di Emanuele Fant per Credere
Ironman vuol dire “uomo di ferro”. È il nome di una disciplina sportiva di cui si sente sempre più spesso parlare. È la competizione più dura al mondo: 3,8 km di nuoto nel mare, poi 180 km in bicicletta, infine, 42 km di corsa. Il tutto da portare a termine in meno di 17 ore.
Se devo dire la verità, io ho detto addio al nuoto al largo da quando ho visto il film Lo squalo (appena supero la boa, visualizzo l’inquadratura del mio corpo da sotto, scrutato da creature sottomarine digiune); non vado a lungo in bicicletta per non alimentare la strage estiva dei moscerini negli occhi; mi rifiuto di fare jogging perché ho letto su una rivista medica che gli atterraggi del piede in corsa producono irreparabili microtraumi cerebrali.
Ciò premesso, la virile ostinazione degli iscritti a queste gare mi incuriosisce. Ho chiesto a un amico che le frequenta, il motivo per il quale, dopo il lavoro, indossa la cuffia e gli occhialini, o spinge sui pedali, o corre pure se non ha una coincidenza che lo aspetta in stazione. Mi ha risposto che lo fa per spostare avanti l’asticella dei suoi limiti.
È strano quando un altro essere umano prova a comunicarci una passione che non condividiamo. Lui si accende di entusiasmo, brilla come se non vedesse l’ora di ricominciare. Noi, nel nostro intimo, cerchiamo le ragioni per declassare il suo interesse a fissazione.
D’un tratto, una illuminazione me lo ha fatto sentire più vicino: quella tensione atletica tradiva una parentela con l’attitudine degli uomini che ho conosciuto nei monasteri. Persone che per scelta si alzano quando vorrebbero dormire, tonificano già prima dell’alba l’apparato locomotorio interiore, lottano con la distrazione durante le veglie, compromettono il menisco sull’inginocchiatoio, si allenano a tacere se non servono parole.
Anche l’aumento di iscrizioni alle bizzarre competizioni degli aspiranti “uomini di ferro”, confermano che siamo fatti per una gara estrema. L’importante è, prima del traguardo, puntare tutto su quella vera.
Sarebbe bello se potessimo dire: ho migliorato le mie performance e ora aiuto 30 poveri alla settimana rispetto ai 10 delle scorse. Ho visitato 10 ammalati rispetto ai 5 degli ultimi tempi e così via!!!
Questi premi ce li troveremo nell’aldilà (e penso anche qui dato che sono soddisfazioni del cuore)!!!!
Anche fare il padre, tirarare su un figlio è un’attività estrema! Occorre amore, pazienza, creatività, umorismo, attenzione, incoraggiamento, fiducia, silenzio e loquacità, saper vincere il sonno, conoscere il senso del limite, insegnarlo, saper morire, e va fatto per ben oltre 17 ore. Tonifica, gratifica, rende felici, fecondi e l’asticella si alza ogni giorno un pò. Forse sotto sotto tutto questo cerca un “uomo di ferro” ed è una competizione molto più seria.
… concordo; riesco a fare entrambe ( e altre) le cose con risultati buoni e appaganti.
Personalmente non mi sono mai sentito un “uomo di ferro” ma solamente normalissimo … che ci siano i “fissati” è insindacabile ma non solo in quel campo …
saluti
Piero e famiglia
@andreapucci: concordo: anche fare il padre è uno sport estremo.
OT ma anche quello della madre non è malaccio come sport estremo 😉
sì, ma semmai sarebbe da “iron-woman” e non da “iron-man”, ancora mi piace distinguerei generi 🙂
Oh beh, allora anche se dobbiamo fare un sato dalla Marvel alla DC Comic, preferirei Wonder Woman! 😉
salve
ho praticato il triathlon, nella distanza olimpica, per circa tre anni poi, sono tornato alla corsa semplice e adesso, a 56 anni suonati, mi concedo l’ebrezza di tre maratone sui sentieri di montagna (tutte sopra i 45km) l’anno.
Ho sempre condotto una vita tra lo spartano e il monastero con privazioni, rinunce e rifiuto del “mondo”.
Quando mi alzo alle 5.00 di mattina d’estate per farmi oltre quattro ore di sentieri o, in inverno, esco con la neve e T sotto lo zero, mi sento in totale comunione con Dio e il Creato, sereno, contento e, a ogni passo, ringrazio il Signore di quanto mi regala.
Non ho la pretesa di essere nel giusto ma, mai e poi mai, cambierei ciò che faccio per diventare uno dei tanti tutto cellulare e apericena …
saluti
Piero e famiglia
ps: io non lo faccio per spostare asticelle ma per godere dell’immenso Creato che è lì e ci aspetta
Se dopo tutta una vita di allenamenti e competizioni durissime, prima del “traguardo” si dovesse scoprire di aver sbagliato disciplina, nelle competizioni puramente umane (che siano con se stessi o con altri antagonisti poco cambia), ci si troverebbe irrimediabilmente fottuti!
Grazie a Dio, accorgersi di aver fatto di noi degli “iron man” inutilmente nella vita, non ci impedisce dal fare un drastico cambio di rotta (conversione) anche quando il cronometro è contro di noi…
Il problema è che della gara a cui ci invita San Paolo conosciamo il traguardo, ma non il tempo a disposizione… 😉
“È strano quando un altro essere umano prova a comunicarci una passione che non condividiamo. Lui si accende di entusiasmo, brilla come se non vedesse l’ora di ricominciare. Noi, nel nostro intimo, cerchiamo le ragioni per declassare il suo interesse a fissazione.”
E’ quello che accade talvolta quando diamo ad altri la nostra (seppur vibrante) testimonianza…
C’è chi si sente coinvolto e trascinato e chi pensa …che sei un fissato! (spostato, esaltato, lobotomizzato e altri “ato”) 🙂
A quanto pare non ha ancora lasciato un commento nessuna delle iro-woman costanziane… quindi ci provo io…
“…siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato”. (Filippesi 2, 15-16)
Mia figlia è fidanzata con un ironman. So degli allenamenti durissimi per tutto l’anno e della fatica estrema delle gare (ogni volta prego che torni vivo!). Tra l’altro iscriversi a queste gare è pure molto costoso. Quando lei gli chiese il perché lo facesse, lui rispose che più che per la gara è per gli allenamenti: la bellezza di correre o pedalare su sentieri di montagna, oppure partire in bici dall’Umbria, arrivare al mare adriatico, farsi una lunga nuotata e tornare (sempre in bici)… La gara è solo lo stimolo per continuare a fare tutto questo. Io, comunque, anche dopo questa spiegazione, non capisco lo stesso…
Il come e’ importante. Affrontare prove dure per rafforzare la volontà ‘ al fine di metterla al servizio del bene e cioe’ per il cristiano di Dio e del prossimo, puo’ essere ottima cosa. Farne un fine e’ come crearsi un idolo cui sacrificare ogni altra cosa. Naturalmente nella vita ci sono situazione intermedie, ma le tendenze sono quelle.
Tutto vero, soprattutto la parte sullo squalo! Io appena non tocco sento pure la musica del film…
Da giovane ero un atleta e partecipavo alle gare, non era facile essere una atleta ci vuole molti allenamento , per guadagnare qualche secondi ….avevo scelto di fare questo sport per essere in un buon gruppo, che non pensava a ballare o a delle cose strano, questo mi ha aiutato anche ad uscire, per non vedere e sentire i litigi dei miei genitori….
Sempre nei miei limiti, non cercavo la gloria ma la pace. Tutto qua….