di Andrea Torquato Giovanoli
Nel metodo educativo della nostra piccola famiglia vige un diritto penale molto semplice e radicale (con buona pace del dottor Spock; no, non quello di Star Trek), il cui codice contempla tre regole auree: ai capricci corrispondono gli scapaccioni, alla disobbedienza corrisponde il castigo e le affermazioni come “io voglio”, “dammi” e “mi compri” sono il metodo più sicuro e diretto per non essere accontentati.
La società contemporanea ed i suoi pedagoghi ci tacceranno di arretratezza ed oscurantismo, ma mia moglie ed io abbiamo sperimentato che per ora questa normativa elementare funziona benissimo con i nostri figli (poi, al giungere dell’adolescenza, forse, se ne riparlerà), anche perché di contrappeso entrambi elargiamo immisurate quantità di coccole, tempo e dedizione alla nostra prole, tanto che tutto ciò di cui hanno realmente bisogno (ossia l’amore dei loro genitori) è per loro garantito.
Premesso questo, l’altro giorno mia moglie rientra da un pomeriggio passato col cinquenne in visita ad amici. Li accolgo in casa con entusiasmo, ma appena li vedo subito noto l’aria furbetta del pupo contrapposta al broncio corrucciato della consorte, la quale esordisce annunciando ad alta voce la reiterata disobbedienza del figliolo durante tutto il tempo passato insieme.
Pur contro al mio buonumore per il ritorno dei miei cari al focolare, mi costringo a vestire immediatamente la maschera del padre severo, improvviso un processo sommario durante il quale fingo di amministrare la giustizia con una sapienza che pare riecheggiare una sorta di “mandato celeste”, e sentenzio la pena che il pargolo dovrà scontare: niente “staccattacca”, figurine e tatuaggi lavabili fino al “Giorno del Perdono” (che nel nostro gergo famigliare sarebbe poi la Domenica, “Festa di Gesù” durante la quale due sono le certezze per i nostri bimbi: la partecipazione alla Messa ed il perdono, appunto, di tutte le punizioni, con immediata restituzione di tutti gli eventuali giocattoli sotto sequestro).
Chiuso il caso, dopo una breve spiegazione della consequenzialità tra delitto e castigo all’imputato, posso finalmente deporre la toga del magistrato, far smettere a mia moglie quella della pubblica accusa, e tornare ad essere per mio figlio il “papà” e non il “padre”.
Tuttavia l’episodio mi lascia un’impronta nel cuore, e mentre cerco di metabolizzarlo, mi ritrovo a pensare a quanto anche al Padre debba costare il giudizio sulle “marachelle” dei suoi figli, tanto che prima ancora che Adamo peccasse ne aveva già predisposto la redenzione nel Figlio, redenzione che, per inciso, è “violenza” autoinflitta che Dio perpetra con la Sua Misericordia ai danni, proprio, della Sua Giustizia.
Ed il giudizio di quei figli, che Egli ama d’amore pazzo che si fa crocifiggere, al Padre pesa tanto che appena ha potuto l’ha rimesso al Figlio, così che a giudicar l’uomo non sia più l’Altissimo, il Totalmente Altro, ma il Dio-fatto-uomo, il “fratello maggiore” per così dire, praticamente un suo “pari”!
Che poi, a ben vedere, persino il castigo è un atto d’amore, fin dalla radice della parola stessa che significa “rendere nuovamente casti”; è l’atto d’amore con cui il Signore corregge la deviazione da quella Via che costituisce il vero bene per l’uomo; è una proposta di conversione a quei comandamenti che in realtà sono paterne raccomandazioni: “Sappi, amata creatura, che se non centrerai il tuo cuore su di Me, che sono il tuo Creatore ed il tuo Sommo Bene, non potrai essere felice, poiché è iscritto nella tua stessa natura il desiderio di comunione con Me. Ed Io lo so bene, perché sono Io che ti ho fatto così” (Cfr. Esodo 20,3).
