Il diritto della stupidità

Dopo la pubblicazione del post di ieri di Raffaella Frullone, si è sviluppato un interessante confronto tra alcuni commentatori sul tema della verità e del diritto. In particolare l’ultimo intervento di Andreas Hofer ci ha colpito molto e abbiamo pensato di metterlo in evidenza per continuare la discussione (trattandosi di un commento di risposta è stato leggermente modificato per dargli un tono generale ).

Partiamo da un concetto di verità “ipotetico” largamente diffuso:  in base a un simile criterio non si è in grado di stabilire se una rivendicazione sia illegittima o meno, dunque volens nolens bisogna accettarle tutte.

L’unico  criterio alla fine si riduce alla forza di una rivendicazione, alla sua forza d’imporsi socialmente. La verità come manifestazione di forza e potenza, una sorta di cratofania.
Studiando un po’ di statistica ci si rende subito conto che il “diritto alla stupidità” somiglia in maniera impressionante a quello che in statistica è noto come “test di verifica di ipotesi”: c’è una probabilità x1 di rifiutare la rivendicazione y quando è legittima e una probabilità x2 di accettare una rivendicazione z quando è illegittima. In statistica si “risolve” il problema con una distribuzione matematica delle due percentuali d’errore. Il problema nel nostro caso è che anche prendendo per buono un procedimento del genere, nessuno di noi è in grado di calcolare quante volte nella storia sono state rifiutate rivendicazioni legittime e quante volte ne sono state accettate di illegittime. In primo luogo perché è un esperimento che non si può replicare, diciamo così (appartiene alla storia, per definizione, un evento passato e irripetibile, a meno che tu non conosca come riavvolgere il nastro). Inoltre, altro rebus di non facile soluzione, come stabilisci le due probabilità x1 e x2 (falso positivo – vero negativo)? Come stabilisci che è più elevata la prima e non la seconda?
In altre parole, è chiaro che la verità non può scaturire da un esperimento perché non è un’ipotesi da verificare, ma semmai un’unità di misura. È un criterio qualitativo, non quantitativo. Non è l’esito dell’esperimento ma è pre-sperimentale. E qual è?
È sintomatico allora che ci si chieda  “chi”  deve decidere di qualificare come illegittima una rivendicazione e non piuttosto “cosa” la qualifichi come tale. È come se ci si chiedesse chi ha il potere, la forza di farlo… Per questo il relativismo conduce SEMPRE all’homo homini lupus, alla legge della giungla. Non essendoci un ordine dell’essere da rispettare conta solo la volontà, dunque la forza per imporre la propria sulle volontà altrui.
Il problema è, ripeto: qual è il criterio che definisce “legittima” una rivendicazione? Io rispondo: la “morale naturale”, o comune, cui si riferiscono i saggi dell’antichità, ma anche della Cina, India e Africa. Nel mondo plasmato dalla Bibbia che coincide con quelle “regole per l’uso dell’uomo” riassunte nel Decalogo. Altri rispondono: le “regole per l’uso del cittadino” sono contenute nella Costituzione. E qui si capisce perché si è su fronti opposti.

P.s. Sono il primo a rendersi conto di quanto siano surreali queste discussioni. Una volta, quando ancora esisteva il buon senso (*), nemmeno sarebbero cominciate (d’altro canto se non c’è ossequio alla verità la discussione degenera nel discorso sofistico). D’altro canto, nel caso ce ne fosse stato bisogno, è un’ulteriore dimostrazione che ormai sono giunti i tempi profetizzati da Chesterton: « La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto» (G.K. Chesterton, “Eretici”, tr. it., Paoline, 1960, p. 238)

(*) Il senso comune, che presuppone una “verità delle cose”, è stato azzerato o quasi dal ’68, anno di nascita della “dittatura del desiderio”: http://www.totustuustools.net/pvalori/DelNoce_moralecomune.htm

90 pensieri su “Il diritto della stupidità

  1. alessandro

    Concordo, gran bella pagina, Andreas.

    Per parte mia segnalo che ritenere legittima una rivendicazione per il solo fatto che in un determinato frangente storico un determinato gruppo sociale le ha tributato tale riconoscimento equivale a involgersi in miriadi di contraddizioni e a inzuccare in aporie a frotte. E’ del tutto patente infatti che nel corso della vicenda umana un gruppo sociale numericamente imponente ha assegnato legittimità alla rivendicazione A e che un altro gruppo sociale numericamente non meno imponente ha ricusato legittimità alla medesima rivendicazione. A chi dare ragione? Non lo so, se ritengo legittimo solo ciò che un ampio gruppo sociale ritiene tale: infatti, un ampio gruppo sociale ha approvato A e un altro parimenti ampio l’ha disapprovata.

    Se non si vuole a giorni alterni approvare e disapprovare tutto e il contrario di tutto bisognerà rifarsi a una unità di misura oggettiva che vagli la legittimità delle rivendicazioni e che non coincida con il mero nudo dato fattuale del contingente favore accordato da un gruppo sociale a una rivendicazione o alla sua antagonista. Certamente questa unità di misura oggettiva, questa “legge naturale” (non saprei come altrimenti appellarla), è variamente operante negli orientamenti e nelle decisioni dei gruppi sociali ma non si risolve in tali orientamenti e decisioni e non ne è un prodotto, tanto che può in ogni momento insorgere a giudicare e a riprovare decisioni e comportamenti di qualsivoglia gruppo sociale e/o individuo.

    1. @ Alessandro.

