Senza Cristo il nostro destino è il nulla

di padre Aldo Trento

Cari amici,

La Divina Provvidenza è instancabile. La Fondazione è diventata un porto di mare dove arriva di tutto. Ogni giorno riceviamo moltissimo pane che condividiamo con tantissimi poveri, i quali hanno fame di tutto. Ultimamente ci arrivano casse da morto di lusso, lasciateci in dono dai ricchi che alla sepoltura preferiscono la cremazione. Abbiamo il piano della Clinica sotterraneo che ne è zeppo.

L’altra sera sono sceso. Ero solo e mi sono appoggiato su una delle bare guardando lo spazio che un giorno sarà riempito da questo povero corpo e che poi andrà sotto un metro e mezzo di terra. Questo pensiero mi dava fastidio.

Immaginarmi solo sotto terra, nell’attesa di diventare terra, mi creava un po’ di “pel di gallina”. Ma ad un certo punto mi sono venute in mente le parole di S. Gregorio Nazianzeno: “Poi io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali che non hanno peccati. Ma io cosa ho più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura finita.” La tragedia dell’uomo moderno è la censura di questa coscienza di sé, per cui vive come un idiota senza assaporare niente, definito dal nulla. Superare questa angosciante prospettiva è possibile solo se accade l’incontro con Gesù in ogni momento, senza spazi fra un istante e l’altro.

Lo sperimentavo l’altra sera quando, guardando la bara, mi sono distratto fissando il vuoto per alcuni momenti. Ho provato un’angoscia terribile, vinta solo dalla mia familiarità con Gesù. Davvero se non fossi tuo, Cristo mio, il nulla sarebbe il mio destino. Ma non parlo solo del nulla come punto finale, ma come posizione di fronte a ciò che Pio XI chiamava “il terribile quotidiano”.

È la vita priva di senso per cui Trump, di fronte alla strage in Florida, propone come soluzione al non senso della vita l’armare i maestri. Vi ricordate quella famosa frase del gruppo terrorista autore della strage della stazione di Madrid? “Noi amiamo la morte (il nulla) più di quanto voi amiate la vita.”

Un’accusa terribile all’occidente cristiano, che ha perso Gesù e quindi l’amore, il gusto intenso della vita. Le bare vuote che riempiono il sottosuolo del mio ospedale mi ricordano il nulla: “polvere sei e in polvere ritornerai”. Mi ricordano la morte e, se non mi avesse preso, afferrato Gesù, sarei un disperato. Ma sono proprietà di Cristo e quindi ogni istante è l’esperienza della Resurrezione. Auguro a ciascuno di voi di non avere paura del vuoto, perché l’essenziale è che sia pieno di Gesù.

L’angustia del vuoto ci attira, ma noi siamo afferrati a Gesù, che è infinitamente più sicuro dei chiodi ai quali mi aggrappavo scalando da giovane la Tofana di mezzo, sentendo allo stesso tempo l’attrazione del vuoto. Un’attrazione che mi faceva rabbrividire, perché si trattava di una questione di secondi: se avessi staccato le mani? Così è la sfida di ogni secondo: se mi stacco da Gesù, cado nel baratro del nulla di cui la bara è un’evidenza.

Padre Aldo

71 pensieri su “Senza Cristo il nostro destino è il nulla

  1. 61angeloextralarge

    Questo post è concreto nella sua essenzialità, pur toccando un argomento delicato e difficile.
    Lo leggerò almeno altre due volte…
    Grazie, Padre Aldo, perché ci fai stare aggrappati ai chiodi… della Croce di Cristo! Smack! 😀

  2. Questo toccante articolo evidenzia come la comunità umana debba far riferimento a valori trascendenti per poter essere veramente umana e avere una continuità nel tempo.
    Ogni società umana che non faccia riferimento a Dio si estingue: invece di figli partorisce false libertà mortifere.
    La cultura della vita può aversi soltanto onorando l’Autore della vita e riconoscendosi Suoi figli.

  3. Se ti stacchi da Cristo (credo tu intenda Dio o come lo chiamo io, Allah… ma è lo stesso) Lui non si stacca da te.
    La morte é, se non ricercata, da amare, visto che celebra l’incontro divino, anche se pur si dovrà passare per il terribile giudizio, che vedrà un effusione di colori scaturire dalla luce solo per salvare noi.

    Polvere non eri, non sei ne mai lo sarai, “così vi feci a Mia immagine e somiglianza” non mi risulta che Dio sia polvere. Il tuo “io” continuerà, il modo lo decidono le tue intenzioni.
    Non aver paura della bara, ne della terra, ma del Giudizio, quello si.

    PS: Trump è un credente, se vuol armare gli insegnanti non è per delirio, ma per fermare i veri terroristi che sono dietro gli attacchi scolastici, le cose non sono come appaiono, siamo in un mondo torto e contorto.

    1. @mikahel369, Dio non è certo polvere, ma plasmando l’uomo a Sua immagine e somiglianza da dove a tratto l’Uomo?

      Genesi 2,7

      «allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.»

      1. Ovviamente lei parla del corpo dell’uomo, non dell’Uomo.
        L’uomo ne ha tanti di corpi, uno di questi, appare essere, d’argilla variegata.
        Io invece ho inteso, dall’articolo, si intendesse l’Uomo in tutta la sua essenza.

        Possibile che genesi 2,7 possa essere tradotta in quest’altro modo:
        <allora il Signore Dio plasmò l'uomo (inteso come corpo del) con polvere e soffiò nelle sue narici un alito di vita ed il corpo prese la vita (nel senso che contiene la vita del)?

        Umilmente, Mikahel.

        1. E’ certo che l’Uomo è più del suo corpo. E’ anima (o spirito se preferisce) e corpo.

          Ma dato che le sorti dell’anima sono strettamente legate al suo vivere nel corpo, ricordare che questo corpo “è polvere” (pur se in senso metaforico), rimanda immediatamente al destino ultimo dell’Uomo nella sua interezza, giacché il “tornar polvere” è la fine momentanea del corpo dell’Uomo, che conoscerà la ressurrezione (del corpo, l’anima non muore) per il suo destino eterno laddove l’uomo avrà vissuto unicamente secondo al carne o secondo lo spirito.

          Di salvezza o di dannazione.
          Dio amore o di odio eterno.
          Di Luce o di Tenebre.

  4. Barbara

    Ritengo che il momento della morte sia in assoluto il più delicato e personale e che meriti sempre rispetto.
    Ma se si “muore come si è vissuto” anche questa “parte della nostra vita” saprà un po’ di noi…
    Dunque non spetta a me fare una analisi psicoanalitica della “sindrome da bara abbandonata” di cui si parla nell’articolo (
    mi sfugge la ragione che ha spinto a questa “nuova moda”…si parla di un intero sotterraneo di bare, dunque non poche…
    e preparate per tempo…scelte forse anche personalmente…) ma certo l’ostentazione materiale di fronte alla morte conta poco.

    Personalmente credo che il Signore dia a tutti la possibilità di riempire il vuoto della propria vita con Lui… In un modo diverso per ognuno, in momenti imprevedibili… ma ci cerca…TUTTI.
    Anche all’ultimo.

    E’ quello che mi dico quando leggo per strada i manifesti funerari (non pochi) di persone (di tutte le età anche plurinovantenni) che rinunciano al funerale cristiano.

    La pena si unisce alla speranza nella Misericordia di Dio.

  5. Comprendo perfettamente quello che ha scritto Padre Aldo : anche io, da qualche tempo mi sento così.

    Mi sento come morto : sono morto dentro ? sono morto a me stesso ? sono morto perchè sono nel peccato ? ……°_°
    Sono vivo solo quando sono davanti al Tabernacolo, sono vivo e mi sento vivo solo quando prego, quando penso a Gesù, quando ripeto dieci, venti volte “Altissimo Onnipotente buon Signore : Tue son le laude, la Gloria et ogni Benedictione ! ”

    Sì, anche io sono debole e ferito e a volte morto, e vivo e sono vivo solo quando sono in Cristo !……e “la mia anima è inquieta e non trova pace finchè non riposa in Te, mio Signore e mio Dio !” ……..:-)

  6. Buon giorno Padre Aldo,

    Ho letto quest’argomento, posso dire che nella mia vita ho guardato con dolore tre bare, i miei genitori,…. ma la più dolorosa fu quella di mia figlia ..(23 anni )…e disse a lei e a me prima di chiudere la bara…CI RIVEDREMO….perché il nulla non esiste, non può essere…

    Cristo Ha vinto la morte, ed è Risorto….Se siamo con Lui ….chi sarà contro di noi….Fu per me parola di conforto, anche nel dolore…..perché il dolore c’è….ma la mia speranza è più forte,…..

