La subdola allegria della fiction

di Costanza Miriano           IL TIMONE

Qualche tempo fa la mamma di un amichetto dei miei figli mi ha incautamente detto della sua decisione di separarsi. Non sapeva che non sono capace di farmi i fatti miei, e che le missioni impossibili mi conquistano immediatamente alla loro causa. Non sapeva che da allora in poi avrei cominciato a tormentarla.

Per prima cosa, visto che la notizia non era segreta, ho cominciato a dirlo alle amiche comuni, a quelle che mi sembravano affidabili. A telefonare. A strattonarle, a fermarle per strada. Mi sembrava impossibile che non si potesse fare niente, e così pensavo che formando un cordone sanitario intorno alla nostra amica, non so, offrendole consigli non richiesti (la mia specialità) e serate gratuite di baby sitting per permetterle di uscire sola col marito, avremmo certamente impedito questa separazione, non motivata da un evento serio e irreparabile. E invece mi sentivo rispondere “Deve trovare se stessa”, “meglio per i bambini avere una madre realizzata”, “si può rimanere buoni amici”, “i bambini non soffrono”. Quasi nessuna condivideva il mio zelo da venditrice di aspirapolvere.

Pensavo che cose simili le potesse dire magari chi attraversa un periodo difficile del proprio matrimonio, obnubilato forse dal dolore, dalla difficoltà, dallo scoraggiamento. Invece ho dovuto constatare che dopo anni di bombardamento da tutti i mezzi di comunicazione possibili, cinema e tv in testa, giornali e radio a seguire, questa è diventata la mentalità dominante. La missione, azzerare la famiglia, è stata compiuta, nel pensiero comune.

Come è potuto verificarsi un ottundimento tanto globale delle menti? Un oscuramento tanto evidente della verità? Chi ha manipolato tanto le menti, così da mettere in discussione le più pacifiche verità, cioè tanto per cominciare che i bambini hanno bisogno di due genitori che stanno stabilmente insieme, che dormono sotto lo stesso tetto, che sanno superare, se ci sono, anche i momenti di dubbio e di stanchezza? Chi ci ha convinti che “realizzare noi stessi” è il primo nostro dovere? Chi ci ha detto che tutto quello che ci viene spontaneo dal cuore è comunque buono, e non va vagliato?

Io ho idea che una buona parte l’abbia fatta non la propaganda diretta, come quella che possono mettere in campo i giornali, magari schierandosi su temi sensibili quali quelli dei pacs o, all’epoca, del divorzio. Credo che più di tutto abbiano potuto i film e i telefilm, le serie, le fiction che propongono in continuazione modelli “alternativi” di famiglia, non solo come se fossero anche quelli accettabili, ma anzi come se quelli fossero più allegri, più sani, più moderni, più giusti. E’ un modo di comunicare subdolo e potentissimo, proprio perché indiretto. “Lo diamo per scontato, che va bene. Lo vedete come sono felici? Non sono rimasti insieme ma sono amici!”

Non sono una buona spettatrice di fiction, ho poco tempo e ogni volta che mi siedo mi addormento (a onore della fiction devo dire che mi addormento ovunque, mica solo davanti alla tv: in metro, in auto ai semafori, in chiesa, in fila alle poste). Però qualche volta mi capita di accendere la televisione, e di fermarmi a guardare qualche pezzo di puntata (soprattutto se devo stirare, cosa che rende meno agevole l’addormentamento). Be’, sarò poco intelligente, sarò poco allenata a cogliere gli intrecci, ma quando vedo, per esempio, Tutti pazzi per amore non capisco mai chi sta con chi, anche se è stato con qualcun altro, e gli piace un’altra, e anche a lei, ma vuole un figlio dall’ex che però deve farlo di nascosto dal figlio grande che convive con un’amica ma non si sa se è un’amica proprio o un’amica di letto, che aspetta un bambino ma non si ricorda esattamente da chi. Quando comincio a intuire la storia, la puntata finisce.

Mi è capitato anche di vedere Un medico in famiglia, e anche lì se non sbaglio papà e mamma non stanno insieme, qualche nuova fidanzata, sempre giovane e rigorosamente carina, fa capolino,  i figli fuori dal matrimonio sono la norma,  e scarsissime sono le  tracce di una famiglia normale. Un uomo e una donna che si sposano e fanno figli. Punto.

Deve essere che non è attraente. Non c’è brivido. Sceneggiatori pigri e conformisti evidentemente pensano, tutti in blocco compatto, che la novità stia nel cambiare persone con le quali avere a che fare; certo, così è più facile creare il brivido, piuttosto che cercare l’unica novità possibile, quella che cambia noi stessi, che ci converte, che ci rende amabili sempre alla stessa persona, nonostante la ripetitività. Non devono avere capito che la vera trasgressione è essere fedeli, perché essere infedeli è la cosa più semplice e facile, e quindi non è trasgressione, ma un semplice assecondare il flusso delle cose. Non deve essergli arrivata la notizia che l’amore è una meravigliosa fatica che ti fa snidare il bello nascosto tra le pieghe del quotidiano.

Certo, ci vorrebbe un piccolo sforzo di scrittura in più, una recitazione più raffinata, forse, una regia più sapiente che sappia stupire facendo vedere squarci di eterno in quella che da fuori sembra solo l’ennesima cena in famiglia, con i soliti capricci e la stanchezza, ma a quel punto uno dei familiari sa mettere una pietra sul suo orgoglio, venire incontro, mettere da parte la sua convinzione, dire un altro sì e spalancare una nuova luce su quello che sembrava solo l’ennesimo scambio di battute sulle solite posizioni.

La vera trasgressione è trovare nuove strade per l’amore, inventarlo, portare i pesi gli uni degli altri, non scaricare i propri cambiando “partner” perché non ci piace più l’immagine che l’altro ci rimanda.

La vera trasgressione è anche stare al proprio posto di combattimento per i figli, perché sì, a volte può anche capitare di rimanere per loro, e non c’è niente di irragionevole, e nemmeno cento puntate di telefilm mi convinceranno che i bambini quando il padre e la madre non stanno più insieme non soffrono, non si sentono strappare la loro stessa carne, non si sentono privi di punti di riferimento saldi e certi partendo dai quali affronteranno il mondo sapendo che, per quanto le cose possano andare male, qualcosa di sicuro c’è. Un padre e una madre che sono solo figura del Padre e della Madre eterni, che ad essi rimandano, e a loro ci accompagnano.

fonte> IL TIMONE

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131 pensieri su “La subdola allegria della fiction

  1. Chocaholic

    Costanza, per recuperare un po’ di fiducia nelle fiction, butta un’occhio su “Che Dio ci aiuti”! La prima serie è finita ma la trovi su youtube (si può dire?). E’ un gran passo avanti!

    1. 61Angeloexralarge

      A me è piaciuta anche se suor Angela è un po’ particolare: truccata (quando mai?), capelli lunghi sotto il velo (quando mai?), dice bugie “quelle buone” (quando mai le bugie sono buone?), non è minimamente obbediente alla sua superiora (questo purtroppo esiste!) e altri piccoli particolari che solo chi è veramente suora può capire. Però in certi momenti la sua figura di consacrata veniva fuori molto bene, ad esempio la sera tardi quando parlava con Gesù, anche se mi dava da pensare un po’ quello che in quel momento diceva: “Adesso Gesù, stiamo finalmente io e Te insieme!”. Mica si può arrivare a sera per stare “finalmente” con Gesù! Tantomeno una suora. Se non gli affidi tutto già da quando ti alzi… poveretti noi!
      Forse ci ha guadagnato l’immagine del matrimonio, ma quello della suora, anche se Elena Sofia Ricci è stata a Modena in un monastero per “imparare a fare la suora”, in qualche sfumatura ci ha rimesso!

      1. chocaholic

        Concordo che suor Angela truccata….!
        Pero’ se non sbaglio la battuta a cui ti riferisci, diceva piu’ o meno “finalmente io e Te da soli”, e mi ha proprio commosso… A me e’ sembrato che il personaggio della suora fosse costantemente in dialogo con Gesu’ (sebbene, come tutti gli esseri umani, a volte facesse un po’ di testa sua…e da li’ tutti gli intrecci della serie) durante la giornata e che a sera, invece di dire, bene finalmente posso andare a dormire, dicesse “finalmente posso stare da sola con Lui”. Mi ha risollevato lo spirito! Quante volte io, invece, dopo una giornata “distratta”, persa dietro a mille impegni, dico “domani Gesu’, ci sentiamo domani…”?!
        Chapeau ad Elena Sofia Ricci, che da non credente (per sua ammissione in alcune interviste) ha detto di essersi commossa nell’interpretare questo personaggio… (e dalla commozione, quante cose possono nascere…)

        1. 61Angeloexralarge

          chocaholic: parlo per esperienza personale. Le suore non devono limitarsi a stare costantemente in dialogo con Gesù! Anzi, spero che ci stiano, come dovremmo starci tutti. Le suore, oltre a questo hanno momenti fissi comunitari, che iniziano da quando si alzano a quando vanno a letto. Quindi, come ho detto, mi è piaciuto il momento, cioè quel suo stare insieme a tu per Tu con Gesù, ma quello che non mi è piaciuto è il FINALMENTE, perché mi sembra che implichi il fatto che prima non c’erano stati altri momenti simili. Parlo per esperienza personale: passo ogni tanto dei periodi con suore o monache. Ho passato una settimana con le monache anche dal 25 al 30 marzo. Ho anche vissuto per anni in una comunità di preghiera. So come è fatta una suora, non credi? Quindi, fidati! Suor Angela è la suora migliore che ho visto in tv! Infatti non ne ho persa una sola puntata! Ma ciò non toglie che le “vere” suore siano un po’ diverse. Che poi, quel suo modo di colloquiare costantemente con Gesù ti ha fatto bene, sono contenta: ne ha fatto anche a me!
          “Sebbene come tutti gli esseri umani, a volte facesse un po’ di testa sua”: una suora ha i Voti, cioè POVERTA’, CASTITA’ E OBBEDIENZA. Quindi non è il caso che faccia di testa sua. Quando coloro che hanno professato i Voti fanno di testa loro, procurano un danno per lo meno spirituale, a sé stessi, alla loro comunità ed alla Chiesa. Il peccato di DISOBBEDIENZA è quello che ha portato satana ad andarsene dal Cielo.
          “Quante volte io, invece, dopo una giornata “distratta”, persa dietro a mille impegni, dico “domani Gesu’, ci sentiamo domani…”?!”: pregherò perché tu non rimandi più a domani! Ma il paragone, anche se è positivo il fatto che tu ti sia interrogata, non può e non deve reggere: tu non sei una suora. Una suora non deve asolutamente rimandare a domani i suoi impegni quotidiani di preghiera: che suora sarebbe? Una Madre Superiora che non richiama una sua consorella alla preghiera e all’obbedienza, che Madre sarebbe? Ed il convento? Ti immagini, che so, otto suore insieme, E OGNUNA FA UN PO’ DI TESTA SUA? Convento molto strano!
          I capelli: esiste una cerimonia bellissima e toccante, piena di significato spirituale., cioè la Vestizione. Quel rito comprende il TAGLIO A ZERO DEI CAPELLI. Bellissima la scena che ho visto in tv, non mi ricordo che film era, quando Santa chiara si fa tagliare i capelli da San Francesco!

