di Costanza Miriano
La prima volta che ho pensato che ci si potesse fare santi facendo cose normali è stata per me una folgorazione. È successo quando avevo più o meno dieci anni, credo, leggendo Come un piccolo fiore, la storia di santa Teresina di Lisieux raccontata ai bambini. Era (è, a dire il vero, io l’ho comprato ai miei figli una ventina di anni dopo averlo letto) un libro con delle figure bellissime che avevo trovato a casa della zia Teresa, e mi è rimasto impresso a fuoco nella mente, anche perché dovendolo restituire lo avevo letto famelicamente cercando di memorizzarlo.
Mi ricordo come se fosse oggi che lei chiedendosi come da quel suo Carmelo potesse vivere il martirio, la missionarietà, decideva di accogliere tutte le occasioni che la circostanza le offriva per vivere con tutto l’amore di cui fosse capace: prendersi gli schizzi in faccia lavando i fazzoletti accanto a una consorella maldestra, accompagnare la sorella anziana e bisbetica al refettorio, togliere le ragnatele dal chiostro. Fare le cose con amore è la cosa più preziosa agli occhi di Dio, che vuole il nostro cuore, tutto intero. Per questo una giovane suora di clausura è diventata patrona delle missioni, perché Dio ha bisogno dei nostri cinque pani e due pesci, e poi ci pensa lui a moltiplicare. Il problema è che quei cinque pani e i due pesci sono tutto quello che abbiamo, e al momento di lasciarlo andare via fa male. A volte malissimo. Ma poi si diventa fecondi in modo stupefacente, dicono le vite dei santi.
Mi era sembrata una intuizione meravigliosa, ma comunque, mi dicevo da piccola, attuabile meglio in monastero, dove, pensavo, è più facile essere unitari, tutti consegnati a Dio. Solo molti anni dopo ho incontrato Pippo Corigliano, e con lui il carisma dell’Opus Dei, che lui incarna e vive, e insieme sa raccontare e comunicare benissimo, essendo questo, comunicare, il suo lavoro (è un ingegnere, in realtà, ma è napoletano, quindi una specializzazione di ingegneria a sé). L’idea di santificare il lavoro, la vita quotidiana, l’idea che la santità fosse non solo alla portata dei laici, ma anzi dovesse essere il loro obiettivo “normale”, esattamente come per i consacrati, è stata la grande novità portata nella Chiesa da san Josemaria Escrivà, che in questo ha anticipato il Concilio Vaticano II. Di cento anime, ce ne interessano cento, diceva.
Come la vita, così, cambi completamente prospettiva è il tema del nuovo libro di Pippo Corigliano, che nel frattempo, da quando ci siamo conosciuti per scambiarci i libri con dedica, è diventato praticamente uno di famiglia (se cucino un po’ meglio del solito i miei figli mi chiedono “ma perché non hai invitato Pippo?”, e la risposta è, nel caso in cui non sia invitato, “perché ci sono troppi calzini a terra, mi vergogno”). Si chiama “Siamo in missione per conto di Dio”, ed è pubblicato dalla Mondadori (mica cotiche). La citazione dei Blues Brothers non è casuale: quello è veramente il film preferito di Pippo, e i due fratelli delinquenti e squinternati che vanno in giro con gli occhiali da sole anche di notte e mezzo pacchetto di sigarette giusto per arrivare a Chicago hanno qualcosa in comune con l’elegante ingegnere: il senso dell’umorismo, e la tenace volontà di lavorare per lo stesso Principale. E quando Pippo incontra qualche collega che lavora per lo stesso Principale, cioè qualcuno che con umiltà e amore cerca di santificare il lavoro, di santificarsi nel lavoro, e di santificare gli altri col lavoro, drizza le antenne. Cerca di conoscerlo, di fare amicizia, di fare insieme un pezzo di strada, brevissimo o lungo una vita che sia, l’importante è che a strada porti in Paradiso.
In questo suo ultimo libro c’è quindi prima qualche riflessione – breve, è pur sempre un ingegnere – giusto quello che serve a inquadrare la questione (il lavoro) e a mettere a punto l’atteggiamento migliore da prendere (renderlo proprio il luogo e il mezzo in cui ci si santifica, non quella cosa nonostante la quale si fa il bene). Poi c’è una magnifica galleria di personaggi che provano o hanno provato a vivere la loro chiamata nel mondo prendendo il lavoro con passione, serietà, amore: e si va da Indro Montanelli a zia Lucrezia, dalla signora delle pulizie al direttore generale della Rai (Ettore Bernabei), da Leonardo Mondadori a Susanna Tamaro. Passando, va be’, per me, ma in quel caso Pippo è accecato dall’affetto, che gli rende perdonabile anche il fatto che durante le riunioni di lavoro a Rai Vaticano a volte metto lo smalto (d’altra parte mica ci vuole il cervello per passare una mano di color prugna sulla unghie: solo, non è elegantissimo da parte mia. E adesso la circostanza rimarrà immortalata nei secoli in questo volume: ormai è tardi per chiedere il ritiro delle copie dal commercio?). Comunque, a tutti i complimenti che mi riservano queste pagine va fatta una tara abbondantissima, io lo dico.
Che dire? Le storie raccontate sono appassionanti, sembra di ficcare il naso dietro le quinte di tanti snodi importanti nella storia del nostro paese (Bernabei, Mondadori Montanelli…), oppure nella casa di Susanna Tamaro, nei cuori di persone normali come la signora Pina, di cui Pippo sembra aver carpito il segreto più profondo, e sono certa che l’abbia fatto, non so come, guardando da lontano, con la sua discrezione e il rispetto delle distanze che lo caratterizza. Che poi alla fine a me è questo che interessa: il cuore, la verità delle persone.
Ovviamente nel libro c’è molto di più, ma si sa che ognuno coglie quello che vuole nelle pagine che ha davanti: c’è un excursus della concezione del lavoro nella storia della spiritualità, e nella storia vera e propria, ci sono ritratti di città e realtà diverse, storie di aziende cardine per il nostro paese, come la Rai, l’Olivetti, la Mondadori, ci sono riflessioni sulla professionalità e sulla preparazione, sulla bellezza, sull’umiltà, l’inventiva e la capacità di trovare soluzioni. E ci sono momenti in cui la piccola Teresa di Lisieux torna alla mente, come nelle parole sulla signora Pina, forse la mia preferita: “Mai l’ho sentita lamentarsi per le cose da fare ogni giorno, tutti i giorni, nel servizio del marito e dei figli. E ho sempre presente il suo senso di donazione nel cucinare bene un pranzo, con un’attenta preparazione, con la fettina cotta al momento perché sia mangiata ben calda, col pensiero al piatto preferito di ciascuno. «Mi aiuta l’esempio di chi sa dire di sì fino all’ultimo dettaglio, quando si è stanchi e magari c’è da preparare un vassoietto con una camomilla per qualcuno che sta male. Sono momenti in cui serve un pensiero soprannaturale perché umanamente la voglia sarebbe a zero. “Gesù, voglio preparare questa camomilla per te” e così ci metto quell’ingrediente in più d’affetto. La persona che riceve la camomilla non verrà mai a saperlo. Mi aiuta tanto sapere che Dio mi vede sempre e che conosce le mie tensioni, i miei sforzi”.
Grazie Costanza, è la lettura che mi serviva leggere proprio oggi
Mi piace molto il riferimento a santa Teresina e anche al carisma dell’opus dei, ma sottolinerei che anche in altre spiritualità è presente l’attenzione alla vita-lavoro quotidiano: forse proprio la cura dell’aspetto professionale è carisma opusdei, ma che dire, circa l’attenzione al vivere quotidiano, di questo bel brano di padre Trento ( e quindi CL)che ho meditato tante volte? Anche qui, emerge chiaramente la santità quotidiana della vita laica.
“lasciarsi educare a vivere qualsiasi istante come possibilità di dire “sì” al Mistero presente in ogni dettaglio, per poi poterlo trasmettere agli altri.
….. Vivere intensamente il reale significa che Cristo ha a che vedere con tutto, con il modo di pulire, di usare il telefono, di essere puntuale. …Maria è la “Madre della realtà”. Immaginiamoci dunque…
. Con quale amore puliva i piccoli dettagli, fino a quegli angoli più nascosti in cui nessuno passava, con che tenerezza maneggiava la scopa, lo strofinaccio, la spugna e, dopo averli usati, li lasciava puliti. Con quale affanno faceva la polvere sui mobili, con quanta allegria lavava i piatti, li asciugava e li riponeva in un ordine stabilito. Con quale entusiasmo toglieva lo sporco e il grasso dalla cucina dopo averla utilizzata, sbatteva la tovaglia dopo i pasti …”
quanto mi fa vergognare (di me stesso) quello che scrivi, cara Costanza…. proprio stamattina, di buon mattino, non ho sopportato mia moglie perché ha scordato nell’ week end di preparare il grembiulino per Matilda (erano le 8 e 5: toglierlo dalla lavatrice, stenderlo, asciugarlo, stirarlo e farlo indossare alla bimba era in effetti un po’ troppo tardi per farlo in 75 secondi, penso avrebbe rinunciato anche Houdini)… e poi quante occasioni perse per star zitto e offrire una qualsiasi “camomilla” a Gesù, che sia il lavorare in silenzio (e mi chiamo Giuseppe, mica un nome qualunque…), riprendere i bimbi, certo, ma senza isteria e esasperazioni (la mia specialità), accettare di rimettere la casa a posto dopo il ciclone figliesco senza rinfacciare nulla a loro e/o a mia moglie (magari riordinando il di più senza farmene accorgere e facendo loro metter a posto solo qualcosina giusto per tenere l’asticella del salto molto bassa, a loro portata)… quante cose so in teoria, ma quante cose ometto e sbaglio, quando non mi lascio guidare da Lui…prega un po’ per me, và… Giuseppe R
A proposito di Pippo Corigliano (di cui parla spesso la sig.ra Miriano), ma il suo è un blog o un semplice sito? Me lo domando perchè agli articoli del suddetto blog (“Preferisco il paradiso”) nessuno risponde: i commenti sono sempre “0”.
A mio modesto avviso un blog privo di commenti, non dovrebbe chiamarsi con tale appellativo, perchè è, più propriamente, un sito dove un determinato soggetto rende noti i propri comunicati, ma non certo un luogo di discussione.
Mi piacerebbe che la sig.ra Costanza, facesse notare questa stranezza al suo amico partenopeo. A69
Pure là vuoi andare a stressare? 😀
@Anonimo.
Definizione di blog: “Nel gergo di Internet, un blog (blɔɡ) è un particolare tipo di sito web in cui i contenuti vengono visualizzati in forma cronologica.”. D’altronde è la contrazione di “web log”, cioè “diario su internet”. Non è necessario che ci siano i commenti perché una cosa si chiami blog.
Chiarito che non prevedere i commenti è un scelta legittima, gestire i commenti su un blog è un’attività che richiede un notevole impegno, perché il mondo è pieno di troll. I blog di rilievo i cui commenti non sono moderati o per lo meno gestiti diventano velocemente come un cesso pubblico pieno di scritte, se mi si consente il paragone (non mio). Per cui c’è chi si sente di pubblicare i propri post, ma non ha la possibilità di gestire i commenti.
…manfatti!
@ fab.giudici
ah! se la definzione di blog è quella, hai ragione te; io credevo che i commenti fossero necessari perchè si potesse parlare di blog. Comunque: nessuna polemica e inciso chiuso.
@ Giusi
veramente, ci sono già andato a stressare, però non volevo. Mi spiego: dopo aver scorso i vari articoli (tutti a commenti 0), stavo per uscire, quando ho visto un articolo che conteneva una grossa inesatezza storica.
Come sapete, la storia è il primo dei miei interessi culturali ed ho, perciò, postato un commento in cui precisavo il dato storico.
Ovviamente non è passato (i commenti son rimasti 0), ma è colpa mia, perchè avrei dovuto ricordarmi di un celebre passo di quello splendido romanzo che è “L’uomo senza qualità” di R. Musil, in cui si afferma che “a nessuno, del resto, piace farsi dettar legge da chi non vi è autorizzato”.
Sta tranquilla Giusi, non vi lascio per altri lidi, ormai mi sono affezionato a voi tutti. A69
Menomale!
scusa costanza.. non funziona il collegamento e neppure l’url.. ada (genova)
è vero Ada non funziona il collegamento dalla mail inviata in automatico alla pubblicazione del post perché è stata modificata la data
Caso mai qualcuno stava col pensiero è uscita pure l’opera omnia del Cardinale Martini con prefazione di Papa Francesco! Alleluia!
“L’ eredità che ci ha lasciato il cardinale Martini è un dono prezioso. La sua vita, le sue opere e le sue parole hanno infuso speranza e sostenuto molte persone nel loro cammino di ricerca. Quanti di noi in Argentina, alla «fine del mondo» abbiamo fatto gli Esercizi spirituali a partire dai suoi testi! Uomini e donne di fedi diverse, non solo in ambito cristiano, hanno trovato e continuano a trovare incoraggiamento e luce nelle sue riflessioni. Abbiamo quindi la responsabilità di valorizzare questo patrimonio, così che possa ancora oggi alimentare percorsi di crescita e suscitare una autentica passione per la cura del mondo”.
http://www.corriere.it/cronache/15_ottobre_19/papa-francesco-la-chiesa-missionaria-non-si-chiuda-se-stessa-2973aab8-7620-11e5-9086-b57baad6b3f4_print.html
@Giusi
Se vuoi eleggere qualche altra eresia di giornata:
http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/VEGETARIANI-.aspx
Manca solo la storia che Gesù non ha moltiplicato i pesci ma polpette d’alga! Giuro esiste anche quella. Credevo che Avvenire avesse toccato il fondo con la sceneggiata del bambino che spezza l’ostia, vedo che vuole proprio sprofondare!
Sì, quella delle polpette d’alga l’avevo sentita. Nota la raffinatezza della disinformazione spacciata da Avvenire, roba da professionisti: si mescolano singole affermazioni vere con falsità e interpretazioni fuorvianti, in modo che qualcuno possa avere l’illusione di un discorso fondato. Ma in realtà non c’è nessun discorso, nessun ragionamento: solo un coacervo di cose (come la “teologia” di Kasper). Poi ci sono le omissioni fondamentali: che Gesù era carnivoro (moltiplicazione dei pesci, eccetera), che certi Apostoli erano pescatori, per non parlare poi delle affermazioni esplicite di Atti 11,1-18:
4Allora Pietro raccontò per ordine come erano andate le cose, dicendo: 5«Io mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e vidi in estasi una visione: un oggetto, simile a una grande tovaglia, scendeva come calato dal cielo per i quattro capi e giunse fino a me. 6Fissandolo con attenzione, vidi in esso quadrupedi, fiere e rettili della terra e uccelli del cielo. 7E sentii una voce che mi diceva: Pietro, àlzati, uccidi e mangia! 8Risposi: Non sia mai, Signore, poiché nulla di profano e di immondo è entrato mai nella mia bocca. 9Ribattè nuovamente la voce dal cielo: Quello che Dio ha purificato, tu non considerarlo profano.
Per i pigri (o quelli che hanno il voltastomaco ad andare su Avvenire, cosa che comprendo benissimo), per me la perla dell’articolo è questa frase:
«Nell’Antico Testamento il consumo di carne rimane una ferita, qualcosa di malvagio. E l’Eucaristia è la redenzione dal delitto di mangiare carne»
Come al solito, gira che ti rigira è tutto un attacco contro l’Eucarestia e il suo reale significato. Altro che Dieci Comandamenti: il peccato dal quale siamo redenti è il consumo di carne.
Stamattina su facebook non ce l’ha fatta più nemmeno il Mastino. Riporto testuale: “Che quest’ultima Chiesa di cortigiani sia ormai composta di asini che ruggiscono e di leoni che ragliano in un rincitrullimento generale che sta diventando sempre più imbarazzante tale da confermare le peggiori teorie di Odifreddi, non ci piove. Succede quando hai messo la ragione e il logos da parte: resta l idiozia del sentimentalismo e della piaggieria a rimorchio delle mode più patetiche. Ma scambiare l’ascesi la penitenza e le astinenze di un grande santo e mistico come Francesco da Paola per veganismo é veramente troppo. É da bomba islamica sul Vaticano e ti togli il pensiero. Siamo agli asini in cattedra. Chiaramente sul giornale dei vescovi”.
Indubbiamente se la legge mosaica non proibiva la carne, e, se Cristo ha mangiato anche carne e pesce quando era in questo mondo, sicuramente l’esser vegetariani non è un obbligo.
Certo se uno vuol esserlo, non è proibito, ma ciò è rimesso alla libertà dell’uomo.
Naturalmente parliamo dell’uomo DOPO il peccato originale, perchè, PRIMA, “PARE” proprio che fosse vegetariano (infatti la scrittura dice che la coppia primigenia avrebbe potuto mangiare di tutti i frutti dell’eden, ma non dice che avrebbero potuto mangiare anche gli animali). A69
Due ottimi punti, A69.
Il problema è che voler essere più buoni di Cristo è un atteggiamento anticristico, ovvero demoniaco. Beninteso: che se a uno fa impressione mangiare carne e si limita ad una scelta personale (fatto salvo l’aver doverosa cura del suo corpo e non cadere in forme di denutrizione) non c’è niente di male. Ma se si inizia a montarci sopra una dottrina, allora lì si cade nell’eresia.
Per il secondo punto, certamente il fatto che esistano esseri viventi che per sopravvivere ne uccidono altri (e l’uomo è solo uno dei tanti) è un segno di sofferenza, come dice Paolo: (Romani 8, 19-23)
19 La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; 20 essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza 21 di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. 22 Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; 23 essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
D’altronde le profezie di Isaia vaticinano di serpenti inoffensivi, l’agnello che gioca con il cucciolo di leone, eccetera. Certamente tutto si rifà allo stato primordiale e allo stato di perfezione che verrà ripristinato alla fine dei tempi (*). Ma ora siamo nel mezzo, ci siamo per via del peccato originale, da cui possiamo riscattarci solo con i mezzi e nei tempi noti. Pretendere invece che questo avvenga nella vita terrena – cosa apparentemente suggerita dall’articolo di Avvenire – è un’eresia ben definita nel Catechismo:
676 Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può essere portata a compimento se non al di là di essa, attraverso il giudizio escatologico; anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del regno futuro sotto il nome di millenarismo, 640 soprattutto sotto la forma politica di un messianismo secolarizzato « intrinsecamente perverso ». 64
(*) Il fatto che nell’aldilà ci possano essere animali (e tutta una serie di altre cose belle, ma inanimate: perché non i paesaggi, le opere d’arte, …) eccetera è tutto da discutere: per quanto mi riguarda, prendo i vaticini di Isaia come allegorici. Potrebbe essere dottrina da sviluppare in modo interessante, ma per ora non c’è nessuno sviluppo riconosciuto come Magistero; poteva esserci qualcosa nella Laudato sì, ma sull’argomento si limita a poche frasi generiche, molto deludenti.
Fabrizio, ti confesso che, quando ho letto la citazione «Nell’Antico Testamento il consumo di carne rimane una ferita, qualcosa di malvagio. E l’Eucaristia è la redenzione dal delitto di mangiare carne» ho voluto andare a leggere l’originale sul sito di Avvenire (ecco, tanto per cominciare potresti già sentirti in colpa per questo!! 😀 ).
Più in generale, quel che mi ha colpito non è tanto la scelta personale vegetariana o addirittura vegana ma l’esigenza di chiedere “alla Chiesa un appoggio morale, spirituale e biblicamente fondato di tale scelta (non solo) alimentare.” Questo è tanto più inquietante: viviamo in un’epoca di anticonformisti che vogliono per ogni cosa… il visto di conformità. Bisognerebbe chiedere, in generale, se si ritiene di dovere avere, per ogni scelta di vita personale, uno specifico “appoggio morale, spirituale e biblicamente fondato”. In realtà l’appoggio ci sarebbe già: rinunciare a godere di qualcosa di lecito per amore di Cristo ha sempre un grande valore. Certo che però se si vive come qualcosa di illecito consumare la carne, ecco che allora si erode anche il senso dell’offerta.
Perciò qui ci sono altre esigenze, altre pretese, che non si capisce che senso debbano avere.
Tra l’altro, e qui mi viene in soccorso il mio essere un lettore di Messori, si vede come spesso le mode siano nient’altro che un tornare indietro.
Infatti, pur rendendo leciti tutti gli alimenti, la Chiesa originariamente poneva proibizioni su alcuni degli alimenti considerati dai giudei più impuri, come animali soffocati e altri.
Secoli dopo, un altro Concilio (forse quello di Firenze, ma non vorrei dire una castroneria) rimuoveva tale proibizione adducendo che la necessità di andare incontro a quella certa sensibilità non era più necessario.
Questo tra l’altro può fare apprezzare come la Chiesa possa modulare alcune proibizioni, normando qualcosa di per sé lecito, purché lo scopo finale sia agevolare la salute delle anime. Adesso vediamo purtroppo come ci sia una involuzione, come vecchie proibizioni morte e sepolte cerchino di tornare in vita per affliggere i vivi, mentre d’altra parte si voglia attenuare la percezione del peccato. I due fenomeni sono significativi e, probabilmente, legati tra loro.
Anche il biblismo storico-critico di cui il Cardinal Martini fu una punta di diamante diventa facilmente uno strumento di involuzione. Può essere utile infatti la comprensione di certi passi biblici così come li intendeva l’autore umano di una determinata epoca; ma fin troppo spesso si vede come il biblismo storico-critico diventi nient’altro che la scusa per leggere la Bibbia prescindendo da Cristo. Perciò ciò che da sempre i cristiani fanno, rileggere la Bibbia usando Cristo e la Sua venuta come chiave di volta per comprendere tutto, sembra quasi diventare una lettura abusiva mentre si vagheggia un ritorno alle origini, non si sa bene quali.
C’è un ripiegamento, insomma.
PS: credo però che la corruzione a cui allude San Paolo sia da riferirsi al peccato che deturpa non solo l’uomo ma indirettamente anche la creazione che all’uomo fu affidata. La morte degli animali è un fatto di natura che prescinde in sé dal peccato; ma può assumere, come altri sconvolgimenti e disastri, un significato sovrannaturale di sofferenza che sarebbe stato assente in assenza di peccato.
@Roberto (ecco, tanto per cominciare potresti già sentirti in colpa per questo!! 😀 ).
🙂 In realtà mi sento già in colpa per me stesso: e dire che ho lo stomaco debole.
“si vede come spesso le mode siano nient’altro che un tornare indietro.”