Spesso, inoltre, Dio non ha nemmeno tanto da lambiccarsi il cervello per trovar punizioni a chi si ribella al Suo amore: è quasi sempre sufficiente ch’Egli smetta di proteggere con la Sua Grazia l’uomo, e che lo lasci sperimentare un tantino le conseguenze delle sue azioni, toccare con mano la sua finitezza ontologica nel dolore delle sue scelte sbagliate. Poiché se Dio è il Sommo Giusto, l’Assoluto Bene, l’Unico Buono ed il Massimo Amore, allora il rifiutarlo significa necessariamente abbracciare l’errore, il male, la cattiveria e l’odio.
Ecco perciò che nel rivivere il mio ruolo di padre mi trovo nel tentativo di ricalcare l’amore viscerale del Padre per me e per tutti, così mi rassicuro, poiché nel comminare il castigo convengo al bene di mio figlio ed i miei “no” fertilizzano la sua corretta crescita, nella sua vocazione ad essere una persona migliore, mia precipua responsabilità e, per coincidenza, anche comunione d’intenti con la volontà divina. Così, pur nell’enorme difficoltà di dover decidere le “potature” adatte alla miglior educazione dell’amato virgulto, mi godo il trasmutarsi di tale grave responsabilità, che vissuta in Cristo diviene invero beatitudine, e sorrido sotto i baffi al pensiero che questa volta, essendo solo martedì, gli è andata male al mio cucciolotto, ma quanto maggiore sarà la festa, quando poi giungerà la Domenica: quel primo giorno dopo il sabato che per lui, ci scommetto, questa settimana sarà una vera Pasqua di risurrezione!
Grazie ATG…
Grazie per questo bellissimo intervento. Spero di avere la tua tenera fermezza nelle prossime occasioni.
Ma come mi piace il modo in cui scrivi e soprattutto cosa scrivi!
Anch’io quando punisco i miei figli rimango sempre col cuore pesante perché ho sempre il dubbio di averlo fatto più per dar sfogo alla mia frustrazione che per amore.
Rimetto quindi tutto nelle mani del Padre e Gli chiedo di accogliere la mia debolezza, oltre a quella dei miei figli e di fare in modo che la Sua Grazia (e non la mia piccolezza) porti frutto!
Buona giornata a tutti!
Non ho figli, quindi non li castigo.. ma questo post mi riporta a quando ero punta da bambina. Grazie per averlo scritto. Smack! 😀
“punta”: nooo! PUNITA, ma più o meno la situazione era quella 🙁
E’ interessante notare la diversità di reazione ad una sgridata a seconda del carattere dei figli. Il mio primogenito si difende, replica, argomenta, arringa, sembra di essere in tribunale. Insomma mi fa venire una testa che alla fine io e sua madre ne usciamo con un profilo psicologico scardinato come una cassaforte. Il secondo è di una docilità impressionante tanto che ti fa sentire in colpa per la sottomissione e l’accettazione con cui subisce il castigo. La terza è una femmina e non serve aggiungere altro.
“La terza è una femmina e non serve aggiungere altro.” 🙂
Difficile mestiere, quello del Genitore.
Punizioni e castighi sono efficaci nel momento in cui non diventino l’unico strumento educativo. Correggere dal male è efficace, ma molto più efficace è indicare la strada del bene. E soprattutto dare l’esempio concreto di quanto si giunga alla gioia nel seguirla. Un figlio apprende molto di più dalla condotta di vita del genitore, che dalla severità dei castighi, per quanto giusti.
