di Costanza Miriano
Ho letto un’infinità di meditazioni pre e during e fra poco post natalizie, in questi giorni. Ascoltato omelie, alcune bellissime, altre meno, lectio, riflessioni. Il cuore di tutte, più o meno, era “Dio è un padre buono e ci ama”. Ce lo ha ripetuto anche adesso il Papa: Dio è nostro padre, dunque noi siamo fratelli. Abbiamo bisogno di sentircelo dire, e ripetere, e ricordare.
Ma perché così tanto?
Perché, fondamentalmente, non ci crediamo: da quando il serpente ci ha sussurrato all’orecchio il sospetto che quello che ci ha creati e ci ha dato tutto, in fondo ce lo volesse togliere, ci volesse fregare, da quel momento il sospetto è diventato la cifra di fondo delle nostre relazioni, compresa quella con Dio.
Credere all’amore di Dio, riempirci il cuore, la testa, lo sguardo, ogni nostro respiro di riconoscenza, perché siamo stati scelti, chiamati dal nulla, chiamati a vivere, proprio noi e non un altro, credere che siamo stati scelti per essere amati, perché noi piacciamo a Dio più di quanto a noi piacciono quelli che abbiamo scelto, e lui vuole stare con noi, credere che per salvarci lui si è fatto carne, ci ha parlato con la sua vita dell’amore del padre e poi ha sofferto la passione e la croce e la morte, per amore nostro; credere che non ci meritiamo nulla eppure abbiamo più di tutto, ecco, questo per me è impossibile.
E’ esattamente il motivo per cui ci è stata data l’arma infallibile, l’arma della preghiera. A questo serve, non a trovare parcheggio a o a passare l’esame. Quelli sono regali in più che ci concede, ma la cosa più importante che fa la preghiera è cambiare la nostra testa, il respiro, i sentimenti e i pensieri. La preghiera ci cambia. Se noi chiediamo lo Spirito santo, Dio, lo dice il vangelo, non può non concedercelo.
Ti chiedo dunque la fedeltà alla preghiera, Gesù bambino, te la chiedo più di tutte quelle cose chesai tu e che non ti posso elencare perché ho degli amici troppo generosi e poi mi arrivano a casa fra due giorni. La fedeltà alla preghiera la cerco da sempre, e so che è quello che mi sfonderà davvero definitivamente il cuore. Mi darà un cuore di carne, capace di credere all’incredibile: che io ti piaccio, che ti vado bene così, che mi ami alla follia, che quando fai qualcosa che non mi va bene, è per un bene più grande, che la croce mi salva, che c’è un pericolo enorme che sto correndo, la perdizione, ma che posso aggrapparmi a te e salvarmi.
Come sempre grazie Costanza degli spinti di riflessione che ci dai e …Buon Natale!
Si. E’ vero.
Dobbiamo ripeterci che DIO CI AMA perché non ci crediamo…
ma anche perché c’è stato chi, pur non essendone pienamente consapevole…,ci ha detto altro, ci ha fatto credere che la ns Fede fosse solo moralismo, con tante regole, tante rinunce… con tanti musi lunghi…
Ognuno ha la sua storia e il suo personale cammino con il Signore…
Che il Santo Natale porti a TUTTI la Buona Notizia: che davvero Dio ci ama, così come siamo!
Un sereno Natale a ognuno di noi e alle ns famiglie. Davvero
“Ma perché così tanto?
Perché, fondamentalmente, non ci crediamo…”
Non lo so, non ne sono convinto… certo chi non ci crede, non ci crede, e non ci crederà sinché la Grazia non toccherà loro il cuore, sinché Dio non si mostrerà concretamente come in questa notte, incarnandosi nella vita concreta, in un fatto, in un avvenimento.
Ma per chi ne ha fatto esperienza, perché tanto “ripetere” e tante omelie (quelle “belle” si capisce), tante meditazioni, tanto leggere e anche tanto pregare in una preghiera che si fa ascolto e non solo richiesta?
Per RICORDARE, per fare memoria (memoriale per meglio dire), di modo che «Lo Spirito stesso attesti al nostro spirito che siamo figli di Dio.» (Rm 8,16)
E’ come una voce, un canto, che ti ripete incessantemente “TI AMO… TI AMO.. TI AMO”.
