Il Cristianesimo è sempre fuori di moda perché è sano, e tutte le mode sono insanità.
(G.K. Chesterton)
Le campagne d’odio contro Benedetto XVI, come quella – l’ennesima – scatenatasi in questi giorni dopo la pubblicazione del Messaggio per la XLVI Giornata Mondiale della Pace, colpiscono sempre per la malafede e l’accanimento feroce dei suoi detrattori. Di nuovo papa Ratzinger si è rivelato, come dice il vangelo, «segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2, 34-35). E il “Matrix progressista”, attaccandolo selvaggiamente, sommergendolo sotto una coltre di velenose calunnie e interpretazioni tanto faziose quanto distorte, non ha tardato a palesare i propri pensieri. Una volta di più, sulla cattedra di Pietro si è riversato un odio furente e implacabile, frutto di un rancore sprigionatosi con tutta evidenza dagli abissi insondabili di un cuore di tenebra.
Tanto furore ha una sola spiegazione plausibile. Il Papa, è bene dirlo, affermando che la pace, in ultima istanza, trova la sua scaturigine nel riconoscimento di un ordine morale oggettivo, ricordando come essa possieda un legame costitutivo con la giustizia e la verità, ha colpito al cuore l’ideologia del Matrix e ciò è stato sufficiente a scatenarne la reazione dissennata e far sì che Benedetto XVI fosse additato come fomentatore d’odio.
Per il Matrix, che non riconosce alcuna natura umana, “bene” e “male” sono creazioni dell’uomo, e la pace è l’esito dell’assoggettamento servile all’ideologia dei detentori del potere politico. Benedetto XVI sa bene che questa è una pace mutilata e illusoria, un nuovo idolo: la pace non è il frutto dei condizionamenti di un’ideologia soggiogante ma si iscrive in una dimensione universale, la legge morale propria della natura umana. Fedele alla dottrina di san Tommaso (cfr. Summa theologiae, II-II, q. 29), la Chiesa sa come la pace non si identifichi con la concordia, vale a dire col semplice accordo delle volontà. Vi può essere infatti una “concordia nel male”, come quella che regna in una banda di malfattori uniti dal medesimo disegno criminale. Non si dà invece autentica pace, ricorda l’Aquinate, che non richieda come condizione necessaria la concordia in un bene oggettivo.
È manifesto quanto sia di vitale importanza per Benedetto XVI demolire l’idea che la pace possa nascere dall’alleanza col principio relativista, come vorrebbe invece la Matrice progressista. «Precondizione della pace – scrive il pontefice in un passo decisivo del messaggio – è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo» (n. 2).
Totalitarismo e relativismo
Pace e relativismo. Circolano facili slogan a questo proposito. Si scorda con altrettanta facilità quanto scriveva a tal riguardo George Orwell, forse il più acuto “diagnosticatore” di totalitarismi del secolo passato. L’autore di 1984 non ha avuto timore di affermare che «l’aspetto più terrificante del totalitarismo non sono le sue “atrocità”, ma il fatto che esso attacca il concetto di verità oggettiva: pretende di controllare il passato oltre che il futuro» (G. Orwell, Romanzi e saggi, a cura e con nota introduttiva di Guido Bulla, Meridiani Mondadori, Milano 2000, p. 1550).
Nel saggio The Prevention of Literature (1946) Orwell aggiungerà che il totalitarismo «a lungo termine richiede probabilmente un discredito dell’esistenza stessa della verità oggettiva» (in the long run probably demands a disbelief in the very existence of objective truth).
L’eredità di Orwell è stata accolta dal magistero pontificio. Nella Veritatis splendor veniamo avvertiti da Giovanni Paolo II che «una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia» (n. 101). Asserire che «tutto è convenzionabile, tutto è negoziabile», scriveva papa Wojtyla nella Evangelium vitae, rappresenta «l’esito nefasto di un relativismo che regna incontrastato: il «diritto» cessa di essere tale, perché non è più solidamente fondato sull’inviolabile dignità della persona, ma viene assoggettato alla volontà del più forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo» (n. 20).
