Natura e luoghi comuni

di Gianni Fochi*

Chiedete alla casalinga di Voghera che ascolta la TV mentre prepara il pranzo, al maestro elementare di Capalbio che guida i suoi scolaretti nei lavori di gruppo, all’impiegata dell’anagrafe di Bitonto che fa crocchio coi colleghi per organizzare una protesta contro il menu delle mense scolastiche dei figlioli. Chiedete se sono contenti dei conservanti alimentari e se sono favorevoli all’agricoltura sostenuta dai fertilizzanti industriali. No — risponderanno in coro — la chimica è nociva e non la vogliamo.

Il breve elenco di persone scelte a caso andrebbe allungato parecchio: intellettuali che non sanno nulla di pratico, ma sdottoreggiano su tutto e sono venerati dall’intellighenzia; attori di Hollywood, che passano per anime belle perché s’atteggiano ad ambientalisti; politici un po’ di tutti i colori, che cavalcano le mode a scopo elettorale.

Tutti pronti a proclamare: torniamo alla natura! Vi ricordate Al Gore con la sua Verità scomoda, film contro l’uso attuale dell’energia, che ebbe un Oscar nel 2007? In tanti l’idolatrano… e forse ignorano che, nella sua abitazione, egli a quel tempo consumava in un mese venti volte l’energia elettrica consumata in un anno dalla famiglia media degli Stati Uniti. Per la sua propaganda in favore dell’ambiente, Gore vinse anche il Nobel per la pace. Dal canto suo, il consorte della regina Elisabetta, esponente di primo piano del WWF, dichiarò una trentina d’anni fa che, se fosse rinato, gli sarebbe piaciuto farlo in forma di virus letale, per ridurre il numero d’esseri umani: gli ambientalisti spinti giudicano infatti l’uomo il cancro del pianeta.

Tra chi cerca l’applauso (e l’ambiente è uno dei terreni dove è più facile raccoglierlo) o semplicemente è infatuato del pensiero unico, troviamo — ahimè! — non pochi esponenti della chiesa. I teologi della liberazione si sono riciclati in salsa verde dopo il dissolvimento dell’ideologia marxista (riesumati del resto dall’alto anche per quella tendenza parapolitica, in una grande ventata di terzomondismo). E il ventaglio s’allarga quasi ecumenicamente. C’è il cardinale che ripete le prediche di lobby lontanissime dalla visione cristiana. C’è il frate che presenta san Francesco in veste hippy, dimenticando che il Poverello amava la natura, ma amava moltissimo l’uomo (per non parlare di Dio). Due anni fa il bellissimo Cantico delle Creature ha anche fornito il titolo a un’enciclica papale, costruita con l’aiuto di consiglieri non tutti a prova di critica scientifica.

In un mondo tecnicamente progredito può venir fatto d’osservare certi effetti collaterali negativi. Il progresso ne ha: indubbiamente. Ma guai a fissarsi su un piatto solo della bilancia: bisogna guardarli tutti e due, e pochi ambientalisti lo fanno. Passando ai piatti da mettere in tavola, c’è un proverbio: piatto vuoto, un problema; piatto pieno, tanti problemi. Chi ha fame difficilmente vede tutto il resto; comincia invece a scorgerlo, o perfino a sopravvalutarlo, chi quella necessità fondamentale ha ormai soddisfatto.