Mah! Non condivido l’equazione capriccio scapaccione. Posto che può capitare, dev’essere l’extrema ratio. Se si dedica tempo ai bambini ci sono altri modi per esprimere l’autorità. I bambini non sono stupidi e non sono bestioiline. Capiscono. Basta spiegargli, dedicargli tempo ed essere fermi, coerenti e conseguenziali. I capricci, in tal modo, diventano rari perchè se il bambino sa che non ottiene (quando non è giusto che ottenga) non perde tempo a fare i capricci. Uno scapaccione è sempre un fallimento educativo a mio avviso, la violenza mi sgomenta, nei confronti dei piccoli poi……
Un bambino un paio di settimane fa continuava a disturbare la mamma mentre parlava con un’altra signora. Lei senza badarlo gli ha assestato un rigatone sulla nuca. Devo ammettere che questa mamma ha avuto tutta la mia ammirazione. Lei poi lo ha preso da parte con calma chiedendogli se avesse capito il perché di quella percossa. Lui ha fatto cenno di sì con la testa, ha capito l’antifona. Secondo me questo gesto ogni tanto ci vuole purché sia dosato e spiegato.
Io gli avrei detto: Tesoro non si disturba mentre parlo con un’altra signora. Non mi va che i bambini obbediscano per paura. Lo devono fare per rispetto e perchè gli adulti riescono ad insegnarli le regole del vivere civile. Spiegare prima no? Magari il bambino ha detto sì per paura di essere picchiato di nuovo. La trovo un’umiliazione ingiusta.
ma tu avresti detto o dici ai tuoi figli…
Giusy, non ci sono regole che possano venire dall’alto sul come educare i propri figli. Ognuno conosce i propri polli e se è armato di sapienza e buon senso opererà come meglio crede. Non bisogna generalizzare in un senso o in un altro. Un calcio in culo che ogni tanto ho preso da mio nonno non l’ho mai considerato una violenza ma un raddrizzamento di cui devo rendere grazie.
Sarà. Io non ho mai picchiato un bambino e non sono permissiva.
Giusi tu non hai figli vero?
Giusi, chiedere e spiegare è la prima cosa, ma chiedo, dopo che hai chiesto e spiegato lui/lei, il pargolo si quieta e obbedisce?
Perfetto! Ma per antonomasia il capriccio e l’inconsulto reiterate violento (psicologicamente) tentativo del pargolo, ad ottenere quel che vuole. I bimbi in questo sono mooolto bravi.
E dopo l’ennesimo tentativo ella linea “soft”, lo scapaccione ce stà. Eh se ce stà.
E’ un servizio che gli fai, il pargolo è un “prova di forza” non ti credere. Anche se in modo incoscio, vuole capire sino dove può arrivare e sapere a chi va l’autorità. Può averla lui? 2-3-10-18enne…
Poi chiaramente l’Educazione non sta tutta lì, ma Andrea l’ha detto.
3 figli età (ovviamente) e sesso diverso, caratteri diversi. Per qualcuno scapaccione meno per qualcuno scapaccione meno, ciò non di meno l’Amore dei miei figli lo percepisco. Non è un merito mio, anche questo lo sento come un Dono.
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bello… Bravo!
Non dubito dell’efficacia di questi metodi educativi, ma mi sembra che l’eccessiva compiacenza verso i capricci dei bambini non sia cosa nuova; pensiamo al “Giovin Signore” del Parini (XVIII sec.), alla scena dove la “vergine cuccia” (cioè una cagnolina) della padrona di casa morde un servo che le dà un calcio: a seguito di ciò, il servo viene licenziato (!). Se non è una persona viziata questa….Ok non c’entra coi bambini, ma insomma, non credo che a questa padrona di casa abbiano dato scapaccioni da piccola 😉
Ma oggi c’è stata la rivoluzione del ’68, il “vietato vietare”, e tutto ciò che sappiamo, ergo il dire che l’uso del castigo è “controcorrente” è senza dubbio vero.
Un po’ mi danno sui nervi i post di eterne lamentazioni di biblica memoria della serie “a casa mia parliamo politicamente scorretto e le rappresentanti di classe mi vogliono denunciare” ” La società contemporanea ed i suoi pedagoghi ci tacceranno di arretratezza ed oscurantismo,” “quando dico che ho tre figli la gente mi sviene davanti al parco” ecc.ecc.ecc. Una volta è ok, due pure, anche tre; ma alla decima….
