Omelia di papa Francesco e atto di affidamento a Maria

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Roma, Piazza San Pietro  –  Domenica, 13 ottobre 2013

Nel Salmo abbiamo recitato: “Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie” (Sal 97,1).

Oggi siamo di fronte ad una delle meraviglie del Signore: Maria! Una creatura umile e debole come noi, scelta per essere Madre di Dio, Madre del suo Creatore.

Proprio guardando a Maria, alla luce delle Letture che abbiamo ascoltato, vorrei riflettere con voi su tre realtà: prima,Dio ci sorprende; seconda, Dio ci chiede fedeltà; terza, Dio è la nostra forza.

1. La prima: Dio ci sorprende. La vicenda di Naaman, capo dell’esercito del re di Aram, è singolare: per guarire dalla lebbra si rivolge al profeta di Dio, Eliseo, che non compie riti magici, né gli chiede cose straordinarie, ma solo fidarsi di Dio e di immergersi nell’acqua del fiume; non però dei grandi fiumi di Damasco, ma del piccolo fiume Giordano. E’ una richiesta che lascia Naaman perplesso, anche sorpreso: che Dio può essere quello che chiede qualcosa di così semplice? Vuole tornare indietro, ma poi fa il passo, si immerge nel Giordano e subito guarisce (cfr 2 Re 5,1-14). Ecco, Dio ci sorprende; è proprio nella povertà, nella debolezza, nell’umiltà che si manifesta e ci dona il suo amore che ci salva, ci guarisce, ci dà forza. Chiede solo che seguiamo la sua parola e ci fidiamo di Lui.

Questa è l’esperienza della Vergine Maria: davanti all’annuncio dell’Angelo, non nasconde la sua meraviglia. E’ lo stupore di vedere che Dio, per farsi uomo, ha scelto proprio lei, una semplice ragazza di Nazaret, che non vive nei palazzi del potere e della ricchezza, che non ha compiuto imprese straordinarie, ma che è aperta a Dio, sa fidarsi di Lui, anche se non comprende tutto: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). E’ la sua risposta. Dio ci sorprende sempre, rompe i nostri schemi, mette in crisi i nostri progetti, e ci dice: fidati di me, non avere paura, lasciati sorprendere, esci da te stesso e seguimi!

Oggi chiediamoci tutti se abbiamo paura di quello che Dio potrebbe chiederci o di quello che ci chiede. Mi lascio sorprendere da Dio, come ha fatto Maria, o mi chiudo nelle mie sicurezze, sicurezze materiali, sicurezze intellettuali, sicurezze ideologiche, sicurezze dei miei progetti? Lascio veramente entrare Dio nella mia vita? Come gli rispondo?

2. Nel brano di san Paolo che abbiamo ascoltato, l’Apostolo si rivolge al discepolo Timoteo dicendogli: ricordati di Gesù Cristo, se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo (cfr 2 Tm 2,8-13). Ecco il secondo punto: ricordarsi sempre di Cristo, la memoria di Gesù Cristo, e questo è perseverare nella fede; Dio ci sorprende con il suo amore, ma chiede fedeltà nel seguirlo. Noi possiamo diventare “non fedeli”, ma Lui non può, Lui è “il fedele” e chiede da noi la stessa fedeltà. Pensiamo a quante volte ci siamo entusiasmati per qualcosa, per qualche iniziativa, per qualche impegno, ma poi, di fronte ai primi problemi, abbiamo gettato la spugna. E questo purtroppo, avviene anche nelle scelte fondamentali, come quella del matrimonio. La difficoltà di essere costanti, di essere fedeli alle decisioni prese, agli impegni assunti. Spesso è facile dire “sì”, ma poi non si riesce a ripetere questo “sì” ogni giorno. Non si riesce ad essere fedeli.

Maria ha detto il suo “sì” a Dio, un “sì” che ha sconvolto la sua umile esistenza di Nazaret, ma non è stato l’unico, anzi è stato solo il primo di tanti “sì” pronunciati nel suo cuore nei suoi momenti gioiosi, come pure in quelli di dolore, tanti “sì” culminati in quello sotto la Croce. Oggi, qui ci sono tante mamme; pensate fino a che punto è arrivata la fedeltà di Maria a Dio: vedere il suo unico Figlio sulla Croce. La donna fedele, in piedi, distrutta dentro, ma fedele e forte.

E io mi domando: sono un cristiano “a singhiozzo”, o sono un cristiano sempre? La cultura del provvisorio, del relativo entra anche nel vivere la fede. Dio ci chiede di essergli fedeli, ogni giorno, nelle azioni quotidiane e aggiunge che, anche se a volte non gli siamo fedeli, Lui è sempre fedele e con la sua misericordia non si stanca di tenderci la mano per risollevarci, di incoraggiarci a riprendere il cammino, di ritornare a Lui e dirgli la nostra debolezza perché ci doni la sua forza. E questo è il cammino definitivo: sempre col Signore, anche nelle nostre debolezze, anche nei nostri peccati. Mai andare sulla strada del provvisorio. Questo ci uccide. La fede è fedeltà definitiva, come quella di Maria.

3. L’ultimo punto: Dio è la nostra forza. Penso ai dieci lebbrosi del Vangelo guariti da Gesù: gli vanno incontro, si fermano a distanza e gridano: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!” (Lc 17,13). Sono malati, bisognosi di essere amati, di avere forza e cercano qualcuno che li guarisca. E Gesù risponde liberandoli tutti dalla loro malattia. Fa impressione, però, vedere che uno solo torna indietro per lodare Dio a gran voce e ringraziarlo. Gesù stesso lo nota: dieci hanno gridato per ottenere la guarigione e solo uno è ritornato per gridare a voce alta il suo grazie a Dio e riconoscere che Lui è la nostra forza. Saper ringraziare, saper lodare per quanto il Signore fa per noi.