Un’agricoltura senza chimica? Se non fosse per i concimi chimici, gran parte dell’umanità non troverebbe da mangiare. Sì, i prodotti dell’orticello, del pollaio, del piccolo allevamento possono esser più saporiti di quelli del supermercato; ma a quanti possono bastare? Di più: a quanti possono arrivare? Occorrono produzioni di massa. E conservanti. Ma i conservanti fanno male! diranno la casalinga di Voghera, il maestro di Capalbio, l’impiegata di Bitonto, ecc. ecc. Beh! Nessuno dice che facciano bene, e giustamente la legge ne limita la dose. Guardiamo però anche l’altro piatto della bilancia. I conservanti non ci evitano solo di dover buttare via una quantità immensa di cibi avariati: ci risparmiano veri e propri danni alla salute. Un po’ di muffa, che magari non si vede, credete che sia sana? Ci sono muffe gravemente nocive. O il botulino? Questo batterio, con la sua tossina venduta col nome di Botox, è diventato discutibilmente molto popolare nei trattamenti estetici. Ma nei salumi “del contadino”, che a differenza di quelli industriali non sono protetti adeguatamente con l’aggiunta di nitriti, e nelle conserve “della nonna” il botulino può essere in agguato; e in effetti ogni anno un po’ di gente all’ospedale (o non di rado al cimitero) la manda. Ironia della sorte, le muffe e il botulino non le produce la chimica: sono perfettamente naturali, come tanti altri responsabili d’intossicazioni.

Anzi, alcuni pesticidi naturali li usano le piante per difendersi dagli animaletti che le mangiano, ma sono molto pericolosi anche per l’uomo. Si rendono disponibili solo in risposta all’aggressione dei parassiti. Se la pianta è protetta dal pesticida sintetico, che elimina o allontana il parassita, non ha bisogno di ricorrere alle armi sue naturali. E il pesticida sintetico, a differenza di quello naturale, ha superato anni di prove, risultando privo d’effetti nocivi per l’uomo, sempre che venga usato nel rispetto delle indicazioni.

Ora una considerazione finale. Tu, lettore che odi la chimica, sappi che sei chimica anche tu, dall’acqua (“acca-due-o”) che contieni, alle proteine, agli acidi nucleici che inglobano l’informazione genetica sfruttata continuamente dal tuo organismo e trasmessa ai tuoi figli. Nei tuoi occhi, mentre stai leggendo, avviene una reazione chimica, da cui scaturiscono i segnali che rappresentano al cervello i caratteri della scrittura.

Già, il cervello! Ora che i pensieri espressi in quest’articolo suscitano pensieri tuoi — e tutte le volte che pensi, che ami o odi, che sogni — nel tuo cervello hanno luogo reazioni chimiche. Siamo chimica. Oh! intendiamoci bene: non soltanto chimica. In noi c’è ben altro, che esula dagli ambiti della scienza, e non svanirà quando saremo morti e le nostre molecole prenderanno un’altra strada, quella della degradazione materiale. Però non scordare che il Creatore, mettendoci su questa terra, ha voluto costruirci materialmente proprio sulla chimica. Forse la cosa ti sconcerta, ma non te la vorrai mica prendere con Lui?

 

fochi.altervista.org

L’autore ha approfondito questi argomenti nei suoi libri “La chimica fa bene” (Giunti), “Il segreto della chimica” (TEA) e “Fischi per fiaschi nell’italiano scientifico” (Longanesi).

 

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24 pensieri su “Natura e luoghi comuni

  1. vale

    ed oggi, su “il foglio” pag.4:

    “se la falsa idea che il cibo industriale fa male diventa religione di stato”

    a proposito della legge sugli sprechi alimentari presentata dai 5 stelle. leggete e ridete. o, se preferite,piangete.

    cmq a breve seguiranno le scie chimiche ,gli alieni che si aggirano tra noi, e fuksas che comincia a costruire chiese che sembrano chiese o monsignor paglia che comincia a dire qualcosa di cattolico…

  2. vale

    Se uno ti convince che comprare una cosa brutta, nana e grinzosa è meglio che comprarne una bella, grossa e paffuta, quello è un genio del commercio. Se poi te la fa anche pagare di più, è un mago.

    Eggià, quando il benessere diffuso fa sì che tutti abbiano tutto, che fai? Metti in moto l’ingegno e affabuli & affascini, in modo da far tornare in auge il pantalone lacero, le pezze al sedere, la giacchetta striminzita. A quando le scarpe sfondate? La barba mal rasata è già stata sfruttata, i capelli tagliati solo da un lato pure, i tatuaggi da angiporto hanno fatto il loro tempo (certuni e certune sono così decorati che le carte da parati fanno loro un baffo), gli anelli al naso stile baluba anche.

