“Aborto ed eutanasia false compassioni. I medici cattolici facciano obiezione”

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Il discorso di Papa Francesco all’Associazione Medici Cattolici Italiani, del 16 novembre 2014, udienza nell’Aula Paolo VI, in Vaticano.

Non c’è dubbio che, ai nostri giorni, a motivo dei progressi scientifici e tecnici, sono notevolmente aumentate le possibilità di guarigione fisica; e tuttavia, per alcuni aspetti sembra diminuire la capacità di “prendersi cura” della persona, soprattutto quando è sofferente, fragile e indifesa. In effetti, le conquiste della scienza e della medicina possono contribuire al miglioramento della vita umana nella misura in cui non si allontanano dalla radice etica di tali discipline. Per questa ragione, voi medici cattolici vi impegnate a vivere la vostra professione come una missione umana e spirituale, come un vero e proprio apostolato laicale.

L’attenzione alla vita umana, particolarmente a quella maggiormente in difficoltà, cioè all’ammalato, all’anziano, al bambino, coinvolge profondamente la missione della Chiesa. Essa si sente chiamata anche a partecipare al dibattito che ha per oggetto la vita umana, presentando la propria proposta fondata sul Vangelo. Da molte parti, la qualità della vita è legata prevalentemente alle possibilità economiche, al “benessere”, alla bellezza e al godimento della vita fisica, dimenticando altre dimensioni più profonde – relazionali, spirituali e religiose – dell’esistenza. In realtà, alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre “di qualità”. Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali maggiori. (…)

Se il giuramento di Ippocrate vi impegna ad essere sempre servitori della vita, il Vangelo vi spinge oltre: ad amarla sempre e comunque, soprattutto quando necessita di particolari attenzioni e cure. Così hanno fatto i componenti della vostra Associazione nel corso di settant’anni di benemerita attività. Vi esorto a proseguire con umiltà e fiducia su questa strada, sforzandovi di perseguire le vostre finalità statutarie che recepiscono l’insegnamento del Magistero della Chiesa nel campo medico-morale.

Il pensiero dominante propone a volte una “falsa compassione”: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dopapa-francescono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre.

La compassione evangelica invece è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del Buon Samaritano, che “vede”, “ha compassione”, si avvicina e offre aiuto concreto (cfr Lc 10,33). La vostra missione di medici vi mette a quotidiano contatto con tante forme di sofferenza: vi incoraggio a farvene carico come “buoni samaritani”, avendo cura in modo particolare degli anziani, degli infermi e dei disabili. La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza.

Vi auguro che i settant’anni di vita della vostra Associazione stimolino un ulteriore cammino di crescita e di maturazione. Possiate collaborare in modo costruttivo con tutte le persone e le istituzioni che con voi condividono l’amore alla vita e si adoperano per servirla nella sua dignità, sacralità e inviolabilità. San Camillo de Lellis, nel suggerire il metodo più efficace nella cura dell’ammalato, diceva semplicemente: «Mettete più cuore in quelle mani». È questo anche il mio auspicio. La Vergine Santa, Salus infirmorum, sostenga i propositi con i quali intendete proseguire la vostra azione.

fonte: vatican.va

 

52 pensieri su ““Aborto ed eutanasia false compassioni. I medici cattolici facciano obiezione”

  1. Lisa

    Non abbiamo più tempo per le polemiche. Stringiamoci attorno a queste sante parole del discorso del Papa. Facciamole vessillo dei nostri pensieri. I tempi sono duri. E peggiorano a vista d’occhio, incredibile ma vero. Saremo chiamati ad essere obiettori ovunque. Medici e non. Dovremo obiettare. Nelle corsie d’ospedale, in famiglia, a scuola dei nostri figli, con gli amici. Dovremo avere il coraggio di obiettare alla religione della morte, e affermare quella della vita. Non c’è altro da fare, non c’è tempo da perdere, e le chiacchiere stanno a zero. Chi c’è c’è, chi non c’è non c’è.

  2. Alessandro

    San Giovanni Paolo II, Lettera enciclica “Evangelium vitae”, nn. 66-67:

    “Condividere l’intenzione suicida di un altro e aiutarlo a realizzarla mediante il cosiddetto «suicidio assistito» significa farsi collaboratori, e qualche volta attori in prima persona, di un’ingiustizia, che non può mai essere giustificata, neppure quando fosse richiesta.
    «Non è mai lecito — scrive con sorprendente attualità sant’Agostino — uccidere un altro: anche se lui lo volesse, anzi se lo chiedesse perché, sospeso tra la vita e la morte, supplica di essere aiutato a liberare l’anima che lotta contro i legami del corpo e desidera distaccarsene; non è lecito neppure quando il malato non fosse più in grado di vivere». [Epistula 204, 5].
    Anche se non motivata dal rifiuto egoistico di farsi carico dell’esistenza di chi soffre, l’eutanasia deve dirsi una falsa pietà, anzi una preoccupante «perversione» di essa: la vera «compassione», infatti, rende solidale col dolore altrui, non sopprime colui del quale non si può sopportare la sofferenza. E tanto più perverso appare il gesto dell’eutanasia se viene compiuto da coloro che — come i parenti — dovrebbero assistere con pazienza e con amore il loro congiunto o da quanti — come i medici —, per la loro specifica professione, dovrebbero curare il malato anche nelle condizioni terminali più penose…