Però una cosa va detta: un po’ di sfogo serve. Che sia un blog, una conversazione fra amici, una lamentazione su Facebook….immagino che dover gestire una famiglia fra rappresentanti di classe che vorrebbero far leggere la storia dei pinguini omosessuali; e i genitori degli amici che si scanadalizzano se dici che hai più di un figlio; e medici che ti chiedono “ma signora, la pillola? Non sa che esiste?!” e la Rodotà che su Sette inneggia pubblicamente al divorizo e alla scappatella extra-coniugale come panacea al mal de vivre (uno schifo, un giorno o l’altro le scriverò una bella lettera di protesta) etc etc etc sia davvero difficile, ergo le lamentazioni ci stanno.
A me alla lunga scocciano, a dire la verità, ma devo ammettere che nella mia vita di giovane linguista ancora non ho avuto questi problemi e perciò forse non dovrei lamentarmene 😉
Lidia ti quoto
Questa sera a Siena (ore 18 e ore 21)
http://www.amicideltimone-staggia.it/it/contenuti.php?pagina=utility&nome=conferenze_future
Sette dialoghi con Ambrogio, Vescovo di Milano, IV secolo d.C.
L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti a una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l’affetto necessario.
Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri.
Basterà che sappiano amare il bene e guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna.
Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi.
Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e di grande non siate voi la zavorra che impedisce loro di volare.
Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire: è più insopportabile una vita vissuta per niente.
Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e che voi avete di loro; più di mille raccomandazioni soffocanti, saranno aiutati dai gesti che videro in casa: gli affetti semplici, certi ed espressi con pudore, la stima vicendevole, il senso della misura, il dominio della passione, il gusto per le cose belle e l’arte, la forza anche di sorridere.
E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno di più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un vagabondo affamato e non trovo gesto migliore per dire la fierezza di essere uomo di quando mio padre si fece avanti a prendere le difese di un uomo ingiustamente accusato.
I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia anche ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene.
Grazie Aldoiz, molto bello. E poi dicono che i preti o vescovi non devono intromettersi nelle dinamiche famigliari. Guarda invece quali insegnamenti sanno dare. (sapevano)
…sapevano…..
Ho la prova che vi sono ancora quelli che sanno!
Aldoiz: grazie. Non conoscevo questo testo e lo trovo molto interessante. L’educazione dei figli non ha tempo.
Scapaccioni or not scapaccioni, that’s the question!
No! Secondo me questo non è il punto.
Il punto è “Nel metodo educativo della nostra piccola famiglia vige un diritto penale molto semplice e radicale”. Ecco, sempre secondo me, la vera metodologia vincente:
1) “metodo educativo della nostra piccola famiglia”, presuppone una metodologia concordata insieme tra i coniugi, presuppone il dialogo;4
2) “vige un diritto penale molto semplice e radicale”, dunque, ci sono delle regole, non troppe, ma sono chiare e, soprattutto, ci sono delle conseguenze per chi le regole non le segue.
Uno scapaccione dato per una ragione ben chiare, come punizione per un errore fatto non ha mai traumatizzato nessuno. Un’altra cosa è sfogare le proprie frustrazioni, rabbie, e stress nei momenti sbagliati. Anche solo verbalmente. Punire perché in quel momento non siamo a posto, perché in quel momento questo o quello non va e non perché serve. La punizione, qualunque essa sia, non commisurata al delitto, ma a seconda dell’umore del giudice. Ecco una cosa che danneggia, questo camminare perennemente sulle sabbie mobile dell’umore degli adulti, senza sapere dove sono i punti fermi nei quali aggrapparsi.
Detto questo, devo ammettere che sono partita con l’idea educativa che un scapaccione non traumatizza nessuno, idea che poi si rafforzava (e forza si alimentava) vedendo i frutti dell’educazione del “è vietato vietare”, ma poi ho smesso. Se all’inizio una sberlotta in un sedere imbottito di pannolini non la negavo, mi sono accorta che, probabilmente per il carattere di mio figlio, non era la metodologia corretta. Anzi, credo che oggi, al contrario di quello che succedeva nelle generazioni passate, ci sia una tale diffusione di scene di violenza e di mancato rispetto verso le autorità che la lezione rischia di essere rovesciata, passando l’idea che l’uso di questi metodi sia lecito. Questo rischio non credo ci fosse quando ero una bambina o prima ancora.
