di Costanza Miriano
Ieri stavo meditando, con l’aiuto di padre Fausti (cioè del suo libro, visto che lui purtroppo è morto), sulla chiamata di Levi. Nel frattempo, poco prima, la mia amica Cristina mi aveva mandato, come fa ogni tanto quando è ispirata dallo Spirito Santo, la Parola, cioè un brano destinato specialmente a me. Il regalo questa volta era l’incontro della Samaritana con Gesù al pozzo. Poco più tardi, a messa, ad essere chiamato da Gesù nel Vangelo era Zaccheo. Tre chiamate, tre incontri, totalmente diversi. Adesso qualcuno penserà che sono fissata con la differenza, però ci sono alcuni fatti innegabili.
Levi, che la tradizione identifica con Matteo, era l’esattore delle tasse, e lo sguardo di Gesù lo convince a lasciare il banco delle imposte, immagino pieno di soldi. Anche Zaccheo, vedendosi amato e guardato in modo speciale, decide di restituire i soldi rubati, dando indietro quattro volte tanto, e di dividere i suoi averi a metà con i poveri. Per la samaritana invece non è un problema di soldi, di attaccamento alle cose. A lei Gesù dice “va a chiamare tuo marito”. Cioè dimmi chi ami, dimmi dove sta il tuo cuore.
Ho pensato allora alle donne chiamate nel Vangelo. Forse ne dimentico qualcuna, ma mi sembra che non ce ne sia una, tra le donne folgorate dallo sguardo di Gesù, ad avere il problema dell’attaccamento ai soldi. Le peccatrici sono l’adultera, la Maddalena, la Samaritana… Sono donne che hanno amato in modo sbagliato, non secondo la loro verità, perché Gesù è la Verità, e Gesù le giudica, eccome se le giudica: “va e non peccare più” dice all’adultera dopo averla salvata dalla lapidazione.
Il punto debole, per noi donne, non è mai quello del potere, dei soldi. E anche quelle di noi che lo cercano hanno con il potere un rapporto viscerale e molto diverso da quello dei maschi (ci sarebbe da discutere un bel po’ su questo, per spiegarsi, ma insomma). A noi tutte invece Gesù dice “va a chiamare tuo marito”, cioè “dimmi a chi vuoi piacere, tu”, qual è lo sguardo che cerchi. Io ti darò un’acqua che ti toglierà la sete. Se cercherai il mio sguardo, non avrai più bisogno di altro, sarai dissetata, sarai consegnata, non cercherai più l’amore dei cinque mariti, che è come dire non averne nessuno: la Samaritana, infatti, ne aveva avuti cinque, quindi, dice Gesù, quello che hai accanto non è veramente tuo marito.
Piccola nota a margine: sullo scioglimento e la validità del matrimonio Gesù (che dice che l’adulterio era stato concesso da Mosè solo per la durezza “dei vostri cuori”) non pare a noi poco colti e semplici lettori del Vangelo molto d’accordo con certe interpretazioni allegre dell’Amoris laetitia, secondo cui non esiste un vincolo indissolubile perché se viene a mancare il consenso il vincolo viene meno. Teoria che potremmo sintetizzare con le mirabili parole del teologo Carlo Verdone: l’amore è eterno, finché dura. (Grazie Stefano per la sintesi).
Polemiche a parte, il cuore delle donne cerca Gesù in modo diverso da quello degli uomini, è un altro Da quello maschile il nostro punto di conversione. È sull’amore che dobbiamo lavorare, vigilare, custodire il cuore. È lì che il nemico ci attacca. Ed è sempre lo sguardo di Gesù che guarisce e che rende vero il matrimonio: lo toglie dalle logiche rivendicative, dalle pretese, dalle attese legittime anche. È Gesù, sempre, il vero sposo, in ogni matrimonio cristiano. E solo una donna riconsegnata a lui, che cerca lui, può sperare di amare veramente: “io ti posso dare l’acqua che zampilla in eterno” dice Gesù, ma va a chiamare tuo marito. Consegnami il tuo cuore, dallo a me. È me che cerchi, veramente, sono io in quello spazio di delusione e di non corrispondenza. Sono io che ti vengo a cercare, è inutile che cambi marito, perché non vuoi un altro marito, vuoi me, e in me impari ad amare lui.