    CI RIVEDREMO….buona giornata….e grazie.

  7. “La tragedia dell’uomo moderno è la censura di questa coscienza di sé, per cui vive come un idiota senza assaporare niente, definito dal nulla.”

    “Ma non parlo solo del nulla come punto finale, ma come posizione di fronte a ciò che Pio XI chiamava “il terribile quotidiano”.

    Quelle bare, vuote, come quelle “piene”, cha tanto fanno venire la “pel di gallina”, sono anch’esse nel quotidiano di ogni Uomo.
    E non perché ogni giorno andiamo ad un funerale o come Padre Aldo ne abiamo un magazzino pieno, ma perché nel quotidiano si palesa a noi la morte… una bara aperta che ci attende.

    La prospettiva si essere imprigionati (vivi) in una cassa, al buio, sotto due metri di terra!

    E’ la morte dell’essere, la morte ontologica, la morte dei nostri sentimenti, la morte delle nostre speranze, del nostro futuro… del nostro amore.

    Tutte quelle realtà che, non avendo Cristo, crediamo ci tengano in vita, che siano l’unica ragione della nostra vita!

    Ecco che quando qualcuno, chiunque sia, viene ad attentare a ciò che “ci tiene in vita”, lui/lei attenta alla nostra stessa vita (a volte persino inconsapevolmente), ci spinge a forza in quella bara in cui abbiamo il terrore di entrare, perché non avremmo – senza Dio – via di uscita, finiamo per difenderci con ogni mezzo e l’ “altro” diviene un nemico spietato e se è necessario “mors tua vita mea!”
    Ma quando si è oltrepassato quel limite, spesso la stessa morte sembra l’uinica soluzione ad una vita che abbiamo distrutto con le nostre stesse mani… la nostra e quella altrui (ricorda nulla?).

    Perché mentre Cristo, sempre può darti vita nuova – ha dato la Sua per la nostra, il Demonio non può che prospettarti la morte, perché ti vuole partecipe della sua dannazione eterna.

    Anche per chi ha il Dono della Fede, la prospettiva della morte quotidiana o il passaggio da questo mondo, è un bel confronto… è come una “cartina di tornasole”, è entrare nella Croce.

    E’ un peccato che nella formunla della Celebrazione delle Ceneri, si sia passati – a scelta del celebrante – dal “polvere sei e in polvere ritornerai”, al “convertiti e credi al Vangelo”, perché la seconda è esigenza e imperativo di tutti i giorni, la prima è il richiamo ad una realtà che è in grado di ridimensionare tutto a livello umano e di richiamare tutti a livello spirituale.
    E’ il richiamo ai Novissimi.

    Ma anche in questo caso, pare che parlare della morte, ricordare la morte (Sorella Morte, Dies natalis), possa urtare la sensibilità di alcuni, sia poco cortese… smuova la thanatosfobia che un po’ tutti ci pervade.

  8. exdemocristianononpentito

    Beh……………per un cristiano, e particolarmente per un cattolico(**), la prospettiva per chi rifiuta Cristo (come altri partecipanti al blog hanno cura, e frequemente, di ricordare) non è propriamente il nulla, ma un’altra vita, pure eterna, di sofferenze.
    Infatti, avendo conosciuto molti atei e agnostici ed essendo riuscito a dialogare con loro (cosa che spesso ai cattolici non riesce), ho potuto constatare che la prospettiva del nulla dopo la morte non li atterisce, quella dell’inferno (ma non ci credono) invece li atterirebbe, ma il nulla no, senz’altro.
    Per molti buddisti (non tutti), il nulla rappresenta addirittura una prospettiva affascinante-
    E’ questa un’esperienza che mi deriva mia vita e dalle mie molteplici conoscenze: non bisogna credere che tutti siano attaccati alla vita come lo sono i cattolici. Non tutti l’amano, sempre e comunque, come loro.
    A mio modesto avviso, questo attaccamento, questa assoluta volontà di vivere, è una delle cifre del cristiano e del cattolico in particolare, e spiega, in gran parte, la sua opposizione inconciliabile all’aborto e all’eutanasia.
    Insomma il “nulla” di per sè non èm una prospettiva che possa spaventare il non credente.
    Un corollario sul discorso di cui sopra dell’infernno che atterirebbe gli atei e agnostici, se credessero in esso: siccome, quando ci si trova di fronte ad una prova importane e inedita, tuttti i dubbi e le perplessità, turbinano nella mente (“e se ci fosse” “e se accadesse” ecc.), a maggior ragione, ciò deve accadere con la morte (più prova importante ed inedita di quella lì..!?), e, per questa ragione le conversioni in punto di morte di molti non credenti, non mi hanno mai convinto troppo. Non giudico i casi particolare, ma in generale mi lasciano dubbioso. Ho sempre avuto il sopsetto che il non credente, che si converte morendo, faccia un discorso di questa fatta: “E se poi ci fosse qualcosa “di la’”? Mah….facciamoci comunque il “passaporto”………tanto ormai la vita l’ho vissuta…..
    Ripeto: non discuto dei singoli casi, ma della casistica in generale e non dico nemmeno che le cose stiano sempre così……………..ma il mio dubbio è legittimo però.

    (**) non partiamo per la “tangente”: non apriamo una discussione sull’essere, i protestanti e gli altri sedicente cristiani, veramente cristiani oppure no. Il mio è soltanto un riferimento nell’ambito di un altro discorso.

    1. “Ho sempre avuto il sospetto che il non credente, che si converte morendo, faccia un discorso di questa fatta: …”

      Non è che la cosa mi turbi molto… ci penserà il Padreterno a giudicare il “movente” e anche fosse di tipo “utilitaristico”, conterà anche tutto il resto.

    2. Non mi piace e non gradisco chi parla per ‘slogan’, perchè certi argomenti obiettivamente sono articolati e non li si può sintetizzare e comprimere facilmente ma, per brevità, e mi scuso, ti dico : il ‘cattolico’, non è che è ‘attaccato’ alla vita, come tu dici, ma da rispetto alla vita, perchè sa che ne è il custode e non il padrone…come sa anche che è nel mondo, ma non DEL mondo : sua vera identità è l’anima immortale, non il corpo mortale e transitorio/transeunte….come a dire : l’auto è in tua custodia e te l’ha data una persona molto importante e autorevole, non ne sei il proprietario.

      Circa le conversioni in punto di morte ti sbagli : quando arriva il momento e ti guardi indietro…..oh sì che ti viene la caca…ehm, la fifarella !!! e ti viene da chiedere scusa comunque, sia ai vivi che ti hanno sopportato sia al Signore Dio Onnipotente che da lì a poco sta per giudicarti senza ‘se’ e senza ‘ma’ !
      ….è proprio quello il ‘gioco’ del satanasso in quel momento : farti pensare che non ci sarà perdono, che la soluzione è la disperazione.
      Nessuno in quel momento si sogna di prendere in giro Il Signore Iddio …..semmai è il contrario : “cacchio !!!….. ho fatto quello che ho voluto fino ad oggi e la mia vita è stata uno schifo…….perdonami Signore !!! abbi pietà di me !!! ”

      p.s. il vero problema è che nelle scuole non si studia più la filosofia : se si studiasse la filosofia, come minimo, aumenterebbe il tasso di ‘buon senso’ e il ragionare prima di ‘partire in quarta’ e andare di ‘sentimento’ o di ‘istinto’….ma questo è un altro discorso, perdonatemi il fuori tema 😉

      1. @Pierpaolo
        Concordo. Il CCC (al paragrafo 1453) dice infatti che l’attrizione, cioè il pentimento dei peccati che ha solo come motivazione la paura del castigo – che di per sé non salva – è un dono di Dio, impulso dello Spirito Santo; spesso e volentieri l’anticamera della contrizione, ovvero il pentimento perfetto che ci permette di ricevere la grazia santificante.

