da un commento di Roberto Brega
Nel momento in cui Dio scelse questa creazione e non un’altra per manifestare la Sua Divina Sapienza, la Divina Sofìa come la chiamano gli ortodossi, sapeva già tutto quel che sarebbe accaduto. Tutti i peccati, tutto il male che le Sue creature avrebbero commesso – tutto è sempre stato sotto i Suoi occhi. E se una porzione insignificante di tale visione è intollerabile per me come per qualsiasi essere umano minimamente sano, quanto più tale visione deve offendere Lui?
E dunque perché?
Non c’è risposta che possa soddisfare del tutto davanti a un tale sgomento; ma qualche tentativo è possibile.
Intanto, bisogna pur ricordarsi che all’inferno ci va solo chi vuole. E ci sono delle ragioni di dignità – dignità di creature libere quali siamo – per lasciarci scegliere in tal modo il nostro destino eterno. Davanti a questa responsabilità, non siamo soli.
Dio può darci una mozione irresistibile per attirarci a Lui, ma non è certo obbligato a farlo; perché ci lascia tanti richiami, che possono però essere respinti dalla nostra volontà, per muoverci verso di Lui. E perciò, se Sua l’iniziativa, nostro il consenso o il rifiuto; nostra la scelta.
Ma, se posso dirlo con timore e tremore, si scorgono ragioni più grandi dietro questa scelta Divina, che quella di procurarci un nostro merito.
E ritengo che sia proprio l’Amore folle che il Signore prova per noi.
Fece gli Angeli, dotati di un’intelligenza spirituale che conosce subito e intuitivamente senza bisogno di progredire attraverso ragionamenti. In questo, l’intelligenza umana e quella angelica sono diversissime. Tanto che un solo e singolo moto della loro volontà fu sufficiente a determinare una volta e per sempre il loro destino eterno. Da questo sarebbero venuti mali terribili. E Dio lo permise.
I nostri due progenitori sapevano quali doni meravigliosi erano stati dati loro, da trasmettere a tutti noi, eppure scelsero di perderli pur di avere qualcosa d’altro che, ingannati dal diavolo, credettero migliore.
Che oceano di male e dolore sconfinato da questa sola azione. Sangue versato, carne violata, tradimenti, angoscie, disperazione, dolore innocente; una visione davanti a cui ci si può smarrire… tutto previsto, e permesso. Il peccato e il male sono scatenati: Tu lo pemetti, Signore; e in definitiva, io davanti a questo non volevo sentir ragioni. Davvero: io non ne volevo sentir ragione. Non m’importava se potessero esserci o meno risposte. Se pure c’è un Dio così, non si merita niente, se non di essere odiato. Così decisi di non credere in Te ma, comunque, di odiarTi.
Adesso so che è, alla resa dei conti, questo l’inferno: sceglie l’inferno quella creatura che non accetta l’ordine che Tu hai dato all’universo, e a questo Tuo ordine mirabile vorrebbe sostituirne un altro, uno di sua scelta.
Quale, non ha importanza: ciascuno avrà in mente ciò che ritiene giusto nei suoi limiti miserabili di creatura. E se questo rifiuto di ricoscere che sei Tu, Signore, Dio e Re dell’universo e di tutto il creato, l’unico che ha il diritto di stabilire quale debba essere l’ordine che esso deve avere; se per quella creatura la propria volontà è più importante della Tua, questi si condanna inevitabilmente alla dannazione eterna.
Eternamente resterà con la sua volontà e il suo rifiuto della Tua, e dallo strazio che nasce da un lato dal suo desiderio di Te, e dall’altro dal rifiuto di riconoscere che Tu sei Dio, le verrà il suo tormento più grande. E perché Tu hai lasciato che la libertà delle Tue creature facesse tanti guasti al mondo che hai creato?
Prima facesti gli Angeli liberi. Ma gli Angeli, proprio per la loro natura, non potevano che scegliere il loro destino con un singolo atto di volontà. Poi facesti gli uomini, anima spirituale che informa un corpo. La nostra natura, il movimento della nostra intelligenza è tutto diverso. Noi ci sviluppiamo secondo un principio vitale, progrediamo nella nostra conoscenza attraverso il tempo.
Ed ecco il punto, è ovvio. L’Angelo è per sua natura irredimibile. Noi invece lo siamo. I doni che ci avrebbero preservato dal peccato furono perduti. Tutto il male che liberamente le Tue creature scelsero di fare, perciò Tu lo permettesti per una ragione.
Perché non esiste amore più grande di chi dà la vita per i propri amici.
All’interno di tutte le infinite possibilità, solo questa realtà poteva condurre a una creatura per amore della quale Tu potessi morire.
Né Angelo, né uomo delle origini. Ci sono tantissimi modi per amare, e tutti sono belli ciascuno a modo suo.
Ma è chiaro: se noi ci interroghiamo, e ci chiediamo cosa si possa dare di più grande per amore, è la nostra vita. Tanto che possono capitare quei momenti nei quali, ci sentiamo quasi come defraudati di non poter dimostrare quanto amiamo coloro che amiamo, se non nelle piccole cose. Vorremmo qualcosa di più. A volte è superbia; ma più spesso è l’amore, che esige qualcosa di più grande per poter manifestare se stesso.