Due sistemi in conflitto
Augusto Del Noce ha osservato come il pericolo di una alleanza tra democrazia e relativismo etico fosse stato ben colto già al principio del XX secolo dal grande scrittore francese Charles Péguy. In uno dei suoi ultimi scritti, L’argent suite, vediamo Péguy intento a distinguere un «sistema pace in cui l’ordine materiale (piacere, vitalità, eccetera; o, con i termini oggi consueti, benessere, consumo, eccetera) è norma ultima di valore, e un sistema diritti dell’uomo in cui invece ha valore infinito la giustizia. L’abisso tra i due sistemi è tale che i termini cambiano radicalmente di significato, se inseriti nell’uno o nell’altro» (Augusto Del Noce, Introduzione, in Angelo Magliano, Esame di coscienza di un democratico, Rusconi, Milano 1972, pp. 9-10).
A partire dal secondo dopoguerra, proseguiva Del Noce “sistema pace” è di fatto divenuto sinonimo di “democrazia”, alterandone pesantemente il significato. Si rende perciò urgente, per riscoprire l’autentico senso del concetto stesso di democrazia, sfrondare la selva delle illusioni mistificatorie e fronteggiare una simile “adulterazione semantica”. I due sistemi, “pace” e “diritti dell’uomo”, si contrappongono infatti in maniera netta. Scrive Péguy: «Nel sistema pace, la giustizia non è nulla, se si deve acquisirla a prezzo di un disordine. Nel sistema diritti dell’uomo, l’ordine non è nulla, se si deve acquisirlo a prezzo di un’ingiustizia. […] Nel sistema pace, l’ordine vale tanto che il suo acquisto non è mai troppo caro, così che si è autorizzati a pagarlo non importa quale iniquità. Nel sistema diritti dell’uomo non vale l’ordine che occorre acquisire a prezzo di un’ingiustizia […]. Nel sistema diritti dell’uomo (e, non ho bisogno di dirlo, nel sistema cristiano), un ordine fondato sull’iniquità non è un ordine; una pace fondata sull’iniquità non è una pace» (C. Péguy, L’argent suite, in «Cahiers de la quinzaine», 9° quaderno, XIV serie, 27 aprile 1913, pp. 151-152).
La velenosa superstizione del soggettivismo
È nota la simpatia che Joseph Ratzinger, fin da cardinale, quando lo citò con ammirazione in un ciclo di conferenze tenuto presso l’Università di Cambridge (1988), nutre per il pensiero dello scrittore britannico C.S. Lewis, l’autore di capolavori come Le cronache di Narnia e Le lettere di Berlicche. Non è difficile capirne il motivo: Lewis in fondo ha combattuto la stessa battaglia portata avanti oggi da Benedetto XVI. Echeggia in lui l’eco dei ratzingeriani “valori non negoziabili” quando lo vediamo scagliarsi contro la messa in circolazione del «veleno del soggettivismo», uno dei vizi capitali del sistema “pace”. Con soggettivismo va intesa, scrive Lewis, la «superstizione fatale che ritiene che gli uomini possano creare valori, che una comunità possa scegliere un’ideologia, come la gente sceglie i vestiti» (C.S. Lewis, Riflessioni cristiane, tr. it., Gribaudi, Milano 1997, p. 107).
Quella mossa dalla mentalità relativista, leggiamo in The Abolition of Man (1949), è un’offensiva in piena regola contro la «dottrina del valore oggettivo» ovvero «la convinzione che taluni atteggiamenti sono realmente veri, e altri realmente falsi, in rapporto al genere di cose che noi siamo» (Idem, L’abolizione dell’uomo, tr. it., Jaca Book, Milano 1979, p. 24).
Quando giudichiamo sublime un quadro di Caravaggio, una cascata naturale o un paesaggio alpestre stiamo semplicemente registrando un nostro stato d’animo interno, un moto soggettivo, oppure riconosciamo una “verità delle cose”, una qualità che richiede da noi quella risposta? Chi segue la dottrina del valore oggettivo non ha dubbi: dire che l’opera di Caravaggio o la cascata sono sublimi equivale a dire che la nostra sensazione di stupore e ammirazione è la reazione emotiva dovuta a un valore oggettivo e reale, significa già parlare di qualcosa che oltrepassa la mera emozione soggettiva.
Per Lewis, che replica così alle obiezioni dei soggettivisti, questa è una convinzione nient’affatto “confessionale”, ma assolutamente laica e ragionevole, tanto da poter essere ravvisata in tutti i grandi pensatori e poeti dell’umanità, da Socrate a Platone, da Aristotele a Lao-Tze, da Marco Aurelio alle leggi dell’antico Egitto.
