“Quando eravamo femmine”. Un estratto

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Un estratto dell’introduzione del libro QUANDO ERAVAMO FEMMINE di Costanza Miriano

Non è da farne un dramma, è solo che arrivi a una fase della vita in cui capisci che certi dadi sono tratti, non puoi più cullarti nell’illusione che tutte le strade davanti a te, ammesso che ci fossero davvero, siano ancora aperte, come era scritto sul poster della Nike che ha ispirato la mia adolescenza, appeso nella mia camera da letto insieme a quello della Dorio che vinceva l’oro olimpico – era il tempo in cui credevo a tutto – e agli altri di impresentabili cantanti che non sono disposta a rivelare gratis. Ormai lo so: io l’oro olimpico non lo vincerò (i pantaloncini uguali a lei però ce li avevo), né sarò mai un magistrato, o una in grado di cambiare una ruota, né una persona mattiniera, di quelle che sanno scegliere con sicurezza una carta da parati prima di mezzogiorno (i negozi di arredamento sono aperti il pomeriggio apposta).

Altre conquiste penso ancora che le potrei raggiungere, se solo mi impegnassi. Potrei addirittura imparare ad arrivare puntuale ogni tanto, indossare il reggiseno, limitare l’uso delle parole a quanto richiesto dalle circostanze. Come fanno i miei figli, i quali al mio «Come va?», generalmente rientrando a casa, rispondono emettendo una vocale a scelta, e il tonfo secco delle Adidas abbandonate in corridoio («Se ero morto non tornavo» chiosano, quando proprio vogliono sfoggiare le lunghe ore dedicate allo studio della retorica e sentirsi parte di un’élite intellettuale). A me, invece, purtroppo la medesima domanda scatena un insopprimibile impulso alla condivisione, o più precisamente, il dovere morale di elencare per filo e per segno tutto quello che manca alla mia perfetta felicità. E siccome noi siamo “infiniti quanto al desiderio”, come disse Dio a santa Caterina da Siena, l’elenco di quello che manca a volte può rivelarsi davvero impegnativo. Dipende sempre da quanto tempo hai, incauto interlocutore che mi hai posto la domanda, o quanto credito sul telefono. Ciò che mi impedirà di correggermi, temo, è che ho tante amiche che riescono sempre a trovare un po’ di spazio per me, anche in mezzo a un numero impensabile di figli e lavori. Perché questa è la caratteristica di noi donne: la capacità di fare comunque, in qualche modo, spazio a un altro, ascoltare, accogliere, ricevere, anche quando sembra di non avere più spazio interiore.

Mi ascolta anche l’amica che torna dal turno di lavoro, e quando la chiamo la trovo in autostrada che sta appunto piangendo un po’, giusto per mettersi avanti col lavoro, in modo da arrivare a casa già “pianta”, anticipando il ruolino di marcia quotidiano. Mi ascolta quella con la figlia malata e quella senza lavoro, e non mi mandano neanche a lumache, mai, neppure quando io con le mie paturnie le derubo delle forze residue. Conosco donne che hanno sempre un po’ di spazio da farti, le orecchie in ascolto, la capacità quasi soprannaturale di chiamarti quando ne hai bisogno, o di offrirti una mano quando stai sul punto di servire un gin tonic alla prole per creare un clima disteso e favorire una mediazione sulla questione dei posti sul divano che ha provocato due graffi e tre seiunidiota. Ascoltano anche quelle che si proclamano forti e indifferenti alle debolezze da femminuccia, anche quelle che non sono amiche, perché la vita, comunque, è il nostro core business, di tutte, anche quando non lo vogliamo ammettere.