  2. “Chi ci ha convinti che “realizzare noi stessi” è il primo nostro dovere? ”
    Si, realizzare noi stessi è il primo dei nostri doveri, realizzare noi stessi ed essere felici, per quasto siamo stati creati. Per la gioia e la pienezza. Per la santità.
    «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5)
    E’ il come che è sbagliato.
    Cercare di realizzarsi da soli, è li il problema, l’errore, è che si sbaglia mira. In effetti, San Paolo dice “siate lieti” e poi aggiunge “nel Signore”. Questa è la vera letizia.
    Si, non è immediata, si, costa fatica, ma è la sola strada possibile. LA felicità consiste nella pienezza, nel realizzare se stessi. Il punto è che noi siamo fatti “per”, possiamo realizzarci solo in relazione. E’ solo l’amore che può riempire la voragine che abbiamo dentro. L’amore umano, per prima, qui in questa terra, per prepararci al nostro vero destino, quello dell’amore eterno: Dio.
    Solo nel dono totale e incondizionato di noi stessi possiamo essere veramente realizzati, è assurdo, lo so, un controsenso ma, come dice San Francesco “è dando che si riceve, è perdonando che si è perdonato ed è morendo che si vive in eterno”.
    Siccome siamo incapaci di farlo da soli, abbiamo corrotto la nostra natura, non siamo capaci di questo amore. Allora è venuto Lui a insegnarci, a farci vedere fino in fondo il Suo amore.
    «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore… Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11).
    Solo abbracciando la croce, ogni piccolissima croce quotidiana, possiamo giungere alla vera gioia.
    Lo so, è pazzesco! E’ una vera rivoluzione, una follia. Peccato che i sceneggiatori non se ne accorgano.

  3. Adriano

    Costanza,

    sicuramente conosci quella regola del giornalismo secondo cui un cane che morde un uomo non è notizia, mentre un uomo che morde un cane lo è.

    Per le fiction secondo me è lo stesso. Se un giorno sarà mai considerata “auspicabile” una famiglia pluridivorziata, allora le trame parleranno di famiglie cosiddette “normali”: basta vedere il tipo di famiglia in molte delle serie che arrivano dagli Usa, paese dal divorzio facile… D’altra parte mi

    1. Adriano

      sembra significativo che citi solo fiction italiane…

      Poi ognuno può vedere la trasgressione dove vuole e decidere se seguirla o no…. O no?

      1. No. Questa menzogna del “posso vedere quello che voglio e decidere liberamente cosa fare” questo è: una presa in giro, un alibi, una menzogna. Velenosa.
        Siamo così’ presuntuosi da pensare veramente di non essere influenzabili? Di non lasciarci inquinare per osmosi da modelli che vengono continuamente proposti e promossi?
        Siamo così forti da tenere duro su bastioni, oltretutto oggi definiti retrogradi, da guardare e sdegnare?
        Non credo proprio: credo che canzoni e fiction, articoli e pubblicità inquinino e sbriciolino delle volontà già deboli, e fiaccate dall’egoismo: quelle di ognuno di noi.
        Vogliamo citare fiction straniere? Mad Men, Parenthood, Lufe Unexpected, Pan Am, Grey’s anatomy, Desperate Housewife, House, per non citare tutti i thriller dove il sesso è periferico ma presente.

        1. É vero Paolo ma bisogna dire che le serie americane sono piú oneste in fatto di titoli: Mad Men, Desperate Housewife, Dirty Sexy Money…

        2. Adriano

          paolopugni scrive: “No. Questa menzogna del “posso vedere quello che voglio e decidere liberamente cosa fare” questo è: una presa in giro, un alibi, una menzogna. Velenosa.”

          Mi pare San Paolo sostenga lo stesso concetto che ho espresso io: “Osservate tutto e ritenete ciò che è buono”. Anche questa è ” una presa in giro, un alibi, una menzogna. Velenosa”? 😉

          Conosco ben poche delle serie che citi (ho parlato di “molte”, a differenza di altri non mi permetto di dare giudizi assoluti); quelle che mi vengono in mente ora sono, tra l’altro, “Detective in corsia”, “la vita secondo Jim”, “i Robinson”, la signora in giallo, Don Matteo ma anche i Simpson, in cui (per restare in argomento) il modello famigliare dei protagonisti mi pare essere quello cosiddetto “normale”.

          Buona giornata!

          1. lidia

            La vita secondo Jim io la schifavo prima ma effettivamente mia sorella ne guarda degli episodi e i pochi che ho visto erano positivi sulla famiglia! Erano tutti sul matrimonio (che funziona) 🙂
            I Robinson erano alta classe. Vorrei tanto che li rifacessero. I Simpson..boh io ai miei figli non li fare vedere, ma è indubbio che Marge e Homer sono una bella famiglia e una bella coppia.
            Però penso che Paolo si riferisse alle fiction quelle più romance e meno comedy, tipo Beatiful (che poi fiction non sono, ma vabbè). I delle serie straniere che lui cita ho visto solo House (suppongo sia Dr.House), le altre, per l’appunto, ho deciso di ignorarle.

      2. Infatti si fa leva sui peggiori istinti dello spettatore e ci si affida alla pigrizia e/o mediocrità degli autori televisivi. Come per l’ informazione: non solo tira di piú il fattaccio di cronaca ma é anche giornalisticamente meno faticoso, tutti intorno all’avvocato o al procuratore di turno fuori dal palazzo di giustizia, come cani intorno ad un osso, sperando ci riveli delle incredibili morbosità

  4. nonpuoiessereserio

    Anch’io come Daniela ho pensato subito che realizzare se stessi possa essere il giusto obiettivo se questo significa diventare santi.
    Mi chiedo tuttavia continuamente quanto sia ottusa questa generazione che non è capace di vedere gli effetti di questi comportamenti.
    Si fanno tante analisi di mercato, di bilanci, di chimica, ecc. e non si fanno analisi sociologiche sull’infelicità, sulle depressioni.
    Come si possono guardare gli occhi di questi bambini smarriti con tale ipocrisia? E le autogiustificazioni? Tutti si autoassolvono vicendevolmente per poi ritrovarsi distrutti.

    1. Luigi,
      La mancanza di obiettivi mi sembra il problema maggiore, si va avanti per inerzia. Ma si sa che prima o poi, se non c’è una nuova spinta, ci si ferma. Se guardo i ragazzi dell’etá della stupidera, mi rendo conto che sono persi, senza méta.
      Ma la colpa è nostra, degli adulti.
      Ad un certo punto i genitori hanno cominciato a regalare ai figli tutto quello che non hanno avuto da piccoli, ma si sono dimenticati di regalargli una cosa che avevano avuto e che era l’unica che serviva: l’educazione.
      Paolo, sono d’accordo con te. In Brasile è la rede Globo, con le sue telenovelas a dettare ciò che è moralmente in o out.
      In teoria puoi non vedere, in pratica trovi i bambini che, anche se vedono una cosa si striscio, a casa degli altri, si bevono tutta quella roba passivamente.
      Per concludere, sono sicura che Costanza sia d’accordo con la mia precisazione, perché ha scritto tutto un libro su questo. So che in un articolo breve non ci si può fermare a spiegare ogni singola riga.

    2. lidia

      Di indagini se ne fanno tantissime. Domenica sul Corsera c’era l’ultima indagine di un’UNiversità americana che diceva che la ricetta della felicità è una famiglia stabile e affetti sereni. Di indagini ce ne sono. IL problema è non sono state recepite dall’industria dei media.
      Io mi ricordo le serie TV che vedevo da piccola tipo Happy Days, Hazzard, i Robinson, Willy il Principe di Bel-Air…erano fighissime, e parlavano tutte di famiglie unite. Di Un medico in famiglia era bella solo la prima serie (Lele era vedovo, non divorziato, con tre figli), poi si è disintegrato nella nullità totale.

      1. G

        In qualche canale sperduto ci sono ancora le puntate dei Robinson… Ora credo che l’unica serie con una famiglia stabile siano i Simpsons…

        1. lidia

          “La vita secondo Jim” ( su Sky); poi ci sono quelle vecchie tipo “Genitori in blue-jeans”, “Settimo cielo”, etc.
          In “Dharma e Greg” (mai visto, lo vede mia sorella) i protagonisti sono sposati e felici (ma non so gli altri personaggi).
          In “NCIS” non è sposato nessuno, ma la serie è criminale, sull’amicizia e non tanto sulla famiglia. A me piace un sacco cmq 🙂
          Mi pare che in quella nuova serie “Touch” su Sky la famiglia del bambino con super-capacità matematiche sia una normale. Alla Lux Vide stanno preparando una serie TV per adolescenti (seria).
          Basta, di più non so 🙂

          1. G

            Grazie per le info; mi aveva appassionato Gossip Girl e Dirty Sexy Money, ma più per le locations che per la trama in sè. Grey’s Anatomy dopo che se ne è andato il dottor Burke (quello nero) non l’ho più guardata; l’unico vero uomo della combriccola secondo me. Delle serie su ospedali e medici preferisco ER, Medici in prima linea; di tutte, è quella che si avvicina di più alla realtà; molta normalità, intrighi amorosi ce n’erano (come in ogni ambiente con uomini e donne che stanno a stretto contatto), ma in secondo piano; il vero protagonista era il pronto soccorso.

  5. Non sono più aggiornata sulle fiction etc. da quando ho scoperto che inquinano mille volte di più dello smog. Un inquinamento subdolo che entra come un sorriso e finisce in pianto. Da allora, la TV in casa nostra è molto utile come poggia-libri, poggia-bollette, poggia-quel-che-vuoi.
    Ritorna alla sua funzione originaria soltanto per il calcio, lo sci e il pattinaggio sul ghiaccio. Stop.
    Però ho una vera passione per il giornali femminili, mi piace conoscere i nuovi prodotti cosmetici, le borse, anche la moda, certo, ma per titolo informativo, tanto con la mia taglia non ci sto dentro in questi vestiti.
    Ma vogliamo parlare della strage che stanno facendo nella mente delle donne? Man mano ho dovuto eliminare tutti.
    Incominciamo con la rivista TU, una volta abbastanza leggibile e per questo motivi in calo di vendita. Arrivata la nuova direttrice e le cose sono cambiate, di brutto, le vendite sono aumentate. Questa direttrice ha pensato bene di allegare al settimanale un vibratore per “l’auto-realizzazione” della donna. Togliamo l’uomo, meglio il fai da te. Un unica schifezza.
    Mi era rimasto un giornale femminile in tedesco “Laura”, pulito, aggiornato, interessante, ma è fallito. Troppo pulito, probabilmente. A questo punto bisognerebbe pensare a un giornale femminile online tipo “la bussola femminile” perché la mia passione trovi qualche sbocco.
    Ma che caspita vogliamo realizzare di noi se malapena riusciamo a intuire noi stessi… Siamo confusi tutti, soffriamo e cerchiamo di lenire le nostre sofferenze con diversivi che le coprono e aggiungono squilibri quando la prima cosa da cercare sarebbe un equilibrio su tutti i fronti.
    E’ impossibile realizzarsi senza Dio perché è Lui l’unico a conoscerci fino in fondo, ci mancherebbe, siamo opera Sua.
    Solo conoscendo Lui attraverso Cristo sapremo riconoscerci in Lui, accettare la nostra umanità e migliorare per raggiungere quella realizzazione, quella vera, autentica, della quale sentiamo un bisogno urgente.
    E’ l’unica fonte autorevole e amorevole. Il resto è finzione, un brutta copia della realtà.

  6. Purtroppo annoiarsi di quello che doveva essere l’unico nostro amore sembra diventato di moda.
    Ancor più di moda è divorziare, prendersi i propri tempi per “ritrovare” se stessi.
    Se si è in due e senza figli forse la cosa è meno grave.
    Ma quando ci sono dei piccoli essere cui abbiamo dato la vita come si fa a pensare di realizzarsi senza di loro?
    Chi aiuterà loro a ritrovare se stessi, la propria dimensione, il proprio posto se mamma o papà se ne sono andati?