    ARMI E CIBO
    Ma la merce migliore è quella subito deperibile, così che sei costretto a comprarne continuamente. Armi. E cibo. Ora, una mente geniale ci ha convinti che la chimica fa male alla salute, un’altra che bisogna che la morte ci trovi sani come pesci.
    Da qui il cosiddetto bio.

    Pensate, i produttori di bio risparmiano anche la spesa degli anticrittogamici. Ma non te ne detraggono il costo, anzi. Mi sento truffato come con la raccolta differenziata dei rifiuti: se devo differenziarli io, perché devo pagarne la tassa? Mi sento truffato come per il canone a Rai3 e lo stipendio ai politici della fazione a me avversa.

    Domani esco e mi compro una cassetta piena di cachi al ddt. E pretenderò una cassetta di plastica. Ci hanno tolto il Dio di Gesù, che permetteva tutto, e ci hanno riempiti di obblighi, divieti e paure.

    A spese nostre.

    Chiederò al Padreterno di istituire, nel suo misericordioso Inferno, una apposita sezione «ecologica».

    http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4460

    Titolo originale: La bio mania che ci rende la vita impossibile
    Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08/11/2016

  3. ola

    “Un’agricoltura senza chimica? Se non fosse per i concimi chimici, gran parte dell’umanità non troverebbe da mangiare. Sì, i prodotti dell’orticello, del pollaio, del piccolo allevamento possono esser più saporiti di quelli del supermercato; ma a quanti possono bastare?”

    Si pero’non puo’neanche essere l’unico criterio “siccome mangia piu’gente, allora tutto bene e avanti Savoia e chi dice bau e’automaticamente un traditore della Patria”: sarebbe come dire, riferito alla fecondazione artificiale, che “siccome nasce piu’gente allora tutto bene.”
    Quindi secondo me ben venga la riflessione su cosa e’lecito e cosa no nell’attuale modello di consumo, qui ci prova a mio avviso con buoni spunti Roberto Pecchioli: https://www.riscossacristiana.it/lagnello-pasquale-e-linganno-animalista-la-buga-abbocca-di-roberto-pecchioli/

    1. Fabrizio Giudici

      @ola

      Giusto. Allora, facciamo un esempio. Iniziamo a focalizzare il biologico (e lasciamo perdere il biodinamico, che è roba folle). C’è una considerazione ragionevole nel discorso che sta dietro al biologico, ma che purtroppo è totalmente vanificata dal modo in cui il biologico è formulato. Se tu mi dici: con certe tecniche – p.es. la lotta biologica – che oggi sono disponibili, ma non lo erano in passato, posso ridurre la quantità di prodotti di chimica di sintesi, io non ho niente da obiettare. Nota che il discorso fin qui è qualitativo: bisognerebbe quantificarlo, ovvero capire quanti diserbanti possono risparmiare e quanto aumenterebbe il costo. Ci vorrebbe un esperto, ma supponiamo che ci sia un modo per arrivare a quantità ragionevoli. Bene: nessuna obiezione.

      Il problema del biologico è che è strutturato proprio dal punto di vista legale, ovvero per la certificazione, in modo che certi prodotti debbano essere _totalmente_ eliminati, non parzialmente. Se c’è anche una minima traccia di certi prodotti chimici, hai una “contaminazione”. Questo è totalmente insensato, perché gli esperti di tossicologia hanno una regola di base, che le tossicità dipendono innanzitutto dalle quantità. D’altronde, c’è gente che di biologico è morta: un’epidemia di e-coli, per esempio, fece un po’ di vittime in Germania pochi anni fa, e si originò da prodotti a base di soia biologica.

      C’è poi da fare i conti con il fatto che il biologico non può scalare oltre un certo limite: infatti, gode dell’effetto di protezione del gregge – esattamente lo stesso concetto dei vaccini – che le coltivazioni tradizionali gli garantiscono.

