Ho fame

di Andrea Gagliarducci      korazym.org

Cosa succederebbe se a un certo punto tutti decidessero che la tua vita è solo quella di un vegetale, e che è meglio che smettano di darti da mangiare, così almeno non vivi più quella che tutti definiscono una non vita? Benjamin Lorenzo, un giovane regista spagnolo di 30 anni, se lo è chiesto quando ha pensato alla storia di Eluana Englaro.

Era il 1992 quando, a vent’anni, dopo un incidente d’auto, Eluana Englaro era caduta in uno stato vegetativo permanente. I familiari trasportano Eluana da un ospedale all’altro nella speranza di un suo risveglio. Dopo 12 mesi la diagnosi: la regione superiore del cervello è andata incontro a una degenerazione definitiva. I medici non lasciano speranze di ripresa. I genitori vogliono sentire tutti i pareri. Nel 1994 Eluana entra nella casa di cura di Lecco ‘Beato Luigi Talamoni’, gestita dalla suore misericordine. E’ alimentata con un sondino nasogastrico e idratata. Dopo un paio di anni il padre di Eluana, Beppino, comincia la sua battaglia per bloccare l’alimentazione artificiale della figlia, “liberandola” come ripeterà spesso, da quella non vita, che Eluana “non avrebbe accettato”. È una lunga battaglia legale, che va dai primi rifiuti della Corte d’Appello fino al consenso a sospendere alimentazione e idratazione. Un consenso che viene confermato poi dalla Corte Costituzionale.Il resto è quasi cronaca: da una parte, una decreto legge che il presidente Napolitano si rifiuta di firmare, il trasferimento di Eluana ad Udine, dove c’è una struttura sanitaria (la clinica La Quiete) disposta a dare seguito alla sentenza della corte d’appello, la corsa contro il tempo del Parlamento per approvare la legge, e la morte di Eluana, l’8 febbraio 2009, proprio mentre al Senato si discuteva la legge che l’avrebbe potuta salvare.

Una storia che anche in Spagna ha dato vita a un dibattito molto acceso. Perché quello che succedeva in Italia era anche uno specchio di quello che stava succedendo in Spagna sotto il governo Zapatero. Perché, mentre in Italia il dibattito sulla sorte di Eluana diventava incandescente, in Spagna l’allora premier socialista José Luis Zapatero si avviava a varare una legge sul suicidio assistito. Benjamin Lorenzo si mette a lavorare al soggetto di un cortometraggio. Sostiene con forza che “c’è sempre un’alternativa alla morte: la vita”. E ne esce fuori un cortometraggio di 15 minuti, molto intenso: “Tengo hambre”. Il protagonista non è in stato vegetativo, non è costretto su un letto di ospedale. È semplicemente un giovane con la passione dei videogiochi. Una passione che diventa dipendenza. Gioca 17 ore di fila, senza fermarsi. E, quando smette, ha fame. Ma il frigo è vuoto. Solo che nessuno sembra volergli dare da mangiare. Il perché lo scopre lui stesso: c’è una legge che impedisce a chiunque di dargli da mangiare, di manifesti con la sua foto e il divieto è tappezzata tutta la città. E persino i suoi genitori gli dicono che “la sua non è vita”, che “non può cambiare”, e quando lo vedono alla loro porta, chiamano la polizia. Sembra una soluzione senza uscita. Ci sarà qualcuno che, in barba alla legge, tenendo conto solo dell’umanità, accoglierà questo giovane, e gli permetterà di vivere? La risposta c’è. E ha a che fare con una madre, un bambino e una minestra che rischia di freddarsi.

A due anni dalla morte di Eluana Englaro, vedere il cortometraggio è un pugno nello stomaco. Anche perché, in Italia, del caso di Eluana si è ripreso a parlare, e proprio in virtù di un film, “La Bella addormentata”, del regista Marco Bellocchio, ispirato alla storia di Eluana Englaro, che sarà girato ad Udine. “Il Consiglio regionale del Friuli – ha detto Bellocchio – ha chiesto alla sua Regione di non dare contributi economici a ‘Bella addormentata’? È stato un “no” preventivo, ideologico. Ostacolare un film prima ancora che sia fatto mi sembra davvero poco democratico. Ma io e il produttore Riccardo Tozzi chiederemo ugualmente un finanziamento e ho fiducia che lo otterremo: il buon senso e la legge sono dalla nostra parte”. Il caso di Eluana Englaro diventa ancora più emblematico se si pensa alle parole con cui Dino Boffo, allora direttore di Avvenire, delineò lo scenario che si era creato attorno a Beppino Englaro, il padre di Eluana, a sostegno della sua battaglia giuridica.