Infondo similmente, tuo marito, mia moglie, chi ci ama, seppur di un limitato fallibile amore umano, se ce lo ripete (se non lo fa a vanvera o per secondi fini, ma il nostro cuore lo avverte), ce lo ripete non per “convincerci”. Lo fa per testimoniarcelo, per ricordarcelo, perché il nostro cuore, distratto, assopito, stanco o oppresso, abbia un soprassalto, un sussulto, all’Amore risponda con l’Amore, risponda al richiamo dell’Amato come l’amata nel Cantico dei Cantici.
E non ci stanchiamo di sentircelo ripetere, perché questo Amore, che non sono solo parole ma che la Parola di Dio è capace di generare… ci nutre e ci sostiene, è Vita!
( Ciò detto, questo è solo un punto di vista da un’altra angolazione… nulla toglie o sminuisce quanto hai detto sulla preghiera 😉 )
Buon Natale
Bariom,
Mi ritrovo molto nella necessità di ricordare: è il motivo, in fondo, per cui continuo a dirlo a mia moglie…
Buon Natale a Costanza ed a tutte le Donne e gli Uomini di buona volontà. Credere è difficile però è più difficile non vedere i segni del Male che sta infestando ciò che Dio ha creato.
Credere….. è una grazia che Dio ci dona in un fatto concreto della nostra vita, è LUI che viene incontro a noi, ci Ha amato per primi, e solo Dio sa quando toccare i nostri cuori.
Il silenzio ci porta a l’ascolto della Sua Parola.
Il Verbo se fece carne per noi, con noi in noi, nulla di più grande e profondo, Ha fatto.
Buon Natale a tutti voi,
grazia Costanza per tutto. Buon Natale a te e alla tua famiglia.
D’accordo su tutto, ma cosa dobbiamo fare per contraccambiare questo amore immeritato limitati ed incapaci come siamo?
Costanza qualche suggerimento ce può dare senza dubbio. Buone feste natalizie a tutti.
Carissima Costanza ti mando i miei migliori auguri per un Santo Natale con una bella notizia anch’essa Natalizia. Un salutone
Gianluigi Sio da La Maddalena (Sardegna)
https://notizie.delmondo.info/2017/10/31/bestemmiatore-incallito-incontra-gesu/ [https://notizie.delmondo.info/wp-content/uploads/2017/10/croci.jpg]
Bestemmiatore incallito incontra Gesù – Le news più strane – Libri divertenti – notizie.delmondo.info Gianluigi Sio, questo il nome del miracolato, è rimasto immobile con la sua automobile in mezzo alla strada per circa due minuti, paralizzato e di fronte alla visione, mentre gli altri presenti sono rimasti totalmente indifferenti durante l’evento, con le macchine che continuavano a circolare in strada senza che nulla cambiasse dalla routine quotidiana. notizie.delmondo.info
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Triste l’accoglienza che questo signore ha avuto….
“perché noi piacciamo a Dio più di quanto a noi piacciono quelli che abbiamo scelto, e lui vuole stare con noi, credere che per salvarci lui si è fatto carne”.
Ultimamente grazie alla ri-scoperta di San Francesco Spinelli (canonizzato con San PaoloVI) mi sono ritrovato a fare adorazione eucaristica, mi farebbe piacere sapere come vivi tu questa “cosa” che mi sta sorprendendo assai!!
LA PREGHIERA E’ IL NOSTRO MODO DI PARLARE CON DIO. MA TROPPO SPESSO NOI CON LA PREGHIERA CHIEDIAMO QUALCOSA SU QUESTA TERRA. INVECE DOVREMMO CHIEDERE UNA SOLA COSA: LA NOSTRA SALVEZZA ETERNA, CHE CI PUO’ VENIRE SOLO DALLA FEDE. PERCIO’ LA NOSTRA PREGHIERA DEVE ESSERE MIRATA AD UN SOLO SCOPO: RAFFORZARE LA NOSTRA FEDE FINO AL PUNTO CHE, QUALUNQUE COSA CI ACCADA, TROVIAMO LA FORZA DI ACCETTARLA ED ABBANDONARCI A LUI.