      Concordo. Questo dimostra i limiti enormi del principio dell’uomo come “misura di tutte le cose”. Si va incontro a quella che Marcel de Corte ha definito “dis-società”: un groviglio inestricabile di individui atomizzati retto unicamente dal precario equilibrio dei rapporti di forza. Anche le metafore cui ci ha abituati il dibattito politico sono sintomatiche: la dialettica politica come equilibrio, gioco di pesi e contrappesi (checks and balances), ad esempio. Secondo Thibon infatti «l’equilibrio concerne unicamente la quantità, la pesantezza, i rapporti di forza. L’armonia implica la qualità e la convergenza di qualità verso un fine comune» (“L’équilibre et l’harmonie, Fayard”, 1976, p. XI). Il primato della volontà, cui consegue il primato della forza e della sragione, è una conseguenza della “legge del numero”. Le conseguenze sono quelle, tragiche, cui assistiamo quotidianamente. Thibon lo aveva visto bene: il conflitto è «eretto a legge permanente delle società» e la «generalizzazione della violenza» che sempre più diviene «l’unico mezzo di farsi intendere e ottenere soddisfazione» (ibidem). Si spiega così perché in questo “regno della quantità” si sia imposta la metafora dell’equilibrista in luogo di quella dell’accordatore, l’armonizzatore di suoni. Ma «l’equilibrismo ha fatto il suo tempo, non abbiamo che la scelta tra i due termini di questa alternativa: restaurare, mediante l’armonia, un ordine vivente o lasciarci imporre un ordine morto e mortale da una forza senz’anima che annichilirà tutte le altre» (ibid.).

  2. Velenia

    Mi piace!Era la domanda che ponevo sempre ai miei prof. di Università e piuttosto sorpresi rispondevano sempre-Ma è la maggioranza,signorina!-io non convinta ribattevo-Ma anche Hitler è andato al potere democraticamente- si stringevano nelle spalle e rispondevano-Che vuole farci!-
    Comunque la nostra Costituzione,nata proprio in quei tempi in cui la barbarie nazista non era solo un ricordo, era un compromesso fra i liberali i comunisti e i cattolici (le 3 anime ,si diceva) il problema è che adesso prevalgono interpretazioni che in nome della Costituzione giustificano tutto e il contrario di tutto.

    1. vale

      un criterio di interpretazione(non a caso i più grandi tiranni della storia si dilettavano di quella che oggi è conosciuta come linguistica(vedi stalin) che modifica la percezione del reale) -per così dire-eterno- si può basare solo su una fede.se no è solo relativismo etico e positivismo giuridico.
      quid est fides?
      mi accontento di Dante(che mette in versi pensieri altrui) fede è sostanza di cose sperate et argomento delle non parventi.
      se il cristianesimo è il manuale per il miglior uso della nostra vita da lì-la rivelazione che porta a compimento la legge naturale-tocca ripartire.
      altrimenti che vinca il più forte( o il più intelligente,il più furbo,il più feroce, ecc.).al massimo diventi come Severino e scrivi sul corsera!!!
      “Gli errori contemporanei sono infiniti; ma tutti, a ben guardare, hanno origine e fine in due negazioni supreme: una relativa a Dio, l’altra relativa all’uomo( donoso cortés)

      Da qui ha origine un vasto sistema di naturalismo, che è la contraddizione radicale, universale, assoluta di tutte le nostre credenze. Noi cattolici crediamo e professiamo che il peccatore ha continuamente bisogno di soccorso e che Dio glielo concede perennemente per mezzo di una assistenza soprannaturale, opera meravigliosa del suo immenso amore e della sua misericordia infinita. Per noi il soprannaturale è l’atmosfera del naturale : vale a dire, ciò che. senza farsi sentire, circonda e a un tempo stesso sorregge il peccatore.
      vale

      1. Mario

        >> Mi accontento di Dante (che mette in versi pensieri altrui): “fede è sostanza di cose sperate et argomento delle non parventi”.

        Per essere pedanti (attitudine in cui sono particolarmente versato), Dante riprende un passo della Lettera agli Ebrei: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11, 1), che è stata anche ripresa da Benedetto XVI nella “Spe salvi”.

      2. Sì, capisco, giustissimo, ma allora te per una qualche possibile importante questione legale con qualchedun’altro (potrebbe succedere anche a te)non vai da un giudice?
        cosa c’entra il peccatore?

  3. giuliana z.

    Non so a voi, ma a me questa storia del diritto alla stupidità mi fa presagire un futuro da “pianeta delle scimmie”.

  4. alèudin

    non ho capito una mazza, comunque interessante.

    la sintesi potrebbe essere che se ognuno fa tutto quello che vuole tutto è vero e tutto è falso?

  5. Ma se avete un incontro di lavoro o vi presentate a un ufficio eccetra, vi fate avanti dicendo :siamo tutti peccatori, uno solo è il porto sicuro? O vi comportate la come CHIUNQUE ALTRO la affronterebbe, ognuno, naturalmente, alla sua maniera (non sottovalutate per favore il buon senso e la disponibilità anche degli ALTRI!)?

    1. Ma certo, Alvise: la verità insegna a pensare, e quindi quella cosa di cui tanto spesso ci vantiamo (il buonsenso, ben altro che “l’opinione della maggioranza”) ci basta e ci avanza a dirci come ci si comporta durante un incontro di lavoro.

      1. giuliana z.

        e pensare che hanno scritto valanghe di manuali su come ci si deve presentare ai colloqui di lavoro, così come per tutto il resto!