In quei giorni, Avvenire aveva dato voce all’altra Italia, quella che non andava sui giornali, ma era a favore della vita. E, raccontando la sua battaglia, Boffo sottolineava che era dunque necessario raccontare l’entourage di Beppino Englaro, “scoprire i personaggi, spiegare che non erano semplici professionisti di alto livello arruolati dal padre. No, erano semmai loro gli arruolatori del padre, che si erano prima sincerati della capacità di resistenza di quell’uomo addolorato e determinato (e che rispettiamo, perché non sappiamo che cosa può avvenire quando ci si trova nella sua situazione). Una volta avuta la certezza della ‘tenuta’ di Beppino Englaro, quei personaggi si sono messi a suo servizio conducendo in realtà la loro battaglia”. Una battaglia, prosegue Boffo, “nella quale hanno trovato a Udine dei meravigliosi alleati. Una cupola di indole massonica, che ha messo in campo una solidarietà formidabile, cementata in modo trasversale, capace di superare qualsiasi appartenenza politica, di categoria, di professione”. Visto in questa luce, forse la storia dei mancati finanziamenti al film di Bellocchio può essere letta in maniera diversa.

E se i nemici del film fossero da vedere dalla’altra parte della barricata? D’altronde, lo stesso Bellocchio ha dichiarato che “hanno pensato che fosse un film pro–eutanasia e anti–cattolico. Ma non è così: in “Bella addormentata” non lancio alcun messaggio. Io non entro nel merito di quella tragedia, non prendo una posizione: racconto solo una storia, anzi, delle storie. E qui scatta il secondo equivoco: Bella addormentata non è neanche un film ‘su’ Eluana Englaro, perché non racconta la sua vicenda, non c’è il personaggio di Eluana, non c’è quello di suo padre”. Intanto, in Spagna, un giovane cineasta si ispira al caso e ne fa un corto che è un inno alla vita. “Tengo hambre” è ora in finale al WYA Manhattan International Film Festival.

fonte:  korazym.org

49 pensieri su “Ho fame

  1. La nostra “Eluana” si chiama Moira. Vive a Nova Milanese, è in “coma” da 12 anni, una embolia durante il parto, la bimba muore, la mamma va in coma.
    Moira vive in famiglia, viene accudita da mamma e papà, dal personale inviato dal Comune, alimentata con il cucchiaino. Sorride, prova emozioni, nessuno vorrebbe che a suo figlio capitasse una simile cosa, ma come dice il papà di Moira, “non siamo eroi, solo genitori che amano la propria figlia”. La verità è che viviamo in una società che scaccia la fatica, pensando che la felicità sia assenza di dolore e di fatica. Invece la felicità sta proprio nell’amare la realtà, la vita, così come ci è data da vivere.

    1. 61Angeloextralarge

      Grazie per aver raccontato questa storia! E’ bello sentire parlare anche dell’altra faccia della medaglia. Peccato che non “rumoreggia” come la vicenda di Eluana! Ha ragione il padre: non sono eroi ma genitori che amano loro figlia. Mi vengono i brividi a pensare come Peppino Englaro ha dimostrato il suo amore per la figlia!

    2. Sara S

      Grazie! Admin, non sarebbe una bella idea potere intervistare questi genitori e poi farci un post?

  2. Giuseppe

    Succede che ripensi a tua moglie che così ha finito di vivere: o meglio quasi così. Ad un certo punto se lo è fatto togliere il sondino e poi è finita. Prima, non più di due giorni prima, naturalmente si è raccomandata che io non facessi sciocchezze. Forse Eulana non ha avuto la stessa possibilità.
    Ma il bello è che poi ti ricordi di esser anche tu stesso malato e quel che vedi su Eluana lo vedi con due aghi dialisi nel braccio sinistro insieme ad altri 15 e non hai molto da pensare.
    Però vai a trovare un amico e non puoi entrare per il solito cancello perchè nel suo parco ci son due pini, loro si sicuramente vegetali, pericolosi e pericolanti, ma non si possono abbattere, perchè manca il permsso della Forestale e dell’ufficio giardini del comune e quindi come tutti gli altri fai il giro. Il verde, ma solo quello, va rispettato: siamo un paese moderno.