Ho incrociato, intercettato, a volte intrecciato le vite e le storie di tante donne. Ci siamo raccontate la vita, magari solo un pezzo, in pochi minuti, o in anni di amicizia. Miracolosamente, io che dimentico compleanni e pediatre, vado ai convegni il giorno dopo e detengo il record mondiale assoluto di persona alla quale è stato spiegato più volte, invano, il conflitto israelo-palestinese, io, invece, me li ricordo questi racconti e, non so come, li associo anche ai nomi e ai volti giusti, anche se ormai credo siano diventati migliaia, anche se li ho solo sfiorati per qualche momento. È che le storie delle persone mi interessano tantissimo, per un motivo che non saprei esattamente in quale punto collocare lungo quella sottile linea che congiunge una persona dal cuore spazioso e accogliente a un’altra solo ficcanaso e curiosa. Qualunque sia il motivo, le persone mi interessano. Il perché non riesca mai a ricordare quali vaccini ho fatto ai figli (ma è scritto in un foglietto che sta nella scatola dei biscotti, mi pare) né dove ho messo il telefono (forse non lo vedo perché ci sto parlando dentro), mentre la storia che Francesca mi ha raccontato due anni fa sia impressa a caratteri di fuoco nella mia mente, lo ha spiegato benissimo sant’Agostino, e siccome non era una sua confidenza personale ho dimenticato le parole precise. Il senso era questo: impariamo solo quello che ci piace.

Deve essere per questo che ho tanti problemi con il router della wi-fi e i lettori xdcam: a me interessano solo le persone, anzi, proprio non concepisco che possa esistere qualcosa di inanimato, credo profondamente che la stampante a volte mi guardi con disprezzo se perdo tempo su Facebook, che le lampadine non si fulminino per motivi tecnici ma si spengano per solidarietà quando sono triste, e che il lettore mp3 in macchina salti non per le vibrazioni dei sampietrini ma esattamente per ricordarmi che devo dire il rosario invece che cantare a squarciagola con Eddie Vedder. (Comunque, signor Vedder, se cerca una corista a lei devota e fornita di boa di struzzo, anche se avanti con gli anni e stonata, io ci sono.) «Tu che mai ti fermi nel riparare la vita» scrive Luce Irigaray, filosofa della differenza francese, facendo eco, da tutte altre premesse, a Edith Stein: «La donna è chiamata naturalmente alla missione di sposa e di madre: essere sposa significa essere la compagna che presta sostegno all’uomo, alla famiglia, alla comunità. Essere madre ha questo senso: custodire la vera umanità, difenderla e portarla al suo pieno sviluppo. La duplice funzione di compagna mirianoQUANDOcover ridottadelle anime e di madre delle anime non è limitata agli stretti confini dei rapporti matrimoniali e materni, ma si estende a tutti gli esseri umani che entrano nel suo orizzonte.» È per questo che siamo così, e come scrive Luisa Muraro, non è mica merito nostro. Non è che “siamo brave”, anzi, possiamo a volte non esserlo affatto: «Essere donna è un privilegio, come nascere nobile nelle antiche civiltà aristocratiche: puoi non esserne all’altezza ma, come non l’hai meritato, così non lo perdi.» È una filosofa femminista a parlare, quindi spero che nessuna donna si offenda a sentirsi dire, leggendo nel suo Non è da tutti. L’indicibile fortuna di nascere donna, che «diversamente da quelli del sangue, il privilegio di cui parliamo si gode specialmente nell’intimo di sé… non si specchia invece nelle graduatorie della società e in società diventa visibile solo a sprazzi. In una donna la grandezza c’era da prima, era sua da prima, non appariscente, come un’avventura segreta, come un abito di tutti i giorni ma disegnato da Valentino. Occorre però che lei accetti il suo privilegio e lo coltivi, come hanno fatto i nobili in certe epoche e in certi paesi».