        Non a caso una volta si ricordava “memento mori”, opportune ed importune: perché è solo nella reale prospettiva della morte che si possono scacciare le illusioni modaiole, il “buon senso” mondano, sentimenti e istinti, che sono una droga per allontanarci dalla realtà, e rimetterci nel giusto rapporto con il Creatore. Ovviamente, è meglio che il pentimento arrivi prima, ma il Padreterno è ben disposto anche per i ritardatari… l’importante è non tardare troppo.

        Poi sono arrivati quelli che non bisogna parlare del castigo, l’inferno non esiste oppure è vuoto, o magari non è così brutto… e han fatto il danno.

        1. fra' Centanni

          Per essere certi di ottenere il perdono di Dio è sempre necessaria la confessione. Tuttavia, una contrizione perfetta ottiene certamente il perdono di Dio, anche senza la confessione. Il problema è che nessuno può essere certo di aver compiuto una contrizione perfetta, quindi la confessione resta sempre obbligatoria, se possibile.

          Però anche la semplice attrizione, o contrizione perfetta, è sufficiente ad ottenere il perdono di Dio se, e solo se, il penitente si confessa.

          In definitiva, per ottenere il perdono di Dio, la confessione è sempre obblicatoria, tranne che in punto di morte, quando non sia disponibile un sacerdote per la confessione. In questo caso è sufficiente la contrizione.

          1. Certamente io mi riferivo al contesto in punto di morte, senza preti a disposizione; bene comunque hai fatto a puntualizzare, perché di questi tempi meglio dare niente per scontato.

          2. Mikahel

            E all’inizio fu la parola…
            Questo significa che la parola trasporta un valore con se e questa si riverbera per primi su noi stessi.
            Se dico una parolaccia, il primo a subirne gli effetti sono io, poi quelli accanto a me.
            Siamo sicuri che ricordare i peccati fatti non voglia dire ripercuoterli nuovamente su noi stessi?

            Il pentimento deve essere sincero, mai per appuntamento, mai farei la fila per pentirmi.
            Se proprio uno deve usare la parola dovrebbe ripetere spesso “perdonaMi” a Dio, non ad un altra persona.

      2. @Pierpaolo,

        il corpo mortale è transitorio, ma anch’esso destinato alla vita eterna (che avrà due diversi esiti) e con l’anima condivide l’identità dell’Uomo.

        Diversamente perché Dio doveva darsi la briga della “resurrezione della carne” in cui crediamo?
        Bastava creare altri corpi, che a quel punto potevano anche essere tutti simili tra di loro…

        Certo il corpo sarà “trasfigurato” e in questo non pienamente subito riconoscibile da occhio puramente terreno (lo insegna il Vangelo negli episodi di Cristo dopo la sua resurrezione).

    3. Vale

      @exdemo

      Mi sa che da buon ex demo pentito e magari pure adulto e,va da sé,democratico,Ci hai capito poco.
      Se la vita è dono di Dio non dipende da noi disporne.
      Quanto al nulla buddista non è proprio così.
      Ma sarebbe ot.

      1. exdemocristianononpentito

        Se il pentimento del moribondo non credente sia sincero oppure no, oppure soltanto un portato della paura, non compete a noi dirlo e giudicarlo. Resta il dubbio se qualcosa ottenuto con la paura corrisponda effettivamente ad un moto libero non forzato dell’animo. Un determinazione ottenuta con una grave minaccia (sotto cac…..a o fifarella), può dirsiliberamente adottata?
        Chi ha tanta paura non si prende gioco di Chi gli fa paura.
        E resta pure il fatto che il Signore, è ben disposto anche verso i ritardatari: quindi come dice fra Cristoforo: “nondimeno, confidenza in Dio”.
        Ho precisato “alcune scuole buddiste’ non tutte e soprattutto non quelle prevalenti, mi riferivo in particolare a quelle delle origini, dove elementi di ateismo erano piiuttosto presenti.
        Che la vita sia un dono di Dio, che il cristiano non possa disporne ecc, è tutto vero, ma resta il FATTO che l’attaccamento alla vita sia spirituale sia materiale e’ fortissimo mel cristiano, tanto le vero che su aborto ed eutanasia non negozia nemmeno.
        Mi dispiace sigg.ri, ma io sono portato a guardare agli esiti ed alle conseguenze pratiche delle nostre parole piu’ che ai raffinati enunciati teologici (pur ovviamente ritenendoli importanti).

        1. Resta il dubbio

          Il CCC non ha dubbi, e questo mi basta. In ogni caso, il moto spontaneo deve esserci, perché l’attrizione non è sufficiente e ci saranno anche persone che rifiutano questa ultima scialuppa di salvataggio. Mi è curiosamente capitato sotto il naso questo brano di santa Faustina Kowalska (una che se ne intende), che spiega benissimo la questione:

          La Misericordia di Dio talvolta raggiunge il peccatore all’ultimo momento, in modo singolare e misterioso. All’esterno a noi sembra che tutto sia perduto, ma non è così; l’anima illuminata dal raggio di una vigorosa ultima grazia divina, si rivolge a Dio all’ultimo momento con un tale impeto d’amore che, in un attimo, ottiene da Dio il perdono delle colpe e delle pene. All’esterno però non ci dà alcun segno né di pentimento, né di contrizione, poiché essi non reagiscono più alle cose esterne. Oh, quanto imperscrutabile è la divina Misericordia! Ma, orrore! Ci sono anche delle anime che respingono volontariamente e consapevolmente tale grazia e la disprezzano. Sia pure durante l’agonia, Iddio misericordioso dà all’anima un lucido momento interiore, in cui, se l’anima vuole, ha la possibilità di tornare a Dio. Però talvolta nelle anime c’è un’ostinazione così grande, che scelgono consapevolmente l’inferno, rendendo vane tutte le preghiere che altre anime innalzano per loro a Dio e gli stessi sforzi di Dio…”
          Diario, pag. 558

          1. exdemocristianononpentito

            fab.giudici:
            Quello che avevi detto te, “grosso modo” l’avevo detto anch’io:
            “E resta pure il fatto che il Signore, è ben disposto anche verso i ritardatari: quindi come dice fra Cristoforo: “nondimeno, confidenza in Dio”.
            Le rivelazioni private come quelle della Kowolska e sono approvate sono importanti ma è lasciata libertà di coscienza , ai fedeli in ordine al loro contenuto e significato: https://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=1350,
            https://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2560
            Tali rivelazioni “possono” essere credute, non “debbono” e questo non inficia il riconoscimento delle virtù eroiche del santo che ha riceuuto tali rivelazioni private.

            1. exdemocristianononpentito

              …………come quelle della Kowolska SE sono approvate sono importanti…………….i

            2. Su come vadano gestite le rivelazioni private abbiamo parlato molte volte. La Kowalska, peraltro, è all’origine della devozione a Gesù misericordioso, che è attivamente promossa dalla Chiesa, e il passo citato rientra proprio in questo argomento.

              1. exdemocristianononpentito

                E la libertà di coscienza concessa dalla Chiesa al credente, riguardo a tali rivelazioni private, non è forse il completamento ed il coronamento della bontà di quelle rivelazioni?
                E’ come se la Chiesa dicesse: “ti offro questa facoltà, questa conoscenza, se vuoi “aderire”: bene!, se non vuoi farlo, non sei obbligato ma cerca, però, qualcos’altro di edificante nel vastissimo patrimonio di conoscenze e di fede della Chiesa medesima”.

  9. prando riccardo

    Della morte si parla sempre meno, anche in certa parte della Chiesa che, ahimè, al drammatico e bellissimo “Polvere sei e polvere ritornerai” del mercoledì delle ceneri ha preferito una formula molto più soft e inconsistente. Grazie padre Aldo di ricordarci che la morte non è la fine di tutto.

  10. Il Vangelo di oggi come anche l’Ufficio delle letture℞

    Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente. * Questo è il più grande, il primo dei comandamenti.

    ℣ Questo ti chiede il Signore: di temere, amare e servire il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima.

    ℞ Questo è il più grande, il primo dei comandamenti.