    I miei figli non sono angeli, e anche con papi la tensione a volte è forte ma mai ho pensato che la mia casa, la mia famiglia non fosse il mio posto. Sono sposata in chiesa con un ateo (!) e al di là della religione che ci divide crediamo in noi e nella nostra famiglia, siamo uniti nelle difficoltà (che non mancano mai, come tiri un sospiro di sollievo un’altra tegola è pronta a caderti in testa) e cerchiamo di crescere i nostri piccoli ispirandogli valori sani, universali.

    Con la mia Elly abbiamo fatto “educazione sessuale” ed è bellissimo come lei abbia capito la cosa che poi a rispegato alla zia Francy: “L’uomo e la donna si sposano e poi hanno dei bambini”.
    Per lei è la cosa più naturale, dall’amore di papà e mamma lei è nata e crede sia così per tutti. Vorrei evitare il contagio delle fiction ma non so per quanto ancora resterà così innocente. Ha ancora 7 anni e non le guarda ma ho notato che messaggi allusivi si trovano anche sui canali e programmi per bambini, li trovo così devianti. Devo sempre vigilare.
    Con Pilo sono più tranquilla, siamo ancora a Dora l’esploratrice e ai Barbapapà!

  7. Purtroppo ormai è diventato normale separarsi ed avere almeno 2 matrimoni nella propria vita.
    Chi è fuori da questo ‘standard ‘ è ‘strano’.

    Non sto quì a dire nella coppia chi può aver colpa, ma è evidente per tutti che una morale sempre più dubbia, il lavorio lento ma efficace della TV, una società disinteressata per il prossimo perchè anche lei ferita, ha creato una realtà dove prende il sopravvento il proprio io.

  8. Ci si sposa sempre di più senza sapere cosa si sta facendo. E quindi è normale che a un certo punto appare insensato continuare una convivenza che non funziona. E’ sul prima che si deve intervenire, quando si arriva alla separazione difficilmente c’è più molto da fare. Il più delle volte siamo di fronte a matrimoni nati male, non finiti male

  9. GFC

    E’ verissimo: siamo influenzabili, credere di non esserlo è solo una pia illusione o forse un ulteriore (e forse peggiore) condizionamento.
    Anzi… le idee delle persone -suddivise per età, per classe sociale, per cultura, etc..- vengono plasmate come meglio conviene in modo più o meno subdolo o palese, basta entrare in un qualsiasi ipermercato per rendersene conto.
    Ma non c’è molta differenza nei modi, il risultato poi è sempre quello e cioè la convinzione d’essersi ritagliati in proprio una realtà che invece altri ci hanno appiccicato addosso per farci comperare una scatoletta di tonno biologico o un’auto mezzo metro più lunga.
    Non conosco le fiction ed oltretutto sono esteticamente brutte da vedere e da ascoltare.
    Detesto l’incapacità dei nostri attori, l’inflessione dialettale, l’inespressività (ma ve lo ricordate Amendola nei panni di Murat in una penosa fiction su Napoleone che urlava “Annamo a la carica!”?) però la cosa a mio parere è del tutto cosciente e voluta: prodotti malfatti per gente malfatta.
    Se propini alle persone il brutto, prima o poi si convinceranno di non meritare altro e d’essere loro stesse brutte ed immeritevoli di qualcosa di meglio.

    Non è vero che si possa stare insieme esclusivamente per il bene dei figli: le scelte sono sempre egoistiche e gli altri ne hanno giovamento o danno solo indirettamente.

    E’ un’altra illusione o peggio una bugia, che spesso serve a mascherare le nostre debolezze.
    In una coppia dove la relazione funziona male, i figli vivono male.
    Non raccontiamoci storie. Non si può recitare per una vita per un supposto bene dei figli, che di solito hanno fiuto per queste menzogne.
    La separazione può migliorare o peggiorare questo stato di cose, spesso non è affatto un toccasana, ma comunque bisogna sempre mettere in conto un po’ di dolore per tutti, figli compresi. E’ una scommessa sul futuro ma come tutti gli azzardi può risolversi anche in una disfatta. L’illusione è quindi semmai il credere che l’esito sia sempre positivo e che il male scelto sia sempre il minore.
    Ma ciò vale anche per la situazione opposta, per chi si incaponisce a trascinare avanti “per i figli” una relazione in cui l’amore si è logorato al punto d’essere morto. Talmente morto che nessuna serata da soli al cinema potrà mai resuscitare.
    Già… perché l’amore può morire, un’unione può morire, un matrimonio per quanto benedetto da Dio può morire.
    E non muore solo perché uno dei due lo ha disintegrato con una cannonata atomica ma può morire un poco alla volta, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
    La nostra voglia di trovare risposte rassicuranti ci spinge ad elaborare manualetti di comportamento (spesso confusi col Vangelo) ma basta guardarsi attorno per rendersi conto di quanto non esista una ricetta: figli perfetti di genitori separati e figli disgraziati di coppie salde da sempre. E viceversa.
    Ladroni che si salvano e bravi giovani cacciati via da Cristo. Paradossi.
    Osservare questa realtà ci spaventa.

    1. Ometto i molti altri pensieri fatti leggendo, ma voglio almeno, voglio proprio dire che sottoscrivo quanto detto da Fefral più su, unitamente a quel che precisa GFC.
      Sì, esistono situazioni in cui separarsi è davvero la cosa migliore, non positiva ma meno dannosa del restare insieme per convinzione cieca più che per quella splendida determinazione, consapevole, a salvaguardare dagli strali della fatica e delle incomprensioni qualcosa che si sa con l’intelligenza della fede essere comunque valido e importante.
      E in questo separarsi mettiamoci pure tutte le più disparate varianti: separazione appunto, divorzio, annullamento… c’è caso e caso, e non si può dire che tutto dipenda, sempre, dall’aver fatto una scelta sbagliata all’inizio, dall’aver mal compreso ciò che si stava compiendo: a volte, alcune cose, semplicemente non si possono prevedere, e sopportare non sempre è bene, nemmeno alla lunga.
      Però, certo, anche la mia esperienza personale mi dice che questa incoscienza, questa superficialità con la quale uomini e donne supposti maturi si accingono a sposarsi; è assai frequente.

      L’errore sta a monte, nell’immagine del senso del divorzio che abbiamo ma anche, è stato detto, nell’intendere cosa significhi realizzare se stessi. Perché che sia non solo possibile, lecito ma anche doveroso realizzare se stessi dev’essere chiaro; altrimenti si finisce nelle distorsioni dell’automortificazione e della negazione di tutti i nostri bisogni meno che altissimi e sacrosanti, nel ridurli a fantasie indotte ed inconsistenti.
      E questo è un atteggiamento deleterio quanto il subire passivamente (ma non siamo mai passivi del tutto) le pressioni dei media e della cultura dell’effimero, e contribuisce a dare credito all’idea che la religiosità serva non a rendere felice l’uomo, ma a privarlo dell’amore di sè.

  10. Miriam

    Cara Costanza,
    quello che hai scritto lo ripeto a mio marito ogni volta che vedo qualche frammento di fiction, perché in genere non riesco mai a guardare per intero. A prescindere dalla banalità e dal non sempre consequenziale evolversi delle vicende, entrano nelle nostre case e nelle menti e nei cuori con meno anticorpi, modelli di vita nuovi e destabilizzanti presentati come normali e, anzi, appetibili, come hai descritto molto bene (compreso il proliferare delle coppie gay.
    Dopo diversi anni di bombardamento a tappeto, ecco i risultati! Forse anche voluti… anche perché non c’è nessuno che mette in campo storie alternative ben costruite e che possano avere altrettanta presa.
    So che quando si indica un problema e relativa soluzione, bisognerebbe anche impegnarsi al riguardo. Ma purtroppo quello non è il mio campo. Forse a noi intanto è dato mettere in guardia, denunciare, ad altri promuovere… ma dove sono costoro?

  11. Meme

    Da un blog così attento ci si aspetterebbe anche meno ovvietà..
    ..scarsissime sono le tracce di una famiglia normale. Un uomo e una donna che si sposano e fanno figli. Punto..
    mi piacerebbe approfondire il concetto di famiglia normale un uomo ed una donna che si sposano sono già famiglia..non bisogna dare troppo per scontato, nulla è dovuto tanto meno i figli, sono una benedizione del Cielo ma non una ovvia benedizione del Cielo!
    spero di non esser stata scortese ma solo di aver fornito un diverso punto di vista!

    1. Tu stessa ti sei accorta della tua mancanza di cortesia, altrimenti non l’avresti sottolineato.
      Si, sei lo sei stata o almeno un po’ “brusca” che esclude un sereno dialogo anche fra opinioni diverse.
      🙂

  12. Capita a fagiolo questo post! e non per l’argomento fiction, che sicuramente influenzano la cultura e il modo di vivere di tutti noi come anche le riviste di cui parlava Karin (il vibratore me l’ero perso!). Questo post oggi mi è servito per tenere sotto controllo il mio solito embolo impazzito che vedendo un’amica in crisi coniugale ha deciso “ghe pensi mi”. E ha cominciato ad arrovellarsi e pensare che posso fare per aiutarli? cosa le posso dire? o forse è meglio che le scrivo una lettera? così magari le spiego che se lui è infossato in un mare di immaturità lei non può guardarlo dall’orlo del baratro e dirgli quanto fa schifo…. che lei dovrebbe aiutarlo a sollevarsi, dovrebbe stimarlo, appoggiarlo anche quando ha torto marcio. Ovviamente sono convintissima delle cose che dico, e sono certa che è un ottimo consiglio. Ma ho trascurato un piccolo particolare: non posso risolverle io i problemi. E forse, tutto sommato, lei non vuole nemmeno un aiuto. E’ molto convinta anche lei di essere a posto, che lei sul fondo non ci vuole finire più e che se lui ci scende la prossima volta saranno affari suoi. Il problema è che non ci sarà mai nessun marito, nemmeno il più fichissimo Bruce Willis, a darci prova di cavalleria senza macchia e senza paura. E neanche rinchiuderci nella torre convinte che ci bastiamo anche da sole potrà mai darci la soddisfazione che cerchiamo per essere felici. Come ha detto DaniCor più sopra, il nostro destino è la felicità, ma quella felicità, il nostro compiersi totalmente, non può che passare per una sofferenza, fosse anche quella di buttare giù la lunghissima treccia di cui tanto abbiamo avuto cura pettinandola tutte le sere. Che preserviamo a fare la nostra bellezza, la nostrà capacità di amare e accogliere se non per farne un dono? L’unica via d’uscita dalla crisi è fare sacrificio. Non sto parlando di mazzate nei maroni. Sto parlando di piegarci, di farci “concave” per ospitare, non per giudicare ma per amare. Solo quella è la realizzazione che ci farà felici.
    Bene, detto ciò, credo che all’amica scriverò solo una lettera, e non per darle istruzioni non richieste, ma solo per dirle che anche io come lei sono un buco nero inspiegabile misterioso e in cerca di amore, e che se voglio bene a mio marito è perchè ho accettato che non può solo lui farcmi felice e ho chiesto ad un Altro di venirmi incontro per saziarmi di un pane che non mi farà più sentire fame.

    1. Giuli,
      aggiungo che, per esperienza di “consigliera non richiesta” e di acuta osservatrice, chi schiva la croce e cambia tutto, in realtà la sposta soltanto più in la.
      Se non sei caduta centinaia, migliaia di volte dalla bici, sbucciandoti le ginocchia, i gomiti e a volte persino andando a sbattere di faccia, non hai imparato a andare in bicicleta. Puoi prendere quante bici nuove vuoi, ma non sarai comunque capace di andarci!