      1. Navigare necesse est

        Il problema, come al solito, è la tendenza all’ideologizzazione, alla creazione cioè di un pacchetto ideologico di riferimento. Il “bio” è stato inserito a viva forza nel pacchetto “radical chic”, e il più delle volte si presenta in costellazione con altre voci eminenti di quell’ideologia. Non parliamo poi di prodotti da laboratorio d’ingegneria sociale come il veganesimo (spesso in pacchetto con il genderismo, la canna libera e altre amenità…).

        P.S. D’altra parte quello del pacchetto è un problema da cui non è immune nemmeno il mondo cattolico (p.es. il pacchetto deuterovaticanprogressista e quello sillabotradizionalista).

  4. Luigi

    “Tra chi cerca l’applauso (e l’ambiente è uno dei terreni dove è più facile raccoglierlo)”

    E tale Gianni Fochi ha fornito adeguata dimostrazione di quanto da lui stesso affermato.
    Una perla, su tutte:

    “E il pesticida sintetico, a differenza di quello naturale, ha superato anni di prove, risultando privo d’effetti nocivi per l’uomo, sempre che venga usato nel rispetto delle indicazioni”

    Sì, come no!
    Forse le prove pagate da chi lo produce…
    Tanto che, in qualsiasi corso professionale per l’uso dei fitofarmaci, la prima cosa che i docenti spiegano è l’origine dei pesticidi: o derivano dagli aggressivi chimici tossici del sangue, o da quelli nervini sviluppati dalla Wehrmacht negli anni del secondo conflitto mondiale. Non per nulla le confezioni sono piene zeppe di segnali di morte allucinanti.
    Detto in altro modo, si irrorano la terra, l’acqua e l’aria con roba che neppure Hitler si sognò di usare.

    Quanto all’articolo di Cammilleri citato da Vale, è spazzatura. Niente altro.
    Se c’è una cosa peggiore dell’ambientalismo d’accatto o del “ritorno al mangiar sano” in stile Farinetti, i due articoli in esame ne sono un chiaro esempio.
    Purtroppo sembra che di buon senso ne sia rimasto davvero poco, sul mercato.

    Comunque, a breve, i Cammilleri e i Fochi potrebbero trovare un nuovo lavoro: quello di impollinatori, come già accade in vaste regioni della Cina.
    Quando una mela costerà dieci euro, saranno contenti.
    Ad avercela, la mela, è ovvio.

    Ciao.
    Luigi

    P.S.: Fabrizio, la produzione biologica, in agricoltura e allevamento, è semplicemente un disciplinare normato dalla legge, a cui si aderisce volontariamente e che parte da un presupposto di base del tutto logico: non introdurre nell’ambiente sostanze che già non vi siano presenti.
    Se uno vuole aderire a una cosa così “insensata” sono affari suoi.
    In realtà, almeno in Italia, l’insensatezza del biologico è una sola: che i controllati pagano – legalmente! – i controllori.

    Quanto all’effetto gregge, è l’esatto opposto di quanto affermi.
    L’impiego di erbicidi e insetticidi di sintesi – in combinazione con l’introduzione di varietà colturali alloctone – produce infatti un notevole effetto di selezione di specie vegetali e animali resistenti ai trattamenti. Quindi, per rimanere in ambito medico, il paragone corretto è con l’abuso di antibiotici, non certo coi vaccini.

    Che poi questo fatto interessa solo l’agricoltura convenzionale – non tradizionale, come erroneamente scrivi – perché tanto non ci sono erbacce che resistano alla fresa o alla vangatrice.
    E anche per gli insetti, in verità, molti metodi di lotta integrata o di produzione biologica sono decisamente migliori di quelli a base di aggressivi chimici.

