Humanae Vitae è la soluzione, non il problema

di Luca Del Pozzo

Quando il Figlio dell’Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?” Alla fine, tutto ruota attorno a questa domanda. Ed è a partire da questa domanda che va inquadrato il dibattito ecclesiale attorno all’Humanae Vitae del Beato e futuro santo Paolo VI, di cui il 25 luglio ricorrerà il 50^ anniversario. Così come, pur con tutti di distinguo del caso, è a partire dalla stessa domanda che va inquadrata anche la questione della morale sessuale e familiare che sarà uno degli argomenti centrali del prossimo Sinodo sui giovani. Senza entrare nel merito dell’enciclica di papa Montini (chi vuole può documentarsi a dovere in primis su questo blog grazie al meritorio lavoro che sta portando avanti Costanza Miriano), ciò che qui interessa sottolineare – e il discorso vale tanto per l’apertura alla vita quanto per altre specifiche questioni – è che c’è una questione, per così dire, “a monte” su cui bisognerebbe soffermarsi.

La domanda è duplice: da un lato, il fine dell’azione ecclesiale, ovvero la coscienza di sé e della sua missione nel mondo che ha oggi la Chiesa; dall’altro, e strettamente congiunta con la prima, la domanda circa il modo in cui la Chiesa interpreta la realtà contemporanea e, di conseguenza, i mezzi dell’azione pastorale. Ridotto all’osso, il refrain ricorrente – per altro comune a tanta teologia contemporanea – è questo: le chiacchere stanno a zero, è con la realtà che dobbiamo fare i conti. E la realtà, come disse il card. Kasper nella relazione al Concistoro del febbraio 2014 che diede il “la” a tutto ciò che è venuto dopo, è che “tra la dottrina della chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e le convinzioni vissute da molti cristiani si è creato un abisso. L’insegnamento della Chiesa appare oggi a molti cristiani lontano dalla realtà e dalla vita”. Dunque, bisogna prendere atto che si è creata una spaccatura profonda tra ciò che la Chiesa dice e ciò che molti uomini e donne pensano (e soprattutto fanno) sul matrimonio e sulla famiglia.

Un fenomeno non nuovo, certo, e che anche di recente l’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo non ha mancato di evidenziare in rapporto alla sessualità laddove afferma che: “gli studi sociologici mostrano che molti giovani cattolici non seguono le indicazioni della morale sessuale della Chiesa”. Se questa è la situazione, anziché domandarci il perché e il percome si sia arrivati a questo punto – un esercizio intellettuale magari interessante ma che ha un piccolo limite: in concreto non serve a nulla, dunque è inutile perdere tempo – dobbiamo piuttosto riflettere, interrogarci, scrutare i segni dei tempi per capire come colmare l’abisso, cioè come parlare in modo convincente di Gesù Cristo all’uomo contemporaneo.

Il punto fermo di questo approccio è che i tempi sono cambiati, e la Chiesa deve adeguarsi ai tempi andando incontro agli uomini e alle donne del suo tempo perchè è con questa umanità che dobbiamo sporcarci le mani. E se agli uomini e alle donne di oggi la fede e la morale cattolica, in tutte le loro declinazioni, stanno strette, innanzitutto il problema non è loro ma caso mai della Chiesa (laddove “problema” diventa sinonimo di “colpa”); secondo, e cosa più importante: se le cose stanno così la Chiesa meglio farebbe a rimboccarsi le maniche per trovare il modo di non caricare sulla vita delle persone già provate da mille difficoltà fardelli che non possono portare. Il che, ad esempio per quanto riguarda l’ammissione ai sacramenti, per don Pepe di Paola, uno dei cosiddetti “cura villero”, cioè preti di strada che operano nelle baraccopoli di Buenos Aires, si traduce in una scelta pastorale molto semplice: “Noi  – disse qualche tempo fa al Foglio – rispettiamo la gente. Se le persone cercano di comunicarsi, diamo loro la comunione. Non siamo giudici che decidono chi si deve comunicare e chi no.” E ancora: “Quando ci troviamo davanti alle persone che convivono senza essere sposate in chiesa non alziamo barricate, neppure nel caso dei sacramenti e della comunione. Ci opponiamo a quelli che hanno solo precetti”. Insomma l’approccio pastorale è chiaro: “Avvicinare e non respingere, includere, rendere le coppie partecipi di un progetto, di una comunità, di una casa comune. Queste persone spesso sono fuori dalla chiesa perché fanno scelte diverse dalle nostre, e se tu opponi loro un rifiuto, in partcolar modo dei sacramenti, non otterrai niente, semplicemente resteranno fuori”.