Esatto. Traparentesi, volendo farsi ancora del male e leggendo l’articolo più nel dettaglio, si notano altre incongruenze. Per esempio si menziona “la crudele e inutile pratica della vivisezione per la ricerca scientifica”, poco dopo aver citato la Laudato Sì. A parte il fatto che è solo un ignorante chi parla di “inutilità” e fa un ragionamento che in virtù del “rispetto per l’animale” sacrificherebbe la salute e la vita delle persone… ma è pure in contraddizione con l’enciclica:
130. Nella visione filosofica e teologica dell’essere umano e della creazione, che ho cercato di proporre, risulta chiaro che la persona umana, con la peculiarità della sua ragione e della sua scienza, non è un fattore esterno che debba essere totalmente escluso. Tuttavia, benché l’essere umano possa intervenire nel mondo vegetale e animale e servirsene quando è necessario alla sua vita, il Catechismo insegna che le sperimentazioni sugli animali sono legittime solo se « si mantengono in limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o a salvare vite umane ».^106 Ricorda con fermezza che
^106 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2417. ^102 il potere umano ha dei limiti e che « è contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita ».^107 Qualsiasi uso e sperimentazione « esige un religioso rispetto dell’integrità della creazione ».^108
In pratica si ribadisce quanto dice il Catechismo da tempo: la sperimentazione è lecita, seppur sotto certe condizioni che, oltretutto, fanno riferimento alla “dignità umana”, non a quella animale. Insomma, se faccio soffrire inutilmente un animale, il peccato non è contro l’animale in sé, perché non è una “persona”, ma contro il Creato.
“ma può assumere, come altri sconvolgimenti e disastri, un significato sovrannaturale di sofferenza che sarebbe stato assente in assenza di peccato.”
Penso anch’io così.
“Per me, formato in un ambiente cristiano tradizionale, parlare di santità era pensare alle penitenze, alla preghiera continua, ai miracoli, ad una vita ritirata e individuale; quindi una vita assai difficile se non addirittura impossibile. Quando Chiara Lubich mi chiese di dimenticare tutto, anche la stessa santità, mi sembrava un linguaggio difficile da comprendere e quasi in contrasto con la tradizione. In seguito capii che cosa lei intendeva: occorreva spogliarsi delle idee che avevo accumulato in precedenza, per acquistare un più esatto modo di comprendere il cristianesimo. Era una via nuova che Chiara, a poco a poco, mi mostrava, una via che scaturiva dalla preghiera sacerdotale di Gesù, quando si rivolge al Padre e gli chiede che tutti siano una sola cosa, come il Padre e Lui sono uno (cf Gv 17, 21). Mi aiutò anche la comprensione nuova del grido di Gesù in croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Egli, oltre a riaprirci il rapporto col Padre, era anche causa di unità tra di noi. Quindi non più santi individuali, ma santi insieme. Iniziava una nuova via, una via di santificazione collettiva o comunitaria, quella proposta dal Santo Padre Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte a tutta la Chiesa. La Chiesa Comunione”. Marco Tecilla
Fuori tema ma non troppo:
In Sala Stampa, conferenza sul Sinodo.
Domanda di un giornalista.
– Anche voi (tre vescovi, n.d.r.) siete rimasti sconvolti dal racconto del bambino che ha detto di avere spezzato l’ostia per darne una parte al padre separato risposato?
– Ho ascoltato con piacere, mi ha interessato, ma non mi ha sconvolto dal punto di vista delle convinzioni. Io avevo in mente mentre ascoltavo quel racconto, una persona che ora ci guarda dal paradiso, una mamma di tre bambini di cui uno adottato, con seri problemi di salute. Questa mamma accoglieva a casa sua le mamme separate, i loro figli, e spiegava loro: “guarda, il sacerdote non può darti la comunione, ma io voglio essere comunione con te, voglio esserti vicina, perchè l’eucaristia non è l’unica forma di comunione che offre la Chiesa. Ne è l’apice, ma non è certo l’unica”.
Monsignor Enrico Solmi, vescovo di Parma
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-sinodo-vescovo-messicano-sono.html
DOMENICA 18 OTTOBRE 2015
Vaticano
Sinodo, vescovo messicano: “Sono stato io a raccontare la storia del bimbo che ha commosso l’Assemblea”
Purtroppo la frase, come riportata da Il Foglio, inizia così:
“Questo bambino ci ha parlato, ci ha mostrato una vita vera e autentica, sicuramente ha scosso l’assemblea, nel senso bello, non mi ha sconvolto ma mi ha fatto venire alla mente situazioni similari e complementari […]”
Ha scosso l’assemblea nel senso bello? Una profanazione scuote nel senso bello? Il racconto della mamma che parla di altre forme di comunione va bene, ma nel complesso il discorso suona di un colpo al cerchio ed uno alla botte.
E poi un vescovo australiano (da Il Giornale):
“Non si può dire che ogni secondo matrimonio sia un adulterio – ripete mons. Coleridge nel briefing con la stampa -. Se si tratta di una situazione stabile, magari con dei bambini, non è come se parlassimo di una coppia che si incontra ogni tanto in un alberghetto in una relazione segreta. Non può essere la stessa cosa”.
Forse è il caso di mandare degli esorcisti.
PS E comunque sarà il caso di sottolineare che la tesi “il motu proprio serve a disinnescare la questione dei divorziati risposati” evidentemente non stava in piedi.
secondo te non c’è differenza fra l’adulterio di Mario Adinolfi (per dirne una, che pubblicamente ha ammesso, con grande coerenza e onestà, di non accostarsi alla comunione) e l’adulterio di una persona che ha un amante (che sia in un albergetto o altrove)?
E non lo dico per giustificare o “depeccatizzare” l’adulterio, in qualsivoglia forma, né per fare terrorismo emotivo. Al contrario, pienamente razionalmente mi (e ti) chiedo (perché credo non ci sia altra strada): le due situazioni possono – e devono – essere comparate e trattate alla stressa stregua?
Ovviamente non posso rispondere alla domanda diretta, perché non conosco la situazione di Adinolfi. Capisco benissimo l’intenzione della tua domanda, ma non è possibile discutere sul web di situazioni personali, e per giunta di persone che non si conoscono.
Quindi rispondo in generale. Fatto salvo il caso banale della nullità (non banale da analizzare, ma banale nel momento in cui c’è una conclusione certa dell’indagine), _oggettivamente_ è sempre adulterio. Dalla Veritatis Splendor:
“È da respingere quindi la tesi, propria delle teorie teleologiche e proporzionaliste, secondo cui sarebbe impossibile qualificare come moralmente cattiva secondo la sua specie – il suo “oggetto” – la scelta deliberata di alcuni comportamenti o atti determinati prescindendo dall’intenzione per cui la scelta viene fatta o dalla totalità delle conseguenze prevedibili di quell’atto per tutte le persone interessate. La ragione attesta che si danno degli oggetti dell’atto umano che si configurano come “non-ordinabili” a Dio, perché contraddicono radicalmente il bene della persona, fatta a sua immagine.”
Inutile girarci intorno: se c’è il vincolo valido, c’è un impegno davanti a Dio. Nella buona e nella cattiva sorte, qualsiasi cosa succeda. Non è data una terza via: o c’è o non c’è. Se c’è un rapporto con altri che non siano il coniuge, è adulterio. Un vescovo diceva che il matrimonio è sempre un affare a tre: lui, lei e Dio.
_Soggettivamente_ la responsabilità può essere ridotta parzialmente o anche di molto. Mi sembra che nella Familiaris Consortio ci sia chiaro il concetto che esistono differenze, per esempio tra chi è parte attiva o passiva della rottura. Tuttavia, se la responsabilità soggettiva non è ridotta fino a zero, rimane l’impedimento all’Eucarestia.
Ma continuiamo a parlare di un falso problema. Il punto centrale è che i divorziati risposati non commettono adulterio se vivono in castità. Se, a causa della convivenza, può capitare che cedano, ma sono consci di sbagliare, possono confessarsi e accedere al sacramento. Anche se ricadono più volte – ovviamente, dev’esserci onestà, non può essere un trucco “tanto poi mi confesso”.
Quindi tutto ricade sull’ultimo concetto: che sarebbe “inumano” pretendere la castità. È questo il punto su cui mi attacco, senza divagare. Sarebbe un fardello troppo pesante? Ma cosa dovrebbe dire una madre o un padre che ha perso un figlio piccolo? E un trentenne che viene decapitato dall’ISIS perché non vuol tradire Cristo? MA CI RENDIAMO CONTO? È alla fine una questione di superbia: sì sì, agli altri possono capitare queste tragedie, ma non a me, io ho diritto a fare quello che voglio, io pretendo di non rinunciare al sesso.
PS Ieri sera guardavo in TV “Assassinio nella Cattedrale” di Eliot. Thomas Beckett, rientrato a Canterbury e conscio che il re vuole farlo fuori, subisce quattro tentazioni. Tre se le aspetta: cose tipo adeguati al volere del re e vivi tranquillo, oppure fuggi, oppure alleati con i Baroni per far fuori il re, eccetera. Non si aspetta la quarta, che si presenta in modo angelico: dai, accetta il martirio. Sì, ma … accetta il martirio per l’orgoglio di diventare martire, per quello che la gente penserà di te dopo la morte, per come il tuo martirio potrà essere usato contro il re. Ecco, anche quella è una tentazione: il martirio per la propria gloria personale. Beckett trova la pace interiore, finalmente pronto ad essere ucciso, solo dopo aver interiorizzato che il martirio dev’essere solo per la volontà e la gloria di Dio.
Ecco, questo è l’esempio dei santi, questo vuol dire adeguare la propria volontà a quella di Cristo. Fortunatamente, si spera, a noi non sarà richiesta una cosa simile. Ma abbiamo la faccia tosta di stare a contrattare con Dio, non avendone titolo, per un coito? Anzi, riprendendo il concetto che comunque ci si può risollevare anche da una caduta, per la pretesa di avere diritto ad un coito senza doversene pentire?
In generale sono d accordo. Ovviamente non volevo discutere di Adinolfi come caso specifico, ma come esemplificativo di una situazione nota. Lui saprà meglio cosa fare per la propria vita.
Il quesito che spesso mi pongo (non avendo un legame coniugale vivo in castità e non ho problemi, aspetto il matrimonio è così pure il mio fidanzato, che è ateo ma capisce la bellezza Dell attesa) è che Fabrizio qui non si tratta di sesso e basta. Cioè va bene essere marito e moglie coi figli nati dalla seconda unione, coi compagni di classe dei figli, con la società e, per il bene dei figli, anche per la famiglia, va bene essere coniugi in tutto basta che non si faccia sesso? A te sembra credibile un Dio che dice “amate vi (per il bene dei figli direi che separarsi per la seconda volta sia da evitare!), siate sereni in famiglia, basta che non facciate sesso per il resto della vostra vita pur coabutando e dormendo insieme”? Cioè ma possibile che sia sempre e solo questione di sesso?
Non so se mi spiego….
No sweety, non va bene per niente “essere marito e moglie coi figli nati dalla seconda unione, coi compagni di classe dei figli, con la società e, per il bene dei figli, anche per la famiglia, va bene essere coniugi in tutto basta che non si faccia sesso”. Non va bene per niente. Ai figli nati dalla seconda unione, come anche ai loro compagni di classe ed a tutti gli altri, andrebbe spiegato chiaro e tondo tutta la verità, e cioè che la loro famiglia è una “seconda famiglia”, cioè che i loro genitori, prima di costituire questa (seconda) famiglia, avevano costituito una prima famiglia, dalla quale (probabilmente) erano già nati altri figli. Poi, per puro egoismo, i loro (niente affatto) bravi genitori hanno pensato bene di divorziare e di sposarsi una seconda volta per fare una seconda famiglia. A causa di questa loro grave colpa (aver divorziato ed essersi risposati commettendo adulterio), ora essi, pur costituendo oggettivamente una (seconda) famiglia, non possono avere rapporti sessuali.
Cara sweety, il sesso (come tu lo chiami) è inscindibilmente connesso all’amore ed alla famiglia. Se cerchi altro non puoi pretendere la benedizione della chiesa.
…speriamo, almeno!
E come spieghi si figli che invece i matrimoni solo civili va bene romperli?
@sweety “Cioè ma possibile che sia sempre e solo questione di sesso?”
Non è così e ti sembra che la risposta sia questa perché la domanda è malposta e mi rendo conto che le risposte che diamo spesso non sono complete.
La nuova unione è illegittima, è peccato, sempre, sesso o non sesso, perché ha causato la rottura dell’unione sacramentale originaria. “Saranno una carne sola”. Ora, il concetto è il seguente: il sesso non è un accidente, non è uno sport, non è una cosa a caso… è proprio parte integrante quell’ “essere una carne sola”. Mi sembra evidente perché. Nel disegno di Dio è uno strumento pensato per quello scopo e non per altri. È per questo che non è legittimo al di fuori dell’unione sacramentale. Perdonami il paragone terra terra, da ingegnere: gli strumenti sono progettati per uno scopo e la loro forma segue la funzione. Il martello è fatto per ficcare i chiodi e il cacciavite per avvitare. Non puoi usare un cacciavite per ficcare i chiodi o un martello per avvitare. Se ci provi, fai un pasticcio e ti fai male. Questo è parte dell’ “ordine naturale delle cose”, che, se rimangono nel contesto per cui sono state create, sono come le parti di una macchina che funziona perfettamente. Se le sposti, la macchina si rompe e diventa pericolosa. Il peccato è proprio la rottura dell’ordine naturale delle cose disegnato da Dio – e conseguente anche la rottura della comunione con Dio – e per questo causa conseguenze negative, come la macchina che si rompe.
Ora, torniamo al matrimonio e al divorzio. È necessario che questo peccato venga riconosciuto e si chieda a Dio perdono. Questo primo passo è fondamentale, come per ogni peccato, per accedere alla Penitenza e poi alla Eucarestia. Non lo si sottolinea in queste discussioni perché lo si dà per scontato, ma mi rendo conto che sbagliamo a dare per scontato qualsiasi cosa. Come parte del pentimento è necessario l’atto riparativo, come per ogni peccato. Il concetto è che se si riconosce l’errore, si desidererebbe non averlo mai compiuto e, per quanto possibile, ripristinare la situazione originale. È come rimettere le cose nel loro ordine naturale. In assenza di figli nella nuova unione, l’atto riparativo è chiudere la nuova unione e cercare di ricostruire il matrimonio sacramentale, o rimanere nello stato di separazione se è proprio impossibile. In presenza di figli, questo atto riparativo può essere diminuito, perché la rottura della nuova unione causerebbe un male maggiore, ai bambini. In altre parole, alcune cose non possono essere rimesse nell’ordine naturale. Ma solo alcune, non tutte. Ora, vediamola così: l’unione coniugale è fatta di molte cose (convivenza, cura del partner e dei familiari, cura comune della casa, cura dei figli, sessualità, eccetera). Possiamo suddividerle in: 1) sessualità e 2) cose che non sono sessualità. Quello che è necessario per la cura dei figli, che è quindi tollerabie escludere dall’atto riparativo, non comprende certo la prima categoria.
Quindi, ecco la risposta alla tua domanda: non è che per la legge divina nella situazione del divorziato-risposato-con-figli-nella-seconda-unione va bene tutto tranne il sesso, come tu ti chiedevi; viceversa, sono tollerabili solo alcune cose, esclusivamente finalizzate alla cura dei figli, tra cui non c’è il sesso.
Poi, perché non proviamo a ribaltare la domanda? Possibile che la vita umana debba sempre e solo essere ridotta a questione di sesso? Per me non è Dio, né la Chiesa che hanno problemi o sono ossessionati con il sesso… sono piuttosto quelli che lo vedono ovunque.
@Francesca “incontrano in ‘sinergia’ le azioni di certi ambienti sociali”
Giustissimo. Diciamo che in questo caso ricadono, secondo la mia classificazione, nei “problemi interni”.
Marco 10,11
«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei;»
Marco 10,12
« …se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».
Il peccato di adulterio va oltre e viene PRIMA delle implicazioni (e delle unioni) sessuali.
@sweety
1Corinzi 6,16
«O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno, è detto, un corpo solo.»
La “Teologia del Corpo” andrebbe meglio approfondita e studiata con tutte le sue dirette conseguenze (positive e negative) per la salute dello Spirito, prima ridurre tutto sempre solo ad una “questione di sesso” per arrivare a conclusioni del tipo: “ma si, cosa vuoi che sia…” o pensare che sia una sorta di “fobia” 😉
Uhm, sì Fabrizio e Bariom, ma qua ci sta proprio un problema di comunicazione. Problema che voi in parte risolvete, e in parte no.
(anche il continuo battere sulle questioni sessuali è sì una provocazione esterna che riceviamo di continuo ma anche una risposta “da interni” sempre un pò insufficiente…. Forse la strada migliore , da espandere, è quella di Fabrizio che verte sul che cosa sia la vita)
Ricollegandomi all’altro tema da me introdotto:
Si può però osservare, appena un pò più sopra, un errore classico messo in circolo dai cattolici (facciamoci del male) :
se sei escluso dalla comunione (eucaristia) sei escluso anche da qualsiasi benedizione. Wow 😐
Io, cattolica col minimo sindacale di cultura, so che l’utente che ha affermato ciò non voleva magari esattamente dire quello che ha detto…. ma altri cattolici , tanti, non possono capire il senso di certe frasi insensate e avvertono infatti l’esclusione dall’eucaristia come esclusione da qualsiasi possibilità che l’ amore di Dio possa raggiungerli tramite la Chiesa. Con tanto di “cattolici praticanti” che glielo confermano, senza nemmeno conoscere le loro vicende personali.
E allora “ciao Chiesa!”, tanto se siam “dannati” (cito un termine che mi è stato detto così) allora a che serve andare a Messa e pregare e rimanere cattolici e frequentare quegli ambienti?
Meglio emigrare con chi non li considera dei “dannati” e degli “esenti da benedizione”.
Che faccio, devo dar ragione a Fabrizio sui nemici interni più pericolosi di quelli esterni? Certo che solo avere l’idea di andare a dire a dei bambini che i loro “non sono bravi genitori” (e spiegargli anche perché) ci vuol tanto fegato….oltre che faccia tosta.
(E badate che io non sono pro comunione nelle situazioni coniugali irregolari…ma anzi la toglierei anche a chi sogna di scandalizzare i bambini in altre maniere, tipo andare a spiegare “alla classe” il perché i loro genitori sono “cattivi”).
In questo modo….. a chi pensiamo di rivolgerci? A quelli già bravi e buoni? Sarebbe l’anticristianesimo per eccellenza.
Verità e Carità ok. Ma la Carità deve stare sempre sopra a tutto altrimenti la Verità non gliela puoi dire a nessuno…. e se volevamo solo la Legge non ci serviva Gesù Cristo.
(Alla fine sto dicendo le stesse identiche cose che dite voi).
Una controdomanda che rivolgerei a sweety è: dici che sei fidanzata e vivi in castità…. ma scusa “che senso ha” essere una coppia e andare in giro insieme e fare i fidanzati e presentarvi come “legati” e poi….. non fare sesso?? Sarà mica così grave fare del sesso? ….. Dove sta questa bellezza dell’attesa che riconosce anche un ragazzo ateo? E dove sta la gravità dell’attività sessuale?
Come dici tu….non si tratterebbe di sesso e basta….
Ti domando: del tuo fidanzamento, ne stai facendo una questione di sesso? (cioè di non-sesso). Come mi hanno detto in altro forum: la sessualità è un dono di Dio e “rifiutarla” come fanno i cattolici è piuttosto un’offesa a Dio e pensare che Lui stia fissato su quello.
Che mi risponderesti?
“… avvertono infatti l’esclusione dall’eucaristia come esclusione da qualsiasi possibilità che l’ amore di Dio possa raggiungerli tramite la Chiesa.”
Ma sono nell’errore… (tante sono le cose che tutti “avvertiamo” e crediamo vere senza che lo siano)
A ben vedere poi l’Amore di Dio ci raggiunge dove Dio vuole.
“Con tanto di “cattolici praticanti” che glielo confermano, senza nemmeno conoscere le loro vicende personali.”
E sono nell’errore…
“…allora a che serve andare a Messa e pregare e rimanere cattolici e frequentare quegli ambienti?”
Appunto a che serve? A che serve anche anche a chi lo fa senza se e senza ma? (non è domanda retorica).
E come si “rimane cattolici”…?
Ti lascio le domande per la meditazione notturna.
Buonanotte.
😉
Grazie 😉
E ti rispondo nella nottata: le domande già presupponevano le varie meditazioni al riguardo.
Se alcuni cattolici sbagliano a capire, altri a parlare, altri a fare, altri si considerano bravi, o peccatori, e praticano per “rimanere cattolici” (cioè per un fine sterilmente normativo) … è certo che stiamo tutti nell’errore.
E in ogni caso anche il santo più santo finché rimane sulla terra è un peccatore, fa errori, etc.
Quel “a che serve?” si riferisce a chi si sente escluso, altrimenti saprebbe bene “a che serve” nella sua vita: in qualunque modo lo voglia intendere sarebbe consapevole di un legame inestinguibile con Dio, qualunque cosa faccia.
E invece non ce l’ha.
E troppo spesso non ce l’ha perché c’è una presunta perfezione da raggiungere ……e qualcuno che nel contempo ha suggerito il fatto che tanta gente cattolica questa perfezione ce l’ha (cioè chi accede alla comunione).
Questo ovviamente cozza col FATTO che 1) in generale, siamo tutti peccatori 2) in particolare, si potrebbe anche vedere gente che ne fa di cotte e di crude e poi si comunica.
Come “si rimane cattolici”?
Appunto.
Appunto.
Come si è insegnato per anni a “rimanere cattolici”?
Ecco perché ora è possibile che 1) quelli tagliati fuori (o che tali si sentono) non capiscono perché sono tagliati fuori per cose che a loro sembrano bazzecole
2) quelli dentro che “tagliano fuori” quelli “imperfetti” sanno ancora meno dei primi “come si rimane cattolici”. E glielo spiegano.
E il cane si rimorde la coda.
Rimango ancora oggi tanto stupita quando osservo persone che considerano la Chiesa un club. Con le regole per l’iscrizione. O, in caso d’infrazione, il ban 😉 😀
Inevitabilmente arrivano quelli che vogliono rivedere le norme del ban.