La donna risponde al bisogno di riconoscimento che abita in ogni persona. Per la mamma, anche la più critica, è comunque un bene che tu ci sia (se ha detto il contrario quando in seconda liceo le avete messo in casa nove diciassettenni a cena senza preavviso non vale, e comunque è caduto in prescrizione), la tua esistenza ha valore per se stessa, ed è la mamma la prima a dovertelo confermare. «Se una donna è presente» scrive la filosofa femminista, «qualcosa di quell’antica relazione rivive e il bene senza nome si riproduce» grazie a quello che lei è capace di mettere in ogni rapporto, «una presenza intelligente, una presenza comprensiva, una presenza generosa, una presenza anche compassionevole. Avere uno sguardo compassionevole per chi ha sbagliato e per chi è vittima di chi ha sbagliato.»

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QUANDO ERAVAMO FEMMINE
Lo straordinario potere delle donne
Anno: 2016
Euro 15.00
Isbn: 978-88-454-2608-7

46 pensieri su ““Quando eravamo femmine”. Un estratto

  1. Giovanna carfora

    Questo tuo libro lo compro e lo leggo. Credo tu abbia superato te stessa…..ironia e intelligenza, umilta’ e consapevolezza. Consapevolezza anche di cosa sei, Costanza. UN REGALO PER TUTTE NOI. Grazie
    Giovanna

  2. Giovanna carfora

    Vorrei anche aggiungere che “quando eravamo femmine” i neonati in braccio ce li davano a 10, 12 anni: magari quando una cugina o tua madre stessa, sfinite per troppa figliolanza, te li mollavano perché tu li cullassi un po’ ….
    Forse questo accadeva qualche generazione fa , prima che decidessero di farci studiare e lavorare .E quel maternage montava da dentro, ci inondava di tenerezza e di istinto protettivo.
    Gli ormoni della maternita’ esistono , eccome. Chi piu’ chi meno, chi in un modo e chi in un altro, secondo quanto le nostre risorse fisiche e psichiche ci dettano. Sono gli stessi ormoni che si impongono quando una donna adotta un bimbo e subito dopo rimane inspiegabilmente incinta, dopo infiniti tentativi andati a vuoto.
    Giovanna

  3. Luigi

    Leggendo – con molto gusto, complimenti! – pensavo alla mia grande amica Edith e tra me pensavo “chissà se conosce i suoi scritti sulla donna”… E poco dopo me la trovo citata… 😉

    Buon cammino!

  4. Francesco

    Sicuramente un’ottima lettura anche per noi mariti… per comprendere meglio le persone fantastiche che abbiamo accanto. Brava Costanza … e bravo Guido… vicino a una grande donna c’e’ sempre un grande uomo! Francesco.

    1. Fabio

      Ma non era il contrario? … “Vicino a un grande uomo, c’è una grande donna”?
      LOL
      Grazie Costanza per svelare a noi uomini come siete fatte! Chissà che non ci aiuti a capirvi …
      Buona domenica!

  5. «Perché questa è la caratteristica di noi donne: la capacità di fare comunque, in qualche modo, spazio a un altro, ascoltare, accogliere, ricevere, anche quando sembra di non avere più spazio interiore». Fosse vero! (questa cattiveria certamente non me la perdona!)

    1. Luigi

      “Fosse vero! (questa cattiveria certamente non me la perdona!)”

      Diciamo che, salvo eccezioni comunque diffuse, non è più così.
      Come del resto, sempre fatte salve le eccezioni pur esistenti in numero non disprezzabile, gli uomini non sono più nobili come descritto nel paragone.

      I risultati di questa oscena mutazione antropologica sono sotto gli occhi di tutti, anche se molti non vedono tali risultati.

      Al di là delle battaglie sacre e sante – contro il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, le droghe, il commercio di bambini… tutti crimini contro l’umanità – questo è l’obiettivo di fondo della guerra: ricordare, opportune et importune, che uomini e donne possono essere ben altro da ciò che il sistema offre come modello.

      Se la memoria non m’inganna, “Fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza” 😉

      Ciao.
      Luigi

  6. Maria elena Mataloni

    Ho letto poche righe di questa presentazione, non vorrei rovinarmi il gusto di leggerle nel libro.
    È fantastico , il Signore provvede, come quando salta mp3 per dire il rosario, così con questo libro.

