Ventre Paterno

papa Francesco

di fr. Roberto Pasolini

L’uomo non è grembo. All’umanità maschile è negata la maternità. La possibilità di accogliere dentro di sé la vita e di farla crescere è stata affidata alla donna. Le Scritture sacre dispongono di una ricca terminologia per indicare questo femminile incavo, dove scaturisce il fiotto della vita, dove carne e sangue entrano in perfetta alleanza: rehem, beten, me‘eh, piccolo arsenale linguistico per indicare la complessità degli organi interni che nella nostra lingua traduciamo con: grembo, seno, utero, ventre.

L’uomo è piuttosto seme, promessa di vita chiamata a consegnarsi e a uscire da sé. Nella sua natura è iscritta la condanna a un esodo per poter giungere a pienezza. I muscoli espulsori che alla donna servono quando il frutto dell’amore è maturo, all’uomo sono necessari all’inizio, quando la scommessa della vita è affidata al coraggio e al «sogno» (Mt 1,20).

Eppure la lingua ebraica si permette di indicare un grembo anche nello spazio dell’umanità al maschile. Dice il Signore a Davide: «Io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno» (2Sam 7,12). È la parola me‘eh l’azzardo lessicale che documenta questa porzione di anatomia, invisibile a qualunque esame radiografico. Possiamo assumerla come rivelazione di un tratto sublime dell’umanità sognata da Dio, che risplende in forma meravigliosa nella vita di Giuseppe, sposo della vergine Maria, uomo giusto e santo. Il Cristo è nato anche dalle viscere di quest’uomo autentico, di cui oggi facciamo memoria. La sua divinità ha preso forma umana, grazie all’ospitalità di questo ventre maschile e paterno, che Giuseppe non ha rinunciato a offrire «davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono» (Rm 4,17).

Avrebbe potuto «licenziarla in segreto» (Mt 1,19) quella donna promessa sposa e divenuta madre senza di lui. Sarebbe stato un suo diritto. Avrebbe persino significato rimanere «giusto» (1,19). Giuseppe invece se la tiene così Maria, piena di un altro. Infatti piena di Altro è la vita: questo è il mistero che un padre comprende e custodisce per sempre. L’uomo è chiamato a cogliere in anticipo questa eccedenza che la vita possiede, questo irriducibile disavanzo che la realtà registra sempre rispetto ai nostri sogni e ai nostri progetti. La donna se ne accorge più tardi, quando la vita è migrata fuori dal suo recinto di crescita. La donna prima riceve, poi restituisce. All’uomo è chiesta invece una caparra iniziale. L’uomo deve svuotare la ricchezza d’amore delle sue viscere per diventare ciò che non è per natura ma soltanto per grazia: grembo.

Questo misteriosa disponibilità anticipata, che il cielo esige da Giuseppe, nel pensiero biblico si chiama fede. Più grande di un sentimento, più tenace di un’emozione, la fede è una virtù che si esprime sempre come profondo atto di libertà, feconda e potente come un seme espulso dal me‘eh, maturato nel cuore e nel silenzio della notte. Giuseppe mostra le qualità di questa fede perché sa che la vita è un’eredità che si riceve «per grazia», una promessa «sicura» (Rm 4,16) perché è Dio a farla, quel Dio che fa le cose «per sempre» (2Sam 7,16). Per questo accetta di diventare custode di una vita ricevuta come se fosse sua, frutto certo del suo seme. Assume l’intenzione di quella nascita, rinunciando a considerarla sua opera. Si raccoglie nel suo ventre paterno, presso quella energia d’amore capace di espellere lontano da sé il seme della vita. E così diventa padre: prendendo con sé, accogliendo senza obiezioni o domande, accettando di morire a se stesso e alle proprie comprensioni per consentire a qualcosa di più grande di venire al mondo.

