di Alberto Medici
Chi potrebbe definire una magnifica opportunità questa crisi economica apparentemente irrisolvibile? Un rompicapo, un paradosso, dove neanche i migliori economisti, che si fregiano di lauree e anni di docenza nelle più prestigiose università di economia, riescono non dico a mettere un po’ d’ordine, ma neanche a far intravvedere un futuro, una uscita dal tunnel.
Abbarbicati su grafici, definizioni, correlazioni pseudo-matematiche e molto stocastiche, fra spread, CDO e CDS, sembrano moderni alchimisti che parlano una lingua che nessuno o quasi capisce, ma alla fine non riescono a trovare nessun bandolo della matassa, nessuna soluzione, nessun coniglio fuori dal cilindro.
Questa crisi economica che, a pensarci bene, è tutta un paradosso: con la tecnologia agli apici, nella storia dell’umanità, con i processi industriali e l’automazione a livelli mai visti prima, con i progressi nella scienza, nella medicina, nell’informatica, dovremmo essere nel migliore dei mondi possibili. E invece negozi con scaffali pieni di merci invendute, e contemporaneamente una povertà sempre più dilagante, una disoccupazione sempre più diffusa, destinata ad aumentare ancora. E aziende che chiudono, cessano le partite IVA, e chi ha un lavoro nel pubblico impiego, se solo fino a qualche anno fa si sentiva quasi di serie B, ora se lo tiene ben stretto, felice di appartenere (ancora per quanto?) ad una specie protetta. Per non fare il confronto con i nostri genitori: infatti la generazione che ci ha preceduto riusciva a mettere da parte qualcosa, e a comprare casa con un solo lavoratore per famiglia, qui se non si lavora in due si fatica ad arrivare a fine mese.
Ma noi cristiani siamo quelli del paradosso. Fin dall’inizio, seguaci di un Uno che viene messo a morte con il più infamante dei supplizi, segno di una totale disfatta del progetto di Dio, se letta con i parametri umani. Noi siamo fatti così. Possiamo dire che noi possediamo una chiave di lettura diversa. Con quali lenti guardare allora la crisi di questi tempi? Perchè definirla una magnifica opportunità? Certo, se fossimo calvinisti, solo il successo negli affari ci potrebbe confermare l’Amore e la predilezione di Dio per noi: ma non lo siamo, siamo cattolici, ben consci che l’Amore e la predilezione di Dio non hanno risparmiato il supplizio all’amatissimo Figlio ma neanche sofferenze e persecuzione a tanti santi, a riprova che “non sempre” (eufemisticamente) i disegni le aspirazioni e la visione di Dio coincidono con i nostri. Non voglio qui sostenere la tesi che spesso si sente dire: che l’oro si tempra col fuoco, e che la sofferenza è un segno evidente di predilezione (Dio corregge chi ama): credo invece che questa crisi sia una vera e propria opportunità di cambiamento, di risveglio, di presa di coscienza che stanno diventando ormai improcrastinabili.
John Perkins, autore del famoso “Confessioni di un sicario dell’economia”, chiese ad una conferenza: “quale fatto grave successe l’11 settembre 2001?” e il pubblico, ovviamente, rispose che c’era stato l’attacco alle torri gemelle, quello cha causò la morte di 2.500 persone all’interno delle twin towers. Allora lui insistette: “No, qualcosa di molto più grave!” E di fronte alla titubanza del pubblico, disse: “L’11 Settembre 2001 sono morte 30.000 persone di fame, nel mondo. E anche il 12, il 13, il 14 settembre…”.Touchè.
È evidente che troppo spesso ci concentriamo sui nostri problemi, piccoli, contingenti, a volte passeggeri, e non riusciamo ad innalzare lo sguardo. Come possiamo preoccuparci della crisi di un sistema economico che permette (anzi costringe) che 30.000 persone muoiano ogni giorno per la fame? Che gli stati, soprattutto quelli del terzo mondo ma non solo, siano sopraffatti da debiti impagabili sempre maggiori, e le tasse che si pagano vadano quasi esclusivamente pagare gli interessi su questi debiti? Dobbiamo proprio disperarci, e combattere per mantenere lo status quo, lottare per non far morire un sistema che si fregia delle proprie conquiste tecnologiche, ma non sa come smettere di sporcare e inquinare il pianeta, e lascerà in eredità ai propri figli un modo più sporco, più inquinato, più velenoso? Come possiamo insomma farci portabandiera di questo sistema ed essere tristi se questo modello di società è in crisi?
