L’attesa

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 di Andrea Torquato Giovanoli
Aspetta.
È questa una delle parole chiave nel vocabolario di mia moglie.
Ma anche “eccomi”, “arrivo” oppure un pernicioso e fuorviante “sono pronta”.
Tutti slogans che sfoggia quando abbiamo i tempi contati, quando dobbiamo rispettare una scadenza o più semplicemente quando abbiamo un appuntamento di qualsiasi natura.
Naturalmente tutti annunci inattendibili, poiché puntualmente (questo sì) il sottinteso minuto da aspettare diventa un quarto d’ora; l’eccomi è l’esatta nemesi della risposta di Maria all’annauncio dell’Angelo, visto che anziché proclamare una presenza informa su di un’assenza certa (almeno per altri dieci minuti); “arrivo” va tradotto con: “mettiti pure comodo che tanto di uscire, almeno per ora, non se ne parla”; mentre l’essere pronta, per la mia consorte, significa che c’é ancora il tempo necessario per iniziare una partita a Risiko.
Mi dicono gli amici dell’androgeo che è una caratteristica consueta alla donna in genere, perciò non mi preoccupo; tuttavia confesso che, il più delle volte, tale atteggiamento della mia dolce metà mette a dura prova la mia pazienza.
L’altro giorno, però, mi sono reso conto di una cosa nuova.
Eravamo andati insieme a prendere nostro figlio all’asilo e, come da copione, io ed il mio bambino eravamo già all’ascensore, mentre mia moglie era ancora entusiasticamente sprofondata in un vivace ciaccolìo tra mamme, maestre e forse anche bidelle. Al secondo genitore in uscita che ci è passato davanti il mio sguardo si è deposto malinconico e rassegnato sulla mia consorte, ancora là, in fondo al corridoio, ma lontana anni luce da ogni proposito di congedarsi e raggiungerci.
È lì che una consapevolezza è venuta a galla tra i pensieri annacquati dallo sconforto di quel momento: il mio matrimonio è la storia di un’interminabile attesa.
Poi però un rimasuglio di lucidità mi ha preso per mano e mi ha condotto ad un livello più profondo di quell’affermazione in apparenza tanto triste e deludente, verso un senso compiuto e misterioso: l’attesa della mia sposa mi pare quasi, invero, la figura ed il veicolo di un’altra attesa, anzi, dell’attesa di un Altro.
Quello Sposo che ha promesso di ritornare; per la cui assenza, in gioventù (quando ero io a restargli lontano), mi sentivo l’anima lacerata, e per la cui presenza nascosta, ora che mi ha ritrovato, il mio cuore ha talvolta provato una lancinante nostalgia.
Anche Lui, come mia moglie, mi dice “aspetta” e poi ritarda, lasciandomi lì, a riceverlo in forma di caparra, ma non sazio, bensì desideroso di quell’altra comunione, quella che sarà soltanto “dopo”.
E così non mi rimane che attenderlo, scrutando quei segni che potrebbero annunciarlo vicino, ed in ciò vedo come la mia sposa involontariamente mi ammaestri, incoraggiandomi col suo modo d’essere sempre in ritardo, a vigilare, e diventando così ignaro strumento della mia crescita, perché io venga spronato a perseverare in quella tensione a Lui che è mio destino.
Perciò ti ringrazio moglie mia, perché col tuo farti aspettare mi ricordi che questa vita è come una tavola imbandita a cui manca l’ospite d’onore e a cui non ci si deve sedere finché non giunga l’ora in cui Egli venga.

31 pensieri su “L’attesa

  1. elena

    “Eccomi” – “Arrivo” – “Sono pronta” : sono i miei secondi nomi. E da quasi 25 anni il mio santo marito aspetta …. facendo altro. Ha trasformato l’attesa in una nicchia di tempo da riservare a quelle infinità di piccole cose che giornalmente ci “toccano” e per le quali sembriamo non trovare mai tempo. Ecco, io con i miei “arrivo” e “sono pronta” offro al mio sposo l’occasione di farle. E quando finalmente sono veramente pronta, mi sorride pure …. elena – faenza

  2. Anche io dico sempre “sono pronta”, anzi, un attimo prima di entrare nella doccia le mie parole in genere sono: “arrivo, chiama l’ascensore”…
    Grazie Andrea, spero che mio marito ti leggerà e che condivida la tua interpretazione, allora sarò salva…

  3. A casa mia la situazione è ribaltata (me lo fa sempre notare mia moglie…).

    Stresso tutti, moglie e figli, perché siano pronti puntuali per questa o quella uscita, poi, altrettanto puntualmente sono loro costretti ad aspettare me!
    Non sarà che vivendo inconsciamente la metafora descritta da Andrea, mi immedesimo troppo nella parte? (!) 😉 (Quale “parte” è facile intuire…)

