Può sembrare strano ma la scintilla con Giovannino Guareschi, per me, è scoccata grazie al documentario La Rabbia del 1963, salito alla ribalta delle cronache nel 2008. Ovviamente conoscevo i film di Don Camillo e Peppone – tra l’altro oggetto di lettere infuocate di Guareschi contro i registi – ma li avevo visti sempre distrattamente, senza apprezzare tutto il ribollir di fede che c’era dietro e senza prendermi la briga di saperne di più sullo scrittore emiliano. Cosa che invece è successa con La Rabbia, nato da un’idea di Gastone Ferranti che chiese a Guareschi e Pier Paolo Pasolini di rispondere alla domanda: “Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra?”. Ne risultò un documentario in due parti, in cui ciascun autore aveva confezionato la propria risposta ignorando il lavoro dell’altro.
Il film, però, non ebbe grande fortuna: restò un paio di giorni in programmazione e poi venne ritirato dalle sale. Pasolini, infatti, aveva puntato i piedi scandalizzato dal controcanto “reazionario” di Guareschi e tolse la sua firma all’opera. A quel punto il ritiro fu inevitabile, e la pellicola finì nel dimenticatoio.
Arriviamo così al 2008, anno del centenario della nascita di Giovannino Guareschi, nato il 1° maggio 1908. Per celebrare lo scrittore venne formato un comitato presieduto dal regista Giuseppe Bertolucci, che era anche presidente della Cineteca di Bologna. Ora, si dà il caso che proprio la Cineteca bolognese avesse la versione integrale del tormentato documentario a due voci. Bertolucci allora si mise all’opera per restaurare il film e proiettarlo alla Mostra del cinema di Venezia. Dove però arrivò solo la metà pasoliniana. E il contributo di Guareschi? “Insostenibile, addirittura razzista. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo”, tuonò il regista.
Un giudizio tanto perentorio mi incuriosì: cosa conterrà mai di così impresentabile da finire sotto le forbici della censura? Me lo andai a guardare (è disponibile qui) e per approfondire decisi di scartabellare nell’archivio di Roncole Verdi (Pr), guidato da Alberto Guareschi, custode prezioso delle carte di famiglia. Scoprendo così che Giovannino, in pieno boom economico, ci aveva visto lungo, e aveva messo in guardia sulle false promesse della modernità e sulle menzogne del progresso. Aveva capito che si possono avere tutte le diavolerie moderne che si vuole, le automobili d’ultima generazione, i ritrovati tecnologici più all’avanguardia, la libertà di fare e dire quel che passa per la testa, ma tutto ciò non dona pace al cuore dell’uomo, che desidera l’infinito. Aveva compreso la frenesia che domina le nostre giornate, sotto cui “si nasconde la scontentezza”. Aveva intuito che il sesso si sarebbe diffuso sempre più capillarmente, che avrebbe “preso il posto del cuore e del cervello”, con “la pornografia che diventa arte”, con “gli scrittori che vanno a cercare le loro parole nella fogna”, con “il terzo sesso che è entrato nella letteratura, nel cinema e va entrando nella vita di tutti i giorni”.
Durante i “favolosi” anni ’60, quando qualsiasi capriccio sembrava a portata di mano e quando chiunque immaginava per l’umanità un avvenire glorioso e tutto in discesa, ecco Guareschi che vede la solitudine dei padri e delle madri diventare la solitudine dei figli. E l’egoismo dei padri e delle madri diventare l’egoismo dei figli. Dopotutto, “la nostra frenesia di piaceri materiali è la nostra scontentezza. I beni materiali non bastano all’uomo che è fatto di materia e di spirito”. Il bello è che Giovannino non si ferma all’analisi ma suggerisce anche una strada: invocare i “fratelli morti” che ci hanno preceduto e che ci aiuteranno a “ritrovare noi stessi e la fede nell’avvenire”. Del resto, scrive, “una fiamma scalda ancora il nostro vecchio cuore di terresti. E, in noi, è ancora più forte la speranza che la paura. Grazie a Dio”. Perché è qui, “su questo vecchio pianeta che il figlio di Dio ha voluto nascere, soffrire e morire come uomo. Qui sono il nostro passato e il nostro avvenire, e qui – non sulla Luna – bisogna cercare la soluzione dei nostri problemi”. A partire da queste parole, Guareschi mi è diventato amico ogni giorno di più, con i suoi racconti, il suo umorismo e i suoi grandi baffi. Perciò sono grato al figlio Alberto e a chi tiene viva la memoria di un uomo che non ha mai avuto paura di andare controcorrente e di parlare di Dio, nonostante i sapienti e i benpensanti di turno, che facevano (e fanno) di tutto per archiviare la fede in nome del progresso.
Bello ricordarl e riscoprirlo. Uno scrittore illuminato, di luce buona. Ci mancano temerari come lui.
L’ha ribloggato su harvest60.
Grazie per questo articolo e per il link al video del quale non conoscevo nulla…
Per tacere, Mario, del commento fulminante fatto da Guareschi in merito alla sua “collaborazione” con Pasolini:
“Il fatto che io abbia accettato di comporre la seconda parte di un film della cui prima parte è autore PPP non significa che anche io abbia aperto a sinistra. Come non significa che PPP abbia aperto a destra. L’apertura di PPP è rimasta quella che era”
Boldrini si starà girando nella tomba 😀
Pensare che, in alcune vecchie edizioni delle sue opere, un uomo così fatto veniva presentato, in quarta di copertina, come antesignano del compromesso storico…
“Perché gli uomini sono delle disgraziate creature condannate al progresso, il quale progresso porta irrimediabilmente a sostituire il vecchio Padreterno con le nuovissime formule chimiche. E così, alla fine, il vecchio Padreterno si secca, sposta di un decimo di millimetro l’ultima falange del mignolo della mano sinistra e tutto il mondo va all’aria”
Buon compleanno Giovannino!
Ciao.
Luigi
😉
Grazie, bellissimo.
Ho visto il film. Colpisce la lucidita’ con cui l’autore analizza i mali della societa’ e anticipa quelli che oggi sono diventati eclatanti. E’ anche piacevole da guardare perche’ sembra di ascoltare una persona che vede oltre, un precursore dei tempi. A volte le risposte ai problemi che viviamo oggi sono anticipate da qualcuno che e’ vissuto prima di noi. Bisogna avere l’umilta’ di non considerarci i padroni del mondo ma solo una parte dell’umanita’ che sta passando in questo momento. San Paolo nella lettera della messa di ieri dice “voi che siete stranieri in questo mondo”. Con questa espressione comprendiamo anche che non abbiamo il diritto di sporcarlo e abbruttirlo. Guareschi e’ uno di noi che ci ricorda tutto questo con chiarezza e semplicita’. Grazie, ne avevamo bisogno.
Pasolini e Bertolucci: due voltairiani.
Grazie! Anche io ignoravo il film…
mi sfugge a cosa si riferisca l’accenno al razzismo…
Razzista, fascista, … tutto fa brodo.
Don Camillo e Peppone. Giovannino Guareschi e il suo piccolo mondo di provincia. Un “bieco reazionario” – come amava definirsi – che ha saputo raccontare come pochi l’Italia degli anni 50.
Grandi uomini….il loro mondo aveva un senso…..
Bellissimo! Ritratto di un momento storico che io ricordo pur bambina. L’ accenno alla strage di Katin colpisce: allora qualcuno sapeva anche nel 60? Il film di pochi anni fa e’ sparito alla svelta dai circuiti officiali.. e con dolore riconosco che la mancanza di speranza e L’ angoscia attuale sono ancora peggiori dello sguardo profetico di Guareschi. …da dove ci verra’ l’aiuto?
@prinsep58
Probabilmente si riferisce alla parte 3, soprattutto ai minuti 1:50 e 9:10.
Però è chiaro che al minuto 1:50 Guareschi sta facendo dell’ironia…
Anche in questa parte la riflessione è interessante. Lo scrittore si schiera molto chiaramente contro la decolonizzazione. Col senno di poi, se il ritiro dall’Africa fosse stato più graduale, oggi forse starebbero molto meglio sia gli europei che gli africani.
E tuttavia, i governi del tempo cosa potevano fare? Mettersi a fare delle guerre repressive, magari con le stesse leve che avevano combattuto l’occupazione nazista?
“E tuttavia, i governi del tempo cosa potevano fare? Mettersi a fare delle guerre repressive, magari con le stesse leve che avevano combattuto l’occupazione nazista?”
Per la serie, rimanendo in zona Guareschi, del “tirare al precipizio con certe pose”… 🙂
Cominciamo col dire che non solo col senno di poi la decolonizzazione è stato un gravissimo errore.
Lo era, in maniera evidente, anche negli anni Cinquanta e Sessanta.
Tanto che una forte corrente culturale si opponeva, anche con la forza, a questo andazzo demente.
Aggiungiamo poi che, dal punto di vista strettamente militare, tutte le volte che gli eserciti europei hanno affrontato guerriglie, movimenti di liberazione, insurrezioni – anche foraggiate da Mosca, Pechino o Cuba – esse hanno vinto sul campo.
Così è stato in Algeria, così è stato in Kenia, così è stato nelle colonie portoghesi (struggente, durissimo, indimenticato canto del cigno della civiltà europea; ormai fuori tempo massimo, ma talmente luminoso che nessuno dei pochissimi europei rimasti dimenticherà mai, passassero mille anni), così fu perfino in Somalia nel ’93.
Non parliamo del Sud Africa boero, che diede lezioni al mondo sulla contro-guerriglia (e non solo su questa).
Che poi la politica meschina facesse strame dei sacrifici dei soldati, è altra storia; purtroppo nemmeno nuova.
Perfino dove non erano impegnate armate regolari – come nel Katanga – i risultati sul campo furono evidenti e notevoli.
Dove questi invece non arrivarono (Indocina) fu perché l’Europa tutta, comprese le sedicenti potenze vincitrici del II conflitto mondiale, era ormai alla mercè dei voleri di USA e URSS.
A ciò va aggiunto il fatto che, infine, risultò vincente un’altra corrente di pensiero rispetto a quella che ricordavo; ovvero, l’idea che fosse molto più remunerativo tenere in pugno Africa, Asia e sud America con i metodi occidentali del caos, della confusione e del “dietro le quinte” piuttosto che non con quelli “romani” della civiltà: delle strade, degli ospedali, delle università o, anche solo indirettamente, di un Enrico Mattei.
Basta leggersi le memorie del colonnello Schramm, vero africano bianco, per comprendere che c’erano uomini che a tale idea della missione di civiltà e del futuro dell’Africa credevano davvero. E la realizzavano, quando potevano.
Ma si sa, erano gli anni della negritudine, di Lumumba, Kenyatta e Mugabe – come se Ciombè non fosse africano e nero! – e poi del ’68 e della contestazione.
Le posizioni virili e assertive non avevano già più mercato.
L’idea dell’uomo “cives et miles”, che alternasse in puro stile legionario e imperiale il fucile al piccone, era ormai stata messa all’indice.
Un’ultima cosa, a livello militare, va notata: non è poi così vero che le leve che combatterono in difesa delle colonie erano le stesse che avevano vinto la Seconda Guerra Mondiale.
Tolti gli inglesi, non pochi o erano stati piuttosto tiepidi o, addirittura, si erano schierati dall’altra parte.
Rimangano, alla fine e come epitaffio, le parole dello scrittore emiliano in apertura di una delle raccolte del “Mondo piccolo” (non ricordo quale, abbiate pietà!). Si parla degli italiani, ma il discorso vale per tutti gli europei del tempo:
“L’attuale generazione d’italiani è quella dei dritti, degli obiettori di coscienza, degli antinazionalisti, dei negristi ed è cresciuta alla scuola della corruzione politica, del cinema neorealista e della letteratura social-sessuale di sinistra.
Pertanto, più che una generazione, è una degenerazione”
Oggi? Beh, oggi abbiamo la “generazione Erasmus”.
‘Sti ca##i!
Ciao.
Luigi
P.S.: a scanso di malintesi a sfondo politico-ideologico, personalmente sono profondamente avverso al colonialismo contemporaneo, quello cioè otto-novecentesco. Però, altrettanto profondamente, sono avverso anche alla diserzione dalle proprie responsabilità.
@luigi
beh, in algeria non è proprio andata così. i francesi han perso. non dal punto di vista tanto militare quanto da quello politico.
la francia non voleva più spendere e già durante la guerra i politici trattavano l’indipendenza. stessa cosa in indocina. costava troppo.
in merito leggersi Jacques hogard, per esempio ( il generale. non il colonnello che è posteriore d’età e di guerre) al quale petraeus ha detto di essersi ispirato per la contro insurrezione in iraq.
https://fr.wikipedia.org/wiki/Jacques_Hogard_(g%C3%A9n%C3%A9ral)
“beh, in algeria non è proprio andata così. i francesi han perso. non dal punto di vista tanto militare quanto da quello politico.”