Sono un po’ perplesso su questo: c’era una santa (mi pare fosse Santa Rita da Cascia) che pregava anche per chiedere che non le bruciasse l’arrosto e quando succedeva chiedeva a Dio perché avesse lasciato bruciare l’arrosto… In fondo, è segno di un rapporto autentico con Dio, di credere che esista e sia presente….
Pingback: Caro Gesù Bambino, ecco il regalo che Ti chiedo…
Per prima cosa auguro a tutti un Buon Natale.
Io farò un po’ la voce fuori dal coro, ma è un ruolo a cui sono abituata ormai. Se devo essere sincera non ne posso più di sentire omelie o discorsi in cui si parla in maniera insulsa e ossessiva dell’amore di Dio. Non che non si possa dire o che si debba dire il contrario, ci mancherebbe. Il punto è che un prete non dovrebbe limitarsi a dire quello.
Se io credo già al fatto che Dio mi ami sentirmelo ripetere sempre non mi dà nulla, anzi mi annoia, perché mi viene detto l’ovvio. Se io invece all’amore di Dio non credo o comunque è qualcosa su cui nutro piccoli o grandi dubbi, sentirmelo dire ogni due per tre non aiuterà a convincermi del contrario. Una volta su facebook ho letto questa vignetta ironica (mi scuso in anticipo per il linguaggio volgare):
https://www.facciabuco.com/post/601785d35/sei-depresso-non-hai-un-lavoro-non-arrivi-a-fine-mese-non-abbatterti-dio-ti-ama-amen.html
La vignetta esprime quello che è un modo di sentire comune riguardo a Dio quando nella propria vita le cose vanno male, non nego che è un sentimento che ho sperimentato pure io. E no, in quei momenti di sfiducia sentirmi dire dai preti che Dio mi ama non mi faceva stare meglio, perché “contra factum non valet argumentum”, quando i fatti sembrano contraddire le parole non c’è discorso che tenga. Non me ne faccio nulla di un uomo che mi dica magari anche con splendide parole che mi ama se poi alla prova dei fatti dimostra che non è vero: il mio fidanzato può dirmi ogni giorno che mi ama, magari scrivendolo anche in versi bellissimi, ma se quando mi viene il cancro alza i tacchi e va con un’altra donna, evidentemente poi tanto amore per me non lo provava veramente.
Quindi invece che limitarsi a ripetere all’infinito quanto Dio mi ama, trovo molto più utile che i preti mi aiutino a vedere le molteplici forme che questo amore assume nella mia vita anche quando le cose sembrano andare tutte per il verso sbagliato, anzi soprattutto in quei momenti. Il problema è che dire “Dio ti ama” è più facile che addentrarsi in discorsi spinosi sulla necessità della croce e sul valore salvifico della sofferenza. Ne sa qualcosa Nadia Toffa che è stata quasi linciata per aver osato definire il suo cancro un dono. A difenderla ci ha pensato, però, una mamma che ha tutti i titoli per poter parlare di sofferenza: https://www.repubblica.it/cronaca/2018/10/05/news/una_mamma_scrive_a_repubblica_ai_miei_figli_malati_offro_il_dono_della_vita_qui_e_ora_-208200101/
Non è un caso che anche nelle feste natalizie si ricordino episodi di grande drammaticità come la lapidazione del primo martire, Santo Stefano, o la strage degli innocenti. La sofferenza è qualcosa che prima o poi colpisce tutti ed è soprattutto in quei momenti che il cornuto ha gioco facile a convincerci che Dio ci abbia fregato con la vita dataci in sorte.
Nei momenti di sconforto non mi hanno aiutato omelie in cui mi si parlava dell’amore di Dio, ma quelle dove venivo richiamata alle mie responsabilità a prescindere da fallimenti e cadute: una volta un carmelitano disse “voi chiedete a Dio che senso ha la mia vita, e Lui vi risponde che senso ha la mia morte, ce l’ha avuto un senso o state sprecando i doni che da essa sono scaturiti?”; un altro carmelitano della stessa chiesa invece disse “Non siamo solo noi a credere in Dio, ma è anche Lui a credere in noi, perché ci ha creati con dei carismi particolari che dobbiamo far fruttare per l’edificazione del Regno qui ora in questa vita terrena”.