A noi donne non chiede cose da nulla come i soldi, la ricchezza, il potere. A noi non chiede come a scribi e farisei di rinunciare alle loro teorie, alle loro fisse intellettuali, alla legge che adorano come un idolo. A noi chiede il cuore. Sa che lì è la nostra fragilità, ma sa anche che lì è lo spazio per la relazione vera con lui.
Bello e vero!
Grazie Annalisa
«Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.» (Mt 6, 21)
Ma sarà bene non ingannarsi perché la parola sui “due padroni” non fa grandi distinzioni tra uomo e donna, infatti lo stesso passo di cuore e di dove sia, prosegue:
«Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona.» (Mt 6, 24)
No, infatti, il Vangelo non fa proprio nessuna differenza tra uomo e donna in questo punto. Là dov’è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore, vale per tutti.
Che il cuore delle donne cerchi Gesù in modo diverso da quello degli degli uomini è un’opinione personale, su cui non mi trovo d’accordo. La sete di Dio, la sete di amore di essere guardati e amati, è proprio del nostro essere creatura, in questo il cuore dell’uomo non fa differenze secondo me. Come dice Silvano Fausti (e non solo), l’uomo è bisogno infinito di essere amato (non la donna, l’uomo inteso come uomo e donna, genere umano), e Dio è Amore infinito.
Certo, il bello (= divino) del Vangelo è che ci supera da tutte le parti, oltre ogni nostra schematizzazione…chissà se la samaritana ha sistemato la sua “situazione matrimoniale”…eppure a lei, prima che potesse o volesse farlo, Gesù ha parlato (e gli apostoli si sono scandalizzati… “..Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?». Gv.4,28 ) La chiamata, l’incontro, precedono il cambiamento…anche morale…la misericordia è la giustizia che ricrea…Siamo in una strada bellissima!
D’ accordo. Ma non e’ male di questi tempi far notare che l’incontro e’ con una Verita’, non con un buonismo menzognero “massi’ in fondo che problemi vuoi che ci siano?”. Cristo a quella donna dice: “Hai avuto cinque mariti e quello con cui stai NON e’ tuo marito”. Che quella donna non si sia offesa o non si sia sentita ferita e quindi non se ne sia andata, torna a suo merito, ma Cristo non ha certo benedetto la sua situazione. E lei, infatti, va a dire ai suoi concittadini “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia il Messia?”
Ogni riferimento a persone e fatti attuali e’ puramente voluto.
@Cavaliere di San Michele
Costanza ha semplicemente detto una sacrosanta verità sulla dinamica della conversione, e cioè che l’incontro con Cristo precede ed è causa di ogni successiva conversione. E’ quello che cambia il cuore: il mio, il tuo, quello del pubblicano, quello della peccatrice.
Questa è esattamente la dinamica evangelica, che è vera anche oggi.
Perché bisogna sempre fare la noticina polemica e la precisazione col ditino alzato?
Perché bisogna sempre tirare fuori certe parole (vedi “buonismo menzognero”) anche se non c’entrano nulla con il contesto?
Grazie Costanza, le tue parole illuminate dal Vangelo toccano il cuore e fanno un gran bene. In cambio conta sul nostro sostegno nella preghiera per te e per la tua “missione” così preziosa!
L’ha ribloggato su Dialoghi con Dio.
L’ha ribloggato su Il sito di Alberto.
Mamma mia che bello questo articolo! Viene proprio per me .Ho avuto 3 mariti e un non marito che ho lasciato e dal quale non riesco a staccarmi perché ogni volta che lo lascio poi mi sento sola e vuota e ci ricasco e poi lo mollo e cosi via. Sembra una danza che non finisce mai. Voglio decidere una volta per tutte di cercare il volto di Gesù per npn avere piu sete d amore .
Signora Costanza, nel suo affermare che “a noi donne non chiede cose da nulla come i soldi …” cosa vorrebbe dire? Che le cose da nulla sono chieste a noi che apparteniamo al genere maschile? Non le pare un tantino offensivo?
Dio chiede di essere al primo posto (per la nostra gioia) sia nel cuore delle donne che in quello degli uomini.