E io che ho scritto? 🙂
Che in Algeria, militarmente parlando, la Francia aveva vinto, piacciano o meno i metodi di un Massu.
A differenza dell’Indocina, dove la sconfitta fu anche militare (grazie però al boicottaggio USA, sedicenti alleati).
In Algeria non vi fu nessuna Dien Bien Phu.
Poi de Gaulle decise altrimenti.
Da qui OAS, colpi di mano di generali e il Primo Straniero Paracadutisti che va in galera cantando “Non, je ne regrette rien”… per non dire dei soldati francesi di origine algerina abbandonati alla vendetta dei vincitori, come già era accaduto in Indocina.
Ciao.
Luigi
@luigi
nel senso che una controinsurrezione è faccenda preminentemente politica. non militare. puoi vincere le battaglie e perdere la guerra. pertanto, al di fuori di una guerra “vera” la contro insurrezione è improprio parlare di vittoria militare in quanto la vittoria coinvolge ogni aspetto del governo di un territorio o dello stato obiettivo della guerriglia, del colpo di stato o della insurrezione/rivoluzione.
nelle teorie militari relative a questo campo la faccenda è ben chiara.
la contro insurrezione è la conquista della popolazione in cui il guerrigliero non nuota più come nell’acqua ( vedere mao) ma viene addirittura combattuto dalla popolazione medesima.
in algeria questo accadde solo a macchia di leopardo e neppure in modo continuativo. ( per cui con zone “bianche” ,zone “intermedie” ,e zone “rosse”).
è vero che si stavano applicando per la prima volta e su larga scala le teorie- e sempre con carenza di mezzi militari e civili e di scarsi investimenti nelle strutture civili per la popolazione come in indocina – appunto degli hogard, dei nemo, dei galula ecc.( tutta gente che aveva frequentato l’indocina ed assistito alla vittoria di mao dal quale trassero molte indicazioni.)
ma il teatro era molto diverso e pure la scena politica.
insomma,parlare di vittoria militare,oltre che improprio, è fuorviante in quanto non esiste una vittoria militare ed una sconfitta politica.
“nel senso che una controinsurrezione è faccenda preminentemente politica. non militare. puoi vincere le battaglie e perdere la guerra”
Ma questo si può dire di ogni guerra, in compagnia di von Clausewitz, Clemenceau e Stresemann.
“la contro insurrezione è la conquista della popolazione in cui il guerrigliero non nuota più come nell’acqua ( vedere mao) ma viene addirittura combattuto dalla popolazione medesima”
Non necessariamente una guerriglia si può stroncare solo così. Gli Italiani in Libia, come gli Inglesi contro i Boeri, non conquistarono menti e cuori; ma vinsero comunque.
Senza dimenticare, come già ricordavo, che tanto in Indocina come in Algeria non pochi “auctoctoni” già combattevano con I Francesi.
“insomma,parlare di vittoria militare,oltre che improprio, è fuorviante in quanto non esiste una vittoria militare ed una sconfitta politica”
Certo. Ma anche questo vale per ogni guerra.
Inoltre tu stesso hai scritto:
“beh, in algeria non è proprio andata così. i francesi han perso. non dal punto di vista tanto militare quanto da quello politico.”
Giustamente, secondo me, perché la battaglia di Algeri, piaccia o meno a Pontecorvo e sodali, fu una dura batosta per il FLN.
Dien Bien Phu, al di là di tutto, fu invece una chiara e cocente sconfitta anche militare.
Poi, en passant, mi piacerebbe farti una domanda: quanti movimenti di guerriglia sono state stroncati applicando la fola di Mao sull’impedire ai pesci di nuotare? Perché a me non ne viene in mente alcuno.
O, meglio, vengono in mente solo quelle dove il “togliere l’acqua” venne inteso alla lettera, deportando cioè le popolazioni civili e facendo terra bruciata attorno ai guerriglieri.
Come appunto fecero Inglesi e Italiani, nei due casi che ricordavo.
Ciao.
Luigi
@luigi
guarda,mi sa che non ci capiamo. anche i francesi deportarono popolazioni. nell’ambito dei raggruppare in territori più difendibili la popolazione da difendere ( per esempio in cambogia. d’accordo col governo locale.)
in libia e sudafrica fu una guerra letteralmente di conquista e sterminio: o vi adattate o scomparite.
non era questo il caso dell’indocina francese ( e poi del vietnam americano che, in teoria ,doveva solo appoggiare il legittimo governo sud- vietnamita.)
che vi fossero autoctoni che combattevano con i francesi ( ma anche con gl’italiani ed altri ) fa parte della teoria della contro insurrezione.
stiamo parlando di “guerre” diverse ed obiettivi politici differenti delle allora potenze e forze insurrezionali coinvolte diversi rispetto al caso boero o libico( per l’italia) o algerino.
ovvero dai militari medesimi che l’hanno fatta viene definita in modo diverso da “guerra” e basta. e da fare con altri metodi e per raggiungere altri fini. ( che,ovviamente, include anche la sconfitta militare dell’avversario)
( per es.: Galula david “contre-insurrection:theorie et pratique.
o in bernard b.fall,” roger trinquier modern warfare. a french view of counterinsurgency” csi 1985.
durand etienne “francs tireurs et centurions. les ambiguités de l’heritage contre-insurrectionnel francais. ifri, focus strategique n. 29 2011,
f.géré ” la guerre psychologique, economica parigi 1997
général yves gras histoire de la guerre d’indochine. denoel parigi 1992.
trinquier roger, “la guerre moderne. economica parigi 2008. ecc..)
se perfino gli stessi che l’hanno fatta e teorizzata non la definiscono guerra- nel senso classico- e non parlano di vittoria riferendosi all’algeria, così, a naso penso che la loro opinione sia maggiormente corretta.
la citazione su mao si riferisce al fatto che i suoi combattenti si muovevano come pesci nell’acqua. perché la popolazione li appoggiava, informava e difendeva.
poi se ne può sempre parlare se militarmente vi sia stata vittoria o meno in algeria. ma mi sa che stiamo andando parecchio fuori tema rispetto al post.
bye
Sì, Vale, hai proprio ragione sul fatto che siamo abbondantemente fuori tema.
(O forse no, ricordando una vignetta di Guareschi apparsa sul “Candido”, in cui stigmatizzava le violenze contro gli italiani rimasti nel Corno d’Africa dopo il 1945).
Beh, peccato perché era uno scambio davvero interessante – almeno per me.
Ciao.
Luigi
se vuoi manda indirizzo email tramite admin. ti mando estratto di la guerra moderna ( lo ho anche in formato ebook ) di trinquier. cmq trovi in inglese pressoché tutto. in francese la “economica” ha in lista parecchia roba di strategia ecc.( la scoprii a suo tempo prendendo alla libreria francese di milano- che però ha chiuso- un trattato di strategia della scuola di guerra….
E bene fa a schierarsi molto chiaramente contro la decolonizzazione. Teoricamente i governi del tempo avrebbero avuto tutti gli strumenti per trattenersi ulteriormente nelle colonie ed evitare la precipitosa ritirata che ha finito per destabilizzare gran parte dell’Africa in modo forse irrimediabile. Praticamente ciò non fu possibile non tanto a causa delle pressioni dell’opinione pubblica (che non era ancora stata lobotomizzata da decenni di battage ideologico pseudoumanitarista), quanto per le direttive imposte dai veri vincitori del conflitto mondiale (gli USA).
L’ha ribloggato su Betania's Bar.
la parte del documentario di Guareschi sull’Africa sembra uno di quei film/documentario di serie B degli anni ’60/70 , i cosiddetti “MondoMovie” (Africa ama, Africa addio, Africa nuda, Africa violenta, etc etc). Uno stile semi-razzista, dove i “negri” vengono derisi e mostrati come incapaci di essere degni della democrazia, perchè evidentemente esseri antropologicamente inferiori.
La parte politica poi “gronda” di contraddizioni perbeniste. Le proteste sociali sembrano essere state un lusso di chi non voleva lavorare . Eppure ancora nel ’60 si lavorava 48 ore a settimana, senza l’ombra di una garanzia sul licenziamento (lo statuto dei lavoratori è degli anni ’70). I genitori di quasi tutti quelli che scrivono qui hanno goduto di quei diritti conquistati con le battaglie di quegli anni (a volte anche eccessivi, ma questo è un altro discorso) eppure adesso esaltano Guareschi che le che considerava come una feccia.
Per non parlare poi della lamentela sulla societa della “vendetta” e della violenza, come se non guareschi non sapesse che era figlia di una generazione nata durante una guerra terribilie, dove una parte dell’umanità si era decisa a sterminare l’altra parte.
Documentario davvero intriso di giudizi politici superficiali.
Buona solo la parte sulla società, con l’identificazioen del sesso come motore del futuro , ma anche li tanto pregiudizio sull’omosessualità .
Solo 6 anni prima Alan Turing , il matematico inglese che durante le guerra costrui il prototipo di calcolatore elettronico che consenti di decriptare la famosa macchina tedesca “enigma”, riuscendo a carpire i segreti tedeschi e quindi contibuedo in modo determinante a far vincere la guerra agli alleati , moriva suicida a 41 anni, perchè la stessa nazione che aveva salvato ora gli chiedeva di passare 2 anni in galera o, in alternatia, di praticare la castrazione chimica contro l’omoessualità.
E’ stato uno dei più grandi geni della storia, ha inventato la cosa con la quale noi oggi conviviamo quotidinamente (il computer) , ma era omosessuale e questo cosa , ancora nel 1954, era imperdonabile. Ed evidentemente era imperdonabile anche per Guareschi e, per molti, lo è ancora oggi .
Buon Compleanno Guareschi, era meglio se si limitava a scrivere , senza dirigere , le sue opere. Non credo che Don Camillo e Peppone sarebbero diventate così famosi se li avesse diretti lei in prima persona…
“Uno stile semi-razzista, dove i “negri” vengono derisi e mostrati come incapaci di essere degni della democrazia, perchè evidentemente esseri antropologicamente inferiori”
Peccato che quanto accaduto nei sessant’anni seguenti abbia dimostrato, nei fatti, l’incapacità degli africani di amministrarsi da soli. Tolti gli Afrikaneer, è ovvio (ma quelli erano di carnagione chiara, per cui si possono genocidare senza problemi)
Non per inferiorità antropologica – Guareschi era cattolico – ma perché venti secoli di tribalismo (o peggio) non possono essere cancellati nel giro di una decina di anni.
“Per non parlare poi della lamentela sulla societa della “vendetta” e della violenza, come se non guareschi non sapesse che era figlia di una generazione nata durante una guerra terribilie, dove una parte dell’umanità si era decisa a sterminare l’altra parte”
Basta intendersi su quale fosse, questa parte…
“E’ stato uno dei più grandi geni della storia, ha inventato la cosa con la quale noi oggi conviviamo quotidinamente (il computer)”
Questa è una contraddizione in termini.
Ciao.
Luigi
E tu caro Luigi cosa penseresti se in un documentario sulla situazione italiana degli anni ’60 facessero vedere esclusivamente la sfilata dei Battenti e Flagellanti, che incappucciati si battono e si feriscono , oppure la corsa con la macchina di Santa Rosa, magari con una musichetta canzonatoria ?
DIresti che è giusto descrivere l’italia degli anni ’60 in quel modo ? Io penso che ti arrabieresti. Ma purtroppo non c’è modo di farvi aprire gli occhi su queste cose.
La ricetta di Guareschi quale sarebbe stata quindi? Mantenere le colonie vita natural durante in modo che mai gli africani avessero possibilità di camminare con le proprie gambe ?
Ti segnalo che il Botswana ha il PIL procapite più alto del Brasile e della Serbia, tanto per dirne 2. Certo sono società deboli, ci vorranno ancora decine di anni perchè progrediscano, ma quella della loro incapacità a progredire è solo una scusa ipocrita per continuare a mettere il cappello sulle loro ricchezze.
E si.: Turing ha inventato il computer ed è stato un GENIO.
Come molte altre celebri e meno celebri persone “con tendenza omosessuale” ha partecipato alla evoluzione tecnica , scientifica ed artistica dell’umanità.
Non è certo colpa sua se poi i computer vengono usati per togliere lavoro agli umani. Altrimenti dovremmo dire che neppure Volta o Newton erano geni, perchè le loro scoperte sono state utilizzate anche per costruire armi.
Noi due invece , pure non avendo tentenze omosessuali, seppur non fossimo nati non se ne sarebbe accorto nessuno. Che ti sia chiaro.
“Noi due invece , pure non avendo tentenze omosessuali, seppur non fossimo nati non se ne sarebbe accorto nessuno. Che ti sia chiaro.”
E invece nulla più di questo mi è oscuro.
Perché io, piuttosto, rinuncio alle colonie e al fardello dell’uomo bianco; mai però rinuncerei alla fermissima convinzione che, se noi due non fossimo nati, qualcuno se ne sarebbe accorto.
