di Massimiliano Coccia
C’è una cosa che mi piace fare più di tutte: togliere le erbacce. Alle volte lo faccio anche sui terrazzi degli amici, nei giardini comunali o nei cimiteri. Non posso vedere un fiore che quasi soffoca con l’ortica a lato, oppure un’edera che sale e magari ha un convolvolo che lo stritola. Quegli attentati alla bellezza non li porta qualcuno ma li genera la natura stessa, ingannando alle volte l’occhio più esperto, perché l’erbaccia somiglia quasi sempre alla pianta che vuole soffocare.
“Non li raccoglie quelli, che se chiamano pisciacani”, diceva spesso mio nonno riferendosi ai fiorellini gialli che infestano giardini e marciapiedi, un fiore che si sviluppa e sopravvive grazie a cotanto prodotto di scarto, che però ha come unico obiettivo quello di ammazzare le margherite bianche, perché la natura sa essere crudele con poco.
Se ci fermiamo un attimo è così anche la nostra vita, è così anche il nostro rapporto con la bellezza. Certe volte crediamo di averla trovata e poi un bel giorno ci svegliamo su una vellutata di ortiche e giuriamo a noi stessi, che mai, mai più, ci faremmo ingannare. Anche mentre scrivo questo pezzo combatto contro le ortiche, contro quei pronomi, quegli aggettivi, quel lessico “eziologico” che non serve a niente, se non a “fare caciara” nel discorso, quindi in questo momento sto lottando per tenere la “presunta” bellezza di questo articolo lontano da giri di parole senza senso.
Spesso per fuggire a questa confusione è utile e sano andare nel deserto, prendere la giusta distanza dalle cose, pregare, meditare, farsi male, farsi bene, essere mediamente pazzi ed eccessivamente felici, perché anche se tutti lo dimenticano la bellezza è felicità e con essa si lega se vista da vicino, se vista negli occhi. Certe volte quando la osservi veramente ti senti perso, la bellezza è la voce più potente che Dio possa emettere, per questo noi cattolici abbiamo una innata gioia, una sensazionale felicità, non solo perché vinciamo la morte con la Resurrezione, ma perché vinciamo l’oblio con la bellezza, che è sempre dolorosa. Se pensiamo che il golfo di Napoli è stato modellato da cataclismi o che le scogliere più belle del mondo sono state logorate, mangiate dal mare o ancora che una donna mette al mondo un’altra vita partorendo con dolore, tutto risulta più facile.
Se pensiamo che quel simpatico ragazzo di Galilea che ci ha reso liberi dalla morte e dal peccato si commuoveva in un orto degli ulivi, combatteva in un deserto, sentiva l’odore forte del lago di Tiberiade, non si è mai arreso alla stortura ci sentiamo meno soli. Per questo non dovremmo aver paura della bellezza, per questo proprio nell’ora più dura, quella in cui tutto cambia dovremmo lottare ancora di più per arrenderci e morire, morire a noi stessi, alle erbacce, al nostro passato, dovremmo goderci quella luce totale, quella luce c’è la domenica mattina, che c’è quando si apre forte la porta di casa per far entrare qualcuno, la stessa luce a cui non ci arrendiamo mentre qualcuno cerca di spegnerla.
Questo fa l’artista, questo fa mediamente ogni essere umano. E se in questi giorni di deserto mi sono infilato in questa selva di domande è perché Don Stefano Cascio, che mi onora di essergli parrocchiano, mi ha coinvolto nella moderazione di un incontro pubblico dal titolo “La bellezza vi renderà liberi” e anche se non devo dire niente, ma devo star attento al fatto che altri non parlino troppo, mi sono lacerato e commosso nel riprendere in mano questo eterno rapporto tra l’Altissimo e la bellezza. Mi sono lacerato felicemente, come un viandante nel deserto che non si chiede tra quanto giungerà una città sull’orizzonte, ma se sarà pronto ad entrarvi. In questo incontro che faremo sabato 20 febbraio dalle 16.00 in poi al centro Saint Louis de France (Largo Giuseppe Toniolo,20), organizzato dalla Diaconia della Bellezza, ci saranno storie bellissime ed enormi, lottatori veri, felici e ci sarà anche parecchia bellezza. Dopo l’incontro invece che il solito buffet, andiamo strappare le erbacce.
A me i ” pisciacane” piacciono un sacco e non sapevo che crescessero così belli grazie ad un tale nutrimento…ma mi commuove.
Io non mi affannerei troppo a strappare le erbacce…magari in mezzo a quelle si nasconde un seme di rosa pronto a meravigliarci. .e poi strappa strappa viene la tentazione dei pesticidi e non cresce più niente di gratuito e stupefacente.
La Bellezza è gratuita e a volte bisogna lasciare e attendere che irrompa, come dice la O’ Connor, “…nel territorio del diavolo “.
A proposito delle erbacce: “Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura” (Mt 13,30a). Scusate il tono polemico, ma quello della bellezza lo vivo come un tormentone … Quanto vorrei che si insistesse anche sugli altri trascendentali: unum, verum, bonum et pulchrum. Non solo pulchrum, altrimenti ricadiamo nell’estetismo e nell’emozionale tipico dell’attualità ….
A proposito di pisciacani (mai sentiti chiamare così, ma l’Italia è lunga! :)), leggetevi Fabrice Hadjadj “La terra strada del cielo”.
Nel Senese si chiamano pisciacani.
Anche in Umbria. Ma è la prima volta che lo risento dalle elementari.
E comunque quando producono i semi diventano “soffioni”.
Taràxacum officinale

L’ha ribloggato su Piovono miracoli.