  6. Velenia

    @Alvì,bello di zia,qui si sta parlando di cosa sia il fondamento della legge,se una legge naturale già iscritta nel cuore dell’uomo,e non è un’invenzione dei cattolici,(rileggiti “Antigone”),o un mero contratto sociale come si relativizza dall’Illuminismo in poi,cosa che ha prodotto i vari Hitler,Stalin e co.
    Riguardo ai miei prof ne ho avuto però uno in gamba,il prof.di procedura penale che iniziava sempre il suo corso dicendo-Qui si parla della giustizia,con la g minuscola però,quella che possiamo realizzare noi uomini,altra cosa è la Giustizia con la G maiuscola-
    Ora che lui insegna il diritto agli angioletti e la Giustizia può contemplarla a me rimane la coscienza di avere incontrato nel mio percorso di studi almeno un maestro

  7. Oppure: uno sbatte la porta andandosene (con la convinzione di avere lui ragione) da una riunione di condominio, dove il suo parere non è stato accettato, sbatte, dicevo, la porta urlando: SIETE DEI RELATIVISTI!!!!!

  8. matrigna di cenerentola

    Concordo pienamente con Andreas, grazie per l’upgrade del commento.

    Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate.

    Quando leggevo Chesterton da ragazza (tempi sicuramente meno difficili di oggi) non capivo assolutamente che le cose che scriveva dovevano per forza riferirsi ai germi, gia’ in atto nel suo mondo, di quell’incapacita’ di vedere con chiarezza i termini della realta’, che da alcuni anni e’ esplosa in modo cosi’ evidente. Per questo la mia frase preferita in certi contesti e’ “ABOLIAMO LE SPIAGGE” (che sarebbe un suggerimento sul modo di risolvere possibili inconvenienti che si verificassero -per caso- su una spiaggia). Pero’ questo mi da’ comunque speranza: forse la battaglia tra chi crede che ci sia una verita’ oggettiva -magari spesso nascosta dalle circostanze, o anche se la sua ‘gestione’ richiede compromessi a volte pesanti- e chi pensa che la verita’ si stabilisca sulla base di quello che pensa la maggioranza c’e’ sempre stata. Quello che serve e’ che ci sia abbastanza gente lucida da mettere in evidenza il cuore dei problemi (si ripropone qui il problema della scuola!) per questo, grazie ancora ad Andreas e a tutti voi.

  9. Velenia

    Direi che ,invece,è più frequente che uno sbatte la porta andandosene (con la convinzione di aver lui ragione) dicendo alla moglie che lascia per la segretaria più giovane-Tanto se sto bene io,state bene tutti-
    Vi giuro che ad una mia amica è successo,è un esempio di relativismo terra-terra

    1. Ma te, Velenia, a una riunione di condominio )per ipotesi (non dirmi che te non ci vai per principio a nessuna riunione che non sia cattolica perché a quelle normali terra-terra c’è satana, a quelle della scuola per esempio, dove satana regna incontrastato, se non fossero scuole rigidamente cattoliche)ma a una ipotetica riunione di condominio umano normale terrestre te lo diresti come la pensi sulle decisioni da prendere, o no?

      1. Alvise, francamente non capisco proprio dove vai a parare: è proprio del buonsenso distinguere immediatamente le cose opinabili (su cui certamente ci si deve sentir liberi di esprimere la propria opinione) e quelle non opinabili. A una riunione di condominio non si parla di divorzio, aborto ed eutanasia, ma di come suddividere questa o quella spesa. Che problema vuoi che troviamo?

        1. però è anche vero che se uno è cattolico lo è anche alla riunione di condominio…il punto è: in cosa il cattolico si differenzia dagli altri condomini? Sempre che ci sia qualcosa che lo rende diverso….

          1. Ma non deve necessariamente “distinguersi”: tuttalpiù dovrebbe distinguersi per una massiccia dose di buonsenso, concretezza (e umorismo). Dovrebbe saper stare lì bene con gli altri (civilmente e cordialmente), finché è opportuno che la riunione duri, e poi dopo può anche virilmente sentenziare che la riunione è sciolta. Non capisco come faccia Alvise ad aspettarsi (ancora) che un cattolico sia un’ameba svaporata.

          1. tu ce lo consideri? Quindi ti aspetti che in parlamento si parli solo di quello che può essere discusso in una riunione di condominio…

  10. E poi fidatevi di un grosso studioso (che sarei io, uno dei massimi studiosi ancora viventi, di filosofia) secoli e secoli di teorie, trattati, confutazioni, eancora teorie, disputazioni, analisi, perorazioni eccetra su questo problema dei fondamenti della marale e del diritto. RISULTATO ZERO ovverosia, l’unico risultato, che non è poco, per ora fruibile, la democrazia, la cosa meno peggio che si sia inventata noi omini.
    A meno che uno non creda di vivere nella Città di Dio, e allora viene naturale averci altri traguardi in mente, stratosferici.

    1. CYRANO: volevo solo chiedere, siccome avete criticato il fatto delle decisioni prese a maggioranza, se foste in parlamento (CONDOMINIUM SUPREMUM MAXIMUM) che fareste? O pure non ci andreste nemmeno in quanto non ispirato a principi e valori assoluti? Parlereste di Madjugorie in parlamento? Qui lo fate, uno parla della società e voi la madonna, uno parla di famiglie di scuola di lavoro e voi padre Emidio!!!
      Un altro, perfino, ogni due parole, di Thibon!!!!!