    Anche per chi ha il Dono della Fede, la prospettiva della morte quotidiana o il passaggio da questo mondo, è un bel confronto… è come una “cartina di tornasole”, è entrare nella Croce…..
    Verissimo Bariom………buona giornata ….pace

  11. pietro frisone

    prescindendo dalla ragione che ha indotto queste riflessioni, sarebbe bello ascoltare più spesso nelle omelie il riferimento a Cristo come nostro (unico) ancoraggio.
    Purtroppo più frequenti sono le omelie infarcite di riferimenti aTrump o alle cronache politiche in generale (e qui anche padre Aldo scivola).
    Come poi ricorda exdcp è più complesso di come qui affrontato il discorso sullo sconvolgente proclama ” voi amate la vita…. ecc. (in fondo neppure ad un vero Cristiano la morte dovrebbe far paura, anche se non se la va a cercare, ma la loro “fede” è altra cosa)

  12. Bellissima la riflessione di Padre Aldo ed è verisssimo quello che dice Anche per me che se non vivo con Cristo in me ,la vita diventa un inferno perché tutto è lecito perché dopo c’è il baratro e allora vanno bene tutto:droga, cannibalismo,sesso anche il più estremo pedofilia, pornografia,incesti adulteri…ma anche corruzione,ruberie,furti omicidi.
    Ma se sono di Cristo posso morire come è morto mio marito:abbandonato alla volontà del Padre ,sereno,nella pace anche se.nella sofferenza;certo della vita eterna sostenuto dal canto dei salmi,dalla preghiera dei “fratelli nella.fede .Allora sì la morte è stata vinta grazie al SANGUE DELL’AGNELLO CRISTO e non mi fa più paura

  13. roberto

    Vi ricordo che i veri cristiani non saranno giudicati e in questa vita avranno un assaggio del Regno di Dio.

  14. francesco

    non mi fido di chi mette Trump nelle prediche (e lascia fuori la bonino). troppi pesci in barile inquesta Chiesa

  15. vale

    @roberto
    Verranno giudicati tutti.
    Nn c’è solo !a morte prima. C’È anke la secunda.( s.francesco docet).

  16. Federica

    Buonasera a tutti,
    forse sono una dei pochi non credenti (in senso stretto) che si avventura in questo blog, che considero molto interessante per la sua versione onesta e non edulcorata del cattolicesimo (a differenza delle troppe che affollano il marketing religioso di questo periodo, teso a sedurre il maggior numero di persone possibile dimenticando i propri principi fondanti). Per questo motivo, ci terrei a porre una domanda che spunta spesso nella mia esplorazione di quel lato dell’uomo non corporeo ma non per questo inessenziale, che si potrebbe definire “spinta verso il trascendentale”. Lo chiedo a voi che avete questo, per certi versi, “dono” della fede (non necessariamente granitica e immune da crisi): nel riconoscere che senza Cristo e il suo sacrificio, senza Dio e tutto il senso che il concetto di Dio porta alle cose in quanto cose “create”, la vita sarebbe un nulla completamente privo di senso, non vi sorge il dubbio che la religione possa essere una consolazione e dunque necessaria all’uomo come un qualsiasi altro palliativo (al pari del consumismo estremo o della glorificazione del corpo a cui assistiamo oggi), una forma di fuga dal dolore (intendo il dolore assoluto dell’uomo che prova un senso di vertigine di fronte all’idea di essere nulla rispetto all’universo, e dunque solo, non “figlio di”; non i dolori che si provano ogni giorno, che a mio parere la religione aiuta ad affrontare invece che a censurare)? La mia non vuole essere una domanda provocatoria, ma una “semplice” curiosità, dal momento che credo sia una questione che chiunque si avvicini alla religione debba affrontare, prima o poi.
    Grazie e buona serata,
    Federica

    1. vale

      @federica

      il cristianesimo nasce da un fatto. reale e tangibile. è la presa d’atto, per quanto sconcertante possa apparire, di qualcosa di realmente accaduto.

    2. @Federica

      “nel riconoscere che senza Cristo e il suo sacrificio, senza Dio e tutto il senso che il concetto di Dio porta alle cose in quanto cose “create”, la vita sarebbe un nulla completamente privo di senso, non vi sorge il dubbio che la religione possa essere una consolazione e dunque necessaria all’uomo come un qualsiasi altro palliativo …, una forma di fuga dal dolore … ? (…) credo sia una questione che chiunque si avvicini alla religione debba affrontare, prima o poi.

      Direi che NON si tratta di “affrontare prima o poi” … in modalità quasi facoltativa, bensì di una questione NECESSARIAMENTE da affrontare come premessa importantissima.
      Anche dall’affrontare tale questione dipenderà infatti il tipo di fede che si avrà e il tipo di fedele che si sarà.

      Difficile sintetizzare un argomento che richiederebbe un vero trattato… Scrivo solo un paio di spunti.

      1) La “consolazione”, nel senso da te esposto, io non ce la vedo nel cattolicesimo (che è la versione originale autentica del cristianesimo). Se c’è una fede che NON prevede quella consolazione che descrivi… questa fede è il cristianesimo. Per tutte le altre fedi, filosofie, credenze nell’immortalità dell’anima: ok, il dubbio che poni è effettivamente (molto) in agguato.
      Ma la Fede cattolica prevede un Giudizio sulla persona, dopo la morte. E di conseguenza una destinazione: Paradiso, Purgatorio, Inferno – i quali sono degli stati eterni dell’anima.
      Ora: a fronte del rischio dell’Inferno (e considerati i comandamenti + precetti a cui si “sottopone” il fedele cattolico per poter evitarlo) … direi che il discorso “consolazione” nei termini da te espressi è escluso. L’opzione consolatoria migliore si troverebbe piuttosto nell’ateismo oppure in altre religioni/credenze più generiche e più “buoniste” in proposito.

      2) il quesito, in generale, è un po’ mal posto. Intendo dire che: se, a partire da Gesù Cristo (persona in carne ed ossa di 2000 anni fa che diceva di sè alcune cose un po’ “sorprendenti” e altrettante ne ha fatte) , se a partire da Lui sappiamo alcune realtà: il punto è CONSIDERARE oppure NON VOLER CONSIDERARE l’argomento. In altre parole: intraprendere una ricerca, un’analisi, uno studio approfondito per stabilire CHI ERA, e se era VERO ciò che affermava, e ciò che affermavano i suoi seguaci di Lui. Specialmente sul suo essere il Figlio di Dio (cioè avente in sè una natura divina incarnata). Se lo era: ciò che diceva/faceva è degno, più che degno, di ascolto. E allora il “dubbio” sulla convenienza psicologica (consolatoria) della religione non risulta propriamente un dubbio primario da risolvere. Di fronte alla Realtà… si deve accettare e basta.
      [Certamente poi, da altri punti di vista, tale dubbio può risultare pregnante, e allora, come dicevo, va sempre considerato comunque come percorso di ricerca necessario per una fede matura.]

      3) Ammesso (e non troppo concesso) che la consolazione psicologica possa essere veramente un possibile “sostegno” (motivazione) della fede cattolica, io farei osservare che il cristiano cattolico di fronte alla morte e alla sofferenza dei propri amici e familiari soffre allo stesso modo in cui soffre qualsiasi essere umano (di altra religione o ateo). Il muro e la mancanza di senso di fronte alla morte colpisce anche noi. Intendo dire: non è che per noi sia una passeggiata o un’occasione da festeggiare in allegria (anche se so che alcuni lo fanno, ma si tratta di fenomeni secondari all’interno del cattolicesimo, dovuti ad infiltrazioni di eresie protestanti e/o di sincretismi con altre religioni. In altre parole sono delle sètte che non rappresentano il cattolicesimo). Il cattolico accetta la morte, anche con molta serenità, ma non la considera una “bella cosa” in virtù del proprio credere.
      E se a tutto questo aggiungiamo che, per la nostra teologia, noi NON possiamo sapere dove “è finito” un nostro amico o parente o coniuge o figlio… non abbiamo neanche la certezza del rivedere i nostri cari nella vita eterna. E quindi: anche in questo caso, tutta questa ipotetica consolazione psicologica nel cattolicesimo io non ce la vedo.

      Ecco. Questi sono solo alcuni spunti. Ce ne sarebbero molti altri.