  5. vale

    altro spunto interessante: il numero di lunedì del foglio in gran parte dedicato a questo argomento: titolone in prima:

    “prove di regime vegano” a.pascale ha scelto di disintossicarsi dalla politica ed ha passato un incredibile mese da vegano. segreti ed ossessioni di una pazza guerra di religione. ecco il diario di un onnivoro circondato da tramezzini vegan e talebani del salutismo. un’inchiesta sperimentale.

    molto interessante anche il libro : “contro natura” dagli ogm al “bio”,falsi allarmi e verità nascoste del cibo che portiamo a tavloa. di d.bressanini e b. mautino

  6. Fabrizio Giudici

    Detto in altro modo, si irrorano la terra, l’acqua e l’aria con roba che neppure Hitler si sognò di usare.

    Luigi, non potrei essere più in disaccordo. 🙂 Questa frase è proprio senza senso. Il principio di base delle valutazioni di tossicità, come ho scritto sopra, è la quantità. Se dovessi seguire il tuo ragionamento, dovrei scrivere la stessa cosa della grande maggioranza delle medicine. Tanto per fare un esempio, la digitale (che è anche un classico veleno da romanzo giallo). Basta guardare, d’altronde, un semplice manuale di botanica per notare la grande quantità di piante e fiori, comunemente ritrovabili nei prati, che sono tossiche per l’uomo, anche gravemente: gli anemoni, il ricino, lo stramonio, praticamente tutti i crochi, l’aquilegia, il gelsomino, l’erica, la ginestra… Eppure sono tutta roba “naturale”: veleni con cui quelle piante cercano di non farsi mangiare. Sono sicuro che tu queste cose le conosci perfettamente.

    Traparentesi: un sacco di roba che mangiamo normalmente è tossica se assunta in quantità eccessive. Qualche decina di grammi di zafferano e vai al Creatore (se non è affatto interessante per sviluppare armi, è perché costa troppo). Una dieta squilibrata sulla cicerchia, che contiene una neurotossina, e sviluppi il latirismo, una grave malattia neurologica di tipo degenerativo: intere popolazioni africane ne hanno sofferto per secoli. E si può andare avanti a lungo con questi esempi.

    Quindi l’autore dell’articolo ha ragione: la differenza non la fa la chimica di sintesi o la chimica naturale, ma la quantità e i test. Ora, quello che si può certamente dire è che da decenni tutta la popolazione occidentale mangia in gran parte prodotti agricoli derivati dall’agricoltura “industriale” e l’età media è aumentata considerevolmente nell’ultimo secolo: questo è il test definitivo, “a scatola nera”, per valutare il sistema. Dove è lievemente diminuita è a causa di abitudini alimentari errate (troppa carne, troppi grassi, diete piene di schifezze tipiche di paesi come gli USA): la nostra dieta mediterranea funziona benissimo e ci mantiene in salute, senza dover contare sulla produzione biologica. Noi siamo proprio la prova che la cosa funziona.

    L’agricoltura “tradizionale” non sarebbe minimamente in grado di produrre sufficiente cibo per tutti: la “rivoluzione verde” è infatti proprio il fattore che ha scardinato le previsioni catastrofiche dei neomaltusiani di cinquant’anni fa, che predicavano sterilizzazioni ed aborti come unico modo per evitare carestie.

    L’effetto gregge, poi, è quello che ho correttamente citato sopra. Se il tuo ragionamento valesse a prescindere in tutti i casi, questo andrebbe applicato anche agli uomini ed ai vaccini: risulta che esitano forme di vaiolo che si sono adattate? No: il vaiolo è stato addirittura eliminato dalla faccia della terra. Risulta che esistano forme di pertosse, difterite, morbillo, poliomelite che si sono adattate, rendendo i vaccini inutili? No. Alcune di queste malattie erano sparite, e tornano appena le popolazioni si vaccinano troppo poco.