    1. Alessandro

      No, non c’è la legge sul “fine vita”, c’è solo un disegno di legge che mi risulta approvato dal Senato il 26 marzo 2009, modificato alla Camera e licenziato il 12 luglio 2011 e che attende ora l’approvazione del Senato

  3. Alessandro

    Per sapere qual è la posizione della Chiesa su idratazione e alimentazione artificiali a pazienti in stato vegetativo si veda questo:

    “Primo quesito: È moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per vie naturali oppure artificiali) al paziente in “stato vegetativo”, a meno che questi alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico?

    Risposta: Sì. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione.

    Secondo quesito: Se il nutrimento e l’idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in “stato vegetativo permanente”, possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza?

    Risposta: No. Un paziente in “stato vegetativo permanente” è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali.”

    (Congregazione per la Dottrina della Fede, Risposte a quesiti della Conferenza Episcopale Statunitense circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali, 1° agosto 2007)

    Si veda anche la relativa Nota di commento:

    http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20070801_nota-commento_it.html

  4. 61Angeloextralarge

    Questo post ha risvegliato in me la stessa rabbia e lo stesso orrore che provavo ai tempi della vicenda di Eluana.
    Per quel che riguarda il cortometraggio, invece, non ho i sentimenti molto chiari. Da una parte sono felice perché in qualche maniera si affronta l’argomento, che sembra caduto nel dimenticatoio. Dall’altra, trovo molto triste che qualcosa di positivo si possa realizzare in una nazione che non sia l’Italia.

  5. Letto ora, a proposito dello spettacolo teatrale di Milano etc:
    Stefano Spinelli: “Ora, non mi permetto di giudicare l’aspetto artistico dell’opera, anche perché non l’ho vista e non intendo vederla, ma….”
    Mi ricorda, (ricordate?) discussione sul film di Nanni Moretti (sul papa) che si tenne su
    su questo blog…

        1. Alessandro

          mi pare che Introvigne l’abbia visto ad Avignone. O comunque se lo sia fatto “raccontare” abbastanza dettagliatamente da farsi un’idea dell’indole blasfema o confinante con la blasfemia di alcune scene.
          In ogni caso, se leggi tutti gli interventi della Bussola vedrai che emergono posizioni parzialmente differenti sul contegno da tenersi rispetto a simili spettacoli

  6. Francesca Miriano

    Non apro bocca, anzi non batto tasto. Intanto oggi fra tre ore parto per la Patagonia. Se restassi vegetativa guai a chi mi mettesse un sondino !Saluti a tutti.

      1. Alessandro

        ti auguro che non ti venga mai a trovare in queste condizioni, ma spero che se ciò accadesse i medici si “arroghino” il diritto di tenerti in vita, alimentandoti e idratandoti anche artificialmente, evitandoti la fine terribile (in tutti i sensi) inflitta a Eluana Englaro

          1. Sara S

            Scusa Alvise, ma se tu reputi che una vita a tuo dire “infernale” – in cui non si possa partire per la Patagonia o muoversi dal letto per anni – merita la fine dell’alimentazione artificiale, allora abbi coraggio e mostra la tua solidarietà verso quanti tuoi simili soffrono vite d’inferno: vai nelle carceri, tra i tossici, gli schiavi d’ogni ordine e grado, insomma, verso coloro che fanno vite di infimo livello. E togli loro cibo e acqua. Falli morire lentamente d’inedia. Perché così è morta Eluana, le hanno tolto il piatto da sotto la bocca ( lei che veniva nutrita, accarezzata, visitata e depilata), senza che potesse muover muscolo per difendersi. No, non hanno spento nessun bottone, né staccato nessuna spina. Magari!
            Ecco, fallo, ti prego, poi vieni a raccontarci di quale sollievo hai provato nel porre fine alle sofferenze altrui con la morte più atroce che si possa immaginare.