      Onestamente la vera consolazione psicologica io la ravviso di più nell’ateismo perché tale posizione consente di fare qualsiasi cosa (letteralmente qualsiasi cosa) per tutta la vita. Personalmente io non avrei nessun problema “psicologico” se sapessi che la vita termina con la morte fisica.
      Di cosa dovrei avere paura?
      Mi potresti fare un esempio?

      Grazie.

      1. Federica,

        come giustamente dice Francesca qui ci sarebbe da scrivere molto, e anche da prospettive molto diverse. Aggiungo qualche considerazione a quanto ha già detto lei.

        La tua osservazione, ovvero la prospettiva che tutto sia una “consolazione” che copra il nostro senso di finitezza, è di carattere sostanzialmente razionale. Infatti è la spiegazione che danno antropologi e psicologi materialisti. Quindi c’è da fare una premessa: se è vero che, secondo noi cattolici, la ragione non è contraria a Dio, è vero che non ti ci porta dritta dritta, fino in fondo; d’altronde, se si parla di “fede” un motivo ci sarà e noi crediamo che questo sia voluto dal Padreterno, altrimenti il rapporto con lui sarebbe puramente una questione di carattere intellettuale (gli intelligenti ci arriverebbero, i meno intelligenti no). Questo ci fa credere che non ci sarà mai alcuna considerazione finale, puramente razionale, che porta a Dio fuor da ogni dubbio (non intendo un concetto generico di Dio, al quale in realtà si arriva anche solo razionalmente, ma al Dio-persona, rivelato nella Santissima Trinità); il che vuol dire che, dal punto di vista razionale, ci sarà sempre una spiegazione alternativa. Sai per esempio che alle spiegazioni cosmologiche di tipo “finalistico”, quelle che vedono la struttura del cosmo e la sua evoluzione come un qualcosa che segue un piano divino, si contrappongono quelle razionalistiche, note come “principio antropico”, che si basano tutte su causalità e probabilità (legate al caso).

        Qui un’osservazione fondamentale è che queste non sono affatto soddisfacenti, nonostante la sicumera dei loro sostenitori. Facendo un riassunto sbrigativo (inevitabile per motivi di spazio), il principio antropico dice che noi abbiamo un gran culo: tra tutti i possibili universi disordinati in cui noi non saremmo esistiti, be’ guarda caso ci troviamo in uno di quelli ordinati e in cui esistiamo. Bene. Però, stranamente, il genere umano non ha nessuna sensazione di essere così fortunato: infatti lo dici tu stessa nella tua osservazione, perché se parli di consolazione vuol dire che ne sentiamo bisogno. Infatti, l’umanità è come il pastore errante del canto di Leopardi; da quando esiste cerca una scappatoia che dia senso alla vita, oppure una droga che eviti di pensare che la vita non ha senso. E allora mi chiedo: perché questo dualismo, tra un cosmo perfettamente ordinato e senza problemi, e noi che viviamo con il male di vivere appena riusciamo a fare qualche ragionamento? È ben chiaro che ogni spiegazione che ricorre ad improbabili idee come uno “spirito” che si evolve attraverso di noi, semplici pedine di un meccanismo più grande che ha un senso, mentre noi individui non ne abbiamo, o l’illusione foscoliana di sopravvivere nella fama dei posteri, sono costruzioni filosofiche totalmente astratta, che non ci dà alcuna soddisfazione, semmai è parte di quelle droghe di cui scrivevo poche righe sopra. A te danno soddisfazione?

        La conclusione (che non è ancora cogente in queste poche righe, ma lo può diventare semplicemente facendo un discorso più lungo) è che la ragione da sola lascia ampio spazio al dubbio, sia nella prospettiva di un credente, sia in quella di un non credente. E allora questo vuol dire che, senza disprezzarla affatto, essa non è sufficiente: bisogna dunque muoversi oltre. Che tutto debba avere una spiegazione razionale, provata scientificamente, è una deviazione mentale della nostra epoca. Abbandonata questa gabbia, o forse detto meglio, abbattute le pareti di questa prigione, si aprono percorsi dove la soluzione, che non rimane semplice, si può trovare. Tanto per incominciare, prestare ascolto e valutare la storia millenaria che raccontano non poche persone, di un Dio che – sapendo che non possiamo arrivare a Lui – scende tra noi, prima con rivelazioni, e poi in carne ed ossa, non appare più da scartare a priori. Per esempio, si potrebbe studiare e meditare la vita dei santi martiri, non solo i grandi, ma anche quelli meno conosciuti, che su questa storia si sono giocati tutto; mentre gli intellettuali, al massimo, hanno pontificato dalle loro cattedre o dai loro libri. Non so tu, ma io mi fido sempre più delle persone che ci mettono la faccia e se la giocano, rispetto a quelle che mettono solo una firma in calce ad un trattato.

        1. Federica

          @Fabrizio Giudici

          Verissimo, la mia osservazione è di carattere prettamente razionale. Tuttavia, non sono tra coloro che ritengono che la scienza, da sola, sia in grado di dare tutte le risposte (o addirittura di darne almeno qualcuna, se consideriamo le cosiddette domande fondamentali). L’ossessione per la scienza e la tecnica è un tratto magari distintivo di questo periodo, e talvolta assume le caratteristiche di un’ideologia. Tento solo di usare gli strumenti a mia disposizione, strumenti che sto ancora affinando, dal momento che non ho fede in nessuna divinità in senso tradizionale.

          Di certo la scienza non ha (ancora?) risposto al perché l’uomo avverta costantemente, attraverso le epoche, questo “male di vivere”. Tuttavia, non me la sento di liquidare quelle che definisci “costruzioni filosofiche totalmente astratte” (a proposito, ti riferivi all’idealismo hegeliano?), perché se non danno soddisfazione a te, o a me, o anche al 90% della popolazione mondiale, a qualcuno la danno. Potrei dire, provocatoriamente, che ciascuno si dà la risposta che vuole (religione compresa).

          Scrivi che la ragione, da sola, lascia spazio al dubbio (nel senso che nell’esercitarla il dubbio non viene eliminato, presumo, quindi essa lascia spazio al dubbio “nell’atto pratico”), cosa che non contesto. Poi aggiungi: quindi bisogna andare oltre. Ma quel “quindi”, quella necessità di andare oltre per superare il dubbio non è un’esigenza della ragione stessa (in teoria), che la ragione fallisce nel raggiungere nell’atto pratico? Non credo che sia la componente istintiva e irrazionale dell’uomo a non sopportare il dubbio. In quest’ottica, la religione è una risposta che la ragione tenta di darsi, non nel senso che la fede e la razionalità sono la stessa cosa, ma che la molla della religione è la risposta ad una necessità razionale. Dunque non vedo come la si possa separare dalle altre risposte che la ragione ha tentato di darsi nel corso dei secoli (quelle che tu chiami droghe). Spero di essere stata chiara.

          Per quanto riguarda il resto (la storia millenaria, eccetera), capisco quello che intendi dire, anche se mi smuoverebbe allo stesso modo studiare la storia millenaria di altre religioni. Tuttavia provo anch’io un grande rispetto per chi si è giocato tutto per un’ideale o una convinzione profonda, invidiandone anche la capacità di abbandonarsi a convinzioni granitiche.

      2. Federica

        @francesca

        1) Può darsi che io mi sia espressa male. Per “consolazione”, non intendo dire che nella mia testa il credente cattolico è perfettamente sereno perché convinto di finire in Paradiso, o che (punto 3) per tale credente gli eventi dolorosi e traumatici della vita terrena non abbiano alcun valore perché tutto si risolve nella prospettiva di una speranza, almeno quella, di vita eterna. No, intendo la “consolazione” di sapere di avere una possibilità, che effettivamente c’è un senso ulteriore in ciò che facciamo o non facciamo, che c’è qualcuno a cui “interessa” e che “osserva” ciò che facciamo o non facciamo, garantendo una base di valori che magari non riusciamo a perseguire in un modo perfetto, ma che ci sono, e dunque non siamo soltanto abitanti di un grumo d’acqua e terra che vaga nell’universo, la cui vita e morte non è di interesse per nessuno, tantomeno un “padre”. L’idea di giudizio stessa la vedo, secondo quest’ottica, come una consolazione: può atterrirmi l’idea dell’Inferno, ma mai quanto l’idea del nulla, l’idea del “bene e male sono la stessa cosa, o per lo meno spetta solo a me definirli”. Può atterrirmi l’idea che un mio caro o io stessa finisca all’Inferno, ma mai quanto l’idea che a nessuno a parte me (in senso lato) importi della morte del mio caro, e che quando sarò morta io, anche il suo ricordo sarà svanito quanto il suo corpo e la sua anima.