Insomma ciò che conta è seguire l’evoluzione, sapersi adattare alla scena cangiante del mondo, saper intercettare, assecondandole, le dinamiche di cambiamento della società. Ma – questo è il punto – sospendendo ogni giudizio sulla realtà. Anche sulla scia di una visione ecclesiologica secondo cui il cristiano, laico o ecclesiastico che sia, al pari di Cristo che, incarnandosi, è entrato nella realtà concreta degli uomini e con essa ha fatto i conti, è tenuto a sua volta a vivere nel mondo così come è (come se il fatto dell’incarnazione sia più importante della realtà incarnata), l’analisi si riassume nella semplice “presa d’atto”: le cose stanno così e così, inutile stare a cincischiare se i tempi, il mondo e la società siano cambiati in bene o in male. E se per l’uomo contemporaneo – questo il passaggio successivo del ragionamento – l’asticella della dottrina e della morale sessuale è troppo alta, forse converrà riflettere se non sia il caso di abbassarla un po’, l’asticella, adattandola alla sua misura, se vogliamo davvero provare a recuperarlo o quanto meno a non perderlo del tutto.

La domanda sorge spontanea: siamo proprio sicuri che sia questa la strada da percorrere? Non si corre seriamente il rischio che in questo modo ciascuno si sentirà legittimato a vivere come meglio crede, senza alcuna necessità di convertirsi e cambiare vita posto che la conversione è la dinamica essenziale della vita cristiana? Cosa vuole fare insomma la Chiesa del terzo millennio: continuare nella missione che Cristo le ha affidato, che è quella di evangelizzare il mondo perché gli uomini si salvino abbandonando il peccato, o semplicemente di accompagnare l’uomo lungo la sua strada affiancandolo nella sua fatica quotidiana ma senza disturbare troppo e sempre agendo con discrezione, quasi che essere cristiani o no sia tutto sommato indifferente?

Di nuovo, torna la domanda di Gesù da cui siamo partiti: “Quando il Figlio dell’Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?” Una domanda quanto mai pertinente, tanto più oggi, e tanto più rispetto al dibattito sull’Humanae Vitae come su tutto il resto. E allora, per dirla con Pascal, bien penser pur bien agir. Se davvero la Chiesa vuole provare a sintonizzare di nuovo sul Vangelo gli uomini e le donne del nostro tempo, e i giovani in particolare, con la dottrina sulla sessualità, sul matrimonio e sulla famiglia, bisogna innanzitutto andare al cuore del problema. E il cuore del problema – al di là e oltre tutte le possibili manchevolezze e debolezze della Chiesa e dei suoi membri, che pure ci sono ma che costituiscono solo un aspetto (e pure marginale) della questione – è proprio la fede, come ha ribadito Benedetto XVI nel libro-intervista “Ultime conversazioni”. O meglio, il fatto che nella società occidentale ormai da oltre mezzo secolo è in atto una profonda crisi di fede, che S.Giovanni Paolo II stigmatizzò con due parole precise: “apostasia silenziosa”. Ora la cosa interessante è che, in effetti, tutti (o quasi) sembrano essere d’accordo sul fatto che sia proprio questo il problema numero uno. Ma se sulla messa a fuoco della “malattia” c’è (abbastanza) consenso, è sulla “cura” da intraprendere che invece sembra non esserci molta chiarezza. Perchè, di nuovo, se da un lato la parola d’ordine che risuona in ogni consesso convegno dibattito o tavola rotonda è ri-evangelizzare, è altrettanto evidente che sembra mancare una comune visione circa il il modo di intendere la parola “evangelizzazione”, con conseguenze piuttosto gravi quando dal piano teorico si passa a quello pratico.

Per rispondere alle sfide attuali non c’è altra via che provare a riaccendere la fiamma della fede nel cuore degli uomini. La Chiesa ha già dove attingere, senza bisogno di inventarsi nulla ed anzi rifuggendo la tentazione, sempre alle porte, di cercare improbabili mediazioni o soluzioni pastorali che rischiano di confondere ciò che è il bene per le persone con quello che gli individui pensano essere il bene per se stessi o, ancora peggio, con ciò che l’opinione pubblica chiede (come è accaduto, ad esempio, per la comunione ai divorziati risposati la cui situazione, pur rappresentando numericamente un’esigua minoranza dei cattolici praticanti – l’1% appena disse il card. Brandmüller in un’intervista a Repubblica – è stata surrettiziamente enfatizzata dal partito di quanti, dentro e fuori la Chiesa, premevano perché ci fosse un’apertura essendo questo, e solo questo, l’obiettivo).

