di Elvira Parravicini
Tutto al giorno d’oggi tende a diventare più veloce, quasi a voler togliere il tempo necessario affinché noi, medici e pazienti, possiamo prendere coscienza della ferita che sorge nell’istante della morte. Perché avviene questo? Perché in noi c’è qualcosa che desidera vivere per sempre e il paradosso della morte è “come una freccia che qualcuno scocca e che viene a trafiggere il cuore e a ridestarlo, a risvegliarlo dall’anestesia al suo dolore, al dolore che è suo, solo suo, al dolore che solo il cuore prova; quello della solitudine, della mancanza di un Altro” (Mauro Giuseppe Lepori, OCist). Vorrei raccontarvi la storia di Margherita. Margherita è una bambina che ha vissuto quattro ore.
La tentazione dei miei colleghi medici è stata quella di lasciarla morire così, da sola, senza coinvolgere i suoi genitori e i suoi fratelli in questi attimi a lei donati alla luce del sole. La giustificazione? Sarebbe stato troppo doloroso e, magari, anche deleterio da un punto di vista psicologico. Mi sembrava irragionevole la posizione per cui, a fronte della paura di essere feriti, noi rinunciamo all’esperienza dell’amare e dell’essere amati per il poco tempo in cui è comunque possibile. Allora ho insistito affinché i suoi famigliari la prendessero in braccio e la amassero in quegli attimi, perché il desiderio che abbiamo più profondo nel cuore è quello di amare ed essere amati. Sento che parte della mia responsabilità di medico è quella di sostenere il compimento di questo desiderio e di dare una possibilità perché questo si compia, poco importa la durata la vita. Attraverso la vicenda di un’altra bambina ho potuto approfondire la natura e la portata di questa ferita.
Rossella è una bambina che ha vissuto due mesi con una gravissima malformazione cerebrale per cui non le era neanche possibile respirare autonomamente. Quando abbiamo incontrato la sua mamma e le abbiamo comunicato la situazione irreversibile, le abbiamo chiesto: “che desiderio hai per la tua bambina?”, cioè cosa potessimo fare per rendere la sua breve vita più felice. Lei ci ha risposto con un grande sorriso, come a dire: “ma che domanda mi fate? Io voglio che guarisca completamente e che abbia una vita bellissima”. In quel momento ho capito che questa mamma non aveva paura di stare davanti alla ferita, anzi questa ferita aveva una dimensione ben più grande di una consolazione o di un compromesso. Lei voleva tutto per la sua bambina. Accompagnando la mamma anch’io mi sono lasciata ferire e il suo desiderio è diventato il mio: un desiderio di eternità, di compimento. La strada per me e per la sua mamma è stata quella di tenere aperto il desiderio e aspettare che qualcosa accadesse. Una cosa era certa: questo desiderio di eternità e di felicità era troppo grande perché io come medico o la sua mamma, che pure le voleva tanto bene, potessimo rispondere. A questo punto eravamo impotenti davanti al Mistero e abbiamo lasciato lo spazio perché Lui venisse e colmasse la sproporzione che solo Lui può colmare. Noi sapevamo che Rossella avrebbe vissuto poco, ma non potevamo prevedere esattamente quanto: ore, giorni, settimane? Abbiamo seguito la sua vita senza imporre nulla alla realtà e ogni giorno è stata l’esperienza di un amore quotidiano a lei e l’esperienza per lei di sentirsi amata oggi. Abbiamo continuato a curarla così ogni giorno, finché all’improvviso un Altro è venuto a prendersela.
La mamma, in un gesto di estrema tenerezza, l’ha totalmente consegnata non alla morte, ma a Chi le aveva dato la vita. Forse ho riconosciuto la coscienza più vera della sproporzione di una donna rispetto al desiderio del cuore del suo bambino in un quadretto, ricamato a mano, appeso sulla culla di un neonato destinato a morire in breve tempo: you are loved. Tu sei amato. Questa mamma non ha scritto I love you, cioè ti amo, ti voglio bene, ma: “tu sei amato”. Lei ha capito che, pur con tutto il suo amore, non sarebbe stata in grado di salvare la vita del suo bimbo, lei ha capito il limite della medicina e il limite del suo amore di madre. Ma ricamando, giorno dopo giorno: “tu sei amato”, ha affermato che c’è Qualcuno che salva il suo bambino, ora e per sempre. Questo è vero per quel bimbo, quella mamma, per me medico e per ognuno di noi. Quello di cui abbiamo bisogno è di Uno che ci ami di un amore eterno.
fonte: ilsussidiario.net
leggi anche Battere l’aborto con la «comfort care»
Partendo dall’ultima chiosa
Osservando che quel bisogno è giá colmato
E ribaltando la prospettiva
Quel che ci manca è accorgerci che “we are loved”
Buongiorno! Non riesco ad aprire l’articolo, potreste per favore rimandarmelo? Grazie, di tutto! Paola Mazzucchelli
Inviato da iPad
>
…trovo molto giusto che questo articolo sia stato pubblicato sul “Sussidiario”, che è il nome di quel libro, una via di mezzo tra un libro di di pedagia e di pensieri giusti e lodevoli e a buon mercato e di apologie di di santi o di persone straordinarie o anche solo onestissime, anche se povere, e di riassunti di storia e brandelli di scienze e geografia e brani di opere letterarie edificanti, (e questo è durato per almeno 30 anni almeno, dopo la guerra,nella tradizione del buon vecchio Sussidiario precedente, e degli antichi raffazzonamenti della scolastica, invece che studiare in un altro modo, che poi non si è trovato mai nessun modo decente, ma sempre meglio, anche nulla, che il Sussidiario)!
Ciao, segnalo che nella newsletter di oggi alla frase “Leggi il resto dell’articolo” c’è un link sbagliato, che porta ad una pagina di errore: quello giusto è http://costanzamiriano.com/2015/09/11/margherita-4-ore-di-vita-piene-damore/
Grazie,
credo sia dovuto ad un precedente diverso orario di pubblicazione. grazie
O.T.:
Un veloce passaggio per segnalare un bell’evento al quale interverrà Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la vita:
“Sarà ancora possibile dire mamma e papà? La famiglia al tempo del gender”
giovedì 17 settembre 2015, ore 21,00 ad Arezzo
https://www.facebook.com/events/957077851029892/
E il giorno primo ad Ascoli; me lo segno!
Colgo l’occasione per professarmi impenitente lettrice fin dalla più tenera età di sussidiari vaganti per casa e appartenuti ad ascendenti, collaterali, agnati e cognati 😛
webmrs:
… i risultati si vedono!
Troppo buono, grazie!
Vorrei informare che su Facebook, noi mamme della comfort-care, che aiutiamo la Dott.ssa Elvira Parravicini a far aprire un percorso di accompagnamento (per gli “incompatibili con la vita”) abbiamo una pagina facebook che si chiama “Perinatal Hospice italia “.
Per chi si trova o conosce famiglie a cui è stata fatta una diagnosi infausta può contattarci.
La Dott.ssa Parravicini sarà in Italia a novembre. Il 9 novembre sarà all ISS Donnaregina di Napoli. Chi vorrà partecipare l incontro é aperto a tutti.
Grazie
Una mamma
A ulteriore conferma del mistero di cosa ci facciamo al mondo (salvo soddisfare la lussuria di qualche sadico illimitato). Trovo che un bel compito in classe sarebbe stato piu’ che sufficiente