Quanto al Botswana, fa meno abitanti di Milano.
Se tu vuoi prenderlo ad esempio dello straordinario processo di sviluppo e incivilimento percorso dall’Africa dopo la decolonizzazione, fai pure.
Ciao.
Luigi
“…era omosessuale e questo cosa , ancora nel 1954, era imperdonabile. Ed evidentemente era imperdonabile anche per Guareschi e, per molti, lo è ancora oggi .
Due errori. Il primo: nessuno è omosessuale, nel senso che l’omosessualità è solo un comportamento (sbagliato!). Al massimo si potrebbe dire che praticava l’omosessualità. Ma anche questa seconda affermazione è sbagliata, e qui arriviamo al secondo errore: la parola omosessualità parla di sessualità tra persone dello stesso sesso: sbagliato! La sessualità fa riferimento alla differenza che c’è tra maschi e femmine, quindi, per poter parlare di sessualità, occorre riferirsi ad una coppia maschio-femmina. Tra due maschi o due femmine ci può essere solo erotismo.
Infine, l’omoerotismo (quello che tu chiami, sbagliando, omosessualità) è sempre stato perdonabile, almeno nella Chiesa cattolica. Basta chiederlo, il perdono.
Ma hai capito cosa ho scritto ?
A questa persona (un eroe , se non lo avessi capito, dal quale è dipeso probabilmente un bel pezzo di esito della II^ guerra mondiale) era stata data l’alternativa tra 2 anni di carcere o la castrazione chimica, dopo essere ovviamente stato allontanato dall’insegnamento.
E tu mi fai la supercazzola sui termini “omosessuale” o altro ?
[…]
@MenteLibera65
ho cassato la seconda parte della tua risposta perché nella tua risposta a fra’ Centanni passavi, senza nessun motivo, a inveire in seconda persona plurale, cosa che trovo scorretta.
Grazie, ha perfettamente ragione…me ne sono reso conto dopo il clic 🙂 . Mi scuso.
Sottoscrivo quasi tutto quello che ha scritto mentelibera. Alcune cose sopra dette sono poi inaccettabili:
– Guareschi era cattolico, ergo non poteva essere razzista: magari fosse così! perché, a prescindere dalla persona, di Guareschi, sai quanti sedicenti ,”cattolici ” razzisti si possono trovare…….mi si dirà che non sono veri cattolici, ma” loro” forse non saranno d’accordo,
– la 2a guerra mondiale fu una guerra totale e ideologica, quindi TUTTI, chi prima, chi poi, si decisero a sterminare la controparte,
– la “contraddizione in termini,” su Turing, omosessuale, che inventa il computer e dà un contributo decisivo alla sconfitta della Germania nazista, mi è assolutamente incomprensibile (sarà forse per il fatto che io non sono aristotelico…),
– l’ottimo frà che si ostina ad imporre una sua definizione di omosessuale ,(per la quale gli omosessuali non esisterebbero) definizione contrapposta a quella comunemente usata da medici e non, richiama alla mia mente l’immagine di un ipotetico governo sammarinese o del Liechtenstein, il quale, dopo aver dato a piccole unità armate di 2 o 3 soldati, l’enfatico nome di “battaglioni” , non accettasse il fatto che gli altri non considerino affatto quei piccoli nuclei armati dei “battaglioni”.
.
Comunque a parte tutto, Guareschi era un polemista “acuminato” e un un umorista notevole (inferiore, come umorista, a Trilussa, Petrolini, Campanile e Flaiano, ma pur sempre ragguardevole e più, diciamo così, “ruspante” e immediato dei predetti).
Inoltre dice bene quando profetizza che l’abbondanza dei beni terreni non porterà la felicità all’uomo, come del resto (questo però non lo dice) non l’hanno mai portata DI CERTO la penuria di beni e una vita di stenti.
La felicità, come i cristiani sanno bene, è di LA’ da venire.
Ma tanta gioia (anche di qua)! 😉
@exdemocristiano: sottoscrivo anche gli spazi bianchi del tuo intervento 🙂
Grazie, caro (e ben più entusiasta di me) amico.
“Comunque a parte tutto, Guareschi era un polemista “acuminato” e un un umorista notevole (inferiore, come umorista, a Trilussa, Petrolini, Campanile e Flaiano, ma pur sempre ragguardevole e più, diciamo così, “ruspante” e immediato dei predetti)”
Giovannino Guareschi è stato il più grande scrittore italiano del Novecento.
Non per la verve, o l’inventiva, o la capacità di rendere universale quella fetta di terra fra il Po e l’Appennino.
La sua grandezza profonda sta nell’aver colto, come nessun altro, il passaggio di consegne definitivo tra due mondi.
Il corpus del “Mondo piccolo”, infatti, non è altro che uno sterminato poema in prosa.
Un poema elegiaco, dove viene cantata con tenerezza e amore inarrivabili la fine di quella civiltà “contadina” che poi era, tout court, la civiltà europea.
La stessa civiltà che, un secolo e mezzo prima, uno dei comandanti dell’Armata Sacra e Reale di Vandea si dice avesse icasticamente descritto con le celebri parole:
“La nostra Patria sono i nostri villaggi, i nostri altari, le nostre tombe, tutto ciò che i nostri padri hanno amato prima di noi.
La nostra Patria è la nostra fede, la nostra terra, il nostro re.
Ma la loro patria, che cos’è? Lo capite voi?
Vogliono distruggere i costumi, l’ordine, la tradizione.
Allora, che cos’è questa patria che sfida il passato, senza fedeltà, senz’amore? Questa patria di disordine e irreligione?
Per loro sembra che la patria non sia che un’idea; per noi è una terra.
Loro ce l’hanno nel cervello; noi la sentiamo sotto i nostri piedi, è più solida.
È vecchio come il diavolo il loro mondo che dicono nuovo e che vogliono fondare sull’assenza di Dio…
Non a caso – il caso non esiste – tutto ciò è l’opposto di quanto oggi viene considerato “degno” e “bello”.
Ciao.
Luigi
Guareschi è stato uno scrittore italiano del 900, importante, significativo, rappresentativo di un’epoca, ma permettimi di preferirgli artisticamente altri scrittori come Pirandello, Svevo, Tomasi di L., (per restare nel 900 italiano).
Io distinguo il giudizio artitistico di un’opera da quello politico sulla medesima.
“Io distinguo il giudizio artitistico di un’opera da quello politico sulla medesima”
Anch’io.
E infatti, con le mie osservazioni, la politica “politicante” ha attinenza pari a zero. Del resto fra i miei libri preferiti c’è la “trilogia di Marsiglia”, di Izzo; come forse si è intuito, uno scrittore non propriamente a me vicino come idee…
(È comunque ovvio che permetto altre opinioni, non fosse altro che mi è impossibile impedirle 😉
Diciamo che si vedrà fra un paio di secoli – a Dio piacendo – chi leggerà ancora Svevo o Pirandello, e chi Guareschi. Già oggi, in realtà, sappiamo bene entrambi come, senza la coscrizione scolastica obbligatoria, ben pochi prenderebbero in mano un’opera di Svevo o Pirandello… Tomasi di Lampedusa è invece certo un grande, ma Guareschi sta proprio su un altro pianeta)
Ciao.
Luigi
Su Svevo non insisto, ma è un “classico” della letteratura mitteleuropea, oltre che un importante scrittore italiano. E i classici, spesso, nel lungo periodo (100 e più anni), prevalgono sugli scrittori che hanno avuto un successo immediato o comunque in un periodo più breve. Chi vivrà, vedrà.
Su Pirandello non sono assolutamente d’accordo: non credo per niente che Guareschi sia più conosciuto nel mondo del premio Nobel agrigentino.
La scuola lascia il tempo che trova, spesso le opere letterarie si apprezzano DOPO quando non ci sono più obblighi (il caso de “I promessi sposi” è emblematico).
Mettere Svevo nello stesso mazzo di un Roth, di uno Zweig, di un Lernet-Holenia è un obbrobrio.
Quanto a Pirandello, hai già detto tutto: gli hanno dato l’Ignobel.
Ciao.
Luigi
veramente c’è un’ampia saggistica letteraria che rileva l’intima connessione fra Svevo e la letteratura mittleuropea e la comunanza di molti temi. E, io modestissimamente, tali assonanze ce le vedo…………..
Ad ogni modo Svevo e Pirandello hanno il futuro davanti a loro perchè sono classici e perchè hanno indagato in profondoità nell’animo umano.
Guareschi invece ha indagato ed espresso profondamente l’anticomunismo e avrà ancora lettori finchè l’anticomunismo sarà vivo; ma non credo che esso potrà vivere ancora a lungo senza il comunismo (o quasi)
Certamente le destre, soprattuto religiose, si fanno in 4 per far sopravvivvere l’anticomunismo e per far credere che di comunismo ce ne sia ancora parecchio.
Ma alla lunga, pochi avranno voglia e tempo di seguirli e impegnarsi, senza una guerra fredda fra sistemi diversi, senza un’URSS, senza partiti comunisti forti, senza una cultura marxista diffusa, senza la volontà di molti di distruggere il capitalismo (il capitalismo in sè, non viene posto più in discussione, si parla solo di moderarlo e/o di correggerlo).
“Le mie prigioni” del Pellico ebbe vasta fama e diffusione in Europa e non solo, perchè la causa dell’indipendenza italiana era molto popolare. Quando l’indipendenza fu un dato acquisito e le simpatie per quella causa vennero meno, venne meno anche la popolarità del libro del Pellico.
La gente adatta, ideologicamente, ad apprezzare le opere di Guareschi è sempre meno.
E non potrebbe essere altrimenti, perchè era un autore troppo legato ad un epoca ormai tramontata. Basti pensare che molti dei conflitti e delle tematiche che compaiono nel don Camillo ci appaiono (non a te Luigi, beninteso!) fuori del tempo e oltremodo datati, praticamente una curiosità.
E’ la vis comica che li tiene ancora in piedi.
“Ad ogni modo Svevo e Pirandello hanno il futuro davanti a loro perchè sono classici e perchè hanno indagato in profondoità nell’animo umano”
Svevo e Pirandello non sono classici, proprio perché non hanno indagato in profondità nell’animo umano.
Hanno, semplicemente, rimestato nella spazzatura più disgustosa.
A fronte di un Guareschi, di un Corti, di un Tolkien – cantori di ciò che da sempre nobilita la vita – essi spariscono, semplicemente. Quando finirà questa mattana assurda della modernità, nessuno crederà che si sia trovato tempo per simili [censura].
Ecco, diciamo che la gente – in media – non è più preparata intellettualmente e culturalmente a comprendere Guareschi.
Del resto sancisce i trionfi di un Follet o di un Martin, figurarsi… eppure Guareschi è continuamente ripubblicato.
O l’Occidente è zeppo di destre religiose anticomuniste – fammele conoscere! – oppure ci deve essere dell’altro.
Ciao.
Luigi
Davanti a te spariscono Svevo e Pirandello, davanti a me spariscono Tolkien e Guareshi.. Però quante sparizioni!
Comunque mi consolo un po’ pensando che dalla mia parte ci sono fior di intellettuali e, pure, l’Accademia reale di Svezia: Ognuno nella vita ha le sue consozioni.
Svevo e Pirandello hanno scavato a fondo nell’animo umano perchè nell’animo umano ci sono effettivametne tutte quelle inquietudini che tu definisci “spazzatura”.
I nobili sentimenti indagati da Tolkien appartengono al “dover essere” non all’ “essere”. Svevo e Pirandello si sono occupati dell’essere (che è il VERO mistero).
Guareschi, invece, ha idealizzato un passato di privazioni, di rigida disciplina e di violenza credendo che fosse il paradiso in terra, mentre l’Eden non c’è ora, ma non c’era assolutamente prima.
Non credo che tu debba faticar parecchio per entrare in contatto con le destre religiose e non..