In ogni generazione contro la tentazione di Aronne di mettersi dalla parte del popolo, c’è bisogno di un Mosè che scelga di stare dalla parte di Dio, guidando il popolo non dove il popolo vuole andare né tanto meno dove vuole lui ma dove Dio vuole. Nella consapevolezza che tanto grave è la malattia, tanto più forte e incisiva dev’essere la cura. La crisi di fede di cui oggi vediamo le conseguenze non è frutto del caso ma affonda le sue radici in un ben preciso processo culturale, che partendo da Cartesio e culmimando in Nietzsche ha progressivamente prodotto quella che il più grande filosofo cattolico italiano del ‘900, Augusto Del Noce, definì la “società opulenta” – caratterizzata da secolarizzazione, libertinismo di massa e relativismo integrale – e che più tardi un altro grande interprete dei nostri tempi come il card. Biffi avrebbe ribattezzato “sazia e disperata”. Parliamo di un processo che nella seconda metà del XX secolo, soprattutto dal ’68 in poi, ha condotto all’affermarsi, complice anche il crollo delle ideologie politiche, di un’antropologia compiutamente nichilista e tecnocratica, come conseguenza del fallimento della cultura – ma anche della politica, in primis della ex Dc – che aveva tentato di opporsi al marxismo conservandone l’aspetto materialistico, ed anzi opponendo ad esso un materialismo compiuto.

Tratto saliente di questo uomo post moderno, tollerante, amante dell’umanità, disincantato e indifferente al fatto religioso – magistralmente affrescato in epoca non sospetta nelle opere di R. H. Benson e V. Solovev – è la sua visione radicalmente ego-centrica della vita. “All’ascesa a Dio – scriveva Del Noce già nel 1967 – si sostituisce l’idea della conquista del mondo, ovvero l’affermazione del diritto che il singolo soggetto ha sul mondo. Diritto che non ha limiti, perché, chiamato al mondo senza il suo volere, egli sente di aver diritto, quasi a compenso di questa chiamata, a una soddisfazione infinita nel mondo stesso”. Anche per questo, dopo il divorzio e l’aborto il progressismo in salsa ecclesiale ammaliato dalle sirene del laicismo oggi come ieri reclama a gran voce la contraccezione, il sacerdozio delle donne, il matrimonio per i preti, la comunione ai divorziati risposati, i rapporti sessuali prima del matrimonio (ovviamente protetti), e via discettando delle magnifiche sorti e progressive di una Chiesa che finalmente potrà dirsi moderna.

Tra l’altro, proprio sul tema della contraccezione certi teologi (e non solo) à la page che ultimamente hanno proposto letture a dir poco stravaganti dell’Humanae Vitae farebbero bene a rileggersi quanto ebbe a dire S. Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae sul rapporto tra contraccezione e aborto:

Si afferma frequentemente che la contraccezione, resa sicura e accessibile a tutti, è il rimedio più efficace contro l’aborto. Si accusa poi la Chiesa cattolica di favorire di fatto l’aborto perché continua ostinatamente a insegnare l’illiceità morale della contraccezione. L’obiezione, a ben guardare, si rivela speciosa. Può essere, infatti, che molti ricorrano ai contraccettivi anche nell’intento di evitare successivamente la tentazione dell’aborto. Ma i disvalori insiti nella «mentalità contraccettiva» — ben diversa dall’esercizio responsabile della paternità e maternità, attuato nel rispetto della piena verità dell’atto coniugale — sono tali da rendere più forte proprio questa tentazione, di fronte all’eventuale concepimento di una vita non desiderata. Di fatto la cultura abortista è particolarmente sviluppata proprio in ambienti che rifiutano l’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione. Certo, contraccezione ed aborto, dal punto di vista morale, sono mali specificamente diversi: l’una contraddice all’integra verità dell’atto sessuale come espressione propria dell’amore coniugale, l’altro distrugge la vita di un essere umano; la prima si oppone alla virtù della castità matrimoniale, il secondo si oppone alla virtù della giustizia e viola direttamente il precetto divino «non uccidere». Ma pur con questa diversa natura e peso morale, essi sono molto spesso in intima relazione, come frutti di una medesima pianta. È vero che non mancano casi in cui alla contraccezione e allo stesso aborto si giunge sotto la spinta di molteplici difficoltà esistenziali, che tuttavia non possono mai esonerare dallo sforzo di osservare pienamente la Legge di Dio. Ma in moltissimi altri casi tali pratiche affondano le radici in una mentalità edonistica e deresponsabilizzante nei confronti della sessualità e suppongono un concetto egoistico di libertà che vede nella procreazione un ostacolo al dispiegarsi della propria personalità. La vita che potrebbe scaturire dall’incontro sessuale diventa così il nemico da evitare assolutamente e l’aborto l’unica possibile risposta risolutiva di fronte ad una contraccezione fallita. Purtroppo la stretta connessione che, a livello di mentalità, intercorre tra la pratica della contraccezione e quella dell’aborto emerge sempre di più e lo dimostra in modo allarmante anche la messa a punto di preparati chimici, di dispositivi intrauterini e di vaccini che, distribuiti con la stessa facilità dei contraccettivi, agiscono in realtà come abortivi nei primissimi stadi di sviluppo della vita del nuovo essere umano”.