    Ahimè lo so, il mio ego non morirà con me… penso almeno un’oretta dopo 😐 🙂

  4. ausonio

    affascinante narrazione di chi riesce a cogliere il bello in ogni circostanza e in ogni relazione non per proprio merito ma perché scorge negli avvenimenti quotidiani il filo rosso che tutti li congiunge santificandoli: Gesù Cristo … racconto edificante soprattutto nella richiesta/attesa della venuta del Signore già ora non ancora …

  5. 61Angeloextralarge

    Più leggo i tuoi post, carissimo Andrea, più mi trovo a meditare sulla mia vita. Di questo ti ringrazio tanto. Smack! 😀
    Colgo l’occasione per chiedere una preghiera particolare per me, perchè come dici tu: “Anche Lui, come mia moglie, mi dice “aspetta” e poi ritarda, lasciandomi lì, a riceverlo in forma di caparra, ma non sazio, bensì desideroso di quell’altra comunione, quella che sarà soltanto “dopo”… Oltre all’attesa di quell’altra comunione, per me c’è proprio un’attesa quotidiana della realizzazione di una Sua promessa, certa anzi certissima, che tarda a diventare concretezza. Non ne so i motivi e non mi chiedo spiegazioni… li accolgo… attendendo. Quindi chiedo umilmente un aiuto orante perché questa cosa si realizzi quando Lui vorrà… ma che non mi perda d’animo. 😉
    Grazie a chi mi sostiene1 Smack! 😀

    N.B.: la mia puntualita è arrivare almeno dieci minuti prima… quando dipende solo da me. Sarò malata? 😉

    1. @Angela, assicuro una preghiera per la tua “attesa”.
      Leggo con piacere della tua certezza e la confermo… non è solo un modo di dire che “i Suoi tempi non sono i nostri”. Per esperienza so che quando si compiono (i tempi) non possiamo che renderci conto che il momento migliore era quello e non un altro.
      Peraltro più l’attesa si fa “pressante” più i tempi sembrano allungarsi… come dice quel salmo? “Come la sentinella attende l’aurora”.
      Chi ha fatto il militare (tanto per stare nelle metafore di vita concreta), sa quanto paiono interminabili le ore della notte aspettando il cambio o appunto l’alba… pure sono sempre quelle, quelle fatte di 60 minuti, né uno più, né uno meno 😉

      1. 61Angeloextralarge

        Bariom: grazie ancora, soprattutto per le tue parole. Smack! 😀
        Visto che ora stacco il pc fino venerdì… santa festa dell’Assunta a tutti! Maria ci custodisca tutti e ci protegga sempre. 😀

  6. Dogma dell’Assunzione di Maria, 1 Novembre 1950 (Papa Pio XII)

    “Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, [e cioè l’Assunzione di Maria] sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica. »

  7. Fiorella

    Smack a tutti, sono senza parole. E’ molto tempo che mi interrogo sulle attese. Anche il mio matrimonio è una serie di infinite attese davanti alle quali resto impotente sperando solo di fare la volonta’ del Padre.
    Adesso so come indirizzare i miei pensieri al bene………
    Grazie Andrea

  8. Bello. Anche io aspetto ma aspetto che Lui mi dica cosa vuole ora dalla mia vita, aspetto che Lui mi dica qual’e’ la nostra missione, aspetto che il Suo piano si realizzi… Non è facile aspettare ma è così che Lui vuole.

  9. “Per Jung […] era il contenuto simbolico del dogma [dell’Assunzione] che aveva l’importanza più grande. Egli vi vedeva l’estensione di ciò che, nella Trinità, è soltanto maschile a una ‘quaternità’, con un principio femminile, dunque a una totalità.”

    1. Alessandro

      “Nessuno però sia tratto in inganno dalla scena di gloria che la prima lettura, desunta dall’Apocalisse, ha delineato davanti ai nostri occhi: “Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).

      Davvero questo è un “segno grandioso”, che domina il cielo al cospetto di Dio; ma non deve farci dimenticare che l’Assunta, pur nella sua straordinaria esaltazione, non si è allontanata da noi. Il cielo, cui ella è salita, non è quello degli astronomi e degli astronauti (che ancora fa parte dell’universo fisico e materiale). Il cielo, cui ella è salita, è il mondo invisibile e più vero, dove dimora Dio coi suoi santi; ed è vicinissimo a noi perché il Creatore non è mai remoto dalle sue creature. Siamo noi piuttosto a esserne lontani, quando coi nostri atti usciamo dalla verità e dall’amore del Padre.

