di Mario Barbieri
Vi è mai capitato di ricevere un regalo incartato malissimo? Ma proprio male, male… Intendo una orribile carta spiegazzata, ma che dico spiegazzata… avete presente la carta color “can che scappa”, che si usava una volta sui tavoli delle trattorie di bassissima lega (dove magari si mangiava benissimo)? Ecco una così, magari pure dall’aspetto usato. Beh probabilmente, no, non vi sarà mai capitato, almeno non a questi livelli (mi auguro). Magari non pacchettini super sofisticati, perché anche confezionare è una piccola arte …ma non a questi livelli!
Allora, ipotizziamo di ricevere un pacco regalo cosi… che faremmo, che penseremmo? Sorrisino tirato che nasconde a malapena la smorfia di disappunto… Se poi è per un’occasione rimandabile: “Grazie, non dovevi. Lo apro dopo…” sperando in cuor nostro si perda nel cumulo degli altri pacchetti, o che il cucciolo della casa (attirato da uno strano odore) lo azzanni e lo distrugga…
Ma soprattutto che penseremmo? Non sul regalo, ma in realtà su chi ce lo porge: “Dio che pezzente! …ma questo non è nemmanco “riciclato”, l’ha preso paro paro dalla spazzatura; …mi vergogno io per lui. No, ma dico, chi pensa di avere difronte?!! E via discorrendo… immedesimiamoci, esercitiamo la fantasia.
Bene. Questo è quel che ci capita (a volte, ma prima o poi nella vita, ci capita…) con Dio.
Non che Dio non sappia far regali o che non conosca l’arte di “confezionarli” (chi meglio di Lui…), ma a volte… ce li dà proprio “incartati male”.
Purtroppo è così.. anzi, diciamo la verità, il problema è nostro e sta nel fatto che, prima ancora di “scartarlo” il regalo, prima ancora di farlo veramente nostro, di comprendere il senso profondo del perché la scelta proprio di quel dono, ci fermiamo all’apparenza e anche di questa ben poco comprendiamo, dato che appunto ci sembra di scorgere solo un bruttissima confezione che ci rimanda solo ad un tristissimo contenuto. Così il passo a giudicare chi il dono ci porge e breve, anzi diciamo “automatico”.
“Ma come, da te che dici di volermi tanto bene… da te che sei così ricco (mi sa in realtà tu sia proprio un spilorcio…)… da te che hai tutto, che non devi neppure andare cercando un regalo, basta che lo pensi ed è cosa fatta. Anzi ora che ci penso, già che tu sai tutto, sai che è un pezzo che desideravo quella cosa. Non mi dire che non ti è mai arrivata all’orecchio! Quante volte te l’ho chiesta! Chiedete, chiedete… si, buonanotte. (n.d.r. noterete i pronomi volutamente in minuscolo, giacché in un simile – ipotetico – dialogo, ben poco senso avrebbero in maiuscolo…)
Direi sia il caso di uscire dalla metafora, da questa ipotetica (ipotetica?) situazione, per convenire che di “regali incartati male”, ahimè (ahimè per averlo considerato tale) più di uno ne abbiamo ricevuti: una malattia; un rovescio finanziario; un incidente; un furto; un tradimento; una cocente delusione; una persecuzione; un insuccesso; una umiliazione… potremmo allungare l’elenco all’infinito, con cose piccole o enormi, non ha molta importanza… e ora che ci penso, capisco perché la riluttanza ad accettare con slancio quel regalo. Perché bene o male che sia “incartato”, la sua confezione all’esterno non riesce a celare del tutto, la forma del contenuto… quell’inconfondibile forma di Croce!
Eppure, eppure, questi “regali incartati male” sono veri e propri Doni…
Dono alla nostra vita, dono di Amore… difficile trovare parole diverse da quelle di questa antica Omelia Pasquale
La croce gloriosa del Signore risorto
è l’albero della mia salvezza
di esso mi nutro, di esso mi diletto,
nelle sue radici cresco,
nei suoi rami mi distendo.