Il tratto comune del progressismo teologico, speculare a quello di stampo laicista, è una continua, incessante richiesta di allargamento della sfera dei diritti – che fa tutt’uno con una visione “democratica” della Chiesa a sua volta irricevibile – che spesso e volentieri altro non sono se non la legittimazione dei propri desideri. Chiaro che in tale situazione non servono pannicelli caldi. E’ dalla fede che bisogna ripartire. Lo aveva messo a fuoco con lungimiranza profetica lo stesso San Giovanni Paolo II quando nel 1985 lanciò la “nuova evangelizzazione”, per la quale si spese in prima persona fino all’ultimo giorno della sua vita, di cui oggi più che mai se ne sente il bisogno innanzitutto in seno alla Chiesa stessa. Ciò che serve è tornare ad annunciare il Vangelo; con un linguaggio nuovo, più esistenziale, meno astratto e moralistico, ma lo stesso Vangelo di sempre, ovvero quelle poche parole racchiuse in quei quattro libriccini scritti da Marco, Matteo, Luca e Giovanni. E in tale ottica forse non è un caso se proprio negli anni del Concilio Vaticano II, quando la “società opulenta” era agli inizi, sorsero e si svilupparono tanti carismi (basti pensare a CL, i Focolarini, il Cammino Neocatecumenale, il Rinnovamento nello Spirito, ecc.), grazie ai quali molti uomini e donne hanno potuto riscoprire la fede che avevano perduto, e dove altrettanti hanno incontrato Cristo per la prima volta.

Quanti matrimoni ricostruiti, quante coppie salvate sull’orlo del divorzio o della separazione, quante famiglie aperte di nuovo alla vita avendo accolto senza riserve proprio l’Humanae vitae, con ciò mostrando che si può vivere quanto la Chiesa annuncia! Per rispondere alle sfide attuali, sui giovani e non solo, non c’è bisogno né di un Trento II né di un Vaticano III. Né tanto meno di avventurarsi in improbabili quanto stravaganti riletture “situazioniste” dell’Humane Vitae, che invece oltre ad aver conservato intatta in questi cinque decenni tutta la sua carica profetica, oggi più di ieri continua ad essere, caso mai, la soluzione, non il problema. La Chiesa ha già dove attingere, senza inventarsi nulla. E’ vero, i tempi sono cambiati, e la Chiesa deve stare al passo con i tempi. A patto però che questo non significhi adeguarsi allo spirito del tempo, né tanto meno alle mode o alle tendenze del momento.

 

 

37 pensieri su “Humanae Vitae è la soluzione, non il problema

  1. Mario

    Caro Luca, condivido la dottrina dell’Humanae vitae, quindi non ti contesto su questo. I ragionamenti teologici dimostrativi spesso cadono nel sofisma e ci sono montagne di libri di teologia. Che Paolo VI diventi Santo è una buona cosa ma non concatenerei gli eventi. San Pio V ha fatto ammazzare un numero di valdesi e di protestanti che poco ci manca dall’aver emulato Hitler, non ti scrivo cosa ha fatto contro gli ebrei. Questo tanto per citare un santo. Poi la Fede è un dono come scrive anche il catechismo di Giovanni Paolo Secondo e non possiamo pretendere di salvarci con le opere ma è Gesù che ci salva vedi lettera ai romani. Questo pur essendo le opere necessarie e ce le detta lo Spirito dentro il cuore ma sono opere che ha elencato Gesù alla fine dei tempi, sono tutte opere di misericordia. Per esempio, nel tuo caso, mi darei da fare per istituire corsi didattici dei metodi naturali di contraccezione; come insegnava sempre San Jose Maria Escriva de Balaguer: “coepit facere et docere” (At 1-1).

    1. Thelonious

      @Mario: i “metodi naturali” non sono contraccettivi. E’ proprio un ossimoro.

      1. Oltre a ciò, ci sarebbe da commentare sulla frase che paragona San Pio V a Hitler… ma è off topic. Tuttavia indica una notevole superficialità dell’interlocutore nell’affrontare argomenti seri.

    2. Luigi

      Eccoti il solito vetusto j’accuse contro chi è venuto prima di noi (in questo caso San Pio V). Addirittura equiparato ad Hitler. Caspita, questa mi mancava. Questo è ormai il vizio di certi “cattolici adulti” che ha portato anche alla situazione descritta dall’articolo. Sentirsi cioè in difetto come cristiani col mondo e quindi “calare le brache” di fronte al mondo per compiacerlo.

    3. Beatrice

      @Mario

      Su Papa Pio V non so nulla, però se la Chiesa l’ha proclamato Santo qualcosa di buono dovrà pur averlo fatto nella sua vita, anche perché usando il tuo ragionamento si potrebbe arrivare a dire che Santa Giovanna D’Arco ha guidato un tale massacro di soldati inglesi “che poco ci manca dall’aver emulato Hitler”. La dottrina cattolica consente esplicitamente l’uso della forza in stato di reale necessità quando è in pericolo la propria vita o quella degli altri. Non so se San Pio V ha davvero fatto quello che hai detto, bisogna vedere anche il contesto in cui ha preso certe decisioni, o magari è stato davvero un Papa terribile per gran parte della sua vita ma poi si è convertito ed è diventato Santo (anche San Paolo all’inizio massacrava i cristiani): ripeto, non conosco la storia di San Pio V, ma mi fido della Chiesa quando propone alcune figure quali esempi di vita cristiana (tra l’altro vorrei che qualcuno mi togliesse questo dubbio: la Chiesa è infallibile nel proclamare i Santi o è successo nella storia che una persona proclamata Santa in seguito sia stata tolta dalla schiera di quanti sicuramente godono della beatitudine eterna?).