Ciao 🙂
Io rispondo, a chi mi chiede conto della mia castità: 1. il sesso per me è bello quando lo fai e sai che puoi generare. per un eventuale figlio nato fuori da un matrimonio non sarebbe la situazione ideale, dunque, finché non possiamo generare figli all’interno di una coppia stabilmente legata non facciamo sesso; e 2. sesso con contraccezione non è bello come quello senza, dunque, facciamo un piacere a noi stessi e invece di gustarci qualcosa a metà aspettiamo il futuro pieno (questa formula, del futuro che è insito nell’attesa, è del mio ragazzo).
Poi ci sono mille altri aspetti, della castità, ma direi che questo è il nocciolo che ognuno capisce.
Sul dire ai figli che i loro genitori sono cattivi sono d’accordo, ma fracentanni è uso a certe formulazioni, mi pare inutile discuterci.
Questa non era la mia conclusione e ho fatto corri di teologia del corpo per buona parte delle estati della mia vita. (Sì d estate seguo corsi di teologia intensivi). Ho letto Guoanni paolo ii e confido di conoscere bene san paolo. Ma evidentemente il mio punto rimane non capito. Non importa. Peraltro si certe volte mi sembrate ossessionati da qualcosa, su questo anche se non dal sesso. Bensì come dire…da un atteggiamento politico verso la religione. Questione di chi mette sul piatto più citazioni bibliche e lunghi discorsi pur di mettere l avversario al tappeto.
Peraltro probabilmene ho posto male io la questione.
Probabilmente non ho colto tutte le sfumature che i vari interventi volta per volta volevano sottolineare e me ne scuso in anticipo; ma parlando in generale se volessimo accostare la condizione di un divorziato-risposato e di chi cade invece in adulterio per un rapporto occasionale, il primo caso è senz’altro più grave e più pericoloso per la salute eterna, perché configura una ‘struttura di peccato’, cosa che nel secondo caso (non necessariamente) c’è.
Le strutture di peccato stanno alle anime come le piante carnivore agli insetti(!)
@Roberto, triste verità ma sarebbe deleterio affermare o pensare il contrario…
Va da sè che qualora la “caduta” divenga un pessima abitudine, così da trasformarsi in “vizio”, ci si sarebbe creati con le proprie mani la propria personalissima “struttura di peccato” e mentre questa ce la creiamo da soli, ben difficilmente da soli ce ne liberiamo!
Roberto purtroppo non posso rispondere al tuo commento direttamente.
capisco bene cosa vuoi dire. Ma – e torno al caso di Adinolfi non per fare a lui un processo (ci mancherebbe altro! Tra l’altro, non sappiamo se il primo matrimonio fosse valido e dunque non potremmo giudicare neanche volendo; lo uso perché persona nota che non fa mistero della propria situazione), ma perché situazione e persona nota – non credi che invece una situazione di aulterio stabile in cui l’adulterio sia una famiglia (magari figli dalla prima unione non ce n’erano) sia invece “meno” pericolosa perché molto più adatta alla conversione di un uomo che tutte le notti si incontri con l’amante, o che vada a prostitute? Un adulterio stabile ti porta più facilmente a capire la bellezza dell’unione vera. credo; e a farti domande sulla tua vita che ti possono portare alla conversione del cuore. Cosa che rapporti occasionali, invece, non fanno.
Io non ce la vedo Costanza a fare convegni con un noto gigolò, scusate se la butto così sul personale, ma a ma continua a sembrare una questione importante.
@sweety,
le vie della Grazia e della Misericordia di Dio sono infinite, ma spesso si fa l’errore di partire da una particolarissima situazione o persona per cercare di farne una regola e/o trovare una regola che si adatti alla situazione…
Spiritualmente parlandom un “adulterio stabile”, come una stabile situazione di peccato, non può portare a grandissimi frutti – non credo sia necessario qui spiegare il perché, basti dire che dove alberga il peccato, non prende dimora stabile lo Spirito Santo.
Normalmente – dico normalmente – l’uomo tende a giustificare il proprio stato, fino ad accusare gli altri di essere loro in difetto nella loro non condivisione dello stato e delle scelte fatte…
Quindi non ci sarebbe speranza? No, certo. La coscienza e Dio che è un Padre Buono, continuano a fare “il loro lavoro”, quindi se la situazione che si vive smuove la propria coscienza verso il Bene e la Verità, grazie a Dio!
Ma inevitabilmente deve venire il momento delle scelte, anche drastiche e/o dolorose (perché tagliare la mano che ti da scandalo – oopss cit. – è doloroso!) fatte con l’aiuro di Dio.
Diversamente, pia piano, ci si adagerà nella situazione e la propria coscienza verrà “narcotizzata” sino al punto in cui i richiami di Dio saranno inudibili.
Difronte ai casi particolari poi, ognuno agisca con misericordia non disgiunta dalla Verità, chiedendo discernimento allo Spirito che guidi il suo dire e agire.
Ma le “regole”, sono precise “linee guida” necessarie, ma necessarie all’Uomo spesso per i suoi stessi limiti e per guidarlo ad una maturazione adulta.
Ciao
@sweety
Sinceramente io credo di capire il tuo punto…. e credo che s’inserisca in un filone di pensiero molto condivisibile, anche da me, che afferma 1) di non fissarsi solo sui peccati sessuali, dato che ce ne sono tanti altri, pure peggiori 2) di non vedere il peccato come centro della vita, ma la vita in sè stessa come centro, come dono di Dio 3) di non essere troppo rigoristi/legalisti (soprattutto sui fatti altrui).
Detto questo, ti ringrazio per la risposta sulla sessualità prematrimoniale: mi interessava per capire il successivo passaggio sui divorziati-risposati nella tua visione. Premettendo che, conoscendo io storie terribili di donne e uomini che hanno subito un divorzio, non mi permetterei mai di giudicare o mettere lingua su una seconda unione giunta dopo anni di sofferenze: devo solo tacere e ringraziare Dio di non trovarmi nella stessa situazione. Ecco, premesso questo, e conoscendo anche storie di persone che soffertamente hanno preso la decisione della castità (in seconda unione) oppure che hanno atteso il “rientro” del marito fedifrago, pur di rimanere uniti a Gesù nell’eucarestia….insomma considerando molti casi (visto che sono over 40) e non entrando nella questione di quelli già in essere, mi concentro su una visione cristiana “preventiva” – proprio prendendo spunto dalla tua risposta sulle relazioni extra-coniugali:
” il sesso per me è bello quando lo fai e sai che puoi generare. per un eventuale figlio nato fuori da un matrimonio non sarebbe la situazione ideale, dunque, finché non possiamo generare figli all’interno di una coppia stabilmente legata non facciamo sesso”.
Per me il problema del sesso “in seconda unione”, se riguarda una coppia che era già convintamente cattolica prima di incontrare il “secondo coniuge”, starebbe proprio in quello che hai detto tu. Cioè, in generale, se ce la fanno, dovrebbero considerare ciò che tu affermi sul sesso e sui figli “fuori del matrimonio”. Poi , se hanno considerato quell’aspetto e anche verificato un’eventuale nullità del matrimonio preesistente….affidarsi a Dio e a ciò che si sentono di fare.
In generale comunque se posso farti una critica (in amicizia), ti direi che però stai ponendo l’accento sulla “coppia stabile” – la quale è anche ottenibile con matrimonio civile e/o con convivenza semplice e/o con le prossime unioni civili italiane. Una visione simile è condivisa anche dai laici non cattolici…. dunque forse il punto è la non completa comprensione del matrimonio cattolico.
In effetti una delle vie apprezzabili che sta battendo il Sinodo mi risulta che sia anche quella di avviare corsi prematrimoniali molto rigidi/rigorosi che facciano accedere al matrimonio sacramentale solo chi è davvero adatto, escludendo così alla radice molti possibili futuri divorzi.
Grazie per lo scambio di opinioni 🙂
@sweety
In effetti l’adulterio stabile contro l’amante stabile è un bel confronto 😀 😀 😀
Ci tengo a precisare che questa è solo una battuta sui termini, e che la questione posta da sweety rimane comunque rilevante (al di là della parola… adulterio stabile… 😀 vien da ridere ma in effetti rende l’idea)
In effetti verrebbe da … piangere!
Anche perché chi conosce da vicino certe situazioni, conosce bene i macelli e le sofferenze che portano… 😐
Che poi esistano adulteri “felici e contenti”, questa è altra cosa.
Grazie ate.
Io molte idee confuse (anche se i paletti ce li ho chiari).
Metto l’accento sulla coppia stabile perché, appunto, non mi interessa propagandare il cattolicesimo come radice della mia castità. Io sono casta non perché cattolica, ma perché persona umana, e credo che la castità prematrimoniale sia un requisito per TUTTE le coppie – buddiste, atee, musulmane o quel che vuoi. Poi se uno mi chiede cosa penso del matrimonio (e della stabilità della coppia) ovviamente passo a spiegare come lo intendo io. Il mio ragazzo quando ha letto cosa è il matrimonio per noi mi ha detto “guarda, io non ho mai pensato al matrimonio in questi termini”. Non voglio stare a raccontare la sua storia, che è complicata, e non vorrei dire che si è convertito perché non crede (e comunque è protestante, ma battezzato per formalità) – ma poi mi ha detto “però se ci sposiamo noi due lo facciamo in chiesa e lo facciamo con questa idea che hai tu”.
Capisco perfettamente il punto che giustamente fai sulla visione dei divorziati risposati. Ovvio, fare sesso sarebbe generare fuori dal matrimonio. Ma se la vita di X e Y è nella seconda unione, con figli (e magari prima non ce n’erano) ecco il credo che il bene dei figli sia da mettere al primo punto. E se X e Y riescono a essere coppia felice, non nevrotica, sana, anche vivendo in castità, perfetto. Altrimenti, io mi chiedo se i fligli saranno felici. O forse quei figli non sono importanti?
Con ciò non voglio dire che allora va bene tutto, ma che bisogna stare attenti a non far soffrire doppiamente persone (i figli) che magari già hanno dei problemi.
In tutta sincerità, i miei sono separati. Vedere uno dei miei genitori casto e fedele all’Eucarestia ma profondamente infelice, depresso e malato (psicosomatico) è stato peggio che se non l’avessi visto più sereno con qualcun altro, forse – sicuramente io ho avuto anni pazzeschi, e non li auguro a nessuno. Forse, non so, eh. Quando è successo che l’altro (appositamente non dico se mia madre o mio padre, per proteggere la loro privacy ancora di più) aveva una nuova unione (anche se non matrimoniale, anche perché i miei non hanno mai divorziato civilmente, senza convivenza e senza figli) sono stata molto infelice, ma adesso sono francamente sollevata perché so che non è da solo, che non ha bisogno di me come unico sostegno della propria vita come è per l’altro (ed è un peso enorme). Ciò per dire che l’eroicità delle persone fedeli è bellissima (io sono fiera di come uno dei miei genitori sia stato fedele) ma se poi causa ancora più infelicità…non lo so.
E quello che io ho visto nel caso dei miei è stato come i cattolici non abbiano mosso un dito per aiutarli, non ti dico certe pazzie che mi hanno detto certi sacerdoti, oramai che non erano più una coppia sposata erano fuori da tutto, oppure andava bene tutto e chissenefrega. E anche questo li ha scandalizzati molto.
Dunque secondo me dobbiamo molto ma molto di più stare accanto alle persone, prevenire, e curare. Promuovere le amicizie come sollievo alla solitudine.
Invece si parla sempre di codici del catechismo, di peccatori gettati all’inferno, e mai di “toh stasera mi prendo la briga di andare a trovare X che è separata e sta da sola”, chessò…
Ecco sweety la tua condivisione di un fatto personalissimo, spiega molte cose…
Come getta una luce non proprio luminosa, rispetto l’atteggiamento di molti “cattolici con le carte in regola” (compersi taluni sacerdoti) difronte non tanto a queste “situazioni”, ma a queste persone.
Il problema drammatico del “lasciati soli” – in questa o qualunque altra situazione – mette in evidenta un grossissimo problema della Chiesa (in particolare contemporanea), quella di aver perso il senso della Comunità e del viverlo come un fatto concreto.
Questo, checché se ne dica, è una delle altre cause dell’allontanamento di molti e del fatto che il Mondo spesso rifiuti il “messaggio cristiano”… perché la gente “guarda” (e ascolta…) e si dice: “beh, se questi sono i cristiani, posso anche farne a meno…”
«Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».
«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.»
@sweety,
“avversario”?? Io conosco un solo avversario e questo lo si “mette a tappeto”, solo con le “armi della Fede” e con… le citazioni :- D 😀 come ci insegna Gusù nel deserto.
Per il resto se non ho afferrato il punto, mi spiace, puoi sempre spiegarmelo meglio, ma se pensi si sia qui come su un ring cercando il “destro” risolutivo… lasciamo stare 😉
Il mio riferirmi all “Teologia del Corpo”, non era poi un critica nei tuoi confronti (ottimo se ne sei edotta), era un riferimento ad un aspetto spesso sottovalutato. Per chi invece come me, viene dal mondo, dove il mio corpo era mio e quello dell’ “altro” troppo spesso a mio uso e consumo, è stata una vera e propria rivelazione!
@sweety
Grazie per il racconto della tua storia, molto importante.
(In effetti nel mio precedente intervento ti presentavo una “visione cristiana preventiva dei problemi”, come avevo accennato, e NON una pretesa soluzione per coppie già in condizioni difficili – sulle quali appunto non si deve mettere lingua).
Il Sinodo in realtà (quello vero, non quello mediatico) prende in considerazione proprio i casi difficili e dolorosi, non certo chi allegramente spacca matrimoni.
” E quello che io ho visto nel caso dei miei è stato come i cattolici non abbiano mosso un dito per aiutarli, non ti dico certe pazzie che mi hanno detto certi sacerdoti, oramai che non erano più una coppia sposata erano fuori da tutto, oppure andava bene tutto e chissenefrega. E anche questo li ha scandalizzati molto.”
Purtroppo sono a conoscenza anch’io di certe situazioni verificatesi in comunità parrocchiali, non per responsabilità di sacerdoti, ma piuttosto di laici.
Sinceramente ritengo la non accoglienza da parte di cattolici e certo “maltrattamento” subìto da alcune persone della stessa gravità di un adulterio. O anche più grave. Come diceva Fabrizio, non è il caso di fare classifiche dei peccati….ma si tratta comunque di comportamenti che volontariamente allontanano qualcuno dalla Fede.
A volte sì, ho questa impressione…che noi qui si sia su un ring. E non capisco la vittoria dove vada a parare…
Una volta appurato che uno dei miei genitori è un peccatore impenitente che sarà separato da me per l’eternità nel Fuoco dove Dio adirato lo spedirà, io della mia vita e della sua ora che ne faccio? Mistero. Almeno mi sono imparata a memoria tutte le citazioni sul destino eterno degli adulteri.
So bene che l’emotività e le storie personali non fanno la dottrina, Paolo Pugni diceva che invocare i casi pietosi e le storie personali fa dimenticare la razionalità, e non cerco scusanti che non ci sono.
Ma questa è l’impressione che ricevo: far finire finalmente questi divorziati peccatori al tappeto e da lì gioire (sì, proprio gioire: te l’avevo detto io! Voelvi fare l’adultero felice? E mo’ stattene infelice all’inferno, finalmente) della perdizione eterna.
A me viene questa impressione. Anche se so che non è questa l’intenzione, lo so, bariom, lo so. Non è un rimprovero a te o ch altri, ma un grido d’aiuto, mettiamola così.
Perché chi scrive così, poi come pensi sarà capace di andare a casa dei separati e mostrare loro compassione e aiuto alla conversione? Come potrà nonostante tutto esaltare il bene che è venuto anche da eventuali seconde unioni (un figlio non è mai un male, è un essere umano!) e ciononostante aiutare la conversione ad una prospettiva diversa?
E se a me viene quest’impressione…che penseranno coloro che magari sono in questa difficile situazione?
Penso che, come dici tu sotto, abbiamo perso il senso della comunità (non è poi questa la causa di tanti divorzi, in fondo…?). Il senso dell’amicizia – cioè detto male: va bene essere santi, però scusate una vita di solitudine no.
Allora o ci rimbocchiamo le maniche e cerchiamo di stare accanto alle persone che soffrono o che hanno volontariamente causato un divorzio per non farle sentire sole, oppure tutti questi discorsi legalistici che senso hanno?
A me pare che tutto il discorso sia sempre comunione sì o no, adulterio sì o no, e tutto il resto è sempre messo da parte….e non so se funziona.
Se invece di scrivere lettere al sinodo invocando più rigore e furore sulla questione dei divorziati adulteri peccatori impenitenti e sulla via dell’eterna perdizione o dei pervertiti, come ama ripete fracentanni, scrivessimo più lettere per chiedere un aiuto CONCRETO ai pastori e alle comunità alle persone in queste situazioni, secondo me si spegnerebbe anche tanto furore mediatico sulle stesse.
Mi pare che sia la strategia del papa, ma noi vediamo solo il suo essere poco cattolico (era Giusy che tempo fa faceva outing e diceva di volere un Papa cattolico?). Mi posso sbagliare, ma credo cha manchi drammaticamente qualcosa, nel come è impostata la discussione.
Non so se sono chiara, forse no ed è colpa mia allora.
Anziché fingere di commuoversi per questo apologo apocrifo, sfacciatamente propagandato e cavalcato dai “novatori” perché, quando si ha torto, l’ultima spiaggia per cercare di farsi dar ragione è aggrapparsi all’espediente penoso (in tutti i sensi) ma sempre efficace del ricatto emotivo sentimental-lacrimoso, i padri sinodali “novatori” si avvantaggerebbero forse della lettura di san Giovanni Paolo II. Utile a distinguere la misericordia divina dal caramello e dalla connivenza col peccato.
“Maria condivide la nostra condizione umana, ma in una totale trasparenza alla grazia di Dio. Non avendo conosciuto il peccato, ella è in grado di compatire ogni debolezza. Comprende l’uomo peccatore e lo ama con amore di Madre.
Proprio per questo sta dalla parte della verità e condivide il peso della Chiesa nel richiamare a tutti e sempre le esigenze morali. Per lo stesso motivo non accetta che l’uomo peccatore venga ingannato da chi pretenderebbe di amarlo giustificandone il peccato, perché sa che in tal modo sarebbe reso vano il sacrificio di Cristo, suo Figlio.
Nessuna assoluzione, offerta da compiacenti dottrine anche filosofiche o teologiche, può rendere l’uomo veramente felice: solo la Croce e la gloria di Cristo risorto possono donare pace alla sua coscienza e salvezza alla sua vita.” (Enciclica Veritatis Splendor, n. 120)
“La precedenza e la sovrabbondanza della misericordia non devono, peraltro, far dimenticare che essa è solo il presupposto della salvezza, che giunge a compimento nella misura in cui trova risposta da parte dell’essere umano.
Il perdono concesso nel sacramento della Riconciliazione, infatti, non è un atto esterno, una sorta di «sanatoria» giuridica, ma un vero e proprio incontro del penitente con Dio, che ristabilisce il rapporto di amicizia infranto dal peccato. La «verità» di questo rapporto esige che l’uomo accolga l’abbraccio misericordioso di Dio, superando ogni resistenza dovuta al peccato… la salvezza piena, quella non solo offerta ma ricevuta, quella che veramente sana e risolleva, implica una vera conversione alle esigenze dell’amore di Dio.
Se Zaccheo avesse accolto il Signore in casa sua senza giungere a un atteggiamento di apertura all’amore, alla riparazione del male compiuto, a un proposito fermo di vita nuova, non avrebbe ricevuto nell’intimo il perdono che il Signore, con tanta premura, gli aveva offerto…
Non si può scambiare con amore il venir meno alla verità per un malinteso senso di comprensione. Non ci è dato di operare riduzioni a nostro arbitrio, pur con le migliori intenzioni. È nostro compito essere testimoni di Dio, facendoci interpreti di una misericordia che salva anche manifestandosi come giudizio sul peccato dell’uomo. «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).”
(Lettera ai Sacerdoti per il giovedì santo, 2002)
http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/2002/documents/hf_jp-ii_let_20020321_priests-holy-thursday.html
Chissà se i sinodali si sono commossi pure per questo…
https://cristianesimocattolico.wordpress.com/2015/10/18/un-forte-appello-al-papa-e-ai-vescovi-al-sinodo/
Santità, Padri sinodali, fratelli e sorelle,
io [dott.ssa dottoressa Anca-Maria Cernea] rappresento l’Associazione dei Medici Cattolici di Bucarest.
Appartengo alla Chiesa greco-cattolica rumena.
Mio padre era un leader politico cristiano che è stato imprigionato dai comunisti per 17 anni. I miei genitori erano fidanzati, stavano per sposarsi, ma il loro matrimonio ha avuto luogo 17 anni dopo.
Mia madre ha aspettato tutti quegli anni mio padre, anche se non sapeva neppure se fosse ancora vivo. Sono stati eroicamente fedeli a Dio e al loro impegno.
Il loro esempio dimostra che con la Grazia di Dio si possono superare terribili difficoltà sociali e la povertà materiale.
Noi, come medici cattolici, in difesa della vita e della famiglia, possiamo vedere che, prima di tutto, si tratta proprio di una battaglia spirituale.
La povertà materiale e il consumismo non sono le cause principali della crisi della famiglia.
La causa principale della rivoluzione sessuale e culturale è ideologica…
Il marxismo classico pretendeva di ridisegnare la società per mezzo della violenta appropriazione dei beni.
Adesso la rivoluzione va ancora più in profondità: pretende di ridefinire la famiglia, l’identità sessuale e la natura umana.
Questa ideologia si autodefinisce progressista. Ma non è niente altro che l’offerta l’antico serpente all’uomo di prendere il controllo, di rimpiazzare Dio, di organizzare la salvezza qui, in questo mondo.
È un errore di natura religiosa: è lo gnosticismo.
È compito dei pastori riconoscerlo, e mettere in guardia il gregge contro questo pericolo.
«Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 33).
La missione della Chiesa è quella di salvare le anime. Il male, in questo mondo, proviene dal peccato, non dalla disparità di reddito, né dal “cambiamento climatico”…
La nostra Chiesa fu soppressa dall’occupazione sovietica. Ma nessuno dei nostri dodici vescovi ha tradito la comunione con il Santo Padre. La nostra Chiesa è sopravvissuta grazie alla determinazione e all’esempio dei nostri vescovi, i quali hanno resistito al carcere e al terrore.
I nostri vescovi chiesero alla comunità di non seguire il mondo, di non collaborare con in comunisti.
Adesso abbiamo bisogno che Roma dica al mondo: “Pentitevi dei vostri peccati e convertitevi, perché il Regno di Dio è vicino”.