    Torniamo ora ai prodotti chimici di sintesi e prendiamo, per esempio, il verderame (più precisamente, un certo numero di sostanze a base di solfato di rame). Intanto è ammesso nel biologico, ma mi risulta che sia un prodotto di sintesi: dunque non è vero che il biologico ammette solo i prodotti esistenti in natura. E perché è ammesso? Perché non c’è nessuna alternativa nota, salvo rischiare di perdere non solo la vendemmia, ma pure la vigna, e su scala apocalittica, come è regolarmente successo nei secoli passati, mandando sul lastrico popolazioni di vignaioli. Tanto per dire, le devastazioni delle vigne erano tra le punizioni profetizzate da Maria a Salette, che Messori ha studiato; e così ne ha scritto:

    Ho fatto delle ricerche negli archivi e nelle biblioteche francesi: in Francia non esiste una sola specie di vite che sia anteriore al 1847. Tutte quelle allora già esistenti morirono.

    Il verderame è tossico anche per l’uomo, se ingerito direttamente: ma nessuno è mai morto per aver bevuto del vino prodotto con un uso regolamentato di verderame. E il verderame continua a funzionare da centocinquant’anni, mantenendo la sua efficacia.

    L’abuso di antibiotici – che è un problema grave e reale – è altra cosa, dovuto ad impiego sbrigativo per massimizzare i profitti in modo facile, portando all’estremo l’allevamento intensivo. In realtà è insito nello stesso meccanismo dell’antibiotico l’effetto collaterale di selezionare popolazioni resistenti, e per questo devono essere sempre cercati nuovi antibiotici. Certo non è per questa premessa che dobbiamo rinunciare in toto agli antibiotici. Il problema sta nell’uso oculato, in modo che la velocità con cui ne vengono sviluppati nuovi sia maggiore o uguale a quella con cui la natura seleziona organismi resistenti.

    1. Luigi

      “L’effetto gregge, poi, è quello che ho correttamente citato sopra. Se il tuo ragionamento valesse a prescindere in tutti i casi, questo andrebbe applicato anche agli uomini ed ai vaccini: risulta che esitano forme di vaiolo che si sono adattate? No: il vaiolo è stato addirittura eliminato dalla faccia della terra.”

      Non ho la minima intenzione di discutere fatti noti.
      La selezione di infestanti resistenti, a seguito di impiego abnorme di pesticidi, è conosciuta e costituisce un problema.
      Cosa c’entri il vaiolo, non so spiegarmelo.

      Quanto alla mia frase “senza senso” che citi, è semplicemente una risposta alla castroneria di Fochi.
      Se vuoi parlarne, parti da quella.
      È comodo astrarre dall’idiozia iniziale…

      Ciao.
      Luigi

  7. Fabio

    Sono dalla parte della casalinga di Voghera. Non vedo nessun motivo per non stare dalla sua parte, perche’ lei ha buon senso e buon senso ci azzezza. Le muffe fanno solo che nulla, appena arrivano nello stomaco scompaiono. Il botulino e’ rarissimo come il tetano. I pesticidi non hanno per niente passato alcun esame di sicurezza negli anni. I limiti stabiliti per legge nell’acqua e negli alimenti sono forzati perche’ i residui sono difficili da eliminare. Negli anni 70 e 80 ci siamo mangiati di tutto senza saperlo perche’ non c’erano controlli. Ora che gli alimenti sono controllati hanno comunque residui ovunque, tossici che si accumulano. I risultati sono l’abbassamento della fertilita’ maschile, la cancerogenesi in aumento costante, la puberta’ precoce per le tracce di ormoni nelle carni e nelle verdure. Non ci sono molte scappatoie. Bisogna mangiare poco di tutto, mangiare meno e qualche volta cercare verdure bio e polli e conigli del contadino per chi riesce a trovarli. Sbaglia Fochi a banalizzare i nitriti, sono cancerogeni ben conosciuti in medicina e non e’ certo che l’aggiunta di acido ascorbico li antagonizza, ammesso che le aziende lo aggiungano. Mi sembra un articolo che si inserisce ne’ piu’ ne’ meno in un pensiero relativista che pervade anche anche questo giornalismo scientifico sempliciotto ma fondamentalmente disinformato.