Forse, a forza di guardare nel nostro piccolo orticello, in cerca di qualche verme da mangiare, abbiamo dimenticato le sconfinate praterie del cielo che Dio ci ha destinato. Ecco allora, nell’infinita intelligenza di Dio, una opportunità magnifica: una sberla, una secchiata d’acqua fredda in faccia, qualcosa che, insomma, anche a costo di farci un po’ male (San Paolo sulla via di Damasco era rimasto cieco, mica una robetta da niente… però quanto avrà benedetto e ringraziato, col senno di poi, per quello schiaffo?) ci riporti a ripensare alla nostra vita, alle nostre priorità, ai valori veri. E a riscoprire la solidarietà, tanto per cominciare; e passando di atto in atto, di piccolo gesto in piccolo gesto, a rigettare le basi per una società basata sulla condivisione al posto della competizione; sulla collaborazione piuttosto che sulla divisione; sulla compassione per gli altri piuttosto che l’attenzione per sè stessi.
Perchè, in fin dei conti, la vera scoperta che dobbiamo fare, è che siamo tutti uno, e non esiste il bene individuale: il bene o è condiviso, comune, universale, o, semplicemente, non è.
Alberto Medici ingannati.it
Mi è venuta in mente un’intervista (l’ho cercata sul web ma non sono riuscita a trovarla) con dei terremotati dell’Emilia che dicevano che, prima della sciagura, non sapevano nemmeno chi fossero i loro vicini presi com’erano dal lavoro e da tutte le incombenze quotidiane e che invece adesso condividevano tutto e la sera dicevano il Rosario insieme. Mi ha molto colpita perchè proveniente da persone che avevano perso tutto.
@Giusi, mi perdonerai (e così tutti…) se cito un mio precedente commento:
“La mia terra d’Emilia (non terra natale ma di adozione), ha vissuto la tragedia ben nota e recente del terremoto… sai cosa ho visto come una benedizione? Le Celebrazioni fuori dalla Chiese! Dio ci ha spinti (a forza…) fuori, fuori da quelle mura… in mezzo alla gente. A quella gente provata e impaurita (come ora è tanta gente, terremoto o non terremoto) che forse non avrebbe mai messo o ri-messo piedi in una chiesa e che magari è rimasta ai margini del campetto di calcio, del parcheggio improvvisato a “luogo Santo”, ma si è interrogata, ha partecipato e alcuni pian piano si sono riavvicinati… son tornati ad esempio alla Confessione (e non è poco…)”
Al di là delle mie “elucubrazioni”, posso confermare che è prorpio com dici… anche andando oltre il rinascere di un sentimento religioso, fermandomi in uno dei paesi più colpiti, poche settimane dopo le grandi scosse, quello che anche un “estraneo” come me (nel senso che non vivevo lì) poteve avvertire, era proprio questa forte senzazione di Comunione Umana, dove ognuno metteve a disposizione quel poco o tanto che era “rimasto in piedi” o che ancora aveva e un senso del vivere in comune che certo oggi si è molto perduto.
Ciò che mi aveva anche colpito, era come, chi aveva la casa magari distrutta, ma salva la vità sua e dei propri cari, totrnava a questo “valore primo” (e realmente “unico”) e di questo ringraziava Dio, magari “quel dio” da troppo dimenticato… Insomma, personalmente sono rimasto edificato e commosso da questi fugaci incontri.
