a leggerla e poi disse: “Angiolì, a questo non si può dire di no”. Chinò la testa e pregò. Undici giorni dopo al Battistii venne consegnata un’altra lettera. “Apri e leggi” ripetè il Padre. Lesse: «Venerabile Padre, la donna abitante a Cracovia, in Polonia, madre di quattro ragazze, il giorno 21 novembre, prima dell’operazione chirurgica, è guarita all’improvviso. Rendiamo grazie a Dio, e anche a te Padre venerabile porgo i più grandi ringraziamenti a nome della stessa donna, di suo marito e di tutta la sua famiglia». Padre Pio ascoltò, poi aggiunse solo: «Angiolì, conserva queste lettere. Un giorno diverranno importanti».

    1. Colgo la palla al balzo e, vista l’analogia della situazione, chiedo le vostre preghiere per una mia amica quarantenne, madre di due bambini, alla quale è stata diagnosticata una grave forma di tumore. Vi ringrazio di cuore.

        1. Giusi

          Già oggi è Santa Gianna nonchè San Luigi Maria Grignion de Montfort devotissimo alla Nostra Grande Mamma.

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