Centro di gravità permanente

simbolo

di Andrea Torquato Giovanoli

L’altro pomeriggio mi trovavo a casa con i due piccolini di famiglia: il treenne e la pargoletta. Loro erano in salotto a giocare con il LEGO Duplo, mentre io mi trovavo nella loro cameretta, ma da uno spiraglio della porta potevo tenerli d’occhio. Così ho avuto modo di assistere alla scena furtiva della quasi duenne che, con scatto felino ed agile mossa, ha rapinato un omino dalle mani di suo fratello, il quale, con la pachidermica delicatezza che lo contraddistingue, se l’è ripreso strappandoglielo via e sbilanciandola tanto da farla sedere pesantemente sul suo pannolino.

E lì è iniziato lo spettacolo vero: la furbetta ha cominciato a sbraitare come sotto tortura, mentre con malizia e senso teatrale tutto femminile si è adagiata a terra fino a sdraiarsi completamente, così da prepararsi all’arrivo del genitore, il quale, attirato dalle sue grida esagerate, si sarebbe affacciato su una scena inequivocabile: lei, povera vittima indifesa, a terra in un lago di lacrime ed il fratello, bruto prepotente, in piedi con un giocattolo in mano, in una posizione indifendibile. Il tutto nel subdolo tentativo di manipolare a suo favore il mio giudizio, una volta accorso alle sue urla.

È stato così che, di fronte alla rappresentazione di quella creatura acerba, non ho potuto trattenermi dal considerare una volta di più come davvero la femmina della specie umana denoti un’innata tensione al melodramma.
Questo perché la donna è la detentrice dell’arte dell’interpretazione, dote peculiarmente ascritta al ginogeo, che le consente di interpretare i sentimenti, i segnali del corpo, i contesti, i linguaggi verbali e non, ma soprattutto determinate parti, come quella della vittima ad esempio, che tra l’altro le viene benissimo, e che spesso prende spunto da questioni di minimo rilievo per montare su in pantomime di grosso calibro.
Pièces teatrali che quasi sempre hanno l’obbiettivo subliminale di mettere in scacco il maschio, il quale, proprio come il mio mezzano, davanti a cotali scenografie rimane spiazzato, indifeso, succube di circostanze manipolate a suo sfavore che hanno la malevola tendenza a castrarlo, e che quindi, come da adamitico copione, lo inducono ad una reazione vigliacca.
E invece no.
L’uomo, anche per quella sua natura esentata dal “ciclo”, in quei momenti in cui la donna parte per la tangente dello psicodramma ha il compito di rimanere ancorato ai fatti, senza assecondarla, ma prendendo la giusta distanza e mantenere una certa obbiettività sulle reali cause della sua esplosione isterica, la quale normalmente ha origine da inezie ingigantite ad arte (se non addirittura dolosamente equivocate) e perciò assumersi, nel rapporto di coppia, la parte greve del minimizzatore.

Se abdica a questo suo ruolo di arginatore, la naturale inclinazione femminile ad esasperare deborda: il dramma diventa tragedia, la tragedia diventa catastrofe, la catastrofe sfocia nella crisi, e poi è panico isterico. Totale. Di massa.
Egli deve comprendere che la scenograficità estrema della donna è invero una richiesta d’aiuto: la domanda di un confine alle sue paturnie, un recinto che sappia chiuderla in un abbraccio capace di riportarla ad una visione attinente al reale.

Poiché seppure alla donna è stata data la signoria sulla relazione in ogni sua declinazione, è all’uomo che spetta la custodia della realtà, e laddove ella si abbandona alla sua femminile inclinazione nell’interpretare le circostanze secondo l’umore del momento, rischia di deragliare in dinamiche emozionali che la conducono all’isteria: in quei frangenti la sua iperuranica sensibilità prende il sopravvento e se non trova l’argine sicuro del solido realismo maschile, trabocca.
Perciò l’uomo dev’essere come una boa: un riferimento certo che galleggia nel mare dell’emotività femminile, pur sballottato dai suoi flutti, ma saldamente ancorato al fondo della realtà; un centro di gravità permanente nella tempesta, cosicché, quando poi la burrasca si sarà acquietata, egli sia ancora lì, come stella polare, a ridonarle orientamento.
Giacché è la donna a possedere tutti i toni della scala musicale, ma per poter suonare abbisogna di quell’unica nota che l’uomo ha nelle sue corde: quel singolo, indispensabile “la” su cui ella può accordarsi per esprimere la melodia del suo meraviglioso spartito.

20 pensieri su “Centro di gravità permanente

  1. Maria Elena

    Ecco, mi piacerebbe crescere i miei figli maschi, consapevoli del ruolo che meglio gli si addice e gli riesce. Non come caprucciosi pretendenti dell’attenzione.