Guardiamo Maria: dopo l’Annunciazione, il primo gesto che compie è di carità verso l’anziana parente Elisabetta; e le prime parole che pronuncia sono: “L’anima mia magnifica il Signore”, cioè un canto di lode e di ringraziamento a Dio non solo per quello che ha operato in lei, ma per la sua azione in tutta la storia della salvezza. Tutto è suo dono. Se noi possiamo capire che tutto è dono di Dio, quanta felicità nel nostro cuore! Tutto è suo dono. Lui è la nostra forza! Dire grazie è così facile, eppure così difficile! Quante volte ci diciamo grazie in famiglia? E’ una delle parole chiave della convivenza. “Permesso”, “scusa”, “grazie”: se in una famiglia si dicono queste tre parole, la famiglia va avanti. “Permesso”, “scusami”, “grazie”. Quante volte diciamo “grazie” in famiglia? Quante volte diciamo grazie a chi ci aiuta, ci è vicino, ci accompagna nella vita? Spesso diamo tutto per scontato! E questo avviene anche con Dio. E’ facile andare dal Signore a chiedere qualcosa, ma andare a ringraziarlo: “Mah, non mi viene”.

Continuando l’Eucaristia invochiamo l’intercessione di Maria, perché ci aiuti a lasciarci sorprendere da Dio senza resistenze, ad essergli fedeli ogni giorno, a lodarlo e ringraziarlo perché è Lui la nostra forza. Amen

 

 * * *

ATTO DI AFFIDAMENTO A MARIA

 

Beata Maria Vergine di Fatima,
con rinnovata gratitudine per la tua presenza materna
uniamo la nostra voce a quella di tutte le generazioni
che ti dicono beata.

Celebriamo in te le grandi opere di Dio,
che mai si stanca di chinarsi con misericordia sull’umanità,
afflitta dal male e ferita dal peccato,
per guarirla e per salvarla.

Accogli con benevolenza di Madre
l’atto di affidamento che oggi facciamo con fiducia,
dinanzi a questa tua immagine a noi tanto cara.

Siamo certi che ognuno di noi è prezioso ai tuoi occhi
e che nulla ti è estraneo di tutto ciò che abita nei nostri cuori.

Ci lasciamo raggiungere dal tuo dolcissimo sguardo
e riceviamo la consolante carezza del tuo sorriso.

Custodisci la nostra vita fra le tue braccia:
benedici e rafforza ogni desiderio di bene;
ravviva e alimenta la fede;
sostieni e illumina la speranza;
suscita e anima la carità;
guida tutti noi nel cammino della santità.

Insegnaci il tuo stesso amore di predilezione
per i piccoli e i poveri,
per gli esclusi e i sofferenti,
per i peccatori e gli smarriti di cuore:
raduna tutti sotto la tua protezione
e tutti consegna al tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù.

Amen.

fonte: vatican.va

100 pensieri su “Omelia di papa Francesco e atto di affidamento a Maria

  1. emma Corvo

    Come tutte le parole di papa Francesco, le parole dell’omelia e quelle della bellissima preghiera di oggi colpiscono per la loro semplicità, che non è ingenuità, ma punto d’arrivo di una profonda e continuativa esperienza spirituale e arrivano al cuore di tutti, perchè prive di ogni costruzione retorica e veramente autentiche. Emma

  2. L’episodio può essere letto come un doppio doppio legame. (Una situazione di dipendenza in cui si manifestano due ordini contradditori, di cui magari uno implicito, secondo la definizione di Bateson)). Dapprima i lebbrosi entrano nel primo rapporto di doppio legame quando si avviano a Gerusalemme prima ancora di essere guariti. Il secondo è quando guariti solo il samaritano rompe il primo tornando indietro a ringraziare Gesù. Il samaritano probabilmente favorito dal sentire meno il vincolo della legge ebraica. Da un certo punto di vista tutta la missione in ambito ebraico di Gesù e sotto doppio legame. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

  3. Marilu

    Abbiamo bisogno di Amare ed essere amati. Grazie papa Francesco delle tue parole che ci arrivano dirette e ci fanno riflettere sui veri valori della vita e noi ti amiamo come tu ami noi.

  4. Sofi

    Ciao, Sono Sofia e ho 12 anni, volevo dire grazie a Papa Francesco per questa Omelia. L’ho apprezzata molto, spero che un giorno sarò li fisicamente ad ascoltarla. Grazie Sofi.

  5. Enzo

    Papa Francesco ha scelto la strada di una catechesi che ricostruisca le coscienze cristiane, con metodologia che mi sembra tipicamente ignaziana.

  6. vale

    @enzo
    se il Papa attuale si prefigge questo, ci riuscirà solo per un piccolo resto. forse.
    anche Ratzinger da giovane teologo parlava di chiesa povera per gli indigenti.prefigurando un piccolo resto.(http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/papa-el-papa-pope-benedetto-xvi-benedict-xvi-benedicto-xvi-22434/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A%20vatican_insider_spanish%20(Vatican%20Insider)&cHash=a71b5fad49)

    “Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”.
    Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”.
    Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.

    che ,d’altronde, una buona se non gran parte di “nuovi fedeli” entusiasti dell’attuale Papa si riavvicinino alla chiesa non per fede ma per altro: Don Ariel Levi di Gualdo: Presto detto: Noi preti abbiamo accolto pseudo penitenti presi più o meno da turbe emotivo-mediatiche che ci venivano a sfogare quanto piacesse a loro questo pontefice. E dopo avere premesso che non rubavano, non ammazzavano, non facevano del male a nessuno e che quindi non avevano per questo bisogno alcuno di confessarsi ed in specie tanto meno con un uomo come loro, cominciavano a calarsi nel ruolo di censori per spiegare al confessore, durante la celebrazione di un Sacramento del quale non avevano alcuna percezione, l’essenza della loro originale “ecclesiologia” e della loro “fede” surreale, vale a dire questa: «Papa Francesco si, Chiesa no. Papa Francesco si, preti no. Papa Francesco si, sacramenti no …». infine: «Papa Francesco si, Dio no».