        1. JoeTurner

          Le biciclette (sopratutto le vecchie solide biciclette non le moderne bike fatte essenzialmente per alleviare la fatica) hanno un funzionamento piuttosto semplice, se non va è perché è uscita la catena; a quel punto la cosa migliore è mettersi in ginocchio e rinfilare quello che è andato fuori posto

          1. GFC

            Probabilmente vado un po’ fuori tema, chiedo perdono in anticipo.
            A me pare si voglia far passare l’idea, detto fuor dai denti, che -in se stesso- un matrimonio canonicamente valido non possa essere “sbagliato” e che l’eventuale fallimento debba addebitasi forzatamente al poco impegno di uno o di entrambi i coniugi. Da qui i vari anatemi: se non sai far funzionare questa relazione con quest’uomo, non sarai in grado di far funzionare nessun altra relazione con nessun altro uomo!
            Purtroppo però la realtà è un’altra.
            Si pensava di essere su una bella bici nuova fiammante e, solo dopo, alla prima salita ci si accorge che una di quelle fabbricate in Cina con gli ingranaggi di plastica che si distruggono quando si tratta di far forza sui pedali.
            Ed allora scendi, ti guardi attorno, ti asciughi il sudore e ti rendi conto che non è la bici adatta a te.
            Hai fatto un errore di valutazione, oppure ti hanno fregato, ma poco importa.

            1. lidia

              io conosco coppie che hanno divorziato, si sono risposate e sono felicissime con i nuovi compagni, mentre con quelli precedenti erano infelici. hanno messo su unioni durature e famiglie felici. è la realtà, e non la si può negare, e gli anatemi lasciamoli a chi non ha altri argomenti.
              Però ci si dimentica di solito di tre fattori: 1) i figli. Io non so se la storia del “se ci separiamo ” è meglio sia vera. Certo,s e dovete vivere assieme litigando sempre, allora sì la separazione è meglio (quando mio papà se n’è andato di casa i primi mesi ero felice, almeno non li sentivo più litigare. Poi però avrei voluto che tornasse). Ma se siete intelligenti e cercate di non litigare e di non creare un clima schifoso in casa per i figli sarà sempre meglio avere i genitori assieme. 2) a volte è semplicemente vero che con un altro/a saresti più felice. è vero, e basta (altrimenti i vedovi non si risposerebbero mai, e i ri-sposati felici non esisterebbero, e invece esistono). Ma ciò non significa che tu non possa essere felice anche con la persona che hai scelto al momento di sposarti: se invece di cercare altrove cerchi di migliorare il rapporto che hai già, probabilmente ci riesci. Non sicuramente, e infatti ci sono matrimoni cristiani non riusciti, penso non sia un mistero e non ci sia da scandalizzarcisi. Purtroppo spesso il rapporto si potrebbe migliorare ma non lo si fa. Non lo si fa per paura, per pigrizia, per mancanza d’aiuto…per tante cose.
              3) se ti sei sposato cristianamente hai già messo in conto che il tuo matrimonio potrebbe andare male. Chi si sposa pensando che andrà tutto bene, secondo me, è incosciente. perciò, se hai già partenza deciso di puntare tutto su quella scelta fin dall’inizio ti comporterai di conseguenza. Fermo restando che in situazioni estreme anche la Chiesa consiglia la separazione (casi di violenza fisica e psichica, manifesta immoralità di uno dei coniugi (tipo: mio marito ha creato in casa un giro di prostituzione: direi che non è il caso di restare in quella casa, tanto più con i figli, etc.), etc etc), se non ci sono queste conseguenze di solito il matrimonio si può ripescare. E se non ci si riuscisse? Bene, è difficile, ma ci sono così tante cose che la vita ci dà e che noi non vorremmo. Il problema è che spesso si dà per scontato che non ci si riuscirà (ma non sempre: a volte davvero non ci si riesce e basta.)

              1. lidia

                tra parentesi,c’è anche da chiedersi se i secondi matrimoni riusciti (che poi non sono la maggioranza sei secondi, anzi, ma esistono) riescano davvero perché l’altro/a è un altro/ a e non, semplicemente, perché si è imparato dagli errori precedenti. Questo però – spesso- lo si poteva fare anche col precedente marito/moglie.

              2. GFC

                Lidia, il problema della separazione rispetto ai figli è che non si può mai avere una controprova.
                Si fa una scelta e si va i quella direzione, con tutte le conseguenze del caso: se non ti separi, penserai che i possibili problemi sofferti dai figli siano da attribuirsi al brutto o al falso rapporto messo in scena per anni a loro esclusivo beneficio, se invece ti separi potresti poi finire per attribuire i guai dei figli al dolore della separazione stessa.
                Però né i genitori né i figli potranno mai sapere cosa sarebbe accaduto facendo la scelta opposta.
                Sarebbe stato meglio o peggio?
                Nessuno potrà mai dirlo.

    2. GFC

      Giuliana, non puoi risolvere i problemi altrui però puoi metterti in ascolto.
      Già questo è spesso un aiuto.
      E’ comunque vero: non esiste il marito ideale come non esiste la moglie ideale, però credo sia altrettanto vero che ci si possa discostare in modo più o meno consistente dal modello che si ha in mente e quando questa distanza si fa troppo grande, di solito, crolla tutto.
      In altre parole, il fatto che non esista nella realtà il principe azzurro non significa che allora bisogna dover essere disposti ad ingoiare qualsiasi schifezza pur di non far fallire la coppia o sbaglio?

      1. mettermi all’ascolto non è mai stato un problema per me… ne sa qualcosa mio marito che mi rimprovera di essere troppo disponibile a sentire tutte le disgrazie altrui.
        Per quanto riguarda il coniuge ideale, di solito è quello che abbiamo scelto il giusto; non nel senso che è perfetto ma che, anche nella peregrina ipotesi ci siamo sposati dopo aver alzato un po’ troppo il gomito, è vero che la chiamata all’altare è irrevocabile. Mi spiego meglio, giusto per non dare l’impressione che io ritenga il matrimonio una condanna a morte…. “il modello che si ha in mente?” ( a me per esempio piace da matti Russell Crowe, sono sicura che sarebbe il mio uomo ideale, perchè oltre al fisico deve avere un buon cervello visto che mi piacciono tutti i suoi film)
        Ma se uno si sposa convinto di prendersi l’esemplare che risponde meglio al “modello ideale”, secondo me fa un grosso errore. Quando ci innamoriamo anche i difetti dell’amato ci sembrano pregi, e siamo convinti di vederli come pregi per il resto della vita; poi passano gli anni e quei diffettucci che tanto ci piacevano cominciano a frsi insopportabili. Vuole dire che l’altro si è fatto enormente distante dal nostro “modello ideale”. Che fregatura! magari se avessimo sposato Pierino che ci corteggiava con fasci di rose rosse a quest’ora saremmo in paradiso….e non nella melma del noioso e deludente presente….
        La bicicletta è sempre Made in China, anche quando l’hai presa nel meglio negozio del centro…. E’ che tutti siamo difettosi, ci mancano dei bulloni che tengono attaccato il tutto. Forse dovremmo ammettere che non siamo noi i meccanici bravi ad aggiustare le bici difettose. Magari bisogna ammettere che è un altro il meccanico in grado di farci andare, di mettere le cose al loro posto.
        Per essere realisti, caro (o cara?) GFC, ci sono davvero come dici tu, bici che credevi nuove fiammanti e che invece ti fregano alla prima pedalata. Sì, ci sono in giro tante persone che alla prima difficoltà manifestano tutta la loro debolezza, la viltà, la ruffianeria, ilo scarsissimo senso di responsabilità, l’immaturità… e chi più ne ha più ne metta. E ci possono essere mille ragioni per questo: di solito problemi educativi che hanno segnato l’età evolutiva o l’adolescenza. L’amica di cui parlavo lamenta nel marito un bel pacchetto di difetti, e posso confermare che in effetti dei problemini ci sono davvero.
        Ma se uno dei due ha la consapevolezza di essere più forte (e di solito sono le donne ad essere più equilibrate, diciamo la verità…), mettersi a guardare dall’alto in basso l’altro che affoga è terribile, vederlo annaspare nei suoi difetti e spingergli la testa più sotto non è certo un atto di carità. La mentalità dominante è quella che ti dice “vai avanti da sola, ce la puoi fare!”. Ma che soddisfazione c’è? La proposta di tendere una mano all’altro non è un “purchè funzioni” o “purchè si tiri avanti”. Lavorare per due, su se stessi e per l’altro, a volte dà dei risultati sorprendenti. Però quel lavoro deve essere fatto come una preghiera, con la preghiera. Perchè non è che dipende dalla nostra bravura (anche perchè dopo il rischio di rinfacciare all’altro quanto siamo stati bravi è facile facile, e allora la mazzata al rapporto è definitiva), ma dal mettersi a disposizione perchè Cristo passi in quella ferita, che faccia Lui nuove tutte le cose. Perchè se siamo andati all’altare a chiedere il Suo aiuto, dobbiamo essere disposti a farLo entrare.

        1. GFC

          Grazie della risposta, Giuliana.
          Per esperienza, mi è capitato spesso di notare che tante persone uscite da un fallimento matrimoniale lamentavano l’essere state sole nel prendere decisioni così importanti. Per questo ti ho scritto che il solo fatto di ascoltare l’altro/a può essere un dono grande.
          E’ vero. Nessuno se ne va in giro con il ritratto della donna o dell’uomo ideale in tasca per confrontarlo con la persona incontrata per la via, però è anche vero che si tende comunque ad avere in testa un modello comportamentale di riferimento, più o meno idealizzato. Ciò è valido per qualsiasi tipo di relazione ed in particolare per quella amorosa dove le “aspettative” sono maggiori.
          Hai liquidato in due parole un’affermazione che invece è fondamentale: “… è vero che la chiamata all’altare è irrevocabile”. Ciò pone fine a qualsiasi alternativa: se è irrevocabile “devi” essere pronta ad accettare il rischio che tuo marito si possa allontanare sempre più da quell’ideale, fino a creare una distanza colmabile solo con la pura volontà e non più con il sentimento.
          Ovviamente questo per fortuna non succede sempre.
          Non si può generalizzare: si possono scoprire difetti insospettabili ma non è detto che siano o che diventino per forza intollerabili. Del resto non è nemmeno vero che le bici siano tutte made in China e non è neppure rispondente alla realtà che, con un poco d’impegno, non si possa riparare un piccolo guasto o -d’altra parte- che esista un meccanico sempre in grado di risistemare una bici difettosa.
          Il sacramento non è magia.
          Dio non è Giove.
          Non basta affidarsi singolarmente a Lui perché le cose funzionino, bisogna essere in due.
          Bisogna aver fede in due ed andare nella stessa direzione, aspettandosi reciprocamente se è necessario.
          Ma se la fatica è troppa ed uno dei due proprio non ce la fa?
          Prova a pedalare… ma le gambe non ne vogliono più sapere e comincia a mettere un piede a terra, prima uno poi tutti e due. Butta la bici in un prato, si siede ansimando e sbuffando su un paracarro.
          E si accorge della realtà: lei si è nel tempo allenata, ha fiato e forza, è cresciuta ed adesso pedala leggiadra come Bartali sullo Stelvio…. lui invece è rimasto quel che è sempre stato: un ciclo amatore dilettante, con un po’ di pancetta e tanto acido lattico in circolo. E’ rimasto indietro, la distanza è incolmabile.
          Che si fa?
          Certo… lei potrebbe tornare indietro. Incoraggiarlo.
          Ma se la diversità è ormai troppa, l’incoraggiamento si tramuta facilmente in ulteriore umiliazione e scoramento.