            1. Vai te a portare cibo e acqua, vai te nelle carceri
              tra i tossici, dove vuoi…
              Io parlavo di me.
              Me lasciatemi (lo lascio scritto anche qui, a memoria)
              morire quando sarò, se sarò, in istato di cadavere vivente. Non mi date mangiare bere nulla, datemi tanta morfina (per essere ancora più sicuri che io non patisca
              visto che lo avete a cuore che io non patisca, datemene tanta) e lasciatemi andare via, tranquillo!!!

  7. Da “scienza e vita”:
    “La regolamentazione corretta – se si vuole rispettare l’articolo 32 della Costituzione nella parte in cui prevede che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” – è prevedere come efficace il rifiuto ad un trattamento sanitario (sempre che sia adeguatamente informato e che il paziente sia pienamente capace di intendere e di volere e in piena libertà) e non, al contrario, richiedere un preventivo consenso come condizione di legittimità dell’intervento medico!”
    ODI MALIZIA!!!

    1. Sara S

      Sicuro che te ne andresti “tranquillo”, mentre muori di fame?
      Con un colpo di pistola si fa prima, e con meno ipocrisia (con un bel po’ di sangue in più, ma almeno la morte si chiama come deve essere chiamata, affatto dolce; e soprattutto l’omicidio si chiama come deve essere chiamato: omicidio o assassinio)
      E poi: sei proprio sicuro che lì, mentre te ne stai andando, non cambierai idea? Sei così certo che nulla può cambiare nel tuo animo, rispetto ad ora che scrivi,che lì in quel momento magari non trovi uno stupidissimo motivo per desiderare di andare avanti ancora, che tutta la sofferenza del tuo corpo non vale la fine del tuo corpo… che ne sai che, avendo intuito qualcosa in più o di diverso, magari di buono, sulla tua esistenza, non vorrai fare qualsiasi cosa per aggiungere un secondo in più di vita?!
      Insomma, la tua affermazione: “lasciatemi morire quando sarò un cadavere vivente” la accetto come un paradossale desiderio, un’astrazione, non come una reale volontà. A meno che tu non voglia dire che la vita non è tale, e quindi che sia una pozza immobile, immutabile, cioè morta; e non un brulicante susseguirsi di fatti, intuizioni, mutamenti d’animo e di corpo, un movimento continuo, un cambiamento continuo. Se la vita è così, non puoi adesso dire con tanta sicurezza quale sarà il tuo desiderio in altre circostanze e tempi che ora non conosci; se invece la tua vita è un castello congelato, in cui tu sai ciò che accadrà, e come lo affronterai, essa è già ora un luogo dove magari i conti tornano, ma dove tutto è uguale e tranquillo: morto. Insomma, saresti già ora un cadavere vivente!

      1. Sara S. scripsit: sei proprio sicuro che lì, mentre te ne stai andando, non cambierai idea? Sei così certo che nulla può cambiare nel tuo animo, rispetto ad ora che scrivi,che lì in quel momento magari non trovi uno stupidissimo motivo per desiderare di andare avanti ancora, che tutta la sofferenza del tuo corpo non vale la fine del tuo corpo… che ne sai che, avendo intuito qualcosa in più o di diverso, magari di buono, sulla tua esistenza, non vorrai fare qualsiasi cosa per aggiungere un secondo in più di vita?!

        si tratta d’un’affermazione che ha una dimostrazione empirica recentissima, tra l’altro relativa ad un (famoso) medico:

        http://www.oggi.it/focus/senza-categoria/2011/03/15/umberto-scapagnini-uscito-dal-coma-ho-cambiato-idea-sul-testamento-biologico/

        Umberto Scapagnini: “Uscito dal coma, ho cambiato idea sul testamento biologico”
        «Mentre mi trovavo nel buio del coma, riuscivo a percepire l’amore, le sensazioni e a momenti le parole che mi dicevano, anche se non potevo rispondere». Lo rivela Umberto Scapagnini in un’intervista esclusiva al settimanale Oggi, in edicola da mercoledì.
        «Ogni tanto un “Umberto! Umberto!“ mi avvicinava un po’ al “ritorno”», riprende l’ex sindaco di Catania. «Anche per questo adesso ho cambiato idea sul testamento biologico. Non firmerei più a favore, perché ora so cosa vuol dire sentire e non poter reagire, sapere e non poter dire. Non possiamo mai sapere realmente cosa pensa quella persona immobile sul letto. E se quella persona volesse vivere? Prima avrei firmato, adesso no».
        Scapagnini racconta a Oggi la terribile reazione a farmaci sperimentali antitumorali che lo portò in coma per 80 giorni e le «miracolose» esperienze vissute e descritte in un libro di prossima pubblicazione: la visione dei bisnonni (di cui poi trovò una foto incredibilmente somigliante), la visione della madre e un dialogo con Padre Pio.