Non solo noi, laici cattolici, ma anche molti cristiani ortodossi, preghiamo con ansia per questo sinodo. poiché, come si dice, se la Chiesa cattolica cede allo spirito del mondo, allora è molto difficile anche per tutti gli altri cristiani resistere.”
La Fede è tale quando è provata…
Per il resto solitamente sono solo chiacchere 🙁
Credo sia solo in virtù di coloro i quali il Signore ha provato e la cui Fede è Fede provata che la Chiesa ancora si regga.
Certo in virtù di costoro ancora la Fede viene “trasmessa”.
Accattivante la recensione sul libro “Come un piccolo fiore, la storia di santa Teresina di Lisieux”. Peccato sia esaurito e non più ordinabile. Sarebbe bello trovare almeno un link ad una versione PDF. Ho provato a cercare ma senza successo.
http://www.ebay.it/itm/COME-UN-PICCOLO-FIORE-S-Teresa-di-Lisieux-Gina-Saffirio-Nino-Musio-Bimbi-e-Santi-/121680414244
Prova qui.
Saluti
OT
E qualcuno che vada in missione contro questi “titolati” che stanno facendo scuola in rete da anni a non so più quanti cattolici ignoranti che ci cascano con tutti e due i piedi?
https://www.change.org/p/alle-redazioni-delle-emittenti-televisive-rai-mediaset-e-la7-richiesta-di-confronto-pubblico-tv-su-accertamento-storico-critico-dei-vangeli-e-di-ges%C3%B9?recruiter=41522939&utm_source=share_petition&utm_medium=email&utm_campaign=share_email_responsive
” I riscontri effettuati, sempre in linea con il razionalismo scientifico, giungono a dimostrare che i nessi – fra narrazioni evangeliche e patrologia ecclesiastica, comparate a storiografia ed archeologia (attinente i protagonisti realmente vissuti) – sono dei falsi introdotti da antichi copisti per dare credibilità agli eroi del Cristianesimo e creati allo scopo di comprovare l’utopia della “salvezza eterna”.
La valenza di queste analisi si è evidenziata durante un confronto televisivo, incentrato sulla credibilità dei Vangeli sotto il profilo storico, tenutosi il 20 marzo 2010 in “Teletibur” (Tivoli), fra Emilio Salsi ed il Prof. Gianluigi Pasquale: un autorevole sacerdote della Chiesa, Preside dello “Studio Teologico Laurentianum” di Venezia, nonché Professore Incaricato presso la “Facoltà di Sacra Teologia della Pontificia Università Lateranense” a Roma, e presso lo “Studium Generale Marcianum” di Venezia.
Nel corso del dibattito, l’esegeta del Clero si è dimostrato incapace di replicare alle precise argomentazioni dello storico, di conseguenza, preso atto delle ricadute negative sulla attendibilità dei “testi sacri”, tutti gli ecclesiastici dei Centri Studi Biblici del Vaticano, specialisti in cristologia comparata alla storia, da allora in poi hanno deciso di evitare ogni contraddittorio pubblico con il Salsi, pur sapendo che l’effettiva esistenza di Gesù e delle divinità cristiane è una tematica oggetto di grande interesse per quei cittadini che intendono conoscere ed approfondire la realtà delle vicende passate.
In definitiva, a causa delle numerose prove documentate, le inchieste di Emilio Salsi sono volutamente ignorate dai pochi specialisti di “Storia del Cristianesimo”, dipendenti dalla Santa Sede o quantomeno compiacenti, proprio perché le analisi critiche sono basate sulle risultanze delle discipline cardine della scienza razionale, quali: Storia, Archeologia, Diritto Romano dei primi due secoli, Filologia e Toponomastica Giudaica. Indagini tutte finalizzate ad approfondire questa materia didattica in considerazione delle ultime ricerche e ritrovamenti archeologici.”
I suddetti, sostenendo che hanno riscontri storici e scritturali “ineccepibili”, tramite vari forum che si presentano come ambienti di studio seri “neutrali” stanno portando confusione in molte persone….Ho letto cose che non stanno né in cielo né in terra eppure il cattolico medio se le beve tutte, aiutato anche dal fatto che spesso la nostra parte la butta sempre “sulla fede” e sembra non fornire risposte agli argomenti dei suddetti deficienti.
Sono impressionata da tutto ciò che ha montato questa gente contro il cristianesimo, e più precisamente contro il cattolicesimo.
Il fatto stesso che dei cattolici diano credito a costoro è grave. E poi anche il discorso di questa gente è fideistico: sono tipologie di persone con le quali, in una forma o nell’altra, a molti di noi è capitato di avere a che fare. Dietro una sottile verniciatura di pseudo-scientificità c’è solo un’autocertificazione di se stessi e di presunte nozioni scientifiche, un’ignoranza sussiegosa e sofistica che teme sopra ogni cosa in particolare lo sberleffo, perché ha la necessità di essere presa sul serio per ammantarsi di una millantata “scientificità”. Costringere gli interlocutori a prenderli sul serio è la loro prima e sostanziale vittoria, perciò di solito o lo si ignora o li si sfotte. Questo in quanto costoro non sono mossi neppure dal più remoto desiderio di conoscere la verità, anche se giureranno e spergiureranno il contrario, ma solo da ragioni di contro-apologetica.
Per quel che riguarda il fideismo di tanti cattolici, il che è sicuramente il problema dato che, con un minimo di preparazione, gli anticorpi per rigettare le fantasie di questi nemici della Chiesa ci sarebbero già; ebbene, il fatto è che per combattere il fideismo ci vuole impegno e un certo sforzo, specie all’inizio. E’ più facile poltrire – e poi farsi ingannare. Perciò, delegare interamente a conto terzi la battaglia contro questa contro-apologetica è la sconfitta per eccellenza. La massa (in questo caso, la massa di cattolici che si fanno ingannare) assumerà l’atteggiamento mentale che definisco da “spettatore di partita di tennis”. Assistere al batti e ribatti, per poi assegnare la vittoria a chi si è presentato meglio. Questo perché latitano altri strumenti di discernimento e, se manca un desiderio personale per procurarseli, non c’è abilità, dialettica o apologetica capace di stabilire una linea di difesa e contrattacco adeguata.
“Assistere al batti e ribatti, per poi assegnare la vittoria a chi si è presentato meglio.”
Molto efficace, questo te lo copio di sicuro.
Prendi pure Fabrizio, che qua è tutto in comune! 😉
Seguendo nel Fuori Tema, mesi fa Rino Cammilleri osservava giustamente che «… su certi temi, in un talk-show, essere preparati non solo non serve a molto, ma può, anzi, essere controproducente. Infatti, in un salotto televisivo l’unico requisito che veramente serve è essere naturaliter dei polemisti.» (http://www.lanuovabq.it/it/articoli-la-sindone-in-tv-vince-chi-fa-spettacolo-12607.htm)
Per esempio, saltando di palo in frasca qualche sera fa “Virus” la trasmissione di Nicola Porro è cominciata con un assolo di Vittorio Sgarbi in tema di “genitorialità” che andrebbe imparato a memoria e trasmesso a ciclo continuo. https://www.youtube.com/watch?v=WS7Ea8vUfpU
Non l’avevo letto ma è una sintesi perfetta, direi. D’altronde Cammilleri da sempre capisce e sottolinea l’importanza (e la latitanza) di polemisti, nella Chiesa. Tanto che fu lui, negli anni ’70, a coniare il vocabolo di ‘kattolico’ come sinonimo. Probabilmente perché è passato, come passai anch’io nel mio piccolo, attraverso la sorpresa di scoprire la latitanza cattolica in merito. La politica della riduzione del danno, di sopire e ridurre qualsiasi polemica e scandalo, se da un certo punto di vista si può capire, nel momento in cui diventa unica linea d’azione crea uno stato di torpore non solo pericoloso, ma pure… noioso! Poi ci si chiede perché, per esempio, i gggggiovani non sono interessati alla proposta cristiana. In un’epoca crepuscolare, apparentemente vitale ma in realtà fiacca e inerte come la nostra, aggiungere inerzia a inerzia è, semplicemente, la scelta perdente. Chi ancora anela a trovare qualcosa che parli e serva alla propria vita, giustamente ne rifugge.
La sintesi di Camilleri è davvero perfetta, e vorrei sviluppare un concetto in conclusione:
“Ora, a nessuno è venuto in mente di concentrarsi sulle sole obiezioni di Odifreddi, senza perdere tempo a dimostrare come e qualmente la Sindone sia autentica.”
Ecco, diciamo che oltre che polemisti, bisognerebbe essere pure rompicoglioni e concentrarsi su pochi punti chiave (con poco tempo e molti punti si fa solo caos, tutto a favore degli avversari). Se si va sullo specialistico, la gente non può capire chi ha torto e chi ha ragione, perché non è esperta né ha voglia di leggersi dieci libri. I personalismi, come ha scritto Cammilleri, fanno danno. Invece, riprendendo il paragone del tennis, cercare di piazzare il colpo che interrompe il palleggio e mette in difficoltà l’avversario. Questo vuol dire spesso una cosa: invece di preoccuparsi di dare risposte, concentrarsi… sulle domande. E sul benedetto principio di non contraddizione che, almeno per ora, rimane qualcosa che la gente accetta e capisce.
Nel caso della Sindone, la questione è semplice: ma ammesso e non concesso che la datazione al carbonio è corretta e che quello è un reperto medioevale, com’è che ad oggi, dicono al CNR, non si ha ancora la tecnologia per riprodurre un manufatto di quel tipo (forse sono riusciti a riprodurre un pezzettino analogo di pochi centimetri quadrati, con apparecchiature costosissime e recenti)? E fermarsi qui, su due affermazioni provenienti dalla stessa fonte, la scienza, ma in totale contraddizione. Ue’, non sono io che devo spiegare tutto: è l’Odifreddi razionalista che deve farlo. Non permettere all’interlocutore di svicolare: rimanere attaccati a questa domanda come un mastino sull’osso. Se ne usciamo fuori con una domanda a cui la scienza non è in grado di rispondere, abbiamo segnato un gran punto.
PS E comunque… non sono questi avversari quelli che mi preoccupano. Alla fine le loro argomentazioni sono del tipo che non fanno cambiare campo, ma radicano ognuno nel proprio campo. Servono a consolidare la popolarità dei personaggi e vendere libri. Abbastanza noioso. Inoltre, se volete una piccola “profezia”, la scienza è in procinto di prendere una grossa nasata e demolire la propria credibilità.
Gli avversari che mi preoccupano sono quelli interni alla Chiesa, che possono fare danni peggiori.
@Fabrizio Giudici: sono d’accordo con te al 100%: grazie !
Egomet memet 😉
Sulla sindone: il fatto che non si sia riusciti a riprodurlo vuol dire e non vuol dire (oltretutto dei tentativi, invero approssimativi, sono stati fatti, non tanto quello del Garlaschelli, ma quanto quello di Nicholas Allen che è oggetto di discussione più del tentativo Garlaschelli).
Ma sopratutto bisogna tener conto che di manufatti antichi, di cui non si sa bene come siano stati realizzati, e, che sarebbe difficile porre in essere, anche con le moderne tecnologie, ce ne sono diversi (la stessa cupola del Brunelleschi ad esempio).
Bisogna anche considerare che determinate tecniche artistiche ed artigianali, a volte si dimenticano o per desuetudine o perchè erano state tenute segrete.
Il tentativo di screditare l’esame del C14 operato da quel cialtrone di Kounetzov si è rivelato, appunto, una cialtroneria.
E sono state formulate obiezioni alle presunte “prove” a sostegno della veridicità del manufatto, basate sui pollini e sulle monetine.
Quindi, per ora ci sono solo dubbi, osservazioni e discussioni sull’autenticità della sindone.
E, secondo me, per costruirci sopra tutto quel po’ po’ di culto, ci vorrebbe la prova provata che essa è VERAMENTE il sudario di Cristo (non argomentazioni basate su espressioni come “ammesso e non concesso”).
Una supposta contraddizione della scienza, NON è una prova “a contrario”, ma esprime semplicemente una situazione di incertezza.
Se si dubita della bontà di un esame chimico (e non solo), l’unica via è quella di ripeterlo, formulando un protocollo attento alle obiezioni ed ai dubbi emersi per quello precedente. Cosa che non viene fatta!
Come solitamente fa (ed anch’io ho fatto) la gente che non è convinta dell’esattezza dei risultati di un’analisi del sangue o delle urine (magari cambiando laboratorio).
Rino Cammilleri, noto apologeta (ma NON storico e NON scienziato), cerca di eludere il problema di fondo (deve aver letto “L’arte di ottenere ragione” di Schopenhauer) che è il seguente: per essere venerata, la sindone, DEVE essere il vero sudario di Cristo!
A meno che non si affermi NON essere importante l’autenticità del lenzuolo, in quanto il suo valore è simbolico.
Ma se il suo valore è solo simbolico perchè accanirsi tanto per dimostrarne l’autenticità o perchè essere riluttanti a ripetere l’esame del C14 (come proposto dalla stesso Baima Bollone)?
Infine, il fatto che non ci siano pervenuti i manoscritti originali di Tacito, Svetonio, Giuseppe Flavio e delle stesse scritture, ma solo copie altomedievali (quindi già di epoca cristiana) è, effettivamente, un FATTO di cui bisogna farsi carico nei dibattiti in materia, non eluderlo. A69
“Quindi, per ora ci sono solo dubbi, osservazioni e discussioni sull’autenticità della sindone.”
E potrebbe andare benissimo così…
Vogliamo andare a cercare la prova certissimamente e scientificamente certa della Resurrezione di Cristo (cmq non lo sarebbe la Sindone…)?
Ma per favore!
Anonimo, ti ha risposto Bariom, io completo: guarda che la devozione alla Sindone è esattamente la stessa che si opera davanti ad un’icona, cioè ad un quadro. La Chiesa non chiede niente di più e la maggior parte dei cattolici si ferma a questo livello.
PS Il tuo confronto con la cupola del Brunelleschi non regge: dai e dai, sono riusciti a spiegare anche come hanno spostato i blocchi delle piramidi. Gli studi a cui mi riferisco io sono quelli del CNR di Frascati:
http://www.frascati.enea.it/fis/lac/excimer/sindone/sindone.html
http://titano.sede.enea.it/Stampa/skin2col.php?page=eneaperdettagliofigli&id=166
La pigmentazione del lino è qualcosa che impatta uno spessore sub-micrometrico delle fibre. È un livello di struttura della materia che nel Medio Evo manco si sognavano: non è questione di statica dei corpi o di tecniche di costruzione che alla fine sono discipline note da millenni, e lentamente migliorate.
Riporto il punto significativo a cui accennavo prima:
“Ma allora, in base ai vostri risultati, è possibile riprodurre l’immagine sindonica con le stesse dimensioni?
Diciamo che è molto difficile. Se consideriamo la densità di potenza di radiazione che noi abbiamo utilizzato per ottenere la colorazione di un solo centimetro quadrato di lino, per riprodurre l’intera immagine con un singolo flash di luce sarebbero necessari quattordicimila laser, pensate ad un intero palazzo pieno di laser. Il nostro è l’ultimo di centinaia di tentativi di riproduzione, i primi hanno utilizzato tecniche a contatto con risultati simili all’originale ad occhio nudo, ma molto diversi se osservati al microscopio. In tempi recenti si è pensato di utilizzare irraggiamenti sia tramite particelle (protoni) sia tramite radiazione ultravioletta emessa da scariche elettriche tipo corona o direttamente da sorgenti laser, come nel nostro caso.”
Laser, microscopi, irradiazione di protoni, scariche elettriche a corona… nel Medio Evo? Almeno si abbia il coraggio di tirare fuori ET!
Anonimo, siccome oggi non so se riuscirò a collegarmi sino a sera, ti lascio un paio di domande consequenziali a quella fondamentale, e cioè sulla sua natura.
1. Esistono delle riproduzioni della Sindone che sono nate come riproduzioni già in antichità e si sapeva che erano riproduzioni; per l’appunto icone. Sono fatte con tecnologie tradizionali dell’epoca. Se anche la Sindone è nata con questo scopo, perché chi l’ha fatta si è scervellato ad usare una tecnica così misteriosa?
2. Se lo scopo invece era quello di ingannare i fedeli dando l’idea dell’oggetto miracoloso, faccio presente che nell’antichità bastava poco, certo non era necessario pensare a fenomeni sub-micrometrici. Nell’antichità classica i templi pagani ingannavano i fedeli con “statue parlanti”: erano banali automi, che poi con i secoli sono stati svelati.
3. Rimane poi il fatto che la Sindone è l’unico manufatto noto in tutto il mondo ad avere quelle caratteristiche. Di tutti i grandi maestri d’arte e di tecnologia occidentali abbiamo documentazione anche sulle prove, gli studi e l’evoluzione della tecnica. Questo – ammettendo che sia morto subito dopo il suo capolavoro – l’avrebbe tirato fuori all’improvviso?
Ecco, agli Odifreddi io chiedo queste tre cose.
@Fabrì: oggi ti applaudo per la seconda volta !!!
Se entrano in gioco tecniche (con uso di particolari sostanze chimiche) dimenticate: tutto può essere avvenuto!
Non è vero che le scoperte e le tecnologie non vengano dimenticate. Ciò è accadute per molte invenzioni che una volta realizzate, si è scoperto essere state adombrate nelle tavole di Leonardo, o come qunado si scoprì (a seguito della decifrazione dei geroglifici) che la macchina costruita da Domenico Fontana, per “imbracare” e trasportare gli obelischi di Roma era stata realizzata più o meno uguale dagli egizi che, quegli obelischi avevano costruito.
Quindi, quando trattasi di epoche in cui i mezzi di documentazione erano pochi, è ben naturale che tecniche ed artifizi, siano cadute in oblio.
C’è sempre stata gente previdente che ha previsto l’intervento dell’osservatore attento e scettico (se no perchè i nazisti, si sarebbero preoccupati di non lasciare un solo documento in cui si afferma in modo chiaro la volontà politica di porre in opera l’olocausto?).
Probabilmente la sindone sarà stata il prodotto meglio riuscito di quella fabbrica di reliquie che era Bisanzio (se sparo cento proiettili contro un bersaglio, può darsi che “uno” sia un centro eccezionale), ed è per questo che è stata tirata fuori al momento giusto ed è per la stessa ragione che non si realizza, per ora, l’uguale (anche se Nicholas Allen ci si è un po’ avvicinato).
Anche senza volerlo un tempo si forgiavano manufatti con precisione millimetrica (ci sono oggetti di oreficeria etrusca, che oggi, non si saprebbe cesellare se non facendo uso del microscopio e di strumenti di assoluta precisione). A69
Francamente, ma che senso ha cercare di “dimostrare” l’esistenza di Dio?
E se anche le mura di Gerico fossero state delle semplici palizzate, ma mi dite cosa cambia?
È su questo che Gesù ha sconvolto le nostre&vostre vite?
(Non voglio dire che “tutto è metafora”, ma non facciamo neanche l’errore speculare…)
Una curiosità: Giulio Cesare è realmente esistito?
Ma soprattutto: siamo sicuri che Anonimo69 esiste (io non ne ho prove inconfutabili)? oppure è solo il fantasma della mia percezione del suo ologramma?
@ Alessandro
ah! hai dubbi sulla mia stessa esistenza? Allora siamo in 2 ad averli. A69
Ah, già che sono venuta meno al mio autoembargo, facciamo festa completa: immagino che la tecnica cui si riferisce a proposito dell’oreficeria etrusca sia quella della “granulazione”, che non ha nulla a che fare col cesello. Non si è ancora ben capito come facevano, ma mi pare che Augusto Castellani http://www.treccani.it/enciclopedia/castellani_(Dizionario_Biografico)/ ci sia andato vicino; non scomoderei gli UFO solo per quello.
Idem per il sollevamento degli obelischi. Non è che ci siano molti modi per sollevare gli obelischi con macchine a “motore” umano, quindi non c’è nulla di strano che l’Imhotep del caso e Domenico Fontana abbiano seguito lo stesso principio. Se invece i geroglifici dimostrassero che Imhotep aveva usato una gru oleodinamica allora ci sarebbe da meravigliarsi…
Non c’è bisogno di scomodare gli ufo, basta che non si riesca a capire come, con le tecniche in possesso allora, gli etruschi abbiano realizzato i manufatti di che trattasi.
Per quanto riguarda le macchine del Fontana, io volevo solo dimostrare che ci sono state tecniche antiche che sono state dimenticate (e riscoperte solo per caso e autonomamente). A69
la sindone dalla fabbrichina di bisanzio?
cos’è, la storia e la scienza studiate su topolino?
«il fatto che non ci siano pervenuti i manoscritti originali […] delle stesse scritture, ma solo copie altomedievali (quindi già di epoca cristiana)»
Solo copie altomedievali? https://www.vatlib.it/home.php?pag=BODMER_XIV_XV
Quando si parla di documenti antichi, si parla sempre con una certa approssimazione. Più correttamente avrei dovuto dire che la “maggior parte” dei manoscriti pervenutici sono copie altomedievali.
Del resto non c’è il famoso frammento (cm. 3 x 2) di Qunram che il gesuita o’Callaghan attribuisce al vangelo di Marco? A69
A) «Infine, il fatto che non ci siano pervenuti i manoscritti originali […] delle stesse scritture, ma solo copie altomedievali (quindi già di epoca cristiana) è, effettivamente, un FATTO di cui bisogna farsi carico nei dibattiti in materia, non eluderlo. A69»
(qualcuno gli ricorda che effettivamente non è proprio come dice)
B) « Quando si parla di documenti antichi, si parla sempre con una certa approssimazione. Più correttamente avrei dovuto dire che la “maggior parte” dei manoscriti pervenutici sono copie altomedievali.»
Ecco, appunto. Ma non lo aveva detto perché sennò la battuta non avrebbe avuto lo stesso effetto intimidatorio sulle casalinghe e i manovali.
Solo che a volte le casalinghe e i manovali hanno letto qualche libro e si stanno buttando via dalle risate (penso alla battuta sulla “fabbrica bizantina di reliquie”, e in particolare al misterioso bizantino antesignano di Louis Daguerre…)
@senmweb
la casalinga di voghera? 🙂
per i manovali ipotizzo un dopolavoro ferroviario di carpinello? 🙂 😉
😀
Non avevo detto “la maggior parte dei manoscritti ecc.” per la semplice ragione che non sempre soppeso, parola per parola, quello che scrivo (“reus non habet stateram in manu”).