    Si è anche parlato di Piazza San Pietro affollata come mai s’era vista prima. Certo, ma affollata da chi, qualcuno se l’è chiesto? Presto detto: per una media di otto su dieci — e non esagero ma sono davvero largo — da persone che se avvicinate non erano in grado di dire le prime cinque parole della professione di fede: «Credo in un solo Dio» e le prime sei parole del Padre Nostro: «Padre nostro che sei nei cieli».

    http://www.riscossacristiana.it/dalla-riserva-indiana-alle-moderne-catacombe-una-difesa-del-padre-ariel-s-levi-di-gualdo-allarticolo-di-alessandro-gnocchi-mario-palmaro/

    1. Lalla

      Grazie per aver segnalato questo articolo, Vale. Curioso come le stesse dinamiche si siano verificate più in piccolo ma in modo analogo anche sul blog. È importante mantenere salde razionalità e fede.

    2. JoeTurner

      “…persone che se avvicinate non erano in grado di dire le prime cinque parole della professione di fede: «Credo in un solo Dio» e le prime sei parole del Padre Nostro: «Padre nostro che sei nei cieli».”

      però piazza san Pietro mi sembra un buon posto per imparare…

    3. @Vale scusa… otto su dieci? E in base a quale censimento? Li hai contati di persona? Altrimenti correttamente fornisce le fonti (seppur di “larghe vedute”…)

      E se così fosse dove starebbe il problema? Troppi “impuri” si sono avvicinati? Beati quelli che sono nati con il Credo sulle labbra, per gli altri non c’è speranza.

      Il caro Don Ariel Levi di Gualdo, si lamenta degli “pseudo penitenti” (ovviamente estendendo ipso facto la sua personale esperienza a quella di tutti gli altri sacerdoti…), ma a me è capitato sentire spesso vari sacerdoti (mi perdonerai se non fornisco dati numerici…) lamentarsi dei molto “pseudo-penitenti”, parrocchiani e cattolici ferventi e praticanti che vanno a confessarsi per auto-assolversi, per accusare l’altrui peccato, per cercar giustificazioni… e certamente il Credo la sanno tutto a memoria.
      Credo la “fatica” della cura delle anime sia la stessa… certo bisogna aver voglia di farla questa fatica anche per chi magari, della preghiera che Gesù ha insegnato (a chi peraltro prima non la conosceva ;-)) non conosca neppure le prime due parole: «Padre nostro…»

      1. vale

        @giusi
        eh, pensa se incontra un sedevacantista che gli tira una riproduzione di S.Pietro( basilica,s’intende…)

        1. Giusi

          Ho pensato anch’io a quest’aspetto. Per fortuna che è molto amato ma basta un solo pazzo che gli tiri qualcosa di solido addosso…..

  7. vale

    @bariom
    non l’ho detto io ma Don Ariel s. Levi di gualdo( c’erano i due punti…era una citazione di un suo articolo….).).per le statistiche e come le ha fatte,rivolgiti a lui.come ho già detto spero di sbagliarmi e che abbia ragione Papa Francesco. appunto. lo spero…..
    la differenza tra te ed un sacerdote-come Don Ariel_ è che lui le confessioni le “fa”. te, e non dubito di quel che dici, riferisci cose dette da altri. lui cose sentite in prima persona.
    no vò dicendo nulla su impuri, travi e pagliuzze. vorrei solo far notare che c’è più di una persona quantomeno perplessa sui “metodi” pastorali che,appunto, si spera portino “ad majorem Dei gloriam” che è anche il motto dei gesuiti.
    siccome Enzo parlava di catechesi per la ricostruzione delle coscienze cristiane di stile ignaziano( ma la chiesa post conc. vat II non doveva adeguarsi al linguaggio del mondo per farsi capire? ed usa dei “sistemi”catechetici di 500 anni fa?)
    tutto lì.

    1. @Vale scusa ma avevo perso il filo di dove iniziava e finiva la citazione (di due punti ce ne erano un tot…) e l’articolo l’avevo anche letto ma evidentemente mi è sfuggito il passaggio, quindi “ambasciator non porta pena” e chiederò a lui la fonte statistica… 😉 che comunque come ho detto, porta (dal mio punto di vista) ad un’altra domanda anche fosse veritriera.

      1. vale

        @ bariom
        infatti la speranza è che ci abbia “preso” col metodo.
        Città del Vaticano (AsiaNews) – L’evangelizzazione è “testimonianza della fede e della carità” e in questi tempi in cui spesso c’è un atteggiamento di indifferenza verso la fede bisogna “puntare all’essenziale”, che è Gesù. Bisogna “percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci”, per portare “speranza, specialmente dove è soffocata da condizioni esistenziali difficili, a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca…
        Tante persone – ha osservato il Papa – si sono allontanate dalla Chiesa. E’ sbagliato scaricare le colpe da una parte o dall’altra, anzi, non è il caso di parlare di colpe. Ci sono responsabilità nella storia della Chiesa e dei suoi uomini, ce ne sono in certe ideologie e anche nelle singole persone. Come figli della Chiesa dobbiamo continuare il cammino del Concilio Vaticano II, spogliarci di cose inutili e dannose, di false sicurezze mondane che appesantiscono la Chiesa e danneggiano il suo vero volto”.

        “La nuova evangelizzazione è un movimento rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso profondo della vita. Questo dinamismo fa parte della grande missione di Cristo di portare la vita nel mondo, l’amore del Padre all’umanità. Il Figlio di Dio è ‘uscito’ dalla sua condizione divina ed è venuto incontro a noi. La Chiesa è all’interno di questo movimento, ogni cristiano è chiamato ad andare incontro agli altri, a dialogare con quelli che non la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza”.