    Ben diversa, invece, è la via dell’amore e della vera pietà, che la nostra comune umanità impone e che la fede in Cristo Redentore, morto e risorto, illumina con nuove ragioni. La domanda che sgorga dal cuore dell’uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la morte, specialmente quando è tentato di ripiegarsi nella disperazione e quasi di annientarsi in essa, è soprattutto domanda di compagnia, di solidarietà e di sostegno nella prova. È richiesta di aiuto per continuare a sperare, quando tutte le speranze umane vengono meno…

    Questa naturale ripugnanza per la morte e questa germinale speranza di immortalità sono illuminate e portate a compimento dalla fede cristiana, che promette e offre la partecipazione alla vittoria del Cristo Risorto: è la vittoria di Colui che, mediante la sua morte redentrice, ha liberato l’uomo dalla morte, «salario del peccato» (Rm 6, 23), e gli ha donato lo Spirito, pegno di risurrezione e di vita (cf. Rm 8, 11). La certezza dell’immortalità futura e la speranza nella risurrezione promessa proiettano una luce nuova sul mistero del soffrire e del morire e infondono nel credente una forza straordinaria per affidarsi al disegno di Dio.

    L’apostolo Paolo ha espresso questa novità nei termini di un’appartenenza totale al Signore che abbraccia qualsiasi condizione umana: «Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore» (Rm 14, 7-8).
    Morire per il Signore significa vivere la propria morte come atto supremo di obbedienza al Padre (cf. Fil 2, 8), accettando di incontrarla nell’«ora» voluta e scelta da lui (cf. Gv 13, 1), che solo può dire quando il cammino terreno è compiuto. Vivere per il Signore significa anche riconoscere che la sofferenza, pur restando in se stessa un male e una prova, può sempre diventare sorgente di bene. Lo diventa se viene vissuta per amore e con amore, nella partecipazione, per dono gratuito di Dio e per libera scelta personale, alla sofferenza stessa di Cristo crocifisso.
    In tal modo, chi vive la sua sofferenza nel Signore viene più pienamente conformato a lui (cf. Fil 3, 10; 1 Pt 2, 21) e intimamente associato alla sua opera redentrice a favore della Chiesa e dell’umanità. È questa l’esperienza dell’Apostolo, che anche ogni persona che soffre è chiamata a rivivere: «Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca alle tribolazioni di Cristo nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24).”

  3. enrico venturoli

    Tanto poi rinnega tutto cancellando ogni ideale cattolico dalla vita di tutti i guiorni. Ormai la religione è diventata un “fai da te” adattabile ad ogni circostanza. Va bene aprirsi ai tempi, ma alcuni valori vanno salvaguardati, come il pentimento e la volontà di superare gli errori. Che troppo stesso non sono più tali e quindi tolgono ogni desiderio di migliorarsi. Se manca questo desiderio e questa opptunità viviamo in un vuoto spaventoso, sena speranza di redimersi. Io sono un gran peccatore, ma in fondo posso sempre vedere una luce.

  4. Fabrizio Giudici

    “Tanto poi rinnega tutto cancellando ogni ideale cattolico dalla vita di tutti i guiorni.”
    “Come mai invece qui? […]”

    E non solo sull’eutanasia: l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite include aborto, supporto al gender ed educazione sessuale come parte degli obiettivi di sostenibilità. La Santa Sede, Francesco incluso, invece di condannarla, la approvano esplicitamente, da più di un anno e mezzo. Qui trovate un dossier esaustivo:

    voiceofthefamily.com/wp-content/uploads/2017/02/Impact-of-the-United-Nations-Sustainable-Development-Goals.pdf
    http://www.lifesitenews.com/news/popes-support-of-uns-2030-agenda-a-major-threat-to-childrens-lives-new-anal

    Da oggi i più grandi neomalthusiani mondiali sono ricevuti con tutti gli onori per sproloquiare a proposito delle loro devastanti teorie alla Pontificia Accademia delle Scienze:

    http://www.lifesitenews.com/news/delivered-more-than-10000-signatories-ask-vatican-to-disinvite-population-c

    Per non parlare poi della Pontificia Accademia della Vita, pardon, della Morte, di cui è stato stravolto lo statuto, in cui tutti i membri precedenti sono stati cacciati, e cosa ha intenzione di fare mons. Paglia, il grande estimatore di Marco Pannella, è fin troppo ovvio:

    http://www.lifesitenews.com/opinion/pope-francis-vatican-politicos-err

    “Non abbiamo più tempo per le polemiche. Stringiamoci attorno a queste sante parole del discorso del Papa. Facciamole vessillo dei nostri pensieri.”
    Benissimo fare vessillo di un discorso ortodosso; ma vorrei sapere per quale motivo la petizione di protesta ha raccolto solo diecimila firme? Sarà mica perché poi, quando c’è da fare qualcosa in concreto che però suona come critica alla Santa Sede, salta fuori che “non bisogna fare polemiche”? E che il nostro governo, come gli altri, sa benissimo che può fottersene delle nostre manifestazioni di protesta, tanto l’appoggio dietro le quinte gli è garantito?

    Non si può far finta di non vedere il doppio gioco (termine usato da Socci) di Papa Francesco. Perché quello che possiamo fare è esercitare le nostre opzioni politiche: ma il messaggio della Santa Sede è martellante a favore dei partiti progressisti (vedasi i cattolici che hanno votato Clinton negli USA, spinti anche dai vescovi di recente nomina), mentre i pochi partiti e uomini politici che si oppongono a queste sconcezze sono regolarmente etichettati come “populisti”, un fenomeno da combattere.