Il fatto che ci siano pervenuti documenti (perlopiù cristiani) del II o III secolo d.c., non demolisce quello per cui la maggior parte dei manoscritti sia più tarda.
Bisognerà dunque vedere caso per caso, e, quando si tratterà di copia risalente al IV- V secolo (o più tardi) tener conto di ciò, in sede di dibattito.
Vi ricordo che nel medioevo le reliquie erano molto più importanti e venerate di adesso, e, i signori feudali facevano a gara per accaparrarsele nell’ambito di un fiorente commercio delle stesse.
Siccome era ovvio che le reliquie più ambite venissero dalla terrasanta, territorio contiguo, e talvolta subordinato, all’Impero d’Oriente, era da quello che, di conseguenza, venivano tali reliquie, sia quelle vere, sia quelle false. A69
PS: può darsi che sia veramente un “reus”……..
A69 non faccia torto alla sua e mia intelligenza. Lei ha affermato che “tutti” quegli scritti, pagani e cristiani erano altomedievali. Le ho ricordato che non è vero.
La sua implicazione era che essendo tardi i testi, i loro CONTENUTI potevano benissimo essere spurii, interpolati da tardivi falsari (tutti di chiesa, ovviamente) per abbindolare i gonzi, insomma INATTENDIBILI. Ma dimostrata sbagliata la sua prima affermazione (non ci sono testi etc.), la seconda – basata sulla prima – perde un pochino di sostanza, non le pare? Il resto del suo commento è solo una cortina fumogena, tanto per sviare … 🙂
Allora sono veramente un “reus”………………..
A69
Mah dipende. Per esempio lei come tradurrebbe “in dubio pro reo”? 🙂
bibl. apost. vat.Fra i suoi tesori più preziosi spiccano alcuni
manoscritti di notevole rilevanza per la storia del testo biblico, come il
cosiddetto «codice B» (Vat. gr. 1209) e, dalla fine del 20061
, il Papiro
Bodmer XIV-XV (P75 nella nomenclatura corrente dei papiri
neotestamentari e qui di seguito).
Quando è stato trascritto, agli inizi del III secolo, P75 conteneva per
intero i Vangeli secondo Luca e secondo Giovanni. Nonostante i danni
provocati dall’usura, prima, e dalle condizioni di conservazione, poi, il
codice tramanda tuttora in maniera soddisfacente circa la metà del testo
di entrambi i Vangeli.
L’unica edizione di P75, in riproduzione fotografica e in trascrizione,
risale al 19612
. A quasi mezzo secolo dalla sua scoperta, l’importanza del
papiro è ormai assodata sul piano filologico-critico.
Come avviene con la maggior parte dei papiri neotestamentari noti, il
cui numero supera ormai il CENTINAIO
, la scoperta e la provenienza di P75
presentano molti lati oscuri; tuttavia, è probabile che, come quasi tutti i
papiri, esso sia stato ritrovato in Egitto
https://www.vatlib.it/moduli/BodmerVoicu_ita.pdf
cara Francesca,
hai perfettamente ragione, e questo è un punto che dimostra che occorre che la fede abbia tre dimensioni ossia:
1) missione
2) carità
3) cultura
e che non basta la sola testimonianza di vita.
Certo, la testimonianza personale è sempre la prima cosa ed è importantissima, perché mostra quanto quello in cui crediamo cambia concretamente la nostra vita quotidiana, ma è altrettanto importante approfondire razionalmente le ragioni della fede, e saper rispondere nel merito a coloro che vanno contro ad essa con motivazioni apparentemente razionali.
E sul significato integrale di cultura…tanto per citare ancora don Giussani e ricordarlo a chi forse non lo ricorda bene: “Quanto più lo spirito dell’uomo, guidato dalla Chiesa, si è reso familiare la Verità di Cristo, tanto più questa penetra il suo modo di concepire tutte le cose e di impostare tutta l’esistenza. Si realizza così la CULTURA CRISTIANA. Essa si avvera a due livelli:
a) a livello personale, rendendo cristiana tutta la mentalità dell’io;
b) a livello collettivo, rendendo cristiano l’ambiente e la storia – rendendo cristiana la CIVILTÀ.”
(cfr.p.118 “Sul senso religioso”, Giovanni B.Montini, Luigi Giussani Bur 2009 introd.Massimo Borghesi).
Vabbè quello che voglio dire è che occorre conoscere i fondamenti della propria fede, cioè il rapporto tra fede e ragione, tra fede e storia, ecc.
Su quello ci siamo?
Agire contro ragione è alieno a Dio, Dio fuori dalla storia è incompatibile con l’Incarnazione.
mah… io nun te capisco.
Mi puoi rispondere con un si o un no, invece di citare?
Ti ho risposto: la fede cristiana, la fede della Chiesa, è inseparabile dalla ragione e dalla storia. E’ il laicismo che vuole segregare la fede riducendola a intima convinzione personale tollerata finché non pretende di incidere culturalmente.
@fortebraccio
“Francamente, ma che senso ha cercare di “dimostrare” l’esistenza di Dio?
E se anche le mura di Gerico fossero state delle semplici palizzate, ma mi dite cosa cambia?
È su questo che Gesù ha sconvolto le nostre&vostre vite?”
Il cristianesimo è un avvenimento storico, in uno spazio e in un tempo.
Se non è un fatto storico, semplicemente non è cristianesimo, è un’altra cosa.
Se Cristo non è risorso, vana è la nostra fede. Perciò è fondamentale la storicità dei Vangeli, proprio perché non stiamo parlando di metafore, ma di FATTI.
Poi, sul fatto di dimostrare l’esistenza di Dio, ha certamente senso, visto che il problema dell’esistenza di Dio è sentito come il problema centrale di sapere filosofico. E’ solo l’insipienza dell’occidente contemporaneo che fa le risatine sul problema. Comunque, è esigenza della ragione
Ma se non è un avvenimento ESPERIENZIALE è solo una “storia di altri tempi” e anche l’avvenimento “storico” di un uomo tornato dal cimitero, non inciderebbe sulla nostra vita… 😉
@Bariom
certo, sono d’accordo, ma quello che volevo sottolineare è che stiamo parlando di fatti e non di metafore
Certamente!
“Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni“. Atti 2 😉
Abbiate pazienza…
Siamo testimoni in fede, in quanto crediamo nonostante non si abbia veduto.
Poi, altri hanno visto e tramandato (ed infine sì, per fortuna qualcun’altro di insospettabile ha anche “registrato”, diventando “fonte terza”).
Non voglio mettere in dubbio la necessità di una verifica storica, mi chiedo piuttosto se questa sia fondamentale per qualsiasi passaggio.
Cerco di spiegarmi meglio: personalmente credo che la vera sfida “intellettuale” per la fede sia quella opposta all’esperienza di S. Tommaso: credo anche se non ho prove tangibili; credo ed vivifico quotidianamente quel messaggio (con tutti i limiti personali eccetera). Poi benvenga qualsiasi verifica storica attendibile…
Resta un problema (per me) di fondo: un Dio “dimostrato” non è un dio che mi ha creato libero. Se dimostro che “Dio c’è”, ebbene quel Dio non mi lascia altra scelta: diventa “logico” credergli, inevitabile, obbligatorio, praticamente “meccanico”. Eppure, credendo a tutte le scritture, ha sempre voluto (e detto) il contrario.
Qualsiasi tentativo di dimostrazione è un tentativo di volontà, è un atto di prepotenza della volontà vero il mistero.
🙂
Abbi pazienza tu fortebraccio…
La mia citazione si riferiva ESCLUSIVAMENTE agli Apostoli e al loro essere stati testimoni diretti ed era legata al contesto dei commenti che parlavano dell’avvenimento STORICO. 😉
Per il resto siamo testimoni in fede con la nostra stessa vita che è divenuta ESPERIENZA del Cristo Risorto.
@fortebraccio: dunque San Tommaso, Sant’Anselmo, sant’Agostino, ecc. erano tutti dei prepotenti perché hanno percorso della dimostrazione dell’esistenza di Dio? non credo proprio.
Peraltro la dimostrazione dell’esistenza di Dio non è il contenuto della fede cristiana, che è ben altro.
È un atto di prepotenza intellettuale nei confronti del Mistero.
Magari sto usando un tono un po’ sopra le righe: vogliamo dire “scorrettezza”, “esagerazione”?
Non voglio insultare nessuno, ma dimmi Thelonius, nei termini in cui l’ho posta io, ti sembra che la mia argomentazione sia sbagliata?
In ultimo: a cosa serve la dimostrazione dell’esistenza di Dio? A cosa giova?
Tutto giusto, il cristianesimo è un fatto: Cristo nato, morto e risorto da morte. Però più che sulla “prova dell’esistenza di Dio” come la intendono molti, di un dio astratto come quello dei filosofi, che non so quanto sia utile oggi, sposterei il problema: Cristo, uomo concreto, soggetto e oggetto della rivelazione divina, è risposta alle domande e alle esigenze più vere dell’uomo, che albergano nel cuore dell’uomo di ogni tempo. E allora la difesa della storicità dei Vangeli, in questo senso, diventa una questione importantissima e non trascurabile.
oooh….! su questo finalmente siamo d’accordo ! 🙂
Non a caso un folta schiera, che va da Renan a Bultmann, ha fatto perdere la fede a tante persone…
Sono d’accordo (come potrei non esserlo) che il crstianesimo sia un avvenimento storico e che il problema dell’esistenza di Dio sia il problema centrale del sapere filosofico. Non c’è da fare risatine sull’argomento. A69
“Non è vero che le scoperte e le tecnologie non vengano dimenticate.” […] “era stata realizzata più o meno uguale dagli egizi che, quegli obelischi avevano costruito.”
Appunto: uno può dimenticare una tecnica che poi viene riscoperta tale e quale, o simile, e si verifica che era alla portata degli uomini dell’epoca. Altro è constatare che ci vogliono tecnologie di secoli dopo. In definitiva, per ora non è stata “riscoperta” nessuna tecnica. Dici che “basterà una sostanza chimica”… Forse. Io non sto mica dicendo che è una certezza matematica che la Sindone non è riproducibile se non con i laser, eccetera. Ma se uno scienziato vuole smentire un’ipotesi, deve produrne una alternativa, solida, e dimostrarla. Sennò non è scienza, ma chiacchericcio.
“Francamente, ma che senso ha cercare di “dimostrare” l’esistenza di Dio?”
Infatti qui chi sta cercando di dimostrare l’esistenza di Dio con la Sindone? Nessuno. Su di me personalmente, oltretutto, la Sindone ha esercitato sempre poca attrattiva. Mi scuote di più, per dire, La Resurrezione di Piero della Francesca a Sansepolcro. Per la storicità di Cristo bastano i documenti, così come per Giulio Cesare o Alessandro Magno. Ma devo dire che la mia curiosità sulla Sindone è aumentata proprio dopo che certe tesi scettiche molto superficiali si sono dimostrate errate. Ora voglio solo che Odifreddi – o chi per lui – mi spieghi cos’è la Sindone e come è stata fatta, se sono così sicuro che non è quello che certi dicono potrebbe essere.
In definitiva, la questione è esattamente opposta: non dimostrare l’esistenza di Dio, ma smontare gli argomenti di chi tenta di “dimostrare” il contrario, per di più con una superficialità da chiacchiericcio. E così ritorno all’argomento originale come l’aveva proposto Francesca.
@ Fab. Giudici
una cosa è dimostrare l’esistenza di Dio, un’altra dimostrare l’autenticità della sindone; basta pensare che i protestanti negano risolutamente la seconda, mentre, ovviamente, confermano la prima.
E’ chiaro che si stanno cercando metodi di riproduzione della reliquia compatibili con i mezzi (per quel che se ne sa) dell’epoca in cui si ritiene sia stata prodotta.
Siccome ci sono dei validi elementi che fanno presupporre la “medioevalità” della sindone i quali sono, in primis, l’esame del C14 (non smentito da Kusnetzov e sul quale sono stati sollevati soltanto dubbi e obiezioni, le quali potrebbero essere suffragate soltanto da un nuovo esame che, come ho detto precedentemente, tenga conto dei dubbi e delle obiezioni suddette) e, in secundis, le recenti osservazioni sulla incompatibilità del tessuto con l’epoca e la zona (cfr: https://liberelaiche.wordpress.com/2015/04/19/la-sindone-di-torino/), siccome ci sono tali elementi,(dicevo), coloro che li ritengono pregnanti e abbastanza probanti, debbono, di conseguenza, ritenere che con qualche tecnica, più o meno sconosciuta e dimenticata, il “lenzuolo” sia stato realizzato!?
Per ora non si è riusciti a riprodurlo, però ci si sta provando e gli esiti sono oggetto di discussione. Vedremo.
Però, come ha detto Garlaschelli, si consideri prima di valutare le copie, le quali vengono via via proposte, che 7 secoli di invecchiamento naturale non sono paragonabili ad un invecchiamento artificiale di ore o giorni. Non è l’unico elemento di cui debba tener conto, ma non deve essere trascurato.
Il dibattito sulla sindone non è stato caratterizzato da “superficialità”: si è replicato e controreplicato con dovizia di argomenti da entrambe le parti (anche alle conclusioni dell’Enea si è replicato!).
L’esistenza di Dio non è in discussione in questa sede. A69
Ciao a tutti. Vi sto leggendo, ma non ho molto tempo per scrivere.
Aggiungo solo una riflessione ad un’affermazione di Fabrizio.
Scrive Fab : ” Gli avversari che mi preoccupano sono quelli interni alla Chiesa, che possono fare danni peggiori”
Il problema è che certe situazioni interne alla Chiesa (e certa mancanza di cultura, come già fatto osservare) incontrano in ‘sinergia’ le azioni di certi ambienti sociali e in in rete certi forum (biblici!) che sotto la copertura dello ‘studio’ portano invece avanti istanze anticristiane e/o anticattoliche.
Noi diamo per scontata una fede salda….e magari confrontiamo i modi di esprimerla e ci occupiamo dei cosiddetti nemici interni….però così facendo dimentichiamo circa l’80-85% dei cattolici i quali magari hanno qualche dubbio o sono in ricerca, oppure hanno vissuto una cattiva esperienza di Chiesa/parrocchia/gruppo. E magari leggono da soli i Vangeli e gli viene qualche domanda, qualche quesito legittimo…..
Purtroppo pubblicamente non posso linkarvi certe discussioni e certi forum, anche perché indirettamente infangherei altre religioni (e magari si tratta di fenomeni isolati che non è bene elevare a regola di questa o quella fede) …..però mi è accaduto personalmente di “illuminare” un utente che ce l’aveva a morte con la Chiesa Cattolica e che tendeva all’insulto verso di me (come il resto del forum), una persona di certa cultura che però conosceva male la nostra teologia e dottrina e dunque si era allontanato dal cattolicesimo per alcune questioni specifiche, avvicinandosi invece ad “altre” letture della Bibbia – unite a costante denigrazione dei cattolici “perché ignoranti”. Ebbene: io non penso di aver convertito nessuno via internet, però questa persona , deposti gli insulti verso di me, mi ha ringraziata, mi ha posto un’altra domanda dottrinale, dopodiché è scomparso dal forum in questione. Nel contempo io venivo invitata con fermezza a smettere di postare “apologie del cristianesimo”, altrimenti sarei stata immediatamente bannata.
In pratica in certi ambienti “di studio delle religioni” o si scrive contro il cristianesimo e la Chiesa oppure si viene bannati: ma tutto ciò NON è esplicito; è solo che se io porto una prova storica (di rilevanza accademica) oppure una corretta spiegazione teologica a fronte di montagne di menzogne anticattoliche si viene minacciati di ban per “intenti apologetici e di proselitismo”.
Ecco, in questi ambienti che si presentano come cenacoli di studiosi e di esperti di lingue antiche, vengono ben coltivati ed allevati molti cattolici ignoranti che magari non hanno trovato risposta in parrocchia o su internet o in tivù.
Altro caso di altro utente molto studioso, ex cattolico: praticamente esponeva mirabilmente per il 90% delle letture bibliche- teologiche e di ricerca spirituale che combaciavano perfettamente col CCC !!! (da lui mai letto)…… e che cosa sosteneva questo signore? Che la Chiesa Cattolica e i suoi esegeti non avevano capito nulla, mentre altre religioni lo lasciavano libero di aver trovato certe vie. Peccato che fosse lui a non aver capito nulla di cattolicesimo e che quelle vie fossero profondamente cattoliche , fossero nella nostra dottrina per un buon 90% (e NON di altre religioni da lui citate!!)……. e che mi considerasse (a me!) una persona di particolare cultura che interpretava stranamente il cattolicesimo.
(ok ok anche qui qualcuno dirà che interpreto stranamente il cattolicesimo 😀 )
La strada da seguire secondo me sarebbe quella indicata da senm e Roberto (mi pare) : la preparazione culturale di base è necessaria, ma poi bisogna unirla ad una capacità minima di polemizzare e di fare esempi semplici . Oltre che di uscire, a volte, dal nostro recinto ed impegnarci con piccole azioni missionarie. Impegnarci a parlare!!
A volte, nella vita reale o in rete, due colpi ben assestati a certi impianti di menzogne (o a quesiti idioti) fanno crollare velocemente tutti i dubbi.
Quello che rilevo troppo spesso è appunto questo silenzio dei cattolici, magari più impegnati in diatribe interne tra 4 gatti….. Anche in certe trasmissioni in tivù, è vero, sembra che il cattolico parli un pò controvoglia….ed invece vorrei sentir parlare e battagliare certe persone colte e con capacità dialettiche (più di me sicuro) che leggo nei blog e nei forum.
@ Francesca. Vado anch’io di corsa. Ci sono due problemi (almeno). Uno è l’ignoranza (in senso etimologico) diffusa a tutti i livelli, cattolici o no, credenti o atei; ignoranza delle nozioni e ignoranza dei propri limiti. Il tuo “utente molto studioso, ex cattolico” è un esempio lampante; come fai a giudicare qualcosa che non conosci neanche un po’? Io non mi intendo di motori e non mi sognerei mai di trinciare giudizi sulle prestazioni della Yaris rispetto alla Smart ma c’è gente che ti correggerebbe “Massiccio del Catinaccio” in Massiccio del Catenaccio” (storico). Altro grosso problema è la sudditanza culturale che porta molti a vergognarsi di parlare in pubblico, visto che se sei cattolico sei responsabile delle crociate, dell’inquisizione, del colonialismo e compagnia cantante.
Poi c’è il problema di quelli che non amano parlare in pubblico perché gli va troppo facilmente il sangue alla testa e la cosa va a finire in rissa (me, per esempio 🙂 ).
“E come spieghi si figli che invece i matrimoni solo civili va bene romperli?”
Attenzione: non è vero che i matrimoni solo civili va bene romperli. Intanto il matrimonio civile tra due non battezzati potrebbe essere riconosciuto come valido, per legge naturale, ed essere parimenti indissolubile. Tempo fa postai un link: lo riposto perché spiega abbastanza bene la situazione:
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2347
Ora, la tua domanda può essere riformulata: come spieghi ai figli che i matrimoni nulli va bene romperli? Ok, ancora una riformulazione: parliamo di rottura dell’unione, non del matrimonio, perché il matrimonio in questo caso non c’è mai stato. Ecco, questa è una delle mie più forti obiezioni al motu proprio di Papa Francesco che vuole “velocizzare” e “facilitare” le cause di nullità. Se ci sono figli, anche se il matrimonio è nullo, non credo sia opportuno spingere unilateralmente verso la rottura dell’unione, come se nulla fosse. I figli di “annullati” possono soffrire dalla rottura così come i figli di divorziati. Beninteso che siamo su un piano diverso: qui non c’è rottura di un sacramento contratto davanti a Dio, ma una considerazione pratica, che comunque è importante perchè impatta sulla vita di persone fragili.
“se sei escluso dalla comunione (eucaristia) sei escluso anche da qualsiasi benedizione. Wow :-|”
Infatti questo è sbagliato. Dal mio punto di vista la soluzione al problema dovrebbe essere comunicare meglio questo punto: al Sinodo degli spunti ci sono stati, vedremo cosa ne esce fuori (io sono pessimista, ma mi sono ripromesso di non commentare troppo nel dettaglio finché non ci sarà un pronunciamento chiaro e non una ridda di voci).
“i loro “non sono bravi genitori” (e spiegargli anche perché) ci vuol tanto fegato….oltre che faccia tosta.”
Fra’ ha parlato in modo diretto su questo forum perché siamo adulti. Penso che tutti si rendano conto che il compito è difficile, e io peraltro qui non so molto cosa dire perché non ho esperienza di bambini (il concetto però non è certo che “non sono bravi genitori”). Fatemi però fare un confronto “iperbolico”: se un genitore finisce in galera perché ha commesso un reato, non hai un problema analogo? Anzi, ben peggiore: devi spiegare al bambino che il genitore ha commesso una cosa sbagliata che comporta una pena inflitta dalla società, uno stigma sociale ben più forte e pure una separazione forzata più netta. Non puoi cavartela e far finta di niente e non affrontare il problema della colpa, come se il genitore fosse solo vittima delle circostanze. Alla fine affrontare la spiegazione delle cose come stanno è un’anticipazione dei tempi: intendo dire che il bambino dovrà affrontare prima di quanto non desideriamo i grandi problemi della vita, del bene e del male, eccetera, nel contesto del quale è possibile far capire che gli uomini sbagliano, peccano, e questo ha delle conseguenze, ma non sono perduti. E rimane l’amore di Dio per loro e l’amore vicendevole tra gli uomini. Certo, è più naturale che queste cose vengano affrontate da una persona quando è più grande e meno fragile. Ma anche se un bambino piccolo perde un genitore in un incidente devi anticipare questo momento di confronto con le asperità della vita. Dunque, non è un problema nuovo; càpita e va affrontato.
“Rimango ancora oggi tanto stupita quando osservo persone che considerano la Chiesa un club. Con le regole per l’iscrizione. O, in caso d’infrazione, il ban 😉 😀 Inevitabilmente arrivano quelli che vogliono rivedere le norme del ban.”
Esatto. Purtroppo tutta la discussione sui divorziati risposati è stata impostata in gran parte su questa premessa sbagliata, e ne derivano proposte di soluzione sbagliate.
“Bensì come dire…da un atteggiamento politico verso la religione. Questione di chi mette sul piatto più citazioni bibliche e lunghi discorsi pur di mettere l avversario al tappeto.”