Così, Signore, se mi permetti di esprimermi così: Tu ti saresti quasi come sentito defraudato di qualcosa che il Tuo amore esige, se non avessi potuto morire per riscattare me. Per me Dio ha voluto dare la vita! Tanto da sopportare le offese di tutte le Sue creature, la violazione della Sua Giustizia e del Suo volere, ogni malvagità e ribellione e peccato…
Fin dal primo istante della creazione, fin dal primo momento già tutto converge verso la Croce, e dalla Croce si dipana, per il Tuo Amore e la Tua Gloria. Architrave, punto di volta, mozzo attorno a cui tutta la ruota del creato gira.
E quanto è vero, allora, quel che dice San Paolo: “Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto”.
Di tutte le possibilità, solo questa poteva, forse, dare soddisfazione al Tuo Amore.
E se questo vale per me, perché Tu l’avresti fatto anche se ci fossi stato solo io in tutto l’universo da redimere, così vale per tutti.
E neppure questo Ti è bastato, perché è di questa Tua Gloria che Tu hai voluto fare partecipi coloro che hai riscattato col Tuo Sangue…
Ecco che allora anche il male che Tu hai permesso acquista un senso, un senso che fa tremare i polsi perché è quasi troppo da contemplare… c’è la chiamata a una dignità che non ci meritiamo in nessun modo, è troppo. Eppure, poiché Tu ce ne vuoi fare parte, la dovremo accettare. In qualche modo: come, non so dire.
Prima? Buongiorno a tutti!
Mai passare leggermente su post come questi… meditare!
Roberto: Smack! 😀
S. Agostino:
.”..se per caso qualcuno mi avesse risposto con le parole della Scrittura:
non ricercare cose troppo difficili per te
non scrutare ciò che è sopra alle tue forze.
Pensa alle cose che ti furono ordinate. (Ecclesiastico 3,21-22)
io avrei accolto questo comsiglio con riconoscenza. Non è infatti un piccolo vantaggio, quando si tratta di punti oscuri e incerti che sfuggono alla nostra conoscenza, avere almeno la chiara certezza che non occorre studiarli, e che, quando ci si vuole istruire con il pensiero di imparare qualcosa di utile, non nuoce ignorare.”
Grazie per l’attenzione! In questi giorni devo concentrare quei pochi rimasugli delle mie energie mentali sui miei doveri di stato lavorativi, che se no va a finire che faccio danni e non vado in ferie 😀 😀 ho appena il tempo di metter naso qualche momento sul blog, ma grazie di nuovo.
E comunque, Alvise, questa è per te 😉
“”- Ma perché mi chiami a tali altezze? – Non sono mica io che ti chiamo, è Dio. Vorrai dunque lagnarti che Dio t’abbia dato un destino troppo grande? Ti lagnerai che io, dal canto mio, non consenta a lasciarti vivacchiare nella volgarità e ignorare i tuoi destini? Sì, io ti voglio dire quanto sei grande nelle idee di Dio, voglio che tu veda a quale altezza egli ti chiama; voglio aprire davanti ai tuoi occhi quell’orizzonte infinito, pel quale sei fatto; voglio che ogni meschinità sia in te inescusabile. Fin da principio t’ho domandato: Sei deciso a tutto? sei risoluto di non arrestarti per via?
Che? saresti tanto vile da consentire di non essere che un mezzo cristiano? No, mai. Vediamo: ti piacciono le cose fatte a metà? Se il tuo sarto ti portasse un abito fatto per metà, lo accetteresti? A che possono servire le cose fatte per metà? A te piace aver sempre cose buone e ben finite, dice S. Agostino. I frutti dei tuoi giardini, i mobili di casa tua, i tuoi domestici, i tuoi amici, vuoi che tutto sia il più perfetto possibile. Non c’è cosa, neppure la tua calzatura, che tu non voglia perfettamente finita. E per l’anima tua non vorresti che una semiperfezione? Di grazia, preferisci l’anima tua alla calzatura.
– Ma sì, io sono assolutamente deciso a preferire l’anima mia alla mia calzatura, a volerla perfetta, interamente perfetta. Sì, desidero e voglio andare fin dove Dio lo desidera e vuole. Sarò cristiano senza restrizione né diminuzione, cristiano tutto d’un pezzo e nient’altro che cristiano. Poco importano i sacrifici, con la grazia di Dio non ne avrò paura. Ringrazio il mio Creatore d’avermi creato si grande, e lo ringrazio di farmelo conoscere adesso, perché prima non lo sapevo ancora. Viva Dio! è lui ch’io voglio; lui ch’io voglio conoscere, lui che voglio amare, lui che. voglio servire, e in quella misura che lui vuole.
– Si, viva Dio! Piglia arditamente per tuo motto questo antico grido di guerra. Dio non muore, diceva abitualmente quell’eroe che fu cosi cristiano, e che seppe morir per colui che non muore. Ah! se tu avessi la fede, di Garçia Moreno! Credi in Dio, ma in modo tale ch’egli sia non solo il primo, ma tutto nella tua vita. Viva Dio! Dio non muore!””
François-de-Sales Pollien certosino – Cristianesimo vissuto
http://it.wikipedia.org/wiki/Gabriel_Garc%C3%ADa_Moreno
(la scelta di citare wikipedia, sito notoriamente cattolico-apologetico, è voluta)
“fiat voluntas Tua”, “fiat voluntas Tua”, “fiat voluntas TUA” (!)
Grazie, Roberto, per questo post!Una delle migliori risposte che io abbia mai sentito alla atavica domanda-dilemma “Dio nonostante il male”!
grazie roberto meditero’ spesso mi interpella di nuovo grazie