Ambiguità di un progresso solo tecnico-scientifico
L’imperio del relativismo condurrebbe a conseguenze esiziali qualora si imponesse in una società tecnologica come la nostra. È un luogo comune affermare che il progresso materiale delle scienze e delle applicazioni tecniche conferisca all’uomo un potere sempre crescente sulla natura. Questo è vero solo in parte. Consideriamo, argomenta Lewis, il caso di prodotti della civiltà tecnico-scientifica come l’aeroplano, la radio e i contraccettivi. Nel nostro mondo può usufruirne chiunque abbia modo di pagare. Ciò facendo però non si acquista alcun potere individuale sulla natura. Acquistare un aereo o un viaggio in aeroplano non mi rende capace di volare più di quanto pagare qualcuno per portarmi in spalla mi renda più forte.
Tutte queste cose infatti possono essere sottratte da alcuni uomini ad altri uomini. In particolare, cioè, da coloro che le vendono o permettono che siano vendute, per non parlare dei possessori dei mezzi di produzione.
Ciò mostra, dice Lewis, che «ciò che chiamiamo potere dell’Uomo è, in realtà, un potere che alcuni uomini hanno e di cui possono, o non possono, permettere ad altri uomini di servirsi. […] Da questo punto di vista, ciò che va sotto il nome di potere dell’Uomo sulla Natura risulta essere un potere esercitato da alcuni uomini sopra altri uomini con la Natura a fungere da strumento» (Ibid., pp. 58-59).
Quanto all’esempio dell’aeroplano e della radio, l’uomo può esserne tanto dipendente quanto detentore e perfino la vittima, visto che può divenire il bersaglio delle bombe come della propaganda. I contraccettivi, dal canto loro, rendono tributarie le generazioni future di un potere detenuto dalla generazione attuale. E così in tutti i campi conquistati dalla conoscenza tecno-scientifica.
Ne consegue che senza un capitale di valori morali impermeabili all’arbitrio l’uomo potenzialmente si consegna al dominio da parte di altri uomini, con conseguenze tanto più rovinose quanto più ampio e esteso sarà il potere tecnico-scientifico nelle loro mani.
Un redivivo C.S. Lewis certo non faticherebbe a riconoscere nella gender ideology propugnata oggi dal Matrix – che vuole convincerci che a poter ad essere scelta come si sceglie un vestito sia l’identità sessuale, ridotta ad attributo accidentale dell’essere umano – una consequenziale applicazione del principio soggettivista, uno stadio ulteriore, più grave e avanzato della medesima patologia.
In lotta contro l’abolizione dell’uomo
Senza un patrimonio di valori oggettivi trasmissibile di generazione in generazione orientare la propria esistenza si rivela impossibile, impensabile poter dare un significato a istinti ed emozioni che di per sé sono alogici.
Saranno altri a farlo per noi, secondo i dettami di una illimitata libertà mascherata da pseudo-scienza.
Questo è il sogno del Matrix progressista e di tutti gli ideologi d’ogni tempo («grandi pianificatori e condizionatori», così li apostrofa Lewis).
Alcuni, più ingenui, potranno chiedersi perché mai sia necessario supporre che costoro siano malvagi. A questa obiezione si può rispondere come fa Lewis: la vera tragedia non sta nella malvagità degli ideologi e del loro desiderio di plasmarci a misura della propria ideologia. Sta nel fatto che si tratta di «uomini che hanno sacrificato la loro parte di umanità tradizionale per dedicarsi al compito di decidere quale senso attribuire per il futuro alla parola «Umanità». «Buono» e «cattivo», applicato ad essi, sono parole senza contenuto: perché è da loro che dovrà trarsi d’ora in poi il senso di queste parole» (Ibid., p. 66).
Qualora avesse successo la costruzione di un uomo artificiale assemblato secondo un disegno ideologico, allora questi uomini privi di umanità avranno abolito l’uomo.
Non è detto, osserva di nuovo Lewis, che gli uomini “prodotti” a tavolino dagli ideologi siano uomini infelici, tutt’altro. Il guaio è che «non sono affatto uomini, ma semplici artefatti. La conquista finale dell’Uomo si è rivelata l’abolizione dell’Uomo» (Ibid., p. 67).
Così, voler conquistare l’ultimo segreto dell’uomo conduce ad abolirlo, ridurlo a semplice artefatto porta al disastro antropologico.
Per poter offrire all’uomo la salvezza soprannaturale occorre almeno che vi sia una natura umana da salvare, occorre dunque battersi, come Benedetto XVI, vero operatore di pace, contro l’abolizione dell’uomo.
Semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore, nostro amato Papa, in questa battaglia non ti mancherà il nostro sostegno.
L’abolizione dell’uomo… nel 1979 questo aureo libretto ha avuto un ruolo non piccolo nella mia conversione!
Grazie per avermelo ricordato
Prego, don Fabio! È un saggio prezioso quanto dimenticato, purtroppo. Speriamo che la Jaca Book, o chi per essa, lo ristampi…
Andreas: con te non si finisce mai di comperare libri! Ma hai una convenzione con qualche libreria? 😉
Grazie per questo post, anche se, come sai, ho bisogno di leggerlo con caaaalma. Dobbiamo difendere il nostro Papa! E pregare che Dio ce lo conservi a lungo.
Angela, mi hai tolto le parole di bocca 🙂
Urca, mi hai smascherato! Sono un agente librario segreto di amazon e ibs… 😉
Sarà bene che gli spregiatori di Benedetto XVI tengano bene a mente il precedente napoleonico. Qui mange du Pape, en meurt…
Viviana e Andreas: 😉
La vita sociale e il suo apparato giuridico esige un fondamento ultimo. Se non esiste altra legge oltre la legge civile,dobbiamo ammettere allora che qualsiasi valore,perfino quelli per i quali gli uomini hanno lottato e considerato passi avanti cruciali nella lunga marcia verso la libertà, possono essere cancellati da una semplice maggioranza di voti. Quelli che criticano la legge naturale non debbono chiudere gli occhi di fronte a questa possibilità, e quando promuovono leggi- in contrasto con il bene comune nelle sue esigenze fondamentali- debbono tener conto di tutte le conseguenze delle proprie azioni perché possono sospingere la società verso una direzione pericolosa.
Nessuna norma positiva è eterna, insuscettibile di revisione, purchè non sfugga all’intento ordinatore del diritto naturale.
…tutti si cerca di tener conto delle nostre azioni.
…la pretesa di possedere uno sguardo onniscente non fa sorridere solo per una ragione: questa pretesa ha provocato montagne di morti e una indicibile quantità di dolore.
Credo che la discussione sull’opera omnia di Karl Marx sia in un altro blog…
lvise Maria: beh, almeno hai sorriso… per un motivo sbagliato ma hai sorriso. Cerca di sorridere anche per un motivo giusto… Su, coragigo! Ce la puoi fare! 😉
…NON fa sorridere.
Alvise Maria: “Urca, mi hai smascherata!….” Non ho letto bene! Mi perdoni, sì! Te lo devi meritare pure tu il Paradiso, ne! 😀
Premesso che ammiro Lewis e che andrò a leggermi il libro segnalato, faccio fatica a comprendere questa frase: “Quanto all’esempio dell’aeroplano e della radio, l’uomo può esserne tanto dipendente quanto detentore e perfino la vittima, visto che può divenire il bersaglio delle bombe come della propaganda. I contraccettivi, dal canto loro, rendono tributarie le generazioni future di un potere detenuto dalla generazione attuale. E così in tutti i campi conquistati dalla conoscenza tecno-scientifica.” non ho capito in che senso si parla di potere e cosa si dovrebbe fare “invece”.
da Leo Moulin(medievista) in un libro sull’inquisizione:
Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza. A furia di insistere, dalla Riforma ad oggi, ce l’hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell’autocritica masochista. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci. Invece io, agnostico ma storico che cerca di essere oggettivo, vi dico che dovete reagire, in nome della Verità. Spesso, infatti, non è vero. E se qualcosa di vero vi fosse, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di Cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre».
e la storia continua con la “bufala”sulla giornata per la pace da te citata. ma non finirà mai.
è che se, per ventura, qualcosa di “kattolico”può essere utilizzato dal potere del mondo, allora sperticati elogi.
ma se non è di utilità……
Verissimo!
“ma se non è di utilità……” Direi “ma se è d’inciampo…” (vedi pietra d’inciampo)
hai ragione.inciampo è meglio.vedendolo dal nostro punto di vista. per loro è una seccatura…
Vale, grazie di aver postato questo bellissimo passo di Moulin! lo avevo letto molti anni fa, mentre preparavo un esame di storia e mi è rimasto nel cuore, perchè ci spiega cosa è davvero l’onestà intellettuale di chi guarda la realtà senza filtri ideologici.