    1. ola

      D’altra parte, buttarla in vacca contro buttarla in vacca, si potrebbe portare a Fochi l’argomento uguale e contrario: “Se l’umanità non si e estinta per 5000 anni usando solo l’agricoltura non intensiva, significa che l’agricoltura non intensiva funziona e basta.”
      Questo intendo quando dico di evitare ipersemplificazioni, se no fra 200 anni qualcuno proporra’ di mangiarsi i pensionati e siccome l’idea “funziona”, allora avanti su larga scala.
      Come detto, ci vuole una riflessione seria anche in ambito morale, da che una conseguenza dell’attuale modello e’anche l’attuale spreco di generi alimentari, vicino al 50%. Questo non e’morale.
      Se ho fame posso ammazzare tutte le mucche del mondo per mangiarmele, ma non posso ammazzare una mucca solo per buttarla nella spazzatura.
      Senza voler fare terrorismo ricordo che a Gloria Polo e’stato chiesto conto dello spreco di ogni chicco di riso, quindi il “si mangia quindi funziona e basta” per me non e’sufficiente, ci sono grosse contraddizioni e su quelle bisogna lavorare, prima di tutto ammettendo che ci sono dei problemi, non far finta di vivere nel migliore dei mondi possibili.

    2. Luigi

      “Mi sembra un articolo che si inserisce ne’ piu’ ne’ meno in un pensiero relativista che pervade anche anche questo giornalismo scientifico sempliciotto ma fondamentalmente disinformato.”

      Alla fine, non è che l’ennesimo riciclo della nota e cieca fede nel progresso illimitato.
      L’altra faccia della medaglia radical-chic, insomma: “pares cum paribus facillime congregantur”

      Ciao.
      Luigi

    3. Antonio Spinola

      Beh, che “Le muffe fanno solo che nulla” mi pare un’affermazione avventata.
      Dipende dalla muffa, le Aflatossine (invisibili e insapori) sono molto pericolose e cancerogene, possono contaminare moltissimi alimenti (dal pane al latte ai fagioli alla frutta secca…).
      Evitare la contaminazione con qualsiasi tipo di muffa rappresenta un’imperativo per garantire un prodotto non tossico per l’alimentazione umana e animale.
      Se vediamo della muffa (quella “visibile”) per es. nel pane, meglio buttarlo che rischiare di mangiarsi dell’Aspergillus flavus (invisibile).

  8. vale

    A) il migiiore dei mondi possibili, non essendo perfetto -ovviamente- non è esente da problemi.

    B) per nutrire un numero sempre crescente di persone, visto che – e questa è scienza – la produzione per ettaro dell’agricoltura bio è molto inferiore a quella ,chiamiamola,”industrializzata, tocca aumentare le superfici coltivate.

    ovvero,in molti casi, disboscare. che poi non si venga a sfruculiare dicendo che diminuiscono le foreste.

    l’altro modo è quello di diminuire la popolazione. con tutte le scelte che tale faccenda comporta.

    p.s. all’apogeo dell’impero romano durante le guerre di traiano contro i parti, la pestilenza riportata in europa dalle legioni sterminò quasi metà della popolazione europea dell’impero. rimasero una 20/25 di milioni di persone.( ora, solo in Italia siamo 58 milioni circa ( esclusi i clandestini. diciamo 2-3milioni ).

    e durante il rinascimento non si arrivava a 100milioni. e a 150 milioni circa attorno al 1750.

    forse è per questo che funzionava l’agricoltura non intensiva, eh?

    1. ola

      @vale per capirci, non sto affatto proponendo un ritorno all’agricoltura non intensiva e non compro quasi mai cose bio, sto solo facendo notare che l’argomento “funziona quindi ok” e’in realta’un argomento debole, bisogna vedere perché e come funziona.

  9. Ganesza1

    La casalinga di Voghera va al supermercato, compra il riso cambogiano perché costa meno: è pieno di pesticidi, hanno speso un sacco di carburante per farlo arrivare, è prodotto da schiavi, la risaia lombarda chiude. Requiem per la nostra produzione.

