Figli preferiti

di Costanza Miriano

Non mi scandalizzerei se un padre o una madre avessero una preferenza per un figlio, penso che possa succedere. Magari si può trattare semplicemente di una affinità, di una somiglianza, di avere gli stessi meccanismi di funzionamento, o anche gli stessi difetti.

Per me però, dico la verità, non è così. Anche se riconosco alcune mie inconfondibili impronte nella prole (c’è chi ha la manualità di un tricheco, chi la mia voracità nel divorare libri e salumi, chi come me la resistenza fisica di un mulo e la stessa armonia nel emettere ragli quando tentiamo di cantare), quando mi capita di stare sola con ognuno dei quattro, di guardarli singolarmente – ogni tanto si presenta qualche congiuntura astrale positiva, tipo andare a prendere il pane solo in due – ogni volta mi convinco, ma davvero, sinceramente, che quello o quella è il mio preferito. Penso che il mio cuore non possa contenere un amore più grande di quello che provo in quel momento.

Ho letto che Madre Speranza di Gesù, la mistica spagnola che fondò una congregazione a Colvalenza, aveva tante bambine da sfamare e allevare, orfane o povere, in tempo di guerra. Dopo molti anni trascorsi con lei, parlando tra di loro, scoprirono che ognuna di loro era profondamente convinta di essere la prediletta di Madre Speranza. Lei era così attenta e tenera e speciale nell’amarle, una per una, personalmente e unicamente, da indurle a credere di essere le favorite su tutte le altre.

Mi piacerebbe fare così con i miei figli, non so se ci riesco (non credo che loro lo pensino quando scaravento i loro quaderni imprecando contro la scuola moderna che invece che bocciarli ha dato un nove). Ma non è questo che importante.

L’importante è che Dio davvero fa così con noi. Davvero ci ama tutti come figli unici, ci predilige, ci coccola, ci insegue, persino, a volte. Ci conosce come nessuno al mondo, eppure, pur vedendo tutte le nostre schifezze, ci ama e dà la vita per noi.

Se c’è un colore spirituale della nostra epoca, è quello della Divina Misericordia. Ogni volta che Dio si è manifestato in modo speciale nell’ultimo secolo, e parlo solo di fenomeni riconosciuti come veri dalla Chiesa, lo ha fatto per dire questo, che lui sta lì ad aspettarci, con cuore tenero e innamorato, paziente.

Tempo fa ero ospite a Radio Maria, insieme all’apologeta di razza Rino Cammilleri e allo psicologo più geniale che conosca, Roberto Marchesini. Un ascoltatore ha chiamato chiedendoci di commentare il fatto che viviamo nell’epoca di Sodoma e Gomorra, e Roberto, dalla sua esperienza di psicologo che incontra le vite di tante persone, ha detto che invece questo è più che altro il tempo della disperazione. Non è la lussuria il primo problema di chi è lontano da Dio, ma la disperazione. Per questo il messaggio affidato, tra gli altri, a santa Faustina Kowalska e a madre Speranza, parla dell’infinita misericordia di Dio, della sua tenerezza per noi. Anche il Papa in ogni modo – sublime – e in ogni occasione sottolinea sempre la cura paterna di Dio.

Mi chiedo spesso perché questo messaggio faccia fatica ad arrivare ai nostri cuori. Certo, c’è l’ingannatore che fa bene il suo mestiere, convincendoci sempre che Dio ci vuole fregare, in qualche modo.

Ma poi c’è anche il fatto che la parola misericordia alle nostre orecchie suona un po’ a vuoto, perché abbiamo perso il senso del peccato. Di cosa ci perdona, quale grazia otteniamo se non abbiamo fatto tutto sommato niente di male, niente di così grave, se non sappiamo più dare il nome alle nostre azioni?

Non credo affatto che gli uomini di quest’epoca si comportino molto peggio dei loro predecessori su questa terra, anzi. Quello che è cambiato è il senso del limite, del peccato – spariti – del bene e del male, che suonano come vecchiumi insensati alle orecchie dei più.

Se torniamo come bambini, che si fidano dei divieti dei genitori, e hanno anche un po’ di sano timore quando li trasgrediscono, allora forse misericordia potrà tornare a essere una parola sensata (la mia Lavinia da quando ha sentito che il Vangelo dice di non giurare, ogni volta che qualcuno usa la parola “giuro” come intercalare scoppia a piangere e grida disperata “chiedi scusa a Gesù”, perché “quella è una parola che viene dal diavolo”: lei sì che prende le cose sul serio).

Solo allora cominceremo a guardare con occhi carichi di stupore la nostra vita, cogliendone commossi le impronte di un padre che ci segue con amore, che ci perdona, che ci ama, che preferisce, ne sono convinta, proprio me, solo me, in questo modo specialissimo e unico.

 

post già pubbblicato il 1 agosto 2012

3 pensieri su “Figli preferiti

  1. Davide Scarano

    Grazie Costanza per ciò che dici e per come sai dirlo. Sei uno dei semi che Dio ha mandato sulla terra per aiutarci a credere.

  2. “Ogni volta che Dio si è manifestato in modo speciale nell’ultimo secolo, e parlo solo di fenomeni riconosciuti come veri dalla Chiesa…”

    Per esempio?

  3. fra' Sereno (François Marie)

    carissima Costanza, sono fra’ Sereno, diocesi di Napoli. Sono stato ai due Family Day, per situarci un po’. Ti ringrazio molto e anche dei tuoi libri “Sposati…” e “Sposala…”.
    Volevo proporti due osservazioni.
    – È vero, come vai ripetendo, che gli studi sui “figli” delle coppie omosex sono troppo recenti. Ma abbiamo una montagna di esperienze e studi sui figli adottati e i figli della provetta. Il bisogno, anche idealizzato per carità, ma vero, profondo, di conoscere le proprie radici, di vivere con i genitori biologici e non con quelli adottivi, non sono acqua. In carcere ho fatto esperienze che lasciano il segno.
    – Tanti anni fa ho letto il libro di due “neuropsicologi” (si può dire così?) americani sulla differenza maschile femminile. Queste differenze, anche a livello appunto neurologico, di sensazioni cutanee, di campo di visione, ecc. sono vere, riscontrabili nell’esperienza quotidiana di tutti. Questi autori dicevano che il cervello in particolare ma diciamo tutta la struttura neuro psichica dell’essere umano, sono pre-configurate. Come un computer: si può utilizzare in tanti modi ma sempre a partire dalle potenzialità di base. Oppure una macchina di Formula 1: si parla di sviluppo durante l’anno, ma il telaio e il blocco motore sono quelli. Riportando il discorso all’Uomo e la sua Natura, gli autori non parlavano di Dio e ammettendo tranquillamente la teoria dell’evoluzione dicevano che non è finita MA che la specializzazione profonda che si è operata tra maschio e femmina in milioni di anni non può essere stravolta in 30 anni, e nemmeno in 100. Per loro certe pretese di instaurare un costume sociale così diverso dalla tradizione è andare contro Natura (anche se non data da Dio e aperta a mutazioni) ed è una follia.
    Mi sembrano concetti semplici e utili.

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