Quanto alla domanda di Xsara…. io la frase di Lewis l’ho capita così: le conquiste scientifico-tecnologiche si stanno sostituendo alla natura e crediamo con questo di poter manipolare a nostro piacimento cose che fino a ieri erano regolate da leggi naturali. Ad esempio la capacità procreativa. Una azienda farmaceutica, quindi degli uomini, produce la pillola anticoncezionale. Metti caso che tutte le donne del mondo assumano la pillola dall’inizio alla fine della loro età fertile. In questo modo si perderebbe la conoscenza del proprio corpo, di come funziona il ciclo femminile. La capacità riproduttiva sarebbe solo teoricamente nelle mani delle donne. In realtà tutto è nelle mani di chi produce il farmaco. E chi produce il farmaco potrebbe in qualsiasi momento decidere il dosaggio del principio attivo o sospenderne la rpoduzione facendo sentire le donne in preda al panico di non poter più controllare una natura di cui si è persa memoria.
Non so se questo esempio è giusto, ma io la vedo così…. Penso ad esempio quanto sia bello poter applicare i metodi naturali di regolazione della fertilità: per prima cosa ti consentono di prendere coscienza del tuo stesso corpo, poi ti obbligano ad un lavoro su te stessa, sia in termini fisici che in termini psicologici. Last but not least, ci sollevano dall’illusione di poter controllare tutti i fattori della realtà.
La differenza tra le due cose è che la prima possibilità è soggetta all’arbitrio di un gruppo di potere (chi produce il farmaco), la seconda è soggetta a leggi naturali che se adeguatamente conosciute operano per il bene. Il che non vuol dire che il progresso e le tecniche scientifiche siano un male assoluto, ma che di ogni cosa che capita nelle nostre mani dobbiamo saper fare un uso adeguato.
Oggi ho letto questo articolo che forse è pertinente:
http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=17&id_n=32092
c’è anche da notare,però,che il potere,servendosi di quelle tecnologie che richiedono,oramai,tecniche sofisticate di progettazione e produzione,sono appannaggio di pochi. gli altri sono dei meri utilizzatori che ,senza i primi,tornerebbero all’età-come minimo-pre industriale( chi saprebbe costruirsi,per es. una dinamo per prodursi da sé energia elettrica qualora mancasse?).
non che sia un male tornare a tali epoche in sé stesso. ma quanti reggerebbero la situazione?
Sì, è esattamente come dice Giuliana. Un potere sulla natura è sempre il potere di alcuni uomini su altri uomini. Lo stesso aereo può essere utilizzato per trasportarmi a casa da una parte all’altra del globo come per bombardare quella stessa casa. Non siamo noi a volare, sono altri che ci danno il potere di farlo, un potere che se vorranno potranno anche ritirarci e perfino rivolgerci contro. La contraccezione dà alla generazione che se ne serve un potere sulla generazione futura. Chi ricorre a un contraccettivo decide della generazione di nuovi esseri. Non è un potere di poco conto.
Ciò significa che il progresso materiale non è la fonte del valore. È per questo che, come direbbe il mio filosofo di riferimento, un certo Spiderman – vero, giuly? 😉 – “da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Ma il concetto di responsabilità implica che di fronte a me vi siano delle cose che hanno un valore indipendente dal mio giudizio, cose che possiedono cioè un valore oggettivo e reale.
Un altro esempio: forse filosofiazzero non lo sa, ma durante la Rivoluzione francese alcuni non fecero mistero che al fine di “epurare la patria” e rigenerare il suolo francese l’imperativo dovesse essere quello di sterminare un certo numero di persone. Jeanbon proponeva di ridurre della metà la popolazione; per Bo potevano essere risparmiate al massimo 12 milioni di persone; ad Antonelli sarebbe bastato ghigliottinare un terzo dei francesi; una cifra che Gouffroy riteneva inadeguata dato che, a suo avviso, dopo il bagno di sangue purificatore non avrebbero dovuto rimanere più di cinque milioni di persone; Cathrine Théot superò tutti, dato che era sua intenzione ridurre la popolazione dell’intero globo a 140 mila “eletti”. Ecco, costoro sono certo un buon esempio di ciò che intende Lewis per “pianificatori” e “condizionatori”. Cosa avrebbero fatto questi ideologi deliranti qualora avessero avuto a disposizione i mezzi e il know-how tecno-scientifico disponibile un secolo e mezzo più tardi? Avrebbero replicato su larga scala quello che fu fatto in Vandea. Come in effetti accadde. Qui gli esempi storici si sprecano: Russia, Cina, Cambogia, ecc.