        1. matrigna di cenerentola

          vista la mia ignoranza, ho cercato il cirneco dell’Etna su wikipedia… cane interessante!

          “Dotato di grande intelligenza, è generalmente indipendente e solitario. Generalmente diffidente con gli estranei, si affeziona ad un solo padrone. Si può dire che abbia le sue simpatie e antipatie a pelle: con alcuni individui non socializza e alla loro vista abbaia; con altri inizialmente si mostra aggressivo ma poi socializza e con altri ancora prova un feeling immediato e socializza subito. È un cane che per il padrone darebbe tutto se stesso.

          Se correttamente socializzato da cucciolo, evidenzia un carattere molto disponibile e gioioso e privo di diffidenze anche verso le persone appena conosciute.”

          sembra un complimento per i cattolici…

          1. giuliana z.

            se i cani assomigliano ai padroni allora è il mio cane! (ora vado a vedere la foto, però, perchè se assomiglia ad un pechinese, allora no grazie!)

      1. siamo solo abbastanza smaliziati da ricordare che il consenso non fa la verità. Un’evidenza perfino banale, ma per dimostrare la quale dobbiamo sguainare le spade. Pazienza…

        1. Ma certo che non fa la verità!!!
          E’ solo CONSENSO.
          E il grande problema del pensiero sociale umano di trovare un punto fermo assoluto in mancanza del quale il consenso!!!
          Puoi ringuainare lo spadone!!!!

          1. In necessariis unitas,
            in dubiis libertas*,
            in omnibus caritas.

            Ecco, così noi si va alle riunioni di condominio, in parlamento, a lezione di filosofia, sur blogghe e perfino al mercato.

            *: il consenso che dici tu – il “solo consenso” – è quello relativo a questa espressione. Per quella superiore il consenso è “adaequatio intellectus et rei” (proprio come fa la brava mammina che sente col polso se la tettarella è troppo calda per il pupo o no).

    2. Velenia

      @Alvì, per rispondere alle tue domande.No,finora, da quando abito qui,non sono mai andata alle riunioni di condominio perchè ritengo che siano appassionanti quanto un trattato di musica cinese e mio marito si è sempre “spontaneamente”immolato al mio posto.Però sono stata rappresentante di classe al liceo( anni 80) e per 2 mandati rappresentante degli studenti al Consiglio di Facoltà a Giurisprudenza (anni 90), lo stesso mio marito nella sua Facoltà.
      L’obiezione che fai tu è la stessa che faceva qualche buontempone al Liceo a me e ai miei amici,-ma che vuol dire che siete cattolici,volete risolvere il problema della palestra pregando?-
      Ah.ah,che spiritoso,èuna posizione di fronte alla realtà non un atteggiamento magico.
      PS.Sono andata anche a diverse riuniono Tupperweare e di detersivi vari,ma forse quelle non contano vero?

      1. Io non sono quel buontempone, io penso che te alle riunioni della scuola esprimi le tue opinioni sui temi da discutere, come fanno tutti!!!
        Naturalemnte le tue opinioni saranno conformi ai tuoi principi, come quelle degli altri ai loro!!!
        Ma non puoi dire (alla riunione di scuola) ravvedetevi e fate penitenza!!!
        Oppure lo puoi anche dire se vuoi, ma ti questo vuol significare che ti metti “su un altro piano”
        che è appunto il piano celeste stratosferico divino

    3. vale

      mah.! mi pareva si stesse parlando della verità. per un cristiano il fondamento della verità, anzi la verità stessa è Cristo.le sue parole le sue opere( tanto per rinfocolare una polemica sul mostrami la tua fede ed io mostrerò le mie opere…).
      la legislazione -in qualunque tempo o luogo- del posto nel quale si trova un cristiano è rispettata da esso finchè non confligge con quello che oggi va di moda chiamare principi non negoziabili. se anche si accettano posizioni non cristiane-cercando di mitigarle- non le si accetta in punta di diritto ma come male minore temporaneo.si spera. gli è che se il concetto di veruità, così come quello di libertà ,di vita, ecc non parter da basi comuni, si finisce per intendere cose diverse.
      bel mondo attuale, diciamo dalla rivoluzione francese in poi(ma anche prima con lutero) avviene in modo eclatante l’utilizzo di una stessa parola, in questo caso verità, per intendere cose diverse.
      il cristiano si adatta. se può le cambia, se non può far nulla se ne va.
      poi si può discutere di tutto. ma se per te verità coincide con l’opinione di quella della maggioranza-stiamo parlando di temi etici e di legge. non di pietre.una pietra è una pietra, il punto di comprensione non lo troveremo. al massimo troveremo un compromesso.
      vale

  11. Cyrano: e poi, anche, dove non c’è cose opinabili (condominio) bisogna anche lì faticare per arrivare a decidere qualcosa che metta (per forza)tutti d’accordo!!!
    Figuriamoci le opinabili!!!!!!!!

  12. giuliana z.

    Per quello che conta la mia esperienza…. per 2 anni sono stata amministratore di condominio qui dove abito (il vecchio ammin. se n’era andato e nessuno voleva tenere i conti). Il problema più grosso è far venire la gente alle riunioni e far pagare le rate in tempi accettabili. Come mai? perchè nessuno vuole trattare le cose col buon senso, che davvero metterebbe d’accordo tutti, e invece pensano che non presentandosi tutto continua a tirare avanti, e ovviamente chi tira avanti è il più forte, che se ne frega se trapanando il muro a mezzanotte diturba i vicini. E gli altri dietro a lui, che si lamentano tra i denti ma quando devono parlare spariscono. L’atteggiamento di fuga dalla realtà è comune a molti, ma forse chi è cattolico magari ha un poco più coraggio ad infangarsi anche con le barbosissime riunoini condominiali. E naturalmente sa anche porre fine alle inutili riunioni-fiume che vertono tristemente su quale fabbro scegliere per sostituire la serratura del cancello!