Certo non posso parlare su di un piano “statistico” e in questa tragedia tante e tante altre cose si sono manifestate, nel ben e nel male, ma delle tante “nel bene” da troppo dimenticate, fa riflettere pensare che sia necessario un terremoto perché vengano riscoperte…
La diagnosi vera e la giusta terapia sono state già fatte e non da un economista o da un accademico in matematica o discipline finanziarie. Da un uomo semplice anche se culturalmente preparato ed umanamente esperto. E’ ben noto a molti ed in tutto il mondo. Lavora a Roma, città della quale è Vescovo, ed è il Papa di noi cattolici. Con estrema semplicità egli ha subito dichiarato che questa non è una crisi economica, ma è una grave crisi dell’uomo. E con logica ed inoppugnabile coerenza ha rilevato come un calo di borsa diventi un elemento destabilizzante per governi e schiere di risparmiatori e di dipendenti pubblici e privati, mentre non interessa a nessuno, istituzioni e persone, la morte di chi lotta per la libertà, per chi tenta di fuggire da un regime oppressivo, per chi vuole manifestare la sua religione, per chi tenta di trovare un lavoro. Io sono un economista da strada. Ho studiato la materia, ma poi per la mia professione ho dovuto tenermi aggiornato ed affrontare la quotidianità del cittadino, lavoratore e disoccupato, dell’azienda, degli enti e delle istituzioni governative. Come dice Barion, dopo eventi gravi, si deve cominciare a reagire uscendo dal proprio egoismo e ricostituendo i vincoli della comunità. Poi insieme si superano tutti gli ostacoli e si ricostruisce ….. e sulla roccia. Sono convinto che questa è stata una bella sberla di Dio. E ci voleva. Perchè l’umanità sembra aver perso ogni orientamento e si sia volta verso l’autodistruzione.
E’ il momento giusto per mettere alla prova la Provvidenza. Se ci abbandoniamo totalmente alla Sua Volontà andrà tutto bene. Buona giornata a tutti!
Perchè, in fin dei conti, la vera scoperta che dobbiamo fare, è che siamo tutti uno, e non esiste il bene individuale: il bene o è condiviso, comune, universale, o, semplicemente, non è.
seeee, se fai qualcosa anche te per il bene comune. perché se io lavoro e tu ti limiti a condividere…..oppure se io lavoro in miniera e te in ufficio con aria condizionata…….e i debiti , gli stati del terzo mondo, non glielo ha ordinato mica il medico di farli( oltretutto, se si va a ben guardare, come vien fuori dagli ultimi eventi sui varii Ben Alì, Gheddafi e compagnia,- ma era storia vecchia, già dai bokassa ed idi amin. e mi limito all’africa-) tutti i soldi della cooperazione internazionale, finiscono in armi o conti privati e ville all’estero). ammesso che poi , i soldi della cooperazione internazionale, ci arrivino. all’estero( vedere alla voce fao- e chi vive a Roma dovrebbe aver contezza di quel monumento allo spreco che è tale organizzazione) il cui bilancio, così, a spanne, per ogni euro speso, i tre quarti finiscono in stipendi, alberghi ,ristoranti , prebende e quant’altro.
o come gli aiuti dell’unhcr in sudan o somalia che finivano nelle mense dei militari e dei signori della guerra.
e la colpa non è del sistema economico. ma delle persone che rubano i soldi destinati ad altro. il resto è fuffa.
Una mamma può vivere bene se il figlio sta male? Di solito no. Se un tuo vicino ha un problema, puoi tranqullamente infischiartene e vivere allegro lo stesso? di solito no, sapere che c’è chi soffre non ti toglie forse un po’ di serenità?
Dio ci ha fatti (è il caso di dirlo: grazie a Dio!) così. Magari qualcuno (pochi in verità) riesce a tacitare, uccidere, estirpare, soffocare la propria coscienza. Ma, per la maggior parte, sentiamo che il bene, o è di tutti, o non è.
Ubuntu.
Un antropologo propose un gioco ad un gruppo di bambini africani:
Mise un cesto pieno di frutta accanto a un albero e disse loro che il primo che vi arriva, vince i dolci frutti.
Quando disse ”partenza”, i bambini si presero tutti per mano e corsero verso il cesto, poi si sedettero e gustarono la frutta tutti insieme.
Quando l’antropologo chiese loro il perchè corsero tutti insieme, quando solo uno poteva avere tutto per sè, i bambini risposero: ” Ubuntu … come può uno di noi essere felice se tutti gli altri sono tristi”?
UBUNTU nella cultura Xhosa vuol dire: ”IO SONO PERCHÈ NOI SIAMO”.
Esperimento interessante, da ripetere però con un solo frutto.
Joe: stai seguendo la via della luce o ascolti il Tentatore?