E tutti questi ideologi, tutti, non riconobero legittimità a una “verità delle cose”, con buona pace di Alvise (che, son certo, confonde certezza e infallibilità). Sentiamo che scrive ancora Orwell: “Il totalitarismo ha abolito la libertà di pensiero in una misura inconcepibile in qualunque altro periodo storico. Ed è importante capire che il controllo del pensiero esercitato dal totalitarismo non è solo negativo, ma anche positivo: non solo ti impedisce di esprimere – e persino di pensare – determinate idee, ma ti impone ciò ch e devi pensare, ti crea un’ideologia, oltre a stabilire un codice per la tua condotta, cerca di controllare la tua vita emotiva. E per quanto è possibile ti isola dal mondo esterno, chiudendoti in un universo artificiale privo di metri di paragone. Lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei proprio sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni” (Letteratura e totalitarismo in George Orwell, Romanzi e saggi, cit., p. 1384).
Chi ha letto 1984 ricorda bene la “rieducazione” cui viene sottoposto Winston, le farneticanti affermazioni di O’Brien (*): il soggettivismo, portato alle sue estreme e logiche conseguenze, porta al solipsismo.
Per tornare all’esempio di Giuliana sui metodi naturali: Lewis, sempre nell’Abolizione dell’uomo, scrive delle cose illuminanti sulla differenza abissale tra una educazione di stampo tradizionale – fondata appunto sull’esistenza di una “verità delle cose” – e l’educazione “ideologica”, che si risolve in un puro condizionamento. La prima ha un carattere organico: la vecchia educazione “trattava gli allievi come gli uccelli adulti trattano i giovani uccellini cui insegnano a volare; la nuova [quella ideologica; NdC] li tratta invece come un allevatore di polli tratta i pulcini” (p. 28).
(*) «Tu credi che la realtà sia qualcosa di oggettivo, di esterno, che esiste per proprio conto. E credi anche che la natura stessa della realtà si evidente di per sé stessa. Se ti persuadi che se pensando di vedere qualcosa, credi che tutti gli altri vedano quella stessa cosa. Ma io ti dico, Winston, che la realtà non è esterna. La realtà esiste nella mente degli uomini, e nessuno altro luogo. Non nelle menti individuali, e cioè in questa o in quella, che invece possono commettere errori, e che in ogni caso è destinata a svanire prima o poi: ma solo nella mente del Partito, è collettiva e immortale. Qualsiasi cosa il Partito ritiene che sia vera, è vera. È impossibile vedere la realtà se non attraverso gli occhi del Partito. Questo devi imparare, Winston. Ciò rende necessario un atto di autodistruzione, uno sforzo dalla volontà. Ti devi umiliare, prima di ridiventare intelligente».
Giuly, per utilizzare i metodi naturali devi imparare, appunto, un metodo. Se nessuno lo insegnasse le donne non saprebbero come fare, in modo analogo a quanto capita con la pillola. Prova ne è il fatto che siano sostanzialmente recenti e sconosciuti in civilta’ meno tecnlogicamente avanzate. In questo senso non sono naturali, non come il camminare o il parlare. Per cui direi che chi li puo’insegnare detiene un potere…
Vorrei segnalare all’autore che non solo sta incredibilmente forzando il pensiero di Orwell, ma in caso le fosse sfuggito, le riporto cosa Orwell pensava di Chesterton che lei cita all’inizio di quest’articolo:
“Chesterton was a writer of considerable talent who chose to suppress both his sensibilities and his intellectual honesty in the cause of Roman Catholic propaganda”, la cui traduzione sarebbe più o meno
“Chesterton era uno scrittore di considerevole talento che decise di sopprimere sia le sue sensibilità che la sua onesta intellettuale per la causa della propaganda Cattolica Romana”.
**********
da ADMIN:
Orwell’s ghost ha mandato questo commento ma non potrà interagire nella discussione finché non confermerà la mail che, a naso, suona falsa.
Qualora dovesse arrivare la conferma l’utente Orwell’s ghost sarà approvato e potrà interegire.