La sua rugiada mi rallegra,
la sua brezza mi feconda,
alla sua ombra ho posto la mia tenda.
Nella fame l’alimento, nella sete la fontana,
nella nudità il vestimento.
Angusto sentiero, mia strada stretta,
scala di Giacobbe, letto di amore
dove ci ha sposato il Signore.
La croce gloriosa del Signore risorto
è l’albero della mia salvezza
di esso mi nutro, di esso mi diletto,
nelle sue radici cresco,
nei suoi rami mi distendo.
Nel timore la difesa,
nell’inciampo il sostegno,
nella vittoria la corona,
nella lotta tu sei il premio.
Albero di vita eterna,
pilastro dell’universo,
ossatura della terra, la tua cima tocca il cielo,
e nelle tue braccia aperte
brilla l’amore di Dio.
La croce gloriosa del Signore risorto
è l’albero della mia salvezza
di esso mi nutro, di esso mi diletto,
nelle sue radici cresco,
nei suoi rami mi distendo.
Quanti di questi “Doni incartati male”, hanno svelato in sé il Dono dell’esperienza di Cristo Risorto, hanno portato con sé il Dono di una seria conversione a Dio, hanno svelato il Mistero che in Dio, nella Croce non muori… hanno in realtà costruito la nostra Fede, anzi ne sono la “spina dorsale”, il fondamento, l’assurdo che il Mondo non comprende, ma che il mondo interroga e converte> La Benedizione nella Sofferenza.
Ricordo la preghiera pubblica di una Sorella malata: “Ti ringrazio Signore per questo tumore, per questo “regalo incartato male” che hai voluto donare alla mia vita.”
Ogni volta che la mia migliore amica mi porge un dono, ha sempre un aspetto terribile, ma sempre so che è fatto con il cuore….Dio è stato clemente con me, come è di solito, mi ha educato a non guardare ala superficie, il problema è che voglio capire a cosa serve il regalo, a che cosa mi serve….se mi distendessi sarei piu felice 😉
L’anno scorso mi è capitata una cosa che mi ha fatto soffrire moltissimo, e da questa sofferenza ancora non sono guarita del tutto, mi fa ancora male.
Però – pur continuando a pregare che Dio mi risolva questo problema, pur continuando, certe volte, a pensare “che pizza, ma non finisce mai??”- mi sorprendo, durante la preghiera, a ringraziare spesso Dio. Perché mi ha donato tanto, nel frattempo, nonostante e grazie a questa sofferenza.
E’ ormai da un anno che anche io sono in una sofferenza grande, che sembra non finire mai, eppure mi capita quello che dice Lidia: pur essendo preoccupato, angosciato, oppresso e pur nella consapevolezza di non poter fare molto per risolvere questa cosa che subisco, vedo continuamente che Lui mi mette accanto, veramente, legioni di angeli. E’ solo la mia piccolezza e la mia povertà che a volte mi impedisce di essere lieto di questo, perché la tentazione più grande, quando sono nell’oscurità, è quella di lamentarmene stando girato da quella parte, e non dalla parte della luce. Grazie di questo post e anche per tutto il blog, è la prima volta che scrivo.
Allora Simone, anche se non sono io il “padrone di casa”, il mio benvenuto e una preghiera per questo tuo periodo di sofferenza… 😉
Un Dono di dubbio gusto; io lo chiamo così.
@Roberto, fuori da un’ottica di Fede, non si può che chiamarlo così (e non vuol essere un giudizio…), anzi ci si può spingere anche ben oltre: “una sfiga pazzesca”, un “amaro scherzo del destino”, una “tragedia”, una… disgrazia!
Ma per il credente, ed in modo particolare per il Cristiano, la parola “disgrazia” non dovrebbe esistere (se non per indicare l’unica vera disgrazia: quella di uscire dalla Grazia di Dio)… tutto è Grazia e tutto concorre al Bene.
Questo non perché sia scritto “nei libri” o la Chiesa lo insegni a credere (e fa bene), ma perché se ne è fatta esperienza… d’altronde non ha fatto Dio un regalo di “dubbio gusto”, per usare le tua parole, a Suo Figlio Gesù Cristo, lasciando che fosse consegnato al supplizio della Croce?