    Il bello non è tanto ritrovarsi nelle splendide parole,,ma che qualcuno ha dato a queste un senso. Qui sulla terra.
    Grazie

  7. E intanto dalla filosofa nonché deputata Michela Marzano, veniamo a sapere che:

    «Che cos’è la maternità? La maternità è un ruolo e può essere esercitato da un uomo o da una donna […] Questo ruolo può essere esercitato da una donna, ma anche no. Può essere esercitato da un uomo, ma anche no […] bisogna stare estremamente attenti a non scivolare in uno stereotipo della femminilità e della maschilità».

    Attenta Costanza, sei irrimediabilmente scivolata in uno stereotipo! (SIC!)

    1. Giusi

      Per contrastare queste baggianate (filosofa de che?) posto una bella riflessione del Mastino che cade a fagiolo:

      Renzi: “Ha vinto l’amore”. Ossia la sensualità.
      Era la stessa vittoria che declamarono coloro che, all’indomani dei referendum su aborto e divorzio, festeggiarono l’incapsulamento nelle leggi umane della “libertà di amare”.
      Chissà perché da allora in poi si sono visti sempre più “amanti liberati” tristi, arrabbiati, psicanalizzati, depressi, soli infine. Già, perché la libertà che non sa donarsi ha per compagna la tristezza e per amante la solitudine; la libertà senza l’amore è una prigione, peggio: è un’agonia in un letto d’ospedale arrugginito in una città devastata e abbandonata da Dio.
      Leggevo ieri sera le parole di un filantropo e poeta francese, Raoul Follereau, che era anche un gran cattolico con molte delle illusioni in voga ai tempi suoi.
      Scriveva allora mezzo secolo fa, ricordandomi questi nostri giorni:
      “Quando l’amore abbandona il mondo,
      gli zotici sono principi,
      e i mostri, re.
      Quando l’amore abbandona il mondo,
      ritorna il regno delle streghe”.
      Emblematico quel motto delle abortiste: “tremate tremate le streghe son tornate”.
      Sterili e sole, come tutte le streghe, si sono portate via le vite di tanti bambini: davvero, le streghe esistono e odiano i bambini. O li rapiscono per farne degli apprendisti stregoni.
      Speriamo che le streghe se ne vadano, e tornino le donne. E gli uomini. Che hanno rapito tanti anni fa. E questo incantesimo malefico che grava sull’Occidente, rendendolo pazzo di passioni mortifere, si dissolva (Il Mastino blogger)

  8. Klaus B

    Intanto, proprio in questo momento, i siti dei media mainstream mettono in massima evidenza la notizia che negli USA “è nato il figlio di …” un noto politico italiano “e del suo compagno …”. Così, con questa improntitudine, come se avesse un senso dire che è figlio loro.
    Mentre a me viene in mente piuttosto, non so, che è come se fosse pronto l’abito su misura opera di un noto sarto o, come poteva accadere fino a qualche anno fa, la fuoriserie appositamente realizzata da un carrozziere per i capricci di un miliardario.
    Poi chiariscono che “è nato in California con la maternità surrogata” e che, come se non bastasse, il suo “papà” più celebre ha dichiarato: «Uso provocatoriamente questo mio sogno contro la pigrizia della politica sul tema dei diritti civili».

    1. Preghiamo Dio che questo suo “sogno” (pericolosi i sogni a volte) non divenga un INCUBO per questo “figlio” (sarebbe necessario aggiungere “surrogato”, ma poveretto sarebbe già un bollatura che non merita…)

    2. Luigi

      Cito:
      «Uso provocatoriamente questo mio sogno contro la pigrizia della politica sul tema dei diritti civili»

      Evidentemente non esiste più il commercio delle macine.

      Ciao.
      Luigi

        1. Luigi

          Nonostante la mia nota immodestia, non ho (ancora) la pretesa di esclusiva sul nome.