          Bella l’immagine di Cristo che entra il quella ferita.
          Ma entrambi devono permettere al Signore farsi aiuto concreto, altrimenti si potrà far carico solo del dolore dell’altro anziché contribuire a costruire una nuova gioia.
          Se Cristo c’è tra due persone, c’è da sempre. C’è adesso e c’era anche prima.
          Coma mai allora si è creata una distanza così grande?
          Non voglio apparire assolutamente irrispettoso ma non si può tirar fuori Cristo come il coniglio dal cilindro di un prestigiatore.
          Se due persone sono unite in Cristo lo sono tutti i giorni, pedata dopo pedalata, il che non significa che non si possa creare talvolta un po’ di distanza fra loro ma che questa distanza non sarà mai incolmabile.
          Incolmabile lo diventa invece se Cristo non c’è ma se non c’è, viene il sospetto che non ci sia mai stato e quindi bisognerebbe chiedersi sul serio se “…… è vero che la chiamata all’altare è (sempre) irrevocabile”.

  13. Alessandro

    “Questi [i figli], per essere istruiti ed educati, hanno bisogno di punti di riferimento estremamente precisi e concreti, vale a dire di genitori determinati e certi che, in modo diverso, concorrono alla loro educazione. Ora è questo principio che la pratica del divorzio sta minando e compromettendo con la cosiddetta famiglia allargata e mutevole, che moltiplica i “padri” e le “madri” e fa sì che oggi la maggior parte di coloro che si sentono “orfani” non siano figli senza genitori, ma figli che ne hanno troppi. Questa situazione, con le inevitabili interferenze e l’incrociarsi di rapporti, non può non generare conflitti e confusioni interne, contribuendo a creare e imprimere nei figli una tipologia alterata di famiglia, assimilabile in un certo senso alla stessa convivenza a causa della sua precarietà…

    incoraggio i vostri sacerdoti e i centri pastorali delle vostre diocesi ad accompagnare le famiglie, affinché non siano illuse e sedotte da certi stili di vita relativistici, che le produzioni cinematografiche e televisive e altri mezzi di informazione promuovono.
    Ho fiducia nella testimonianza di quelle famiglie che traggono la loro energia dal sacramento del matrimonio; con esse diviene possibile superare la prova che si presenta, saper perdonare un’offesa, accogliere un figlio che soffre, illuminare la vita dell’altro, anche se debole e disabile, mediante la bellezza dell’amore.”

    (Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile (Nordeste 1-4) in Visita “ad Limina Apostolorum”, 25 settembre 2009)

  14. Massimo

    Grazie, Costanza. Grazie allo Spirito Santo che ti ispira queste parole commoventi di verità e sapienza. Iddio ti benedica sempre!

  15. Costanza Miriano

    Dani, ovviamente sono d’accordissimo con te! Giuly, tu lo sai, abbiamo appena finito una telefonata fiume. Quanto a Meme, non ho capito il punto. Se intendi che i figli non sono un diritto, e non sono scontati, sono d’accordo con te, e l’ho scritto anche nel libro: i figli sono un dono gratuito e libero di Dio, che non li dà certo per merito, ma per motivi misteriosi e a noi incomprensibili. Solo che non era tema dell’articolo. Dovevo parlare di fiction, e non potevo sviscerare il tema “cos’è una famiglia normale”. Spero di non avere offeso nessuno.

  16. vale

    non ricordo da dove l’ho preso( bussola? altro?boh!)
    Massoneria e corruzione dei costumi

    di Angela Pellicciari30-03-2012

    Collen Hammond, ex modella e attrice diventata cattolica, in un libro autobiografico di recente pubblicazione racconta come la totale perdita di pudore nell’abbigliamento femminile sia stato uno degli obiettivi tatticamente perseguiti dalla massoneria nell’intento di sradicare la religione.

    La signora, madre di quattro figli, cita fra l’altro un numero della International Review on Freemasonry pubblicato nel 1928 in cui si legge: “La religione non teme i colpi di spada; ma può estinguersi sotto i colpi della corruzione. Non stanchiamoci mai della corruzione: usiamo un pretesto come lo sport, l’igiene, la cura della salute. E’ necessario corrompere: che i nostri giovani pratichino il nudismo.
    Per scongiurare una reazione eccessiva, bisogna procedere metodicamente: bisogna cominciare con lo scoprire il gomito; poi passare alle ginocchia; quindi a gambe e braccia completamente scoperte; poi la parte superiore del torace, le spalle, ecc. ecc.” (Dressing with dignity, Rockford 2005, p. 53).

    Un secolo prima della rivista citata dalla Hammond la strategia delle sette era la stessa. Regnante Gregorio XVI (1831-46) la polizia pontificia scopre documenti e corrispondenza fra carbonari in cui si teorizza che, per ottenere il potere, bisogna passare per la corruzione dei costumi.
    Qualche saggio dei documenti resi pubblici per volontà del papa: “Abbiamo deciso che non vogliamo più cristiani; evitiamo dunque di fare martiri: pubblicizziamo piuttosto il vizio presso il popolo”; “L’essenziale è isolare l’uomo dalla famiglia, è fargliene perdere le abitudini”; “L’uomo ama le lunghe chiacchiere al caffè e assistere ozioso agli spettacoli. Intrattenetelo, lavoratelo con destrezza, fategli credere di essere importante; insegnategli poco a poco ad avere disgusto delle occupazioni quotidiane, e così, dopo averlo separato da moglie e figli e dopo avergli mostrato quanto è faticoso vivere adempiendo ai propri doveri, inculcategli il desiderio di una vita diversa”.
    …..

    1. Massimo

      Aggiungo al commento di Vale, come dimostrazione che le fiction sono un aspetto contemporaneo e mediatico di una strategia che viene da lontano nel tempo.
      Dall’Enciclica “Humanum genus” di Papa leone XIII (20 aprile 1884)
      «Quanto al consorzio domestico, ecco a un dipresso tutta la dottrina dei Naturalisti. Il matrimonio non è altro che un contratto civile; può legittimamente rescindersi a volontà dei contraenti; il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato. Nell’educare i figli non s’imponga religione alcuna: cresciuti in età, ciascuno sia libero di scegliersi quella che più gli aggrada. Ora questi principi i Frammassoni li accettano senza riserva: e non pure li accettano, ma studiansi da gran tempo di fare in modo, che passino nei costumi e nell’uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamente per nulli i matrimoni non celebrati nella forma civile; altrove le leggi permettono il divorzio; altrove si fa di tutto, perché sia quanto prima permesso. Così si corre di gran passo all’intento di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a talento».

  17. 61Angeloexralarge

    Carissima Costanza, il post mi piace tantissimo! Il mio problema è che non essendo sposata, mi piace molto leggere post sulla famiglia, ma poi mi faccio scrupoli e non lascio commenti, se non battute e smack! Mi piace “studiarvi ed imparare”. Mi piace vedere che nonostante la situazione sia triste, perché in effetti siamo noi “cristiani” i primi a consigliare la separazione ad una coppia che non va d’accordo, i primi a consigliare di non fare figli (poi adesso c’è la crisi), etc. in questo mare di tristezza vedo tutti voi, le vostre famiglie, quello che state cercando di fare nonostante tutto intorno vi REMI CONTRO. Questo mi fa pensare che siete si una piccola parte dell’umanità, ma siete la parte migliore, la perla preziosa, anzi il lievito che servirà a fare tantissimo pane! Questo blog sta facendo tantissimo per la famiglia! Anche se ci fosse un solo post settimanale sarebbe già un grandissimo dono! Chi altri parla seriamente e in modo cristiano autentico delle problematiche familiari? Tu, Paolo, Daniela Bovolenta ed altri che “girano” in questo blog! Non è bella questa cosa? Coraggio a tutti, ragazzi! Gesù ne aveva 12 e qui, se ci si conta, si è di più! Smack! 😀

    1. lidia

      Beh Angela aspetta eh…mi associo grandemente ai complimenti per il blog e anche io penso sia un gran bel blog e le persone che ci girano attorno sono meravigliose ma ti assicuro che ci sono tanti altri cristiani che parlano bene della famiglia. Io ne conosco tantissimi 🙂 Giusto per ricordarci che non tutto è marcio. Anche se ahimé conosco anche cristiani che remano contro, è vero.

      1. 61Angeloexralarge

        Lidia: non sono una che vede tutto marcio, anzi ho gli occhiali rosa! Ma nel mio piccolo vedo che anche tra chi è sempre in parrocchia, che magari ha anche un compito educativo, la prima cosa che consiglia è quella più “comoda”, la scorciatoia, la realizzazione egoistica della propria persona, il lavoro in nero ai propri dipendenti, etc. Per non parlare di chi si permette di consigliare affetuosamente” il sacerdote con cose che cristianamente non stanno né in piedi né in terra. Non punto il dito su di loro, per carità! Ma è evidente che manca una vera formazione, altrimenti questo non succederebbe. Spesso, purtroppo, siamo convinti che per il semplice fatto che andiamo a Messa siamo a posto: poi, di fronte a problematiche come il divorzio e l’aborto cadiamo letteralmente dal pero!
        Ho “gironzolato” ultimamente in siti e blog nuovi, consigliati da amici di fede, ma sinceramente non ho trovato “completezza”: non so se mi farò capire perché non intendo pntare il dito contro questi siti e blog, ma non ho trovato quello che avrebbe dovuto esserci. C’è molto ma non è tutto! Poi, naturalmente, le mie conoscenze sono limitate! Comunque accolgo i tuoi suggerimenti e appena ho un attimo di calma vado a “curiosare” dove dici tu. Smack! 😀

        1. 61Angeloextralarge

          “Ho “gironzolato” ultimamente in siti e blog nuovi, consigliati da amici di fede”: questo discorso non è riferito ai blog e ai siti che ho iniziato a frequentare grazie a “sposati e sii sottomessa”. 😀
          “sinceramente non ho trovato “completezza”: in alcuni ho trovato anche roba New Age… creduta buona, ovviamente in buona fede; in altri roba molto miracolistica. 🙁

    2. lidia

      mauroleonardi.blogspot.it per esempio è un altro blog (non direttamente sulla famiglia, ma cristiano, a me piace molto. Si parla di celibato e vita consacrata, anche. è poco di condanna però. Magari ti può interessare! Poi conoscerai il MOIGE – Movimento Italiano Genitori, fanno molto per la TV e l’immagine della famiglia in TV. dovrebbero anche avere un sito internet.
      Mmh…se mi vengono in mente altre cose le scrivo 🙂

        1. lidia

          che non sta tanto a condannare l’empietà del mondo, non è focalizzato su “ciò che non va” nel mondo, ma piuttosto su ciò che non va in noi stessi. Si interroga su Gesù e, di conseguenza, sull’ uomo: parla dei nostri grandi/piccoli problemi quotidiani, i dubbi di fede, quando credere è difficile, quando la vita fa male e non sai che fare, come Dio ci salva attraverso l’amicizia, l’amore e la Croce, etc etc etc.
          Insomma è un po’ focalizzato sulla vita interiore. però anche sulla società e sui suoi condizionamenti, ma visti da un punto di vista un po’ diverso. Insomma, vai e vedi 😉

