Quando comincio col mambo

Fedele alla linea del maiale – non si butta niente – ho deciso di rispondere con un post alle osservazioni che mi ha mandato per e-mail una persona. La persona mi è molto cara e la ritengo intelligente, per cui vale la pena un piccolo sforzo di spiegazione. Le critiche sono più o meno di questo tenore:

alla base del mio libro ci sarebbe una grossa rinuncia all’ambizione… “una vita chiusa, terribilmente limitata al momento (eterno) della famiglia nido… escrementi di casa, piatti, lenzuola, tanfo caldo di casa… le bollette da pagare, il telefono, i computer, i servizi da fare tra una poppata e l’altra, una vita insomma di merda… col pancione o senza…col trucco o senza, colle ciabatte, col saccoccio sul fuoco, coi gatti degli altri… la claustrofobia da biscotti Mellin secrezioni familiari e guerricciole da ufficio sempre le solite…”

A parte che le ciabatte no, quelle non le metto, per il resto non mi offendo certo a queste osservazioni, conosco bene la sensazione di soffocamento nel pensare a una vita come questa descritta così bene. L’ho provata tante volte pensando a cosa avrei fatto da grande, quando giuravo a me stessa che mai e poi mai mi sarei accontentata di un destino così misero, chiuso tra quattro pareti, con obiettivi risibili e gioie stantie e mediocri.

Poi mi si è spalancato un altro mondo, quello della vita spirituale, che ha il respiro dell’universo, perché tutto quello che un figlio di Dio fa dura in eterno. (E no, bambini, non sto citando il Gladiatore, per quanto so che voi apprezzereste) E’ la certezza che i capelli del nostro capo sono contati, le parole tutte ascoltate da Dio, i gesti tutti guardati e conservati per l’eternità.

Io penso che la vita di un cattolico, cioè di chi ha un rapporto vivo e personale con Dio, sia piena di vette e valli e discese ardite e le risalite – lo so, sto parlando come Lucio Battisti, cioè come Mogol, ma potrebbe andare peggio – in modo del tutto indipendente dalla sua ubicazione fisica. E’ dove ci porta l’ospite dolce dell’anima che conta. Non per niente per noi la patrona delle missioni è santa Teresina di Lisieux, una carmelitana di clausura, che, chiusa dietro le sue grate, ha smosso il mondo in un modo misterioso che solo un giorno ci sarà chiaro.

La mia vita tutto sommato non è così deprimente come sembra al mio amico, neanche secondo i criteri del mondo. Insomma, non vivo nella “provincia dei mammalucchi” ma al centro di Roma, non lavoro in un ufficietto ma nella redazione di un tg, ho incontrato ministri e registi e attori, ho fatto interviste a New York e Berlino, insomma in un sacco di bei posti, e se preferisco i biscotti Mellin, non è perché non posso avere altro, né per ripiego, ma per gioia e scelta ogni giorno benedetta. Ho fatto colazione con Spike Lee ma mi piace più svegliarmi con un bambino in braccio, ho cenato con tennisti vincitori di qualche torneo dello slam (non so più quale) ma mi diverto infinitamente di più a casa a vedere un concerto di mio figlio (la mia preferita è “quando comincio col mambo”). Lo preferisco a tutti i musicisti che mi hanno spedito a intervistare, anche perché per lui, per mio figlio, io sono la groupie più irresistibile (al momento).

Se penso alle avventure più emozionanti della mia vita hanno tutte a che fare con l’incontro con Dio, e poi con la vita che abbiamo trasmessa ai nostri figli. Hanno a che fare con le volte – non so bene quante – in cui, stando bene attaccata alla vite, sono riuscita a essere un tralcio, e ho saputo amare. Non credo che il respiro ampio di una vita si misuri con il viaggiare vero e proprio, come dice il mio lettore (“San Paolo almeno girava tutto il Mediterraneo, mai fermo, mai tranquillo, mai in pace, sempre col fuoco al culo”). E non credo che Dio sia in concorrenza con niente di umano, né tanto meno un antagonista della nostra libertà.