          Per altro Luigi è davvero il mio nome, non un semplice nick; e come dicevano i Romani, il nome è un destino.
          Motivo per cui me lo tengo stretto 😀

          Per altro direi che sia decisamente semplice comprendere quale Luigi scrive…

          Ciao.
          Luigi

          1. Vanni

            “Per altro direi che sia decisamente semplice comprendere quale Luigi scrive”

            Bè, dipende dall’argomento. Su tante cose potreste andare d’accordo e non essere, dunque, distinguibili.

            1. Luigi

              È per quello che ci sono gli avatar, che rendono appunto semplice distinguere gli utenti.
              Certo è più semplice che tirar fuori la schizofrenia…

              Ciao.
              Luigi

              1. Luigi igiul

                Ok, visto che ci sto tornando spesso qui e che mi sento chiamato in causa, cambio il mio nick (anche io son Luigi di nome e di fatto!) in Luigi igiul, così, a parte l’avatar, non facciamo confusione… :p

    3. Dunque, fatemi fare i conti: il bimbo ha come “padre genetico” (seme) il compagno del noto politico, come “madre genetica” (ovulo) una giovane californiana e come utero una indonesiana residente negli Stati Uniti.
      Ma che bel castello.

      1. vale

        uhm, se sono così cosmopoliti ed assolutamente non razzisti, com’è che ,come per l’altro senatore pd,mi pare, l’ovulo non è dell’indonesiana ed il contenitore biologico ( vorrete mica che scriva che hanno affittato l’utero di un essere umano?) della californiana?

        no bambini con pelle olivastra o occhi a mandorla?

        1. Ovviamente è nell’interesse del piccino (non sia mai che un domani gli venisse qualche perplessità nel vedersi un tantino differente dai cugini pugliesi e canadesi).

          1. Luigi

            Beh, ma è cosa nota: eugenetica e progressismo, illuminismo e razzismo si intrecciano come i rami di una stessa pianta.
            Il che è piuttosto ovvio, considerato che sono lo stesso albero.
            Dall’America WASP alla Svezia luterana, passando per l’Unione Sovietica e il III Reich, si ritrovano sempre – sempre – lo stesso odio per Dio e per l’uomo, Sua creatura.

            E non è che tale odio assuma espressioni poi così diverse.

            Gira e rigira, abbiamo sempre ateismo di Stato più o meno mascherato, divorzio e aborto a piacere, selezione genetica ed eliminazione dei “deformi”, eutanasia spintanea, omosessualismo delirante, cattiveria e bruttezza oscena (mai considerata la straordinaria somiglianza del “realismo socialista” con le realizzazioni delle archistars fuksasiane?).

            Non a caso – che per altro non esiste: il caso è concetto del demonio – ogni occasione è buona e sfruttata, ogni giorno, per dare addosso alle pur decadute nazioni europee di antico retaggio cattolico (Italia su tutte!), alla Russia e alla Grecia ortodosse, alle Americhe latine…

            Ciao.
            Luigi

            1. Vanni

              Per arricchire il filone, due riflessioni del Mastino.

              PORCI E UOMINI.
              Ricordo che intorno al 2000, giovanissimo, mi occupavo di un piccolo giornale locale. Ero iscritto e militante del PDS. Già allora si cominciava a parlare che “alla Inghilterra”, immaginata come (in effetti è) patria di subumani, delle coppie gay avevano affittato uteri e acquistato bambini.
              Io tutto sommato ero d’accordo, se non altro per dispetto alla Chiesa, ma in ogni caso ero un liberal-radicale. Lo dissi ad una riunione del giornale. Un esponente di Rifondazione mi diede ragione. Ma una donna di sinistra, certamente femminista, di mezza età, mi spiegò come stavano le cose, in termini precisi, concisi ed eloquentissimi e infervorandosi anche:
              <> ululò, <>.
              Poi si calmò: “Scusate il fervorino, ma i maiali non mi sono mai piaciuti”.