        Tutto questo, però, nella Chiesa non è lasciato al caso, all’improvvisazione. Esige l’impegno comune per un progetto pastorale che richiami l’essenziale e che sia ben centrato sull’essenziale, cioè su Gesù Cristo. Non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue, ma concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore e l’amare i fratelli come Lui ci ha amato. Un progetto animato dalla creatività e dalla fantasia dello Spirito Santo, che ci spinge anche a percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci!”.

        “In questo contesto vorrei sottolineare l’importanza della catechesi, come momento dell’evangelizzazione. Lo ha fatto già il Papa Paolo VI nella Evangelii nuntiandi (cfr n. 44). Da lì il grande movimento catechistico ha portato avanti un rinnovamento per superare la frattura tra Vangelo e cultura e l’analfabetismo dei nostri giorni in materia di fede. Ho ricordato più volte un fatto che mi ha impressionato nel mio ministero: incontrare bambini che non sapevano neppure farsi il Segno della Croce! E’ un servizio prezioso per la nuova evangelizzazione quello che svolgono i catechisti, ed è importante che i genitori siano i primi catechisti, i primi educatori alla fede nella propria famiglia con la testimonianza e con la parola”.

        ( per intero su:http://www.asianews.it/notizie-it/Papa:-l'annuncio-del-Vangelo-ha-bisogno-di-testimoni-della-fede-e-della-carità-29273.html

  8. vale

    siccome….mi pareva cosa interessante proporre tali citazioni.
    ( il copia incolla dalla posta elettr. more solito, mi fa combinar casini…)

  9. Alessandro

    L’analisi che fa Papa Francesco mi sembra chiara, ed è più o meno la seguente.
    I canali comunicativi tra Chiesa e gente, in senso lato (non credenti ma anche credenti) sono in gran parte ostruiti. In queste condizioni, il Papa può dire le cose più straordinarie ma la maggior parte dei fedeli stessi non se ne accorgono, perché semplicemente hanno un pregiudizio negativo e non stanno ad ascoltare (i canali comunicativi sono ostruiti, appunto).
    A riprova: amo alla follia Benedetto XVI, e devo prendere atto con dolore che la gran parte dei praticanti della mia parrocchia non lo amavano, non lo ascoltavano, e hanno accolto le sue dimissioni con una sorta di liberazione. Ciò è penoso, ma è un fatto: Ratzinger non ha bucato il muro di diffidenza della gran parte dei cattolici (figuriamoci dei lontani…).
    Francesco sta cercando di ripristinare le vie di trasmissione, usando più i gesti che le parole (bagni di folla; incontrare tutti, se possibile; portare quasi fisicamente la propria persona fin dentro la casa di ciascuno, come quella di un nonno buono, di un amico di viaggio; percorrere piazza San Pietro per tre quarti d’ora, sorridendo a tutti, stringendo mani, baciando bambini e abbracciando infermi; le telefonate impreviste, la rottura del protocolllo, l’informalità), e, quando parla, affidandosi al parlare direttissimo e semplicissimo (tre parole-chiave ogni discorso, ripetute in modo martellante perché s’imprimano nella mente, articolazione argomentativa ridotta all’osso, battute e metafore icastiche fatte apposta per essere ricordate) che insiste senza paura di ripetersi sulla misericordia e sul perdono e sull’amore e ancora sulla misericordia sull’amore e sul perdono, all’infinito.
    E’ questo lo stile pastorale, calcolatissimo e accuratamente studiato, che il Pastore ha scelto ritenendo che sia il più efficace per conciliarsi l’attenzione e la simpatia umana dell’interlocutore, cioè per abbattere quella annosa barriera di diffidenza preventiva resistendo la quale ogni messaggio che venisse dalla Gerarchia, anche il più vero e salubre, non “passerebbe”.
    Se ce ne fosse ancora bisogno, stamattina il Papa ha ribadito chiaramente la sua analisi della situazione e la suddetta conseguente scelta di strategia pastorale:

    “Tante persone si sono allontanate dalla Chiesa…Ho ricordato più volte un fatto che mi ha impressionato nel mio ministero: incontrare bambini che non sapevano neppure farsi il Segno della Croce! Nelle nostre città!
    C’è bisogno di cristiani che rendano visibile agli uomini di oggi la MISERICORDIA di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità contemporanea non è superficiale, è profonda. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcorrente, di con-vertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il linguaggio della MISERICORDIA, fatto di GESTI e di atteggiamenti PRIMA ancora che di PAROLE…
    Qui passiamo al secondo aspetto: l’INCONTRO, l’andare incontro agli altri… Incontrare TUTTI, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio…
    un progetto pastorale che richiami l’ESSENZIALE e che sia ben centrato sull’essenziale, cioè su Gesù Cristo.
    Non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue, ma concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’INCONTRO con Cristo, con la sua MISERICORDIA, con il suo AMORE e l’AMARE i fratelli come Lui ci ha amato”.

    E’ chiaro che è del tutto legittimo temere che questo “lavorare” dei gesti e della parole sull’emozione più che sulla ragione, sull’immediato più che sul mediato, generi una gigantesca ondata di simpatia, una fervidissima apertura di credito, ma susciti solo adesione superficiale (ancorché calorosa), il che sarebbe esiziale per l’esperienza di fede. Così come è del tutto legittimo temere che questo starsene all’essenziale conduca non, come desidera Francesco, ad intercettare ciò che è nella profondità dei cuori, ma ad impoverire – del tutto involontariamente – il messaggio cattolico: e sarebbe un esito non meno infausto.
    Ma il Papa è Pastore troppo navigato per non mettere in conto questi rischi. Sa di rischiare, ma pensa che l’alternativa sia micidiale: l’inesorabile avanzata della secolarizzazione, l’incessante progredire dell’oblio della fede, fino alla sua sostanziale estinzione.
    Anche chi, come me, ha delle perplessità sulle scelte pastorali di Bergoglio non può non vedere la grandezza della scommessa che sta portando avanti e la gravità dei problemi che si trova ad affrontare. Bisogna stargli al fianco, e tifare per lui (“pregate per me!”), perché se la strategia non va in porto ne scapitiamo tutti.