    Quindi, certo che “le chiacchiere stanno a zero”: bisogna smuovere le coscienze, in primis dei cattolici che si bevono tutto Avvenire e dintorni e orientano malamente le proprie scelte politiche. E non si può fare facendo finta di non vedere quello che sta succedendo Oltretevere. Perché mentre qui ci si indigna, magari si fa anche qualche marcia di protesta, le agende politiche procedono a gonfie vele.

  5. Giusi

    Di recente ho visto un vecchio film in bianco e nero. A un certo punto due malfattori: un uomo e una donna fuggono in macchina e finiscono in un burrone. La scena mostra poi un rappresentante delle forze dell’ordine e un prete che risalgono dal burrone. Il prete dice: “La donna era ancora viva”. Già. Un tempo si riteneva importante che, nel momento del trapasso, ci fosse un prete perché si pensava alla salvezza dell’anima. Belle parole quelle del Papa. Ma perché non ha fatto niente per la salvezza dell’anima del DJ Fabo? Perché non ha scritto una lettera? Fatto una telefonata? Un pubblico appello? Una persona ha sicuramente corso il rischio di dannarsi per sempre. Poi confido nella misericordia di Dio e nell’intercessione della Madonna. Tutti i giornali hanno parlato di lui. Si sapeva che stava andando a morire aiutato da un “amico” e dalla compagna. Possibile che non ci sia stato un cavolo di vescovo, di prete, di suora ai quali sia venuto in mente di dirgli qualcosa? Poi leggiamo il grido di dolore del Dr. Guizzetti nell’articolo di Benedetta Frigerio che ha postato Marco: “Il Vaticano ha pubblicato la Carta degli Operatori sanitari pochi giorni fa e all’articolo 152 si legge: “La nutrizione e l’idratazione, anche artificialmente somministrate, rientrano tra le cure di base dovute al morente, quando non risultino troppo gravose o di alcun beneficio”. Cure gravose? Sono sostentamenti vitali”. Ed è tutto chiaro. Il documento vaticano nasconde l’eutanasia.

    1. Rosanna

      ” ……. Quando non risultano troppo gravose o di alcun beneficio” Cara giusy hai mai seguito qualcuno per due anni e mezzo dovendo somministrare, via sondino , la nutrizione fatta di passati, frullati, omogenizzati perché non tollerava i preparati gia’ pronti? Io l’ho fatto con mia madre. Vista l’età e i problemi connessi all’ictus non è’ stato possibile la nutrizione parenterale (peg) e quindi il cibo e l’acqua venivano spinte con una siringa nello stomaco, attraverso il sondino. Quando si è’ aggravata il cibo tornava indietro, lo stomaco non lo riceveva più. Negli ultimi giorni della sua vita abbiamo dovuto sospendere tutto. Neanche l’acqua tollerava. Questo , per me, vuol dire ” nessun beneficio”.

      1. Giusi

        Se lo stomaco non riceve e non c’è altro modo vuol dire che una persona non può più mangiare. Ma di alcun beneficio e senza nemmeno una legge (ma sulla base di una sentenza ad personam) è stato ritenuto pure alimentare Eluana la quale si nutriva con la sua bocca. E’ morta in un modo atroce. http://stranocristiano.it/2010/01/lagonia-di-eluana
        Del resto è un medico che parla. Sa cosa dice:
        http://www.lanuovabq.it/it/articoli-le-dat-il-fine-vita-e-il-documento-vaticano-nascondono-l-eutanasia-19029.htm

  6. Pierre

    Brava Costanza, alle parole del romano pontefice che ben identifica eutanasia e cultura dello scarto, aggiungerei la riflessione laica di Lucien Israel, medico olandese non credente ma strenuo oppositore dell’eutanasia:

    http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=26&id_n=1079

    http://www.lindau.it/Libri/Contro-l-eutanasia

    “Dobbiamo accettare l’eutanasia per le persone affette da malattie incurabili? Chi può decidere di porre fine alla vita di un uomo? Chi soffre di più, il malato o coloro che lo circondano? In un momento in cui l’eutanasia è al centro di un aspro dibattito anche nel nostro paese, la voce autorevole di Lucien Israël – un uomo di scienza, un laico, un non credente – ci invita a riflettere, qualunque siano le nostre convinzioni e anche a costo di mettere in dubbio le opinioni più accreditate.

    Israël ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro il cancro, la sofferenza e la morte. Ha vinto tante battaglie, altre le ha perse e ha accompagnato molti esseri umani negli ultimi mesi e giorni della loro esistenza. Per questo sa di cosa parla quando si interroga, e ci interroga, sui problemi di fine vita. Per lui l’eutanasia non è né un gesto d’umanità né un atto di compassione, ma un progetto che mette in discussione la professione medica e, più in generale, il legame simbolico tra le generazioni. Non solo il medico ha il dovere di non arrendersi alla morte, ma deve anche infondere al suo paziente speranza, fiducia, voglia e forza di lottare. E anche quando la sua vita volgerà al termine, dovrà sempre trasmettergli il senso profondo della sua «arte», che è quello di «prendersi cura» di chi gli si affida. Perché esistono malattie inguaribili, ma non esistono malattie incurabili.

    D’altra parte, l’esperienza dimostra che non è quasi mai il paziente a chiedere di «farla finita», ma le persone sane che lo circondano e non sopportano più il confronto diretto con la sofferenza e la morte, che risvegliano le loro paure ancestrali.
    Anche l’enfasi con cui da qualche tempo si promuove il cosiddetto «testamento biologico» è piuttosto sospetta. Di certo esprime la domanda di chi sta bene e non vorrebbe mai abbandonare questa condizione.
    Nelle nostre società ci sono tanti anziani, tante pensioni da pagare, tante cure da prestare, e nella mente di Lucien Israël si insinua un dubbio inquietante e provocatorio: e se l’eutanasia (con tutto ciò che vi ruota intorno) fosse una «soluzione economica», una risposta tecnica a un problema pratico, celata dietro la nobile richiesta di una morte dignitosa?”