  13. @ Alvise
    Una delle meditazioni più importanti nel corso degli esercizi spirituali ignaziani è quella sul discernimento degli spiriti. Il partecipante a un certo punto è chiamato a considerare come nella tentazione «il Signore per provarlo lo abbia lasciato alle sue capacità naturali, perché resista alle varie agitazioni e tentazioni del nemico».
    Che vuol dire? Vuol dire che il Dio Creatore del cielo e della terra desidera che le sue creature cooperino liberamente con lui per strappare ogni centimetro di questa realtà – che è buona, bella, meravigliosa – al male. E per farlo ci ha dotato di una “carrozzeria iniziale” fatta di doni, risorse e talenti. Tra queste capacità naturali sono annoverate l’intelligenza e la ragione. E VUOLE che vengano utilizzate, sviluppate, coltivate. Dio ci ha dato forze, risorse e talenti perché PRETENDE che siamo in grado di cavarcela con le nostre forze nelle situazioni difficili. Ci vuole accanto a sé come uomini e donne liberi e forti. Vuole dei Navy Seals, non degli invertebrati o dei viziatissimi “signorini soddisfatti” con la lacrima pendula e il piagnisteo facile!
    Un medico cristiano che di fronte a un’epidemia si limita a pregare è un criminale. Invece DEVE utilizzare le conoscenze e l’esperienza acquisite nel corso della sua formazione e della sua pratica medica per fungere da argine alla diffusione del male. Se non lo fa è reo di alto tradimento nei confronti della realtà e ne risponderà personalmente dinanzi all’Altissimo. D’altro canto è chiaro che però le nostre forze sono limitate, le nostre cognizioni pure. Una volta esaurite, allora il cristiano si affiderà con fiducia al Padre buono. In tedesco c’è un termine intraducibile che esprime bene questo abbandono quieto e fiducioso: Gelassenheit. Abbiamo combattuto fino allo stremo delle nostre forze, se non è stato sufficiente allora riconosceremo umilmente e fiduciosamente che «non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare» (J.R.R. Tolkien).
    Per questo siamo cattolici. La nostra fede non predica un aut-aut (o il mondo o l’aldilà) ma un et-et. Vogliamo tutto: Cristo “e” le medicine, la salvezza dell’anima “e” gli ospedali per curare i corpi (le anime stanno nei corpi, sensibile e spirituale sono distinti ma uniti e inseparabili), la mistica “e” le vitamine, la vita eterna “e” la giustizia.

    P.s. Thibon era un contadino con la licenza elementare: zappava la terra e curava le vigne come tutti gli altri. Secondo me ti saresti sgolato il suo vinello con estremo gusto! 😉

    1. D’acordo su Thibon, ma lascialo tranquillo!!!
      Per quanto riguarda il fatto che voi volete tutto, nulla da ridire.
      Ma quando dici, per esempio, che volete la giustizia, questo non significa nulla, perché poi c’è da stabilire quale che sia e i modi
      che ci sembrano a noi più adeguati per instaurarla eccetra ecetra.
      E siamo allo stesso punto di prima. Thibon, almeno, si era rintanato in campagna e aiutò delle persone, quando era anche pericoloso aiutarle, questo è un fatto.

  14. Opinabile: giustizia.
    Non opinabile: (fino a un certo punto) temperatura misurata da un termometro in certe condizioni etc.
    Condominiale: biciclette sì o no nell’ingresso dentro al portone, o fuori del portone,
    o sui pianerottoli, o se si possano portare sù in casa con l’ascensore, quelli che lo possono usare l’ascensore, che hanno pagato la quota di installazione quande fu il tempo, o se invece portare a spalla, stando attenti a non graffiare i muri delle scale, o se non si possano avere biciclette nessuno, in nessunissima maniera, per decreto condominiale (anticostituzionale?), se si debbano, invece, nel caso, tenere in un garagino condominiale di cui i condomini paghino la manutenzione in parti realtive ai millesimi, se andassero tutti a fare in culo e amen!!!!!!

  15. Francesca Miriano

    A proposito di riunioni condominiali sottoscrivo l’ultima affermazione : si scannassero come gli pare e poi me faccino sapè…e io pago!E’ già così difficile vivere , non facciamoci del male by ourself.

  16. brandyulrica mancini

    vorrei intervenire sulla questione del “diritto naturale” che sarebbe la cura per la stupidità a cui si arriva con il relativismo o l’edonismo(se ho capito bene). Ovviamente se si porta davanti al giudice l’istanza di non aver percepito la “giusta paghetta” da adolescente immagino che il giudice valuti l’impianto educativo di quella famiglia rispetto ai principi generali che regolano quella società e alla fine decida di conseguenza.
    E se invece la vertenza riguardasse le botte(date e ridate)? Immagino che probabilmente ci sarebbero meno ironie eppure,eppure… solo pochi anni fa sarebbe stata ovvia la risposta: ce ne stupiamo?
    Qual’è il “diritto naturale” giusto? Quello che vale per la civiltà occidentale plasmata sul cristianesimo? Se lo chiedessimo in un paese arabo e mussulmano direbbero una cosa diversa riguardo l’uccisione di infedeli e se lo chiedessimo ad un seguace dello Shintoismo il suicidio in certi ambiti cambierebbe verso da negativo a positivo…Ma anche….nel medioevo il diritto naturale a queste nostre latitudini sarebbe stato lo stesso? Era naturale che il servo fosse servo ed il padrone fosse padrone…non mi ricordo forti opposizioni della Chiesa cristiana, quella stessa che ora segue (insegue) la libertà dell’uomo..
    Anche l’asservimento muliebre che si caldeggia qui, può passare per un diritto naturale applicato, tuttavia voglio pensare che sia semplicemente un errore per mancanza di prospettiva storica, perchè la storia ad onta di vari teorici, non è finita e se il Messia non è più tornato da 2000 anni fino ad oggi avrà le sue ragioni.