Quando per mio marito si prospettava la possibilità di andare a lavorare a New York, io che pure amo quella città, ho votato no, per la paura che lì non saremmo riusciti a permetterci tanti figli, e non me ne sono mai pentita.

Di gente che ha fatto cose grandi, secondo il mondo, ne ho anche conosciuta credo più della media delle persone, per lavoro: ori olimpici e primatisti del mondo, scrittori e ministri e registi, anche un Papa (ma quando era cardinale, lo ammetto) ma credo che la differenza tra le persone invidiabili e le altre, tra i mediocri e gli altri, tra i felici e gli altri, tra quelli che vivono una vita luminosa e più fragrante, sempre per dirla con Mogol, non c’entri assolutamente niente con il loro fenotipo – direbbe un mio amico – con la collocazione fisica o l’organizzazione pratica della loro vita. Per dire, una delle persone più geniali e creative e temerarie e audaci che ho conosciuto è stata una suora di clausura. Un altro è frate, uno che per intelligenza mangia in testa a quasi tutti quelli che conosco, ma passa le giornate chiuso in confessionale.

Per me viaggia davvero chi spalanca le proprie porte (mio figlio ha visto un neon con scritto Open, e mi ha suggerito di appenderlo alla porta di casa, che per me più siamo meglio è), chi si spende, chi abbraccia la propria croce, chi infiora la propria vita di segreti regali a Dio e agli altri. Chi parte dalla schiavitù dell’Egitto e va verso la terra promessa, che può essere anche un appartamentino con tanfo di secrezioni e biscottini primi mesi.

Un giorno tutte le cose ci appariranno come sono davvero, e ne vedremo delle belle. I valori saranno capovolti e la vera bellezza di ognuno sarà sfolgorante.

37 pensieri su “Quando comincio col mambo

  1. Grande Costanza! Mi sembri San Paolo nella sua arringa a favore di se stesso!
    La vita dipende anche dagli occhi con cui la si guarda.
    Quelli del tuo ‘amico’ mi sembrano un po’ tristi.
    I tuoi già li conosciamo …
    Un abbraccio!

  2. chia ra

    scusa Cos, ma quale altra sarebbe per il tuo amico “una vita NON di merda”? vincere le olimpiadi? andare a pranzo con Obama? invadere la polonia? chi è tiziano terzani redivivo?
    ma come fa la gente a giudicare “di merda” la vita di un’altra persona???????
    L’idea che vivere davvero sia solo quando si sta sempre “col fuoco al culo” mi fa davvero rabbrividire. Vuoi vivere così? Fatti tuoi, (bella per te direbbe mia nipote molto yeahhh), ma non giudicare le mie scelte di vita. Viaggerà pure fisicamente, ma i suoi occhi non vedono aldilà del proprio naso. Scusa lo sfogo.

    1. Alberto Conti

      Ma cosa c’è di più stare “col fuoco al culo” di avere una famiglia???? (cfr. intervento sotto su Peguy)

  3. O porca miseria, non volevo arringare a favore di me stessa, volevo dire che i nostri gesti hanno un valore diverso da quello che crede il mondo. Comunque, già che ci sono, direi anche io come lui “cursum consummavi”, ho portato a termine la mia corsa. A termine no, ma correre corro…

    1. Velenia

      Caspita!Questo sì che è un post da leggere all’ inizio della mattinata,meglio di un caffè!
      Io avrei aggiunto soltanto:il centuplo quaggiù e l’ eternità, niente per meno di questo.
      Buona giornata.
      Velenia
      P.s. a parte la vita da inviata speciale(invidia,invidia)
      per il resto sembri descrivere la mia vita

  4. Velenia

    Uao, non mi ero accorta che l ‘immagine usata per questo post è tratta da uno dei miei film preferiti!!!
    Il mitico film di Frank Capra “La vita è meravigliosa”,anche una vita apparentemente oscura è essenziale per il mondo.
    Beh, doppio caffè stamattina!!
    Grazie Costanza,nonostante questa storia della sottomissione cominci ad essermi simpatica!