    1. franz

      Dando libero corso ai pensieri sembrerebbe, Alessandro, quasi una battaglia da ultimi tempi.

      1. Alessandro

        Noi viviamo tempi drammatici, corrotti, in cui accade qualcosa di più grave del peccato (in tutte le epoche si è peccato e peccato gravemente): si sta smarrendo la consapevolezza che il peccato esista e che vada evitato. Si pecca senza rimorso. E questi mi paiono tempi estremi. Certo posso sbagliarmi…

        1. …sono i tempi in cui viviamo né più estremi né meno estremi di tanti altri considerati estremi che erano né più estremi né meno estremi eccetra…

          1. In realtà Alvise i tempi non sono tutti uguali, non lo sono mai stati…
            Certo l’Uomo ha sempre quelle medesime sofferenze e sempre porta dentro di sé la schiavitù del peccato (che uno poi lo veda o meno…).
            Per questo il Vangelo (intesso come annuncio), sempre è vivo, sempre e salvifico, sempre è attuale.

            1. I….certo il Vangelo è sempre quel grandissimo libro di sempre (dopo Cristo) ma questo non c’entra nulla col fatto che ci siano sempre stati gli “apocalittici” ( e gli “integrati”).

              1. Lalla

                Vero, Filosofiazzero, salvo che – in caso di Apocalisse – i tempi si compiono anche per gli integrati 🙂

    2. Giusi

      Alessandro questa tua analisi sarà giusta ma io non mi sono accorta che Benedetto fosse tanto inviso ai cattolici, non godeva del plauso degli Scalfari, Mancuso etc che travisavano di proposito le sue parole. Il rischio che vedo, senza fare analisi (che non sono all’altezza), è che le persone che si avvicinano pensino che si possa fare tutto quello che si vuole cioè ho dei dubbi sul postulato: prima entrano e poi si convertono, mi sembra che prevalga più la corrente di pensiero: allora facevo bene, finalmente mi viene riconosciuto. Questo sicuramente al di là delle intenzioni del Papa.

      1. Alessandro

        Giusi, quando dico che anch`io sono perplesso sulla pastorale di Francesco voglio esprimere proprio il timore che hai espresso tu. Su Ratzinger posso solo esprimere la mia esperienza personale: la più parte dei cattolici che conosco non hanno mai amato BXVI, mentre constato un entusiasmo per Francesco che, confesso, trovo non di rado letteralmente abnorme.

        1. Giusi

          Son d’accordo. Sono stata solo più fortunata con i cattolici o forse non me l’hanno palesato perchè me li sarei magnati vivi! 🙂

        2. Angelina

          Caro Alessandro, cara Giusi, anch’io ho nel cuore Benedetto XVI. E anche a me è capitato di sentire esprimere scarsa empatia verso quest’uomo il cui maggior difetto è stato di giungere dopo Giovanni Paolo II. Bisognerebbe analizzare l’atteggiamento dei media nei suoi confronti per comprendere come tanta, troppa gente si è accontentata dell’immagine che di lui fornivano in modo stereotipato e senza alcun “anticipo di simpatia”, anzi….
          Sono comunque convinta della continuità spirituale tra gli ultimi papi, e della loro consapevolezza della gravità del momento che stiamo passando. Qualunque nostra personale e pur legittima perplessità, per me, andrebbe ascritta tra gli “accidenti” che nulla aggiungono o tolgono alla sostanza: e dove, in coscienza e perfetta buona fede, non riusciamo a “sentire cum Petro”, credo proprio che non possiamo non fidarci. Per tanti buoni motivi, non ultimo la fiducia in un’ottima avvocata. Tra le critiche ai papi e le ombre che gravano sulla Chiesa, sembrerebbe aver ragione chi pensa ad un’apocalisse, eppure gli eventi di questo weekend mi sembrano infondere speranza e incrollabili certezze. 🙂

          http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f85db25f-ba84-4629-8006-96c765c1ae8e-tg2.html

    3. @Alessandro e Vale, condivido buona parte dei vostri ultimi due interventi, salvo forse il timore che entrambi esprimete rispetto il “metodo Francesco” (per capirci ;-))

      In primo luogo sarà banale ricordarlo, ma le sorti della Chiesa, della salvezza del Mondo, di questa “nuova (o vecchia, o persistente) evangelizzazione, non reggono e non possono reggere solo ed unicamente sulle spalle e sull’agire del Santo Padre, ma dipendono anche e in modo sostanziale sulle nostre, semplici, ordinarie azioni quotidiane e anche sulle testimonianze che ne derivano o ne possono derivare (parlando della sola “Chiesa Militante”).
      Per questo il Santo Padre oltre ai gesti e al suo rivolgersi vero i lontani, non smette mai di rivolgersi a noi, richiamandoci pur (anche qui) nella – apparente – semplicità, che gli è congeniale, a vivere, cercare, riscoprire, un Fede profonda e concreta, che non è fatta tanto della profondità del “sapere della Fede” o “sulla” Fede (che certo non può mancare…), ma si basa sula profondità del nostro rapporto con Cristo, da cui deriva e scaturisce il vero e profondo rapporto filiale con Dio.