        1. Ma se uno decide decide è perché ha paura di restare intrappolato e soprattutto non legge “OGGI”,
          Do fronte alla possibilità che cambiare idea durante il coma e quella di restare intrappolato senza cambiare idea uno implora(ma non è obbligatorio), prima, di venire lasciato andare.
          Poi, comunque, o che uno muoia intrappolato, o non intrappolato, che diffrerenza farebbe?
          Allora uno potrebbe dire non facendo differenza perchè lasciarlo detto primo cosa fare se poi sarebbe uguale?
          Allora perchè non lasciarlo detto prima?(se è uguale è uguale)

          1. non sono decisioni facili a prendersi nunc pro futuro: lessi che anche quel giornalista del ‘manifesto’, di cui tanto si parlò poche settimane or sono, s’era recato già varie volte in Svizzera, epperò ne era sempre ritornato. Socrate con la cicuta, Catone con la spada e Petronio col rasoio sono casi molto molto rari. E sono comunque casi precedenti all’avvento della RIvelazione, quantunque da tempo si parli d’un epistolario fra Seneca e San Paolo.

            1. Immagino sia lo stesso per un testamento olografo, che, poi, nell’ipotesi uno andasse in coma, potrebbe essere cambiato, in caso di resuscitamento, ma nessuno direbbe mai a nessuno che vuol fare testamento che poi potrebbe cambiare idea (in coma)e quindi di non farlo.

            2. nell’ipotesi uno andasse in coma, potrebbe essere cambiato, in caso di resuscitamento,

              non ho capito bene cosa voglia dire, ma comunque c’è una differenza: col testamento ‘normale’ (olografo o meno che sia) quando disponi sai di cosa disponi. Col testamento ‘eutanasico’, invece, daresti disposizioni per il caso in cui ti dovessi trovare in una situazione che però non conosci, sicché ragioneresti per deduzioni, per periodi ipotetici: SE mi dovessi trovare in quella data situazione, ALLORA VORREI…, tuttavia, siccome NON TI SEI trovato in quella data situazione, NON puoi essere sicuro del fatto che vorresti…
              Nel caso in cui tu lo volessi davvero, nulla quaestio, MA NEL CASO IN CUI invece tu, trovandoti DAVVERO in quella data situazione, cambiassi idea (Scapagnini docet)? In dubio, abstinet!

  8. scriteriato:
    sì hai ragione olografo o non olografo è uguale. Volevo dare il senso di più formalità.
    Quanto al resto, in caso di intezioni pre-mortem, nulla garantisce che se uno perdesse nel trapasso o nel coma o che altro la capacità di comunicare e poi morisse, nulla garantisce che dentro di sé potrebbe avere cambiato idea, sia nel caso di testamento biologico che di testamento classico. Te dici che nell’uno si tratta della vita e nell’altro della roba. Ma chi scrive il testamento biologico questo lo sa.

    1. guarda che quello olografo è il meno formale 😛
      In secundis non distinguevo fra vita e roba (che per Mastro-donn Gesualdo erano più o meno la stessa cosa), bensì sottolineavo l’estrema difficoltà di prevedere le proprie azioni nel futuro, ovvero in situazioni estreme.
      Ad extremum exemplum: gradiresti bere una flûte di champagne ADESSO? Ecco che potresti rispondere con certezza: sì, oppure: no.
      Gradiresti bere una flûte di champagne a questa stessa ora fra vent’anni? Nescitur (vabbè, con la flûte di champagne è facile rispondere ancora di sì, ma il concetto mi sembra chiaro)
      Prendi il caso di Robinson Crusoe, oppure dell’isola misteriosa di Verne

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