    1. Alessandro

      E’ assolutamente inutile evocare le macroscopiche differenze di opinione tra differenti epoche e differenti tradizioni culturali come argomento contro il “diritto naturale”, perché, come scrivevo sopra (odio citarmi, ma così faccio prima), il diritto naturale “non si risolve negli orientamenti e nelle decisioni di questo o quel gruppo sociale e non ne è un prodotto, tanto che può in ogni momento insorgere a giudicare e a riprovare decisioni e comportamenti di qualsivoglia gruppo sociale e/o individuo”.
      Il diritto naturale “giusto” è quello che può essere riconosciuto con un esercizio accorto della ragione filosofica e giuridica. Quindi, per mostrare i capisaldi di questo diritto naturale “giusto” bisognerebbe filosofare, ma non è questo il luogo (e d’altronde è già stato fatto ampiamente da grandi filosofi).

      Sostenere che in questo blog si caldeggia l’ “asservimento muliebre” significa aver capito poco o niente di quello che si dice nei post di questo blog e in molti commenti.

    2. paulbratter

      “Se lo chiedessimo in un paese arabo e mussulmano direbbero una cosa diversa riguardo l’uccisione di infedeli”
      anche il tuo modo di vedere il mondo mussulmano è condizionato dalla propaganda occidentale

        1. paulbratter

          ho passato gli ultimi 10 anni a destrutturarmi culturalmente, fossi quello di 10 anni fa darei quasi sempre ragione ad Adriano, ma sono ancora in mezzo al guado; è come un computer, se ti hanno installato windows sopra ti puoi inventare quello che vuoi girerai sempre windows. Non puoi fare altro che formattare e ricominciare, ecco io sto installando i drivers del nuovo sistema operativo.

  17. Claudia Mancini

    «Il problema è, ripeto: qual è il criterio che definisce “legittima” una rivendicazione?»
    Credo che tutta la questione si giochi proprio intorno alla parola criterio. É il criterio il presupposto che garantisce che il pensiero sia nella verità e, proprio in quanto presupposto, esso può essere definito criterio. Il criterio, quindi, deve eccedere la verificazione della verità, a differenza di quanto crede ogni forma di razionalismo deduttivo, ma deve anche essere presupposto per evitare che il pensiero cada nell’irrazionalismo e nel nichilismo (relativismo etico). Un criterio che ecceda la verificazione della verità e ne sia il presupposto non può che essere un criterio che riconosce che esista un ordine trascendente la nostra esperienza ed il nostro pensiero: occorre che il mondo della mia esperienza e del mio pensiero sia non solo il mondo della mia esperienza e del mio pensiero, occorre che sia il mondo dell’alterità, di un’alterità comune. Il criterio è il “senso comune” ed il “senso comune” altro non può essere che un pensiero che presuppone una auto-rivelazione della verità stessa nella coscienza. Enrico Castelli, un autore poco conosciuto, ma che fu un vero “teorico” del senso comune, ne diede questa definizione: «Il senso comune, a differenza del razionalismo, crede che la “verità ecceda la verificazione”, non si reputa autosufficiente, perché sa che non ci sarebbe se non avesse avuto luogo una rivelazione iniziale. A differenza dell’irrazionalismo, però, ritiene che i limiti strutturali del pensiero non debbano farci disperare sulla possibilità stessa per l’uomo di conoscere la verità e l’essere. Bisogna ammettere che il discorso razionale, il procedimento logico, è necessario anche se non sufficiente a farci cogliere la verità ma, allo stesso tempo, non bisogna disperare come fa l’irrazionalismo sulla forza dell’indagine critica. Il senso comune è un razionalismo mitigato dall’irrazionalismo e un irrazionalismo corretto dal razionalismo: un irrazionalismo ragionevole. Il senso comune non dimostra, non perché sia debole, ma perché costitutivamente antidimostrativo, cioè rivelativo e costituito per riconoscere la verità da cui proviene: “La verità che è un dono presente nell’intimo, là dove la ragione non l’ha messo” (Enrico Castelli, Esistenzialismo teologico, pp. 44-49)

  18. “Il diritto naturale “giusto” è quello che può essere riconosciuto con un esercizio accorto della ragione filosofica e giuridica”
    E quale sarebbe questo “esercizio accorto”?

    1. Alessandro

      Quello dispiegato – per fare solo qualche grande nome – da un Tommaso d’Aquino (e in genere dalla speculazione cristiana medievale: Agostino ma pure Duns Scoto, Bonaventura ecc.) e poi su fino (per nominare un filosofo non propriamente tomista) a Rosmini, Maritain, Gilson. A casa nostra, si pensi alla scuola dell’Università Cattolica, o a un filosofo del diritto del calibro di Sergio Cotta.