  7. Sabino

    MI viene in mente un episodio dell’ultima guerra. Si racconta che la piazzaforte di Augusta abbia sparato alla flotta inglese che stava avvicinandosi per sbarcare, ma quando le navi giunsero a distanza di tiro, cesso’ ogni difesa e gl’inglesi poterono comodamente sbarcare.

    1. vale

      e quindi,giusto per la cronaca, riporto quel che Adinolfi ha scritto su “la croce” di oggi nella rubrica “editorialino”:

      come si potrà notare, la faccenda si pone in ben altri termini.

      COME SOTTO IL REICH di HASHTAG T ra il 1939 e il 1941 l’Ente Pubblico per la Salute e l’Assistenza Sociale del Terzo Reich “disinfettò” (cioè uccise) 70.273 malati gravi (disabili fisici e psichici), ad un ritmo dunque di 23mila l’anno. La legge sull’eutanasia in Olanda e Belgio ha prodotto circa 15mila morti nel 2016, su una popolazione inferiore della metà rispetto a quella della Germania nazista. Il fine era il risparmio: curare costava molto, 3.50 Reichsmark a disabile. Voi credete che i 23mila tedeschi uccisi nel 1941 non abbiano avuto scelta mentre i 15mila del Benelux nel 2016 sì? Ed è questo che non avete capito. Se passano leggi sull’eutanasia, puoi stare sotto Adolf Hitler o sotto la finta democrazia, ma scelta non c’è: c’è chi fa di conto e chi non produce va eliminato, perché curare un malato grave costa centinaia di migliaia di euro, sopprimerlo costa i 13 euro del principio attivo del Pentobarbital che viene infilato in vena al degente. Se dai al sistema per legge la possibilità di scegliere tra la cura costosa e la soppressione gratuita, troveranno sempre il modo di orientarti verso la scelta che serve al sistema. In Olanda e Belgio oggi, nel regime nazista allora, perlomeno la faccenda è gratuita. In Svizzera invece, dove hanno portato a morire Dj Fabo, per ammazzare si fanno pure pagare, le associazioni Exit e Dignitas incassano 18mila euro a cliente. Non vi fanno schifo? Salvate la civiltà giuridica italiana dagli ordinamenti giuridici dei nuovi barbari. Altrimenti nel 2041 l’Ente Pubblico per la Salute e l’Assistenza Sociale in qualche modo si occuperà di voi e vedrete che rimpiangerete di aver loro consentito di farlo spacciando per vostro “nuovo diritto” quello di morire.

  8. luigi i.

    Due cose:
    1. In tutto questo baccano politico e strumentale sul dramma della fine di una vita, nel mondo “laico” nessuno evidenzia che il problema numero uno non è “la legge sul fine vita” da sedici anni mai discussa e tanto acclamata, ma il problema è che lo stato è LONTANO dal suo popolo, lontano anni luce dalla realtà. E così nel pensiero politico progressista che la maggioranza cavalca, la cosa più semplice diventa “scegli se restare così o morire”. Tutti evitano di dirla la verità perchè non è conveniente. Non è conveniente dire che lo stato non offre nessun tipo di assistenza o sostegno a chi vive la drammaticità di un problema grave, non offre alcun tipo di speranza, di appoggio. E’ di questo che dovrebbero preoccuparsi i politici o i “laici” che fanno la morale “ai contrari all’eutanasia”, dovrebbero lottare con tutte le forze affinché lo stato possa “servire” al meglio coloro che sono in difficoltà, le loro famiglie per non farli sentire soli, abbandonati, senza sostegno, senza conforto.

    2. Ai favorevoli all’eutanasia vorrei porre una domanda. Tu che concordi nel porre fine ad una vita, saresti anche concorde nell’amministrare tu in prima persona la morte del tuo caro? Gli staccheresti tu in prima persona la spina che gli da l’ossigeno? Gli staccheresti tu il sondino dell’alimentazione? Gli inietteresti tu nelle vene il liquido che porrà fine alle sue sofferenze guardandolo negli occhi? OPPURE TUTTE QUESTE COSE CHIEDI CHE A FARLE SIA UNA TERZA PERSONA? A chi vuoi “scaricare” il PESO di un OMICIDIO?

    1. @luigi i.

      Io non mi nascondo dietro un dito, alla domanda 2. umanamente parlando (ripeto solo umanamente parlando), credo la risposta sarebbe SI… si può arrivare a pensare (se non a farlo) di porre fine alle sofferenze di un tuo caro anche “guardandolo negli occhi”.

      Bisogna esserci passati per parlarne, perché fatta la tara di tutto ciò che ruota intorno a queste situazioni (interessi economici, politici, una visione distorta del senso della vita, gli umani egoismi, tutto quel che si vuole), alla realtà di una estrema, quasi “inumana” sofferenza, ci si può accostare solo “in punta di piedi”.

      Anche con l’aiuto della Fede, certe sofferenze restano un enorme scoglio, qualcosa che umanamente può solo scandalizzare, più dello “scandalo” di chi decide di “farla finita”.