    1. Fabio

      Bravi Ganesza e PaulBratter. In poche righe e’ purtroppo descritto bene uno scenario reale. Spero pero’ che il riso lombardo e piemontese riescano comunque a farcela. Perche’ non sono solo granellini di riso ma rappresentano qualita’, identita’, tradizione, economia di un popolo.

      1. Luigi

        “Spero pero’ che il riso lombardo e piemontese riescano comunque a farcela”

        La vedo dura.

        Se perfino qui vige ancora la mentalità della “battaglia del grano” o de “il numero è potenza”, quali speranze possono esserci, parlando con un minimo di realismo e non in stile Cammilleri?
        Tanto nell’agricoltura come in tanti altri campi dell’economia, c’è davvero gente che pensa si possa competere con Cina o India sul piano della quantità.
        Peggio di un crimine, è un’idiozia.

        Una volta accettata – rectius: subita – la globalizzazione, è ovvio che in una nazione come l’Italia non si possa che andare sulla qualità. Quella vera, è ovvio, non quella dei guru che prendono la materia organica anfibia, ci mettono marchio e marketing e la spacciano come il Vivaldi del cibo.
        Ma che qualità fai, in agricoltura, con le falde inquinate ancora da atrazina, fuori legge da un quarto di secolo ormai? Nessuna, è ovvio.

        (A proposito: come mai, se i pesticidi sintetici non sono nocivi, l’atrazina è vietata da tempo? Forse perché tende a effeminare i maschietti? Ecco spiegate tante cose…)

        Che poi, a dirla tutta, se il trinariciuto di turno vuole la sua razione quotidiana di “pane” e glifosato, nessuno ha la minima intenzione di negargliela. Anzi, gli cedo pure la mia!
        Però non si venga a diffondere falsità, men che meno si irrida e dileggi, dall’alto della propria ignoranza, chi fa altre scelte; scelte fatte passare, da qualcuno, come un ritorno all’agricoltura del XII secolo (o peggio).

        Del resto già l’attacco dell’articolo di Fochi lo testimonia: quando si parte con la “casalinga di Voghera” si capisce già quale è la visione di fondo.
        “Io so’ io, e voi nun siete un [censura]”
        Si può dirla più elegantemente con lo Scalfari – “i plebbei hanno desidevi da plebbei” – ma tale rimane.

        “Perche’ non sono solo granellini di riso ma rappresentano qualita’, identita’, tradizione, economia di un popolo”

        Sono innegabilmente tempi duri, per identità e tradizioni; quali che siano i campi – absit iniuria verbis – di riferimento.

        Ciao.
        Luigi

  10. Antonio Spinola

    Ma esiste davvero il riso “bio”? Disponibile in quantità sufficienti e accessibili a tutti?
    Coltivare il riso senza chimica è sostanzialmente impossibile.
    Un breve commento:http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=2000
    del quale riporto la conclusione:
    “L’idea di poter “nutrire il mondo” senza l’utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi, ripetuta all’infinito, si è trasformata in un assioma che, pur indimostrabile, è alla base di una ideologia in grado, grazie alla forte pressione mediatica, di costruire una ricca domanda. A questa, il mercato riesce a fornire una risposta altrettanto ideologica.”
    Questo, in ultima analisi, è anche il messaggio del professor Fochi.

  11. MenteLibera65

    La cosa più bella da notare nei commenti è come, a seconda delle proprie convinzioni personali , i radical scic siano dei sostenitori scemi del Bio/Vegano, e per altri degli avvelenatori criminali con i pesticidi e OGM. 🙂
    visto il tema finalmente “terzo” è carino anche vedere come persone che in genere sono d’accordo se le diano di santa ragione, mentre invece in genere è tutto un ” ma sono perfettamente d’accordo con lei”, “la ringrazio della precisazione, mi trova assolutamente allineato” etc etc 🙂

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