di Vito Punzi Tempi.it
La ribalta mediatica la rumeno-tedesca Birgit Kelle (classe 1975, nella foto), pur senza cercarla, se l’è guadagnata solo negli ultimi mesi, da quando è uscito il suo libro Allora chiuditi la camicetta. Un grido contro la follia dell’uguaglianza. Già da anni impegnata come pubblicista presso quotidiani e riviste come Welt, Focus e Junge Freiheit, la sua presenza in occasioni di dibattito pubblico sui temi riguardanti il ruolo della donna, la famiglia e l’educazione s’è letteralmente moltiplicata. Il prossimo, intrigante incontro il 24 gennaio, a Siegen, organizzato dalla locale Cdu, il partito cristiano-democratico. La Kelle è stata chiamata a confrontarsi sul tema “femminismo oggi” con Zana Ramadani, fondatrice di “Femen Germania”, ma anche membro del partito di Angela Merkel.
«Non abbiamo bisogno di un femminismo che rappresenta solo gli interessi di alcune donne che vogliono costantemente costringermi a liberarmi contro la mia volontà», ha detto la Kelle a proposito di Femen. «Noi siamo diverse – si è difesa la Ramadani –, siamo autocoscienti, camminiamo a testa alta, e lo facciamo a seno nudo. Lo si vede raramente, perché la società gradisce che così si mostrino solo le donnine, non le donne forti». Inutile dire che sono previste scintille…
Signora Kelle, che cosa intendeva dire scegliendo il titolo del suo ultimo libro?
Nel corso del 2013 in Germania c’è stato sui media un dibattito molto duro su che cosa sia il sessismo e che cosa invece non lo sia. Questo concetto può essere definito solo da donne, gli uomini al proposito non hanno più nulla da dire. È sufficiente che un uomo sbagliato getti uno sguardo sbagliato, dica una parola sbagliata nel momento sbagliato e subito viene definito sessista. Contemporaneamente viviamo in una società “ipersessualizzata”, nella quale sono proprio le donne a presentarsi volentieri in atteggiamenti sexy e disponibili. Un atteggiamento che viene giudicato chic, e ci si attende perfino che le donne siano così. Al titolo del mio libro ho pensato quando lessi che l’attrice americana Megan Fox, definita solitamente come sexy, in un’intervista dichiarò di voler abbandonare quello stereotipo e di voler essere considerata un’attrice. Appena qualche settimana dopo, però, ho visto una sua foto sulla copertina di una rivista glamour americana vestita solo degli indumenti intimi, e mi sono detta: “Allora mettiti la camicetta se desideri che ti si guardi negli occhi”. Voglio dire che è la donna stessa che deve riflettere e rendersi conto se mette in risalto la propria intelligenza o la propria apparenza. E se una si presenta seminuda non deve stupirsi se l’attenzione altrui si concentra sulle sue qualità esteriori.
Perché si dimostra così arrabbiata a proposito del dibattito intorno al modello di donna casalinga?
Sono arrabbiata perché come casalinghe siamo chiamate continuamente a giustificarci e a spiegare il perché scegliamo di condurre questa vita. Veniamo definite come non emancipate, come “pollastre ai fornelli”. Eppure tiriamo su figli che con il loro lavoro finiscono col pagare le pensioni di altri, mentre noi la pensione non la riceviamo. Così non può andare avanti. Per la donna devono esserci varie opportunità, e che siano giuste e buone. Ma il sistema economico, la politica, i media e soprattutto le femministe ci spiegano continuamente come dovremmo cambiare la nostra vita. Tutti vogliono liberarci, ma io non voglio essere liberata. A me piace la mia vita. E nessuno fa una politica per un modello di vita come noi vorremmo.
Qual è la relazione tra l’attuale politica (s’intende del precedente governo Merkel, ndr) per gli asili nido e la libertà delle donne, cioè delle madri?