      1. fra' Centanni

        Ma che stai dicendo, Bariom? Dunque sei favorevole all’eutanasia? Perché, sia chiaro, “porre fine alle sofferenze di un tuo caro”, sia pure guardandolo negli occhi (e ci mancherebbe pure, lo vuoi uccidere alle spalle?), è eutanasia o, peggio ancora, omicidio del consenziente.

            1. Credo invece Giusi nel fondo abbia capito…
              Quanto meno non è partita lancia in resta accusandomi di essere favorevole all’eutanasia.

              E sai perché? Perché anche se Giusi ed io non siamo sempre d’accordo, lei sa ascoltare e ricordare precedenti testimonianze di un interlocutore e a queste da fiducia.

              A differenza tua che ti rapporti (quasi) sempre agli altri, come se fosse la prima volta che leggi un qualunque commento.

      2. Giusi

        Bariom io penso che in tanti ci siamo passati. Chi non ha avuto un amico, un parente o un genitore morto di cancro? Ma la spina no, io francamente non la staccherei. Per grazia di Dio non ho mai conosciuto qualcuno che volesse morire o meglio una la conosco ma non è una malata terminale, è vittima di grave possessione diabolica riconosciuta dai migliori esorcisti. Mi dice sempre di fare una festa se muore perché finalmente si ricongiungerebbe con la mamma morta prematuramente e con un Padre esorcista che le si dedicava con tutta l’anima oltre a smettere di soffrire. Ma non si ammazzerebbe mai. La “fortuna” di queste persone è che, avendo a che fare col Suo avversario, non mettono in dubbio l’esistenza di Dio…..

      3. luigi i.

        Purtroppo mio papà ci ha lasciati per un tumore ai polmoni, inutile stare a dettagliare la sua agonia e le sue sofferenze fisiche e psicologiche. Ovviamente considerevole era anche lo strazio di noi famigliari, e non nascondo che più di una volta io stesso chiedevo al Signore di mettere fine a quella sua sofferenza perchè chi “può allungare anche di poco la propria vita” senza che Dio non lo permetta? Papà ci ha lasciati per una crisi respiratoria, morte terribile per soffocamento, con quegli occhi che chiedevano l’ultimo aiuto fissando quelli di mia mamma sul letto di ospedale. Quello che noi chiedavamo in ospedale era quello di alleviare le sue sofferenze e non certo di sopprimerlo. E l’unica cosa che papà voleva era vedere che qualcuno ci aiutasse ad aiutarlo affinchè quel peso non fosse solo sulle nostre spalle. Il suo dolore più grande era quello di sentirsi di eccessivo peso, di vederci provati per stargli vicino. La morte gli faceva paura, ma a volte desiderava morire (anche se non avrebbe mai pensato fosse tanto brutto) sia per le sofferenze sia per non essere di peso, altre volte invece aveva una gran voglia di lottare, più di noi. Questo significa anche che non sempre la “decisione di farla finita” era “definitiva” (e questo nessuno lo considera nei tanti discorsi di piazza, la mente ed il cuore non sono “schemi” definitivi, ma “vivono” e si muovono nel tempo ). Ovviamente però se uno sceglie di farla finita questa decisione con l’eutanasia diventa irreversibile.

        1. fra' Centanni

          Pregare per la morte di un proprio caro, per accorciargli le sofferenze, è sempre lecito, ci mancherebbe. Invece mai, in nessun caso, è lecito porre in atto un azione volta a determinare la morte di qualcuno. Come non è lecito sospendere alimentazione, idratazione o ventilazione che non sono cure ma sostentamenti vitali di cui tutti hanno bisogno.

          Lecito invece, secondo me, è rifiutare una cura, qualsiasi cura, anche una cura che può salvare la vita. Non è possibile obbligare qualcuno, per esempio, a subire una chemioterapia o un intervento chirurgico.

            1. Ovviamente bisogna sempre fare le giuste distinzioni, perché rifutare cure che possono essere considerate “accanimento terapeutico” è chiaramente lecito e persino auspicabile.

              Rifiutare le cure in sè, ha bisogno di distinguo.

              Si può rifiutare una cura che NON è accanimento terapeutico, come un ciclo temiocherapico, per preservare la salute di un nascituro (abbiamo parecchi esempi), perché si procastina o si rinuncia alla propria salute per il bene di un Altro, ed è atto di generosità e di sacrifico, ma se non vi è motivo valido, il Cristiano ha obbligo di mantenere in salute il proprio corpo come dono di Dio e mezzo per la santificazione dell’anima.

              Diversamente il rifiuto delle cure può essere “strategia” per porre fine alla propria vita.

              Se leggiamo la vita di diversi Santi, vedremo come molti hanno decisamente messo in secondo piano la cura del proprio corpo e la salvaguardia della propria salute, ma questo nello spirito di un dono totale di sé per gli altri e per la propria singolare vocazione, similmente a Cristo che ha dato TUTTO se stesso per noi e la nostra Salvezza.

              1. Quanto al “Pregare per la morte di un proprio caro, per accorciargli le sofferenze, è sempre lecito, ci mancherebbe.”
                preoccupamoci prima di ogni altra cosa che hai nostri cari sia concessa una morte santa, in pace con Dio e gli Uomini e confortata dai Sacramenti.

            2. fra' Centanni

              Debbo riconoscere, con una certa preoccupazione, di essere d’accordo con il cardinale Martini in questo caso. Però bisogna precisare bene. Io penso che sia sempre legittimo rifiutare una cura, ma bisogna intendersi su cos’è una cura. Cura è un intervento medico volto a ripristinare uno stato di salute. Non sono cure l’alimentazione, l’idratazione, la ventilazione. Ora, è doveroso, come dice Bariom, mantenersi in salute, ma non a costo di sofferenze inenarrabili. Ricordo che, alcuni anni fa, una signora anziana rifiutò l’amputazione della gamba (aggredita dal diabete) pur essendo cosciente che la cancrena, senza l’amputazione, l’avrebbe uccisa. Ritengo moralmente legittima questa scelta.

