Sorpresi dalla fede

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«Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza». Così il Papa nella lettera Porta fidei. Nell’omelia all’inaugurazione dell’Anno della fede ha aggiunto: «Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio». Il libro Sorpresi dalla Fede  curato da don Arturo Cattaneo risponde a questo auspicio e a questa considerazione, sollecitando il lettore a confrontarsi, se non addirittura a ritrovarsi, in percorsi molto diversi perché diverse sono le circostanze della vita di ciascuno.

In questa intervista don Arturo Cattaneo  parla di una raccolta di testimonianze che vanno da Kiko Arguello a Leonardo Mondadori, da Cesare Prandelli a Paolo Pugni, da Lucetta Scaraffia a Costanza Miriano, da Gianni Morandi a Joseph Ratzinger, niente di meno!

In quest’anno della fede ci sono molte iniziative, anche editoriali. Perché ha scritto questo libro?

Perché mi sono accorto che per molte persone la fede sembra aver ben poco a che vedere con la vita quotidiana. Eppure essa continua a sorprendere tanti uomini e può realmente rinnovarne la vita. Ecco, invece di belle ma astratte riflessioni sull’importanza della fede, mi sembra più attraente e convincente la testimonianza di chi si è lasciato trasformare e convertire da Dio, di chi «vive di fede». Meglio di me lo ha detto Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Mons. Rino Fisichella nella prefazione ha centrato il punto: «oggi occorrono nuovi evangelizzatori; persone che con tutta la loro vita offrano una testimonianza convincente, autentica e coerente». Dei testimoni, quindi, che ci aiutano a riscoprire la bellezza della fede, a comprendere che essa non è un peso, ma sono ali per volare alto. È un dono inestimabile, che richiede di essere comunicato a tutti.

Perché lei scrive «sorpresi» dalla fede? In fondo, il tema della fede è centrale nel mondo cristiano da due millenni, che sorpresa c’è in qualcosa che già, in un certo senso, sappiamo?

Dico «sorpresi», perché nessuno più di Dio può sorprenderci. Non solo nell’atto di incontrarlo, ma anche nel modo con cui Lui rinnova la nostra vita, arricchendola di ogni valore e riempiendola quindi di senso, fiducia, speranza, bellezza, pace, gioia… Non c’è invece niente di più noioso, insignificante, insipido, oscuro e anche angosciante, che vivere lontani da Dio, come se Lui non si interessasse a noi e non avesse quindi nulla a che fare con la nostra esistenza terrena. Al riguardo Benedetto XVI ha osservato: «Nessuno può avere la verità. È la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Dio ci è diventato così vicino che Egli stesso è un uomo: questo ci deve sconcertare e sorprendere sempre di nuovo!» (Omelia 2.IX.12).

Quarantasei testimoni sono tanti. Come ha messo in ordine le persone intervistate, con che logica li ha ordinati?

Li ho distribuiti in due parti. La prima, intitolata «così la fede mi ha scovato», comprende storie di conversioni, che testimoniano la forza dirompente dell’agire di Dio nella vita di chi sa aprirsi alla sua voce, alla sua grazia. Sono storie molto diverse, come diverse sono le persone e le circostanze della vita di ognuno. Eppure hanno tutte qualcosa in comune: prendono coscienza di un disagio, di una profonda insoddisfazione verso il proprio modo di vivere e le aspirazioni che venivano inseguite, ma che alla fine si rivelavano un inganno. Il convertito è colui che si accorge di essere in esilio, alienato dalla sua vera patria, sradicato dal cuore del Padre.

Nella seconda parte, intitolata «così la fede mi rinnova», i testimoni scelti descrivono come la luce della fede rinnovi profondamente il rapporto con se stessi, con gli altri e con le cose normali di cui è fatta l’esistenza quotidiana (lavoro, studio, ricerca, rapporti familiari, sociali…). Per questo ho voluto dare spazio a persone di ogni situazione: dall’astronomo alla cuoca, dall’astronauta all’operaio, dal famoso calciatore al malato, dal professore universitario alla segretaria, dal politico alla moglie casalinga. La fede è una strada aperta a tutti. C’è anche un monaco, un prete, un vescovo, un cardinale e un papa, ma insieme a tutti gli altri, perché la fede è per tutti.

Nel libro sono più le persone che raccontano della loro fede quotidiana rispetto a quelle che descrivono la loro conversione. Lei vuol forse sminuire il valore di quest’ultima?