Amare ed essere amati credo siano i bisogni fondamentali di ogni uomo e donna.
Concordo
Bellissimo e vero….lo sguardo della donna cerca un sguardo eterno che è Gesù il Nostro sposo….Grazie per questo articolo edificante.
Gentile Costanza, Lei ancora segue la tradizione sbagliata che identifica la Maddalena con una peccatrice.
Eppure basta leggere bene il Vangelo di Luca: Maria di Magdala era una delle prime donne che si misero a disposizione di Gesù in Galilea, e da lei Gesù aveva scacciato sette demoni. Ma questo vuol dire che era una peccatrice?
Clamorosa poi la traduzione sbagliata della parte dell’incontro tra Gesù e la Maddalena che per prime vide Gesù risorto: la vulgata dice “noli me tangere”, ma il greco autentico dice “non trattenermi”.
Insomma la tradizione che identifica la Maddalena con la peccatrice nella casa del fariseo colpisce ancora.
Se non le basta questa mia precisazione , ecco quanto dice recentemente il Cardinal Ravasi:
http://www.famigliacristiana.it/articolo/santa-maria-maddalena-la-discepola-calunniata-che-per-prima-vide-la-risurrezione.aspx
Buiona lettura!
Il riferimento ad Amoris Laetitia mi sembra inopportuno tanto quanto quello fatto a San Giovanni Rotondo. La sua posizione risulta un po’ ambigua. Cosa vogliamo fare con le persone segnate dal dolore di un matrimonio fallito? Non possono far parte della compagnia dell’Agnello? Io credo che lei da brava mamma, direbbe di sì; dunque lasciamo che lo faccia anche la Chiesa che è Madre!
Cara Daniela, da come l’ho letta, la “piccola nota a margine di Costanza” e’ connessa alla descrizione dell’incontro di Gesu’ con la Samaritana, donna capace di “plurima amoratio” (mi permetto una licenza poetica). Gesu’ le ricorda che il matrimonio e’ un vincolo sacro indissolubile. Semplice e radicale e’ Gesu’. Nel richiamare lei – e noi con lei – alla Verita’, Lui non ci priva del Suo abbraccio. Non c’e’ alcuna ambiguita’, ma Gesu’ ci invita a salire piu’ “in Alto” dei nostri compromessi.
Proprio per questo alla compagnia dell’Agnello siamo tutti invitati a partecipare: non e’ un club selezionato di perfetti eletti, ma anzi e’ un’amicizia che ci porta – insieme – a seguire, anche nelle salite della vita piu’ irte di difficolta’, l’Agnello cioe’ Gesu’.
Il riferimento e’ invece opportuno. Nella vita c’e’ sempre una scelta e si sceglie di risposarsi.
@Daniela
“Cosa vogliamo fare con le persone segnate dal dolore di un matrimonio fallito?”
Quello che disse San Giovanni Paolo II (Familiaris Consortio n. 84):
“Esorto caldamente i pastori e l’intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza.
La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia.
C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.
La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).
Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste, infatti, darebbero l’impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in errore circa l’indissolubilità del matrimonio validamente contratto.
Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo.
Con ferma fiducia essa crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità.”
Dio ci ama e Gesù ci indica la strada. la scelta è nostra. Gesù ci dice “prendi la tua croce e seguimi”, e ognuno ha la sua croce. Anche un matrimonio fallito alle spalle (qualunque sia il motivo) è una croce, come una malattia propria o di un familiare, la morte di un figlio le difficoltà economiche, e chi più ne ha più ne metta! Quindi sta a noi decidere come portare la nostra croce!
Rimane poi che viviamo in grande confusione. Da una parte una presenza troppo soft della chieda. Ho fatto Catechismo dai 6 ai 16 anni (da Paolo VI a Giovanni Paolo II) eppure solo dopo i 40 anni mi sono accorta che mi mancavano delle conoscenze base della nostra religione, senza le quali, soprattutto se si vive in una famiglia dove Dio esiste ma non è presente, è difficile camminare verso e con il Signore. E dall’altra tanti imput della società civile che ti portano esattamente dalla parte opposta.
E così quando si arriva al matrimonio (se ci si arriva) non si riesce più a capire cosa significa sposarsi in Chiesa e quanto valore ha questo sacramento.