      Fatta questa premessa, vorrei ricordarti che tra le opere di misericordia vanno annoverate non soltanto quelle corporali, ma anche quelle spirituali, tra cui figurano “consigliare i dubbiosi”, “insegnare agli ignoranti” e “ammonire i peccatori”. A occhio direi che Luca Del Pozzo con questo articolo ha fatto proprio una di queste cose ed è già tanto in tempi come i nostri dove pure dalle labbra di cattolici, consacrati e non, si sentono tali e tante menzogne da far impallidire il menzognero per eccellenza. San Jose Maria Escriva de Balaguer ha detto anche: “Non cedere mai nella dottrina della Chiesa. Nel fare una lega, quello che ci perde è sempre il metallo migliore”.

      1. Kosmo

        la Chiesa è infallibile nel proclamare i Santi o è successo nella storia che una persona proclamata Santa in seguito sia stata tolta dalla schiera di quanti sicuramente godono della beatitudine eterna?

        Per quanto ne so io, in alcuni casi è successo, con la riforma del Calendario, che alcuni santi siano stati esclusi perchè non si aveva la certezza della loro esistenza storica (secondo me sbagliando) o per fare un favore “ecumenico”. Un esempio Santa Filomena e Santo Simonino di Trento.

        1. @Kosmo
          A quello che hai scritto va aggiunto che il primo caso (più di uno) si riferisce ai periodi antichi – ci fu una riforma del processo di canonizzazione intorno al XII-XIII secolo (vado a memoria, secolo più secolo meno) che oltre a “ripulire” certi nomi (non solo e forse non tanto problematici per ricostruzione storica, ma per “favoritismi” verso certe casate nobiliari) riformò la procedura. In teoria, dopo quella riforma, la questione dovrebbe essere infallibile. San Pio V ricade in questa finestra temporale. La questione di San Simonino è difficilmente spiegabile, se non per diplomaticismo. Ma c’è da porsi un nuovo problema: GPII ha di nuovo riformato la procedura, nei fatti indebolendola (non mi risulta ci sia più l’avvocato del diavolo). E dunque, ora uno può porsi di nuovo il problema dell’infallibilità? Secondariamente: l’infallibilità è solo nella veridicità dell’affermazione che quell’anima è santa o nell’opportunità che sia presa a modello dai fedeli? Sono due cose collegate, ma in parte indipendenti (uno può essere santo, senza però essere modello di tutte le virtù). Roba complicata, che vorrei che un esperto spiegasse. Anni fa Don Ariel ci scrisse su un pezzo, ma l’ho perso e non mi ricordo in che sito lo pubblicò.

          1. Kosmo

            La questione di San Simonino è difficilmente spiegabile, se non per diplomaticismo.

            E’ proprio a questo proposito che ho parlato di favore “ecumenico”.

            Però (ovviamente è solo un parere personale) trovo inspiegabile che si siano “aboliti” dei santi perchè è cambiato nel corso dei secoli il metodo di accertamento dei fatti
            Allora dovremmo avere dubbi sull’effettiva elezione di alcuni papi perchè nel frattempo le modalità di elezione (e relative ingerenze e pressioni da parte imperiale, per esempio) sono cambiate?
            Altro esempio trovo ASSURDO che sia stato cancellato San Simonino semplicemente per “fare un favore agli Ebrei” (passatemi la semplificazione).

  2. Se questa è la situazione, anziché domandarci il perché e il percome si sia arrivati a questo punto – un esercizio intellettuale magari interessante ma che ha un piccolo limite: in concreto non serve a nulla, dunque è inutile perdere tempo

    Questo non è vero. In qualsiasi disciplina umana che affronti problemi pratici è fondamentale l’analisi sul perché il problema si è presentato. Mi si rompe la pompa dell’olio nell’auto? Chiaro che l’azione immediata è farla sostituire, ma poi mi devo chiedere: è stato un problema casuale? Semplicemente l’usura del tempo? Ho trascurato la manutenzione? All’ultimo cambio d’olio hanno usato una qualità sbagliata di lubrificante? Se non mi pongo queste domande potrei non rendermi conto che la causa che ha portato al problema non è stata rimossa, dunque il problema si ripresenterà (potrebbe rompersi di nuovo la pompa, ma anche qualsiasi altra parte del motore) e la riparazione sarebbe poco più del “pannicello caldo”. D’altronde l’articolo, successivamente, menziona p.es. le analisi sociologiche di Del Noce sulla società opulenta, eccetera… E queste non son analisi sul perché siamo arrivati a questo punto?