Assolutamente no, al contrario. Sono consapevole che il momento della conversione – o delle conversioni, visto che tutti abbiamo normalmente bisogno di più di una conversione – ci lancia tra le braccia di Dio, ce ne fa prendere coscienza esplicita. Ma poi è ancora più importante che la fede impregni la vita di ogni giorno. Faccio mia la lezione del Concilio Vaticano II, secondo il quale uno dei più gravi errori del nostro tempo «è la scissione che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana» (GS 43). Una scissione che è causata da una fede non ben compresa e non ben vissuta; è evidente che una fede troppo «ritualistica» o «formalistica» tende a restare separata dalla vita e non possiede quella forza di attrazione che le dovrebbe essere congeniale. Perché la fede, se vuole una definizione tra le tante possibili, è la gioiosa e impegnata risposta personale all’amore di Dio per noi.

Quarantasei storie, con le loro peculiarità, le loro luci. Che cosa l’ha colpita tra ciò che hanno scritto gli intervistati?

Da ogni testimonianza potrei ricordare vicende e riflessioni che mi hanno colpito. Non potendo ora soffermarmi su nessuna di esse, mi limito ad una considerazione d’insieme: tutte mostrano che ogni impegno lavorativo, familiare, sociale, politico, culturale, artistico o sportivo costituisce un’occasione per esercitare la fede. Tra i testimoni c’è anche Benedetto XVI, che dice: «La fede non è una minestra rifatta, scaldata e riscaldata, che ci viene riproposta da duemila anni, perché Dio stesso è l’origine della giovinezza e della vita». Di conseguenza, anche la Chiesa è sempre giovane, ringiovanita, perché si alimenta alla fonte inesauribile della fede che sgorga da Dio e continuamente ci sorprende e ci trasforma.

Torniamo all’inizio, ci sono molte iniziative editoriali relative al tema scelto dal Papa. Perché leggere un libro come questo?

Penso sia interessante ascoltare le testimonianze di chi in sostanza ci insegna – attraverso vie diverse – una cosa sola: come passare da una fede fatta spesso di consuetudine ad una fede dinamica, libera e convinta, dono da riscoprire, coltivare e testimoniare, frutto – scrive Benedetto XVI in Porta fidei – «di un’autentica e rinnovata conversione al Signore». Nell’omelia all’inaugurazione dell’Anno della fede egli ha anche detto: «Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio». Il mio desiderio è quindi quello di allargare a più lettori possibili il racconto di 46 testimoni di questa vita nuova.

***

Prima parte: così la fede mi ha scovato

Claudia Koll, Pietro Sarubbi, Gianni Morandi, Nando Bonini, Daniela Rosati, Kiko Arguello, Maurice Caillet, Janne Haaland Matlary, Juan Manuel de Prada, Jean-Claude Guillebaud, Scott Hahn, Lucetta Scaraffia, Carlo Nesti, Bernard Nathanson, Leonardo Mondadori, Andrè Frossard.

Parte seconda: così la fede mi rinnova

Un astronomo: Michele Pestalozzi. Un astronauta: Paolo Nespoli. Un cattedratico di Radioterapia: Numa Cellini. Un medico: Caterina Podella. Un teologo: Piero Coda. Un filosofo: Martin Rhonheimer. Un antropologo: Fiorenzo Facchini. Un imprenditore: Gregorio Fogliani. Una manager, scrittrice e artista: Luisella Traversi Guerra. Un consulente di marketing: Paolo Pugni. Un politico: Mario Mauro. Una insegnante di Scuola media: Anna Brianza. Una segretaria: Carmen Atzori. Una studentessa: Elisabetta Frondoni. Un artista: Fra’ Roberto Pasotti. Un arbitro: Massimo Busacca. Un allenatore: Cesare Prandelli. Un calciatore: Javier Zanetti. Una cuoca: Antonella Divincenzo. Un operaio: Claudio Pagnamenta. Un marito: Fabio Maccari. Una giornalista: Costanza Miriano. Una moglie casalinga: Caroline Filippini-Pablé. Una nonna: Fausta Gianella. Una malata: Clementina Meregalli Anzilotti. Un monaco: Padre Giustino Pagnamenta OSB. Un prete. Un vescovo: S.E.R. Francesco Cavina. Un cardinale: S.Em.R. Mauro Piacenza (Prefetto della Congregazione per il Clero). Un Papa: Benedetto XVI. 