@Pema: Per quanto concerne l’identificazione di Maria Maddalena siamo sempre nel campo delle supposizioni e delle ipotesi, non essendoci dati certi. Secondo Maria Valtorta, nel suo “Vangelo” è identificata proprio con Maria di Betania e la peccatrice.
Che bello questo articolo! Grazie cara Costanza! Davvero bello!
“È Gesù, sempre, il vero sposo, in ogni matrimonio cristiano.”
Splendido articolo!
Queste le parole di papa Francesco riguardo al sinodo straordinario sulla famiglia.: «Nessun intervento ha messo in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio, cioè: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e l’apertura alla vita. Questo non è stato toccato».
Qualunque interpretazione dell’Amoris laetitia che non tenga conto del pensiero del suo autore rischia di cadere nel grottesco.
Credo che al papa prema far sapere, per amore nei confronti di tutte quelle persone che soffrono per un matrimonio fallito, che la Chiesa non li abbandona, ma, da buona mamma, desidera chinarsi su di loro per accompagnarli, seguendo Gesù, in un cammino che li aiuti a ritrovare il senso e la gioia della loro vita.
“Credo che al papa prema far sapere, per amore nei confronti di tutte quelle persone che soffrono per un matrimonio fallito, che la Chiesa non li abbandona, ma, da buona mamma, desidera chinarsi su di loro per accompagnarli, seguendo Gesù, in un cammino che li aiuti a ritrovare il senso e la gioia della loro vita.”
E il modo migliore per non abbandonarli, per chinarsi su di loro, per accompagnarli, seguendo Gesù ecc. è proprio quello di non incoraggiarli a peccare, di aiutarli a fare la volontà di Dio ammonendoli quando se ne allontanano, cioè di proibire che divorziati risposati conviventi more uxorio accedano all’Eucaristia.
Purtroppo invece l’Autore di Amoris laetitia ha fatto sapere ai vescovi della regione Buenos Aires che Amoris laetitia va intesa come autorizzante divorziati risposati conviventi more uxorio ad accedere all’Eucaristia:
http://blog.messainlatino.it/2016/09/amoris-laetitia-il-perpetuarsi-della.html
“Queste le parole di papa Francesco riguardo al sinodo straordinario sulla famiglia.: «Nessun intervento ha messo in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio, cioè: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e l’apertura alla vita. Questo non è stato toccato».”
Sarebbe bello che non fosse stato toccato. Ma è del tutto evidente che, ammettendo all’Eucaristia divorziati risposati conviventi more uxorio, si attenta eccome all’indissolubilità del matrimonio, e si mina gravemente il valore della fedeltà coniugale.
Insomma, Amoris laetitia, per come è interpretata dal suo Autore (se fa fede quanto egli ne ha scritto ai vescovi delle regione Buenos Aires), contraddice eccome alla dottrina cattolica sul matrimonio; e non solo contraddice all’intima natura di quel sacramento, ma anche del sacramento dell’Eucaristia e della penitenza.
Come i quattro cardinali hanno l’indiscutibile merito di segnalare con i loro “dubia”.
Alessandro, se tu avessi solo dei dubbi ti sforzeresti di provare a capire il papa, ma purtroppo tu presumi di avere solamente certezze!
“Alessandro, se tu avessi solo dei dubbi ti sforzeresti di provare a capire il papa, ma purtroppo tu presumi di avere solamente certezze!”
Questo è una tua valutazione su di me di cui farò tesoro.
Però, se vogliamo continuare a discutere con qualche costrutto, ti inviterei a interloquire nel merito, cioè a entrare nel merito degli argomenti che porto.
Ok, si potrebbe iniziare con un esempio concreto in cui, secondo te, la Chiesa ammetterebbe qualcuno all’Eucaristia offendendo il Sacramento del Matrimonio. Aspetto.
Lo ripeto, visto che la mia risposta ancora non appare, che io sono anche disposto ad argomentare con te, ma dobbiamo costruire i nostri ragionamenti attorno a qualcosa di concreto, non al nulla.