In ogni caso la citazione di O’sG dimostra solo che a Orwell non piaceva Chesterton. Non gli piaceva neanche Gaudì, se è per questo http://stirdaddy.blogspot.it/2007/10/george-orwell-on-la-sagrada-familia.html
E alura? Cosa dimostra questo, a parte che i gusti di Orwell avevano qualcosa in comune con quelli di Alvise?
veramente Alvise pensa che Chesterton non avesse neanche talento…comunque al signor fantasma di Orwell vorrei dire che quella Cattolica e una fede e non è appropriato parlare di propaganda semmai di apostolato.
@ Orwell’s ghost
Segnalazione superflua, visto che ne ero a conoscenza, e che comunque, come è stato già detto, non dimostra nulla.
cmq ,dopo o’sg,adesso, semo veramente “internescional”…..
L’internescional de’ voantri – sempre per sfruculiare Alvise e il suo vezzo di ‘vouvoyer’ i frequentatori di questo blog 😉
mi state sfruculiando l’Alvise Maria oltre ogni dire….
Pingback: Defensor hominis
Ogni volta che ti leggo non posso trattenere un moto d’ammirazione. Complimenti sinceri.
Grazie di cuore, Matteo, stima ricambiata.
Andreas Hofer:
…a proposito di “che comunque, come è stato già detto, non domostra nulla” , in che modo qualcheduno potrebbe dimostrare qualcosa? Forse lo di-mostrerà a voi, pecore, il vostro pastore, ma tutti noi altri “con il cure di tenebra”?
Che ne sarà di noi, che crediamo che il “bene” non sia rivelato(o già posto), ma vada conquistato?
E che te lo conquisti a fare visto che devi morire e che dopo non c’è niente? E poi qual è questo bene? Il mio, il tuo, il suo? E se va a detrimento del bene di un altro? (homo homini lupus). E chi siamo noi per stabilire ciò che è bene o è male? Lascia fare il suo mestiere a chi lo sa fare e ha i titoli per farlo: Dio!
…cercare di fare il meglio possibile senza altro tornaconto che quella di cercare di fare il meglio.
Se ero io Iddio facevo stare meglio tutti, subito!
Vaste programme…
…non per l’ “onnipotente”.
Infatti non mi riferivo a Lui 🙂
E qual è ‘sto meglio? Chi lo stabilisce? Cos’è stare meglio? Conosco gente ricchissima e infelice. Conosco gente sulla sedia a rotelle e felice. Mi viene in mente il cugino di una mia amica: un gaudente, sportivo, fidanzato ma la sua fidanzata aveva più corna di un cesto di lumache. Tre anni fa ha avuto un ictus, è rimasto offeso nel corpo e nella parola. Disperazione iniziale, non voleva più vivere. La fidanzata lo sposa perchè dice che a lei non importa niente: lo ama lo stesso. In questi tre anni è andato a Medjugorje tre volte. Lasciamo stare se lì è apparsa o no la Madonna: ognuno la pensi come vuole. Parlo dei risultati. Ha trovato l’abbraccio di Dio. I suoi occhi splendono. Ha detto di recente ( così come ha potuto dirlo) che non vorrebbe mai tornare al passato, che è felicissimo così. Con la moglie sono sempre più innamorati e stanno cercando un figlio. Morale (ti faccio la morale come si faceva un tempo a scuola): solo Dio sa qual e il meglio, solo Dio dà un senso alla vita. Che ne so io? Che ne sai tu? Che ne sappiamo noi? “Le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri”. Vado a fare la Novena di Natale. Buonanotte
Ho scritto un qual è senza accento sorry
Giusi:
Mentre gli “altri”, la stragrande maggioranza degli “altri” che non credono, che non hanno mai visto la Madonna, sgranato il rosario eccetra, questi altri che “fanno”?
Lavorano, crescono i figli, non rubano, non ammazzano, rispettano il padre e la madre, aiutano, si ammalano, guariscono, non guariscono, vanno in automobile, in treno, a Milano, Torino, Roma, Trieste, guardano gli stessi film che guardano i loro fratelli credenti (siamo tutti fratelli, volere o no) stessi libri, giornali, medicine, ricoveri, operazioni, vecchiaia, morte. Poi, magari, tutti si vivrà un altra vita, paradiso, inferno, purgatorio, sanatorio, limbo, o invece nulla, zero, buio. Ma questo, voi dite,ci se ne accorgerà quando ci se ne accorgerà, e voi altri (noi), vedrete che si era noi (voi)che si aveva ragione. E io, questo, che dite, ve lo auguro di cuore, e vi auguro anche il Paradiso.
Noi, invece, almeno, riposare nella pace dei morti.