Non penso proprio che sia l’intenzione di Bariom, né la mia, né di altri. Il concetto è che è inutile affrontare qualsiasi discussione sulle cose se non le vediamo con la prospettiva del Padreterno e, per quanto non siamo mai capaci di farlo completamente, le Scritture prima ed il Magistero dopo ci aiutano a capire quale sia. Se non si parte da lì vediamo le cose con prospettive diverse e conseguentemente sbagliate.
“Le strutture di peccato stanno alle anime come le piante carnivore agli insetti(!)”
Esatto. Ovviamente non è l’unica struttura di peccato, così come il peccato sessuale non è l’unico peccato, però non ha molto senso fare queste classifiche. Ovviamente è meglio se, peccando, compio un peccato meno grave, ma non posso partire già dall’inizio con l’idea che, be’, tutto sommato potrei anche “permettermi” di fare quel peccato che è meno grave… Questa è già una struttura di peccato, ovvero l’adeguarsi all’idea che alla fine una certa cosa è giusta. Non ci si può adeguare. Se ci si adegua, si finisce con il giustificare il peccato, subentra l’assuefazione e poi diventa sempre più difficile liberarsene. È proprio il contrario della sequela corretta.
“sia invece “meno” pericolosa perché molto più adatta alla conversione di un uomo che tutte le notti si incontri con l’amante, o che vada a prostitute”
Si potrebbe rispondere in molti modi. Per esempio: e se il disegno di Dio per quella donna fosse quello di convertire il marito, certamente con un grande sacrificio personale? A volte succede, e persino dopo la fine della vita. Per esempio, è quello che fece la Beata Elisabetta Canori Mora:
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90597
Non la riporto perché è linkata, ma leggete attentamente la storia di questa Beata perché risponde perfettamente alla domanda.
Sweety, quello che dici e quello che hai vissuto e vivi è molto interessante. Sono due i punti da affrontare: la felicità e la sofferenza. Prima di tutto però, bisogna mettersi in una prospettiva Cristo-centrica. Ricordare che il Dio-uomo è anche un esempio che ci è stato offerto, seppur inarrivabile. Cristo nella sua passione era “felice”? Può essere che d’ora in poi non userò più le virgolette, ma fate conto che ci siano, perché bisogna capire cosa sia questa felicità. Be’, il sudare sangue nell’Oliveto, il “se possibile allontana da me questo calice” mi suggerirebbe di no. Era sofferenza, in continua crescita al Sinedrio, al Palazzo di Pilato, poi lungo la via Crucis e poi sulla Croce. Ora mi avventuro in terreno teologicamente minato e potrei usare le parole sbagliate, per cui correggetemi, ma penso di azzeccare il senso. Nonostante la sofferenza, Cristo in Croce era “felice” perché sapeva che con quell’atto stava salvando le sue creature. Non era “felice” in altri sensi umani che possiamo dare al termine; eppure, Lui, che è senza peccato, non avrebbe avuto diritto ad esserlo? Ecco, quindi noi abbiamo veramente un “diritto” ad essere “felici”? Cercare la felicità è una cosa, e certamente abbiamo diritto a cercarla. Ma ottenerla è altra questione. Nel nostro piccolo, persino una donna che partorisce soffre, ma – salvo casi patologici – è felice perché sta dando alla luce la sua creatura. Maria, donna senza peccato, era “felice” sotto la Croce? Non penso proprio, eppure capiva il senso di quella sofferenza. Dunque, la felicità e la sofferenza paiono cose agli antipodi, eppure sono legate dall’amore – anzi, usiamo la parola giusta, dalla carità di Dio. È questa l’unica chiave di lettura che mette le due cose nella giusta relazione.
Ora, una coppia di sposi si promette amore “nella buona e nella cattiva sorte”. Cosa è questa cattiva sorte? A me pare che ragioniamo sempre in termini terreni: una rovina economica, una persecuzione, insomma una causa esterna. Ma la cattiva sorte può avere anche una causa interna, il tradimento di uno dei due. Cosa vuol dire amare? Tra altre cose, volere il bene della persona amata. Qual’è il bene supremo? La comunione con Dio. Allora, il coniuge, con il sacramento matrimoniale, si impegna ad essere la prima persona su questa Terra che si prende la responsabilità di accompagnare l’altro coniuge verso Dio. Se su un sentiero di montagna uno scivola nell’abisso, l’altro si attaccherà con una mano al braccio di Cristo che lo terrà stabile senza fare scivolare anche lui, e con l’altra mano tratterrà il coniuge dalla caduta. In altre parole, in quel momento in cui uno si sta perdendo, l’altro è il tramite dell’amore di Cristo per lui. Questo amore, come sulla Croce, implica una sofferenza; eppure dovrebbe anche esserci la felicità nella consapevolezza che quel sacrificio ha un senso di redenzione. Se molla la presa, lascia cadere il coniuge ed è come se avesse la responsabilità di rompere il vincolo di amore di Cristo che in quel momento passa attraverso di lui.
Ovviamente non è detto che funzioni. L’uomo è libero di rifiutare anche l’amore di Dio e il coniuge può voler cadere nell’abisso. Ma fino all’ultimo non si può sapere. La conversione del marito della Beata che ho citato prima avvenne dopo la morte di lei, figuriamoci. A noi farebbe piacere se Cristo scendesse dalla Croce per evitare la propria sofferenza, in cerca di una “felicità”, e ci abbandonasse prima dell’ultimo istante di vita, occasione ultima per una conversione in extremis? Non credo. Dunque, non dobbiamo evitare agli altri quello che vorremmo fosse evitato a noi?
È tutto molto duro quello che sto dicendo, ma il cristianesimo è duro. Il vincolo matrimoniale è duro, e Cristo lo dice chiaramente agli Apostoli. È bene che questa durezza sia compresa sin dall’inizio e che, se si pensa che non si possa reggere, si concluda che il matrimonio non s’ha da fare. Io lo dico molto chiaro: per come sono fatto non perdonerei neanche il più piccolo accenno di tradimento. Sbagliato. Fa parte delle mie considerazioni per cui evidentemente non ho la vocazione per il matrimonio.
Tu, sweety, stai sperimentando in positivo una parte di quello che ho scritto, se leggo che il tuo fidanzato ateo in questo momento, per amor tuo, già è aperto ad una certa prospettiva, anche se per ora non la capisce. Io mi auguro che la tua storia vada avanti, il tuo matrimonio viva sempre senza grandi problemi, ma potrebbe capitare che lui scivoli. Tu avrai la responsabilità di tenerlo saldo, tramite dell’amore di Cristo.
Stai sperimentando anche in negativo, per via della sofferenza di uno dei tuo genitori. Ma quella sofferenza non è detto che sia inutile, così come quella di Cristo. A volte quello che ci appare come “felicità” non è affatto la cosa migliore, così come la “sofferenza” non è affatto detto sia la cosa peggiore.
Fine dei riferimenti al caso di sweety. Per quello che vedo che è gran parte della discussione in corso, al Sinodo mediatico, per non parlare poi del dibattito pubblico, la sofferenza è sempre qualcosa da evitare e la felicità è una sorta di appagamento esteriore. Una lavatrice che funziona senza far rumore, se inizia a sferragliare la cosa migliore da fare è cambiarla. Ma il mondo non è così in prospettiva Cristo-centrica. Questo è semplicemente edonismo.
“il vincolo matrimoniale è duro”
Ma è un “giogo soave”…
Il tuo commento qui Fabrizio va letto con il giusto tempo a disposizione, solo mi permetto puntulizzare sarebbe meglio parlare di Gioia e Pace rispetto determinate situazioni (Croce), piuttosto che di “felicità” (di per sè piuttosto effimera).
La Gioia e la Pace che vengono dallo stare e dal fare la Volontà del Padre.
Esatto Bariom. Per questo ho usato le virgolette: perché quella “felicità”, come hai scritto, non si capisce cos’è, ma ho l’impressione sia cosa alquanto mondana ed effimera. Alla fine, probabilmente è un semplice appagamento. Ma non può bastarci.
Carissimo Fabrizio, dopo tante chiacchiere a vanvera, finalmente un po’ di buon senso. Le cose che hai detto sono semplicemente di puro buon senso cattolico, sono cose semplici che ogni vero cattolico sa benissimo. La croce fa paura a tutti ed è lecito cercare la propria felicità; però nessuno ha diritto alla felicità e tutti sono chiamati da Gesù in Persona a prendere la propria croce e seguirLo.
“Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”.…altro che convivenze adulterine.
@FabrizioGiudici
eccepisco anch’io come Bariom sul concetto di duro
Si può parlare di durezza/fatica/altre simili “amenità” solo dimenticandosi del fatto che la posta in gioco in questa vita è la vita eterna
Mi risulta che tutto quel che ci è dato sia in misura di ciò che possiamo (sop-)portare indipendentemente da quel che può parere a noi.
Mettiamo le nostre gocce senza nemmeno pensare che sia duro.
E’ quel cui siamo chiamati e basta.
E già che ci sono: un saluto a tutti 🙂
PS. Perdonare è la pratica, pensare di non poter perdonare è solo la teoria
PS-bis. Spero di non distrarre la discussione dagli altri temi interessanti su cui è sorta
Se sferraglia, l’aggiusti. La cambi se costa meno di aggiustarla, perché tanto una lavatrice è una macchina, non un cristiano.
L’ultima frase è tutto edonismo – il tuo, per inciso. Perché sia mai che esista qualcuno degno di umano rispetto e considerazione al di fuori del cristianesimo, qualcuno capace di giustizia, compassione, correttezza: umanità – sia mai!
Che barba! Che noia!
(e pensare che concordo anche tutto quello che hai detto, ma voler stra-vincere, non c’è n’era bisogno…)
@fortebraccio
capisco d’aver sbagliato qualcosa … ma … non ho davvero capito cosa … 🙁
l’ultima frase la trovavo doverosa nei confronti di chi aveva parlato di situazioni personali, molto più “meritevoli” di attenzione , e che non era mia intenzione ignorare o far ignorare … ecco è forse questa la colpa (a volte mentre si scrive o ci si rilegge vien anche il dubbio di aver capito) … aver pensato anche solo di poter “passare avanti”? O cosa?
Se mi puoi spiegare, ti garantisco che apprezzerò di sicuro
Grazie
No Bri, scusami, volevo rispondere a Fabrizio (sua era la metafora della lavatrice)
Poi la replica s’è “attaccata” al tuo intervento… ma era per Fabrizio
🙂
@sweety commento delle 13:25 cui non posso far reply
e @tuttiglialtri (che non è un vero nick, eh)
Io trovo tutto sommato abbastanza semplice leggere ciò che divide ed è mera questione di definizione di un’identità:
a- esiste la necessità di stabilire l’esistenza di una regola (e ci si divide se non la si pensa tutti così)
b- esiste la necessità di verificare che la regola è condivisa da tutti (e ci si divide se non la si pensa tutti così)
c- esiste la necessità di giudicare l’infrazione alla regola come tale (e ci si divide se non la si pensa tutti così)
d- esiste la necessità di non far passare eccezioni alla regola condivisa (e ci si divide se non la si pensa tutti così)
e- esiste la necessità di perdonare, perdonare e ancora perdonare perchè sian rimessi a noi i nostri debiti alla stessa identica maniera (e da qui vedrai che si ricade al punto a) )
Da a ad e, tutto bello e importante, ma … la paura che umanamente qualcuno abusi del nostro perdono è ciò che in fondo ci frega, eppure lì sulla Croce, Gesù … tra tutti i pensieri che poteva avere … non ha certo colto l’ultima occasione per ribadire una regola … o forse … è proprio quel che ha fatto?
PS.
Ma si poteva dire frega? Non si può? Ma poi è italiano almeno?
@ P.S. E’ un sintomo di una malattia ormai endemica, la “sclerosi verbale” 🙂 http://www.treccani.it/lingua_italiana/speciali/eloquio/ravesi.html
“Una volta appurato che uno dei miei genitori è un peccatore impenitente che sarà separato da me per l’eternità nel Fuoco dove Dio adirato lo spedirà, io della mia vita e della sua ora che ne faccio?”
Questo dove è stato scritto e da chi è stato scritto su questo forum?
“Perché chi scrive così, poi come pensi sarà capace di andare a casa dei separati e mostrare loro compassione e aiuto alla conversione? Come potrà nonostante tutto esaltare il bene che è venuto anche da eventuali seconde unioni (un figlio non è mai un male, è un essere umano!) e ciononostante aiutare la conversione ad una prospettiva diversa?”
Conversione verso cosa, se non abbiamo una chiara visione di cosa è giusto e cosa sbagliato? Chi ha mai detto che un figlio è un male? Chi ha mai detto, pur dopo aver ribadito che un adulterio è un adulterio, che un adultero è destinato a fare solo cose cattive? Chi ha mai detto che chi non accede all’Eucarestia finisce necessariamente all’Inferno? Questi discorsi io li sento fare da certi padri sinodali, ma sono completamente basati sul nulla. Nessun buon cattolico, né il Magistero della Chiesa, dice queste cose. Perché devo leggere obiezioni ad argomenti inesistenti?
“Allora o ci rimbocchiamo le maniche e cerchiamo di stare accanto alle persone che soffrono o che hanno volontariamente causato un divorzio per non farle sentire sole, oppure tutti questi discorsi legalistici che senso hanno?”
Cosa vuol dire “non farle sentire sole?”. Perché pensi che la vicinanza di qualcuno dei propri cari, da sola, possa fare qualcosa per loro? Nessuno può fare niente per nessun altro, se non il tramite dell’amore di Dio; ma non può certo pretendere di portarlo in modo contrario alla Sua volontà. Quello che Dio vuole da noi l’ha detto chiaramente. Per questo io ti ho risposto chiaramente a partire da Cristo e dalla Croce. Il Cristianesimo è una scelta radicale: o Dio o niente. O si parte da Cristo e dalla Croce, o si va per strade sbagliate. O si interpreta la vita dalla prospettiva di Cristo sulla Croce, o non si comprende niente.
Quanto al discorso “duro”. Certo, nessuno di noi è messo di fronte ad un giogo per il quale la Grazia non fornisca sufficiente forza per sopportarlo. “Duro” non vuol dire “impossibile”. Ma il termine “duro” sta nel Vangelo: “Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?»” (Gv 6, 60). È subito dopo le prime affermazioni esplicite di Gesù che mettono i suoi discepoli, ebrei, inequivocabilmente davanti ai fatti: Gesù non è un condottiero, non è un rivoluzionario, non è un re, non è un moralista: non dice che ci si salva semplicemente rispettando certe regole. È tutto il contrario del legalismo farisaico, ma anche uno shock rispetto a tutto l’ebraismo tradizionale. Non basta. Dice che ci si salva solo attraverso il suo Sacrificio Eucaristico a cui, in modi più o meno diretti, siamo chiamati a conformarci. Non si può fingere che non sia uno shock per un essere umano: tant’è che “66 Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.”. È quindi opportuno riflettere su questa durezza. Gesù, vedendoli andare via, non li ha richiamati dicendo “Vabbè, ridiscutiamone” con atteggiamento “dialogante”. Non ha ritrattato una sola parola. Ha lasciato che comprendessero: “Signore, da chi andremo? Tu [solo] hai parole di vita eterna”. Non possiamo fare altro.
E tornando al matrimonio: “9 Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio». 10 Gli dissero i discepoli: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Sweety, non si citano le Scritture per affossare l’interlocutore. Si citano per il principio di realtà. Se tu fossi un ingegnere che vuol costruire un ponte che con uno slancio di generosità vorresti collegasse due isole lontane, ma uno ti viene a citare la Legge di Gravità e delle Forze fondamentali che tengono insieme i corpi solidi, e ti dice “Guarda che non si può fare: crolla e poi la gente muore”, tu che fai? Ci rifletti sopra e cerchi un’altra soluzione oppure lo costruisci lo stesso? Pensi che chi ti ha dato il consiglio voglia semplicemente “affossarti”? Te la prendi contro le leggi della fisica perché sono troppo dure? Che senso avrebbe? Per non parlare poi del fatto che quelle leggi sono quelle che ci consentono di esistere.
@FabrizioGiudici
secondo me confermi le impressioni che @Sweety ha ricavato
Sottolineo che lei parla appunto di impressione non di parole scritte nere su bianco che tu le chiedi di indicare
E’ che quando si lascia un’impressione diversa da quella che lei stessa concede si voglia lasciare … forse … già il fatto in sè … meritebbe breve “esame di coscienza” 🙂
PS
Scusa Sweety se mi son messo in mezzo spero di non aver a mia volta frainteso quel che hai scritto
Siamo qui apposta a parlarne e un “terzo” può certamente aiutare a trovare modi per comunicare alternativi a quelli degli interlocutori originari.
L’impressione però può essere dovuta sia a chi parla, sia a chi ascolta. Secondo te, quando i discepoli se ne andavano, l’ “impressione” c’era per via delle parole di Gesù?
@FabrizioGiudici
Eh, certo che no, se ne andavano perchè Gesu li intenzionalmente ha separati da quelli buoni con quelle esatte parole “dure” da capire
@sweety (e Fabrizio),
sfumatura + sfumatura – sono assolutamente concorde con quanto ha qui esposto Fabrizio.
La “durezza” del perseguire la strada di Cristo, di accogliere la suo dolce compagnia, che sa farsi anche esigente, si avverte principalmente quando – forse senza rendercene conto – finiamo per basare tutto i nostri “sforzi” sulle nostre uniche forze e dato che è una strada umanamente moolto esigente, finiamo per ritrovarci ripiegati su noi stessi, il volto triste e le spalle curve per la fatica…
La castità è dura? CERTO!
La fedeltà è dura? CERTO!
Anche il Perdono è duro, perché quello Cristiano NON è nelle possibilità umane… il Perdono è dono divino.
Senza di Lui non possiamo far nulla… ecco perché spesso vediamo persone che stanno persino vivendo eroicamente delle virtù, ma sono tristi e distrutte dallo sforzo di “tenere botta”!
Il Cristianesimo NON è basato sulle nostre misere forze, è aderire a Cristo perché il Suo Spirito compia in noi la Volontà del Padre.
Quindi verso cosa va orientata la nostra volontà, dove mettiamo i nostri miseri 5 pani e 5 pesci?
Oserei dire anche dove gettiamo i nostri peccati? In Lui… questo abbiamo da fare.
E quando abbiamo dubbi se siamo sulla retta via, se siamo in Sua Compagnia (il Signore a volte gioca a rimpiattino…) guardiamo alla Chiesa e a quelle famose “regole” che ci danno un sicuro orientamento.
Ho già detto che considero una grave colpa quella di una comunità che non si cura della debolezza dei suoi membri o comunque di chi sta a questa vicino, ma anche una comunità e perennemente in conversione e (di nuovo ritorno a Fabrizio) l’aiuto concreto e spirituale a chicchessia, può essere conforto di un momento, di un tempo, ma devi poi riprendere in mano la tua vita e riportarla a Cristo (parlo per esperienza personale ripensando al tempo in cui Dio mi ha chiamato ad affrontare la vedovanza…). Non c’è altra strada, ne possiamo credere di cambiare noi la vita di altri.
Un abbraccio.
Concordo con Bariom
Fabrizio, leggerti è, per me, un piacere ed un sollievo perché esprimi esattamente quello che anch’io penso, ma sai farlo molto meglio di me. Grazie.
fra’, magari basterebbe un po’ di esercizio e di applicazione… 😛
Io sono la prima che al mio fidanzato ha dovuto fare un discorso “duro” (poi addolcito dal nostro amore, direi).
Sono la prima che ad uno dei propri genitori ha fatto, all’epoca, un discorso “duro” (che ha avuto conseguenze disatrose – ma all’epoca pensavo che quanto più duro sei meglio è).
Perciò la mia bella esperienza di discorsi duri ce li ho.
Ciò detto, c’è modo e modo di fare i discorsi duri.
Se vicino ai miei genitori ci fossero stati cristiani che invece di discorsi duri li fossero venuti a trovare una sera forse non avremmo sopportato quello che abbiamo sopportato.
Però i discorsi li facevano tutti.
ma è molto più facile fare discorsi duri e poi dire che è la gente che non capisce.
Ripeto – e poi basta – nel mio post ho detto che non è una critica rivolta a questo o a quello o a una citazione specifica. è un’impressione generale che secondo me è deleteria.
Poi ovviamente avete non solo il diritto ma il dovere di dissentire da quanto scrivo io, se pensate che un altro approccio sia migliore.
Mi pare che il mio approccio – e cioè che la verità va sempre detta, ma se non ci metti la carità (e davvero) la puoi buttare al fiume – sia (mutatis mutandis, e certo non mi arrogo l’eguaglianza) quello del Papa, e so bene che a molti non piace. Ma credo abbia diritto di cittadinanza nel mondo cattolico.
E con ciò NON intendo dire che l’approccio di altri sia cattivo, legalistico o sbagliato.
Ho solo detto l’impressione che i vostri discorsi mi danno; credo sia dovere di verità dirlo.
Se, come vedo e come è giusto, siete sicuri che questo è la’pproccio giusto, benissimo.
Grazie dell’attenzione che mi avete dato.
PS Suggerirei la lettura del pezzo di Monica Vagelli in prima su La Croce di oggi.
@sweety,
“vostri” è un po’ generico…
Per il resto credo sia difficile in un blog andare oltre delle affermazioni “di principio”… al massimo potrai trovare chi comprende il tuo punto di vista o che ha una simile esperienza, ma se guardi bene è difficile venirne diversamnente a capo.
Ammesso si avere un discernimento anche attraverso un “mezzo” così aprossimativo come può essere un blog, su quali basi porlo?
Una storia giustamente riportata per sommi capi, che coinvolge persone che non si conoscono, nella quale tu stessa affermi non essere certa di aver avuto a suo tempo (forse) l’atteggiamento migliore e che non puoi che riportare in modo soggettivo.. insomma ciò che se ne evince e che comprensibilmente è stata una storia carica di sofferenze e per cui ancora soffri (e altri sofforno).
Ma permettimi cercare di toglierti daun possibile inganno: la storia passata non possiamo riformularla e anche sulla futura abbiamo spesso poche chance (o meglio la costruiamo nell’oggi), dire e pensare che se fosse andata così o cosà, se qualcuno fosse stato vicino o più vicino, duro o meno duro, a che giova?
Allora bisognerebbe riavvolgere il nastro sino ai motivi della separazione dei tuoi… capisci cosa intendo?
Io guarderei all’OGGI, che dovrebbe essere il vivere del Cristiano… con Amore, Misericordia, Verità, implorando Dio di intervenire e dare a noi di operare secondo il bene e di vedere snate in Lui tutte le nostre sofferenze.