        2) Nulla da eccepire qui, effettivamente la mia domanda non può prescindere da un punto di vista che non può essere quello di un credente animato dalla fede.

        Personalmente, io non mi definisco atea, ma di certo non credo nel vostro Dio. Dunque, sono d’accordo che l’idea che nulla abbia un senso, una sorta di nichilismo assoluto, sia appetibile per tutti coloro che desiderano non dover porre freni alla propria “libertà”… e che dunque sia un’ottima base per una società adolescenziale che rigetti qualsiasi elemento fisso, tutto in favore di un consumismo sfrenato e di una crisi di valori totale. In questo senso l’ateismo è molto più consolante di una fede pienamente vissuta. Tuttavia penso che un non credente con una certa onestà intellettuale non si senta affatto consolato. Cioè, ora come ora credo che la vita termini con la morte fisica. Obiettivamente potrei prendere una pistola e ammazzare quante più persone possibile senza sentirmi in colpa, dato che non credo in un giudizio nell’aldilà. Non lo faccio perché ho introiettato determinate norme sociali che causano invece un vero senso di colpa. Ma tante volte ho desiderato di avere fede in un dio per non sentire il senso di spaesamento, di nulla (in termini di valori) in cui la nostra società si trova. Fa paura, o meglio destabilizza, l’idea di essere un piccolo animaletto su un pianeta sperduto, le cui azioni non contano e i cui pensieri si perderanno definitivamente in meno di cent’anni, molto prima che questo pianeta stesso venga inghiottito dal Sole. Fa molta più paura dell’idea di Inferno, secondo me. Da qui, la mia domanda sulla funzione “consolatoria” della religione (che può naturalmente essere rovesciata, come tu hai fatto, all’ateismo che va di moda adesso).

        1. @ Federica,

          E’ sempre Dio che viene incontro a l’uomo, con i fatti della vita, credimi io nel mio piccolo ho sperimentato nei fatti concreti della mia vita…
          Un giorno lontano mi sono chiesto, ma chi sono io, da dove vengo, perché la sofferenza, perché questa mia tristezza, non solo ….ma per chi vivo, e alla fine della mia vita dove vado….ma che senso ha, insomma tante domande…
          Il Signore Ha provveduto a le mie domande, non come pensavo io,…ma meditando la Sua Passione, ….la Sua vittoria sulla morte, perché vivessimo la nostra vita da risorti. Non per questo non c’è dolore, per l’uomo, ma viene trasformata e accettata la nostra vita,cosi com’è….

          E’ giusto farsi le domande, non farle credo che non è di aiuto per nessuno…..

          Ciao Federica…pace e bene.

        2. @Federica.
          Grazie davvero per aver specificato meglio. Questione molto interessante alla quale ho pensato spesso anch’io.
          Al momento sono di fretta e non posso scrivere una risposta meditata quanto sintetica.
          Quindi invio questo post per essere sicura di farti sapere che ti ho letta. Oltre che molto apprezzata.
          Appena possibile ripasso (non posso collegarmi quotidianamente su questo sito) e, sperando che non abbiano chiuso i commenti ti rispondo qui, oppure in altro thread in cui sarai presente.
          In passato, diverse volte, ho iniziato una simile conversazione con atei,… e a questo punto ci tengo a specificare che erano tutti atei uomini, e che nessuno di loro ha mai ammesso ciò che hai ammesso tu (sulla effettiva condizione del non credente). Attribuisco tutto ciò ad una maggiore capacità di introspezione psicologica di noi donne, nonché ad un maggiore coraggio nostro –
          femminile – a dire quel che è.
          (e mi scusino tutti i lettori maschi)

          Nell’attesa di riprendere la conversazione, un paio di cose per te:

          – non mi risulta molto chiara la tua posizione in quanto scrivi
          “Personalmente, io non mi definisco atea, ma di certo non credo nel vostro Dio” —-
          E poi successivamente scrivi
          “Cioè, ora come ora credo che la vita termini con la morte fisica”.
          Ci sono diverse ipotesi che potrei fare sul tuo “credo”, ma è meglio chiedertelo direttamente: in cosa e/o in quale idea credi? Forse intendevi semplicemente che sei agnostica in ricerca?

          – se ci perdiamo di vista io sono contattabile sul mio blog (nel quale ho scritto sui cosiddetti preamboli della fede in diversi post da agosto a dicembre 2017) cliccando sul mio nome. Come già ti dicevo nel primo commento: non trovo affatto secondari questi argomenti, fanno parte dei miei interessi, anche se non ho moltissimo tempo per discuterne online… e quindi le conversazioni si sviluppano eventualmente su lunghi periodi, con molte pause.

          Ad esempio ci sarebbe da valutare un certo approccio alla fede che trovo problematico (forse fideistico?), e che tu esprimi dicendo:

          “Nulla da eccepire qui, effettivamente la mia domanda non può prescindere da un punto di vista che non può essere quello di un credente animato dalla fede.”
          … sembri avere una strana visione della fede… Ma non ne sono sicura, e in questo momento non posso soffermarmi oltre.

          Il punto centrale della tua tesi è comunque PERFETTO e perfettamente espresso.
          Grazie.

          A risentirci.

          1. Federica

            @Francesca

            Grazie per l’apprezzamento. Anch’io purtroppo oggi devo scrivere di fretta e mi rendo conto che a volte non sono chiara (anche perché mentre scrivo A sto già pensando a C che si collega a B…).

            Intendevo dire che non sono atea se si intende l’ateismo come certezza granitica della non-esistenza di qualsiasi dio. Non me la sento di escludere l’esistenza di un essere a noi superiore, ma non “credo” in questo essere come non “credo” nel tavolo che si trova in una stanza in cui non sono mai entrata: è lì, oppure no, ma che ci sia o non ci sia la cosa non riguarda la mia “salvezza” nell’aldilà. Magari nell’aldilà ci entrerò in contatto, magari no. Quando dico “credo che la vita termini con la morte fisica” intendo dire “suppongo che” perché la cosa mi pare sensata, ma è più una sensazione che altro, dal momento che A) non lo posso ovviamente sapere e B) non sono una fanatica del concetto di “ragione”.

            La mia visione della fede cambia continuamente perché si modella su ciò che riesco a captare da coloro che una fede ce l’hanno. Onestamente, da persona totalmente ignorante in teologia, la considero una sorta di “prendere atto” di una realtà che si riconosce come tale, magari con dei tentennamenti, ma un sentimento riguardo al quale sia impossibile mentire a se stessi… anche un affidarsi totalmente, magari.

            In caso ci sentiamo da qualche altra parte, per me va benissimo.
            Grazie e a presto.

            Federica

    3. fra' Centanni

      Cara Federica, possiamo senz’altro trovarci d’accordo sul fatto che nell’uomo esiste una “spinta verso il trascendentale” che lo porta a ricercare il senso di tutte le cose, a cominciare dalla propria esistenza.

      In fondo il nostro “essere spirituale” (il nostro essere persona) potrebbe essere condensato ed interamente espresso nel concetto di “bisogno di senso”. Io sono un “bisogno di senso” vivente.

      Ora, è possibile soddisfare questo bisogno? Posso io dare una risposta efficace a questo bisogno? Le religioni possono rispondere in maniera esauriente a questo bisogno? Assolutamente no. Nessuna religione, mai, in nessun luogo, è riuscita a dar conto, in modo ragionevole, del significato della nostra esistenza e dell’esistere. Per un motivo molto semplice: il significato, o senso dell’esistere, ci trascende completamente. Se noi fossimo capaci di “dare significato alle cose”, soprattutto alla nostra esistenza, non avremmo alcun bisogno d significato. In realtà: non solo abbiamo bisogno di significato, ma… “siamo bisogno di significato”. Il nostro bisogno (di senso, significato) è talmente grande da esaurire il nostro essere. E come potrebbe una religione, tentativo umano di cercare il divino, riuscire a trovare ciò che ci trascende?