              Diverso il caso di Welby. La ventilazione non è una terapia, ma un sostegno vitale. Rifiutare un sostegno vitale è legittimo? Io penso di no… ma non sono sicuro. Soprattutto nel caso in cui per avere questo sostegno vitale sia necessario affrontare anche operazioni chirurgiche (tracheotomia, per esempio).

              In poche parole: le terapie possono essere legittimamente (dal punto di vista morale) rifiutate quando comportino ulteriori sofferenze (operazioni chirurgiche invalidanti, amputazioni, chemioterapie pesanti); i sostegni vitali (idratazione, alimentazione, ventilazione) non possono essere rifiutati, dal punto di vista morale. Però mi chiedo: se uno non vuole il sostegno vitale, glielo devo imporre con la violenza? Penso di no. E dunque? Devo lasciarlo morire senza alleviare le sue sofferenze? Penso di no. Penso allora che si debba lasciare libera scelta ai sofferenti, quando possono esprimerla esplicitamente, di rifiutare i sostegni vitali; e penso che debbano essere alleviati nelle loro sofferenze tramite sedazione profonda. Però ritengo la scelta di rifiutare i sostegni vitali sempre illecita (dal punto di vista morale).

              Diverso il discorso quando il sofferente non è più in grado di esprimere la sua volontà. In questo caso i sostegni vitali non possono essere interrotti, neanche quando il paziente avesse manifestato la volontà di rifiutarli nel caso in cui fossero divenuti necessari.

              “Quanto al “Pregare per la morte di un proprio caro, per accorciargli le sofferenze, è sempre lecito, ci mancherebbe.”
              preoccupamoci prima di ogni altra cosa che hai nostri cari sia concessa una morte santa, in pace con Dio e gli Uomini e confortata dai Sacramenti”.
              Bariom, siamo perfettamente d’accordo.

        2. @Luigi (e rispondo indirettamente anche a Giusi),

          racconti bene in due parole la tua esperienza e io ti risparmio la mia che qui non è certo fare a gara nella tragicità delle esperienze (che peraltro ve ne sono alcune veramente inenarrabili).

          Si comprende bene come l’aiuto della Fede è indispensabile…

          Io non ho detto di aver mai pensato concretamente di praticare l’eutanasia a chicchessia (o a colei che fu mia sposa nella fattispecie), ho detto solo che dobbiamo essere mossi a compassione (con-patire) proprio se poi abbiamo simili esperienze.

          La tua stessa preghiera “non nascondo che più di una volta io stesso chiedevo al Signore di mettere fine a quella sua sofferenza…” – che a lungo fu anche la mia, pone le sue radici in quella parte del nostro cuore che non sopporta lo strazio.
          Quello strazio che porta altri (che non hanno il dono della preghiera nella sofferenza) a desiderare per sé o per altri che questo strazio finisca.

          La mia era un invito alla riflessione e anche forse una provocazione, perché sappiamo quale è la Verità, ma senza l’aiuto di dio siamo completamente disarmati e pensare che altri prendano tragiche decisioni solo per vigliaccheria, interesse, becero egoismo, non è per nulla cristiano.

          In questo, perdonami, la tua domanda al punto 2. mi sembrava quanto meno semplicistica o fatta senza partire dal presupposto che si, ciò che provocatoriamente domandavi, può accadere.

          1. procopio

            dio con la minuscola. Forse e’ qui il perche’ delle tue “provocazioni” .Ma poi perche’ questa concetto di provocazione come se i cristiani non fossero provocati dalla vita in ogni singolo istante? Non siamo noi che rifugiamo dalla morte e dal dolore, ce lo ricorda il Crocifisso ogni volta.

            1. Fabrizio Giudici

              “dio con la minuscola. Forse e’ qui il perche’ delle tue “provocazioni”

              Mah… è semplicemente “saltato” il tasto delle maiuscole.

              1. Grazie Fabrizio.

                @procopio al tuo commento non varrebbe altro rispondere che ciò che ha scritto Fabrizio.
                Certo non puoi giudicare tu se il per me Dio è “maiuscolo o minuscolo”.

                Minuscolo certo posso considerare il valore del tuo commento.

  9. Sabino

    HO fatto per undici anni l’assistenza domiciliare, ho smesso perché’ l’eta’ avanzata non me lo ha più’ permesso. Posso affermare che nessuno desiderava di morire, anche se la maggioranza era incontinente e non godeva più, secondo i criteri correnti, di una vita dignitosa. RIcordo un malato di sclerosi multipla, immobilizzato sul letto da molti anni che ci accoglieva sempre con un sorriso. IL fatto è’ che si trattava quasi sempre di persone non abbandonate e sole e che sentendo di essere amate, potevano accettare la propria condizione. Quando sì e’ giovani e sani, si pensa che sia meglio morire che vivere in quel modo. Anch’ io l’ho pensato, ma quando si arriva in quella condizione, si ragiona molto diversamente. Ecco perché’ il testamento biologico e’ un ‘espressione di convinzioni che poi normalmente si mutano, magari quando non si è’ più’ in grado di revocarlo. In sintesi l’avanzata dell’eutanasia e’ solo il segno del l’indifferenza che si diffonde.

  10. Alessandro

    Benedetto XVI:

    “Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria…

    Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita.

    Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.

    Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità.
    L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace.

    Perciò, è anche un’importante cooperazione alla pace che gli ordinamenti giuridici e l’amministrazione della giustizia riconoscano il diritto all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia.”

    http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/peace/documents/hf_ben-xvi_mes_20121208_xlvi-world-day-peace.html

  11. Cornetta Maria

    E’ più facile eliminare chi non produce o chi dà fastidio che passarsi una mano dalla coscienza e dire: “se quella persona avesse sentito attorno solidarietà, conforto e avesse potuto contare anche su un valido supporto economico avrebbe abortito? Avrebbe desiderato la morte perché abbandonata al suo destino di sofferenza fisica o psichica? E così via. La società è sempre più egoista e presto il denaro sarà l’unico criterio che stabilirà chi è produttivo ( e ha diritto di vivere) e chi è povero, malato, vecchio o feto indesiderato e si può annientare come una mosca (non ho citato il cane perché, assurdamente,ho la sensazione che la sua vita sia considerata più degna di difesa e di considerazione di quella umana. E’ ovvio che anche gli animali hanno diritto al rispetto, ma sono comunque esseri inferiori).

  12. Fabrizio Giudici

    Ai vari commenti sopra, vorrei aggiungere una cosa. È evidente che bisogna ragionare su queste cose con empatia, per quanto possibile. Ma penso che sia vero il contrario di quello che si dice: e cioè che spesso di queste cose ragionerebbero quelli che non sono stati toccati dal problema. La morte è l’unica cosa certa, dal punto di vista materiale, della nostra vita; tocca tutti; sono tante le persone che ci sono care e, se non altro per un calcolo delle probabilità, è difficile che la maggior parte delle persone abbia sperimentato solo trapassi non drammatici. Tanto è forte questo tormentone: “ma voi state zitti, che non ci siete passati” che ieri una tizia l’ha detto a Socci sui commenti di fessbook: tanto per dimostrare chi è che apre bocca a vanvera senza conoscere le vicende degli altri. Se non fosse un argomento tragico, la cosa sarebbe comica.

    C’è poi una seconda considerazione, che provo a sviluppare, e che in seme mi pare presente dentro questo interessante commento di Sabino:

    Ecco perché’ il testamento biologico e’ un ‘espressione di convinzioni che poi normalmente si mutano, magari quando non si è’ più’ in grado di revocarlo. In sintesi l’avanzata dell’eutanasia e’ solo il segno del l’indifferenza che si diffonde.

    Intanto, la cosa più grave che ha fatto Fabo non è stato darsi la morte. Beninteso: non ho detto che non è grave; lo è, peccato mortale sufficiente da perdere un’anima, se non ci si pente e si è pienamente consapevoli. Ma non è la più grave. La più grave è il “testamento spirituale” con cui ha deciso di diventare testimonial di questa barbarie; e ben sappiamo che la sua vicenda ha molte probabilità di far passare leggi che siamo sempre riusciti a respingere. Perché un conto è chi, nella prova – momento in cui può anche perdere le proprie facoltà mentali, e quindi essere meno responsabile – cade nel peccato personale. Peggio è chi pretende di ribaltare il bene e il male, ed esserne arbitro, in modo tale poi che questo ribaltamento vada a formare una società e trascinare molte altre persone nello stesso grave peccato personale. Qui si arriva quello che GPII chiamava “struttura di peccato”:

    w2 . vatican . va /content/john-paul-ii/it/audiences/1999/documents/hf_jp-ii_aud_25081999.html

    Il dramma della situazione contemporanea, che sembra abbandonare alcuni valori morali fondamentali, dipende in gran parte dalla perdita del senso del peccato. Su questo punto avvertiamo quanto grande debba essere il cammino della ‘nuova evangelizzazione’. Occorre restituire alla coscienza il senso di Dio, della sua misericordia, della gratuità dei suoi doni, perché possa riconoscere la gravità del peccato, che mette l’uomo contro il suo Creatore. La consistenza della libertà personale va riconosciuta e difesa come dono prezioso di Dio, contro la tendenza a dissolverla nella catena dei condizionamenti sociali o a staccarla dal suo irrinunciabile riferimento al Creatore.

    3. È anche vero che il peccato personale ha sempre una valenza sociale. Mentre offende Dio e danneggia se stesso, il peccatore si rende pure responsabile della cattiva testimonianza e degli influssi negativi legati al suo comportamento. Anche quando il peccato è interiore, produce comunque un peggioramento della condizione umana e costituisce una diminuzione di quel contributo che ogni uomo è chiamato a dare al progresso spirituale della comunità umana. [mia osservazione: figuriamoci quando questo influsso negativo legato al comportamento è cercato e strombazzato]

    […]

    È tuttavia un fatto incontrovertibile, come più volte ho avuto modo di ribadire, che l’interdipendenza dei sistemi sociali, economici e politici, crea nel mondo di oggi molteplici strutture di peccato (cfr Sollicitudo rei socialis, 36; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1869). Esiste una spaventosa forza di attrazione del male che fa giudicare ‘normali’ e ‘inevitabili’ molti atteggiamenti. Il male si accresce e preme con effetti devastanti sulle coscienze, che rimangono disorientate e non sono neppure in grado di discernere.