  18. vale

    la cosa più dovertente,si fa per dire, è che le tecniche di manipolazione delle masse non sono cambiate da quando c’è un potere costituito che se ne serve per manipolare il consenso. era così al tempo di Pericle,della Roma sia repubblicana che imperiale, dei califfi e di gengis khan fino alla macchina finale delle sturmtruppen,per dire,.cambia la tecnologia. ma siccome i bisogni ed sentimenti degli uomini sono sempre gli stessi, in ogni epoca e luogo-fatte le dovute tare dovute alla cultura predominante in quel tempo e luogo, il gruppo di potere che vuole conquistarlo- e va da sé-dire agli altri come vivere la vita, per il loro bene,s’intende, usa i medesimi mezzi.
    cito ancora dall’articolo succitato( grazie ale per il memo):
    due risposte, la prima della Civiltà Cattolica, la seconda di Leone XIII, perché entrambe interessanti. A parere della rivista dei gesuiti, che ne parla in un articolo del 1852, lo scopo delle sette “è generalmente antireligioso e antisociale. Esse agognano lo sperperamento e il taglio d’ogni vincolo più sacro, che lega uomo con uomo, nella Chiesa, nella società, nella famiglia, per ricostruire l’umanità sotto una nuova forma di totale servaggio, in cui lo Stato sia tutto, e i capi della setta siano lo Stato”.
    (guarda caso lo stesso concetto sia comunista che nazista e fascista per cui il partito-cioè una parte,la vincente o predominante,è lo stato e tutto è nello stato e non fuori. per cui nel partito che con esso si identifica) se al termine partito si sostituisce: cartello finanziario o bancario o quel che vi pare,il risultato è il medesimo
    Nell’enciclica Humanum genus composta nel 1884
    …Leone XIII individua nella promozione del vizio l’arma principale delle sette massoniche: a giudizio del papa solo così, e cioè fiaccando la volontà delle persone col renderle schiave delle passioni, uomini “scaltriti e astuti” avrebbero potuto imporsi e dominare incontrastati. Queste le parole del pontefice: “poiché quasi nessuno è disposto a servire tanto passivamente uomini scaltriti e astuti come coloro il cui animo è stato fiaccato e distrutto dal dominio delle passioni, sono state individuate nella setta dei Massoni persone che dichiarano e propongono di usare ogni accorgimento e artificio per soddisfare la moltitudine di sfrenata licenza; fatto ciò, esse l’avrebbero poi soggiogata al proprio potere arbitrario, e resa facilmente incline all’ascolto”.

    come si vede nula di nuovo sotto il sole.
    va notato che la massificazione della cultura e lo scadimento qualitativo od orientato solo scientificamente nell’insegnamento serve anche a creare nuove generazioni non più in grado di interpretare la realtà ma solo a bersi quel che gli vien propinato…

  19. “Gli Amish aborrono la televisione, che eroga esempi di costumi e comportamenti imposti che sono a loro estranei, ed invece amano leggere libri e riviste, se non offendono i loro princìpi.”

  20. Considerando che quelle della rai sono fiction zuccherose, finte, irreali e buoniste mi viene da ridere a leggere questo post. Non oso pensare al giudizio su una serie tipo Modern Family (per dire tra i componenti della famiglia ci sono una coppia gay che ha adottato una bimba asiatica..) che e’ comunque molto sarcastica (e fuori le righe).
    Io non ci credo alla manipolazione da parte delle fiction. Piu facile pensare che cerchino (nei limiti zuccherosi,irreali e buonisti della tv di stato) di rappresentare delle realtà.
    Poi se le guardo rimango influenzato? come se uno vedesse un film tipo le fate ignoranti e decide di aprire una comune gay… mica e’ automatico. Il post mi ricorda le polemiche sulla “violenza” dei cartoni giapponesi quando ero piccolo.
    Se i bambini si guardavano mazinga z che distruggeva i mostri cattivi non diventavano serial killer.
    Guardatevi un posto al sole su rai3. Altro che scambio di coppie. Li si sono scambiati veramente tutti.
    L’amore finisce e le persone decidono di separarsi piuttosto che essere infelici sotto lo stesso tetto. Che cattiveria… e buttiamoci anche il ricatto dei figli e santa madre chiesa con l’indice puntato….

  21. Claudia Pitotti

    l’amore è una meravigliosa fatica che ti fa snidare il bello nascosto tra le pieghe del quotidiano.

    Fantastica. Dolcissima. Vera.

  22. vale

    ecco .appunto. continua a non crederci.
    la tua reductio ad unum di un problema iperstudiato nelle scuole di strategia e politica( e perfino di marketing,oltre che in psicologia).chiunque si sia applicato anche parzialmente a codesta “branca” di induzione mentale sa che oramai , simili tecniche, vengono applicate ovunque: dal marketing,per esempio sia nei supermercati che nel mercato dell’auto, o dei profumi e della moda,ecc. al lavoro-vedere la battaglia sull’art. 18 che -e, soprattutto, come-si fa oggi in Italia.
    le tecniche sono le stesse applicate e tarate addirittura a microtarget a seconda del risultato che si vuole ottenere e che si basa sul risultato percentuale e ripetuto di tecniche di disinformazione e manipolazione delle informazioni-intese in senso lato-non solo come notizia di avvenimento .
    figurati se non viene utilizzata la tv e quel che viene messo in onda- e prodotto per esso( e dietro una produzione ci sono decine di studi di sociologia,psicologia e marketing tarati sulla nicchia di mercato-ovvero un gruppo di popolazione assimilabile per età,gusti,comportamenti,credenze(non mobili,neh?) che quel prodotto televisivo deve “sedurre”
    quindi è la dimostrazione:

    A) che sei impermeabile a codeste tecniche.sei uno libero da qualsivoglia tipo di condizionamento più o meno indotto e/o occulto.

    B) sei già “cotto” e non te ne rendi neppure più conto. un coniglio meccanico.

    quale ti attribuisci delle due?

    1. Però è anche vero che la nostra padrona di casa, grazie alla televisione, ha avuto anche lei l’opportunità di
      influenzare un po’ di persone (oltre che col libro, e i giornali etc.)
      E anche il Papa, nel suo piccolo, non disdegna di comparire, tutte le domeniche, come minimo, sui teleschermi,
      o convegni episcopali, o inaugurazioni cardinalizie di ponti strade scuole opere pubbliche (o era così una volta, che costruivano queste cose?) E che dire di Padre Pio, che imperversò sui canali per diversi mesi, e il Papa polacco, morte e beatificazione,e le folle oceaniche dei viaggi pontifici
      Ma in quale altro paese al mondo si trasmettono queste cose?

  23. E’ interessante quanto avvenuto tempo fa ad una coppia che conosco.
    Il loro matrimonio era in crisi, tanto che le carte del divorzio erano pronte per essere firmate.
    Ma prima di andare dall’avvocato, i due andarono dal prete a chiedere l’estremo aiuto.
    Lo ottennero, e grande, tanto che il matrimonio loro si rinsaldò.
    Lo raccontarono a coppie amiche, le quali osservarono: “Ma come? Quando avete problemi di coppia voi andate dal prete? E che c’entra lui? Che c’entra la Chiesa, il Signore, la Messa, la preghiera, l’elemosina,… ?”

    Badate che si tratta delle stesse parole dell’indemoniato davanti a Gesù.
    “Sei venuto a rovinarci?”, domanda Satana.

  24. Meme

    Costanza..hai centrato in pieno la provocazione che ho buttato lì entrando a gamba tesa nel post, non avevo dubbi in merito alla tua idea solo mi era parso di cogliere un’idea distorta alla base del concetto di famiglia normale come due persone che si sposano e fanno figli, puntualizzando l’ovvietà come non tale..era solo un altro spunto di riflessione ma comprendo non esser tema dell’articolo anzi chiedo venia se ho trattato un argomento diverso. Grazie per l’ospitalità!

    Per filia ecclesiae..il dubbio sulla mancanza di cortesia mi è sopravvenuto per educazione visto che ci si rapporta con altre persone è lecito chiederselo nonostante i toni del post fossero sereni ed educati, se ho commentato (per la prima volta) era proprio perchè smaniosa di confrontarmi con altri punti di vista dialogando amabilmente..non partire prevenuta!

  25. Alessandro

    “Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. E’ un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto.

    La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso!

    I mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri.

    Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città.
    E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E’ l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.

    Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo…

    Voglio rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell’amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia”

    (Benedetto XVI, Atto di venerazione alla Madonna in Piazza di Spagna in occasione della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, 8 dicembre 2009)

  26. Ho ricevuto e volentieri trascrivo (un pezzettino)
    Robert Hugh Benson: “I paradossi del cattolicesimo”
    “Se vuoi essere perfetta – grida alle singole anime – da’ via tutto quello che possiedi, e seguimi. Rinuncia a tutto quello che dà valore alla vita, spogliati di tutti i vantaggi che rendono comoda la tua vita, di tutto quanto ti dà prestigio”. Questo è il supremo appello, con tutti i suoi corollari, che la Chiesa rivolge in verità soltanto a quelli dei suoi figli che vogliono giungere alla perfezione. Ma a tutti indistintamente dice: “Muori ogni giorno, muori a te stesso, mortificati, cedi, arrenditi. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà”.

  27. Annalisa

    …..scusate, eh? Ma la serie tv La famiglia Bradford, dove la mettiamo? Quella sì che è una serie degna di nota!

  28. Scusate il ritardo. Mi perdo nelle astruse “speculazioni teoriche” e lascio indietro i commenti.
    Volevo solo dire che il commento di GFC è di gran lunga superiore a tutti i commenti mai scritti da noi
    sulla famiglia matrimonio crisi eccetra e eccetra, maturo, intelligente, e soprattutto “UMANO” né scrificale né cinico
    né da “ècosìchebisognafare”, giusto, modesto onesto e simpatico, anche!!!!

  29. rispondo brevemente qui a GFC che mi è piaciuta molto nel suo commento in risposta al mio.
    Sì, forse sono stata sbrigativa con la questione dell’irrevocabilità. Non sono avvocato rotale, ma so che ci sono casi ben precisi in cui un matrimonio è nullo, ovvero Dio non era presente nel momento delle promesse nuziali. Ma sono appunto casi precisi. Così come, ha detto bene anche Lidia, nei casi in cui ci sia una violenza conclamata o una condotta moralmente inaccettabile (creare un giro di prostituzione sotto gli occhi dei figli, per esempio… e purtroppo conosco un caso di questi) anche la Chiesa contempla la separazione.
    Non vorrei sembrare dura, o cinica, ma a ben guardare le situazioni di “incompatibilità” di cui parli tu, quelle in cui la bici, per quanti sforzi tu faccia, è irrimediabilmente non più in grado di farcela sono davvero poche. Non dico che il sacramento sia un rito apotropaico che scaccia via le brutte possibilità, ma se siamo andati a celebrarlo dovrà pur servire a qualcosa, fare la differenza tra il non averlo. Quando dico di fare entrare Cristo nella ferita non mi riferisco solo alla preghiera, che cmq rimane la prima cosa, ma anche il non rimanere isolati come coppia, il creare delle relazioni comunitarie (Cristo non è una illuminazione che ci piove dal cielo, ma ci viene incontro in volti di amici, persone precise che ci accompagnano nel cammino della vita). Il sacramento e la vita di comunità nella Chiesa (ciascuno trovi la forma che lo aiuta di più a crescere) sono fondamentali. Il discorso sarebbe molto complesso e allo stesso tempo è anche semplice…. non ho molto tewmpo adesso, ma spero di poterlo contiuare in altri momenti….
    Per esperienza diretta ho notato che la maggior parte delle donne che si sono separate per “incompatibilità” dopo un po’ di anni non sanno più bene cosa volesse dire quell’espressione, e se l’ex ha pure trovto un’altra donna si chiedonp, sotto sotto, se per caso anche loro non potevano fare uno sforzo in più per salvare il matrimonio.
    L’ideale sarebbe lavorare in due, ma il primo passo secondo me spetta a noi, e sono certa che se quel passo è fatto con amore, facendo sentire l’altro investito di fiducia, allora qualcosa si muoverà. Magari ci vorrà tamto tempo e pazienza, ma qualcosa si muoverà….
    Sono troppo ingenua e ottimista?

    1. admin

      una domanda che potrebbe essere interessante: come mai pensi che GFC sia una donna?