PS: e mi dispiace aver detto quanto sopra, perchè (tutto sommato) penso che Guareschi e Tolkien siano scrittori abbastanza importanti, ma non posso sopportare che loro vengano esaltati, quando, d’altro canto, autori che io (e tantissima gente) consideriamo assai più importanti vengano disprezzati.
errore: “consozioni” = consolazioni
Non entro nel merito della querelle di argomento letterario, dico solo che a me personalmente Pirandello piace molto, Svevo un po’ meno, tuttavia il valore estetico delle loro opere è indubbio. Mi sento, però, in dovere di dire qualcosa in difesa di Tolkien. Non è vero che le sue opere mostrino solo dei mondi idealizzati che non hanno alcuna relazione con le inquietudini presenti nell’animo umano. Se prendiamo, per esempio, la sua opera più importante, “Il Signore degli anelli”, vediamo immediatamente come sia centrale in tutti i personaggi la lotta contro le proprie inettitudini e debolezze, che sono: la paura di lasciarsi vincere dalla corruzione del male e di non riuscire quindi nell’impresa da cui dipende la salvezza propria e altrui (Frodo), il bisogno di superare la propria goffaggine e timidezza per aiutare chi si ama e il senso di impotenza che si prova nel vedere un amico lottare contro un male che può sconfiggere solo lui (Sam), la necessità di prendere consapevolezza dei propri doveri e smetterla di fuggire (Re Theoden), la volontà di far pace con un passato che ci schiaccia e in virtù del quale tutti hanno coltivato delle aspettative nei nostri confronti (Aragorn), la necessità di superare i propri pregiudizi e collaborare con chi eravamo soliti odiare (Legolas e Gimli), la paura di cedere alle tentazioni del potere (Boromir), il senso di inadeguatezza verso il fratello maggiore e verso le aspettative del padre nei nostri confronti (Faramir), Il dolore per un amore non corrisposto e il senso di impotenza vissuto perché gli altri non ci permettono di usare al meglio i nostri talenti per via dei loro pregiudizi impedendoci in tal modo di fare la nostra parte nella lotta contro il male (Eowyn), lo sgomento e il dubbio che si provano quando si è costretti a disobbedire al proprio superiore per il bene di tutti (Gandalf), l’importanza di capire che esiste un tempo per le frivolezze e le imprudenze ed esiste un tempo in cui bisogna crescere e maturare in modo da non diventare un pericolo per i propri amici (Merry e Pipino).
Queste sono le molteplici situazioni che frequentemente ci troviamo a dover affrontare anche noi nella nostra quotidianità. Certo, Tolkien indaga tali conflitti dell’animo umano a modo suo, usando un genere ben preciso da lui codificato, che ha sue leggi da rispettare pena il tradimento degli intenti estetici dello scrittore, ma questo non sminuisce minimamente il valore letterario della sua opera.
Tra tutti i messaggi veicolati dall’opera tolkieniana il più bello di tutti è quello secondo cui anche la persona all’apparenza più piccola e insignificante come un hobbit può cambiare la storia ed essere decisiva per il trionfo del bene. Gli hobbit sono in tutto e per tutto degli anti-eroi, non c’è traccia in loro del “dover essere”, non sono incarnazioni di eroi epici, non rappresentano neanche lontanamente una forma idealizzata di uomini, sono esseri completamente imbranati che ne combinano di tutti i colori nel corso del romanzo, ma alla fine sono loro a fare la differenza, come spesso accade nella storia umana che Dio scelga le persone più improbabili per portare a compimento determinati piani.
La definizione non è mia, è dell’ottima (lei si, ottima!) dottoressa De Mari: OMOEROTICO ASESSUALE. Non “omosessuale”, perché la sessualità non c’entra niente con quello che fanno i c. d. “omosessuali”. Per poter parlare di sessualità occorre che ci sia differenza, separazione, scissione (sexus, dalla radice di sec-are: tagliare, separare, distinguere). Proprio quello che c’è tra maschio e femmina. Tra persone dello stesso sesso ci può essere omoerotismo, non sessualità.
Altra riflessione fondamentale è che il sesso fa parte dell’identità delle persone le quali, infatti, sono maschi o femmine. Non esistono, quindi, gli “omosessuali”. Esistono persone che praticano “l’omosessualità” o, per dirlo con la dottoressa De Mari, l’omoerotismo.
Caro ex dc, la battaglia contro il pensiero unico genderista si combatte anche rifiutando termini come “omosessualità”, che introducono scorrettamente idee false come quelle di cui sopra.
Ex diccì,
se ho capito bene allora siamo d’accordo sul secondo punto?
Ecco perché è tornata la neve!
La contraddizione è, per me, fra l’essere un genio e inventare il computer.
Un genio non inventa il computer, ohibò 🙂
Ciao.
Luigi
Io qui ho qualche dissidio di opinione un po’ con tutti, sulla discussione, ma non sono cose che voglio discutere adesso.
Invece non ho capito cosa c’entra Turing con Guareschi. Turing aveva grandi meriti scientifici e diede un contributo alla guerra, e va bene. Fu condannato dal governo inglese per sodomia e in qualche modo la cosa lo spinse al suicidio. Va bene. Ora, cosa c’entra Guareschi con quello che fece il governo inglese?
A Bariom: speriamo, speriamo, amico mio, speriamo! ma spesso spesso ho brutti presentimenti…………………..
A Luigi: all’osservazione del computer non avevo pensato…………….originale pero!
A Fabrizio: quando si discute a ruota libera, un pò OT si va sempre………..e meno male che l’admin lascia (intelligentemente) correre………..
A frà: con tutto il rispetto per la De Mari, ella non rappresenta congiuntamente gli ordini degli psichiatri e degli psicoterapeuti nè l’Accademia della Crusca. Se si fosse trattato della metodica delle colonscopie, il suo parere avrebbe “pesato” di più.
Ne consegue che io uso le parole attribuendo di solito il significato loro “ordinariamente” e comunemente attribuito, e, sinceramente, il tempo e la disposizione d’animo per mettermi a fare battaglie glottologiche, non ce li ho (anche perchè non sono un linguista nè, peraltro, un medico).
Poi, caro amico frà, se la lingua non si evolvesse anche variando, ampliando e restringendo, via via, i significati dei vocaboli, oggi parleremmo ancora latino; forse te, e non solo, lo preferiresti, ma lasciamo perdere (non mi sembra sia questa la sede per aprire una discussione su “cotanto” argomento).
Colgo l’occasione per sottolineare che Nicolosi, da poco passato a miglior vita, non aveva problemi a parlare di omosessualità nel senso comune del termine (specificava anche, in uno dei suoi libri che alcuni parlano di “omosessuali non gay” per indicare il fatto di essere omosessuali non praticanti). E tra lui e la De Mari, penso che la seconda non faccia testo. Il perché lo ha ben spiegato Ex Democristiano Pentito.
Infine, aggiungo, citando la De Mari (vedasi video intervista
ops! Non ho controllato prima di premere invio: da “Infine, aggiungo…” è da non prendere in considerazione.
Nicolosi è stato un medico coraggioso che, sul piano scientifico psichiatrico, ha combattuto la buona battaglia. La stessa battaglia che combatte anche la De Mari contro il pensiero unico genderista, caro Luigi igiul. E’ semplicemente ridicolo che tenti di mettere la dottoressa De Mari contro il dottor Nicolosi. Tutt’e due, ognuno nel proprio ambito, affermano che la c.d. “omosessualità”, ossia l’omoerotismo, è un comportamento gravemente sbagliato dal punto di vista biologico, causa di gravissime malattie fisiche tra i maschi, e comunque causa di fallimento esistenziale per chiunque, maschio o femmina che sia.
C’è solo un modo per non sperimentare il “fallimento esistenziale”… quello di combattere la buona battaglia.
Quella che il convertito, il redento, combatte contro le proprie ingannevoli tentazioni, contro le proprie debolezze, contro i propri atteggiamenti contrari alla Verità, contro il proprio peccato.
Perché non vi è alcun dubbio che “il salario del peccato è la morte…”.
Dio non voglia quella eterna, ma di certo quella che si sperimenta nel profondo dell’essere pur vivendo.
Il più e lasciarsi convincere di peccato e non ingannarsi su cosa sia veramente Vita.
cosa affermano lo so bene, ma ribadisco che Nicolosi usava senza problemi il termine “omosessualità”. Il mio intervento non aveva alcun intento di contrapporre il Nicolosi (i cui libri conservo, sottolineati più e più volte da me) alla De Mari.
Aggiungo però, che Nicolosi – a differenza della De Mari – nella sua esposizione mostra un livello nettamente superiore. La dottoressa, per quel poco che ho seguito e la conosco, parla degli omosessuali quasi esclusivamente come dei pervertiti che dalla mattina alla sera giocano a infilarsi cose su per lo sfintere anale, cosa che reputo del tutto fuorviante nella comprensione delle dinamiche affettive omosessuali ( anche se non metto in dubbio la sua esperienza clinica, che però è uno spaccato molto parziale). Nicolosi invece non mostra questa “ossessione”, semplicemente perché ha maturato molta più esperienza in quanto terapeuta specializzato in materia. La dottoressa in veste di psicoterapeuta, per sua ammissione, ha seguito e segue pochissimi omosessuali…
@Bariom
La buona battaglia è quella contro il proprio peccato, certo. Ma è anche quella di chi combatte per affermare la verità sull’uomo, che è maschio o femmina. Perché non ci sono solo i peccati e le tentazioni personali, ci sono anche le ideologie, le falsità sparse a piene mani, come il pensiero unico genderista insegna.
La verità sull’uomo è che è maschio o femmina e che la sessualità consiste nell’incontro tra due persone diverse. La verità è che tra persone uguali non esiste sessualità e che oggi è diventato molto difficile poterlo affermare senza essere aggrediti. O ignorati. O derisi. Questa è la buona battaglia che ha combattuto Nicolosi, che combatte la grande dottoressa De Mari e che, con tutti i limiti, cerco di combattere anch’io.
Certo, certo… Ma come Qualcuno ha detto 😉 tutti i mali vengono dal cuore dell’Uomo. Riportato questo all’unità con Dio, non ci sarebbero né teorie “gender” né altre pericolose idiozie da combattere. Nel frattempo, combattiamole, ma non dimentichiamo di curare la causa dei mali, oltre a suoi nefasti effetti.
Ho cercato di spiegare che una delle battaglie che dovremmo combattere, noi cattolici, è quella sulle parole. Si dà il caso che certe parole, come “omosessualità”, oltre ad essere contradditorie in se stesse, introducono concetti falsi. Dobbiamo rifiutare l’idea di sessualità tra persone dello stesso sesso perché e semplicemente falsa. Tra persone dello stesso sesso è possibile l’erotismo, esattamente come è possibile l’erotismo verso animali, cadaveri o altro.
La sessualità è una cosa che riguarda il maschio e la femmina. E nessun ordine degli psichiatri potrà convincermi del contrario.
Veramente caro amico, sieti te, la De Mari e tuti gli altri sostenitori dell’opinione che hai espresso, a dover convincere della giustezza di essa, tutti gli ordini di psichiatri, psicologi e sessuologi, nonchè i redattori dei dizionari linguistici (a cominciare da quello della Crusca).
Siete voi (intendendo per “voi” i succitati) a dover “attaccare”: a chi la pensa diversamente basta stare dietro il filo spinato con le mitragliatrici puntate ad alzo zero.
Non confondiamo gli attaccanti coi difensori.
So bene che, oggi, dire che la sessualità consiste nell’incontro tra un maschio ed una femmina equivale a dire chissà quale eresia. Eppure, per chi ha un briciolo di onestà, non è difficile capire che non c’è nessuna equivalenza tra una relazione sessuale (maschio/femmina) e qualunque altro tipo di relazione tra le tante possibili tra persone. Hai ragione, questa battaglia tocca a noi cattolici, che conosciamo la natura dell’uomo (maschio e femmina), di combatterla. Ed è una battaglia non facile perché deve essere combattuta contro il pensiero unico dominante. Combatteremo la nostra buona battaglia dalla parte della verità: maschio o femmina è l’uomo ed in questa differenza consiste la sessualità.
Quello che ho detto sopra, però, vale SOLO per l’occidente, perchè in gran parte del mondo (tutta l’africa, gran parte dell’asia, russia compresa) i gay sono ancora perseguitati ampiamente. Magari fossero ignorati! mentre son ben più che derisi!
Per questo io non credo molto allo strapotere della lobby omosessuale, perchè, se esistesse davvero, i governi occidentali (USA in testa) e la finanza internazionale, avrebbero creato SERIE difficoltà economiche e politiche a quei paesi e non qualche modesto danno, sùbito, più che altro, dai ceti miserabili (vedi i c.d. aiuti umanitari che poi, di riffe o di raffe, arrivano lo stesso).
Quando si vuole costringere un paese a mutare politica, biksogna colpire gli interessi di “chi comanda” non i poveracci.
Turing non è un propriamente OT: è stato tirato in ballo a proposito dei “pregiudizi” (sull’omosessualità e altro) di cui sarebbe “intriso” il documento di Guareschi. Solo che mi pare tirato in ballo a vanvera.
Evidentemente non hai visto bene il documentario, e non hai associatò l’anno in cui è stato fatto il documentario stesso con l’anno in cui Turing si uccideva.
Mentre Guareschi si perdeva in beffeggiamenti nei confronti delle persone con tendenza omosessuale, ancora c’erano paesi occidentali (ritenuiti “culle” della civiltà) che condannavano penalmente queste persone, spingendole ai margini della società, fino a volte al suicidio.
Non è un caso che oggi a condannare penalmente queste persone sono ancora molti paesi musulmani, come un tempo erano purtroppo molti paesi cristiani (la realtà va guardato con l’occhio della storia, che è maestra di vita).