Eppure, quanti e quali Doni, da quella Croce sono scaturiti per l’Umanità intera!
Certo, siamo di nuovo in un’ottica di Fede e del resto anche in quest’ottica il dolore e la sofferenza, ancora scandalizzano, ancora spesso, rimangono avvolti nel Mistero, ma molto spesso è questo “Mistero” che ci riporta a scoprire un’ottica di Fede, senza la quale, appunto, mai e poi mai vedremo un “regalo” in certi avvenimenti della nostra vita.
Bariom (e neanche il mio vuol essere un giudizio, per quanto lo sembri proprio… ): tu e l’ironia, manco parenti alla lontana, eh?
@☻ Roberto, per la verità non è che manchi completamente d’ironia… e che a volte si fatica a coglierla in due righe di commento…
Il problema mio serio invece e quello di associare un nome, ad interventi precedenti che chiariscano il pensiero del commentatore su questi temi e identifichino la persona… alcuni ovviamente li ho ormai memorizzati, ma non tutti (e comunque potresti essere un “qualunque” Roberto che è la prima volta che interviene…) 😉
C’è l’iconcina, anche se ammetto è un po’ anonima; ma sono troppo pigro per procurarmi un avatar.
Ma l’ironia non nega mica il valore dell’affermazione 😉
E’ come l’episodio abbastanza famoso (o comunque, l’ho sentito citare da varie fonti) di Santa Teresina che si lamenta con il Signore. Perché soffriva, o perché era finita in un fosso pieno d’acqua con la carrozza, o quel che l’era, e dice più o meno: “Io mi sono consacrata completamente ai tuoi interessi e tu mi lasci soffrire così? Mi tratti così?” “Teresa, le rispose Nostro Signore, così tratto i miei amici!” “Ah, è per questo, soggiunse la Santa, che
ne hai così pochi!”
Doni di dubbio gusto, appunto (senza per questo paragonarmi a Santa Teresina, va da sé!!). Che è poi il senso stesso del post.
😉 🙂
Per precisare quella citata è Santa Teresa d’Avila. Santa Teresina viene chiamata quella di Lisieux
Ricordo un Roberto, l’autore di ‘Correre contro il diavolo’: sei quel Roberto? E’ trascorso un po’ di tempo!
Quante volte ho cantato “la croce gloriosa” questa antica omelia… eppure ogni volta mi mette in discussione!
Da una parte l’eterna paura della sofferenza, dall’altra il memoriale della mia vita: perché mi accorgessi di Lui il Signore è entrato nella mia vita ribaltando tutto, come fece Gesù nel Tempio, ero tentata di commentare in proposito il post precedente sulla crisi economica, a volte è necessario perdere delle certezze (effimere come il denaro) per mettere la nostra vita in mano a Dio.
Un sacerdote ha fatto un’altra metafora simile e contraria: il peccato è uno stupendo pacco regalo preparato dal nemico, accattivante, sfavillante, pieno di promesse e aspettative di gioia…
e quando lo apri è solo merda.
Bel mistero, vero, Silvia? Una vecchia espressione ormai in disuso: “Dio castiga quelli che ama.” Una frase che metteva in difficoltà, e per più di una ragione. Ci sono condizioni nelle quali solo il più intenso dolore può rompere una dura cervice, come un guscio.
Una frase non solo lasciata cadere nel dimenticatoio per quel riferimento al castigo, ma anche perché ci si può chiedere – e perché agli altri no? Non ama forse tutti Dio? E allora perché solo ad alcuni si riserva questa… estrema ratio, definiamola così? Sono stato molto spesso a interrogarmi sul bordo del gorgo di questo mistero.
Perché alcuni li ama di più… ma nessuno di meno. 😉
Bel colpo! 😉
Sono sicura che Dio abbia per tutti un disegno di salvezza e dia a tutti l’occasione di conoscerlo… è talmente creativo!
Il problema rimane sempre la nostra libertà, che spesso usiamo male.