  5. Cristina

    Buon giorno a tutti!ai tempi dell’università e i primi anni di matrimonio senza figli ho un pò fatto la classica vita milanese: viaggi, lavoro fino a tardi,
    aperitivi, giri interminabili di milano esplorando tutte le bellissime viuzze sconosciute ai più, teatri etc.. ed ero felice e quando ripenso a quegli anni dice
    “che figata”. ma sempre in quel periodo, in mezzo a tutta quella bellezza nasceva in noi il desiderio di avere dei figli, sapevamo bene che non
    avremmo potuto fare più molte di quelle cose (anche se ci proviamo a rischio anche di essere quasi cacciati da un museo perchè un piccolino ha fatto “nghe” due
    volte e “van gogh va visto in silenzio!!!”), ma era un desiderio come di compimento della nostra persona che non teneva il confronto con i viaggi, le passeggiate etc. Certo poi arrivano i bimbi e quella poesia iniziale passa, ma nel senso che si trasforma che diventa compimento, che diventa realizzazione di se. è come se l’uomo fosse fatto per generare, per dare, non per tenere per se, non per guardare al suo ombelico e solo cosi si realizza veramente, nel profondo.
    Il punto secondo me è rispondere alla domanda “per cosa vivi?cosa stai costruendo?come stai spendendo la tua vita?” perchè può essere che uno non abbia famiglia, non abbia figli ma che comunque generi o al contrario uno può avere figli e vivere “solo per loro” senza implicarsi col resto della vita, con la realtà. Com’è triste infatti l’indifferenza in cui viviamo, come se ci importasse solo del nostro orticello: e così non ci implichiamo con l’asilo, la scuola, la realtà pubblica locale (salvo pretendere che tutto sia dato come vogliamo noi). La vita per me è bella se è spesa, se porta frutto non se è sterile e fine a se stessa.