    Dunque, le domande sul perché siamo arrivati a questo punto vanno fatte eccome, servono eccome, non sono affatto una perdita di tempo. È applicare soluzioni puntuali che è una perdita di tempo, se ci si limita solo a quelle. E dunque si analizzino non solo le evoluzioni nella società degli ultimi decenni, ma anche quelle avvenute in seno alla Chiesa. Perché non possiamo far finta di niente ed analizzare la crisi a compartimenti stagni: la HV non è che uno dei punti critici, ma è in gioco tutto, veramente tutto. Se affiorano in continuazione prelati corrotti, preti che non pronunciano il “credo”, preti che promuovono l’omosessualità, vescovi che si rifiutano di assistere i genitori di un bimbo condannato a morte dall’ospedale; e qui mi fermo ma sapete che potrei scrivere per pagine… Allora di fronte ad una serie lunghissima di guasti a varie parti del motore non si può far finta di niente e pretendere che non siano correlati: è il caso invece di chiedersi se non va bene l’olio che viene usato da un po’ di tempo in qua…

    1. Luca Del Pozzo

      Fabrizio, il passaggio che hai commentato all’inizio non esprime ciò che penso io (credo che il resto del pezzo lo dimostri ampiamente) ma ciò che pensano in molti e che ho sintetizzato poco prima con l’espressione “refrain ricorrente – per altro comune a tanta teologia contemporanea”. Credevo fosse chiaro, ma se non è così approfitto per chiarirlo.

      1. @Luca
        Ammetto di non aver avuto chiaro se quello che scrivevi era quello che pensavi o quello che riportavi del pensiero di altri. Ma, nel dubbio, ho tenuto anch’io un tono neutro nei confronti delle tue intenzioni (forse non è così evidente, anche perché ho modificato la mia prima stesura, e forse non è stata modificata coerentemente in ogni sua parte).

        1. Francesco Paolo Vatti

          Confesso che anche io avevo avuto inizialmente lo stesso dubbio. Ma il seguito chiariva bene, anche se non esplicitamente, il pensiero reale.

  3. Il mondo per una mancanza di un buono e sano rodaggio, che parte dal Vangelo, e non solo, serve una forte manutenzione riguarda l’olio, buono che non fa ruggine ….

    Il mondo si deve fermare per comprendere il guasto….che vediamo ogni giorno.
    Partendo dalla grazia del Vangelo che è sempre quello, e non cambia e non cambierà…

    Ci vuole un forte risveglio, e buona volontà, e riparare il guasto provocato di non senso.

    Grazie.

  4. Barbara

    Scusate la brutalità ma io sono molto diretta su questo tipo di problematiche. Il punto secondo me sta nel credere che Dio esiste ed e’ Padre. Per troppo tempo si e’ passato il ritratto di un Dio tremendo, giudice e giustiziere al punto che molti l’hanno allontanato dalla propria vita preferendo godere tutto ora piuttosto che, FORSE, dopo. Il problema è, a mio parere, che per “recuperare” la figura di un Dio “Padre Buono” si è finito con spacciare per Misericordia qualsiasi cosa, scordando che se e’ vero che anche noi dobbiamo essere misericordiosi, non ci dobbiamo sostituire a Dio ( che è davvero Misericordioso). Il Giudizio Finale ci sarà comunque, non e’ stato cancellato per buonismo degli ultimi anni… O sbaglio? Dunque mi sembra che ci sia un po’ di confusione anche fra qualcuno che nella Chiesa dovrebbe guidare a capire meglio il succo del Vangelo… e il senso del Vangelo non può essere cambiato solo per piacere (o illudersi di piacere) a più persone! La Verità è e rimane una sola, come la Vita data ad ognuno.

    Certo, dovrebbe essere di monito a tutti la domanda ” Quando il Signore tornerà, troverà la Fede sulla terra?” Perché si potrebbe tradurre in : Quanto e cosa ho fatto io personalmente perché la Fede portata da Gesù e illuminata dallo Spirito Santo rimanga sulla terra? Quanto ho pregato e letto il Vangelo riflettendo prima di urlare alla necessità di “stare al passo coi tempi”?

    Ci vergognamo forse del Vangelo e della difficoltà a far tornare tutto in un bel quadretto dove Dio risolve tutto e spiana la strada a chi “crede” in Lui?
    Certo Dio e’ buono ed e’ Padre e capisce le nostre debolezze, ma dobbiamo riconoscerlo anche come nostro creatore a cui dobbiamo Amore, riconoscenza e, scusate se li dico, anche obbedienza!
    Se no Dio e’ solo un distributore di caramelle che chiamiamo in gioco a ns piacimento.