http://www.elledici.org/libreria-on-line/catalogo/sorpresi-dalla-fede.html

18 pensieri su “Sorpresi dalla fede

  1. Alvaro.

    La Fede, che cosa e’ la Fede, come si arriva alla Fede, come si perde la Fede, come si ritorna alla Fede e allora non si perde piu’ anzi.
    Che cosa e’ la Fede; la Fede e’ quella certezza interiore, spirituale, e profondamente umana che ti porta a credere senza se e senza ma in Dio.
    Come si arriva alla fede; normalmente si arriva alla Fede, da piccoli, seguendo la propria mamma, la propria nonna in Chiesa, seguendo i loro insegnamenti ma ancora di piu’ i loro “comportamenti”.
    Come si perde la Fede; molto spesso nell’adolescenza quando il proprio ego cresce, quando si inizia il percorso che ci porta dentro la vita del mondo, quando la propria famiglia tutta diventa, non piu’ un esempio da seguire ma un qualcosa da contestare per adeguarci agli altri. Altre volte un po’ piu’ grandicelli, e magari dopo il matrimonio, dando piu’ importanza magari alle performance sportive dei propri figli che ti obbligano a seguirli in ogni dove a dispetto dei “doveri” ma anche “piaceri” che dovrebbero dare la Messa alla Domenica, la Confessione, la Comunione e la gioia di essere loro di esempio.
    Come si ritorna alla fede; in eta’ piu’ avanzata, per qualcuno prima per altri dopo, quando si comincia a pensare di piu’ al domani extra terreno, forse, quando si diventa anche un pochino piu’ umili e consapevoli della propria natura terrena, ed infine perche’ molto spesso si comincia ad avere bisogno di un ritorno alla propria infanzia, alla propria prima famiglia, e a tutti quegli insegnamenti e comportamenti che ti hanno fatto crescere in un certo modo. E allora, una volta riscoperta la propria Fede, che in verita’ ,credo, non si fosse mai persa completamente ma fosse rimasta in un angolino della nostra coscienza in attesa del momento opportuno, non la si perde piu’, anzi, si acquista mano a mano la consapevolezza di quanto essa sia importante e sempre piu’ necessaria nel nostro mondo. Quindi, come semplice conseguenza, si comincia a pensare, a credere, e a fare propri i principi su quanto sia importante l’apostolato in ogni tempo e in ogni dove, e non solo con le parole ma con il proprio comportamento, vero cara mamma e cara nonna? Alvaro.

    1. Caro Alvaro credo questo sia solo uno dei possibili percorsi (forse lei sta ripercorrendo il suo…), per altro se fosse così per tutti ci sarebbe un tempo di “vuoto” della Fede (o apparente vuoto) tra l’adolescenza e l’età adulta in età poi quanto avanzata? Questo presupporrebbe non avere gioventù con una salda Fede (Dio ce ne scampi) e non credo sia così.
      Né credo si passi necessariamente per un a “perdita della Fede”… crisi si, forse, anche ripetute. “Notti della Fede” che sempre di Questa fanno parte… è un percorso, un cammino.

      La Fede a volte non deriva da alcun esempio familiare, ma semplicemente da un Annuncio, dalla “stoltezza della Predicazione”, un Annuncio che a volte ritorna in famiglia cosicché il figlio “ammaestra” il padre o la madre.

      Tutto questo non per confutare le sue parole, assolutamente, solo per dare un altro spunto, per dire quanto per ognuno di noi il percorso possa essere diverso, come multiforme e meravigliosa si la Grazia e la Fantasia di Dio per portarci alla conoscenza di Dio.

      Ricordo la testimonianza di un frate, giovane, che ora è missionario, che ho avuto la grazia di avere come confessore per un certo tempo durante in miei primi passi in questo cammino:
      Ventenne, di un ricca e “altolocata” famiglia del Sud d’Italia, vive in continue “dissolutezze” come si userebbe dire. Non avendo maturato alcun senso della Vita, pur con un solida famiglia alle spalle e un padre magistrato, ma disponendo però mezzi economici, si alienava tra feste, festicciole, bagordi, amici, amiche (molti tali più per i suoi soldi che per altro) e spese “folli”.
      Un giorno ad una di queste “famose” feste, un amico porta con sé un altro amico che era costretto su un sedia a rotelle. Lui va ha riceverli. Rimane un po’ interdetto per l’ospite disabile, ma fa buon viso… Poi, dato il grande scalone da affrontare per salire al “piano delle feste”, più per fare lo sbruffone che altro (parole sue…), si carica il ragazzo disabile sulle spalle. “Ci penso io, lo porto su io…”.