  6. Cara Co,
    tu dici che questa persona è un tuo affetto, che è intelligente quindi per carità : ubi maior minor cessat. Che significa : se lo dici tu…Però mi sembra che non sia molto dotata della dote del rispetto…
    E poi : tutti sti riferimenti alla cacca e alla sporcizia non saranno mica segnali di una fissazione alla fase anale teorizzata da Freud?
    Ma torniamo al rispetto : rispetto per tutti quelli che come noi (te in un modo, io in un altro) abbiamo sicuramente dato molto spazio nella nostra vita all’infanzia.
    Un film molto poco colto, e molto poco da Oscar, cita testualmente : “Nella cacca di un bambino c’è il significato della vita”!
    Mica cavoli, porca Svizzera (imprecazione di moda in questo Blog) : nell’accudire un bambino piccolo c’è l’essenza, e la capacità, di mettersi al servizio degli Altri, di soccorrerli finchè ne avranno bisogno e poi di lasciarli andare.
    Io non sono fresca di Bibbia e Vangelo come Co e la sua cricca di amici , non sono degna nemmeno di allacciare i loro sandali, ma mi sembra che Gesù si è pronunciato in merito ai bambini dicendo : lasciate che vengano a me e …anche loro sarà il regno dei cieli. E non ha specificato : solo dopo che avranno acquisito il controllo sfinterico, tuttaltro…a me che sono grande ha detto di lavorare sui miei peccati ma a loro, i bimbi, ha detto : anche subito!
    Perchè loro sono innocenti, puri e sono la potenzialità vera dell’umano : dire la verità, chiedere affetto quando ne sentono il bisogno, essere affamati , assetati e dormire ovunque, senza remore e convenzioni. Non come noi adulti che siamo contorti e poi abbiamo anche la pretesa di educare loro!
    E poi “ambizione”, che brutta parola: mi sa di paraocchi, di schiacciasassi.
    Sono tanto belle invece l’umiltà, la felicità,la semplicità : stamattina mio marito (che ieri mi ha rifatto l’orlo al paio di pantaloni attualmente miei preferiti, perchè i miei occhi purtroppo non sono più tanto buoni) mi ha fatto notare che sugli stessi c’è una strana macchia in un punto che nessuno mai vedrà. Io gli ho risposto abbracciandolo: Caro, io sono felice lo stesso!
    E sapete perchè ? Perchè mi ha permesso di rimettermi il pannolone per un momento, senza ansia e senza dirmi “Io l’orlo a te? Alla tua/mia età? E le mie ambizioni?”
    E le mie di ambizioni che ieri sono tornata a casa con l’orlo sdrucito perchè ho camminato tanto e in questo momento il nostro bilancio familiare non consente spese? Dove dovrebbero finire? Cosa farei se non avessi un maritozzo che ogni tanto mette su le ali e mi soccorre e che, pur non credendo, mi ha sposato nella buona (poca) e nella cattiva (considerevole) sorte ?
    L’unica buona sorte è che l’amore ce ne abbiamo in abbondanza : più prende botte, più perde bozzi e ammaccature. E non si chiama sottomissione, ma solo amore.
    🙂
    Infine vorrei dire anche io qualcosa riguardante il vostro menage familiare : io non lo sapevo che Guido poteva andare a lavorare a N.Y..Se lo sapevo, non me lo ricordavo e chiedo scusa perchè la mia memoria non è più quella di una volta.
    Ovviamente, io non sono stata sentita , ci mancherebbe altro, anche se sono così megalomane essere convinta di essere la meglio amica sua, senza rivali (femmine almeno).
    Però se fossi stata sentita, anche io avrei votato no. Perchè Guido, il meglio amico mio, deve stare a Roma così che, quando io torno, vado a trovarlo e lui mi guarda, pur orso muto, e mi dà un bacio, quando arrivo e quando vado via, possessore di momenti in cui niente era facile, ma tutto era molto spontaneo e pulito, di una foto sfuocata sotto una funivia con in testa il cappello da cow boy.
    Trento-Roma se po fà
    Trento-New York nun se può proprio fa..

    1. guido

      è stato quando tommaso era piccolo e prima dell’11 settembre quindi tra il ’99 e il 2001…

      1. Beh, la prossima volta che ti capita mandami un post-it. Tu sei molto bravo quindi potrebbero farti altre proposte di questo tipo. Sono appiccicosa ed invadente,lo so, e per me è rassicurante sapervi tutti a Roma. Però è anche segnale di un legame che io sento e che ho sempre voluto mantenere, prima di tutto dentro di me, per non perdere tutto, venendo a vivere quassù e nel “logorìo” di una vita ormai da grande, anche e proprio a memoria di un periodo della vita e di un periodo storico in cui si faceva molta meno fatica a fare amicizia, solo per simpatia ed affinità e, se non c’erano problemi, si rimaneva uniti.
        Oggi i nostri figli fanno più fatica perchè devono dimostrare più cose: ieri ho voluto portare Valerio con gli amici a prendere il gelato, proprio per vedere come sono messi. E’ stato molto divertente e anche rassicurante ma purtroppo non basta un gelato e non finisce lì, e Valerio ha molti problemi, prima di tutto con se stesso, e quindi con noi. Perchè, nonostante il problema pannolone sia stato risolto. non ne è stata risolta la parte psicologica.
        Ho una nostalgia, amico mio, perchè ero tanto gnampona, e mi vergognavo anche un po’, però cercavo comunque la strada per essere quello che ero e non altro.
        Io invece parlo di una foto di Champoluc, molti cappelli e molti capelli fa.
        Se hai piacere te la mando…

    2. Miriam

      è vero che non si chiama sottomissione, ma amore. Ma la sottomissione, nel senso proprio ben sottolineato da Costanza, non è che una delle tante manifestazioni e aspetti dell’amore!
      Che Bello il resto che hai detto, Paola.
      Mi permetti di abbracciarti?