      L’Assunta ci è dunque vicina e non è ignara o smemorata di noi. Nella luce di Dio ci vede tutti, sa tutto di noi: conosce le nostre pene e le nostre speranze; conosce perfino i pericoli che noi con la nostra corta vista ancora non vediamo, i nostri bisogni che ancora non arriviamo a percepire.

      E anche in questo momento la Madonna è al lavoro per noi. Perché nel cielo tutto è attività, attività affettuosa e appassionata. Nessuno dei santi è inoperoso e tanto meno lei che – come ci insegna il Concilio Vaticano II – “con la sua bontà materna si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti tra pericoli e affanni, fino a che non siano introdotti in patria” (Lumen gentium 62 e 65).

      * * *

      Perciò possiamo e dobbiamo interessarla alle intenzioni che più ci stanno a cuore. E ciascuno di noi ha nel suo intimo qualcosa da dire e da chiedere alla Madonna.

      Preghiamo soprattutto per la pace delle genti e degli animi, in un’umanità che quanto più si allontana dal Vangelo tanto più si fa disumana e feroce.

      Preghiamo perché sia data un po’ di saggezza a un’epoca che sembra diventare sostanzialmente insipiente e mentalmente smarrita, a misura che vede crescere le sue spesso inutili bravure e le sue capacità di manipolazione spericolata, di sperimentazione selvaggia, di calcoli senza buon senso e senza misericordia.

      Preghiamo perché quanti continuiamo a volerci dire cristiani abbiamo gli occhi giusti per vedere e ammirare la bellezza, la santità indefettibile, la forza salvifica della Chiesa, di cui Maria è “la primizia e l’immagine”.

      Preghiamo perché tutti gli uomini senza eccezioni – dissolti tutti gli errori, dissipate tutte le fole, oltrepassate le verità parziali e insufficienti – riconoscano e adorino Gesù di Nazaret come l’unico Signore, l’unico Maestro, l’unico che può riscattare le nostre esistenze dalle mille assurdità che le soffocano e dai mille egoismi che, magari sotto il nome di progresso civile, le snaturano e le deturpano.

      Ormai alle soglie della celebrazione bimillenaria, ci ottenga lei un incontro davvero trasformante con il Figlio suo benedetto, che è anche l’Unigenito eterno del Padre, e scolpisca negli animi, come regola di tutta la nostra vita, la perfetta docilità all’esortazione che ella ha fatto risonare al banchetto di Cana: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5).”

      Cardinale Giacomo Biffi, Omelia nella solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, 15 agosto 1999

  10. Franca 35

    Grazie Alessandro. ad Alvise ricordo che il bimillenario citato dal card. Biffi si riferisce a quando la Madonna è stata assunta in cielo, non a quando la Chiesa ha riconosciuto il dogma. Ad Angela assicuro la mia preghiera per la sua attesa. Buona festa a tutti, con la Mamma Celeste.

    1. Alessandro

      La “celebrazione bimillenaria” che Biffi nel 1999 dice imminente è quella del Giubileo del 2000.

      La definizione del dogma mariano testimonia come cresce il Magistero della Chiesa: senza diminuzioni né aggiunzioni al deposito della fede, che è ricevuto dalla Chiesa e va custodito nella sua integrità, ma approfondendo l’intelligenza di quel deposito, nell’ascolto della fede viva dei battezzati (Pio XII nel 1946 chiese ai Vescovi: “In particolare desideriamo ardentemente di sapere se voi, venerabili fratelli, nella vostra dottrina e prudenza, riteniate che si possa proporre e definire come dogma di fede l’assunzione corporea della beatissima Vergine, e se ciò sia desiderato anche dal vostro clero e dal vostro popolo”). Scrutando il mistero di Maria, il Magistero è approdato ad apprendere infallibilmente e ad infallibilmente definire la verità dell’Assunzione.
      Come è maturata la definizione del dogma racconta Pio XII che lo promulgò:

      “Poiché la Chiesa universale nella quale vive lo Spirito di verità e la conduce infallibilmente alla conoscenza delle verità rivelate, nel corso dei secoli ha manifestato in molti modi la sua fede, e poiché tutti i vescovi dell’orbe cattolico con quasi unanime consenso chiedono che sia definita come dogma di fede divina e cattolica la verità dell’assunzione corporea della beatissima vergine Maria al cielo – verità fondata sulla s. Scrittura, insita profondamente nell’animo dei fedeli, confermata dal culto ecclesiastico fin dai tempi remotissimi, sommamente consona con altre verità rivelate, splendidamente illustrata e spiegata dallo studio della scienza e sapienza dei teologi – riteniamo giunto il momento prestabilito dalla provvidenza di Dio per proclamare solennemente questo privilegio di Maria vergine.”

      http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/apost_constitutions/documents/hf_p-xii_apc_19501101_munificentissimus-deus_it.html

      Sicché è impossibile che il Magistero, prima della definizione dogmatica, negasse l’Assunzione di Maria nella forma che è oggetto della relativa definizione. Il dogma sopravviene a pronunciare l’infallibilità di una credenza latamente e diuturnamente presente nella moltitudine dei fedeli. Sopravvenendo la solenne definizione, il suo contenuto è ipso facto irreformabilmente manifestato come autentico e verace contenuto di Fede (fides quae), sicché chi lo negasse “sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica”.