    1. Alessandro

      sì, a patto di non considerare il diritto naturale (basta chiamarlo così, perché un diritto non giusto non merita la qualifica di diritto) un sistema onnicomprensivo; il diritto naturale non istruisce l’amministratore di condominio su come sistemare le aiuole.
      Il diritto naturale mostra alcuni capisaldi antropologici fondamentali, essenziali. Ad es., il diritto naturale mi dice che l’essere umano va rispettato dal concepimento alla morte naturale (quindi: no all’aborto, no all’eutanasia), mostra il valore intrinseco (non convenzionale, non transeunte) della famiglia fondata sul legame stabile tra un uomo e una donna. Si occupa di questioni grandi, ma basilari.

  19. diritto naturale giusto…ne consegue che esisterebbe anche un diritto naturale “ingiusto”. Mi sa che non se ne esce (e non poteva essere altrimenti). Ribadisco la questione delle botte (non la mancata paghetta) ai figli adolescenti e magari molto indisciplinati: sorvoliamo? E se poi le botte le prende la affabile e conciliante moglie sottomessa (ho letto l’articolo linkabile dai titoli di questo blog e non ho frainteso) si va per il diritto naturale (la legge del più forte) o per quella del diritto positivo?
    Circa la lettura occidentale dei “valori” di altre religioni,grazie, ma se indico la Luna sarebbe corretto non guardare il dito per confutare l’argomento.
    E’ bello scrivere qui…peccato che i commenti siano sottoposti al vaglio preventivo…sono per il principo della libertà e corrispondente responsabilità (ma forse è un pensiero ingenuo).

    .

    1. No, Brandy, non c’è alcun vaglio preventivo*: c’è un sistema antispam, naturalmente, che talvolta si attiva “in autonomia” (oggi ne ha più volte fatto le spese un blogger affezionato, anzi, l’autore del presente articolo). A parte questo ogni primo intervento di un nuovo blogger viene sottoposto a moderazione, ma dalla seconda volta la pubblicazione risulta immediata.
      Entrando nel merito, ma al volo perché sono purtroppo affaccendato in altro, vorrei solo dire che in nessun modo per “diritto naturale” si può intendere “la legge del più forte”. La legge della giungla non rientra nell’ambito del diritto, e viene chiamata “legge” solo per analogia.

      *: Admin ha più volte ricordato che solo i commenti gratuitamente volgari e/o offensivi (ritenuti tali a insindacabile giudizio dello stesso Admin, per gli amici Hal) vengono cestinati.

    2. Alessandro

      “diritto naturale giusto…ne consegue che esisterebbe anche un diritto naturale “ingiusto”. Mi sa che non se ne esce

      no, io scrivevo diritto naturale “giusto” per essere aderente alla tua espressione, ma come vedi nella mia risposta delle 22.02 rimarco che un diritto non giusto non merita la qualifica di diritto. Quindi se ne esce benissimo

      La questione delle botte non c’entra niente, se ti spieghi meglio…

      Mi spiace per te, ma continui a fraintendere che cosa significhi nei post e nella maggior parte dei commenti “sottomissione della moglie all’interno del matrimonio”

      Il diritto naturale non è la legge del più forte. E non è ineluttabile che il diritto positivo contrasti con il diritto naturale

    3. paulbratter

      hai ragioni ho guardato il dito ma non mi sentivo adatto a parlare di luna, è solo che quando si parla di mussulmani come ammazinfedeli sbotto perchè frutto della più superficiale e feroce propaganda.

  20. ah..va bene…grazie per la precisazione ed il chiarimento. Poichè come moderna esplicitazione del diritto naturale ,leggo,si annovera anche l’anarco capitalismo di Murray Rothbard, mi conforta l’idea che le regole di convivenza in una società nascano dal consenso e dalla influente autorevolezza (non autorità) dei suoi uomini-simbolo (tra i quali ovviamente anche la guida religiosa)

  21. Alessandro: intendo l’art 571 del Codice Penale e la sua interpretazione-applicazione ovvero non applicazione (principio del jus corrigendi del capo famiglia) fino alla riforma del diritto di famiglia nel 1975 (ieri l’altro)e alcune sentenze successive della Corte di Cassazione (l’ultima finalmente basilare del maggio 2005 n° 1649 cioè un respiro fa…)
    La sottomissione della donna in famiglia (prevista progettualmente dal Codice Rocco) è stata ed è troppo spesso lacrime e sangue e non sarà un bello stile di scrittura di un libro ovvero una carezza in un pugno (Celentano?) nei commenti che mi farà cambiare idea.
    La notte porta consiglio…vado anch’io

    1. admin

      mi piace il tuo stile, sul serio. Ti lancio una proposta:
      perchè non leggi il libro e ci scrivi una recensione, ti sembrerà strano ma dopo più di sei mesi ancora non è arrivata una recensione veramente negativa se non qualche critiche basate esclusivamente sul titolo o al massimio sulla quarta di copertina. Che ne pensi?

      1. Adriano

        Mah, non mi sembrava che la mia recensione fosse poi positiva… E si basa su una lettura completa del libro.

    2. Alessandro

      Brandyulrica

      sì, ma è inutile che mi citi codice penale e giurisprudenza e quant’altro, perché non c’entra niente.
      Sto sostenendo (e mi ricito ancora) che “il diritto naturale non si risolve negli orientamenti e nelle decisioni di questo o quel gruppo sociale e non ne è un prodotto, tanto che può in ogni momento insorgere a giudicare e a riprovare decisioni e comportamenti di qualsivoglia gruppo sociale e/o individuo”, quindi le modifiche del codice penale, le riforme del diritto di famiglia e le sentenze della Cassazione non inficiano quanto sostengo, essendo esse nient’altro appunto che “orientamenti e decisioni di questo o quel gruppo sociale”.