      Per questo il “messaggio cattolico”, non può essere impoverito, perché il messaggio E’ CRISTO!
      Se in nostro vivere di Lui, illuminati dal Suo Spirito è profondamente radicato nella nostra vita, se non è superficiale, banale, contraddittorio, sporadico, strumentale, NON può essere impoverito, né per gli altri, né per se stessi.
      Diversamente lo sarebbe dal fatto stesso che Cristo ha scelto dei miseri uomini (peccatori) per mostrarsi ad altri uomini e per formare la sua Chiesa.
      Certo la “posta in gioco è alta, l’alternativa è “l’inesorabile avanzata della secolarizzazione, l’incessante progredire dell’oblio della fede, fino alla sua sostanziale estinzione”, ma questo non potrà essere l’epilogo, o potrebbe essere, solo se l’ultimo fedele sulla faccia della terra, dovesse abiurare la propria fede, diversamente, neppure la messa morte di un’intera generazione di credenti potrà estinguere la Fede, perché dal sangue dei Martiri, Dio farà sorgere nuovi Suoi figli, e perché, come a risuscitato il Figlio Suo dal supplizio della Croce, come non donerà la Vita a coloro che con il Figlio e per il Figlio sacrificheranno le loro vite?

      Ciò che oggi è in gioco, è la sofferenza straziante di una intera generazione, incapace di avere una speranza, incapace di non auto-infliggersi il male che l’uomo genera incapace di fare il bene, la sofferenza e la solitudine di non avere un orizzonte che vada oltre i suoi pochi anni di vita nella prospettiva di due metri sotto terra, l’incapacità di “passare all’altro”, di conoscere la Verità, di gustare la (vera) Libertà… di sentirsi amati! Ecco il cancro di questa generazione, una vita senza Amore, di solitudine, dove l’altro (sia chi sia) è “IL NEMICO”, colui che sembra negare la tua felicità e che perciò deve essere annientato..
      Questa deve essere la nostra battaglia… e se un grido di battaglia ci deve essere, non può essere che: “caritas christi urget nos”! Preoccupati che gli uomini abbiano una possibilità di salvezza, sappiano che Cristo a pagato i loro debiti, sappiano che Dio lo ama GRATUITAMENTE, prima ancora che desiderare entrino in massa nella Chiesa.

      Perché se un giudizio dovremo temere, ma non per questo timore agire, non sarà sulla nostra conoscenza e sul nostro essere irreprensibili difronte al Catechismo (non travisate queste mie parole…), sarà, come ben sappiamo, quello che ci misurerà sull’Amore e non quello “evanescente o spiritualistico” apparentemente rivolto tutto verso Dio, ma proprio per quello concreto verso il nostro prossimo e non c’è modo più grande di amare il prossimo di quello di annunciargli Gesù Cristo.

    4. Alessandro

      Mi pare che quello che scrive oggi Stefano Fontana si inserisca bene nel discorso che facevo sulle scelte pastorali del Papa:

      “Se io amo una persona e voglio tessere con lei una relazione, non posso prescindere dal dirle la verità. Viceversa non sarebbe né una relazione d’amore né una relazione. E’ anche vero, però, che se io mi pongo come primo obiettivo quello di agganciarla, di instaurare un rapporto, se le riversassi addosso tutta la verità finirei per impedire il rapporto stesso. Ho esemplificato così, in modo piuttosto rozzo, il grande problema del rapporto tra dottrina e pastorale.

      L’ansia pastorale conduce a dare la precedenza all’instaurazione del rapporto. E’ come se stessi facendo un tratto di strada insieme ad un amico e la cosa che più mi interessasse fosse mantenere questa relazione con lui. In questo caso userei un linguaggio particolare, narrativo e non enunciativo, dialogante e non definitorio. Gli direi solo alcune cose e non tutte, perché per dirgli le altre ci sarà tempo, se il rapporto si mantiene.

      Se io, per non pregiudicare il contatto con l’altro, seleziono le cose da dirgli, o gli dico solo quelle che lui vuole sentirsi dire, oppure adopero un linguaggio impreciso ed sfumato, accadrà che la pastorale rifarà la dottrina e, in certi casi estremi, che essa stessa si farà dottrina.”

      http://www.lanuovabq.it/it/articoli-appunti-peruna-riflessionesul-linguaggio-della-chiesa-7519.htm

      Mi pare che le perplessità di Fontana non siano campate in aria, e sono certo che discuterne serenamente può aiutare. Sono anche certissimo che Francesco, da Pastore esperto e preoccupato della salvezza delle anime, conosca quanto sia sommamente necessario ma oggettivamente difficile tenere nel giusto equilibrio dottrina e pastorale (anche perché questo equilibrio non è dato una volta per tutte). Quindi 1) mi paiono gratuite e infondate le posizioni di chi (non Fontana) afferma che Francesco stia svuotando la dottrina a vantaggio della pastorale, ottenendo così l’effetto di esercitare anche una pastorale aberrante; 2) tra credenti sinceramente animati da amore filiale per il Papa sia opportuno discutere – serenamente, dicevo – del difficile equilibrio tra dottrina e pastorale: questione che ogni Pontefice si trova ad affrontare, e che oggi forse più che in altre stagioni domanda al Papa di operare scelte molto difficili (invidio quelli che sembrano avere la bacchetta magica al riguardo, perché confesso che io non saprei esattamente da che parte cominciare; buon per tutti che il Papa è assistito dallo Spirito… e che io non sono il Papa 😉 )

  10. Superbone Langone…ogni tanto qualcosa senza bisogno di fare sempre il ganzo:

    “Vorrei riuscire a riconoscere come maestro Scalfari, e non per la sua capacità di attrarre telefonate vaticane (la confidenza toglie la riverenza e io voglio morire papista)”

    “la confidenza toglie la riverenza”: sono d’accordo.

    1. Giusi

      Anch’io. Non vivo bene, ma sarà sensibilità mia, che si baci un Papa sulle guance come fosse una comare. I lanci di oggetti come fosse una rockstar poi…. Le Corone del Rosario sono oggetti sacri e spesso finiscono per terra….