La politica per gli asili nido ci viene venduta come sostegno alla “libertà di scelta”, come libertà per la donna di poter esercitare una professione, come libertà di poter parcheggiare i nostri figli. In realtà si tratta di una politica decisamente unilaterale e non tiene conto della libertà di poter educare e accompagnare la crescita dei propri figli. Dunque si tratta di una grande menzogna, perché in realtà spesso le donne non hanno più una reale possibilità di scelta. Perché una famiglia che non può vivere con un solo stipendio e riceve un sussidio per l’asilo nido e non un generico sostegno economico, di fatto non ha alcuna libertà di scelta.
A proposito del tema donna in carriera o donna casalinga, sembra esistere una coalizione tra l’ideologia socialista e quella capitalista: che cosa ne pensa?
Trovo anch’io molto sorprendente come si possano realizzare strane alleanze e come la storia si ripeta. È utile chiedersi: a che pro scegliere una politica della famiglia che spinga affinché le donne abbiano il meno tempo possibile per vivere con i loro figli e siano il prima possibile a disposizione del mercato del lavoro? Questo produce sfruttamento. Sfruttamento delle famiglie, delle donne e soprattutto dei bambini. Al sistema economico invece ne deriva profitto. Dunque torna ad avere un elevato contenuto politico la domanda su chi debba educare i figli e secondo quali criteri. E proprio su questo tema prendiamo atto di come la storia si ripeta. È un segno distintivo dei regimi totalitari quello di impossessarsi dei bambini e di sottrarli il prima possibile alla sfera d’influenza dei loro genitori. Lo abbiamo imparato dalle dittature comuniste o da qualsiasi altra forma d’architettura. Consiglio sempre di leggere L’ABC del comunismo di Bucharin e Preobrazenskij; sebbene lì i riferimenti siano al 1920 i paralleli con la realtà odierna sono evidenti e terribili. Una citazione: «Alla società appartiene il più originario e fondamentale diritto all’educazione dei bambini. A partire da questo punto di vista le pretese dei genitori di appioppare, attraverso l’educazione coltivata in casa, la loro ottusità, non deve essere solo rifiutata, ma anche derisa… Per questo motivo l’educazione sociale non è necessaria solo per considerazioni pedagogiche; essa infatti porta con sé enormi vantaggi economici. Centinaia, migliaia, milioni di madri, grazie all’attuazione dell’educazione sociale, vengono rese libere per la produzione e per lo sviluppo del suo modello culturale. Esse vengono liberate da quella economia domestica che uccide lo spirito e da quell’infinito numero di piccoli doveri che sono legati all’educazione familiare dei bambini».
Lei è nata in Romania e ha sperimentato il realismo socialista. Quali differenze sostanziali vi sono tra quel regime e quello democratico del suo attuale paese, la Germania? E che cosa ritiene invece vi sia in comune?
La differenza sostanziale è data dalla libertà d’opinione. Nei nostri paesi democratici abbiamo la possibilità di dire ciò che pensiamo. Possiamo impegnarci politicamente e permetterci di criticare il governo senza correre rischi per la nostra vita. In Italia avete portato in tribunale l’ex capo del governo Berlusconi e questo in un paese comunista è impensabile. E comunque questa libertà va anche difesa. Probabilmente nelle nazioni democratiche le persone rischiano di sentirsi sazie della libertà. Possiedono diritti che neppure usano. Non si impegnano politicamente e rinunciano perfino ad andare a votare. Spesso si riconosce il valore della libertà solo quando lo si è perduto.
Lei ha scritto: «Vogliamo più villaggi gallici». Che cosa intendeva dire?
L’ho detto a proposito delle famiglie. In Germania si giustifica la sempre più diffusa educazione in età infantile presso gruppi e comunità, citando molto volentieri un detto africano secondo il quale c’è bisogno di un intero villaggio per educare un bambino. Ci vogliono convincere che per indirizzare un figlio sulla giusta via della vita non bastano i suoi genitori, ma ci vuole l’intera società. Preso da un certo punto di vista può essere giusto, perché un bambino ha bisogno di molti influssi. In Germania però ci si comporta come se dei genitori si potesse fare del tutto a meno, fino a dire e credere, così sostengono alcuni politici, che lo Stato sia migliore dei genitori nell’educazione dei bambini. Ecco, con quella battuta volevo dire che non abbiamo bisogno di villaggi africani, piuttosto di più insediamenti gallici, come viene detto nel famoso fumetto Asterix. Ogni famiglia dovrebbe essere un nucleo, un nido di resistenza per difenderci dall’attacco dello Stato ai nostri figli. Come famiglie dobbiamo difendere la libertà di poter educare i nostri figli fino al punto in cui lo riteniamo giusto.