Insomma, sono infiniti i modi in cui l’amore di Dio si manifesta nelle nostre vite, ma a volte il nostro sguardo deve essere educato per riuscire a vedere questo amore e chi meglio dei preti può farlo? Chi meglio di loro può aiutarci ad allenare la vista per cogliere i segni della presenza divina nella nostra quotidianità anche quando è una routine adombrata dal dolore?
Purtroppo capita anche di vedere preti o semplici fedeli che magari parlano splendidamente dell’amore di Dio, ma sono del tutto incapaci di farlo sentire attraverso il loro comportamento e il loro stile di vita. Talvolta ho come l’impressione che il voler continuamente parlare sempre e solo dell’amore di Dio sia un modo per non rischiare di addentrarsi in discorsi controversi, perché chi tra i credenti non condivide l’idea che Dio ci ami? È un modo come un altro per non uscire dalla “comfort zone” di un discorso che fa contenti tutti, credenti e non, perché così non veniamo disturbati nel caso in cui le nostre scelte di vita contrastino con i dettami evangelici.
Quindi benissimo che i preti parlino dell’amore di Dio, ma che il discorso non si riduca a quello, perché la spiritualità cristiana contiene un mondo ricchissimo di persone, storie e pratiche oggi sconosciute ai più. Che bello invece quando ho la possibilità di scoprire qualcosa di più su questo nostro Dio, che sì ci ama ma mai in modo banale e ce lo ha detto con la Sua vita, con le vite dei Santi, con le devozioni tramandateci nel corso dei secoli. E allora torniamo a parlare di tutto questo.
Mah!
Comunque una cosa è annunciare – continuamente e con fede – l’Amore di Dio (se poi la cosa ti annoia mi spiace per te), una cosa è addentrarsi in questioni spinose – che semmai è questione di direzione spirituale, o fare omelie o catechesi sul senso della sofferenza e il senso della Croce. Che si fa ma è cosa un attimo più impegnativa.
Mi spiace dirlo ma mi pare per te il tutto si riduca a fare un discrimine su chi, secondo te, ha “i numeri” per parlarti dell’amore di Dio (e della Croce), e chi no.
Contro i fatti nessun ragionamento vale? Certo, certamente se difronte a fatti concreti si fanno ragionamenti umani…
Annuncio dell’Amore di Dio, che sulla Croce è con la Croce ci ha amati, non è ragionamento umano, anzi è scandalo e stoltezza.
Certo se viene fatto come fosse barzelletta sarei d’accordo con te, ma non credo sia di questo che si sta parlando.
@Bariom
Io ho collegato il discorso sull’amore di Dio a quello della Croce, perché si parlava del fatto che noi non crediamo a questo amore. Pensando alla mia vita, ma sentendo anche testimonianze varie di non credenti, l’obiezione principale che viene fatta all’idea di un Dio amorevole è l’esistenza del male e del dolore. Quante volte ho sentito chiedere “come può un Dio che ama far passare certe cose ai Suoi figli?”. Nella mia esperienza è lì che il diavolo batteva per farmi credere al Dio che rifila fregature.
La tesi di partenza del post era “i preti parlano sempre dell’amore di Dio perché in fondo noi non ci crediamo”. Io ho semplicemente obiettato “eh ma se uno dubita di questo amore, magari perché sta vivendo determinate croci, non lo convinci ripetendogli alla nausea che Dio lo ama, forse lo aiuti di più aiutandolo a vedere i segni concreti che questo amore ha preso nella Storia con l’incarnazione, morte e resurrezione di Gesù, con le vite dei Santi, con le devozioni e l’immenso patrimonio spirituale della cristianità.