      Il Cristianesimo non è una religione. Il Cristianesimo è la Storia di una Rivelazione. Il Cristianesimo non è, e non è mai stato, ricerca del trascendente; piuttosto, è la Risposta Trascendente.

      Noi siamo “bisogno di senso”, Dio si è rivelato come “Risposta Trascendente”.

      Quindi, alla tua domanda: “…non vi sorge il dubbio che la religione possa essere una consolazione …, una forma di fuga dal dolore …?” io rispondo che si, certamente, la religione è una consolazione, un tentativo umano di rispondere al nostro bisogno di senso. Ma se tu ti avvicinassi al Cristianesimo scopriresti quelo che ti ho appena detto: che non è una religione.

      1. Thelonious

        @fra’ Centanni: standing ovation per la tua risposta, che trovo sia perfetta!
        Sottoscrivo al 100% quello che hai scritto!
        Anch’io SONO bisogno di significato.

      2. Federica

        @fra’ Centanni

        Trovo la tua risposta stimolante, nel senso che mi piace il concetto di uomo come essere che “è il bisogno stesso di significato” e dunque Dio come una sorta di risposta a sé stante, che “si mostra” ai nostri occhi. Certo, per il passo successivo ci vuole la fede nella rivelazione stessa ma ovviamente questo è un altro discorso. Quello che mi interessava è la risposta che una persona di fede si dà a questa domanda, dal momento che ho conosciuto ben pochi credenti (e ben pochi non credenti) testimoniare anche solo di essersela fatta.

    4. Cara @Federica,

      la tua (diamoci del tu da subito, grazie…) domanda è più che legittima.
      E’ credo la domanda di chi …si pone domande.

      Scusa il gioco di parole, voglio dire, domande che cercano seriamente e sinceramente una possibile risposta e che in fondo spingono i credenti come noi e come me nella fattispecie a “dare ragione della propria speranza”.

      Ovviamente parlo della mia personale esperienza (che pure ho trovato confrontandomi con fratelli e sorelle nella Fede tanto condivisibile) che ha forse un vantaggio nel partire da una posizione ateo-agnostica vissuta sino ad una età che potremmo definire già adulta (25/26 anni).
      In questo ho fatto esperienze del “vivere con e senza Dio” e nel cercare le risposte alle domande che forse ci sono comuni, in quella “spinta verso il trascendentale” che dovrebbe mettere sempre l’uomo in “ricerca”.

      Intanto lasciami dire una cosa… la “spinta verso il trascendentale”, che risulta come un “richiamo” nel profondo dell’animo di ogni Uomo, è “la sete di infinito” (come la definisce Sant’Agostino) o se vuoi la “nostalgia di Dio”, che Dio stesso come Padre oltre che come Creatore, mantiene viva e non di rado acuisce, proprio perché OGNI UOMO, anche non credente, anche non battezzato, anche lontano da Dio per abitudini o formazione, ma sincero con se stesso e in ricerca con retta intenzione, possa trovare nella scoperta e nella Fede in Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore il suo coronamento.

      E’ in sostanza anch’Essa (la spinta al trascendente, la sete di infinito) una azione di Grazie, rivolta al bene e alla pienezza dell’Uomo e, per quanto sia l’Uomo che si sente in “ricerca”, è Dio che cerca e “brama” (se ci rifacciamo al Cantico dei Cantici) il Suo Amato, che altri non è che la Sua Creatura.

      Sono certo che in quest’ottica, comprenderai bene che non si tratta di “palliativi” o di “illusioni” o “invenzioni” della mente dell’Uomo, che servono a dare una risposta a ciò che diversamente non troverebbe risposta…
      Neppure basterebbe ad essere mera “consolazione”.

      Perché vedi (e qui torno alla mia esperienza), non sono da tenere disgiunti il “dolore” per il “mal di vivere” (il vivere senza un senso) e il dolore della prova o della croce, perché è proprio nella croce, nella prova, che fai “esperienza esperienziale” (scusa il gioco di parole) e personalissima, che il “trascendente” si fa “immanente”, che lo spirituale si fa “carne”, che la morte e resurrezione di Cristo, non sono solo un fatto storico (e c’è chi lo mette in dubbio), o tuttalpiù “mistico”, ma sono una avvenimento che accade, sono un accadere nella tua vita, sono, uso nuovamente questa parola, una ESPERIENZA ed esperienza concretissima.
      Io nella mia vita posso affermare che lo sono e lo sono state in avvenimenti che umanamente parlando, sarebbero solo fatti “di morte” e diciamo anche, laddove di fronte alla morte non hai risposte, “fatti senza senso alcuno”.
      Ed ecco che proprio chi non ha il Dono della Fede, ricorre a palliativi di varia natura o arriva al rifiuto totale di certi avvenimenti, sino a cercare la loro “rimozione” anche a livello psicologico.
      Perché il baratro del “nulla” del non senso, rischia di inghiottirti e il non senso ti fa dire che un dio non esiste.

      Ma come, dopo aver fatto esperienza della vittoria di Cristo sulla morte, sulle tue morti, sul nostro peccato che la morte procura, dubitare che Egli è il senso ultimo del tuo vivere questa vita nello Spirito e Dio il senso ultimo e compiuto, che ci chiama da questa vita materiale e passeggera alla Vita Eterna?
      Come dopo aver visto più e più volte, l’intervento di Dio come Padre, nella propria vita concreta, anche in avvenimenti che potrebbero essere considerati “banali” (ma che banali non sono), pensare che tutto il nostro vivere non riconduca a Dio?
      Che quella “spinta al trascendentale” non trovi in Dio e solo in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, la sua vera e unica risposta?
      In altre parole che senso avrebbe, gustare di avvenimenti che ti testimoniano qui e oggi che la morte non è l’ultima parola, credere che la morte fisica sia la fine di tutto?

      Mi potrai obiettare: “come posso vedere l’intervento di Dio, nella mia vita se ancora neppure sono convinta che Dio esista o che sia per me come un padre e non un indefinito essere o entità?”.

      La strada è sempre solo una: “convertiti e credi al Vangelo”.

      Convertiti, cioè cambia diametralmente strada, punto di vista… ad esempio, smetti di “cercare”, ma invoca questo Dio seppur a te “sconosciuto”, perché si faccia trovare, si renda a te visibile, si manifesti oltre ciò che già fa, ma che non vediamo per la nostra cecità.

      Credi alla “stoltezza della predicazione”, che anche tu penso conosca, che in fondo può anche essere seguire con animo aperto un blog come questo, o andare concretamente alla Chiesa laddove la Predicazione, l’Annuncio viene dato.
      So che non sempre oggi è facile trovare una vera ed efficacie Predicazione, un sincero e radicale Annuncio “senza se e senza ma”, ma credo anche che, se prima c’è la richiesta del cuore, quella richiesta di aiuto che fu del cieco di Gerico (Mc 10, 46-52), espressa a gran voce tanto che Cristo “dovette” fermarsi, sarà Dio ad incaricarsi di portare a termine le tua ricerca… ad aprirti gli occhi, e questo sarà per te già il primo segno che “forse” (possiamo anche accontentarci di un “forse”), un Dio c’è che si occupa di te, “forse” non è solo fantasia, utopia, un “palliativo” alle nostre angosce.
      Da lì il cammino si farà talvolta più facile (quasi in “discesa”) altre volte decisamente arduo e in salita, ma ciò che importa che che si sarà imboccata la Via, trovata la Verità, gustata la Vita.

      Ti auguro di concludere in Cristo la tua ricerca.

      1. Federica

        @Bariom

        Ciao!
        Per prima cosa, quello che chiedevo in fin dei conti era di fare riferimento alla propria personale esperienza (se non altro per essere in grado di comprendere le risposte, essendo io praticamente digiuna di teologia, almeno per il momento). Per il momento ho superato la fase di ateismo convinto, e sono “in cerca di”, sia in un ambito filosofico, che in un ambito religioso. Dovessi morire prima di trovare una risposta, spero almeno in un dio che apprezzi l’onestà!