      Come scrive Andreas qui sotto, condizione indispensabile perché si dia diritto naturale è che esistano atti intrinsecamente malvagi (intrinsece mala). Intrinsecamente: cioè tali che l’opinione di questo e quel gruppo sociale sia assolutamente impotente a mutare l’indole malvagia di questi atti. L’aborto procurato è atto intrinsecamente malvagio, e se tutte le legislazioni del mondo lo legalizzassero e l’opinione pubblica planetaria unanimemente s’acconciasse a stimarlo non malvagio, ciò non modificherebbe di una iota la sua indole malvagia, poiché essa gli è intrinseca, appunto.

      Quanto alla sottomissione della donna (te lo dico per la terza volta), non hai capito che cosa si intende al riguardo nei post del blog e nella maggior parte dei commenti. Non c’è da “cambiare idea”; si tratta di avere l’elementare avvertenza di cercare di capire di che sta parlando l’interlocutore prima di precipitarsi a criticarlo per cose che non s’è mai sognato di dire.

  22. Scusate se intervengo ancora, ma voglio precisare una cosa. Questo è un blog, non un’aula accademica. Giocoforza gli approfondimenti in questa sede sono limitati. Ora, la tematica della legge naturale e del senso comune è “un pochino” ampia (come mostrano il denso commento di Claudia Mancini e la citazione di Enrico Castelli) e se cominciamo a divagare e a citare articoli del Codice Rocco finiamo per perdere di vista l’essenziale. Non c’è svista più clamorosa dell’interpretare il concetto di legge naturale come un codice di regole eterne, com’è successo in passato a partire sostanzialmente dalla Seconda Scolastica in avanti (Cfr. su questo aspetto M. Villey, La dottrina del diritto di San Tommaso, in La formazione del pensiero giuridico moderno, Jaca Book, 1986).

    La legge naturale è immutabile nei suoi princìpi universali e generali (es: “Non ucciderai l’innocente”, ovvero illiceità dell’omicidio). Un discorso diverso va fatto per le conclusioni razionali da essi dedotte. Queste sono variabili quanto più sono remote e distanti dai princìpi generali, dato che sono l’esito di una elaborazione sostanzialmente soggettiva e storicamente condizionata dei dati dell’esperienza. Esiste dunque un momento immutabile e un momento storico-culturale della legge naturale (su questo vedi R. Pizzorni, Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso d’Aquino (Pontificia Università Lateranense, Città Nuova, Roma 1985), in particolare il cap. VII, Storicità e dinamicità del diritto naturale).Quand’è che si ha relativismo? Quando si nega la presenza di essenze e nature immutabili e, conseguentemente, l’esistenza di atti intrinsecamente cattivi. Alla domanda: “È lecito o meno uccidere l’innocente?” oppure – in termini più crudi ma lasciando immutata la sostanza – “È lecito mangiare il cuore di un neonato?” il relativista risponderà: “Dipende”. Io intendevo pormi a questo livello, quello dei principi fondamentali della legge morale, conoscibili per mezzo della sola ragione. Non c’è nulla di scontato, perché è facilmente dimostrabile che in tanti, ancora oggi, a quella domanda hanno risposto e rispondono: “Dipende”. E qui si tocca il grado zero della civiltà, perché rispondere in questa maniera – come hanno fatto Hitler, Stalin, Pol Pot e Marco Pannella – indica che ogni perversione è potenzialmente possibile, ogni aberrazione può essere messa in pratica da chi solo abbia il potere di farlo. Tutto il resto viene di conseguenza.

    In realtà il nostro dramma è proprio quello cui allude sempre il commento di Claudia Mancini: la pretesa, avanzata oggi, di sottoporre a “verifica sperimentale” ciò che per sua natura non può esserlo, come la “verità delle cose” colta dal senso comune. Sono argomenti già affrontati dai migliori filosofi cattolici del ‘900, come Augusto Del Noce, dilungatosi parecchio sul carattere “anassiologico” della scienza, cioè la sua incapacità di fondare il valore. Luigi Lombardi Vallauri – quando da lui ancora si poteva imparare qualcosa – ha evidenziato molto chiaramente come all’interno dell’orizzonte scientistico attuale (l’universo del null’altro-che, dell’umano ridotto a processo materiale meccanico-fisico) sia quasi impossibile argomentare con speranza di successo anche solo l’illiceità dell’omicidio. Sia come sia, all’atto pratico siamo qui con la spada sguainata, come ha previsto con lungo anticipo Chesterton.

  23. annarita

    ecco perchè una volta nelle scuole si faceva studiare filosofia, metafisica, S.Tommaso d’Aquino, proprio per dar un ordine mentale, una capacità al buon senso, un’aderenza alla Verità, la capacità di distinguere il bene dal male, una capacità di distinguere il vero dal falso, insomma la capacità di usare l’intelletto in modo corretto e non schizzofrenico come si fa oggi, dove non esiste più un vero definito da Dio, ma tutto è vero o falso a seconda di come ci svegliamo e la contraddizione la fa da padrone perchè non conosciamo più la regola filosofica del principio di non contraddizione. E da questa incapacità di usare correttamente l’intelletto, deriva anche una coscinza errata che non ci fa più discernere il bene dal male.

I commenti sono chiusi.