  7. maria joana

    Costanza, sei stata formata per servire Dio!

    Dio ha formato ogni creatura del pianeta con delle speciali capacità. Alcuni corrono, altri saltano, altri nuotano, altri scavano e altri volano. Ognuno di essi ha un ruolo particolare, in base alle caratteristiche conferite loro da Dio. Lo stesso vale per gli esseri umani. Ognuno di noi è stato disegnato o “formato” in modo unico per fare certe cose.

    Prima che Dio ti creasse, decise esattamente come voleva che tu Lo servissi e poi ti formò per poter compiere tali imprese.Sei come sei perché sei stato fatto per un ministero specifico.

    La Bibbia dice: “Infatti siamo opera Sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone”. Il termine poesia viene dal greco e significa “opera”. Sei un’opera fatta da Dio. Non sei un pezzo della catena di montaggio, prodotto in serie senza essere stato pensato. Sei un capolavoro unico, individuale, originale. Dio ti ha formato e modellato perché tu Lo servissi in modo da rendere unico il tuo ministero.

    Oltre a modellarti prima che nascessi, Dio pianificò ogni giorno della tua vita a supporto di questo processo di formazione. Ciò significa che niente di ciò che avviene nella tua vita è insignificante. Dio la usa tutta per modellarti nel tuo ministero verso gli altri e formarti per il servizio a Lui.

    1. Wao!! Secondo me oggi Costanza ascende in Cielo!!
      🙂 😉 🙂
      Sempre secondo me, chi serve Dio, serve gli Altri, se no non serve nessuno.
      E infine….

      Hey Maria Joana : ce n’è magari un po’ anche per noialtri?

      1. maria joana

        Cara Paola,scrive il tuo nome sopra , invece di Costanza.Questa lettera , serve per ogni uno di noi, perche siamo diversi, ma molto especiale ed importante per Dio. Siamo como il corpo umano, ogni uno di noi ha la sua funzione….Quello che puo fare tu , nessuno altro puo fare, solo tu!
        Siamo unici ed especiale ai occhi di Dio, che bello!!
        Buona giornata!!!!

  8. quid

    che poi anche vivere nella “provincia dei mammalucchi”, senza aperitivi a Brera o al Caffè Greco, non è poi tanto male…

      1. Siamo speciali e non solo agli occhi di Dio.
        Il Piccolo Principe insegnava: L’essenziale è invisibile agli occhi…
        e si legge col cuore !

  9. Miriam

    Grande e Bello e Vero…
    Peccato che io quel che dici l’ho scoperto tardi, in età adulta, con i figli già grandi. Ed oggi sento e vivo la preziosità e il respiro di eternità di ogni istante, delle piccole cose che prima mi soffocavano -tranne qualche momento di grazia durante i primi mesi dei miei figli, quando ero completamente e gioiosamente e faticosamente assorbita da loro- e che ora mi tengono ben ancorata alla Realtà. Mi consola come il Signore si serve anche dell’operaio dell’ultima ora e vorrei riuscire a ‘vedere’ qualcosa di quel che vorrei poter ricostruire sulle rovine, non più da sola, ovviamente. Ma forse anche quando credevo di esser sola e facevo la ribelle (il ’68 e annessi e connessi hanno lasciato molti segni) Qualcuno la mano in testa me la teneva…