Non concordo con te, Bariom, quando sostieni che un conto è il discorso sull’amore di Dio e un altro quello sul senso della sofferenza: la massima espressione dell’amore di Dio è nella Croce, quindi non vedo perché i due discorsi dovrebbero per forza stare separati. Certo si possono anche affrontare in momenti diversi e decidere di non mescolarli, ma non mi si venga a dire che vanno necessariamente tenuti su due piani distinti. Ci sono omelie bellissime che parlano delle due cose insieme. Una di queste è stata pubblicata ieri dal Corriere: si tratta dell’omelia pronunciata da Ratzinger il 10 dicembre 1978, in periodo di Avvento. Ne cito un passo significativo:
[i]«Dio non ha operato – come noi sogneremmo e come poi Karl Marx ha gridato a gran voce al mondo – in modo da far scomparire il dolore e cambiare il sistema, così che non ci sia più bisogno di consolazione. Questo significherebbe toglierci l’umanità. Ed è quello che nel segreto desideriamo. Sì, essere uomini ci è troppo pesante. Ma se ci venisse tolta la nostra umanità, smetteremmo di essere uomini e il mondo diverrebbe disumano. Dio non ha operato così. Ha scelto un modo più sapiente, più difficile, da un certo punto di vista, ma proprio per questo migliore, più divino. Egli non ci ha tolto la nostra umanità, ma la condivide con noi. Egli è entrato nella solitudine dell’amore distrutto come uno che condivide il dolore, come consolazione. Questo è il modo divino della redenzione.»[/i]
Quanto al fatto che io discriminerei tra chi “ha o non ha i numeri” per parlare di questo e quello, io semplicemente ho notato una realtà che, piaccia o meno, esiste, di cristiani che predicano bene e razzolano male, proprio come Gesù aveva visto fare ai farisei. Sarò libera di dire che penso sia importante cercare di trasmettere l’amore di Dio anche con le azioni anziché limitarsi a farlo solo a parole? Vedo tanti credenti che sono chiacchiere e distintivo, perché hanno sempre sulla bocca questo amore di Dio, ma quando si tratta di dimostrarlo coi fatti si squagliano come neve al sole. È quello che rimprovera Gesù a Pietro quando gli dice “Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte” (Gv 13, 38). Poi, certo, Pietro imparerà la lezione e arriverà a dimostrare nel modo più forte il suo amore per Gesù, morendo in croce come Lui, ma in quel momento Cristo lo mette davanti alle sue contraddizioni perché le superi. Su questo punto, della consonanza tra parole e azioni, mi viene in soccorso ancora una volta la già citata omelia di Ratzinger:
[i]«Dio vuole consolare attraverso di noi. Ma invece, di continuo si solleva il sospetto che siano solo parole, promesse consolatorie. Chiediamoci allora: che cosa avviene quando un uomo consola un bambino a cui è morta la mamma? Non può annullare quella morte, non può cancellare il dolore da essa provocato, non può magicamente trasformare il mondo con ciò che esso ha di triste. Può però entrare nella solitudine generata dall’amore distrutto, che è l’autentico motivo del dolore, come uno che condivide il dolore e dà amore. Così, pur non potendo cancellare l’accaduto, non è un parolaio; se penetra, amando, nella solitudine dell’amore perduto, trasforma dall’interno, sana all’origine, sana l’essenziale. E non c’è alcun dubbio che, se egli veramente condivide il dolore e dà amore, allora le sue non saranno solo parole.»[/i]
Il mio discorso del “contra factum non valet argumentum” voleva mettere in luce proprio questo: se i fatti contraddicono i discorsi, tutto il castello di carte delle parole crolla miseramente. Ma la Croce di Cristo, scandalo e stoltezza come hai ricordato tu citando San Paolo, è proprio un fatto potentissimo dell’amore di Dio per l’uomo. Robert Spaemann, il filosofo cattolico morto da poco, una volta in un’intervista allo Spiegel alla domanda “dov’era Dio ad Auschwitz?” ha risposto “sulla Croce”: questo è esattamente quello che dice Ratzinger nel passo che ho citato prima.
Con ciò non dico che bisogna sempre parlare della Croce o della sofferenza. Ci sono infiniti altri modi in cui l’amore divino irrompe nelle nostre vite anche attraverso avvenimenti felici. Quello che dico è: non parlarmi solo dell’amore di Dio in modo generico e fumoso ripetendo le solite banalità, dimmi come questo amore opera nella mia vita, dimmi come ha operato nella tua di vita, come si è materializzato nella Storia, parlami di fatti concreti e soprattutto fa in modo che a parlarmi di questo amore sia la tua intera persona con le opere e non soltanto con le parole.