Daniela:
“presuppone una metodologia concordata insieme tra i coniugi”: quante volte, purtroppo, i coniugi non usano lo stesso metro di misura? Ahimè!
“questo camminare perennemente sulle sabbie mobile dell’umore degli adulti, senza sapere dove sono i punti fermi nei quali aggrapparsi”: concordo in pieno!
Smack! :-D.
Post bellissimo! mi trovo d’accordo su tutto, dalla punizione ai figli alla riflessione sull’amarezza del Creatore nel doverci dare una lezioncina quando i suoi figli si allontanano da Lui sommo bene. E in effetti la lezioncina ce la impartiamo da soli…. Lui mica ci manda nessun castigo! siamo noi stessi ad infilarci nei guai allontanandoci dalla verità. Nell’atto di dolore diciamo “peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perchè ho offeso Te, infinitamente buono e degno di essere amato…”. Quindi siamo dispiaciuti non tanto perchè abbiamo avuto delle conseguenze negative dei nostri peccati, ma soprattutto perchè abbiamo recato offesa a chi ha dato tutto per noi. Se penso ai miei figli mi rendo conto che i loro pianti solo inizialmente sono causati dal castigo. La cosa che più li addolora è vedermi arrabbiata con loro. Ma io dico sempre che se non mi arrabbiassi significherebbe che non mi importa nulla di loro.
Quanto allo scapaccione, credo che a volte servano, a volte no. Di una cosa sono certa: se lo dai per una buona ragione non è un trauma. Se invece lo dai in un impeto di rabbia, per scaricarti, allora sbagli. Ma se ti rendi conto di aver sbagliato cerchi di non farlo più e soprattutto non chiedi scusa al bambino. Le scuse non servono in questi casi, servono solo a rendere il figlio ancora più insicuro. Anche le spiegazioni dei divieti coi bambini piccoli non servono: se è no è no, punto.
Giuly: smack per ogni parola. 😀
Grande Andrea. Mia madre citava spesso un proverbio che in veneto suona così “Finché el corpo se frusta, l’anima se giusta” (Letteralmente: Quando il corpo si frusta, l’anima si aggiusta). Lo aggiungo a mo’ di appendice al (graditissimo) commento di danicor, quando parla con grande lucidità di scapaccioni dati per ragioni ben chiare, non per sfogare le nostre frustrazioni.
Andrea mi piace moltissimo l’idea della Domenica come giorno del Perdono, del “liberi tutti” 🙂
Giorno in cui non si piange e non si fa lutto.
Sono cresciuta anche a scapaccioni (e a volte qualcosa di più). Ringrazio mio padre e mia madre per quelli giusti: me li meritavo proprio, ma tutto con il senno del poi: al momento non la pensavo così. Non ringrazio mio padre e mia madre per quelli che ho ricevuto ed erano solo loro “extra”, sfoghi di rabbia nei confronti l’uno dell’altra, o altro ancora. Ma soprattutto ringrazio il Signore perché mi ha dato la capacità di valutare i vari ceffoni ricevuti (e anche il resto), di perdonare, insomma di crescere… sempre tutto con il senno del poi, anche se la cosa è stata dolorosa.
😉 🙂
Ah, il senno di poi. Grazie a Dio che ci fa arrivare ad averlo 🙂
La “frusta” mi sembra una scorciatoia facile che un adulto non dovrebbe mai imboccare è più uno sfogo che un atto educativo, per quanto lo si voglia mascherare con altre parole. Io mi rileggerei la parabola del figliol prodigo per rivedere il concetto espresso del “castigo di Dio”…
Pur condividendo in linea di principio il tuo commento, non sempre la “frusta” (non mi pare nessuna abbia parlato di frustare i figli :-|) è un sfogo.