Come cristiani dovremmo quindi ricordarci di quello che , con il loro atteggiamento, i cristiani di un tempo hanno abbiamo permesso che venisse fatto, nella storia , non soltanto alle persone con tendenza omosessuale ma in generale a tutti quelli che per pregiudizio, ignoranza, superstizione e razzismo, erano considerati “diversi”.
Se non ce ne ricordiamo , allora vale anche per noi quella bella frase di una canzone di De Andrè: “Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”. (in pensieri, parole , opere ed …omissioni…)
@exdcp… come “speriamo speriamo…”?
O di questa gioia (anche nelle tribolazioni) abbiamo fatto esperienza o che andiamo ad annunciare??
E se la resurrezione di Cristo (questo è il Tempo privilegiato), sperimentata non ci dà gioia… tanto vale farsi buddisti! ( ah no, …questo era un altro post 😛 )
😉
Eh…caro Bariom….il fatto è che quella gioia di cui tu parli “da dentro” le tribolazioni si vede male……………per vederla in quel frangente ci vuole una fede grranitica come quella del nostro caro amico frà.
E io son ben lungi da quella fede lì.
L’accomunare Katin a Hiroshima e’indice secondo me di una onesta’intellettuale non comune, e specialmente ai tempi!
“…il parmigian Guareschi Giovannino / di spirito profetico dotato…”
Teorizzò la terza narice, oggi più che mai d’ininterrotto impiego presso gli eredi diretti e indiretti del Pensiero Unico.
Ho visto il documentario: interessantissimo! Racconta i fatti da tutta un’altra prospettiva, magari lo potessero vedere tanti ragazzi di oggi, la storia nn è solo quella che pretendono di raccontArci (… è una correzione del correttore automatico e conferma che sono infiltrati ovunque!!!)
eh,bella quella del correttore automatico infiltrato… 🙂
Grazie bellissimo, un grande uomo ne ho sentito parlare…..mi disse la mia cugina che vive in Polonia se vuoi leggere un buon libro, vedi Guareschi…..verissimo……
ecco.
leggo il commento di una sedicente mente libera, ed a proposito del borghesissimo guareschi( non per nulla disegnava su “il borghese” di longanesi) mi viene in mente – visto che vo’ rileggendo lo “straborghese” di ricossa- la citazione di piero gobetti in “la rivoluzione liberale”:
“…per fare gli italiani abbiamo dovuto farli impiegati,e abbiamo abolito il brigantaggio soltanto trasportandolo a roma. una rivoluzione di contribuenti in italia in queste condizioni non è possibile per la semplice ragione che non esistono contribuenti,
nel pensiero di turati e di miglioli, l’italia fu la nazione proletaria: il popolo poi doveva essere educato al parassitismo.
le classi borghesi mancano di una coscienza capitalistica e liberistica, e cercano di difendersi, di non lasciarsi sopraffare partecipando esse pure all’accordo e facendosi pagare in dazi doganali e sussidi ciò che devono elargire in imposte.”
…
“La rabbia”, un film diviso in due tempi in cui ciascuno degli autori rispondeva alla domanda: “Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura?”.
Allora, molti lettori guareschiani si mostrarono stupiti e lo scrittore emiliano ne spiegò le ragioni sul settimanale di Tedeschi ( il borghese,nota mia ) il 21 febbraio 1963.
Nell’articolo “P.P.P. Eccetera” diceva al lettore perplesso:
“Dovrei ringraziare P.P.P. d’avermi concesso la possibilità di fare un po’ di polemica anticonformista attraverso lo schermo. Questa mia affermazione ti stupirà perché tu ragioni secondo una logica che non funziona più.
Per te, infatti, le cose dovrebbero andare così: P.P.P. mette sul piatto sinistro della bilancia il suo primo tempo facendola pendere pericolosamente a sinistra. Poi arrivo io, metto il mio secondo tempo sul piatto di destra e ristabilisco l’equilibrio.
Ecco l’errore, amico: non sono io a ristabilire l’equilibrio, è P.P.P. L’equilibratore è P.P.P., mentre io non sono che lo squilibrato squilibratore. Quale produttore, quale finanziatore privato, quale banca, oggi, s’impegnerebbe in un film non-conformista? E quale commissione di censura permetterebbe la proiezione di un film non-conformista?”.
http://www.ilfoglio.it/cultura/2015/11/08/news/un-borghese-grande-grande-89336/
L’anticonformismo di Guareschi , solo 20 anni prima , sarebbe stato molto conformista invece.
Alcune delle idee e mentalità esposte nel documentario sono state maggioritarie per secoli nel mondo occidentale. ( l inferiorità dei neri , la criminalizzazione della omosessualità, l esaltazione del liberismo economico e la bassa considerazione per le rivendicazioni dei lavoratori. , i costumi castigati , etc etc)
ed inoltre prima del 1800 nel mondo non è mai esistito concretamente il concetto di socialismo quindi non c’è niente di più antico del pensiero di Guareschi su certi argomenti.
Altro che anticonformismo, che tra l’altro è un termine che non dice nulla. Bisogna avere i pensieri giusti , non quelli anticonformisti.
E infatti si parla di “anticonformismo” di Guareschi, OGGI, che le idee che lo scrittore avversava sono prevalenti (tranne che in campo economico, dove il liberismo è tornato dominante come prima del 1929).
All’epoca erano viste come pienamente “conformiste”.
I concetti che don Camillo, con la formidabile mimica facciale di Fernandel, con la inconfondibile voce di Carlo Romano, erano sì esposti in modo brillante e quanto mai simpatico, e, per questo piacevano, ma erano concetti apertamente conservatori.
Ma la storia con i suoi frequenti e caotici paradossi, ha fatto sì che “quelle idee” oggi ci appaiano anticonformiste.
E, in senso “funzionale” esse, oggi, sono effettivamente anticonformiste.
Nell’Emilia del dopoguerra era parecchio anticonformista andare contro i comunisti. Mai sentito parlare del triangolo della morte?
E anche in Toscana la vita era più tranquilla se te li tenevi buoni, i compagni.
Oggi hanno cambiato strategie e obbiettivi, ma il fanatismo che li guida non è molto diverso da allora.
Essere coraggiosi ed andare cobtro un violento, non significa essere anticonformisti. Il conformismo e l’anticonformismo attengono alla modernità delle idee espresse, e quelle di Guareschi, nostalgiche di un mondo rurale, oltremodo frugale, legato alle pievi, alle tradizioni, e ad una religiosità, condivise da tutti, pena l’osgtracismo dalla socieà (se non peggio) ecc., erano, già per l’europa del secondo dopoguerra, il sogno di un impossibile ritorno al passato.
Il triangolo della violenza si spiega (NON si giustifica, sia ben chiaro!) con il clima d’odio e di rancore che c’era in quegli anni di post-guerra civile, clima che oggi non ci potremmo nemmeno immaginare, e non credo che fu una scelta deliberata della dirigenza PCI, ma un’azione svolta autonomamente da tanti “cani sciolti”.
Infatti era ormai chiaro a tutti, nel 46-47 che l’Italia non sarebbe stata comunista perchè faceva parte del blocco occidentale. L’esempio della Grecia aveva fatto chiaramente intendere che certe velleità non sarebbero state permesse e che sarebbero state controproducenti. Non a caso Togliatti, risvegliatosi dal coma dopo l’attentato del 14/7/48, fece dire, subito, ai “compagni” di “star fermi” e di non fare pazzie.
“Il conformismo e l’anticonformismo attengono alla modernità delle idee espresse”
Non solo. Significa anche “Rifiuto di conformarsi alle idee, ai costumi, agli atteggiamenti predominanti in un determinato tempo e ambiente”.
Proprio quello che faceva Guareschi in quel periodo e in quell’ambiente. Che lo facesse con grande coraggio è una nota di merito in più.
Che la responsabilità delle stragi ricada sui cani sciolti è una tesi da vecchio PCI che regge ancora oggi in quelle zone.
Certo, dopo il 46/47 e soprattutto dopo le elezioni del 48 i dirigenti comunisti si erano resi conto che era meglio aspettare tempi migliori e cambiare strategie.
Le idee predominati in Italia e in quegli anni erano ancora quelle del “buon tempo antico” di cui ho parlato sopra (agresti, campestri, pievane,, delle tradizioni, della libertà religiosa di diritto ma non di fatto e dell’ultra-omofobia: idee che fortunamente la Chiesa ha cristianamente corretto e addolcito).
Il fatto che ci fossero parecchi violenti in una zona delimitata non significa che le loro idee fossero “predominati” così come, il fatto che ci siano tanti neonazisti e naziskin in tutta europa che picchiano, menano e talvolta ammazzano non significa affatto che le loro idee siano oggi predominanti.
Solo i complottisti notturni e diurni possono credere che nel 46 si potesse con la violenza ottenere un cambiamento di governo in senso comunista. Ricordiamoci che Togliatti (e non solo lui) era in contatto con il maresciallo Stalin, il quale non poteva non avergli fatto sapere che l’Italia NON era nella sua zona d’influenza.
E la cosa era ben chiara fin febbraio 45 (se non da prima, se non perchè Stalin avrebbe autorizzato Togliatti, nel 44, a promuovere la “svolta di salerno”?). Quelli erano politici puri, materialisti, non “metapolitici”: se il calcolo del rapporto di forze non dava come somma la “vittoria”, bisognava evitare lo scontro.
In quanto alle elezioni del 48, c’è una storiografia (secondo me molto sensata) la quale sostiene che la dirigenza PCI fu ben contenta della vittoria della DC, perchè si sapeva benissimo che gli americani non avrebbero permesso, mai e poi mai, l’instaurarsi di un governo comunista in Italia (la Grecia ne era la prova), per cui era molto meglio rimanere una forte opposizione, lecita, e influire, col voto parlamentare, sulle varie politiche future.
E poi ci vuol tanto a credere che molti, con rancori e odi personali, abbiano approfittato di quel momento di caos per compiere le proprie vendette, facendole passare per “giustizia popolare”? Bisogna per forza pensare a controproducenti e indimostrati “gomblotti”?
Una precisazione: le idee e gli stili di vita semimedievoli cui facevo riferimento nei mie 2 post precedenti, erano sì in via di progressivo superamento già nel secondo dopoguerra, ma nell’italia provinciale di quegli anni erano ancora vive e DOMINANTI. Si stavano sgretolando, ma ANCOra resistevano
Ma se c’erano già i sintomi che il mondo occidentale stava progressivamente abbandonando le tradizioni secolari che avevano retto la vita dei popoli (perlomeno quelli cattolici) per secoli, e chiaro perchè i conservatori (o reazionari..) come Guareschi erano tanto acidi e polemici.
“Acidi” in senso buono, beninnteso (almeno nel caso di Guareschi) nel senso cioè di una combattività mai doma.
Certo che come exdemocristianononpentito, a giudicare dal tono risentito di alcune affermazioni, non appari troppo diverso da un excomunistanonpentito.
Comunque, per quanto mi riguarda, chiudo con l’argomento.
No so benissimo che il, comunismo è stato un fallimento, ma essendomi confrontato con i comunisti per tanto tempo, trovo giusto e conroproducente accusarli di cose infondate.
Ce ne sono! ce ne sono! (non ti preoccupare!) di accuse fondate, da muovergli agli ex comunisti..
In effetti exdemocristianononpentito sembra più cattocomunistanonpentito…
Io ho conosciuto di persona e a fondo, TANTI comunisti e so per esperienza che muovergli accuse infondate era inopportuno perchè sapevano ritorcertele contro.
Prima di accusare i comunisti bisognava aver accertato bene i fondamenti dell’accusa e informarsi delle difese eventualmete, formulate.
Io, quando battibeccavo con loro, andavo a scegliermi gli argomenti sicuri e precisi, e, per i quali non avevano elaborato una sufficiente difesa
Fidatevi. Non è crollato il comunismo per le nostre accuse.
L’ha ribloggato su maurostabile.
Grazie, GRAZIE, Grazie!!!
Per questo io non credo molto allo strapotere della lobby omosessuale, perchè, se esistesse davvero, i governi occidentali (USA in testa) e la finanza internazionale, avrebbero creato SERIE difficoltà economiche e politiche a quei paesi e non qualche modesto danno, sùbito, più che altro, dai ceti miserabili (vedi i c.d. aiuti umanitari che poi, di riffe o di raffe, arrivano lo stesso).
E le sanzioni alla Russia cosa sarebbero? Se stanno mettendo in difficoltà o no quel paese non so (a sentire i russi, parrebbe di no, ma è da vedersi). Che riescano a mettere in difficoltà o no, ci stanno comunque provando.
E gli aiuti ai paesi africani sono sempre più condizionati a politiche “inclusive”: denuncia esplicita dei vescovi di quei paesi.