@Beatrice,
Ho forse scritto che “i due discorsi dovrebbero *per forza* stare separati.”?
Te la prendi tanto per quelli che definisci e giudichi come cristiani “tutti chiacchere e distintivo” per poi ricordare la vicenda di Pietro che sappiamo bene come è poi finita… E quindi?
Mai successo di essere il Pietro di prima del canto del gallo?
Beata te…
La parte finale della tua risposta/commento da: “Con ciò non dico che bisogna sempre parlare della Croce o della sofferenza…” a finire, mi trova perfettamente concorde.
@Bariom
«Te la prendi tanto per quelli che definisci e giudichi come cristiani “tutti chiacchere e distintivo” per poi ricordare la vicenda di Pietro che sappiamo bene come è poi finita… E quindi?»
E quindi magari i cristiani “tutti chiacchiere e distintivo” potrebbero provare a seguire l’esempio di Pietro, prendendo coscienza del loro errore e ravvedendosi.
«Mai successo di essere il Pietro di prima del canto del gallo? Beata te…»
Ho mai sostenuto qualcosa del genere? Ma almeno io mi vergogno quando succede, non mi paro dietro discorsi giustificatori difendendo la mia fragilità come una medaglia per continuare a seguire il mio egoismo invece di abbracciare la croce come vorrebbe da me Cristo.
Mi pongo mete alte, perché so che con l’aiuto della Grazia posso raggiungerle e altrettanto faccio con i miei fratelli: li sprono a non accontentarsi di stare ai piedi della montagna solo perché la scalata è faticosa, ma li invito a rimboccarsi le maniche con me per arrivare insieme a godere della vista spettacolare che c’è sulla cima. Di certo, però, non lascio che le mie cadute o il mio far fatica a procedere nella scalata mi spinga ad assecondare qualcuno che a quella scalata vuole rinunciare, perché so che la vera gioia è su quella cima ad attenderci.
Non è che “potrebbero provare”… È la Grazia di Cristo che ha agito in Pietro anche dopo il suo tradimento… È lo sguardo di Cristo che lo amava anche dopo averLo tradito, che ha convertito Pietro dopo il tradimento.
Perché in antitesi a quelli tutte chiacchere e distintivo io vedo tanti tutti forza di volontà e muscoli (che poi invece del distintivo si appuntano i gradi o una medaglia), ma neppure quella è la strada.
Buona giornata.
@Bariom
E il libero arbitrio dove lo metti? Dio vuole che l’uomo Lo ami con una libera scelta della volontà.
Fammi capire: secondo te uno dovrebbe starsene seduto in panciolle ai piedi della montagna ad aspettare che un angelo scenda dal Cielo e lo porti fino in cima? E se l’angelo non arriva ovviamente il fatto che non abbia raggiunto la cima è dovuto al non aver ricevuto la Grazia? Non sia mai che alzi il sederino e si metta in cammino, perché guai a far fatica! Dopo si rischia di venir additati come cristiani “tutti forza di volontà e muscoli”. E che cavolo: mica dovrò far fatica e venire pure deriso per questo?
Del resto, anche Gesù, che diamine, sempre a dire a quei farisei di cambiar vita, non lo sapeva che non era colpa loro se agivano male, perché non erano stati toccati dalla Grazia?
Adesso tu mi devi spiegare perché quando all’ultima cena Pietro dice “Darò la mia vita per te” Gesù non gli risponde “Sì, è vero, morirai in croce per me”, ma lo rimprovera col ben noto “Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte”. Gesù è onnisciente: in quel momento sa benissimo che Pietro sarebbe arrivato a morire per Lui in futuro e allora perché non glielo dice?
Non sarà che con quell’ammonimento Gesù mette in gioco la libertà di Pietro, ponendolo di fronte alla sua miseria per fargliela abbandonare? Non sarà che Pietro aveva bisogno di sentirsi fare quel duro rimprovero perché senza di esso forse non sarebbe arrivato a seguire la volontà di Dio fino alle estreme conseguenze? Non sarà che forse la Grazia a volte passa anche attraverso il giusto rimprovero di un fratello?