Lei è di fede cattolica. Quanto dipende da questa appartenenza la sua posizione rispetto alla famiglia e rispetto all’educazione?
Queste convinzioni le avevo prima di diventare cattolica. Mi sono convertita due anni fa, ma è da almeno dieci anni che scrivo contro una politica della famiglia che non condivido. Nella mia attuale fede mi sento confermata in quanto donna e madre. La Chiesa è l’ultima istituzione che mi accoglie così come sono, che non cerca costantemente di cambiare il mio essere donna e non mi costringe ad avventurarmi in percorsi di vita che io non voglio prendere. Sono donna, lo sono volentieri e anche con una mia tipicità. Così sono volentieri anche madre e poter educare i miei figli è per me una grande soddisfazione. La Chiesa cattolica mi dice: tu sei sulla buona strada. E questo mi rende più forte.
fonte: Tempi
credo che l’intervistata volesse dire «…camminiamo a testa alta, e *NON* lo facciamo a seno nudo…»
Ah no, scusate, ho sbagliato io a leggere, pensavo che quelle parole fossero della Keller e mi suonava strano 🙂
Si dibatte sempre in modo contrapposto. Le Femen dicono che loro sono diverse e camminano a seno nudo e a testa alta. La Keller dice che lei è diversa e vuole “abbottonarsi la camicetta” . E’ giusto tutte le persone sono diverse, ognuno ha proprie caratteristiche e propri carismi. Quindi pensare a omologare la donna nella famiglia tradizionale non è possibile, così come l’uomo, come non è possibile che non ci possa essere donna contenta e orgogliosa di affermarsi nella famiglia tradizionale, così come l’uomo. Nel futuro spero ognuno possa essere libero di mettere a frutto il proprio carisma per se e per gli altri in armoniosa sinergia.
Chissà se e quando verrà pubblicato anche in Italia il libro della Kelle.
Nel frattempo come sta andando la questione in Spagna contro il tuo libro?
Un caro saluto!
Enormemente d’accordo con tutto ciò che dice!
…c’era una volta un mondo in cui i bambini, anche nelle borgate delle città,erano figli di tutti, e trascorrevano il loro rempo liberamente per le strade piene di avventure (salvo quando dovevano stare chiusi nelle scuole) e tutti li conoscevano e loro conoscevano tutti e tornavano trafelati la sera alle case per butttarsi a letto contenti e sfiniti e con il sonno pieno di sogni come si vede alle volte i cani sognare ancora di correre e cacciare.
Poi sono venute le città invivibili, le società mastodontiche, i motori, l’obbrorio della vita in mezzo ai muri grigi.
E la sgregazione in famiglia, in casa, nel tinello, allla televisione, è stata imposta tristemente ai bambini più inermi e meno vivaci che appena hanno potuto sono scappati via subito per respirerare se non altro il puzzo degli autobus e dei treni che li portavano via lontano dalle famiglie prigioni. E di questo molto si avvantaggiaronsi i preti e le parrocchie, dove anche potevano essere (tapini) più comodamente indottrinati e abusati. Anche le donne allora provarono a darsi alla fuga e furono incolpate di essere solo femministe ideologiche e non persone che volevano uscire fuori dal chiuso.
Ora il tempo è passato e ai bambini e bambine non rimane altro che aspettare di scappare, almeno, di casa.
Alvise c’è del vero in quel che dici, tranne rispetto il supposto “avvantaggiarsi” di preti e parrocchie con tristi finalità, commento gratutito, frutto forse oltre che del tuo “dente avvelenato”, di tristi esperienze.