@Bri “Eh, certo che no, se ne andavano perchè Gesu li intenzionalmente ha separati da quelli buoni con quelle esatte parole “dure” da capire”
Siamo sicuri? Mettiamoci anche il “giovane ricco” dell’altro episodio… sicuri che quelli hanno detto un no definitivo e l’intenzione di Gesù era separarli in quel momento? Oppure alcuni di essi sono rimasti a meditare, perché è stata seminata una sana inquietudine, e magari anche dopo anni, si sono trovati a frequentare le sinagoghe dove predicava Pietro, e magari hanno capito, e si sono convertiti?
Ho citato il pezzo su “La Croce” di oggi perché capita proprio a fagiolo. Breve sintesi per chi non è abbonato (che però dovrebbe abbonarsi): è la storia di una donna con una serie di storie affettive molto complesse, tra cui un divorzio (con precedente matrimonio sacramentale). Per un po’ ha acceduto all’Eucarestia per una fantomatica “dispensa natalizia” che le concedevano i preti con cui aveva a che fare (l’anarchia pastorale raggiunge limiti impensabili). Finché il nuovo vice-parroco le dice garbatamente, ma fermamente, che non c’è nessuna dispensa, e che non può ricevere l’Eucarestia. Prima reazione di rigetto: “Quel “no” mi ferisce come nulla fino a quel momento.”. Ma poi “Si rivela, così qualcosa di particolare: la vicinanza di quel “no” era maggiore dei finti e disinteressati “sì” ricevuti fino a quel momento.” e la conclusione … vi abbonate alla Croce per leggerla. :o)
Altro esempio, su un tema diverso: secondo certe campagne stampa quelli come il card. Burke che ribattono insistentemente la legge sono poco caritatevoli, o inefficaci. Eppure non è così: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2014/10/il-card-burke-e-lattivista-gay/
@Sweety “Se vicino ai miei genitori ci fossero stati cristiani che invece di discorsi duri li fossero venuti a trovare una sera forse non avremmo sopportato quello che abbiamo sopportato.”
Hai ragione. Nell’esempio de “La Croce” non c’è un “no” e basta, ma segue una cura particolare. Che i vostri conoscenti cristiani non vi siano stati vicini è stato un peccato nei vostri confronti e la tua incazzatura è legittima. Però non è un “invece di”, semmai un “oltre a”. Le due soluzioni parziali (citare solo la legge, oppure mostrarsi solo vicini) sono le due soluzioni semplici e poco impegnative, perché entrambe girano intorno al problema. Permettimi di dire che tutti sono buoni a fare così (e infatti un sacco di preti e vescovi bregano, in un modo o nell’altro, per nascondere la propria incapacità pastorale). Solo che tenere le due cose insieme in modo coerente non è una cosa di cui possiamo discutere i dettagli qua dentro, dove ci parliamo tutti sostanzialmente tra estranei e attraverso un mezzo per natura asettico… Presume un rapporto di confidenzialità, di conoscenza personale profonda e va in modo diverso con ogni persona. E non si contesta su questo Papa Francesco, se non altro perché nessuno dei Papi precedenti ha mai detto che basta ripetere la legge.
“Siamo sicuri? Mettiamoci anche il “giovane ricco” dell’altro episodio… sicuri che quelli hanno detto un no definitivo e l’intenzione di Gesù era separarli …”
Condivido. Non credo proprio l’intenzione fosse “separare”, anche se lo stesso Cristo dirà: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera…”.
Ancora una volta Cristo fa una proposta, la stessa che viene fatta ad ogni predicazione… chi volete seguire? Chi scegliete? Barabba o Gesù?
Per alcuni pietra angolare per altri pietra d’inciampo. E a volte benedetto inciampo!
Comunque il giovane ricco già osservava la “Legge” fin da giovane, osservando i comandamenti di Dio… Cristo amandolo, gli propone un passo avanti, la sequela.
La domanda del giovane era però precisa: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?» Secondo logica la risposta di Cristo a questo quesito era rivolta e quindi oltre ad osservare i Comandamenti è necessaria un spogliazione dei beni.. Perché, perché continuamente i beni possono avere il sopravvento e non si possono servire due padroni “o (si) odierà l’uno e amerà l’altro oppure (ci) si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro”.
Forse il giovane ricco non si era mia posto il problema, forse non era pronto in quel momento, forse semplicemente in quel momento ha scelto, ma se n’è andato rattristato.
Quella tristezza forse ha poi portato frutto.
Gesù dice la verità, poi gli uomini fanno le proprie scelte. Alcuni Gli credono, altri no. Quello che mi sembra interessante è che Gesù non addomestica la verità per recuperare quelli che se ne vanno. Sono quelli che se ne vanno che, poi, avranno mille modi e mille occasioni per ripensare alla loro scelta e decidere di tornare a Lui… se lo vorranno.
Il giovane ricco ha detto di no, ma non alla legge di Dio, che lui già osservava. Ha detto di no ad una vocazione speciale. E’ un no diverso rispetto al no detto dai discepoli che se ne vanno. La povertà, lasciare tutto per seguire Gesù, non è una cosa necessaria per la salvezza, ma una vocazione per pochi, anche se tutti siamo chiamati ad essere poveri in spirito. Il giovane ricco, molto probabilmente, non era povero in spirito; per questo, quando Gesù l’ha chiamato alla povertà materiale, ha detto di no: perché era attaccato alle sue ricchezze. Però, forse, quella tristezza con cui se ne va, potrebbe davvero essere quella “sana inquietudine” di cui parla Fabrizio, quella salutare sofferenza che poi spinge le persone a ritornare sui propri passi e a prendere la propria croce per seguirLo.
E’ naturale cercare la propria felicità, è naturale avere paura della sofferenza. Però non è lecito violare la legge di Dio per inseguire la propria felicità, o per evitare la sofferenza.
Veramente è facile risolverla come una chiamata “speciale”…
I Discepoli però avevano capito:
Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?».
Perché chiedono «Chi si potrà dunque salvare?» visto che loro non potevano certo ascriversi tra i “ricchi”…
Questa parola ci riguarda tutti, ma è facile pensare che riguardi solo vocazioni “speciali”.
Chissà com’è che ci si fa meno problemi a prendere in considerazione altre virtù (invero umanamente molto impegnative), che non quella che ci tocca “il portafogli”.
😛
Portafogli. Grazie Bariom che lo nomini chiaro 😉
Se tutti gli abitanti della terra volessero/dovessero vivere come il più “povero ” tra noi che stiamo scrivendo qui al pc o tablet…..il pianeta non ce la farebbe….
Perché tutti possano mangiare e curarsi decentemente, avere vestiti decenti e istruzione dovremmo noi italiani abbassare il tenore di vita a livelli impensabili, probabilmente inaccettabili anche per me stessa che sono molto semplice e moderata nei consumi. In sintesi: volenti o nolenti i ricchi siamo noi, da qualunque angolazione la si voglia vedere.
Sì, sì, ci sarà pure la storiella astratta dei poveri in spirito (astratta perché non si va mai al fondo concreto di quella definizione) a distogliere momentaneamente la coscienza…… ma se il cristianesimo non contemplasse anche il portafoglio, semplicemente non si tratterebbe di cristianesimo: la condivisione dei bisogni col fratello non può essere solo morale/spirituale che è cosa facilissima da attuare. emotivamente ‘buonista’. Chi accoglie Gesù va oltre la Legge, proprio come narra il vangelo. Ancora, anche in questo caso, Gesù ci indica la differenza tra una fede generica-astratta e la fede in Lui. Di ‘beni’ , di ‘averi’, ce ne possono essere di tanti tipi…. ma certamente tra quelli figura anche il portafoglio 😉
Altro che vocazioni speciali. Vocazione speciale ad essere (o non essere) cristiani cattolici. È una delle principali, forti differenze rispetto ad altre religioni e filosofie.
P.s. il giovane se ne va triste non tanto per il concetto astratto espresso ma perché Gesù “lo fissa e lo ama”. Sotto a quello sguardo non c’è ipocrisia che tenga: o vai verso di Lui o te ne allontani, triste.
La concretezza dell’amore. La concretezza del portafoglio.
(Che, come ha osservato il nuovo parroco di una delle parrocchie da me frequentate, non significa andare a vivere sotto i ponti. Ma c’è anche una via di mezzo tra morire di fame sotto il ponte ed accumulare eccessive ricchezze mentre il tuo vicino di casa non ha 20 euro per fare la spesa).
“Ma c’è anche una via di mezzo tra morire di fame sotto il ponte ed accumulare eccessive ricchezze mentre il tuo vicino di casa non ha 20 euro per fare la spesa).”
L’ora è tarda ed è probabilmente il momento peggiore per iniziare un nuovo sotto-tema… comunque… qui ci sono molte osservazioni da fare 🙂
La prima è che non è corretto bi-ripartire in ricchi e poveri. C’è una categoria di persone che non sono né ricche né povere. A soldoni si potrebbe dire che: i ricchi possiedono ampiamente il superfluo e possono permettersi capricci arbitrari, i poveri non hanno lo strettamente necessario e lottano per sopravvivere, ma c’è una fascia piuttosto ampia nel mezzo. Tanto per essere chiari, Cristo non era ricco, ma _non era neanche povero_, anche se il mantra pauperistico lo ripete in continuazione. Ci sono tracce chiare nel Vangelo: non abbiamo mai notizia che lui o la sua famiglia fossero indigenti. Per esempio: la nascita in una stalla è esplicitamente attribuita alla mancanza di strutture ricettive, non al fatto che Giuseppe e Maria non potessero permetterselo; Maria per viaggiare verso Betlemme può usufruire di un asino; da adulto Gesù avrà una tunica “tessuta in un unico pezzo” che è di un certo valore, tanto che i soldati se la giocano per non dividerla e rovinarla. Neanche gli apostoli sono poveri, da questo punto di vista. Tra i personaggi dei vangeli, è semmai San Giovanni Battista che fa una scelta radicalmente povera.
La seconda considerazione è che il mero possesso di beni ed il loro relativo confronto tra persone (o società) non è sufficiente a fare confronti. Dipende anche quella ricchezza come viene usata, vedasi parabola dei talenti (anche se certamente quei talenti non sono solo interpretabili solamente come un capitale monetario). Un conto è un ricco che spende tutto per sé, un conto un ricco che investe, per esempio in un’attività imprenditoriale, che può produrre ricchezza per altri.
Che poi sia necessaria la decrescita di una parte del mondo per il benessere di un’altra… è una favoletta che lascerei al signor Latouche (faccio anche notare che gli intellettuali che ripetutamente, di decennio in decennio, sostengono questa teoria sono sempre di classe alta: questo perché la decrescita aumenterebbe le diseguaglianze, proprio a favore dei ricchi). Tant’è che negli ultimi decenni noi – paesi ricchi – siamo cresciuti, ma si è anche dimezzato il numero di persone che soffre la fame, nonostante il grande incremento della popolazione. Ma qui stiamo parlando di economia, non di religione. Semmai il problema della ricchezza, e qui torniamo alla cruna dell’ago, è che favorisce la crescita a dismisura dell’ego e mette Cristo da parte.
Caro Fabrizio, noto con piacere che c’è sempre piena consonanza tra il mio ed il tuo modo di pensare.
In tutta la sua predicazione Gesù ha parlato pochissimo di ricchezza e di povertà. E’ vero che ha condannato la ricchezza, ma non l’ha mai condannata come un male in sé, ma come un pericolo perché può diventare un idolo. Mai si è sognato di raccomandare la povertà a tutti, tanto meno ha posto la povertà materiale come una condizione necessaria alla salvezza. Gesù, piuttosto, ha chiesto esplicitamente di essere poveri in spirito, e fa impressione sentire Francesca che liquida la povertà in spirito come una “storiella astratta dei poveri in spirito”; caspita, ma è Gesù che ci chiede esplicitamente di essere poveri in spirito, mica me la sono inventata io la storiella della povertà in spirito. Cosa significa essere poveri in spirito? E’ molto semplice! Non essere attaccati ai beni materiali, tutto qua. Non fare dei beni materiali un idolo. Come giustamente diceva Fabrizio, si può essere ricchi ed impiegare bene questa ricchezza.
Io, ad esempio, non sono affatto d’accordo con l’idea che la chiesa debba essere povera. Un chiesa materialmente povera non può fare niente per i poveri. Penso, invece, che la chiesa debba essere ricca il più possibile, come ha sempre fatto nel corso della storia, e che debba ben investire questa ricchezza per il bene di chi ha bisogno. Poveri, semmai, devono essere gli uomini di chiesa. Ma, più che poveri, dovrebbero essere persone amanti di uno stile di vita semplice. La povertà materiale, quella che mette in condizioni di dipendere dagli altri, è una speciale vocazione che Dio riserva a pochi, come mostra bene la storia del giovane ricco. A lui Gesù chiede qualcosa in più rispetto a quello che viene chiesto a tutti.
Non credo che la ricchezza sia un male in sé, la ricchezza è un mezzo. Non credo che la povertà sia un bene in sé, a meno che non sia il risultato di una scelta consapevole. La povertà è all’origine dei peggiori mali del mondo. E’ necessario lottare contro la povertà, non contro la ricchezza.
Fracentanni: credo nevicherà a breve, ma stavolta sono PIENAMENTE d’accordo con te.
Tranne che sulla chiesa più ricca che mai, ma per capirci: credo sia meglio che invece che avere parroci o vescovi ricchissimi si abbiano parrocchie (co-gestite da laici e sacerdoti sul versante economico) ricche: così i preti non hanno pure il pensiero dei soldi, capisci…secondo me, meno sacerdoti e vescovi hanno le mani in pasta con soldi vari meglio è, per, non so, evitare malintesi…
per il resto perfettamente d’accordo 🙂
@Fabrizio,
non credo Francesca invitasse ad andare ad abitare sotto ponti… (e io neppure)
Né credo che potremmo risolvere per sempre la questione dei poveri, giacché e Cristo che ci ricorda che “li avremo sempre con noi”.
Potremmo però anche riandare all’esempio del avere ogni cosa in comune delle prime Comunità Cristiane (pia illusione?) dove, secondo la testimonianza degli Atti, c’è persino che ci ha rimesso la vita all’istante per aver nascosto i propri (giusto ricordarlo per chi invoca castighi divini per ogni altra sorta di “reato”).
Ma l’invito Evangelico è come sempre va più nel profondo della questione “mettiti nella giusta fascia di reddito e ti dico come comportarti” ( 😛 ).
Ricordiamo l’episodio sottolineato da Cristo della vedova e dei suoi due spiccioli (semplicemente gettati nel tesoro del Tempio – roba da idioti diremmo…), “chiamata speciale” anche quella?
E dell’altra con figlio a carico, che alla visita del profeta usa l’ultima misura di farina per sfamarlo…
La morale, la sostanza è una sola, dove sta il nostro “tesoro”?
Elemosina più elemosina meno, dove poniamo le nostre sicurezze? Nei soldini da parte per ogni evenienza, per quando saremo vecchi (se ci arriveremo), perché se viene meno la salute, per i miei figli… guardiamo gli uccelli del cielo o i gigli del campo.
Perché dove è il nostro “tesoro”, là sarà il nostro cuore.
E mi pare lo difendiamo ben il nostro tesoro… di fatto quando si parla di ricchezze (per lo più come quando si parla di obbedienza) è tutto un levarsi di distinguo, di si, di ma, di distinguo…
Non sarà che, come quando si parla dei nostri vari e variopinti governi, temiamo appunto qualcuno ci “metta le mani in tasca” (a cercare il portafogli appunto…)? 😛 😀
Buonissima giornata nel Signore caro Fabrizio.
Il passo di Matteo «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.» non si ritrova poi esattamente in Luca «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.» che non pone la frase “salva coscienze” 😀
Non che Matteo l’abbia posta a questo scopo e lungi da me porre in contrato la Parola con se stessa, ma chissà perché sempre il passo di Matteo ci piace ricordare…
Quel “in spirito”, salva tutto: Io sono povero (in spirito), io amo tanto Dio (in spirito) e il prossimo mio come me stesso (in spirito).
Peccato che verremo giudicati anche su tutto quello che abbiamo fatto o non-fatto non prorpiamente “in spirito” 😉
Siamo poi così sicuri che in un discorso così esigente come quello della Montagna, che è il ritratto del vero Cristiano, quel “in spirito”, non sia un esigenza in più, qualcosa di ancor più radicale della stessa spogliazione dei beni?
Mai pensato che anche un poverissimo può essere talmente attaccato a qualsiasi piccola cosa (forse più gustificato di noi che abbiamo persino il superfluo) da farne un idolo e divenire il più egoista degli uomini?
Chissà…
Esatto Bariom. Ci potrebbe essere un poverissimo che ha solo due pezzi di pane. E ne mette via uno per domani, mentre il suo ‘vicino’ schiatta di fame e domani sarà morto per la mancanza di quel pezzetto di pane. Si parte da un atteggiamento “spirituale” e si arriva a quello “materiale”.
Il discorso è molto ampio e non riguarda certo solo i beni materiali.
Ma per me è evidentissimo (anche accusando me stessa dei miei stessi attaccamenti materiali) che il cristianesimo non può fermarsi ai ….buoni sentimenti. Perché alla fine se fai solo quello che ti dice la tua testa e il tuo ‘buonsenso’….a che ti serve il Vangelo? A che ti serve la Parola? Solo a fare l’astensionista sessuale in caso di divorzio? (per ricollegarmi a sweety).
Certo, c’è pure quello da fare per essere cristiani, ma molte volte per molte persone è anche facile astenersi da certi peccati, oppure si trovano in situazione che li facilita ad astenersene, senza bisogno di “combattimenti” particolari – e allora dove starebbe la conversione del cuore?
Conversione del cuore infatti deve arrivare al comportamento concreto. Altrimenti non si comprenderebbe perché non dovremmo dar ragione a quelli , cristiani, che sostengono di essere “puri nello spirito” e su quella base svolgono attività sessuali (col corpo) fuori della dottrina cattolica: riconoscono Gesù, sono innamorati del partner, sono poveri di spirito (come negarlo?), e….quindi procedono a regolare attività sessuale.
Attenzione al solito rischio di fare della Chiesa un Club.
Salvo poi lamentarsene e frignare.
P.s. ricordo che nel Vangelo Gesù parla solo di gente sposata che compie adulterio. Quindi i non sposati possono fare tutto ciò che vogliono? Gli basta credere “mentalmente” a Gesù, essere “poveri in spirito”, eccetera, e poi fare quello che gli pare in camera da letto?
Oppure potrebbero anche obiettare, i single, su base evangelica, che Gesù è stato molto duro coi sposati/e, ma per gli altri si potrebbe trattare di peccatuccio veniale (carta canta, o meglio non canta).
È questo il pericolo di prendere dal Vangelo(e dal cristianesimo) solo i cavilli che ci fanno comodo.
@FabrizioGiudici
Sicuro sicuro mai però il passo del Vangelo di Giovanni che hai citato prosegue così
“66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?”
Per me è impossibile credere che Gesù non sapesse l’effetto che il suo discorso duro da intendere avrebbe prodotto. Ha lasciato l’impressione che voleva lasciare. (Di questo si parlava)
Nel caso del giovane ricco è evidente l’insegnamento che ci viene trasmesso dal suo mancato accoglimento della Parola di Gesù. È un caso diverso che non so quanto applicabile al discorso “impressivo” 🙂
Ma la faccenda del “cammello” e della cruna dell’ago, non era stata risolta? Non era stato detto che “cammello” era una traduzione imprecisa? Che in quel passo ci si riferiva al filo di lana di cammello? O mi sono perso qualche ulteriore passaggio?
Giustamente poi è stato detto che essere poveri non è essenziale ai fini della salvezza cristiana; certo però che la ricchezza, tenta e tenta molto! Essere immuni dal fascino della richezza non è semplice. Non parliamo poi di una richezza smodata (che può dare addirittura alla testa).
Ecco perchè Cristo, parlava di quanto sia diffificile, per un ricco salvarsi: quando uno ha molti mezzi è più facile che si “lasci andare”……………
Poi si potrebbe replicare (ed anche con ragione) che anche la povertà è ugualmente pericolosa: anche li’ è più facile che ci si lasci andare ad atti di violenza ecc. A69
“Poi si potrebbe replicare (ed anche con ragione) che anche la povertà è ugualmente pericolosa: anche li’ è più facile che ci si lasci andare ad atti di violenza …” Mah…
Questo vale per chi vive la sua povertà come un’ingiustizia (e non è detto lo sia) e cerca quindi una rivalsa ed un “nemico”.
Riguardo la traduzione del cammello e della sua lana io questa non l’ho mai sentita (ma può essere ignoranza mia), piuttosto di plausibile ho sentito quella che sempre per questioni di traduzione dall’Aramaico, rimanda al capo-corda delle cime usate dai pescatori per le loro barche.
Il senso comunque non cambia, diventa solo una metafora più concreta e meno iperbolica…
“Non era stato detto che “cammello” era una traduzione imprecisa?”
È quello che sapevo anch’io: la traduzione corretta sarebbe la fibra di cammello che entra in un ago. Considerando che all’epoca non avevano aghi fini come oggi, indica un’operazione che non è impossibile, ma molto difficile. Ma è proprio come dice Bariom, è meno iperbole e più metafora concreta. D’altronde, senza star a spaccare il capello sulla lingua, la frase precedente è ” difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. “. Difficile, non impossibile. Credo comunque che la ricchezza – non intesa come “noi siamo più ricchi di quelli che campano con un dollaro al giorno”, ma come il possesso di beni ampiamente superflui – sia particolarmente perniciosa. Crea una specie di distacco dalla realtà e induce un delirio di onnipotenza. Non è un caso che poi genera anche altri vizi.
A proposito di cammelli, peli di cammello, crune e corde http://www.biblicalhebrew.com/nt/camelneedle.htm
“per chi conosce il linguaggio del vicino oriente che ama il paradosso,il cammello per la cruna,non è nè strano nè di ardua interpretazione.la sensibilità occidentale ha tentato un unterpretazione più normale. così si è voluto ricondurre il greco kamelon( cammello) a un kamilon( una sorta di gomena.”
anch’io pensavo fosse più ovvio gomena.
“si deve lasciare il paragone in tutta la sua forza paradossale: la ricchezza è un ostacolo invalicabile per entrare nel Regno di Dio che è destinato ai poveri in spirito. e costoro non sono tali per un vago “distacco”spirituale dai loro beni, ma perché essi sono radicalmente e totalmente liberi dall’idolatria delle cose e del loro possesso”.
così il Card.Ravasi in “le pietre d’inciampo del vangelo” mondadori.