      1. … A Giusi…
        Mah … Dici che allora Gesù con l’emoroissa si sia incavolato ?! Non doveva toccarlo?!
        Credo che il Vangelo di oggi può aiutarci : “Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Stolti! ” (Lc 11,37-41)
        … Lo dico per me… Ma mi pare che come cristiani a volte si perdi la bussola!!!
        Buon cammino

        1. Giusi

          L’emoroissa soffriva, voleva essere guarita, la sua fede era grande, ha toccato un lembo della sua veste per fede, non c’era nessuno dietro che scattava la foto col telefonino. Non c’è proprio alcun termine di paragone!

          1. @Giusi, fosse stata ai giorni nostri qualcuno con il telefonino c’era di sicuro… 😀

            Battute a parte, credo si possa ricondurre il tutto ad un non “questo o quello” ma a “questo e quello”… 😉

            Cristo è stato realmente uno di noi e certamente si è fatto “toccare” (anche da una prostituta), ma credo avesse anche una “presenza” che inducesse a volte a mantenere ad un certa “distanza”.
            Cristo poi è Re, anche se non ne ha assunto “i panni” nella sua vita terrena, ma lo è e lo sappiamo bene. Così a volte abbiamo con Lui una estrema confidenza e gli baciamo i piedi e il costato (a volte) nelle sue rappresentazioni di crocefisso, come ci inchiniamo davanti alla Sua presenza Eucaristica nel Tabernacolo (e nessuno normalmente vi si accosta più di tanto se non è deputato a farlo…).

            Così il Papa. Può essere il Cristo che ti abbraccia e si lascia baciare, come il Cristo che siede in trono e ti benedice o parla ai potenti delle Nazioni.

            Abbiamo avuto Papi che nella loro personalità hanno mostrato al mondo più l’uno che l’altro aspetto (o forse nessuno si era mostrato come ora Papa Francesco…), ma hanno mostrano sempre e comunque Cristo. Questo è l’importante… non mi accapiglierei su ciò che appare esteriormente.
            Nell’uno o nell’altro caso, fermarsi all’esteriorità sarebbe una grave pecca (che sono certo non riguarda chi ha sin qui commentato questi aspetti… ;-))

            1. Giusi

              Bariom io non discuto che il Papa si avvicini ai malati o ai bambini e li tocchi e li abbracci o li accarezzi: lo hanno fatto tutti i Papi anche se c’è chi pare lo abbia visto adesso per la prima volta. A me da fastidio quando ad esempio vedo la processione di gente che è ammessa a salutare il Papa che si butta a baciarlo e ad abbracciarlo anzichè salutarlo con rispetto genuflettendosi e baciando l’anello o quelli che urlano quando fa il giro chiamandolo Francesco o che gli tirano oggetti.

              1. E io cara Giusi non discuto che questo possa infastidire o sembrare poco rispettoso, ma non è detto voglia essere mancanza di rispetto. Io di mio penso cadrei in ginocchio e bacerei l’anello ;-)…

                Alcuni atteggiamenti Papa Francesco li ha concessi, li concede e così divengono una prassi, che volendo potrebbe esser facilemente “corretta”. Se non accade non mi sento di dara la colpa ad alcuno (certo speriamo in un oggetivo “limite”…), tanto meno allo “stile” del Santo Padre.

                Sai chi grida e lo chiama: “Francescoooo!”

                Ricordo qualcun altro che gridava e Gesù e c’era chi lo voleva zittire… sappiamo come è andata a finire (fa pure rima :-))
                Ma nel fondo, credimi, ti comprendo.

                1. Giusi

                  Tra l’altro il Papa stesso ha detto: non dovete gridare Francesco, dovete gridare Gesù (quando sono andata a Roma per l’incontro con i gruppi). E io, obbedendo al Papa, quando mi è passato davanti per ben tre volte (ero in posizione strategica) ho gridato: Gesù!

                    1. Giusi

                      E il bello è che intorno a me gridavano tutti Gesù! Perchè se gridi Gesù nessuno osa gridare Francesco! Ubi maior…..

  11. Rosanna

    Cara Giusi se fossi in te proporrei la sedia gestatoria! Così papa Francesco sarebbe salvaguardato da baci sulla guancia come una vecchia comare.

    1. Però tra la confidenza e l’assuefazione il passo è breve, tra l’assuefazione e la noncuranza anche di più. Non si tratta di scambiare il Papa per un imperatore bizantino, andrebbe fatto con tutti. L’educazione e il rispetto non sono necessariamente vuota ipocrisia, così come non è detto che tutti quelli che ti baciano sulle guance ti vogliano bene davvero. Del resto il Papa stesso domenica scorsa ha ricordato che “buongiorno, grazie e scusa” sono parole da prendere sul serio.

      1. “…così come non è detto che tutti quelli che ti baciano sulle guance ti vogliano bene davvero.”
        Gesù ne sa qualcosa… (eppure…) 😉

        “la – eccessiva – confidenza toglie la riverenza” (e a volte il dovuto rispetto): sono d’accordo.

    2. Giusi

      La sedia gestatoria aveva un senso: era un modo, in tempi non tecnologici, affinchè il Papa (che rappresenta Cristo in terra, così giusto per promemoria) fosse visto da tutti. Comunque l’ha usata pure Papa Albino Luciani che mi pare fosse molto umile…

      http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/f/f5/P366.jpg

      Come pure le vesti papali, i paramenti, il pastorale non sono simboli di vanità hanno dei precisi significati spirituali e liturgici. Benedetto XVI era molto attento a questo aspetto e mi pare che non ci sia un uomo più schivo di lui…

      1. Cristo è rappresentato dalla Chiesa!
        Il Papa è prima di tutto Vescovo di Roma…
        Alè … Adesso scatenatevi a darmi del protestante eccetera!!! 🙂

        1. Giusi

          La Chiesa è la Sposa di Cristo. Una che se ne intendeva chiamava il Papa: Dolce Cristo in terra….