Se poi vogliamo stare alle Scritture:
“Non risparmiare al giovane la correzione,
anche se tu lo batti con la verga, non morirà;
anzi, se lo batti con la verga,
lo salverai dagli inferi.”
Anche questa è Parola di Dio.
Io avrei intitolato il post “i castighi degli uomini”… il Padre che conosco io non da’ scapaccioni se qualche volta faccio i capricci, ne da’ punizioni se qualche volta voglio fare di testa mia… e non mi fa nemmeno aspettare fino alla domenica per perdonarmi. Io sono sicura che Dio non chieda ai padri di fare i giudici. Ci sono molti altri modi per accompagnare i nostri figli in questo cammino terreno, per farci prossimi a loro.
@g.maria credo bisogna guardare al comportamento di (noi) padri guardando a quello che Dio ha avuto con l’Uomo sin dalla sua creazione.
Non sono forse stati puniti Adamo ed Eva? Qual’è stata la pedagogia di Dio con il Popolo d’Israele? Non è stato anche duramente percosso? Era sempre lo stesso Dio o quella per noi è “altra storia” o solo “favolistica”?.
Dio ha “cresciuto” l’Uomo, fin dalla sua “infanzia storica-spirituale” anche con il rigore, e il giudizio, SEMPRE con Misericordia (che non è buonismo o affetto melenso).
I nostri figli non sono né adulti nella loro storia, né nella loro Fede.
Siamo chiamati anche a essere giudici (non so poi perché la parola debba sempre scandalizzare molti), Giudici secondo il discernimento che ci dà un Grazia di stato, giudici che debbono discernere il BENE dal MALE, per sé stessi e per gli altri.
Non dobbiamo attendere la Domenica per il predono? Il Popolo di Israele, ha atteso 40 anni nel deserto per la sua dura cervice… non gli è mancato nulla, ma ha atteso.
I Figli imparano così che la parola del padre è una parola seria, come seria è la Parola di Dio.
Farsi prossimi ai figli è, secondo me, altra cosa.
ben detto Bariom!
@Bariom A me sembra che ti fermi all’Antico Testamento e alla sua interpretazione giudaica. Prendiamo l’episodio, per esempio di Gesu’ e la donna adultera. Che cosa fa Gesu’ in quel caso, lui che puo’ permettersi di essere giudice? E poi Dio non punisce mai, siamo noi che ci allontaniamo da Lui e che lo escludiamo dalla nostra vita. A quel punto ci accorgiamo che siamo “nudi”, che senza Dio, la vita non e’ Vita.
@g.maria ti assicuro che non sono fermo all’Antico Testamento (poi puoi pensarla come preferisci), ma stavamo parlando di uno specifico argomento che ha a che fare con l’educazione dei figli.
Il prendere coscienza del peccato, dell’allontanamento da Dio, dell’esser nudi è un punto d’arrivo, non il punto di partenza. Il “cibo solido” come dice San Paolo lo si dà agli adulti. Altrimenti faciamo tutto un bel mescolone.
Gesù non ha gudicato l’adultera come persona (e l’ha quindi salvata dalla condanna), ma ha giudicato il peccato come tale: “va e non peccare più”, altrimenti poteva digli “va in pace e continua a vivere come prima”.
Ogni incontro è una storia a sè… che dire dei mercanti nel Tempio?
L’altra sera sono tornata a casa dal lavoro. Mi seno seduta un attimo davanti alla TV per guardare il telegiornale e subito è arrivato Marco a dirmi che doveva vedere un programma LUI. Gli ho spiegato che aveva avuto tutto il pomeriggio per guardare la TV e che ora era il mio momento, magari dopo avrebbe potuto guardarla di nuovo. Ha attaccato una storia che non finiva più.. che era tutto il pomeriggio che aspettava quel programma, che anche lui aveva diritto e che al limite ero IO che avrei potuto guardarla DOPO. Insomma, abbiamo un po’ battibeccato… finchè lui non mi ha strappato il telecomando di mano e cambiato canale.