Ma via! Fabrizio! Mi sembra, come minimo, “riduttivo” pensare che le sanzioni contro la Russia siano dettate dalla lobby omosessuale che si impone ai governi occidentali, con tutte le ragioni geopolichene geostrategiche che ci sono, a cominciare dalla questione Ucraina-Crimea con tutte le implicazioni economiche ed etniche connesse.
Se il problema fosse soltanto quello di ottenere dal governo russo delle leggi più favorevoli ai gay, basterebbe far capire alla nuova, vasta e potente classe capitalistica russa che a lei CONVIENE consigliare al governo quelle leggi, e il gioco sarebbe fatto.
Figuriamoci se un pragmatico come Putin non farebbe passare norme pro-gay se gli convenisse!
Poi la cartina al tornasole da cui si evince che la motivazione delle sanzioni non è la presunta volontà della “lobby gay”, ma ben altra, è data dal fatto che non si pensa minimamente di sanzionare Arabia s., Giordania e stati del golfo, dove si fa assai di peggio nei confronti degli omosessuali. E oltretuto fra poco le sanzioni verranno tolte anche all’Iran..,..!
In quanto ai paesi africani quelle pressioni sono poco piu che una ” pro forma” perché tutti sanno benissimo che non serviranno a nulla, e ciò per 2 ragioni, bennote ai governi occidentali e non:
– prima o poi, a seguito dei pianti, delle invocazioni, gli aiuti arrivano lo stesso;
– quegli aiuti ritardati, più che mancati, danneggiano più che altro i miserabili non le classi dirigenti e quella benestanti, le quali possono ancor più consolidarsi al potere facendo leva sui nazionalismi africani contro i cattivi bianchi neocolonisti.
Sì, Vladimir Vladimiriovic Putin è pragmatico.
Lo è a tal punto che regala icone della Beatissima Vergine al Santo Padre e va in pellegrinaggio sul monte Athos.
Sa bene che, dall’altra parte, hanno il sostegno di Satana (anche se lo chiamano col vecchio nome di “Lucifero”), contro cui – notoriamente non bastano e sono di troppo gli ICBM.
È vero, diritti LGBT e libertà di stampa sono solo le “coperture” di profondi interessi geopolitici divergenti.
Ma questi, a loro volta, sono la “copertura” del punto dirimente di quanto sta accadendo: la Russia è inestricabilmente legata alle apparizioni di Fatima.
Non consacrata, sparse – come URSS – i suoi errori nel mondo.
Consacrata da san Giovanni Paolo II, non le rimane che portare a termine la sua conversione.
Non sappiamo come, dove e quando accadrà, come ricordava poche sere fa Marco Invernizzi su Radio Maria.
Ma certo è che, di fronte a tale possibilità, molti tremano.
Purtroppo l’errore di tantissimi occidentali è di pensare sempre in termini marxiani, come se l’orizzonte “metapolitico” non esistesse.
Ciao.
Luigi
Uno che vede le cose in termini strettamente politici potrebbe pensare che Putini ha regalato icone e fatto pellegrinaggi al monte Athos con il fine, strettamente politico, di ingraziarsi la Chiesa ortodossa e di farne un sostegno al proprio governo, ma lasciamo stare queste perplessità che mi derivano dal mio scetticismo verso l’agire dei politici.
Il punto è un altro: di politica se ne può parlare in termini umani, materiali, per cui si può oggettivamente parlare di politica con chiunque sia esso cattolico, protestante, buddista, ateo ecc., ma se si introducono considerazioni “metapolitiche” ci vogliono gli “occhi della fede” per vederle.
Ne consegue che, avendo, tu, introdotto tali considerazioni, il discorso diventa più propriamente religioso, di fede, più che puramente politico. Tanto premesso, è opportuno che io mi taccia.
Benedetta miseria, certo che l’agire di Putin potrebbe avere quelle motivazioni…
Del resto non ho concordato con te che egli sia pragmatico?
E infatti cosa fa un pragmatico? Pensa “io non credo a tutto ciò”, però poi agisce come se invece fosse reale.
Perché non si sa mai… e intanto, almeno un po’ di russi ci crede davvero.
La differenza, da te non colta a pieno, è che gli altri sono pragmatici con Satana, lui con Dio.
E – se permetti – non è la stessa cosa.
Non è la stessa cosa agire “come se Dio non ci fosse” piuttosto che “come se Dio ci fosse”.
D’altronde, non si appuntano anche su Costantino i sospetti che vedesse nel Cristianesimo solo un instrumentum regni?
Eppure intanto si comportò in un certo modo. E questo, quali fossero le sue idee di fondo, ebbe conseguenze di un certo tipo.
Presumibilmente differenti, penso si possa dire, da quelle derivanti se avesse agito in maniera opposta.
Ciao.
Luigi
E infatti cosa fa un pragmatico? Pensa “io non credo a tutto ciò”, però poi agisce come se invece fosse reale.
Perché non si sa mai… e intanto, almeno un po’ di russi ci crede davvero.
In generale, spero che la risposta di Luigi abbia chiarito il punto, che è veramente raramente compreso.
In particolare sui russi, e sulla frase che ho sopra riportato, vale la pena leggersi questo resoconto di Messori sull’apparizione della Madonna di Kazan a Stalin:
http://www.iltimone.org/34319,News.html
@Fabrizio grazie per il link, storia estremamente interessante e a me completamente ignota.
Interessante questa vicenda della madonna di Kazan, ma anche qui , come sempre , la verità è una sola : E’ comparsa o non è comparsa? Perchè con i “potrebbe ” , “si dice” , etc etc non si risolve molto. Di certo Stalin, se si fosse convertito al cristianesimo e considerando quello che ha fatto anche dopo la fine della guerra, potrebbe essere considerato il cristiano più sanguinario di tutti i tempi.
Forse la diminuzione di pressione sulla religione cristiana va cercata un po di più nella real-politik, che in improbabili quanto intriganti apparizioni salvifiche.
Putin..cari signori..è stato komunista diregente del KGB. La sua vita privata è tutto meno che “ortodossa”.
Della serie “vizi privati e pubbliche virtù” , ha pure recentemente divorziato (dopo 20 anni e cancellando l’ex moglie dalla biografia).
Si dice si sia convertito a seguito di una serie di fatti personali (scampato da incidenti e da incendi) che è tutto meno che una prova sincera. Di certo la sua politica conservatrice si appoggia pienamente alla Chiesa Russa, come era tipico nelle politiche conservatrici del ‘900) . Quindi il suo grado di sincerità religiosa è insondabile guardando solo alle dichiarazioni esteriori.
Spigolature letterarie (?)
“Davanti a te spariscono Svevo e Pirandello, davanti a me spariscono Tolkien e Guareshi.. Però quante sparizioni!”
Ex diccì senza nome,
continui ad attribuirmi pensieri&parole che non sono miei.
Magari potessi far sparire davvero Pirandello e Svevo!
In ogni caso, i due non si sono occupati dell’essere – tanto meno dell’Essere.
Ne hanno invece messo in risalto solo i lati più negativi, disgustosi, nichilisti, in un orgia di trovate da due soldi e assurdità combinate.
Mai un barlume di speranza, mai un raggio di sole, mai un anelito superiore all’avvoltolarsi nel fango (e ringrazia che sono educato, altrimenti avrei citato altre sostanze).
Il caso e il caos elevati a principio primo e fine ultimo.
Precipiterebbero nell’angoscia più nera chiunque!
(Che poi scrivano bene, cosa significa? Anche i libretti d’uso di un’auto sono scritti bene! Comunque non è nemmeno vero che scrivessero così bene… hanno prosa contorta e oscura, come i loro pensieri…)
Invece Tolkien e Guareschi non sclerotizzano, e proprio per questo riescono a mettere in risalto tutto quanto di lieto, bello, gioioso, imprevedibile, struggente, anche triste quando capita, possa illuminare una vita d’uomo.
Non celano i lati negativi, ma non ne fanno l’unica essenza della loro opera. Tanto meno non li additano come unica soluzione. Offrono uno squarcio differente, testimoniano come un cammino “alto” e nobile, pur difficoltoso, sia ancora e sempre possibile.
(Per altro Guareschi è profondamente realista. Basta aver conosciuto il “Mondo Piccolo” per rendersene conto)
Ovviamente ti lascio, perciò, in compagnia di quell’accolita di massoni sfigati e luterani che fu ed è la reale accademia svedese 😀
Veniamo ora a Beatrice.
Sono in disaccordo solo su due punti, di poca importanza.
“tuttavia il valore estetico delle loro opere è indubbio”
Perdonerai la mia pochezza, ma non io non vedo nemmeno il valore estetico.
“Il dolore per un amore non corrisposto e il senso di impotenza vissuto perché gli altri non ci permettono di usare al meglio i nostri talenti per via dei loro pregiudizi impedendoci in tal modo di fare la nostra parte nella lotta contro il male (Eowyn)
Naturalmente dissento da questa lettura. Considerata però la sentita ed elegante difesa di Tolkien, evito di ritornare sul tema.
(Del resto sono cinquant’anni che il curatore italiano de “Il signore degli anelli” lo esalta come un’opera profondamente pagana…)
Ciao.
Luigi
Prima di tutto quelli dell’Acccademia di Svezia, massoni e luterani (e probabilmente lo sono per davvero) non credo proprio siano degli sfigati…………………………………..
Ai miei tempi gli sfigati erano in primis i poveracci, e poi coloro che vedevano il mondo andare il mondo in senso contrario alle loro idee senza essere in grado, perlomeno, di fregarsene.
Non era compito di Pirandello e Svevo occuparsi dell’Essere (a cui probabilmente non credevano tanto), ma dell’essere che ha, effettivamente, E IN ABBONDANZA, lati disgustosi, caotici, nichilisti, disperati, angiosciosi. Ce li ha! L’uomo che ha voltato le spalle a Dio è cosi! Non c’è nulla da fare.
La prosa può essere contorta quando vuole esprimere i contorcimenti che nell’uomo ci sono (eccome!)
Le cose nobili e belle cui faceva riferimento Tolkien appartengono alle aspirazioni, al voler essere, e quindi solo INDIRETTAMENTE ci parlano dell’animo umano. La “gran bontà dei cavalieri antiqui” è una cosa bellissima ma non realisticamente attingibile
Guareschi era realista, sì, ma rappresentava il mondo antico, “agreste e campestre”, (come ho detto sopra a Vanni) che stava morendo, come prima di lui erano morti il mondo pagano, quello schiavistico, quello precolobiano.
E la consapevolezza che il suo mondo stava morendo oltre alla sua incapacità di ripensare il suo cristianesimo, ne facevano (grazie alla sua notevolissima vis polemica ed al suo senso del comico) un critico brillante e caustico.
.
Infine non mi sembra che sia STABLITO e STATUITO da qualche parte che il compito dello scrittore sia quello di dare barlumi di speranza e testimoniare cammini alti e nobili.
Uno scrittore scrive quello che gli pare, poi ,soggettivamente, i lettori giudicano se gli piace o no. Non ci sono incombenze e finalità nella produzione artistica.
Se poi un’opera d’arte esercita un influsso positivo sul sociale, bene! ma è un fatto ulteriore ed eventuale che non attiene all’opera in se-
@Exdcnonpentito
«Se poi un’opera d’arte esercita un influsso positivo sul sociale, bene! ma è un fatto ulteriore ed eventuale che non attiene all’opera in se-»
Un’opera d’arte per sua natura ha sempre un influsso sul sociale e vuole averlo, perché quando un artista crea sa che il frutto del suo lavoro entrerà in relazione con uno o più fruitori in cerca di bellezza a cui abbeverare la propria sete di infinito.
In passato assistetti alla presentazione del libro di Santagata “Come donna innamorata”, una biografia romanzata di Dante. Oltre ad essere scrittore, Santagata è professore universitario e critico letterario di grande fama (per esempio ha curato l’edizione dei Meridiani del Canzoniere di Petrarca). Tra i relatori c’era un poeta di cui non ricordo il nome che a un certo punto disse: “io mi rivedo più in Cavalcanti che in Dante, perché Dante aveva le sue granitiche certezze mentre Cavalcanti era più inquieto, forse Cavalcanti non sarebbe stato in grado di scrivere un’opera come la Divina Commedia perché non aveva la fiducia di Dante nella poesia, la fiducia nella capacità della poesia di raggiungere la verità”. A quel punto Santagata fece un intervento bellissimo che mi ricorderò tutta la vita, tanto che all’epoca mi sarei anche alzata in piedi a fargli un applauso grosso come una casa se non avessi avuto la chiara consapevolezza di fare una figuraccia. Santagata interruppe il poeta dicendo in modo deciso: “ma Dante non credeva nella poesia, Dante credeva in Dio!” E io dentro di me pensai: “ecco Cavalcanti, ti sta bene! Non credi in Dio? Allora niente Divina Commedia!” Santagata proseguì così il discorso: “Dante credeva veramente di essere un profeta, di aver avuto da Dio la missione di scrivere un’opera con cui avrebbe dovuto contribuire al rinnovamento della cristianità in tutti quegli aspetti negativi che sarebbero proseguiti anche dopo (corruzione del clero, simonia, comportamento indegno dei Papi, cattivo governo dei laici regnanti, e tutta l’infinita serie di peccati che rendono il nostro mondo un posto inospitale in cui vivere), Dante dava alla Commedia un valore etico prima ancora che estetico”. E ti posso assicurare che Dante era del tutto consapevole di aver scritto un’opera dall’immenso valore artistico, ma per lui ciò che più contava erano le verità che quel bell’involucro doveva trasmettere ai cristiani per spingerli a cambiare loro stessi in modo da cambiare poi la società intera. Secondo le intenzioni di Dante, uno leggendo la Divina Commedia doveva sentirsi chiamato in causa e portato a modificare quegli aspetti della sua persona tali per cui si rivedeva tra la gente perduta.