      Bene, portando in cima il suo carico umano, senza sapere come e perché, sente dal profondo del cuore che questo era il senso della sua vita. Sente la “chiamata” a mettersi ala servizio della vita degli altri, a spendersi per i più deboli. Il resto è storia… Come è storia il Perdono invocato per coloro che, anni dopo, gli ammazzeranno il padre.

      Certo lui è tra i “sorpresi dalla Fede”.

  2. “Il convertito è colui che si accorge di essere in esilio, alienato dalla sua vera patria, sradicato dal cuore del Padre.”
    …sembrano parole dell’esistenzialismo (o, addirittura, marxismo) con aggiunto in fondo il vocabolo “Padre”.

    Ma che “” ha fatto “scriteriato”? Si è dato alla trappa?(o alla grappa)

    1. senm_webmistress

      «… sembrano parole dell’esistenzialismo (o, addirittura, marxismo) con aggiunto in fondo il vocabolo “Padre”»

      Casomai (vista la cronologia) sono quelle di Sartre e Marx che sembrano parole del cristianesimo da cui è stato cancellato il vocabolo …

      1. …proprio così: “pane al pane etc.” e cronologìa alla cronologìa!… ma a proposito di “pane al pane” non sarà anche un modo per dire che il pane è pane etc.e non altro?

  3. ….e infatti webmistress, grazie alla sua prodigiosa cultura umanistico-storico-teologico-filosofica, ha inteso far presente come il pensiero escatologico si è modernamente secolarizzato in visoni del mondo che se non hanno più Dio in cui credono hanno invece conservato in se stesse (almeno in parte) sia il pensiero dell’attesa e della realizzazione della fine del tempo dell’ingiustizia sia del raggiungimento della propria autenticità. Chi ancora invece in Dio crede ha per certo che il fine (e il principio)di tutto sia nel regno dei cieli. Anche il cristianesimo contiene in sé idee che erano prima, sia nell’Antico Testamento, sia nelle grandi concezioni religiose della antichità più remota.

    1. Alèudin

      è certo che il Cristianesimo contiene in sè concezioni religiose della antichità più remota, il cristianesimo non è altro che il compimento, il realizzarsi concretamente da parte di Dio stesso di tutte queste ricerche fin lì umane.

      Alce Nero ad esempio ha capito benissimo che gli indiani erano esattamente in attesa del Salvatore come gli ebrei e si è convertito.

      anche io voglio essere pedante e concludo chiedendomi se la parola “compagno” tanto cara ai comunisti non derivi proprio da cum panis, cioè condividere il pane.

  4. …scusate la pedanteria, ma vorrei ancora aggiungere, esistente nei nostri vervelli il mito del progresso, verso un fine, teleologico (mentre invece indubbiamente è esistito e esiste il progresso normale dall’uomo delle caverne ai vostri appartamentini-ini o dalla magìa agli antibiotici, a Dio piacendo)

  5. GIUSEPPE

    ADMIN se lo ritieni opportuno taglia tutto. Volevo comunicare,a chiunque sia in pensiero, che le “femen” sono a Rio per il Carnevale:un ritorno alla casa del padre, mi vien da pensare.

  6. Alvaro.

    E’ chiaro che quanto da me affermato non puo’ essere preso come una verita’ assoluta ma ritengo che in diverse persone, anche per esperienze e conoscenze personali, percorsi simili a quello da me descritto possano verificarsi. Forse non mi sono espresso bene, anzi sicuramente, nel “perdere la fede”, ma nel mio, “una volta riscoperta la fede che in verita’, credo, non si fosse mai persa completamente ma fosse rimasta in un angolino della nostra coscienza in attesa del momento opportuno” caro Bariom volevo intendere proprio quello che Lei dice e cioe’, che non si tratta di perdita assoluta ma momentanea in diretta dipendenza di percorsi di vita quotidiana simili in molte persone. Alla fine, comunque, l’importante e’ che pur arrivando da diversi percorsi personali la Fede arrivi, essendo noi umili peccatori possa anche andare via ma poi ritorni piu’ pura e piu’ forte di prima. Alvaro.
    P.S. Grazie comunque.

    1. @Alvaro come i raggi di una ruota… mi disse una volta un sacerdote. Per quanto lontani possano essere i punti di partenza dei raggi e anche lontani da loro, tutti convergono ad un unico centro e in questo trovano lo scopo e il senso d’essere (superfluo specificare CHI sia il centro… :-))

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