A quel punto è partito il ceffone.. della serie quanno ce vo’ ce vo’. Si è reso conto di aver superato il limite ed è stato zitto lasciandomi vedere il telegionale in pace.
Leggendo l’articolo mi sono quindi sentita abbastanza confortata…
ho solo un dubbio, però, Marco è mio marito.
In questo caso, avrei forse dovuto trovare una soluzione diversa?
Mi date una buona ragione secondo la quale posso picchiare mio figlio ma mio marito no? (ovviamente la storia è inventata, anzi, non è neanche farina del mio sacco ma è liberamente tratta da un libro.. a me ha fatto riflettere)
Ehmm… forse rientra più nella casistica “sposala e muori per lei” o “sposati e sii sottomessa” 😉
@bariom, perché devo morire a me stessa per mio marito ma non per i miei figli? dov’è la differenza?
Morire si muore anche per gli altri, anche per il nemico, se è per questo, ma una cosa sono i figli, una cosa il marito… una cosa gli altri.
E per dirla fuor di metafora un ceffone ad un figlio è una cosa, uno al marito (come alla moglie s’intende) è un’altra, e si muore un po’ per i figli anche tutte le volte che li si deve punire, sgridare (ceffoni compresi) o dire dei semplici NO.
Per il marito o la moglie e più facile si muoia un po’ dicendo un SI.
Ma se non vedi differenza non starò qui io a dare lezioni di “morale domestica”. 🙂
Non vedo la differenza perchè non c’è differenza. E questo non c’ entra nulla col discorso dei limiti e delle regole eh…
Eh… se per te no c’è, non c’è.
Ciao 🙂
Effettivamente un bambino di 3-5 anni non e’ un adulto in miniatura. Citando per esempio Ezio Aceti.
Un bambino obbedisce solo in due circostanze : o la stima dell’adulto che chiede di fare qualcosa che il bambino non capisce oppure per paura… Non esiste un bambino capriccioso, ma esiste un bambino che con una sua logica che io non capisco manifesta qualcosa… Nell’educazione non c’e’ mai uno che ha ragione e un altro torto, ma ci sono sempre due ragioni diverse da mettere insieme.
@g.maria, anche questo è un buon “sunto”.
Si potrebbe aggiungere alle “due ragioni” che si confrontano, che una è illuminata (si spera) dalla maturità e dall’esperienza ed questa che educa l’altra in senso “attivo”, anche se i fanciulli inconsciamente, educano col loro fare spesso istintivo, anche noi adulti.
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Temo i bimbi capricciosi esistano… come pure gli adulti 😉
Magari esistono momenti di conflitto, ma proprio perchè uno è adulto e l’altro no, ci si aspetterebbe una diversa gestione del momento. Se io picchio mio fatelio, come farò a dirgli che non deve picchiare il frstellino?
Scusate, io abbandono… come spesso in questi casi, ci siperde in rivoli e varianti del discorso sino a perdere il nocciolo. Ma è un limite mio (e dei blog in genere). 🙂 perdonatemi 🙂
Bariom, secondo me non è colpa tua…
Grazie Joe del sostegno, ma qui non credo si tratti di colpa di nessuno 😉
Che dire.. resto un po’ stupita della piega (o meglio, della non piega) che ha preso il mio tentativo di confronto ma pazienza… mi adeguo… vi auguro comunque che di questi metodi educativi, che ci trovano in disaccordo, ne abbiate sempre meno bisogno. e magari chissa’, un giorno vi renderete conto che, in effetti, non servivano affatto… 🙂
@ xsara72sara, mi spiace… non è per volontà di “non” confronto. Ribadisco è un po’ il limite del mezzo (botte e risposte, frammentazione, le più voci, ecc), il tema complesso, non semplice e l’impressione che pur con l’unico intento positivo, partiamo da posizioni lontane (che non è detto non possano trovare un punto d’incontro, ma vedi i limiti di cui sopra).