Saresti disposto, perciò, a fare un esempio concreto nel quale la Chiesa, a tuo avviso, seguendo gli insegnamenti dell’Amoris laetitia, offenderebbe il Sacramento del Matrimonio ammettendo all’Eucaristia alcune persone che si trovano in situazioni particolari?
Sei tu che fai affermazioni sul nulla.
Mai sentito parlare dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II al n. 84?
Ti rinfresco la memoria.
“La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia…
La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio.
Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).”
San Giovanni Paolo II insegna dunque che se un divorziato risposato convivente more uxorio fosse ammesso all’Eucaristia si ammetterebbe all’Eucaristia chi con il suo stato di vita “contraddice oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia”, poiché questo stato di vita (cioè il fatto di essere divorziato risposato convivente more uxorio) “viola il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo”, ossia è “in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio”.
In sintesi: san Giovanni Paolo II insegna che ammettere all’Eucaristia un divorziato risposato convivente more uxorio implica entrare in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio, la quale si fonda su “quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa significata e attuata dall’Eucaristia”.
Se non sei convinto, lamentati con Giovanni Paolo II e con il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1650:
“Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (« Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio »: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza.”
Capito? I divorziati risposati conviventi more uxorio “si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio”.
Quale Legge di Dio?
La Legge in cui Dio stabilisce che il matrimonio sia indissolubile. E’ evidente, dunque, che “i divorziati che si sono risposati civilmente” e convivono more uxorio si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con l’indissolubilità del matrimonio, e quindi non hanno le disposizioni morali per ricevere degnamente l’Eucaristia (“essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione”, cioè per tutto il tempo che perseverano nella convivenza more uxorio, ossia per tutto il tempo in cui vivono in uno stato che oggettivamente contrasta con l’indissolubilità del matrimonio).
Bell’articolo di C&M:
http://www.campariedemaistre.com/2016/11/trump-pio-xiii-e-i-quattro-cardinali.html
Era un piano preparato gia’ dal 2014…altro che comprensione, e discorsi da Miss USA vari…
http://www.marcotosatti.com/2016/11/19/limpasse-del-papa-i-dubia-e-il-gossip-implicito-un-piano-del-2014/
Ha ragione Tosatti:
“Ma temiamo che il problema non sia facilmente addormentabile; e non basta rinunciare all’incontro con i cardinali prima del Conclave per risolvere la situazione.
D’altronde le prospettive sono tutte perdenti.
Rispondere ai cardinali, dire che chi è in peccato mortale oggettivo (con tutte le attenuanti del mondo) può avvicinarsi all’eucarestia è rompere con tutto quello che la Chiesa ha insegnato finora, e non bastano due noticine aumm aumm, un po’ di striscio, a ribaltare tutto.
E’ una furbatina, ma di gamba corta.
D’altronde tornare indietro come si fa? La prospettiva più probabile è lasciare che lo stato di confusione e divisione si propaghi e continui – lo scontro fra vescovi americani ne è un segnale.
(vedi qui: http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/11/18/il-papa-tace-ma-il-neocardinale-suo-amico-parla-e-accusa-non-ce-pace-su-amoris-laetitia/ )
Ma sempre con la spada di Damocle che in una situazione o in un’altra i Dubia si ripresentino al cospetto del Pontefice. Una bella impasse, Santità.”
Ma ciò che a viste umane è oggi imprevedibile, non è impossibile, può accadere. Cioè può accadere che il Papa corregga i suoi gravi errori. Questo prego che accada.
Per quanto riguarda il fatto che la Maddalena sia la peccatrice del Vangelo, non bisogna dimenticare che la Chiesa nella liturgia delle ore del 22 luglio mostra di tenere per una sola Maria dal momento che ad una sola, a Maria di Magdala, attribuisce i fatti evangelici che alcuni autori moderni vorrebbero divisi in due o tre Marie.
Dello stesso parere il prestigioso Padre della Chiesa San Gregorio Magno (non a caso Magno, cioè Grande) e il beato Jacopo da Varazze, autore della Legenda Aurea, il grande best seller del medioevo con le storie dei santi.
Insomma pare proprio che l’interpretazione scelta da Costanza sia ben fondata… a meno che non si voglia preferire l’opinione di qualche teologo di moda oggi come Ravasi…
Per approfondimenti: http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4293