  2. aalessandra

    nn ho parole per la gestione futile e superficiale di un così grande tema… forza, costanza, isteria e note musicali, verità grandi banalizzate e peggio rinchiuse in anguste categorie, fortunatamente la vita, la forza centrale reale dell’uomo e la comunicazione…relazione .. della donna sono molto piu interattive, sinergighe simbiotiche e affascinanti di questo quadretto scarno e uniliato delle grandi possibilità delle reazioni di uomini e donne

  3. Rosanna

    Meglio ascoltare la canzone di Battiato “cerco un centro di gravità permanente” che leggere quanto scritto da Andrea Torquato Giovanoli. Condivido quanto scritto da Alessandra, la donna è’ molto altro che un grumo d’isteria che ha bisogno dell’uomo per tornare alla realtà. Ma per favore……

  4. Niky

    Il post è complesso e la comprensione delle lettrici molto carente…
    E lo dico da lettrice…

    1. Rosanna

      @ Niky beata che non hai carenze e riesci a leggere anche tra le righe. Quando hai un momento, con calma e con parole semplici, spiega anche noi povere donnette che non hanno capito. Ciao

  5. Francesca

    Da lettrice dico, secondo la mia personalissima esperienza, che il più delle volte sono io che devo minimizzare, rassicurare mio marito che è incline a reazioni esagerate, a vivere qualsiasi avvenimento in senso negativo a fare una tragedia per un nonnulla, a vedere catastrofi e apocalissi dappertutto…

        1. Luigi

          Infatti – rispondendo in generale, non solo a Bariom – l’autore del breve articolo scrive di “inclinazione naturale” e di “dovere”.
          Sta parlando, cioè, di quanto verosimilmente accadrebbe in situazioni non dico ottimali, ma per lo meno decenti.
          Che in Occidente queste condizioni non si presentino, se non del tutto eccezionalmente, è un fatto.

          Molto pacatamente: come si può pretendere che l’uomo sia argine, confine, custodia, e tutto quanto opportunamente è stato scritto, quando pressoché tutto – nella nostra società – è teso inesorabilmente allo svilimento della virilità?
          Se ti martellano in testa fin dall’asilo che essere argine, confine, custodia, Dio non voglia che scriva scudo (l’ho scritto…) è un comportamento ripugnante, biasimevole, indecente, quale potrà mai essere il risultato?
          Che pochissimi vogliono essere argine, confine, custodia…

          Aggiungo: come si può diventare uomini, in una società profondamente femminea (ma non femminile, per dirla con Massimo Fini)?
          Uomini si diventa in mezzo agli uomini; in mezzo alle donne è molto più facile diventare ciò che Saras (ciao Saras, se leggi) a suo tempo descrisse con rara efficacia:
          http://costanzamiriano.com/2015/03/18/maschio-selvatico/#comment-94574

          Non che tutto ciò debba intendersi come scusante per i maschi devirilizzati, anzi… solo per ricordare che il pero non può dare mele 🙂

          Ciao.
          Luigi

          1. Però perdonami Luigi,
            mio padre prima di me è stato sempre per la sua famiglia argine, confine, custodia e anche scudo.
            Io questo da lui ho imparato e questo ho cercato di dare ai miei figli aggiungendo a questo, anzi innestando questi valori, nella Fede (cosa che non ho ricevuto da mio padre).
            Ci sono riuscito? questo lo diranno appunto i frutti…

            Ma tutto questo per dire che ciò che forma un Uomo (ma anche una Donna) prima di tutto è la Famiglia, sono i Padri e le Madri… non è la fantomatica “società”.
            Poi, per certi versi si deve combattere di più perché in Famiglia ricevono A e fuori gli raccontano B? Dove sta il problema? Non siamo forse fatti per essere appunto argine, confine, custodia e anche scudo.
            C’è da combattere? Combattiamo.
            Come diceva Totò? 😉

            Al “plagio” della società (quando insegna dis-valori) ci credo fino a dopodomani, perché l’ “imprinting” viene dalla Famiglia e come giudicare i valori e/o dis-valori che un’eventuale società propone, parte proprio dall’ “imprinting” ricevuto e fatto proprio.

            Non a caso l’attacco furioso di questi ultimi tempi del mondo e del suo principe, verso chi è rivolto?

            Ciao Luigi

            1. Luigi

              Perdonami anche tu Bariom :-),

              ma la società è tutt’altro che fantomatica ed è per altro costituita prima di tutto proprio dalle famiglie.

              I ragazzi non sono formati (o de-formati) anche dalla scuola, dagli amici, dai media, dagli altri adulti, dalla televisione, da Internet?
              E le famiglie non sono troppo spesso allineate e coperte sull’indottrinamento trasmesso dai suddetti elementi?