    2. Alessandro

      “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.
      Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.” (Gv 15, 4-5)

      Capisci tutto questo parlare di Cristo: l’ha detto Lui stesso che senza di Lui non si può far nulla

        1. Roberto

          Bravo Alvise, che ti vedo alle prese con buone letture di cattoliconi con la k 😀 Traine nutrimento, mi raccomando!!

            1. lidia

              guarda che è inutile – c’è chi considera la K un idolo e Kamilleri il suo profeta. La religione della Kappa…:)

            2. Roberto

              Cyrano, è ovvio che più ti risenti per questa cosa, e più mi divertirò a stuzzicarti.

              Sì, Cammilleri mi piace assai, ma attenzione a insinuare che ne sono ‘idolatra’ per volermi squalificare, Lidia, perché questi sono mezzucci che mi offendono 😉 … ciò detto, ti ringrazio per il ‘bellissimo’ di cui sopra, oh!, ammesso che fosse riferito a me (che con la nuova impaginazione, con i ‘replica’ non si capisce più bene).

              Dicevo, e pensa, Cyrano, che oltre alla segnalazione del libro, avevo pensato di farti cosa gradita, perché mi ricordavo vagamente che tempo fa avevi chiesto la genesi etimologica del termine – sì, è meglio che mi limiti a fare il rompi…, che mi viene meglio 😀

              Ah, e prendo atto che se una persona si diverte ad ammantarsi con un nick al posto del proprio nome, che gli permette in modo sintetico e chiaro di riassumere un suo stile, un ‘genere’ di comunicazione e-quel-che-si-vuole, ciò “è cosa buona e giusta” – se qualcun altro adopera quello stesso fine goliardico e ironico per definire la propria spiritualità, allora è un idolatra e magari, perché no, probabilmente anche per metà invischiato con quella fraternità di… poveretti, non voglio esser greve… che si sono appropriati abusivamente del nome dell’ultimo Papa canonizzato.

              Ne prendo atto, ma accetto critiche solo a una mia eventuale cattiva adesione al Magistero.
              Con stima!

              1. lidia

                Su su era solo una battuta! Però suona bene, “Kamilleri il suo profeta” , dai ammettilo! 🙂 Penso del resto che si capisse..
                Certo che non credo tu sia idolatra, ci mancherebbe altro – anche a me come a Cyrano però la “k” non convince…sembra quasi che cattolico non basti,ma serva essere kattolico. In questo senso rasenta pericolosamente il “tutto è bene, ma la come dico io è meglio”…mi sembra una Kiesuola, e a me le kiesuole non piacciono, preferisco la Chiesa.
                cmq scherzi a parte: sui contenuti siamo chiari,e cioè fedeltà al Magistro senza sconti. Se questo è essere kattolico, mi va bene.Se essere kattolico è identificarsi con un gruppo, e tutto il resto non va bene, non mi piace.

                (c’è una cosa che non capisco: la mia spiritualità è quella dell’Opus Dei, in particolare, e cattolica in generale, ma non capisco quale sia la spiritualità dei “kattolikoni” . Cioè in che cosa sia diversa da quella dei cattolici. Fedeli al Magistero dobbiamo essere tutti..)
                (ehem…il bellissimo era per Giuliana…ciò non toglie che, te l’ho già detto, mi piace come scrivi!)

              2. Caro Roberto, spero che i meccanismi che regolano le tue reazioni siano più controllati di come dici.
                Difatti ti ringrazio per le delucidazioni sull’etimologia del termine, ma ora che me le hai date posso dirti che quelle del mio essere Cyrano sono enormemente più concrete e sensate di quelle dell’essere Kattolici.
                Una cattiva adesione al Magistero? E chi sono, io, per pontificare in materia? Cammilleri? La Chiesa (con “ch”) è una, e non vedo di buon occhio quanti dividono al suo interno le frange dei “veri” e dei “non/meno-veri” cattolici…

                1. Roberto

                  Ah, Lidia mi sembrava 😀 Ma mi sarebbe dispiaciuto ignorare un tuo (eventuale) apprezzamento, così ho preferito rischiare una gaffe.

                  Come dici, anche tu hai una tua spiritualità specifica. Se vogliamo un sinonimo, quale usare? Polemista? Il polemista era un figura tra le altre. La polemica: la denuncia dell’errore, uno strumento tra i tanti della Chiesa, che si è deciso attraverso un’interpretazione abusiva del Concilio di espellere. Questo potrebbe essere un abbozzo di risposta, certo molto rozza, ma tanto per non lasciare la tua domanda del tutto inevasa

                  Cyrano, ma se non puoi esercitare una tale funzione di Carità fraterna, accipicchia, a che mi servi? 🙂
                  No davvero, seriamente (oh, ce l’hai su con ‘sto povero Cammilleri, ormai… ) – pontificare? Ma pensa! E io che credevo che una delle specificità più belle delle religione cattolica fosse proprio il Magistero che preserva dagli arbitri, cosicché se pure un Principe della Chiesa insinua un tradimento larvato sui principi non negoziabili, persino un laico, con gli strumenti adatti, può denunciarlo per questo. Chi sei tu? Non basta che tu sia un cattolico? O davvero pensi che lasciar correre l’errore sia Carità e denunciarlo, una mancanza della medesima, mentre è vero l’esatto opposto?

                  O sbaglio? E se sbaglio, se sto dicendo delle… stupidate… perché non me lo dici? Però ci sarebbero secoli di storia della Chiesa a testimoniare il contrario. O no?
                  Noi possiamo stabilire chi è più o meno fedele al Magistero – eh! Ma c’è una bella differenza tra l’adesione interiore alla Fede (il moto interiore che non possiamo scorgere ma Dio solo) e la posizione “esterna”. Quella possiamo e, se serve, dobbiamo guidicarla e denunciarla.
                  Ma Cyrano, com’è che dopo i primi anni di anglicanesimo, le chiese anglicane si svuotarono? Non fu perché ogni sacerdote “la raccontava” come ne aveva voglia lui, e le persone semplici si dissero “oh, allora tanti saluti”. Ma davvero, non è questa la drammatica emergenza del nostro tempo? Sono io che sbaglio, che vedo male? La Chiesa è una – ma perché pare che ormai l’ognunismo sia il tratto caratteristico del credere? Perché devo incrociare cattolici (o persone che tali si definiscono) che restano sconvolte se dico loro che no, non possono essere “pro-choice” come si suol dire, di fronte all’aborto, e che il loro credere di esserlo è materia grave di peccato: disobbedienza.
                  Chi sono io per dire questo? Nessuno! 😀

                  Ma lo posso dire o no? Sono fedele al Magistero o no a dire una cosa del genere (lascia perdere i toni che posso usare)?
                  No, perché se sto tradendo la Chiesa nel dire una cosa del genere, Cyrano, e tu lo sai, Carità esige che tu me lo dica, che tu me lo gridi. Chi sono io? Chi sei tu? Perché, importa? Se tu mi citi un documento magisteriale, e magari me lo spieghi, queso non basta? Cosa bisogna essere? Davvero, non capisco. Non ci arrivo, sarà tardo.
                  Aiutarsi vicendevolmente a comprendere il Magistero non è più importante di tante chiacchiere? Non è aderendovi sempre più e sempre meglio che possiamo render meglio Gloria a Dio e salvarci l’anima? O mi sbaglio anche su questo punto? Qual’era la ragione della durezza terribile con la quale ci si scagliava con coloro che “insegnavano male”, che spargevano veleni spirituali che potevano portare alla morte eterna? Tutto sbagliato – tutto da rifare?
                  Sono domande sincere – comunque, che tu (o altri) voglia rispondermi o meno, per quanto mi concerne la questione è chiusa (non mi va di trascinarla oltre, che poi diventa una discussione inutile e penosa).

                  Ciò detto, non pontificherai in materia, d’accordo, ma quando c’è da giudicare la Fede altrui, dai, non è che tu ci vada tanto leggerino, va là! Tipo…

                  “quando certi cattoliconi saranno un po’ meno fissati con le k forse scopriranno la bellezza del cattolicesimo” Vha, giudizio sintetico, reciso e piuttosto duro… e tu sai cosa c’è in me, e sai perciò che la bellezza del cattolicesimo, non la conosco. Wow!

                  Se pensi che le ragioni di un Cammilleri (ma non fissarti su di lui; guarda la luna e non il dito!), o mie (nel mio piccolissimo), o che ne so, bho, di un Messori… (ecco, al limite fu con lui che, anni fa, commisi l’errore di ‘idolatria’ nel senso deteriore di cui si diceva; e ho intenzione di non farlo mai più con nessuno… ) si riassumano in quelle poche righe che ho copincollato, bhe, allora molto semplicemente non siamo fatti per poterci capire. Pazienza, no? Mica ci si può capire con tutti, vero? Si può anche prenderne atto, farsene una ragione e finita lì.

                  —Fine comunicazioni—

                  1. Certo, si potrebbe chiudere tutto con una risata, e così si dovrebbe sempre fare, quando si tratta di cose non necessarie: in dubiis libertas.
                    Ti risponderò presto in un post (beninteso, non indirizzato a te), ora vado un po’ di fretta, abbi pazienza. Certamente non è stato e non è sbagliato, aderire alla lezione magisteriale, e i teologi hanno in questo responsabilità particolari (responsabilità: non ristrettezze, né – tantomeno – licenze), come ricordò magistralmente la CDF una ventina d’anni fa. Ciò detto bisogna però ammettere che la questione delle forma non è una mera formalità, perché «frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo» (Gal 5,22-23). Pochi uomini godono di questo frutto permanentemente, ma questo non ci autorizza affatto a teorizzare uno stile cristiano che ne sia orbo quasi per principio: Messori non lo assimilerei in nulla all’altro (olio e aceto), o almeno io scorgo nitidamente, in lui, il frutto dello Spirito.
                    La durezza è sempre, nella Chiesa, un’extrema ratio, che anche nella polemica deve essere volta soprattutto a recuperare l’interlocutore. Così spero di servirmene anch’io, ma non escludo affatto di poter essermi più volte sbagliato (e alcune di queste le avete viste anche qui). Fuori di questa cura non c’è cristianesimo.

                  2. lidia

                    Sai Roberto, non sono Cyrano, ergo rispondo per e non per lui, però il dialogo mi interessa.
                    Innanzi tutto anche io pongo spesso il problema che ti poni tu – cioè la denuncia dell’errore. Se lo sono posti in tanti – gesuiti, domenicani, non sono nati forse con la specifica missione di rispondere alle eresie? Il Concilio di Trento, etc.
                    Passando all’attualità, anche a me Messori paice moltissimo: non tutto, alcune sue opinioni le ho trovate francamente inaccetabili, ma in generale mi piace moltissimo e i suoi libri mi sono stati di grande utilità. penso che l’apologetica sia un campo nel quale si può fare ancora molto, e nel quale ogni cristiano dovrebbe essere specializzato.
                    Camilleri e i cattoliconi (il termine non mi piace per niente, ma de gustibus) sono evidentemente sul piano pubblico. In questo senso certamente l’eresia va condannata, e chi dice di no? (almeno qui). Io spesso avrei voluto che il Papa si esprimesse più chiaramente, condannasse più apertamente, mi sono chiesta tante volte perché dei vescovi con opinioni chiaramente sbagliate rimanessero ai loro posti, etc. Tu non hai vissuto (o forse sì, non so) in Germania, e ti asssicuro che assieme a tante bellissime cose della Chiesa lì c’era anche tanta confusione e dava troppo sui nervi. perciò ok, siamo d’accordo.