              “Dopo che ha affittato una donna, non tutta (che schifo!), un pezzo soltanto come fosse un quarto di bue in macelleria (complimenti femministe: avete proprio “liberato” il vostro corpo, bella liberazione), ovviamente povera (la malattia senile del comunismo è il turbocapitalismo rapace, vedi la Cina) acquistandone di poi il bambino e imprimendogli con la moneta sonante e rovente il marchio della proprietà privata (a proposito di Capitale di Marx: l’eterogenesi dei fini che rovescia tutto nel contrario) come un porcellino acquistato alla fiera del bestiame, A CHI LO CRITICAVA PER QUESTO, VENDOLA HA TROVATO UNA RISPOSTA CONVINCENTE ED ESAUSTIVA:
              “Squadristi! Fassisti”
              Ti stimo moltissimo!
              Ma chissà com’è che quando lo dice con quella sua linguetta sibilante sembra quasi eccitarsi.”

              1. Vanni

                Scusate, nel primo intervento del Mastino mi è saltato il fervorino della femminista. Eccolo.

                Ricordo che intorno al 2000, giovanissimo, mi occupavo di un piccolo giornale locale. Ero iscritto e militante del PDS. Già allora si cominciava a parlare che “alla Inghilterra”, immaginata come (in effetti è) patria di subumani, delle coppie gay avevano affittato uteri e acquistato bambini.
                Io tutto sommato ero d’accordo, se non altro per dispetto alla Chiesa, ma in ogni caso ero un liberal-radicale. Lo dissi ad una riunione del giornale. Un esponente di Rifondazione mi diede ragione. Ma una donna di sinistra, certamente femminista, di mezza età, mi spiegò come stavano le cose, in termini precisi, concisi ed eloquentissimi e infervorandosi anche:

                “Volete un bambino? Desiderio nobile; andate a cercarvene uno abbandonato e crescetelo. Se non altro sarete considerati dei benefattori. Ma se tu, grandissimo frocio, per il fatto che sei ricco dici “io il bambino me lo compro e me lo faccio confezionare col mio seme, perché deve essere miooooooooo” allora tu non solo sei un grandissimo frocio, sei pure un grandissimo porco, maiale, suino, schifosooooo!” ululò, “è questa la differenza principale tra un uomo e un maiale”.

                Poi si calmò: <>.
                Chissà se la pensa ancora così.

  9. Catherine

    cara Costanza, anche questo tuo libro, lo compro, lo leggo, e ne regalo un bel po’ di copie… perché sei proprio speciale, è la prima volta che te lo dico, quindi: grazie
    Catherine