  10. Alberto Conti

    Personalmente ho lasciato una carriera da Manager (parola vuota per dire Passacarte e Telefonista) e mi sono ritirato nella “provincia dei mammalucchi” per fare l’ingegnerucolo; questa scelta avventurosa, e non esente da rischi ma appoggiato al Signore, mi ha cambiato la vita in meglio: porto i miei figli a scuola e posso cenare con la mia famiglia tutte le sere (uscivo prima che si svegliassero e ritornavo spesso dopo che erano già andati a letto), se c’è una visita o uno spettacolo posso esserci anch’io senza fare i salti mortali (magari solo qualche notte davanti al portatile a finire un lavoro) e anche lavorativamente mi diverto mooolto di più.
    Non posso non citare un pezzo di Peguy che esprime in maniera eccezionale la mia esperienza:
    “C’è un solo avventuriero al mondo, e ciò si vede soprattutto nel mondo moder­no: é il padre di famiglia. Gli altri, i peggiori avventu­rieri non sono nulla, non lo sono per niente al suo confronto. Non corrono assolutamente alcun perico­lo, al suo confronto. Tutto nel mondo moderno, e so­prattutto il disprezzo, è organizzato contro lo stolto, contro l’imprudente, contro il temerario. Chi sarà tanto prode, o tanto temerario? contro lo sregolato, contro l’audace, contro l’uomo che ha tale audacia, avere moglie e bambini, contro l’uomo che osa fondare una famiglia. Tutto è contro di lui. Tutto è sapientemente organizzato contro di lui. Tutto si rivolta e congiura contro di lui. (…) Solo lui è letteralmente coinvolto nel mondo, nel secolo. Solo lui è letteralmente un avventuriero, corre un’avventura. Perché gli altri, al maximum, vi sono coinvolti solo con la testa, che non è niente. Lui invece ci è coinvolto con tutte le sue membra. (…) Lui solo ha degli ostaggi, la moglie, il bambino, e la malattia e la morte possono colpirlo in tutte le sue membra. Gli altri navigano a secco di vele. Lui solo qualunque sia la forza del vento è obbligato a navigare a piene vele. (…) La vita di famiglia è agli antipodi della vita della regola. Nessun uomo al mondo è coin­volto nel mondo, nella storia e nel destino del mon­do quanto l’uomo di famiglia, tanto quanto il padre di famiglia, così pienamente, così carnalmente.” … e l’avventura è molto più appassionante dell’ambizione (la ricordate la pubblicità della Chicco(?) che con la colonna sonora di “Vita spericolata” faceva vedere immagini di vita familiare? A me commuoveva)
    (Per leggere tutto il testo: http://www.claudio-rise.it/figli/peguy.htm)

    1. Velenia

      Questo di Peguy è il brano preferito di mio marito,che quando i nostri figli erano piccoli, e uno in particolare bisognoso di particolare attenzione e cura, ha rinunciato alla carriera, (non sono solo le donne quelle che rinunciano).
      Oggi,a riprova che il centuplo quaggiù non è una promessa vana, è arrivata anche la meritata soddisfazione lavorativa!
      Velenia

  11. Roberto

    Concordo con chi dice che ambizione è una pessima parola. In slang cattolico ciò si potrebbe tradurre come sottomissione agli idoli. La nostra epoca ne sforna di continuo, sotto la forma di successo, danaro e potere. Persone o cose, indistintamente. “Quanti padroni finiscono per avere coloro che rifiutano l’unico Signore!” diceva S. Ambrogio decine di secoli fa. Non è cambiato nulla, sotto questo aspetto, da allora, se non il numero e il tipo di padroni. Abbiamo più scelta, ma la sostanza resta che se uno ha un padrone, la sua non è sottomissione, ma schiavitù. L’aver sdoganato invece e così bene la sottimissione nell’amore, è un grande merito di Costanza, e ho l’ardire di credere che non sarà dimenticato.

    1. Miriam

      credo, Roberto, che di per sé l’ambizione, se è sana, non è una cosa negativa, ma anzi la spinta a far fruttificare i nostri talenti. Penso che in linea di massima non ci siano cose negative di per sé: dipende dall’uso che ne facciamo e dal fatto se questo è inserito o meno nel Progetto di Dio.
      Purtroppo l’accezione negativa del termine la ricaviamo dal fatto che è più frequente che l’ambizione -quella non sana ed equilibrata- diventi la spinta a portar avanti il proprio egoismo, da cui ci dobbiamo sempre guardare.

      1. Roberto

        L’ambizione però è determinata anche dall’oggetto a cui si tende. Non è soltanto spinta positiva, è anche cedimento ad una tentazione, soprattutto quando questo oggetto è al di là della nostra capacità e del nostro merito o della nostra spettanza.