E poi il tempo – non seguo certo un blog a “tempo pieno” – e via discorrendo.
Grazie dell’augurio, anche se dal “tunnel” dei capricci e delle posizioni che magari trovi troppo rigide, sono a Dio piacendo uscito. Ho tre figli in età dove il pieno confronto verbale e di “due ragioni”, è non solo possibile, ma d’obbligo.
A proposito, tu hai figli? Mai avuto bisogno di prendere posizioni “rigide”, mai avuto capricci da “scappellotto”?
Ciao.
@Bariom, sì ho figli e sono ancora nel tunnell 😉 ne fanno di “capricci” ma in casa ci siamo dati questa regola “Qui non si danno botte” ed è una regola che vale per tutti. Se capita di infrangerla ci scusiamo l’un l’altro e pace… è il segno della nostra umanità ferita che viene fuori ma per fortuna si può sempre ricominciare da capo in Colui che fa nuove tutte le cose. Sarebbe bello davvero confrontarsi su questi temi anche se comprendo la ristrettezza dei mezzi (tecnici e logistici ;-))
intanto vi lascio un pensiero di Don Bosco:
Quante volte, miei cari figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto persuadermi di questa grande verità! E’ certo più facile irritarsi che pazientare: minacciare un fanciullo che persuaderlo: direi ancora che è più comodo alla nostra impazienza e alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità. (…)
Difficilmente quando si castiga si conserva quella calma, che è necessaria per allontanare ogni dubbio che si opera per far sentire la propria autorità, o sfogare la propria passione.
Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne a ubbidire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l’aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, tollerandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poca fedeltà, e col trattare i peccatori con una dimestichezza e familiarità da produrre in alcuni lo stupore, in altri quasi scandalo, e in molti la Santa speranza di ottenere il perdono da Dio. Egli ci disse perciò di imparare da lui ad essere mansueti e umili di cuore (4r.Mt 11,29).
Dal momento che sono i nostri figli, allontaniamo ogni collera quando dobbiamo reprimere i loro falli, o almeno moderiamola in maniera che sembri soffocata del tutto. Non agitazione dell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, e allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione.
In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall’altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita.
Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi.
(DA una lettera di San Giovanni Bosco)
questo è l’ideale a cui tendo… “allontaniamo ogni collera quando dobbiamo reprimere i loro falli, o almeno moderiamola in maniera che sembri soffocata del tutto. Non agitazione dell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, e allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione”.
ciao!
Grazie di questo preziosissimo pensiero, di cui farò tesoro comunque – tunnel o non tunnel 🙂 – non ho tema di smentirmi dicendo che come ideale vale anche per me (mi renderebbe una persona e anche un padre certamente migliore).
Nel mio dire sin qui non intendevo sostenere che “le botte” sono un sistema educativo, cercavo di esprimere qualcosa in più e di diverso (cercavo).
Proprio ieri sera meditavo questa parola: “Perché l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio.” (Gc 1,20)
Poi io (come tutti) abbiamo una grande fortuna: non solo noi genitori siamo capaci di misericordia di perdono verso i nostri figli, ma anche i nostri figli verso di noi!
Se sanno fondamentalmente di essere amati, sanno comprendere i nostri (miei) limiti e i momenti in cui si è come non si vorrebbe essere, alcuni di noi poi, per nulla aiutati dal proprio carattere o dalla propria storia (siamo anche noi stati figli e portiamo l’impronta dei nostri padri – e madri s’intende), ma questo é come “spina nel fianco”, buono per la nostra conversione 🙂
xsara72 Grazie, hai centrato il punto
Giusto per stare in tema:
II Incontro Nazionale di A.MAR.LUI (Associazione Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi)
IL SACERDOZIO DELL’EDUCAZIONE
il 25 novembre 2012 a Pescara
http://www.luigiemaria.com
@bariom, sono d’accordo con te, quello che dici è la mia speranza 🙂