Questa sera sono uscita a mangiare con mio fratello e la sua ragazza: mentre si parlava di libri, la ragazza di mio fratello se n’è uscita dicendo che non aveva mai letto dall’inizio alla fine né i Promessi Sposi né la Divina Commedia, ma in futuro le sarebbe piaciuto farlo perché sono opere interessanti da leggere almeno una volta nella vita. Lei, che è atea come mio fratello, leggerà integralmente due opere completamente impregnate di valori cristiani, ma valori quelli giusti, quelli che affondano le radici nella dottrina cattolica cento per cento ortodossa, roba che i libri di Enzo Bianchi e compagnia brutta se la sognano.
Oriana Fallaci scrisse un passo molto bello proprio sul fatto di come la scrittura abbia eccome ricadute importantissime sul sociale (il brano è tratto da “La rabbia e l’orgoglio”):
«Devo dire che scrivere è una cosa molto seria per me. Non è un divertimento o uno svago o uno sfogo. Non lo è perché non dimentico mai che le cose scritte possono fare un gran bene ma anche un gran male, guarire oppure uccidere. Studia la Storia e vedrai che dietro ogni evento di Bene e di Male c’è uno scritto. Un libro, un articolo, un manifesto, una poesia, una preghiera, una canzone. (Un Inno di Mameli. Una Marsigliese. Uno Yankee Doodle Dandy. O peggio: una Bibbia, una Torah, un Corano, un Das Kapital).»
“Prima di tutto quelli dell’Acccademia di Svezia, massoni e luterani (e probabilmente lo sono per davvero) non credo proprio siano degli sfigati…………………………………..”
Ti sono scappati i puntini e il principio di non contraddizione.
Non si può essere contemporaneamente “massoni luterani” e “non sfigati”.
O l’uno o l’altro.
“Infine non mi sembra che sia STABLITO e STATUITO da qualche parte che il compito dello scrittore sia quello di dare barlumi di speranza e testimoniare cammini alti e nobili.”
E allora che scrive a fare?
Per secernere veleno e disperazione? Non c’è abbastanza spreco di carta? Non ci sono abbastanza vite distrutte, esistenze rovinate? Pure i vasetti mentali di un Pirandello o di uno Svevo?
Poi dicono che uno rimpiange i roghi!
Ma di nuovo ci soccorre Nicolás Gómez Dávila:
“Gli antichi vedevano nell’eroe storico o mitico, in Alessandro o in Achille, il canone della vita umana. Il grand’uomo era pragmatico, la sua esistenza esemplare.
Il riferimento del democratico, al contrario, è l’uomo comune”
Ecco.
Se vuoi docili consumatori, addita mediocrità ad esempio.
Ciao.
Luigi
Ti sono scappati i puntini e il principio di non contraddizione.
Non si può essere contemporaneamente “massoni luterani” e “non sfigati”.
O l’uno o l’altro”
Affermazioni assolutamente indimostrate e inconseguenti, ma soltanto “postulate”.
Inoltre:
Dire perchè uno scrive (o produce musica, pittura ecc.) è cosa a cui non si è data una risposta defintiva. Sappiamo solo che proprio è dell’uomo manifestarsi in questi modi.
Per sapere il “perchè” dovremmo avere accesso a conoscenze e verità che, “almeno per ora” ci sono precluse.
Il buon Dio non ci ha messo, in questa vita, nella condizione di conoscere le verità più profonde dell’esistenza, se non con gli occhi della Fede.
L’opinione di Gomez Davila è certamente rispettabile, ma è soltanto la SUA opinione; l’ottimo Croce, nel suo “breviario di estetica”, dice chiaramente che è assurdo stabilire a priori quali devono essere i contenuti e i fini dll’opera d’arte, perchè è sempre possibile che giunga un’opera geniale che sfugga a quei requisiti. Meglio non stabilire nulla a priori e giudicare, a posgteriori e soggettivamente, se l’opera piace o non piace.
E Croce scriveva in modo lineare , limpido, convincente, ben più di tanti altri.
@Exdcnonpentito
«Le cose nobili e belle cui faceva riferimento Tolkien appartengono alle aspirazioni, al voler essere, e quindi solo INDIRETTAMENTE ci parlano dell’animo umano.»
Ma tu che idea hai dell’uomo? Per te è un essere immondo del tutto incapace di fare alcunché di buono? Le aspirazioni sono parte dell’animo umano tanto quanto le inquietudini che impediscono spesso a tali aspirazioni di concretizzarsi nella realtà. Tuttavia esistono tantissimi esempi di uomini in carne e ossa che sono stati capaci di realizzare tutte quelle cose nobili e belle di cui parla Tolkien, esistono numerose persone che nel corso della storia hanno saputo compiere imprese eroiche, hanno saputo portare alla massima espressione i talenti donati loro da Dio (in primis i Santi, ma anche tante altre persone anonime di cui ignoriamo i meriti). Poi ripeto, non è che i personaggi di Tolkien siano individui perfetti, eroi dalle azioni sempre votate al successo, cavalieri dall’armatura splendente, ti ricordo che il protagonista del Signore degli anelli, mi riferisco ovviamente a Frodo, alla fine del romanzo fallisce senza se e senza ma, l’anello non lo riesce a gettare nel fuoco perché il male si è insinuato troppo a fondo nel suo animo tanto da riuscire a corromperlo. La Terra di Mezzo si salva perché è il male che si auto-distrugge da solo, l’altro hobbit corrotto irrimediabilmente dall’anello (Gollum) si avventa su Frodo facendogli cadere l’anello nel monte Fato e provocando in tal modo la sconfitta di Sauron. Padre Massimiliano Kolbe ai nazisti che gli stavano iniettando l’acido che l’avrebbe ucciso, prima di morire disse: “voi non avete capito niente, solo l’amore crea”. Aveva ragione, il male è intrinsecamente portato ad auto-annientarsi da solo. Solo l’Amor che move il sole e l’altre stelle è in grado di generare la vita.
Rispondo ai 2 ultimi post di Beatrice.
La storia dell’arte (e quella della letteratura ne è parte) hanno dimostrato che i capolavori spesso e volentieri sono tali indipendenti dalle intenzioni e dagli intendimenti degli autori,
L’autore può essere consapevole di realizzare una grande opera d’arte e di realizzarla per uno scopo, ma può anche non esserlo, e può anche accadere che lo scopo voluto non venga conseguito e/o ne venga conseguito un altro.
La produzione artistica non è determinabile a priori. Solo al compimento dell’opera si saprà se essa esteticamente vale qualcosa e se persegue efficacemente un qualche scopo, voluto o non voluto dall’artefice.
Il fatto che l’autore sappia “che il frutto del suo lavoro entrerà in relazione con uno o più fruitori in cerca di bellezza a cui abbeverare la propria sete di infinito”, è solo una possibilità, perchè potrebbe darsi che lui si limiti a ritenere che il suo lavoro entrerà in contatto con dei fruitori, punto e basta.
E magari l’unica cosa che gli interessa è la “pecunia” che gli perverrà dai suddetti fruitori.
E nondimeno al di là delle intenzioni dell’artefice potrà venir fuori un capolavoro come potrà darsi che alle migliori e più nobili intenzioni, e, al maggior impegno, NON segua il capolavoro. .
Il discorso della concezione dell’uomo è stato equivocato, anche se in effetti sono parecchio scettico nei confronti dell’umanità.
L’equivoco è nato dalle affermazioni di Luigi, per cui solo chi esprime cose nobili che si aprono alla speranza, può fare “vera arte”, e Pirandello, Svevo e tutti gli altri che hanno espresso una visione angosciosa del mondo non potevano essere considerati “veri artisti”, e questo non può esser vero, perchè la porduzione artistica, come ho argomentato sopra non ha vincoli di contenuto e di finalità.
PS: Ma p. Kolbe non era morto nella cella della fame e non per una iniezione? Mah………..io sapevo questa versione……
Errore: 3a riga del post precedente: indipendenti = indipendentemente
@Exdcnonpentito
«PS: Ma p. Kolbe non era morto nella cella della fame e non per una iniezione? Mah………..io sapevo questa versione……»
Cito da Aleteia:
“In seguito alla fuga di un prigioniero dal campo, quindici deportati dello stesso blocco vengono selezionati come colpevoli e mandati a morire di fame e di sete nel bunker della morte. Un certo Francesco Gajowniczek – marito e padre di famiglia – supplica il lagherfurher di risparmiargli la vita. A quel punto Padre Kolbe si offre liberamente di prendere il suo posto. Dopo 14 giorni, rimangono solo quattro uomini ancora in vita, fra cui padre Massimiliano. Allora le SS decidono di abbreviare la loro fine con una iniezione di acido fenico. Il francescano martire volontario, tende il braccio e si rivolge al medico che lo sta per uccidere dicendo “Lei non ha capito nulla della vita. L’odio non serve a niente. Solo l’amore crea” è il 14 agosto 1941. Il giorno dopo, festività dell’Assunta, il suo corpo viene cremato.”
http://it.aleteia.org/2015/01/08/padre-massimiliano-kolbe-la-vittoria-della-fede-sul-male-del-mondo/
Mi taccio.
@Luigi
«Perdonerai la mia pochezza, ma io non vedo nemmeno il valore estetico.»
In realtà non hanno solo un valore estetico, le opere di Pirandello e di Svevo sono significative perché comunque ampliano la conoscenza che abbiamo dell’uomo e del mondo, ci dicono alcune verità che non smettono di essere tali solo perché parlano degli aspetti più brutti dell’animo umano e della società in cui viviamo. Certamente è lecito avere i propri gusti letterari, ma questi non dovrebbero impedirci di riconoscere il valore artistico di un’opera se esso effettivamente esiste. Per esempio io non sopporto le opere di D.H.Lawrence o di Gadda, ma non posso negare che possiedano delle qualità artistiche tali da farle entrare di diritto nella letteratura canonica. Ho letto alcuni loro libri (il più delle volte per obbligo scolastico), ho preso atto del fatto che siano opere esteticamente valide cariche di significato quanto si vuole, ma che a me personalmente non piacciono, quindi non intendo massacrarmi con la lettura di tutti gli altri scritti di detti autori. Nel loro caso mi avvalgo di quello che Pennac ha chiamato il “diritto di non leggere”.
“Certamente è lecito avere i propri gusti letterari, ma questi non dovrebbero impedirci di riconoscere il valore artistico di un’opera se esso effettivamente esiste”
Giusto.
Proprio per questo citavo Jean-Claude Izzo, nelle cui opere – pur lontane dal mio sentire – il valore artistico esiste e viene da me riconosciuto.
Svevo, Pirandello, per non dire del Gadda che opportunamente ricordi, non hanno valore artistico; per questo motivo non lo riconosco. Non posso lodare i vestiti nuovi dell’imperatore, se costui è nudo.
Al più gli “scrittori” ricordati possono essere paragonati all’entomologo che cataloga ragni velenosi.
Oppure a un medico infettivo che descriva minuziosamente gli effetti terribili di qualche febbre equatoriale.
Questa è arte? No e poi no.
Come non è arte il gabinetto di decenza di un Duchamp o gli incubi alcoolici schizzati da un Pollock sulla tela.
Diffondere per il mondo tutta la propria pochezza, la propria visione nichilista e disperata della vita non è arte.
Altrimenti è arte pure il “Mein Kampf”.
E comunque rimane che Svevo, Gadda, Pirandello – per tacere di Joyce – scrivono pure da cani 😀
Buona domenica.
Luigi
Caro Luigi, sei nato con parecchi secoli di ritardo. Mi dispaice per te.
Sia chiaro (per Luigi e per l’Admin) io non ho inteso offendere: volevo solo dire che i secoli buoni per viverci, per l’amico Luigi, sarebbero stati quelli dalla 1a crociata alla fine del 600.
Prima della 1a crociata:” no” fino a Teodosio, “forse” da teodosio a Urbano II
Dopo il 600: NO su tutta la linea.
E sicuramente uno come lui avrebbe affrontato con coraggio i duelli, i parassiti, i germi e la mancanza di antibiotici, vaccini e altri farmaci.