        Scherzi a parte, scrivi: “perché è proprio nella croce, nella prova, che fai “esperienza esperienziale” […] che il “trascendente” si fa “immanente”, che lo spirituale si fa “carne”, che la morte e resurrezione di Cristo […] sono una avvenimento che accade, sono un accadere nella tua vita, sono, uso nuovamente questa parola, una ESPERIENZA ed esperienza concretissima. Forse mi è sfuggito qualcosa, ma il senso della frase non mi è chiarissimo.

        Scrivi anche: “Ed ecco che proprio chi non ha il Dono della Fede, ricorre a palliativi di varia natura o arriva al rifiuto totale di certi avvenimenti, sino a cercare la loro “rimozione” anche a livello psicologico.” Ecco, ciò di cui scrivi è per me il lato immaturo dell’ateismo-agnosticismo, e il lato più diffuso perché in linea con le necessità sociali ed economiche di questo periodo. Comunque sia, dal mio punto di vista non tutto ciò che è alternativo alla fede è un palliativo, ma una discussione su questo sarebbe sterile perché ovviamente, non avendo io questo “dono” partiamo da posizioni abbastanza inconciliabili.

        Grazie anche per il resto della risposta. Naturalmente non ho nulla da obiettare, trattandosi, di nuovo, della tua storia. In fin dei conti non cercavo certo qualcuno che mi spiegasse come trovare la fede, mi incuriosivano soltanto le vostre esperienze e risposte a quella domanda che, probabilmente più di altre, mi impedisce di abbandonarmi a qualsiasi religione, non solo quella cattolica. Tra parentesi, non conoscevo il concetto di “stoltezza della predicazione”, non si finisce mai di imparare.

        1. pietro frisone

          @ Federica: nel cuore della celebrazione della Messa (memoriale della passione e morte di Gesù Cristo) il sacerdote dice “MISTERO della fede” e i FEDELI rispondono ” annunciamo la tua MORTE, Signore, proclamiamo la tua RESURREZIONE, nell’attesa della tua venuta”. Come ha spiegato diffusamente Bariom, il cuore della fede è l’annuncio di Resurrezione cui si associa la speranza di partecipare grazie all’intervento salvifico di Gesù Cristo, Verbo incarnato a testimonianza dell’amore di Dio. AMORE è il comandamento che Cristo ha lasciato (“ama il prossimo tuo come te stesso”). Non ho esperienze personali da offrirti, ma se ne hai la possibilità, ripesca qualche filmato della storia di San Giovanni Paolo II e osserva il suo volto, sia quando nelle passeggiate in montagna contemplava la grandezza del Creato, sia quando alla giornata della Gioventù accompagnava col cuore la festosa musicalità dei partecipanti, sia SOPRATTUTTO, quando alla fine della sua vita biascicò quel “lasciatemi andare” preghiera di un santo di fronte all’accanimento terapeutico. Lafede è un mistero (quando ce l’hai non è detto che sia per sempre e quando non ce l’hai non è detto che sia per sempre, ma questo evidentemente lo sai, la preghiera esiste anche per questo). Buona prosecuzione di ricerca e pregherò per te e per Alvise che non conosco.

  17. filosofiazzero

    sono mesi che sto cecando chi mi aiuti a poter raggiungere questo nulla ipotetico
    irraggiungibile e finire di patire. E io non ho il coraggio di buttarmi sotto un treno.
    Sono condannato alla vita a vita!

    1. @Alvise, spero tanto questo “coraggio” tu non lo debba trovare…

      Altro non sento di dirti, perché so che ti suonerebbero solo come “vuote parole”… è però anche un fatto che hai deciso di rendere tutti partecipi qui della tua sofferenza e quindi, per questo, ti assicuro pregherò per te.

    2. exdemocristianononpentito

      Che piacere risentirti Alvise! Temevo che tu avessi qualche problema o che tu non volessi partecipare più al blog. Ma ora rivedo un tuo post e mi fa piacere, perché ti ho sempre trovato simpaticissimo.

    3. fra' Centanni

      Ciao Alvise, mi fa piacere risentirti.
      Per quanto riguarda la morte, non è necessario cercare di raggiungerla. Lei comunque ci raggiunge senza sforzo quando vuole.

      Semmai sarebbe importante cercare di prepararsi al dopo…

      1. @ Fabrizio Giudici anch’io spero di no…..deve stare molto male dentro suo cuore …preghiamo…..questi pensieri può capitare a chiunque nella vita non si puoi mai dire…ma si spera che non sia mai.
        Buona giornata a tutti voi…..

    1. admin @CostanzaMBlog

      Giusi,credo che questa volta Alvise stia abbastanza male sul serio, lo abbiamo sentito al telefono tempo fa.

      1. @Alvise e @Admin
        Al momento non posso spostarmi e non posso raggiungere personalmente Alvise (e non so neanche se sarebbe il caso di disturbarlo a casa sua), ma se per lui è utile in qualche modo una conversazione telefonica (e sempreché voglia parlare con una emerita sconosciuta) inviatemi in privato il suo telefono col suo permesso e con le fasce orarie in cui è contattabile.
        Non conosco i suoi problemi… e non so se potrei essere utile in qualche modo chiacchierando un po’…
        Nel caso fatemi sapere.

  18. admin.@ Costanza

    Se qualcuno può andare a trovarlo, credo sia un gesto nobile, sicuramente Alvise sta molto male per dire queste cose.
    Grazie.

  19. Tutti in soccorso di Alvise…

    Che però sappiate, non è persona “facile” e anche se ha più o meno coscientemente mandato un messaggio forse di aiuto, non sempre è disposto a farsi aiutare o anche solo disponibile a ricevere una “parola buona”.
    Specie da cristiani come noi, che considera agiscano per una sorta di “carità pelosa” e con una gioia e sollecitudine “disturbante”(e lo dico senza giudizio alcuno, ma con cognizione di causa…)

  20. @ Bariom

    Concordo ….che non sempre è facile e utile, volere aiutare una persona con questo stato, se dico questo è perché lo vedo nel mio fratello minore, non vuole essere aiutato anzi gli do solo fastidio, che mi dispiace moltissimo, ma non posso fare di più, ma pregare per lui si.

    Per ora ha tagliato ogni rapporto con la famiglia, notizie zero. ….che dire ??….rispetto il suo silenzio, è sempre nel mio cuore.
    Buona giornata Bariom, e speriamo bene ….

    1. E’ certamente sempre nel tuo cuore e nei pensieri di Dio.

      Pregare e offrire la nostra sofferenza molto spesso non è solo l’unica cosa che ci rimane… è anche la migliore 😉

  21. @ Bariom.

    Grazie Bariom, ma sai spero sempre, presto andrò trovare mia sorella che abita in Francia, che soffre di un tumore in terapie con la chemio, e qui sa se il mio fratello mi apre la sua porta questa volta?? non lo so.
    Lui non sa ancora niente dello stato di mia sorella, insomma una situazione non facile.

    Cerco di fare quello che posso, dove non arrivo io , arriva Dio e metto nelle Sue mani, che tutto sa e la Sua Potenza sovrasta ogni miseria.
    Ciao e grazie…..felice giornata a te e famiglia.

    1. “…che soffre di un tumore in terapie con la chemio,”

      Conosco bene questa “porta stretta”.
      Eppure anche in questo doloroso percorso il Signore si manifesta (talvolta molto di più di quanto siamo in salute o proprio perché in salute non siamo, al Suo agire siamo più attenti).

      Certo se tuo fratello non conosce ancora la malattia di vostra sorella, sarà il caso di informarlo… potrebbe non perdonarvi il non averlo fatto.

      Un abbraccio.

      1. @ Bariom,

        Certo che lo dirò al mio fratello,è il mio dovere di coscienza, gli ho scritto, visto che ha cambiato il suo numero di telefono, e sperando che è ancora è la stessa adresse…spero.
        Verissimo quando siamo in saluto non siamo sempre attenti, ma quando arriva la malattie te ne accorgi…..Nulla è per caso.
        Grazie Bariom.

        Speriamo bene per Alvise, me lo ricordo nelle mie preghiere.

  22. Senza entrare troppo nei dettagli, Alvise è in un grave periodo di depressione con tutti i foschi pensieri che ne conseguono.

    Chi vuole aiutarlo si ricordi di lui in questo periodo propizio di Quaresima, perché il Signore lo liberi e risponda al suo grido di aiuto.

    Grazie

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