                    Io personalmente non mi ricordo di una sola nella mia vita in cui ho detto a qualcuno “sì, pensala come vuoi”, ho sempre difeso il Magistero e quant’altro, ma so che ho sempre mantenuto con tutti ottimi rapporti, e mi sembra di non aver mai ferito nessuno. Forse perché a me della polemica non me ne frega niente. Se dico la verità a una persona ma quella non la capisce perché non c’era affetto nella mia precisazione, non c’era comprensione, io non sono tanto sicura che la mia azione sia meritoria. la guancia di Cristo io non la porgo, ma Cristo è morto per coloro che lo offendevano: e io? Gli sputo addosso? Cmq questo è su un livello privato, e qui non c’entra.
                    Guarda, sulla dottrina sfondi una porta aperta perché nell’Opus Dei dal primo giorno (per me dalla tenera età di 15 anni) ti infarciscono di dottrina, teologia, filosofia, studi di qua, studi di là, ll Catechismo Maggiore, quello del Vaticano II, Guardini qua, Ratzinger là, teologia ogni settimana, lifelong. S. Escrivà diceva “Pietà di bambini e dottrina di teologi”. Diceva anche che (nel ’74, appena dopo il Concilio) la Chiesa era, in certe parti, marcia. Ed è pesante, come affermazione.
                    Io personalmente però (e qui ritorno sul piano privato) ho capito, maturando con la fede, che non basta “dire” la verità. Non basta che ai miei amici dica “sai, a Messa la domenica bisogna andarci”. C’è bisogno di altro. – oltre a questo. Di quel quid che sono l’affetto, il desiderio che l’altro sia felice davvero, e non solo di vincere una battaglia verbale, dà. Ora, questo è personale, perciò non c’entra qui, ma magari rende l’idea di che formazione ho.
                    Sicuramente è quella anche di Cyrano. Penso perciò che ciò che ci rende insofferenti nei confronti delle kappa sia l’impressione che manchi questo. La verità rende sicuramente liberi, ma da sola non salva. Tempo fa ho postato una delle bellissime omelie di Ratzinger del natale 1974. Lì Ratzinger dice “dobbiamo avere il coraggio di dire che ciò che salva è l’amore e basta”. Ecco, adesso non leggerlo come un invito all ognunismo. Anzi, quanto più ami tanto più vuoi che la persona amata (in questo caso tutti, persino il cardinal Martini) sappa e viva la verità. Forse nella kappa ho sentito più un invito a “ammettete su che vi sbagliate” che a un “voglio che anche voi viviate nella gioia delle verità”, “voglio che amiate nella verità e così facendo siate felici, qui e in Cielo”.
                    Non so se si capisce. Non è un dire che le kappa sono sbagliate. è un boh, qualcosa che indefinibilmente mi dà fastidio nella definizione di “kattolico”, “cattolicone”. A volte anche altri miei amici li usano, e mi dà sempre un’idea sgradevole.. però ripeto, come ho detto sopra, il fine è nobile e niente da ridire. anche io quando invitano Mancuso in TV mi sento male, eh. Cioè capisco più che perfettamente come ti senti. non so, è difficile tutto. Boh.

                    1. Lidia, non sono mai stato tanto d’accordo con te come su queste parole. Fefral, tieni duro, mi piace tanto la tua definizione di Chiesa. Grazie a Dio hai pure ragione.

      1. Roberto

        Comunque che i matrimoni a volte vadano male per l’insipienza o addirittura la cattiva volontà di uno dei due coniugi è un dato: ma bisogna tenere a mente che il Matrimonio è una strada per la Santità. Come diceva San Escrivà non ricordo più dove? Ai mariti, che le loro mogli erano la loro strada per il Paradiso, e viceversa per le mogli.
        Questo però può voler dire, per quanto possa essere sgradevole ricordarlo, che questa divenga una strada di Croce e d’incruento martirio, anche fino all’esercizio di virtù eroiche. Il Matrimonio è scommessa su di sé tanto quanto o anche più di quanto sia scommessa sull’altro.
        Come la vita della Beata Elisabetta Mora? [di cui non so un granché, a dirla tutta; da qui il punto di domanda… ]

        Per dirne una, ma ce ne son tante. Di solito donne, va detto a loro merito.

        1. Non conoscevo la beata Elisabetta, grazie di averne parlato. Interessante notare quante cose ha in comune con la mia compatriota Anna Maria Taigi: eroicità nel matrimonio, terziarie trinitarie, madri e mistiche. vissute a Roma.

    3. GFC

      Carissima Giuliana…

      GF= Gianfranco! :-)))))

      Innanzitutto ringrazio per la libertà con cui in questo blog si possono esprimere le proprie opinioni. Non è cosa scontata, quindi grazie davvero per la cortesia e l’educazione di tutti.
      “… se siamo andati a celebrarlo dovrà pur servire a qualcosa…”
      Questa tua frase mi ha fatto tornare alla mente un discorso fatto da un sacerdote (assolutamente in linea con il magistero, docente alla facoltà di teologia, responsabile di uffici curiali etc etc….) che poneva in evidenza il fatto che da un punto di vista statistico i fallimenti dei matrimoni solo civili sono più o meno pari a quelli celebrati anche con rito religioso.
      Il che lo portava alla seguente domanda: ” qual’è la differenza che si nota o si dovrebbe notare tra una coppia cattolica ed una religiosamente agnostica?”
      Si vede questa differenza?
      Esiste?
      Oppure, aggiungo io (che invece un po’ eretico lo sono) prima di celebrarlo in chiesa, il proprio matrimonio dovrebbe essere celebrato nel profondo del cuore altrimenti andare davanti all’altare non serve proprio a niente, se non a fare una cerimonia un po’ più bella e sfarzosa?
      Per quanto riguarda il porre Cristo non solo nella coppia ma anche nella vita di relazione hai pienamente ragione, del resto il fallimento di un matrimonio è anche un fallimento ed un dolore per la comunità intera, sempre che una comunità ci sia e ci sia in modo vero, non riducendosi alle persone che finita la messa non si salutano neppure.
      Separarsi per “incompatibilità” in effetti non ha molto significato e quindi si fatica a dare spiegazioni in tal senso. E’ solo una frase stereotipata che si adopera con superficialità.
      Anche se non è giusto generalizzare, per esperienza sarei portato a dividere in due grandi categorie i fallimenti matrimoniali: quelli caratterizzati da una superficialità di fondo che non ha mai abbandonato il rapporto di coppia dall’altare fino al tribunale e quelli in cui è effettivamente successo “qualcosa” di serio che ha (passami il termine) ucciso l’amore o comunque il sentimento. Purtroppo la Chiesa regola allo stesso modo entrambe le categorie, escludendo tutti dai sacramenti nel caso ci fosse un secondo matrimonio.
      Ma anche qui il discorso si fa davvero lungo e complesso.

  30. Alessandro: interessante no?
    “Mentre nelle sue lezioni universitarie sviluppava un sistema di filosofia della religione, il 15 gennaio 1920 Martinetti inaugurò a Milano una Società di studi filosofici e religiosi, formata da un gruppo di amici in “piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico” dove si riunirono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e intellettuale italiano dell’epoca e in cui tenne una serie di conferenze. Le prime conferenze furono tenute da Antonio Banfi e da Luigi Fossati oltre che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre conferenze riunite sotto il titolo comune di Il compito della filosofia nell’ora presente segneranno la sua rottura con Giovanni Gentile. Nel febbraio 1926, in seguito ad una denuncia per «vilipendio della eucaristia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi Mangiagalli, dovette sottoscrivere un memoriale in difesa dei propri corsi sulla filosofia della religione.”

    1. ok, ho leggiucchiato qualcosa di cammilleri con due m. Meglio l’altro, molto meno sprucido e incazzato col mondo, Probabilmente quello con due mm scrive tutte cose corrette e aderenti al magistero, ma non sono andata oltre una scorsa veloce perchè lo stile mi annoia e non ho tempo da perdere. Rimane il fatto che il motivo per cui sono cattolica, senza quella orribile k che mi ricorda tanto gli orchetti di tolkien e poco quel Gesù di cui cerco di essere amica, è il desiderio di arrivare un giorno a essere tra quei beati di cui parla Lui sulla montagna. Nel frattempo ci sarà pure da far la guerra, ma il fine è la pace del cuore, la beatitudine.

      Robè, mi dispiace, continuo a non capire perchè quando leggo quello che scrivi non intravedo questa pace. Non la intravedo nella parola Kattolico che mi trasmette nervosismo, stizza e presunzione. Ma parlo di sensazioni di pancia. Non facciamoci su un discussione adesso.

      Ragà, è un periodo, lo diciamo?, abbastanza di merda. Quindi vi saluto e torno ai miei casini.
      Mi viene però da sorridere, leggendo Lidia e la sua Opus Dei, perchè ho sempre considerato l’OD come una delle istituzioni della chiesa più Kattolike che ci siano (non conoscevo l’uso della k ma il concetto mi era chiaro). Ho scoperto, conoscendo altri pezzi di chiesa proprio in questo blog, che l’opera, pur rimanendo fedelissima al magistero, di quella fastidiosa k non ha proprio nulla. Peccato che debba secondo me maturare ancora un pochettino, forgiarsi meglio nelle difficoltà, è troppo giovane e deve conoscere ancora un po’ come gira il mondo… se avesse qualche secolo in più forse un pensierino tornerei a farcelo. Altri cammini o istituzioni su cui ho buttato gli occhi mi stanno stretti per un motivo o per l’altro, per me non ce ne è. Comunque mi basta la mia Chiesa con la C, piena di ferite, e morbida come la pancia di una mamma.
      Buona settimana santa, non so se riesco a passare ancora di qua. Un abbraccio a tutti

  31. Mettiamola così: quello con due M non sarebbe certamente adatto per fare la parte di Aramis.
    Quello con una M sola (dato che è giovedì santo) diciamo che la definizione per me più calzante è “bogus”.
    Buona Pasqua

    1. Roberto

      Incazzato col mondo?
      Eppure, non è proprio oggi il giorno del massimo trionfo del mondo?
      😉

      Santa Pasqua a tutti!

  32. Raffa

    Cara Costanza, sono la sorella di Sog che ti aveva scritto qualche mese fa…arrivo con qualche giorno di ritardo a leggere questo post…mi si è riaperta una vecchia ferita provocata dalla separazione di una delle mie migliori amiche, evento nel quale mi sono ritrovata con le mani, la bocca, il cuore legato. Il marito ha provato in ogni modo a ricucire, a ricominciare, ma lei è stata irremovibile. Aveva molto sofferto con lui, condividevo le sue fatiche ma ad un certo punto ha detto basta.
    Sono straconvinta che le fiction abbiano un potere incredibile nel veicolare i modelli di famiglia “alternativi”, la mia amica era appassionata de “I Cesaroni” che non ho mai avuto il piacere di vedere, ma credo porti avanti il modello più in voga di famiglie allargate, incrociate ecc.
    Sono ormai 4 anni che la separazione è in atto, hanno tre figli e io non riesco più a parlare con lei in profondità, se non del tempo…confido nel fatto che il Signore mi illumini sul modo migliore per riaccostarmi a lei, lontana dal giudizio e dal risentimento, perchè anche questo c’è stato. E’ come se mi fossi sentita tradita anch’io come amica e non sono mai riuscita a dirglielo, anche perchè non so se abbia senso farglielo sapere. Auguro a te ed alla tua famiglia, a tutti i frequentatori del blog una Santa Pasqua e ti ringrazio per lo spazio di riflessione che mi hai aperto dall’anno scorso con la lettura del tuo libro ed il bloglog.Grazie, sono riuscita anche a venire a trovare Emidio due volte, colloqui che mi hanno rimesso in marcia verso la Vita. A\fine aprile sarò a Medjogorie e vi porto tutti con me!,.

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