        1. Alessandro

          Per capire quali verità sono fondate sulla S. Scrittura bisogna evitare un pedissequo, puerile letteralismo biblico, che tradisce le Scritture e svilisce l’intelletto. In base a questo puerile letteralismo si ragiona così: da nessuna parte nelle Scritture è descritta l’Assunzione di Maria, quindi Maria non è stata assunta. Alla stessa stregua si può dire allora “da nessuna parte delle Scritture sta scritto che Padre Figlio e Spirito sono della stessa sostanza, quindi non sono della stessa sostanza”.
          Se si accantona l’infantilismo letteralista, ci si accorge che 1) la verginità di Maria nel concepire e dare alla luce Gesù, nostro Signore, è ben presente nella Scrittura, e con ciò 2) il suo ruolo ineguagliabile tra le creature salvate nell’economia della Salvezza. Da lì non è lungo il passo per capire che il peccato non contamina in alcun modo chi è madre dell’innocentissimo, e di conseguenza per intendere che non c’è ragione per cui Colei che è senza peccato avrebbe dovuto conoscere la corruzione del corpo, e non essere assunta in cielo nella gloria in anima e corpo, primizia dei salvati che risorgeranno nella carne. Certo, questo ragionamento non è convincente per chi rimane confinato nell’asfittico infantilismo letteralista, ma mostra (in estrema sintesi, ma qui non c’è spazio di fare dissertazioni di mariologia, e non ne ho neanche tempo) come il dogma dell’Assunzione sia saldamente fondato nelle Scritture.

          1. … e, se non erro, sulla Tradizione (con la T maiuscola) della Chiesa che è un altro dei pilastri fondamentali per la comprensione, l’esegesi e l’ “attuazione” delle Scritture, intese in senso puramente letterale.

            1. Alessandro

              “La sacra Tradizione dunque e la sacra Scrittura sono strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo un tutto e tendono allo stesso fine. Infatti la sacra Scrittura è parola di Dio in quanto consegnata per iscritto per ispirazione dello Spirito divino; quanto alla sacra Tradizione, essa trasmette integralmente la parola di Dio – affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli – ai loro successori, affinché, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano; ne risulta così che la Chiesa attinge la certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Scrittura e che di conseguenza l’una e l’altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e riverenza”
              (Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 9).

              1. … ergo non erravo 🙂 Grazie Alessandro.
                Poi un giorno mi spiegherai se hai un software specializzato in ricerche inerenti la Fede Cattolica, se ti sei creato un personalissimo data-base digitalizzato, se hai una capacità di memorizzazione di tipo superiore (certamente illuminata dallo Spirito Santo), o che altro… 😉

                O solo la Santa Pazienza unita ad un’innegabile Santo Zelo, per andare sempre alla fonte dell’espressione di un determinato concetto. 🙂

  11. @Alvise, senza scomodare Jung, che vedeva nella Festa odierna quel che ha creduto di “vedere” per portare alla S.ma Trinità “qualcosa che manca” (che sarebbe di per sé un’eresia…), vale piuttosto la pena sottolineare che, come ci ricordano in primis nostri Fratelli Ebrei, la proverbiale e inarrivabile Misericordia di Dio, nasce etimologicamente dalla parola ebraica “rachamim” (pietà, misericordia), che a sua volta ha la radice nella parola “rechem” (utero), a indicare che Dio ha “viscere di misericordia” (potremmo citare Isaia 49,15; Geremia 31,20), che sono molto più vicine alle viscere (utero) femminili che non ad altro. Si può senza dubbio parlare di una “Maternità di Dio”, che di fatto, al di là delle connotazioni antropologiche che ci sono di aiuto per avvicinarci alla comprensione dell’ “incomprensibile”, ci ricorda che Dio nella sua Azione Trinitaria, ci è Padre e Madre.

    Questo nulla toglie alla Maternità Universale di Maria, come pure a quella della Chiesa, utero dove attraverso il Battesimo, ma anche la Catechesi costante, vengono generati i Figli di Dio.

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