              Non stiamo discutendo di realtà immateriali, quando addirittura di fantasie.
              Per altro ho scritto chiaramente “Non che tutto ciò debba intendersi come scusante per i maschi devirilizzati”, proprio per non cadere nella lagna progressista e donmilanese che giustifica le peggiori abiezioni con le colpe della società.

              Ma da qui a passare all’altro opposto, quello del “conta solo la famiglia”, io penso si debba andare coi piedi di piombo.
              Anche perché altrimenti, sempre estremizzando, si arriva all’altro lato della medaglia, per cui la famiglia è il ricettacolo delle peggiori nefandezze (come del resto sottilmente inteso da molti).

              Va da sè che alcune famiglie sono rimaste ultimo argine all’irrompere dell’irrealtà, per cui è necessario abbatterne la resistenza una volta per tutte.
              Da qui la luciferina insistenza sull’importanza dell’indottrinamento scolastico.

              Riconosco in ogni caso come il discorso sia vasto e difficile.

              Per cui ritorno al punto fondamentale: inutile lamentarsi dell’abbondanza di uomini poco virili, quando il mercato richiede quello.
              È come mandare sulla linea del fuoco soldati male addestrati e peggio equipaggiati, dir loro “combattete” e poi stupirsi di come, bene che vada, se la diano a gambe.

              A Napoli descriverebbero questa pretesa con un’espressione volgarotta, per cui ricorro al più classico “volere la botte piena e la moglie ubriaca”.
              (Anche perché, detto fra noi, mi sembra moooolto più comune l’osservare quest’abbondanza, di uomini poco virili intendo, che non quella speculare di donne poco muliebri. Insomma, come scrive Andrea, bisogna ottemperare al “ruolo di arginatore” 😉 )

              Ciao.
              Luigi

              P.S.: “signori si nasce, e io modestamente lo nacqui” 😀

              1. Si, Luigi, convengo il termine “fantomatica” può non essere il più corretto, per cui mi spiego meglio:

                Per fantomatica, intendevo indistinta, massiva, entità astratta, perché bisogna riconoscere che normalmente ognuno di noi (e i nostri figli) vivono in una micro-società, fatta in primis dalle nostre famiglie, poi da quelle allargate dei parenti, poi della scuola, poi della parrocchia, poi degli amici, poi…, poi…

                Sono tutte queste micro, esattamente ritratto del peggio del peggio di quel che la “macro” Società propone (ammesso proponga SOLO dis-valori)?
                E se anche fosse, o peggio vivessimo in società dove neppure possiamo nominare il nome di Cristo, quale la conclusione?
                Diamo colpa alla (fantomatica o reale) Società e… e quindi?

                I mie figli vanno a scuola (ipotesi) dove è normale “marinare” o mandare a quel paese i “prof”! E quindi?
                Pretendono insegnarli che uomo non è detto sia maschio e donna non è detto sia femmina… e quindi?

                Quindi, non conta SOLO la famiglia, ma laddove dovessimo constatare che i valori che noi riteniamo tali, vengono misconosciuti altrove da dove partiamo? Non dove ci ritiriamo (che in casi estremi ci sta…).
                Oltre a combattere con tutti i mezzi a disposizione perché la nostra Società cambi, dove puntiamo maggiormente i nostri sforzi?

                Perché qui non si stava parlando di massimi sistemi omni-comprensivi, ma di ragazzi che imparino a diventare Uomini (e non di meno ragazze che imparino a diventare Donne)
                Sinceramente a me frega una cippa di cosa vuole (o propone) “il mercato”!
                Io e i miei figli non siamo tenuti a “comprare il prodotto”, questo almeno finché i miei figli dipendono da me e vivono nella mia casa… poi da persone libere come lo stesso Iddio le ha fatte sceglieranno, ma anche andranno a formare una nuova (si spera) Società, fatta dalle scelte di tanti singoli e di tante Famiglie.

                Mi pare anche questo ci ricordino la Festa (della Santa Famiglia) e le letture di oggi.
                😉

                1. @bariom @luigi
                  Mi permetto ossrvare che a metà strada tra la famiglia e la società dovrebbe trovar posto un soggetto ormai (forse) scomparso: la comunità
                  Ed è proprio questo livello intermedio che è stato scardinato o rovesciato per cui la famiglia non ha punti d’appoggio esterni su cui contare per mostrare gli stessi valori che lei propone ai suoi figli

                  Il senso di indipendenza garantito da progresso e benessere alle famiglie le ha rinchiuse nell’indifferenza e nel senso di autosufficienza così che ora sono in effetti sole di fronte alla società, come al tavolo di un gioco più grande di loro

                  Fuor di comunità, anche i ruoli maschile e femminile hanno perduto modelli di confronto reali e vicini fino a confondersi nelle proprie eterne insicurezze

                  Materia complessa: mi allineo e mi fermo

                  Ps. Siam uomini o caporali? 🙂

                  1. Bene perfetto…

                    Vogliamo allora parlare dello scardinamento e annientamento della realtà “comunitaria” nella Chiesa?