Io non ti capisco. Intanto non ho mai visto la Madonna (magari!). Non capisco perchè la presenza di gente credente dovrebbe imperdirti di “riposare nella pace dei morti” (che vor dì poi?). Tra l’altro il cugino di cui parlo, secondo la tua inesistente dicotomia, era un “altro”. E non mi venire a dire che si è buttato nella fede per consolarsi che un’invenzione, in quelle condizioni, non consola. Era disperato, voleva uccidersi. Dopo essere andato a Medjugorje (portato, non è che fosse una sua iniziativa) è rinato, tutti sono stupiti. Tra l’altro io credo che questi siano i veri miracoli, quelli più autentici e sono milioni. Hai ragione quando dici che siamo tutti fratelli, è proprio così, Dio ci ama tutti, mica ama me più di te. E per quanto riguarda l’altro mondo non è che io abbia un tesserino di cattolica che mi da più diritti di te. E’ probabilissimo che tu dal Paradiso mi guarderai nel più infimo anfratto del Purgatorio (spero almeno di evitarmi l’Inferno). E magari pregherai per me. Io intanto prego per te ma non perchè mi ritenga superiore a te o più buona ma solo perchè vorrei che anche tu sentissi la presenza di Dio (che anche se non lo senti c’è lo stesso pure per te anzi soprattutto per quelli che non l’hanno trovato perchè, nella sua infinita bontà, vuole che tutti percepiscano l’abbraccio della sua misericordia). Per questo manda la sua Mamma-Sposa-Figlia sulla terra. La Madonna a Medjugorje non ha mai parlato di non credenti, ha sempre chiesto di pregare per “coloro che non hanno ancora conosciuto l’amore di Dio”. Vedi Alvise tu sei fortunato ad essere capitato in questo blog perchè già Angela ha detto che prega per te, io pure poi magari anche altri. Fidati: male non fa!
Giusi: Alvise Maria sta reagendo poco alla parola “Medjugorje”… Forse sta iniziando a digerirla, che ne dici? 😉
Alvise Maria: tevojo bbbbene! 😉
Anche per quelli che non lo vogliono?
…meglio io?
Lei non vuole capire l’antifona? E io gliela faccio cantare dai Domini-canes Oxonienses
… ma mi sa che ho sbagliato giorno 🙁
…ad libitum!!!
Gran bell’articolo, ho apprezzato moltissimo. Grazie! 🙂
“Il regime nazista che fece imprimere in rilievo sulla fibbia metallica delle cinture dei suoi soldati il motto “Gott mit uns”
(Dio è con noi, già della casa reale di Prussia)è stato qualificato dal papa benedetto XVI come “un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte”, come un “mostro” che aveva rovinato gli anni della sua giovinezza.
Non so se il Pontefice – notoriamente impegnato in una battaglia filosofica contro il relativismo – ritenga che “possedere tutte le risposte” sia illecito e pericoloso in politica e invece auspicabile e benefico nel caso della religione (o di una fra le religioni)”
Paolo Rossi, “Speranze”, Bologna, 2008 .
Al che, banalmente, si può replicare che se così fosse non si capisce perché, ad esempio, il dogma dell’Assunzione di Maria sia stato proclamato dalla Chiesa solo nel 1950. Come lo spieghi questo?
Non ne sento nessun bisogno di spiegare (e non potrei)perché la proclamazione di un dogma (per quanto vuoi che io noti, prudentemente tardivo, e quindi non dogmatico?). Piuttosto: che bisogno avevate di questa proclamazione?
Non senti bisogno di spiegare? Ecco, questo è il tipico atteggiamento di chi ha già tutte le risposte in tasca. Ma guarda caso…
…eh già!
…in effetti hai ragione, siamo tutti uguali!
Siamo tutti diversi…
…io no!
Le voglio fare un regalo di stagione
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/92/Adoration_of_the_Shepherds.jpg
Benedetto XVI è un grande dono di Dio alla Chiesa, al mondo e a ciascuno di noi. La sua chiarezza nel presentare la Verità provoca in me lo stupore del bambino di fronte alle scoperte più grandi: l’acqua, il fuoco. Mi dispiace che molti non sappiano o non possano gustare tutto questo. Spero che all’oscutità non aggiungano l’odio, grande male per loro e per tutti. Ringrazio questo Papa, prego per Lui e presento a Dio ogni mia giornata, come offerta per il suo ministero. Rosetta