    Ci si scorda forse che Fede si abbina anche a difficoltà, prove e lotta? O ci vogliamo scordare l’esempio dei santi? (troviamone, se siamo capaci, uno a cui Dio ha dato solo gioie su questa terra!!!)

    La mia nonna mi diceva sempre di ricordarmi che “i tempi cambiano ma il Vangelo e il messaggio di Gesù rimane sempre =” come dire che se Lui ci ha salvato tutti, uomini di tutti i tempi, e’ solo una ns piccola presunzione quella di pensare di capire ORA di più di chi è venuto prima di noi e “permetterci di correggere”…il Signore!!!

    Poveri illusi siamo se pensiamo che il ns tempo sia il più “moderno”… (l’hanno pensato in tanti già nei secoli prima del nostro!!!)

    Spiace, ma alla fine solo la preghiera può fare qualcosa.
    Se Dio ci ha promesso di non abbandonarci non lo farà. A costo di andare a tentoni nel buio ascoltando solo la Sua voce.

      1. Spiace, ma alla fine solo la preghiera può fare qualcosa.
        Se Dio ci ha promesso di non abbandonarci non lo farà. A costo di andare a tentoni nel buio ascoltando solo la Sua voce.

        Si la preghiera con fiducia è la nostra arma.

        Ciao Barbara e grazie.

  5. Francesco Paolo Vatti

    Moltissimi gli spunti interessanti in questo articolo.
    Ad abbassare l’asticella, si rischia di non avere davvero più nulla da dire, visto che si tratterebbe di roba già detta da molti. Ricordo un vescovo di Siena (o forse era Massa Marittima) che diceva che i cattolici dovrebbero preoccuparsi di annunciare il Vangelo e la Resurrezione, altrimenti finiscono per diventare una Onlus e, siccome il mondo è più capace, una Onlus scarsa….
    Mi stupisce sempre che fra chi ha scelto di dedicare la propria vita a Cristo in maniera particolare (preti, vescovi e simili) ce ne siano alcuni che, di fatto, parlano di un Cristo che non c’è nei Vangeli…

  6. Luigi

    Se tu che sei il responsabile vedi che la gente comincia a gettare immondizia e a furia di non dir nulla si formano montagne di rifiuti, forse il problema è appunto che chi doveva e deve parlare, sta invece zitto per infinite ragioni. Mi riferisco al fatto che ormai chi ha il coraggio di dire a chi si professa cristiano che convivere è sbagliato e che i rapporti prematrimoniali sono sbagliati? Per non dire tutto il resto divorzio, aborto, contraccettivi, pornografia etc? Nelle parrocchie si parla spesso di tutto, ma non di questo. L’asticella è da tanto che si è paurosamente abbassata.

    1. teresa grandi

      Bravo Luigi, proprio così.
      Nelle nostre parrocchie prima del CVII, funzionava l’oratorio dove trovavamo sempre un consiglio per i nostri dubbi e ci veniva semplicemente spiegato il catechismo della chiesa cattolica che ci era di riferimento per distinguere il bene dal male. Il sacerdote era una padre severo e allo stesso tempo amorevole e noi avevamo completa fiducia in lui perché ci sentivamo amati e, se necessario, redarguiti per il nostro bene.
      Adesso non si capisce più niente, la confusione e la poca chiarezza regna sovrana proprio da quella Chiesa MATER ET MAGISTRA che, appunto, è divenuta troppo spesso matrigna e molto poco maestra, mentre CEI e company, compresi molti loro media, ci dimostrano di stare sempre più dalla parte del mondo e sempre meno nel mondo.
      Grazie.

    2. lumpy

      L’ho già scritto a commento di altri post, scusate se mi ripeto. Collaboro all’organizzazione dei corsi prematrimoniali e lo scorso anno abbiamo avuto il record: tutte le coppie partecipanti erano conviventi, metà con figli. Quest’anno abbiamo nuovamente il 99% di conviventi (con ben 3 coppie che convivono da più di 7 anni): l’unica eccezione è costituita da due fidanzati che per motivi lavorativi dichiarano di “convivere solo nel weekend”. Non parliamo poi di rapporti prematrimoniali: l’unica coppia che ricordo dichiaratamente vergine risale ad almeno cinque anni fa. Al contrario si sprecano i matrimoni + Battesimo, tanto per fare un’unica grande festa. Il sacerdote responsabile è per l’accoglienza e la misericordia, dice che bisogna già rallegrarsi che abbiano deciso per il matrimonio religioso, visto il crollo che nella mia città è anche stato causato dal fatto che il comune permette di sposarsi in alcune “location magnifiche”: teatri, palazzi storici, monumenti etc, cosa che ha aumentato la corsa al matrimonio civile.

  7. Carla casabassa

    Scusate, ma si direbbe che l’unica cosa che non va nel mondo sia praticare la contraccezione. Non ci sono altri argomenti, e importanti, di cui parlare?