Oggi poi vedo tanti bimbi e ragazzi, mandati dalle famiglie, anche non credenti (o perticolarmente devote), proprio nelle parrocchie, perché sono rimasti pochi i luoghi dove affidarli – anche perché stiano tra coetanei – con minor preoccupazione. Questo per i motivi di cambiamento della città che racconti, ma anche perché una volta (esperienza anche mia che non frequentavo parrocchia) si stava con i fratelli e le sorelle (3/4/5)… oggi ridotti a uno o “uno e mezzo” 😐
Quello che dici sui bambini (nella società contadina, soprattutto) è certamente vero, anche dovuto al fatto che i figli erano tanti, e si viveva a stretto contatto con i cugini e i parenti. Le famiglie erano allargate, nel senso di enormi. Bisogna però anche dire che le famiglie contadine, in cui i fratelli e relative mogli vivevano insieme nella casa del capofamiglia, presentavano altri problemi: mancanza totale di autonomia delle nuore, intrusione pesante dei “vecchi” nella vita delle coppie più giovani. Questa almeno è stata l’esperienza della famiglia di mia madre. Solidarietà, certo (anche molto tra estranei, in tempo di guerra per esempio) ma anche invadenza reciproca. C’erano luci ed ombre.
Che bella storia… immagino che vissero tutti felici e contenti
Diciamocela tutta, anche le cose più crude: il verbo abusare non è transitivo.
…hai ragione, non dovrebbe esserlo, non dovrebbe transitare!
Per tornare nelle parrocchie.
Sempre LIRReverendo
Molti spunti interessanti in questo articolo.
Quello sul detto africano “c’è bisogno di un intero villaggio per educare un bambino” che qui viene contrastato giustamente, laddove lo si utilizza per destrutturare il nuclo principale e fondamentale dell’eduzazione che è la famiglia, ha però iun fondamento di sana e saggia verità e se riandiamo indietro con il tempo (senza minutile e melensi amarcord) così era nella struttura sociale dei tempi andati basata su gruppi di famiglie o “clan” se vogliamo.
Ne troviamo tesimonianza anche nella Scrittura.
Un accenno al femminismo come liberta dell’uso del proprio corpo (vedi seno nudo).
La pretesa ridicola, sarebbe queslla secondo cui la donna dovrebbe essere libera di girare anche nuda, senza che questo di per sè desti l’attenzione del maschio.
Ora la di là della “debolezza della carne”, più o meno pronunciata in ogni maschio (come in ogni donna seppure con “sfumature” diverse) e del problema esistente – ma misconosciuto dai “non abbetti ai lavori” – della concupiscenza, la pretesa è ridicola, perché Dio (per i non-credenti possiamo anche dire “la natura”) ha punto naturalmente una pulsione che non è asessuata tra il maschio e la femmina. Una pulsione che ha bel noti scopi e sbocchi (non che storture, ma questo tralasciamolo).
Di qui lo sconcerto della stessa Birgit, di fronte ad affermazioni di presteso riconoscimento di altri valori, da parte di esponenti femminili del mondo dello spettacolo (e non solo) che poi magari posano per l’ultimo calendario di X o di Y…
Per quanto come uomo apprezzi la figura femminile anche nella sua nudità (no voglio farmi passare per il “famoso” eunuco per…, che non sono) qualcuno poi mi dovrebbe spiegare l’utilità sociale, anche fosse rivolta ad una sola parte della popolazione, il valore intrinseco, il valore “educativo” di un calendario di siffatto genere.
E per favore non mi si tiri in ballo l’arte!
Molto interessante il punto di vista secondo cui il “sostegno alle famiglie” è solo funzionale ad un richiesta di maggior produttività (non è detto sia sempre in assoluto questa la razio, ma interessante).
Mi addentro in argomento spinoso, dicendo che risulta invece semplicistico e un po’ ingenuo il prendere a supposto esempio di un supposta libertà di pensiero (non che non ci sia differenza tra Italia ed un paesa comunista) l’aver portato in tribunale un ex capo del Governo, come questa fosse “volontà del popolo sovrano”…
Non apriamo qui polemiche vi prego, perché personalmente non mi interessa in alcun modo prendere le difese di chichessia!