    Grossomodo è la stessa differenza di una donna incinta che, in situazioni particolari (che, beninteso, non sono quelle della maggior parte delle donne che abortiscono), prende una decisione sbagliata e chi invece, non coinvolto dal problema, trasforma l’aborto in un “diritto umano”. Con l’aggravante che solo una piccola parte delle persone si trova in situazioni particolari (una donna incinta, o un malato grave), mentre con l’istituzione del testamento biologico tutti i cittadini italiani verranno esposti al peccato mortale, perché nel momento in cui cono sani e quindi perfettamente nel pieno delle loro facoltà mentali potranno esprimere una scelta che contrasta gravemente con i Comandamenti di Dio. Sarà quindi un atto di ribellione a freddo. E poi sappiamo bene che l’acquiescenza con il peccato porta altro peccato; per cui, chi nascerà e vivrà in una società regolata da leggi che prevedono il testamento biologico, molto più difficilmente sarà propenso a cambiare idea e accogliere la grazia di Dio che gli verrà offerta nel momento della prova.

    PS Questo si allaccia ad altri discorsi fatti nei giorni scorsi: siamo arrivati ad un punto che è la naturale conseguenza dello stato laico, inteso come “Etsi deus non daretur”, e della libertà religiosa. Infatti, l’argomento liberale con cui l’ateo ti dice “tu sei libero di pensare come vuoi, ma non puoi forzare gli altri”, su quelle premesse, sembra ben fondato. E però, come conseguenza, ci becchiamo la struttura di peccato, che ci rende meno liberi; che inganna altri, deboli, verso cui noi siamo responsabili.

    Con l’aggravante che, come al solito, si adegua pure la Chiesa gerarchica: dalla Santa Sede ho sentito, sinora, solo discorsi vaghi, a sfondo social-pietistico-assistenzialistico, in cui Dio è totalmente scomparso. E non commento ancora su una coda velenosa nell’intervista a mons. Paglia solo perché voglio prima trovare una trascrizione.

    1. Fabrizio Giudici

      Il corsivo, riferito alla citazione di GPII, avrebbe dovuto estendersi sino a “… in grado di discernere”.

    2. Beatrice

      @Fabrizio
      «PS Questo si allaccia ad altri discorsi fatti nei giorni scorsi: siamo arrivati ad un punto che è la naturale conseguenza dello stato laico, inteso come “Etsi deus non daretur”, e della libertà religiosa. Infatti, l’argomento liberale con cui l’ateo ti dice “tu sei libero di pensare come vuoi, ma non puoi forzare gli altri”, su quelle premesse, sembra ben fondato. E però, come conseguenza, ci becchiamo la struttura di peccato, che ci rende meno liberi; che inganna altri, deboli, verso cui noi siamo responsabili.»

      Ratzinger nel discorso che ho già citato, quello tenuto il 1 aprile 2005 a Subiaco al Monastero di Santa Scolastica, in cui difendeva la libertà religiosa e in cui parlava del legame tra cristianesimo e illuminismo, esprime proprio il concetto secondo cui anche ai non credenti conviene comportarsi “Etsi deus daretur” per il bene della società, fatto che non va però a ledere la libertà religiosa degli individui:

      «Nell’epoca dell’illuminismo si è tentato di intendere e definire le norme morali essenziali dicendo che esse sarebbero valide ‘etsi Deus non daretur’, anche nel caso che Dio non esistesse. Nella contrapposizione delle confessioni e nella crisi incombente dell’immagine di Dio, si tentò di tenere i valori essenziali della morale fuori dalle contraddizioni e di cercare per loro un’evidenza che li rendesse indipendenti dalle molteplici divisioni e incertezze delle varie filosofie e confessioni. Così si vollero assicurare le basi della convivenza e, più in generale, le basi dell’umanità. A quell’epoca sembrò possibile, in quanto le grandi convinzioni di fondo create dal cristianesimo in gran parte resistevano e sembravano innegabili. Ma non è più così. La ricerca di una tale rassicurante certezza, che potesse rimanere incontestata al di là di tutte le differenze, è fallita. Neppure lo sforzo, davvero grandioso, di Kant è stato in grado di creare la necessaria certezza condivisa. Kant aveva negato che Dio possa essere conoscibile nell’ambito della pura ragione, ma nello stesso tempo aveva rappresentato Dio, la libertà e l’immortalità come postulati della ragione pratica, senza la quale, coerentemente, per lui non era possibile alcun agire morale. La situazione odierna del mondo non ci fa forse pensare di nuovo che egli possa aver ragione? Vorrei dirlo con altre parole: il tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo. Dovremmo allora capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita ‘veluti si Deus daretur’, come se Dio ci fosse. Questo è il consiglio che già Pascal dava agli amici non credenti; è il consiglio che vorremmo dare anche oggi ai nostri amici che non credono. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno.»

      Chi vuole leggere tutto il discorso lo trova al seguente link: http://www.ratzinger.us/modules.php?name=News&file=article&sid=175&t=LEUROPA-NELLA-CRISI-DELLE-CULTURE

  13. stefano

    Questo Papa purtroppo tace quando deve parlare e parla quando è meglio tacere..siamo ormai nella neo chiesa “stravagante e protestantizzata ” profetizzata da vari mistici ( Valtorta ,Emmerick ) .Che tristezza questa adesione senza veli all’eresia modernista da parte del pontificato di Bergoglio. Non ci resta che pregare e digiunare

  14. enrico venturoli

    Caro Sabino, mi è capitato di vedere sul letto di morte delle persone che volevano parlare, ma le condizioni della malattia non lo consentivano loro ed avevano gli occhi sbarrati per il terrore e la disperazione di non poter comunicare con i loro cari. E se qualcuno avesse fatto il testamento biologico, con richiesta di eutanasia, e fosse in queste condizioni per non poterlo annullare?

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