  12. Giusi

    A prescindere dal Papa io detesto quell’uso invalso di chiamare tutti amore e tesoro (fateci caso chi lo fa lo fa con tutti e ancor di più con gli animali!) e tutti quei baci e abbracci indiscriminati! Per me i gesti e le parole sono sacri! Sacri! E il Papa è sacro! Non è una comare! Spengo quando vedo quella processione di gente che gli si butta addosso senza alcun rispetto. Se poi si aggiunge il commento di Dino Boffo mi taglierei proprio le vene per traverso!

    1. Rosanna

      Ognuno si esprime attraverso il proprio vissuto e la propria sensibilità, Papa Francesco arriva dall’altra parte del mondo e ha vissuto in un contesto diverso dove, forse, non c’era il tempo per certi formalismi, le priorità’ erano altre.

      1. Cara Rosanna, l’amico Bariom qui sopra ci ha ricordato che la regola per noi è Et-Et, non Aut-Aut. Ci sta la spontaneità festosa e e ci sta anche il reverente omaggio. Nell’uno e nell’altro caso, sarà opportuno esercitare la Temperanza (virtù cardinale) badando a non trasformare la festosità in caciara e la reverenza in vuota cerimoniosità.

      1. Rosanna

        Sono d’accordo con te. Ma leggendo i vari interventi ho sempre la sensazione che si voglia puntualizzare gli atteggiamenti di Papa Francesco. Aspettiamo con amore filiale ma vedere quali saranno i frutti.

            1. Giusi

              Mi fanno poi particolarmente girare quelli ammessi per cerimoniale che magari non sono nemmeno cattolici e ai quali con gli altri Papi veniva spiegato come comportarsi e si attenevano strettamente, facevano pure le prove! Adesso credono di potersi permettere qualsiasi cosa! Fossi Marini (Povero! Mi fa una tenerezza! Delle volte è proprio disperato!) mi verrebbe da dirgli : tu intanto stai dal Papa e non ti allargare, come disse Mario Merola quando cantava ‘o zappatore: addenocchiate e vasegl ‘sti mmane!

              1. Anche qui Giusi: “Adesso credono di potersi permettere qualsiasi cosa!”
                Probabilmente non è stato spiegato loro nulla o non hanno fatto “le prove”… Mo’ non voglio dare la colpa al “cerimoniere”… anzi non voglio proprio dare la colpa a nessuno 😉

  13. vale

    ..questo re Messia che viene, come canta il profeta, sul dorso di un asino, cavalcatura dei re nei tempi di pace: «Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlia d’asina» (Zc 9,9).
    Il talmud Babilonese ci riporta un detto che commenta in modo straordinario l’episodio: «Sta scritto: ed ecco, con le nubi del cielo Uno come figlio d’uomo (Dn7,13). E sta scritto: umile e cavalcatore di un asino (Zc 9,9). Se essi (= Israele) hanno dei meriti, egli viene con le nubi del cielo; se non ne hanno, egli viene in umiltà e cavalca un asino» (Talmud Babilonese Sanhedrin 98a).
    E li lasciarono fare. Essi condussero l’asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra. E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri delle fronde, che avevano tagliate dai campi. Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro gridavano:
    Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
    Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli! (Mc11, 1-10).

    forse c’è un perché, in talune situazioni, il Papa, che è Vescovo di Roma e ,quindi, Vicario di Cristo in terra in virtù della successione petrina, ha usato la gestatoria e ,forse, anche adesso, dovrebbe usare qualche “forma” che renda evidente la sua funzione.almeno in occasione di eventi particolarmente significativi.
    http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=51&id_n=1473

    1. @Vale concordo, sempre in relazione a quanto più su dicevo.

      Poi lascio al Santo Padre il come e il quando… Penso anche quello del Papa sia un cammino in “evoluzione”, come quello di ogni Cristiano. Magari ci sorprenderà o sorprenderà quelli che su questo come su altri punti, sono un po’… diciamo scettici?

      1. Anche il Papa imparerà a fare il Papa? BXVI quando è stato eletto era al 5% Ratzinger e al 95% Sommo Pontefice; quando si è dimesso, è perché era tutto Papa. F all’inizio era Bergoglio al 95%, ma ho l’impressione che la percentuale di papaggine stia rimontando alla grande. Detto così, un po’ celiando …

        1. Lalla

          Bellissima la percentuale di papaggine, Franz! Fuor di scherzo, la preghiera è la preghiera, mica pizza e fichi! E se tutto il mondo sta pregando per il Papa e per la Chiesa, i frutti non tarderanno.

          1. Rosanna

            Nessun commento, getto la spugna. Al prossimo conclave proponetevi presso lo Spirito Santo come consiglieri.

    1. Si… a parte la premessa: “…due fronti contrapposti: da una parte i progressisti, esultanti per aver trovato finalmente un “Martini” da cui ci si aspetta una rivoluzione (guarda caso, soprattutto sessuale); dall’altra i cosiddetti “tradizionalisti”, decisamente preoccupati che si smarrisca la ricchezza bimillenaria dell’insegnamento della Chiesa per inseguire il mondo e la modernità.”

      Che fa capire subito “chi sono i buoni” e qual è di conseguenza la conclusione… che poi è inattaccabile avendola già affermata Pio X… giusto? 😉

      1. Giusi

        D’altro canto non siamo noi che abbiamo creato il problema: c’è e ci sarebbe anche se tacessimo.

          1. Giusi

            Per es. il “Magistero percepito” di cui parla Cascioli: mi sembra un bel problemino….

            1. Il Magistero va studiato, non “percepito”… che dire allora della Parola di Dio “percepita” in ogni dove e da sempre, come ciascuno preferisce?

              1. Giusi

                Son d’accordo ma non è mica colpa mia se si parla da mesi delle interviste del Papa….

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