  10. ASTRATTO: La Donna e la Maternita’.
    Per parlare della Donna a riguardo di uno degli aspetti piu’ belli quale la maternita’ e’ prioritario iniziare questa investigazione con la Donna/e Libera/e.
    Avere questo Stato di Liberta’ si rende necessario per raccogliere informazioni valide i cui risultati saranno esenti dalle circostanze o dalla casistica.
    Questa premessa elimina: uomo, donna, cultura, tradizione e societa’ rendendo le osservazioni vere come da suo libero comportamento a riguardo la maternita’: cioe’ non condizionato da fattori esterni.
    Diversamente saranno solo dati di una miriade di punti di vista locale, opinioni regionali, tradizioni nazionali e ottiche diverse, ricche di abberrazioni per la presenza dei preconcetti accumulatisi da secoli di storia a riguardo la maternita’ della donna.
    Condizione questa che richiede un grande sforzo di civilizzazione per approdare di la’ dei danni di dignita’, rispetto e di vita famigliare/sociale inflitti alla/sulla Donna da leggi sociali ingiuste ed oppressive delle culture e tradizioni dei secoli passati.
    L’ignoranza storica mostra che la sofferenza e la mancanza di liberta’ hanno plasmato la Donna a una personalita’ di “passivita’ coatta”, ancor oggi praticata, avendole negato i benefici di progresso spirituale e reale e l’esercizio dei dirtti inalienabili quale Creatura Libera da qualsiasi condizionamento da parte di altri o circostanze.
    Assistiamo tuttora come i suoi diritti siano limitati e concessi alla sua partecipazione e contributo alla vita sociale, per la perseverante sopraffazione dell’ego e prepotenza maschile.
    Le ovvie eccezioni aiutano ben poco la realta’ a rimuovere il fatto che la Donna rimane ancor oggi’ una persona di seconda classe nel tessuto sociale.
    Partendo dalla inscindibilita’ ed intoccabilita’ della dignita’ e qualita’ del suo Essere e’ insito anche per Lei il diritto a liberta’ e buon tenore di vita: non per logica di concessione maschile, ma bensi’ per diritto di Persona Donna
    Cardine di impotanza basica e di riflessione per il maschio-uomo che prova di non aver raggiunto ancora una civilizzazione morale e di Giustizia nei confronti della Donna.
    Ne consegue che, privi di questa piattafoma, le solite cantilene e litanie sarannno l’elenco di posizioni mancate, sbagliate e strane a riguardo della Donna del nostro tempo e il suo comportamento a riguardo la maternita’.
    Ridiamo quindi il pedestallo di diritto della Donna, saggiamente educata, come dovere di farlo, capace di agire in modo autonomo pari pari all’uomo maschio e poi potremmo fare un rapporto equilibrato sulla Donna a riguardo la sua capacita’ di procreare.
    Cordiali saluti, Paul

    1. Infatti (per ora) è solo un bel business e un “diritto” da ricchi… 😐

      Non che mi auguri si arrivi a vederselo “passare” dalle asl (!)

      1. Arianna

        …che già passano cicli di PMA a chi ha determinati requisiti (ormai la fecondazione assistita fa parte dei LEA), ma se devo fare una visita oculistica di routine mi danno appuntamento tra otto mesi perché non hanno soldi per assumere un oculista in più!

        1. Paul Candiago

          Signora Arianna,

          non si preoccupi degli alti costi dei prototipi umani all’inizio delle catene di produzione e’ sempre cosi’.

          Migliorando la tecnica di produzione in serie, come avvenuto per televisori, frigoriferi, lavastoviglie, i prezzi calano moltissimo come lo e’ ora per gli elettrodomestici diventati alla portata di tutte le tasche.

          Avremmo modelli di serie meno costosi e modelli di lusso, occhi azzurri e capelli biondi, per chi ha piu’ denaro.

          Non passeranno decenni che anche alle vitrine dei centri commerciali si potranno comperare bambini secondo i nostri gusti e a prezzi modici.

          Io sono troppo vecchio ma un bel bambino da fargli da nonno, ed aggiugere a quelli che ho gia’, un pensierino glielo farei: mi son sempre piaciuti i bambini.

          Modernamente aggiornato alle meraviglie che l’uomo sa compiere quando impiega le sue capacita’ cognitive e scientifiche verso il bene della societa’, cosi’ spopolata e bisognosa di bambini da produzione industiale, ma, purtroppo io rimango ancora il solito tradizionalista del passato con morale ed etica diversa dalle mode liberali dal tempo in cui vivo.

          Non si preoccupi se non mi spiego bene, tanto prima o poi l’Ordine Divino ristabilira’ la sua Legge vedendo che nuovamente la deparvazione umana ha superato di gran lunga Sodoma e Gomorra.

          Cordiali saluti, Paul

  11. Mari

    Cara Costanza ho acquistato ieri il tuo libro…lo sto leggendo a piccoli sorsi ..gustandolo e ritornando sulle frasi o concetti che mi piacciono …e’ un piccolo gioiello …brava brava …

  12. Pingback: Di surrogacy, amore e sacrificio | il ricciocorno schiattoso

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