Ma non si può non avvertire, che quello della Magistratura oggi in Italia, sta diventando un’altra forma di potere che troppo spesso (non SEMPRE) è al servizio di “altro” piuttosto che il servizio ai cittadini e alla Società.
E quello che dice la Kelle non vale solo per i bambini, vale anche per gli anziani. Se liberamente decidi di non dare tutto al lavoro, ma tenere un po’ tempo ed energia per fare compagnia (non solo accudire) e far sentire amata ed ancora voluta una persona anziana, invece di mettergli la badante h24, ti guardano come una poveretta, una che rinuncia alla sua vita e alla sua piena realizzazione. Per non parlare del fatto che, se non usufruisci della legge 104, il tempo per gli anziani è sostanzialmente il tempo delle ferie, mentre almeno chi deve accudire bambini piccoli ha (per certo nel pubblico impiego) giorni a disposizione, per esempio in caso di malattia.
Finalmente qualcosa di cattolico! I Vescovi del Triveneto all’unanimità! ‘O miracolo!
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/cei-cei-cei-nozze-gay-gay-marriage-matrimonio-homosexual-31681/
Qui integrale la Nota dei Vescovi del Triveneto “su alcune urgenti questioni di carattere antropologico e educativo”:
http://www.lavitadelpopolo.it/Documenti/Vescovi-triveneti/Lettera-dei-vescovi-triveneti-il-testo-integrale
Passaggi chiave:
“ci riferiamo al dibattito sugli “stereotipi di genere” e sul possibile inserimento dell’ideologia del gender nei programmi educativi e formativi delle scuole e nella formazione degli insegnanti, ad alcuni aspetti problematici presenti nell’affrontare in chiave legislativa la lotta all’omofobia, a taluni non solo discutibili ma fuorvianti orientamenti sull’educazione sessuale ai bambini anche in tenera età, alle richieste di accantonare gli stessi termini “padre” e “madre” in luogo di altri considerati meno “discriminanti” e, infine, al grave stravolgimento – potenziale e talora, purtroppo, già in atto – del valore e del concetto stesso di famiglia naturale fondato sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Questa inedita situazione richiede a noi Vescovi, prima di tutto, e alle comunità ecclesiali di non venir meno ad un compito e ad una testimonianza di carità e verità che rappresentano il primo e concreto modo per servire e promuovere l’uomo e la vita buona nella nostra società
Siamo, infatti, consapevoli che la differenza dei sessi è elemento portante di ogni essere umano ed espressione chiara del suo essere in “relazione”; senza la comune salvaguardia delle “grandi differenze” vi è un grave e concreto rischio per la realizzazione di un autentico e pieno sviluppo della vita delle persone e della società.
Ribadiamo perciò – come espresso autorevolmente, anche di recente, dalla Santa Sede di fronte al Comitato ONU della Convenzione dei diritti del fanciullo – il rifiuto di un’ideologia del gender che neghi di fatto il fondamento oggettivo della differenza e complementarità dei sessi, divenendo anche fonte di confusione sul piano giuridico.
Invitiamo quindi a non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: “padre”, “madre”, “marito”, “moglie”, “famiglia” fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.”
CRISTIANESIMO:
“Invitiamo quindi a non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: “padre”, “madre”, “marito”, “moglie”, “famiglia” fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.”
..
ATEISMO:
“1,2,3,4,5,6,7,8,9…numerologia fondata sul consumismo tra i tanti a beneficio di pochi”
..LIRReverendo
Se una ragazza va in giro in topless, dubito sinceramente che qualcuno si prenderà la briga di capire se è una ‘donnina’ o una donna ‘forte’, sarà troppo impegnato a osservare le sue grazie.
“Allora chiuditi la camicetta. Un grido contro la follia dell’uguaglianza”. Non vedo l’ora di leggerlo. Brava Birgit Kelle!