Si dice che manchino padri nella nostra società. Certamente è venuta meno quella paternità che sgorga felicemente dal me‘eh, quella virilità umile e silenziosa capace di mettersi a disposizione della vita con fedeltà. Di questo nobile, umanissimo compito Giuseppe è testimone ed esempio. A lui oggi guardiamo, pensando che forse non è poi così vero che la paternità sia in definitiva crisi nel nostro mondo.

Di padri ne sono sempre esistiti, ne esistono e sempre ce ne saranno. La Chiesa — indubbiamente guidata dallo Spirito Santo — ne ha appena eletto uno, il papa Francesco, che in pochi giorni già mostra quel temperamento dolce e fiero di cui i figli hanno bisogno per poter camminare nella luce della verità. E non dobbiamo stupirci di questo, perché Dio è il favoloso Padre di tutte le cose e ancora non sembra stanco di (ri)crearci a sua immagine e somiglianza. Forse l’unica verità è che adesso tocca a noi comprendere e accogliere questa vocazione, iscritta nella nostra carne e affidata alla nostra libertà. È il nostro turno di ricominciare ad accogliere responsabilmente tutta la vita consegnata alla nostra premurosa custodia.

11 pensieri su “Ventre Paterno

  1. 61Angeloextralarge

    Due post in un giorno… e che post! Questo dal titolo soltanto mi ha già coinvolta… bisogna però che me lo stampo…

  2. “Di padri ne sono sempre esistiti, ne esistono e sempre ce ne saranno.”

    …e non solo, ce ne sono e saranno sempre anche padri non padri veri, ma veri padri nell’avere cura dei figli delle loro donne, che non sono i loro figli , ma è come se fossero, e anche più (o meno, come anche succede)…
    E allora perché tutto questo arzigogolo dall’ebraico per dire una cosa così semplice?

        1. Non so se si è capito che le stavo facendo il verso 😛

          Comunque, complimenti! Ho appena scoperto un pensierino di Pascal che pare dipinga proprio lei (nei suoi vari avatara)
          «L’un dit que le souverain bien est en la vertu, l’autre le met en la volupté; l’un en la nature, l’autre en la vérité. […] l’autre en l’ignorance totale, l’autre, en l’indolence, d’autres à résister aux apparences, l’autre à n’admirer rien […] et les vrais pyrrhoniens en leur ataraxie, doute et suspension perpétuelle; et d’autres, plus sages, qu’on ne le peut trouver non pas même par souhait. Nous voilà bien payés […]»
          Saluti…

  3. carlot

    E’ verio che bell’articolo. Si fa presto ad accusare gli altri(politici sacerdoti colleghi superiori) di non prendersi responsabilità ma noi non ci domandiamo mai se effettivamente ce le prendiamo.

  4. Raffaella

    credo che sia certamente S. Giuseppe anche per i papà separati. Oggi sono andata a portare i dolci a mio zio che di figli non ne ha avuti ma che mi ha sempre consigliata e sostenuta da quando mio padre ci ha lasciati (avevo 19 anni). E’ la festa di chi è comunque padre ed è capace di averne il coraggio. Un augurio speciale e un abbraccio a tutti quei papà che oggi per qualsiasi motivo non hanno potuto incontrare i figli. I miei auguri con una preghiera che un sacerdote (don Giacomo, padre di molti…) mi ha insegnato a recitare anni fa:
    “A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio, dopo quello della tua santissima sposa. Per, quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo Sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni. Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.”

  5. “Avrebbe potuto «licenziarla in segreto» (Mt 1,19) quella donna promessa sposa e divenuta madre senza di lui. Sarebbe stato un suo diritto. Avrebbe persino significato rimanere «giusto» (1,19). Giuseppe invece se la tiene così Maria, piena di un altro…”

    “Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.» (Mt 1,19-20)

    Giuseppe in realtà aveva già deciso, è l’intervento di un angelo del Signore a far mutare la sua decisione, in questo accomunandosi al SI di Maria e all’annuncio da Lei ricevuto e (anche) in questo sta la Fede di Giuseppe.

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