    1. admin @CostanzaMBlog

      Se permette qui decidiamo noi cosa è importante, e questa argomento è fondamentale per capire il progetto di Dio sull’uomo e sulla donna.
      Saluti

    2. Luigi

      Basta che vai a vedere altri siti dove parlano solo di immigrati, periferie, ecologia e cose del genere pur di non parlare di Humanae Vitae e del rapporto giusto che l’uomo deve avere nella sua vita con Dio dalla nascita alla morte.

    3. Beatrice

      @Carla

      Esistono tante cose che non vanno nel mondo, ma di queste parlano ampiamente tutti quanti i media mainstream. Del problema della contraccezione parla invece solo il mondo cattolico, tra l’altro neanche nella sua totalità, ma solo alcuni irriducibili che non riescono ad accettare l’idea di svendere il Vangelo ai desiderata del mondo. Quindi, sì, direi che è urgente parlare di questo problema più e più volte, soprattutto in questa particolare parentesi ecclesiale di “cambio di paradigma”. Che la contraccezione sia un problema lo rivela poi il tasso di natalità dell’Italia tra i più bassi al mondo.

  8. Luigi

    Grazie per l’articolo, mi ha colpito la seguente citazione: «Perché dal piccolo al grande
    tutti commettono frode;
    dal profeta al sacerdote
    tutti praticano la menzogna.
    Essi curano la ferita del mio popolo,
    ma solo alla leggera, dicendo:
    “Bene, bene!” ma bene non va.
    Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli,
    ma non si vergognano affatto,
    non sanno neppure arrossire» (Ger 6, 13-15). Sembra scritto per noi oggi. Molti sedicenti cattolici sono come quei profeti e sacerdoti.

  9. Francesco Paolo Vatti

    Un pensiero che mi ha colpito durante la fine settimana: quando in un convento vennero fatte delle grosse migliorie, mio nonno disse a mia madre: “Speriamo bene: quando arriva il comodo, il Diavolo ha la strada più libera!”. A distanza di quasi sessant’anni da quando questa frase fu pronunciata, penso sia ancora completamente valida: il Diavolo usa le comodità per circuirci e per perderci. Credo valga anche per la sessualità, resa più facile dall’uso di mezzi tecnici che la sviliscono. Peccato che anche parlare di Diavolo sia poco di moda (ma forse in passato se ne era parlato troppo e a sproposito…).

  10. vale

    Questo non significa che HV sia irreformabile in toto, ma è certo che l’insegnamento sulla contraccezione non può essere rovesciato. Anzi, HV è già stata in qualche modo riformata, secondo l’unica accezione che un cattolico può dare a questo termine.
    E fu lo stesso Giovanni Paolo II a farlo. Il compianto Cardinal Caffarra riferisce che, parlando con lui proprio di HV, più volte il papa polacco gli confidò che “la grande Enciclica di Paolo VI arrivò in un momento in cui la Chiesa non possedeva una robusta, adeguata antropologia […] E il Santo Pontefice aggiungeva che bisognava riscoprire e ripensare la verità antropologica implicata in quell’insegnamento della Chiesa, oggettivata nell’Enciclica”. E così fece. Risultato?

    L’insegnamento di HV sulla contraccezione vincola definitivamente, non perché sia frutto della morale della casistica, ma perché così era dal Principio.

    E’ esattamente la linea della risposta di Gesù ai farisei casuisti, che dicevano sì al divorzio “in certi casi”. Ma Gesù oppone loro che non era così dal Principio. Chissà che non serva a qualcuno per capire.

    http://www.lanuovabq.it/it/humanae-vitae-la-prova-che-paolo-vi-non-aveva-dubbi

    1. Francesco Paolo Vatti

      Interessantissima citazione. mi addolora vedere ancora una volta Avvenire (cui ero abbonato e di cui ero fedele lettore) lanciarsi verso la politica dell’asticella bassa e del si può fare di tutto (a parte per quello che riguarda i migranti…). Speriamo tornino tempi migliori….

      1. Per quanto riguarda Avvenire ormai è da molto tempo che il termine “asticella bassa” è insufficiente: quelli hanno incominciato a scavare, come forsennati.

      2. teresa grandi

        Sono d’accordo Francesco Paolo,
        fino ad alcuni anni or sono Avvenire entrava in casa nostra, atteso e letto da tutti, mio padre ne è stato uno dei lettori e divulgatori più appassionati per tantissimi anni.
        Adesso continua ad essere distribuito nelle parrocchie anche se non è più un giornale cattolico, perché quei principi e valori fondanti la nostra Chiesa non vi sono più rappresentati.
        Per noi cattolici è doloroso dover assistere, impotenti – e qui ci innalzano muri alla faccia dei loro ponti tanto pontificati – a uno scempio dell’informazione perpetrato costantemente soprattutto sulle menti semplici, disinformate e facilmente plasmabili, ad uso e consumo di CEI e della loro nuova chiesa.
        Andremo sempre avanti così?
        Grazie

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