L’unico mio dubbio è questo: certamente come nobile signore avrebbe vissuto volentieri nelle epoche di cui sopra, ma come contadino o modesto artigiano?
L’unico mio dubbio è questo: certamente come nobile signore avrebbe vissuto volentieri nelle epoche di cui sopra, ma come contadino o modesto artigiano?
L’osservazione non è peregrina, ma ha un senso relativo. Indubbiamente, oggi viviamo materialmente meglio. Materialmente. Ma questo ci salva? No. Ora, se a parità di salvezza (per così dire) si vive anche materialmente meglio, io non ho niente da dire. Se non ci si salva, vivere materialmente meglio non serve a una mazza. Questo concetto non lo afferri, e si capisce da praticamente tutti i discorsi che fai: è infatti alla base del tuo essere “ex dc, ma non pentito”.
Sarebbe anche molto interessante capire se questa contraddizione tra vita materiale e spirituale è contingente o no: ovvero se, passata la crisi, saremo capaci di ripristinare la spiritualità e anche vivere materialmente meglio. Spero di sì, ma non ne sono così sicuro.
Così come dovresti affrontare la questione degli epifenomeni. Vale anche in senso artistico. Ora, io non ho intenzione di entrare nella discussione letteraria tra Guareschi e Pirandello, eccetera; anche perché ho letto giusto uno-due libri di Svevo, Pirandello e Guareschi. Condivido, da un certo punto di vista, il fatto che un’opera d’arte non debba avere di partenza un’intento pedagogico/politico; in realtà, specialmente pensando al punto di vista politico, l’arte contemporanea è ammorbata da questo intento, che poi sarebbe meglio dire propagandistico. Tuttavia, se l’opera è bella, certamente prescinde dalle capacità dell’artista, essendo un dono dello Spirito Santo (ecco perché c’entrano gli epifenomeni). Dunque un artista timorato di Dio, come Dante (Beatrice, quel tuo commento me lo sono messo da parte), naturaliter produce cose belle e pedagogiche. Le ispirazioni dello Spirito Santo possono arrivare anche in modi inaspettati, anche attraverso artisti non credenti e non oranti. Altre cose possono essere però belle solo in apparenza. Per capire il senso di quello che sto pensando: certe grandi attrici del passato indiscutibilmente certe erano belle donne. Ma anche gran mignotte: il che vuol dire che tutta quella bellezza era solo in superficie.
“L’unico mio dubbio è questo: certamente come nobile signore avrebbe vissuto volentieri nelle epoche di cui sopra, ma come contadino o modesto artigiano?”
Rispondo semplicemente che sarei nato e vissuto laddove Dio avrebbe voluto io nascessi e vivessi (la tua era proprio una provocazione da due soldi, detto fra noi).
Come canta il poeta “Il mio posto è qui / e qui io morirò / per la terra dei miei padri”, che sia con la vanga, la pialla o la spada.
Non mi sono mai appartenute, nemmeno negli anni dell’adolescenza, le idiozie ribelliste e le malinconie del “se fossi nato ricco/bello/intelligente/in un altro posto/in un altro secolo/in un’altra galassia” (anche perché, date le circostanze, per me è già stato tanto nascere).
Per questo stesso, identico motivo non reputo minimamente di essere nato con parecchi secoli di ritardo; qualsiasi posto e tempo è buono per combattere, se lo si vuole.
Dio ha deciso così, un motivo ci sarà. Chissà, forse solo perché qualcuno tentasse di testimoniare, a cavallo fra XX e XXI secolo, come la weltaanschauung occidentale non sia l’unica possibile.
Per questo non mi troverai mai a fare il cosplayer in qualche rievocazione finto-medievale o a leggere romanzacci fantasy.
Anche perché ritengo che quanto di alto e nobile fu l’Età di Mezzo possa ancora essere vissuto, pur se con vestiti moderni.
A scanso di equivoci, sono consapevole del fatto che – per il metro comune – io sia da considerarsi un fallito totale.
Per questo non me la prendo per le tue “frecciate”, come non mi sento offeso da quelle di Beatrice o di chiunque altro.
Perché, qualsiasi cosa scriviate, altri hanno già detto o scritto dieci volte peggio; e magari non si sono limitati a dire o scrivere… 😀
Un solo appunto: storicamente la nobiltà di spada del “lungo medioevo” – che si protrasse, quindi, fino al 1945 – fu una cosa alquanto differente dalla smidollata e femminea accozzaglia di Versailles, giustamente spazzata via dalla rivoluzione francese.
E come ricorda Massimo Fini nel suo pamphlet “La ragione aveva torto”, non bisogna nemmeno confondere la vita di un contadino o artigiano medievale con quella delle figure simili dopo l’affermarsi della rivoluzione industriale.
Le stilizzazioni caricaturali di un periodo storico durante 15 secoli sono del tutto ridicole, siano in positivo come in negativo.
Buona domenica anche a te.
Luigi
Che tu ritenga di avere una missione data da Dio, non lo metto in dubbio. Che tu sia pronto a combattere (e non sei un combattente da poco! In Vandea avresti lottato con le armi in pugno finchè avresti avuto un alito di vita) non ne dubito! ma la questione è un’altra, che tu non hai colto.
Io volevo dire che dalla 1a crociata alla fine del 600, TU, specialmente se in condizione nobiliare, ti saresti sentito appagato e soddisfatto nel vivere in una società corrispondente al tuo pensiero, mentre così non è al giorno d’oggi, pur considerando, da parte tua, un dovere, vivere la vita che Dio ti ha dato.
Non mi permetto di considerarti un fallito:
primo, perchè non ti conosco,
secondo, perchè credo fortemente in quel complesso di usanze, che devono regolare i rapporti umani, la quale si chiama CORTESIA.
@admin, penso di essere finito in spam.
Capperi, io non ho scritto che tu mi consideri un fallito.
Ho scritto che secondo il metro comune sono considerato un fallito.
C’è un’identificazione del “metro comune” con il “tuo”, di metro, che dai per scontata, mentre io non l’ho mai presa in considerazione; tanto che, appunto, osservavo come le tue frecciate non mi offendano.
“Io volevo dire che dalla 1a crociata alla fine del 600, TU, specialmente se in condizione nobiliare, ti saresti sentito appagato e soddisfatto nel vivere in una società corrispondente al tuo pensiero, mentre così non è al giorno d’oggi, pur considerando, da parte tua, un dovere, vivere la vita che Dio ti ha dato.”
Ricevuto, non avevo messo a fuoco bene il punto.
Beh, io ci andrei comunque piano a dire quanto mi sarei sentito appagato vivendo fra la Prima Crociata e la fine del Seicento. Magari – non essendo quello il tempo a me destinato – avrei maturato idee tali da portarmi sotto la lente della Santa Inquisizione. E poi senza antibiotici, TV, Sei Nazioni, democrazia, bleah… 🙂
Come ci andrei ancora più piano – e qui sono tremendamente serio – a dire quanto avrei o non avrei combattuto durante l’Insorgenza vandeana. Ho visto gente spezzata dalla paura per molto, molto, molto meno.
Ma soprattutto ti chiedo: per quale motivo ritieni che la mia esistenza, oggi, non possa essere “appagante”? Non mi piace molto il termine – fa un po’ bottegaio, per intenderci – ma lo uso a mia volta per semplicità.
Mi sembra (magari a torto) che tu dia per dimostrato che o ci si adegua, nel profondo, alla visione del mondo e della vita che domina nel proprio tempo, oppure si vada comunque incontro a un’amarezza e disillusione di fondo.
In effetti, qui e là, nei tuoi interventi sembra proprio emergere questa idea. Sbaglio?
Per giunta sembri considerare che l’agire per dovere non possa dare non dico la felicità, ma almeno la serenità.
Invece dovresti sapere che il famoso adagio noblesse oblige vale nei due sensi: la nobiltà obbliga, impegna, spinge a intraprese alte; ma altresì l’obbligo nobilita, rende migliori, innalza.
Forse hai un’idea piuttosto “banale” della nobiltà, per intenderci quarti di sangue blu vantati solo per darsi alla gozzoviglia spinta e alla prevaricazione. Ma Ortega y Gasset, in pieno XX secolo, ha reso giustizia a quel sentire; il quale, pur ormai astratto dalla nobiltà storica, da questa alla fine trae origine.
Ciao.
Luigi
P.S.: non è che potresti, cortesemente, alzare la celata dell’elmo e palesare il tuo nome? Non mi va di infilzare un anonimo 😀
Ottimamente Luigi. Ti rispondo come segue:
è giusta la tua osservazione che non si può dire (ma soltatno presumere) con sicurezza come ti saresti trovato dal 1090 al 1700 e come avresti affrontato la guerre vandeane (apprezzabile il tuo riferimento alla paura), perchè una cosa è ipotizzare un’altra “trovarsi nel punto” come dice il buon don Abbondio al card. Federigo.
Che tu non ti trovi a tuo agio in quest’epoca l’ho dedotto dal fatto che ti lamenti sempre del mondo presente in raffronto con altri tempi anteriori alla temperie illuminista (se non a quella luterana); tempi giudicati migliori anche nei loro aspetti più truci come i roghi.
Insomma: se uno si lamenta tanto dell’ “oggi” e nel contempo dice che lo “ieri” era meglio, presumo che avrebbe preferito vivere “ieri”…………….
So benissimo che la nobiltà è un concetto il quale dovrebbe prescindere dalla genealogia e dall’araldica, ma è pur vero che quando si fa riferimento alle epoche trascorse, non può dimenticare, che la nobltà per la gente di allora, era “quella lì”, quella acquisita per discendenza.
PS: Purtroppo non ho un nome altisonante come Euribiade, Eubulo o Artaserse, ma uno piuttosto banale: Giovanni. .
Anzi ne ho due: Giovanni Mario
Due nome banali??
Guarda, Luigi, se facessero una gara per stabilire chi è il più fallito secondo le categorie del mondo sono oltremodo sicura che vincerei il primo premio. Ho fallito in tutto ciò che ho fatto, nel lavoro come in amore, la mia vita è fatta di macerie, persino il prete dell’ultima confessione di domenica scorsa mi ha fatto sentire uno scarto dell’umanità (in effetti sapevo che era un prete modernista, ma c’era solo lui quel giorno e io avevo assolutamente bisogno di confessarmi). Certo, non mi arrendo, sono ancora abbastanza giovane e la fede mi spinge nonostante tutto a guardare al futuro con fiducia. Davvero mi sembra completamente incredibile che sia ancora capace di sperare, eppure è così e so che devo ringraziare solo Dio che ha rimesso a posto i pezzi della mia anima ad ogni nuovo crollo. Non è un caso che tiri in ballo spessissimo il tema dell’individuo insignificante che compie grandi cose, perché tante di quelle volte mi sento inutile e ripetermi certe storie della Bibbia, dei Santi, ma anche della letteratura mi aiuta a darmi forza, a credere che se sono ancora viva un motivo ci sarà e forse qualcosa di buono con l’aiuto di Dio prima o poi riuscirò a combinarlo.
Adesso preparati perché arriva la frecciata. Leggendo sulla pagina facebook di Socci un discorso di Pio XII, non esattamente un Papa considerato progressista, ad un certo punto mi sei venuto in mente tu. Il discorso lo riporto tutto perché è molto bello, ti dico subito che il passo che mi ha riportato indietro a una nostra vecchia discussione è quello che parla di “legittimi diritti e giuste libertà del popolo”, espressione che quando hai sentito in bocca di un altro prelato ti ha spinto ad esprimere il tuo disappunto andando a rispolverare anche il Sillabo:
«Una Chiesa che tace, quando dovrebbe parlare; una Chiesa che indebolisce la legge di Dio, adattandola al gusto dei voleri umani, quando dovrebbe altamente proclamarla e difenderla; una Chiesa che si distacca dal fondamento inconcusso sul quale Cristo l’ha edificata, per adagiarsi comodamente sulla mobile sabbia delle opinioni del giorno o per abbandonarsi alla corrente che passa; una Chiesa che non resiste alla oppressione delle coscienze e non tutela i legittimi diritti e le giuste libertà del popolo; una Chiesa che con indecorosa servilità rimane chiusa fra le quattro mura del tempio, dimentica del divino mandato ricevuto da Cristo: Andate sui crocicchi delle strade (Matth. 22, 9); istruite tutte le genti (Matth. 28, 19). Diletti figli e figlie! Eredi spirituali di una innumerevole legione di confessori e di martiri! È questa la Chiesa che voi venerate ed amate? Riconoscereste voi in una tale Chiesa i lineamenti del volto della vostra Madre? Potete voi immaginarvi un Successore del primo Pietro, che si pieghi a simili esigenze?»
Qui si può trovare il discorso integrale di Pio XII: http://oblatiorationabilis.blogspot.it/2015/06/pio-xii-vorreste-una-chiesa-cosi.html?m=1