                    Perché che la società di cui sopra la scardini e ribalti (la comunità) non mi sta bene, ma lo capisco nella logica di attacco di cui ho detto, ma che questo avvenga e sia avvenuto silente anche nella Comunità Ecclesiale (leggesi parrocchia) lo digerisco meno, anche se comprendo che è anche conseguenza di un vivere sociale che ha cambiato moltissime cose.

                    Sto parlando di negativi effetti concreti… tipo famiglie che si separano (giovani o mature) senza che nessuno si presti ad un aiuto o ad una parola (possibilmente prima, piuttosto che dopo…); tipo il tal dei tali si impicca (parrocchiano ben conosciuto) e il massimo che si arriva a sentire è: “eh ma io me lo aspettavo!!” (CACCHIO te lo aspettavi e non hai fatto nulla!!); malattie vissute nella solitudine, perché la malattia fa ribrezzo e ti “imbarazza”; e guardate ci netto anche il parroco che va in crisi di Fede o che si scopre ha una tresca o peggio (come poi le cose non fossero collegate).
                    Si noti tutti esempi dove tutto è tenuto sotto silenzio, nell’ombra se non nelle tenebre, niente è portato alla luce.

                    Sepolcri imbiancati ecco cosa siamo spesso arrivati ad essere!
                    (e perdonatemi lo sfogo…)

                    1. @bariom
                      Convertitevi …
                      Se non ascoltiamo, non ci riconosciamo, non torniamo a far comunità per pigrizia, paura o indifferenza
                      Parlo a me stesso in primis
                      Imbiancato più di altri

                      Senza girarci intorno la nostra debolezza vigliacca necessita di tirarla su quella croce
                      Invece brancoliamo dispersi e diffidenti e indifferenti
                      Ma c’abbiamo e da mangiare e l’iphone …
                      E dispersi rimaniamo in cerca di parole buone su un blog

  6. Diciamo allora Andrea che la donna ha tutte le note (in tutte le estensioni possibili), ma è l’Uomo a fare da pentagramma?

    Muto il secondo senza le note, una cacofonia la prima senza il secondo 😀 😀

    Prendetela a mo’ di battuta metaforica, bisogna sperare che ognuno abbia in sé un minimo di note e almeno due righe di pentagramma e magari sappia anche un pochino rispettare i tempi…

    Se poi il compositore, nonché il direttore d’orchestra è il Padreterno, la sublime melodia è assicurata!
    Non solo dal singolo strumento, ma per tutti gli strumenti assieme a ottenere una vera sinfonia 😉

  7. @bariom
    “Sazi e disperati (e spesso tremendamente soli!)”
    Citazione del cardinal Biffi quanto mai efficace a parte, pur sapendo o di scrivere cosa ovvia, preferisco non lasciarla implicita

    Quanto è umano sentirsi soli, tanto è cristiano sapere di non esserlo mai

    1. E questo Bri (scrivendo cosa ovvia ma per non lasciarla implicita) 😉 è il nostro vero “centro di gravità permanente”, il paolino “chi ci separerà?”, il cuore esistenziale ed ontologico dell’Annuncio, ciò che attira l’Uomo ancor prima della proclamazione del Kerigma, quel DIO ti AMA che illumina e attira i cuori inquieti, disperati, soli.

      Questo il senso profondo della Comunità Cristiana verso cui mi scagliavo se assente, il cui scopo non è tanto e solo farsi prossimo, prendersi cura come il Buon Samaritano, ma ricordare agli smarriti di cuore, ai massacrati dalla vita lasciati ai bordi della strade, concreti e metaforici, che Lui c’è, che Dio li ama, che Cristo dà la Sua vita per loro, che lo Spirito Santo li può sostenere.

      Perché al disperato che pensa al suicidio, al drogato, allo schiavo di qualsivoglia peccato, io potrò farmi prossimo, un giorno, due forse tre, ma non potrò sempre fermare la sua mano… è portare loro a Cristocome chi scoperchiò quel tetto a calare il paralitico nel suo lettuccio) che potrà per sempre fermare la loro mano dal commettere il male, non farli più sentire soli.
      Perché…
      “Si dimentica forse una donna del suo bambino,
      così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
      Anche se queste donne si dimenticassero,
      io invece non ti dimenticherò mai.” (Is 49, 15)

      Buona giornata Bri.

      1. Bri

        Mi presto volentieri a far da spalla ai tuoi scritti come quello qui sopra
        Tra l’altro cripto-egoisticamente, mi fan proprio bene
        Che la giornata sia buona come il suo inizio anche per te, caro Bariom

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