  12. Paola G.

    Pensa un po’ cara Costanza che proprio nei giorni scorsi pensavo esattamente il contrario del “tuo amico” simpaticone…ma dove la vede la rinuncia all’ambizione in te??? fai un lavoro che ti piace e credo ti gratifichi,non mi sembri affatto una casalinga frustrata(ed io per la verità non ho mai incontrato nessuna donna casalinga per scelta frustrata..),hai un marito che mi pare proprio ti voglia bene,hai dei figli stupendi(anche se non li ho mai visti si capisce proprio che è così),hai chi ti può dare una mano in casa….no dico…il quasi resto del mondo che dovrebbe fare? defenestrarsi all’istante?
    Penso proprio che il tuo “amico” soffra un po’ di invidia(il detto…chi disprezza compra funziona ancora..) e di tanta tristezza.
    se solo capisse quanto amore il buon Dio gli vuole,vedrebbe tutto con occhi diversi…
    una preghiera anche per lui oggi allora.
    Pace a tutti

  13. Francesca


    Non ho mai commentato un blog di Costanza (ma ne sono una fedele lettrice) ma questa volta devo dire che mi sono sentita chiamata in causa, come credo la maggior parte delle mamme (e dei papa’) che si barcamenano tra lavoro e famiglia come meglio possono. Premesso che le scelte vanno sempre rispettate, mi sento di dover dare un’ulteriore chiarimento, oltre a quello gia’ esaustivo e sempre puntuale di Costanza, a questo lettore, anche senza averne purtroppo letta la e-mail intera. Essere genitore, comporta sacrifici, rinunce e perche’ no, delusioni e frustrazioni. Ma una volta che lo diventi non puoi farne a meno, ti travolge, ti toglie il fiato, ti fa domandare: “che cosa ho fatto di cosi’ bello per meritarmi tutto questo?? Ma allora Dio mi ama!!”. I figli sono luce, ti conquistano con la loro innocenza e tenerezza, ti ammorbidiscono il cuore e non solo nei loro confronti, ti confortano senza neanche saperlo, ti riempiono di una gioia mai provata prima e ti insegnano tanta cose del mondo e di te stesso. Ti aiutano a capire i tuoi limiti e a correggerli. E sono loro di esempio a noi come noi lo siamo a loro. Ci riportano alla nostra fanciullezza e ci fanno vedere le scelte dei nostri genitori sotto un’altra luce. Ci stimolano a crescere, a diventare piu’ colti, a viaggiare e a sapere di piu’, e non ci fanno rinchiudere in un nido puzzolente, fatto di escrementi, biscotti mellin e tanta tristezza. Quel nido e’ il centro del nostro bellissimo mondo, fatto di rumore, compagnia, allegria e la fatica che facciamo per conquistarlo e mantenerlo, vale niente a confronto di quello che riceviamo. Non voglio assolutamente dire che chi non ha figli non puo’ essere felice ma mi sento di dover puntualizzare al lettore in questione che io lo sono, e i miei figli mi stimolano a diventare una persona migliore, anche piu’ bella se vogliamo, non una mamma grassa, spettinata e in ciabatte. Un ultima cosa. La felicita’ , lo so e’ scontato, nasce da dentro di noi. Proviamo tutti ad essere un po’ piu’ riconoscenti per quello che abbiamo, io personalmente ringrazio Dio TUTTI i giorni (anche i meno facili) per quello che ho. Viviamo senza paura, che e’ il vero limite alla nostra felicita’, piu’ dei soldi, delle barriere fisiche o fisiologiche. E la paura include anche quella delle responsabilita’ e di perdere una liberta’ fittizia. Essere genitori non toglie niente alla tua vita ma ti fa apprezzare la tua come mai prima.