Ciao e buon Natale costanza!!quando si assapora la gioia intima che ci da’credere in un bambino apparentemente fragile e tanto temerario da nascere ultimo in una stalla per ciascuno di noi,ogni.discorso,frase,parola perde effetto.Resta il legame:la preghiera.Mi riconosco in te ed in chissà quanti altri..fammi essere fedele gesu’alla preghiera!in essa e con essa lo spirito trasforma i nostri cuori e le nostre vite!aiutami e aiutaci a non cercare dai sacerdoti cio che molto spesso non hanno..si gesu”bambinodacci il regalo della fedelta’alla preghiera!
Uffa.Mi sono stancato.Amore,amore amore.Misericordia,Misericordia ad infinitum.
Sempre ed ad ogni costo.Pare un palliativo per ogni evenienza.Pare tutto gratuito.Tutto scontato.Merce ormai in saldo.Tout se tient.C’é tanto di quell’amore in circolazione,tanta di quella misericordia che tutti ne possono beneficiare.
Ma della dannazione eterna?Dei Novissimi?Dei peccati che non saranno perdonati?
Delle vergine sagge?Della macina d’asino?Dei talenti?
Dell’ira di Cristo verso i mercanti?Gli Scribi e i Farisei?
Chi sono io per giudicare?Uno che ha letto i Vangeli e che ha dimestichezza con la Tradizione.
Comunque
buon anno.
Che non sempre sia facile credere che Dio ci ami, lo ammetto. Bisogna avere fede; anzi la fede consiste essenzialmente in questa certezza che Dio, che e’ tutto, ami noi che non siamo niente. Se si crede, si ammette senza troppa difficolta’ che Dio sa cio’ che e’ bene per noi, mentre il nostro sguardo limitato non ci consente sul momento di vederlo. Del resto non accade che persone con poca fede o senza fede diventino credenti proprio in occasione di fatti tragici e dolorosi, che secondo altri sono argomento contro l’esistenza di Dio e contro il suo amore per noi? Non si può quindi non parlare dell’amore di Dio. Il fatto e’ che se si dice di credere, bisogna essere i rivelatori dell’amore del Dio che vive in noi. Recentemente a Livorno, e’ morta dopo una malattia, anche molto dolorosa, una persona dalla fede così forte e luminosa che anche medici e infermieri che avevano detto di non credere, poi sono andati a trovarla per parlare di Dio. Qualcuno, ovviamente, e’ rimasto indifferente, ma molti sono stati profondamente toccati da quella testimonianza di fede. Se devo arrivare ad una conclusione dico questo: la fede da un senso alla nostra vita, la trasforma, le da una pace interiore nelle innumerevoli traversie dell’esistenza, perché ci ha fatto trovare quel tesoro inestimabile che non si corrompe e non si distrugge. Se si testimonia questo cambiamento che non ha mai fine, Dio si serve di noi per manifestarsi agli altri. Ci sarannno quelli che parlano dell’amore di Dio senza crederci o credendoci poco, come ci saranno quelli che comunque rigettano ogni discorso od ogni testimonianza sincera. Il mondo e’ uno scontro tre Cristo e il Maligno, non dimentichiamolo, anche se dobbiamo pregare e sperare che gl’increduli si convertano.
Uno scontro dove il Maligno è e sarà comunque perdente…
Ciò che è importante è combattere per Dio e con Dio perché il Maligno abbia meno vittorie possibili prima della finale sconfitta.
Grazie Costanza e auguri!!!!!
La preghiera è davvero tutto, cambia gli occhi del cuore, apre la mente, dona una spinta nuova nelle stesse identiche difficoltà di ogni giorno.
Che questo piccolo bambino così indifeso sia accolto nel nostro cuore e ci doni il desiderio di proteggerlo, di curarlo, di nutrirlo, di farlo crescere….proteggiamo la nostra fede con le unghie e con i denti! Proteggiamo la testa, Cristo ed Egli non ci abbandonerà mai