  14. alvise

    No, non sono invidiso di Costanza, per lei ho simpatia, ammirazione, vorrei, s^, avere, anche, almeno,un briciolo, anch’io, la sua intelligenza, il suo talento, il suo brio, la sua forza, resistenza, dolcezza,anche, credo,io queste cose per nulla.
    Sono un uomo sgradevole, antipatico, peso, fallito.
    Che non toglie che io, senta, con permesso parlando, l’afflizione di vivere nel chiuso in-sfondabile dei pensieri che sono sempre gli stessi pensieri, parole, frasi, opinioni, con i soliti ammicchi, intese, citazioni, riferimenti,alle stesse parole, frasi, concetti (ammesso che siano)opinioni (chiamiamole)
    o giochi di parole, battute,sottintesi…
    Questo, era, volevo dire, claustrofobia, questo, era,
    foco al culo(che si sta bene col foco al culo?) il paese dei mammalucchi,questo, noi. Il paese dei fenotipi
    carenti, delle mezzeseghe, cosiddette, intelletuali.
    O che uno non deve patire di questo? O che uno non deve cercare, se possibile, di provare a uscire fori, non lo so in che modo. Per me, essendo un fallito sociale-economico, lo sarebbe anche più facile non pensarci a queste cose, e chiuso. Ma invece ci sto male, quando sento, quando leggo, quando provo a scrivere e mi viene da scrivere solo la solita poppò, non solo che c’è in giro, ma molto peggio. Era questo volevo dire, un grido (sic!) di protesta contro il mondo presente, che siamo noi, mammalucchi.
    Ruguardo ai Vangeli, senza farla tanto lunga, e appiccicosa, due sono le cose che mi sono sempre piaciute che ci si trovano:
    una quando Gesù chiama gli apostoli, strada facendo e gli dice di lasciare ogni cosa e di andare, e loro vanno;
    due quando, sempre Gesù, no S.Paolo, dice date a Cesare eccetra, intendendo, credo, con questo, che, una volta pagato il conto a questa società in cui si vive, poi potersi dedicare alle vere cose che contano.
    Quali siano queste cose lo sa ognuno da sé, o sennò padre Turoldo in aiuto.
    Per quanto riguarda, mi sembra, qualcuno ha detto, la mia tristezza, lasciamo perdere….
    Cordialmente
    alvise scopel

  15. elisabetta

    ma il tuo amico, ha mai sentito parlare di downshifting? ovvero, anche senza essere credenti si può scoprire una dimensione di vita diversa, dove l’ambizione viene svelata per quel che è, utile a raggiungere i propri obiettivi, dannosa se diviene stile quotidiano.
    Insomma le domande chiave mi sembrano quelle poste da Cristina e le possibili risposte infinite, come ciascuno di noi.

  16. Eleonora

    Esatto, questa non è un’arringa! Questo, come il libro di Costanza, mi sembra spesso una DICHIARAZIONE d’Amore per la vita da mamma, da moglie, e soprattutto da cattolica.
    il tuo dono Costanza è che scrivendo con qs tua meravigliosa penna, non hai nemmeno bisogno di difendere i tuoi ideali di cristiana cattolica, perchè in ciò che racconti è descrivi si crea una calamita che attira, per la sua bellezza, alla vita del cattolico.
    e come dicono i miei amici di CL il Signore ha messo la bellezza nelle cose per avvicinarci a LUI.
    Grazie perchè finalmente posso leggere post su principi che condivido, ascoltando cose belle e armoniose, e non le solite invettive rabbiose o ingessate. Grazie!

    1. Alessio Pesaro

      Brava Eleonora!!
      Rispetto al post di oggi mi viene da citare uno dei miei personaggi preferiti dal libro “L’Annuncio a Maria” di P.Claudel.
      Pietro di Craon dice: “Santità non è farsi lapidare in terra di Paganìa o baciare in bocca un lebbroso, ma fare la volontà di Dio, con prontezza, si tratti di restare al nostro posto, o di salire più alto.”
      Perchè secondo me ci sono solo 2 alternative: o la felicità ce la possiamo creare da soli o è un dono da ricevere.

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