Ecco… era la “gomena”. Grazie vale.
Per il resto per me va benissimo cammello ma anche elefante, semmai fosse stato 😉
Non ho tempo di leggere l’articolo ma mi ricordo, se non erro, che ci sono due posizioni su quella traduzione. Chi propende per la corda. E chi ricorda che esistevano nel mondo ebraico anche metafore con elefanti e/o grossi animali che “non passano” attraverso porte o luoghi stretti.
@Francesca “è anche facile astenersi da certi peccati”
Commenti di San Gregorio Magno in tema:
“Spesso infatti l’ipocrita, mentre si vanta per la purezza della castità, si contamina con la macchia dell’avarizia; mentre si mostra bello per la virtù della generosità, è inquinato dalle macchie della lussuria; mentre si veste del decoro della castità e della generosità, è offuscato da una crudeltà atroce sotto l’apparente zelo per la giustizia. La bella apparenza della generosità, castità e bontà di cui si ammanta, viene mescolata all’oscurità della superbia, così che l’ipocrita non riesce mai a mostrare in sé una bellezza completa”
Dal Commento morale a Giobbe
“Due sono, dunque, i comandi che ci vengono rivolti: cingere i fianchi e tenere le lucerne accese; affinché nel corpo si trovi la mondezza della castità e nell’azione risplenda la luce della verità. Al nostro Redentore non può piacere una di queste virtù separata dall’altra. Se colui che opera il bene non abbandona le sozzure della lussuria; o se colui che si distingue per la castità non si esercita nelle buone opere, non piace a Dio. Si può, dunque, concludere così: la castità non è gran cosa senza le buone opere, le buone opere non valgono nulla senza la castità.”
“Chi mangia la Pasqua deve avere i fianchi cinti. Ciò significa: chi celebra la festa della risurrezione e della incorruzione, non sia soggetto alla corruzione, a causa dei suoi vizi. Domini i piaceri della carne, mortifichi la lussuria, perché dimostra di non conoscere la festa dell’incorruzione colui che per impudicizia rimane ancora soggetto alla corruzione. Questo per alcuni è un discorso duro. Lo so, ma la porta che conduce alla vita, è stretta e abbiamo a nostra disposizione molti esempi di purezza.”
Dalle Omelie sui vangeli
Grazie Fabrizio, bellissime citazioni. Me le copio-incollo 🙂
Visto che ci sono posto un’osservazione su una tua frase che non mi ha convinta.
(premetto, a scanso di equivoci: io non sono “comunista” e/o robe similari, e non auspico l’eliminazione della proprietà privata. Anzi credo che la proprietà privata, oltre che essere un diritto, permetta all’uomo di rivelare sè stesso in ciò che è nel suo profondo = in ciò che farà o non farà con quella proprietà, sia essa un tozzo di pane o una multinazionale).
” Difficile, non impossibile. Credo comunque che la ricchezza – non intesa come “noi siamo più ricchi di quelli che campano con un dollaro al giorno”, ma come il possesso di beni ampiamente superflui – sia particolarmente perniciosa. Crea una specie di distacco dalla realtà e induce un delirio di onnipotenza. Non è un caso che poi genera anche altri vizi.”
“Difficile, non impossibile”. Bisognerebbe andare a vedere l’esegesi di quel “difficile”. Probabilmente corrisponde proprio ad “impossibile”, guardando le frasi successive.
E quando poi si dice che per Dio nulla è impossibile…potrebbe anche riferirsi al fatto che Dio può cambiare il cuore (e quindi l’azione dell’uomo, che così permette la salvezza).
“Beni ampiamente superflui”.
Eh, ma qui entriamo un pò nell’opinabile….
Difficile stabilire che cos’è “ampiamente superfluo”.
L’unico parametro, secondo me, è quello sociale: devi proprio confrontarti con quelli che campano con un dollaro al giorno. Se un giorno non ci saranno più quelli “da un dollaro” ti confronterai con quelli “da dieci dollari”.
Ma anche, senza andare troppo lontano, ti puoi confrontare con parrocchiani che stentano a comprarsi la frutta e le medicine. A costo di sembrare semplicistica, ma per fortuna mi trovo nel topic giusto: si può andare davvero in missione anche trovando il modo (cauto e non offensivo della dignità altrui) di offrire un pò di cibo o medicinali ad un chilometro dalla propria abitazione, ad una famiglia o singolo in difficoltà. Questo ovviamente presuppone a monte un tipo di relazione “cristiana” quotidiana, un’amicizia cristiana….e non certo una buona azione “missionaria” isolata della serie “ti faccio la carità” (che potrebbe anche offendere infatti).
P.s. ciò non significa che la vita cristiana si riduca a fornire da bere e da mangiare alla gente (quello lo fanno anche gli atei ). Tuttavia se mancano quelle azioni, mosse dalla fede….io fatico davvero a vedere “fede”, a vedere “luce”…..
“ciò non significa che la vita cristiana si riduca a fornire da bere e da mangiare alla gente (”
Diciamo che in questo passaggio diamo per scontato che l’essere è più importante del fare, ma ora ci focalizziamo sul fare. Ok.
“Difficile stabilire che cos’è “ampiamente superfluo”.
È vero, ma discernere le cose della vita reale è sempre difficile (anche sulle questioni del Sinodo non penso troveranno un criterio semplice, “da manuale”).
“si può andare davvero in missione anche trovando il modo […] di offrire un pò di cibo”
Certo, è ovvio che si deve fare. Ma dopo che l’hai fatto, sei diventata povera? Direi di no. Non è che per aiutare i poveri si deve diventare poveri. Per andare sugli esempi dei santi… non penso (onestamente la sua vita la conosco solo per sommi capi) che san Luigi IX fu povero, e fu certamente un uomo potente. Ricco e potente. “Eppure” diventò santo. Direi perché interpretò ricchezza e potere come strumenti da mettere al servizio di Cristo.
Abbiamo anche vere Regine divenute Sante che utilizzarono gran parte dei loro beni per il bene altrui, ma diciamo anche che “statisticamente” i Santi “ricchi e potenti” sono decisamente una minoranza 😉
“statisticamente” i Santi “ricchi e potenti” sono decisamente una minoranza”
… che è quel “non impossibile, ma molto difficile” di cui si parlava.
“Per me, profanare il corpo altrui non è solamente agire tramite il sesso o con la violenza fisica diretta: significa anche sottrargli la salute fisica, medica, alimentare, l’aspettativa di vita, la serenità minima materiale……”
Non c’è ombra di dubbio.
“Non è che per aiutare i poveri si deve diventare poveri”.
No certo, ma ci sono un’infinità di “impoverimenti materiali” che puoi mettere in atto per contribuire al benessere di chi non ce l’ha. Spesso si dice che dobbiamo badare alla salvezza delle anime, non dei corpi. Ebbene, è vero. Se togliamo un pò di malessere materiale a chi vive in miseria (spesso abbruttito moralmente) contribuiamo anche ad aprirgli la strada verso un miglioramento morale e spirituale. Se lasciamo a sè stesse le ingiustizie sociali, se troviamo tutte le scuse possibili e immaginabili…..non so Dio a chi imputerà il peccato: a chi si trovava nella miseria materiale/spirituale oppure a chi li ha abbandonati in quella miseria?
Sull’esempio dei santi ricchi, ok: non c’è dubbio che la ricchezza materiale può diventare (e deve diventare) ricchezza a servizio di Dio. Infatti io non sto dicendo che impoverendosi si diventa automaticamente santi. Figuriamoci però che cosa accade quando si diventa ‘ricchi’ e si continua ad agire come un poveraccio egoista attaccato all’ultimo tozzo di pane….
E ricordiamo poi anche santi che si sono impoveriti sul serio, come Marcello Candia.
Voglio dire…. se si prendono come esempio i “santi ricchi”, bisogna anche prendere l’esempio di ciò che hanno fatto per diventare santi 🙂
Badare a preservare il proprio portafoglio (e la propria vita comoda) mentre si citano vangeli ed esempi di santi ricchi….beh, non è questo gran percorso di santità, secondo me…..
Ad esempio credo che nessuno dei santi ricchi sia rimasto con le mani in mano nella vita a compiacersi della ricchezza , della propria capacità di fare denaro, di procurarsi grandi riserve per il futuro per sè e famiglia – e tirando fuori scuse teologiche sul fatto che anche i ricchi possono diventare santi.
Se uno fa una programmazione ‘materiale’ multimiliardaria per il benessere di molte persone (cioè a servizio di Nostro Signore!) è una cosa. (Ed è ciò che DEVE fare anche la Chiesa come istituzione amministrativa terrena). Se uno fa una programmazione multimiliardaria per autogarantirsi ricchezza e potere ….beh, non stiamo sulla via dei santi.
Comunque non fa neanche male ricordare San Francesco.
Secondo me se si agisce in certe maniere (cristiane) non è nemmeno possibile arrivare socialmente al cosiddetto turbocapitalismo. E siccome nella nostra società ci stiamo in pieno…vuol dire che l’Occidente ha perso la strada del cristianesimo anche dal lato materiale.
Per me, profanare il corpo altrui non è solamente agire tramite il sesso o con la violenza fisica diretta: significa anche sottrargli la salute fisica, medica, alimentare, l’aspettativa di vita, la serenità minima materiale……
Mi permetto un piccolo appunto. Qualcuno diceva che Gesù non è mai stato così povero da dormire sotto i ponti, e che semmai la scelta di ascetismo radicale è di Giovanni Battista. Ora, sappiamo che una scelta assolutamente radicale la fece San Francesco, nel voler vivere come i più poveri dei poveriche, che abitava spesso in grotte e ai primi frati concedeva solo piccole capanne di paglia. Questo è certamente un esempio di sequela di Cristo “sotto i ponti”. E non c’è dubbio che lui facesse tutto questo come imitazione di Cristo. Non mi sentirei di dirgli “be’ Francesco, in realtà non hai imitato propiamente Cristo, al massimo hai seguito la scelta di Giovanni”.
Possiamo fare molte belle discussioni sul significato profondo di certe sue parole (aggiungerei anche l’ingiunzione a viaggiare senza sandali, anche questa presa alla lettera da Francesco). Ma in fondo c’è nella fede cristiana un aspetto irrazionale, o meglio meta-razionale, che non possiamo mettere in uno schema. Non ha senso razionalmente, ma ci deve essere una sapienza speciale anche in una povertà del vivere sotto i ponti che non si trova altrove, che certo non è per tutti.
Certo questo non significa non impegnarsi perché ci siano meno persone che vivono sotto i ponti.
@Francesca
Quali sono quei blog a cui accennavi in un altro commento, in cui si discute liberamente di religione e spiritualità, e poi ti cacciano se difendi il cristianesimo con troppo successo :)) ?
Mi piacerebbe dare un’occhiata e magari dare un contributo, se no sto sempre in posti dove ce la suoniamo e ce la cantiamo (e a volte ce le suoniamo) tra cristiani.
@zimisce
Grande idea!!! Speravo che qualcuno con più competenza e pazienza di me (io ho smesso di postare, dopo 2 avvertimenti “solenni” se aggiungevo solo un fiato mi bannavano) volesse intervenire in tali luoghi virtuali …e avevo spedito anche alcune mail private elemosinando in giro cervelli cattolici.
Ehm… però se linko qui pubblicamente dopo ciò che ho/abbiamo detto…..non è che rischiamo l’incidente diplomatico ? (incidente diplomatico con una specifica religione, i cui forum si presentano come “neutrali” per studio biblico in qualche modo linguistico/esegetico “interreligioso”).
Mumble …mumble… facciamo così: io torno da queste parti in serata – penso.
Nel frattempo magari ti/mi/ci viene un’idea per darti i link precisi, anche eventualmente a specifiche discussioni “problematiche”…..
Sempre nel frattempo potresti fare tu direttamente una ricerca su google con gli indizi che ora ti fornisco , e probabilmente non ti serviranno nemmeno più i miei links: clicca “forum” e poi clicca l’aggettivo relativo alla religione monoteista sulla quale noi cristiani ci “innestiamo”. Dovrebbero uscirti dei risultati con nomi tipo: “consulenza” (+religione che ti dicevo) e anche un “forum biblico” che riconoscerai dalla home sempre della medesima religione.
Fatti un giro in vari thread, anche dai titoli innocui e “di studio” e…..constata i discorsi che portano avanti, che insinuano, che sottintendono, ecc.
Troverai sia aderenti a quella religione (come fondatori-moderatori-responsabili) sia un certo numero di “cristiani” e agnostici in ricerca.
Vaaaaiiiiiiiiii 🙂 🙂 🙂 😉 😉
Correggo mio post ore 10.44
Ho scritto per due volte di seguito ‘clicca’: intendevo ‘scrivi’ (su google).
Mamma mia che palle, ‘sto moralismo da quattro soldi!
La ricchezza materiale è un mezzo, la povertà materiale è un male (a meno che la povertà materiale sia consapevolmente e liberamente scelta per seguire la propria vocazione e per seguire Gesù). Essere capaci di fare economia, di produrre ricchezza è un bene, un dono di Dio. Non sono uno storico, ma nel medio evo la chiesa è stata un potente motore dell’economia occidentale, e questo è stato uno dei motivi di superiorità della cultura occidentale sulle altre culture.
Andare a pesare il portafogli degli altri è puro moralismo, ognuno pensi per sé. Quello che è certo è che Gesù non ha mai chiesto “la spoliazione dei beni materiali, cioè l’impoverimento personale” come condizione per essere salvi. Nessuno ha diritto al benessere materiale, tantomeno alla ricchezza, ma tutti siamo chiamati a lavorare per produrre beni materiali e ricchezza per tutti. Io, con i miei spiccioli, mantengo in maniera più che dignitosa la mia famiglia di cinque persone, e non mi passerebbe mai per l’anticamera del cervello di “rinunciare a qualcosa per darlo ai poveri”. Se qualcuno si sente di farlo, lo faccia senza rompere le palle agli altri, per cortesia. Soprattutto quelli che non hanno una famiglia da mantenere.
@fra’ Centanni
Qui nessuno sta facendo moralismo, mi pare, stiamo solo cercando di capire meglio, ognuno secondo la sua esperienza, l’invito di Gesù e le risposte dei grandi santi.
Anche leggere sempre tutto ‘sto grassetto è un bella rottura di palle…ma si sa chi non ha argomenti migliori alza la voce (da uno che ha famiglia da mantenere e che si è fatto anche un bel po’ di disoccupazione) 😛
Oh si si difende perché toccati sul vivo? (il portafgolgi… sempre quello!)
Il grassetto è venuto per sbaglio, non ti arrabbiare per così poco. Del resto io sopporto le tue insulse faccine, né mi sono mai permesso di criticare qualcuno per il continuo diluvio di faccine. Dunque, tu sopporta il grassetto!
Oltre alla disoccupazione… ti fai anche delle belle vacanze d’estate. O sbaglio?
Il mio portafogli si difende benissimo da solo: è talmente sfigato che, se lo lasciassi appoggiato su una panchina al mattino quando esco e tornassi a riprenderlo alla sera… lo ritroverei lì, al suo posto, esattamente come l’avevo lasciato: drammaticamente, inesorabilmente, ed invariabilmente vuoto!
Quando è abituale si fa fatica a pensare sia uno “sbaglio” e arrabbiato proprio no, mi frega il giusto ma penso sia fastidioso questo continuo super evidenziare (temi il concetti in se non siano sufficienti da dover usare un rafforzativo?)
No non sempre le faccio… le vacanze intendo (non le faccine 😛 insulse ovviamente per te che sei persona seria…)
Se il tuo portafolgli è così vuoto perché ti agiiti tanto sul supposto moralismo altrui?
Magari qualcuno aprirà il suo per te ( a me è successo…) – evito la facina
Neanch’io sono uno storico… Direi che il problema non è solo (come giustamente dici tu) fare soldi -essere imprenditore- ma come li usi (problema della redistribuzione degli utili).
Come mai la chiesa disponeva di tutto quel capitale? A che titolo? Chi ne beneficiava?
Senza perdersi nei meandri dell’economia politica (che non conosco) rimarrei al buon senso già citato: i soldi non fanno la felicità – ma ti tolgono molti problemi.
La povertà è un male -giusto- ma non è una colpa, tantomeno dovrebbe diventare uno stigma.
Credo che ognuno si a chiamato a dare in base alle proprie possibilità, ad aiutare il prossimo come può attraverso “il canale” che gli sia più congeniale: ognuno conosce il proprio (del resto non frequento l’anticamera del tuo cervello (come, pare, pure la carità), nulla mi permetto di dire sulle tue azioni).
Supremazie culturali
Francamente non sono in grado di dire se la cultura cinese fosse inferiore, sicuramente i Mogul non lo erano (a giudicare dall’estensione del loro impero). Poi capiamoci: in cosa si misura la superiorità di una cultura? In cavalli, dipinti, opere letterarie, opere murarie, estensione delle elites, disponibilità della classe dominante… In cosa? Eppoi: le “civiltà” vanno comparate secondo un criterio cronologico uniforme (chessò, ad ogni inizio secolo) o ciascuna presa al proprio “apice”? Dico per dire, del resto non sono neppure un sociologo, né un’economista o un xxxxx … “Suprematista”, “suprematologo”? Esiste il “suprematologo”?
Mi spiace se avete situazioni di necessità…(il portafogli vuoto cui accenni sotto).
Io non ho che me stessa da mantenere, ora, e anche se a breve sarò disoccupata ho messo da parte in attesa di trovare nuovo impiego e sto bene.
credo che rinunciare a qualcosa per darlo ai poveri sia una cosa però che tutti siamo tenuti a fare…poca roba, a seconda delle necessità di ognuno, magari rinunciare a un cinema una sera (che mo’ è tutto in 3D e costa una cifra, io non ci vado quasi mai) e offrire quei pochi euro alla caritas, per coloro che non hanno nulla. Conosco tante famiglie con malati gravi che dallo Stato ricevono poco o nulla. Credo che sia questo l’ordine delle rinunce, non gesti plateali tipo vendo casa e la dà on beneficienza.
Che pure se il Signore ispira di fare si fanno… meglio non in modo plateale giacché anche su questo c’è una Parola ben precisa e la “destra non sappia cosa ciò che fa la sinistra” 😉
25A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: “Chi si potrà dunque salvare?”. 26E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”.
27Allora Pietro prendendo la parola disse: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?”. 28E Gesù disse loro: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. 29Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
“Non mi sentirei di dirgli “be’ Francesco, in realtà non hai imitato propiamente Cristo, al massimo hai seguito la scelta di Giovanni”.
Infatti nessuno lo scrive. D’altronde Cristo si è incarnato in un solo uomo e certo non poteva dare un esempio unico ed esplicito per cento miliardi di uomini, da seguire alla lettera. Per esempio non si è sposato e non ha avuto figli, ma nessuno ne deduce che l’unico modo per essere santo è non sposarsi e non aver figli. Altrimenti l’umanità sarebbe già estinta e non penso proprio questo sia un desiderio del Padreterno. Ad una coppia sposata non dico “al massimo hai seguito la scelta di Gioacchino”.
È che la discussione sta prendendo una piega impropria, sull’aut-aut invece che l’et-et. Non c’è un solo modo per diventare santi. Faccio presente che questa sotto-discussione è iniziata da un’osservazione: che per il ricco è certamente “molto difficile” diventare santo, ma non “impossibile”. Poi s’è detto che “non è necessario diventare poveri”, ma non che “è sbagliato diventare poveri”.
“ma ci deve essere una sapienza speciale anche in una povertà del vivere sotto i ponti che non si trova altrove, che certo non è per tutti.”
Certo che c’è. Così come c’è una sapienza speciale nel rimanere casti (qui intendo il significato stretto di non sposarsi), o diventare monaci o eremiti puramente contemplativi. La sapienza speciale è di rinunciare al proprio io, in modo tanto più radicale quanto più radicale è quella scelta. Però la sapienza speciale non è diventare casti o poveri in sé, ma farlo perché si riconosce che questo è quello che Cristo ci sta chiedendo; ribadisco il notevole spunto di Eliot, che persino la ricerca del martirio – suprema rinuncia all’io – non è una cosa buona in sé e per sé, ma solo come risposta ad una chiamata. Altro esempio: San Gregorio Magno era monaco per scelta e manco si immaginava di diventare papa. Anzi, la cosa gli capitò tra i piedi come un impaccio. Scrisse un bel paragone tra la vita contemplativa e quella attiva e le due mogli di Giacobbe:
“Amai la bellezza della vita contemplativa come una Rachele sterile, ma veggente e bella: essa è meno feconda, per la sua quiete, ma penetra più a fondo nella luce. Invece, non so per quale giudizio di Dio, di notte si è congiunta con me Lia, cioè la vita attiva, feconda ma cisposa, che vede meno ma partorisce di più. […] Mi ero affrettato a sedere con Maria ai piedi del Signore a raccogliere le parole delle sue labbra, ed ecco sono costretto a sfaccendare come Marta, negli impegni esteriori, e a occuparmi di molte cose”
Qui abbiamo un passaggio inverso: dalla scelta radicale di povertà e vita contemplativa al papato che, se all’epoca non possiamo dire fosse cosa “da ricchi”, era comunque vita attiva ed esercizio del potere. Scelta compiuta con grande umiltà, ma fu compiuta perché Gregorio riconobbe che quella era la sua chiamata da parte di Cristo.
PS Oltre alla faccenda dell’et-et, sembra che facciamo una classifica di santi. Da un certo punto di vista certo, ci sono stati santi più grandi di altri. Ma se uno cita san Francesco io dico: è stato un grande santo perché ha impattato grandemente la storia della Chiesa, ha combattuto crisi che imperversavano nel suo corpo. Ecco, ci sono santi che hanno un grande effetto pubblico, e santi che hanno un impatto diretto più limitato, ma questo è solo un possibile criterio di confronto. Per il resto, santo è Francesco e santi sono comunque i santi “minori”. Non ha senso dire che sono “più santi” o “meno santi”. Abbiamo già concluso che i santi ricchi e potenti ci sono stati – e ci saranno – ma sono certamente una minoranza. Ma poi ci sono quelli che non sono né ricchi né poveri e sono santi lo stesso. Hanno esercitato la carità e la cura del prossimo, pur senza fare una scelta radicale di povertà. E questi secondo me sono tantissimi.
@Fabrizio, ottimo il richiamo all’ “et-et”, che è uno dei distintivi del cattolicesimo
Solo un piccolo contributo dal CCC:
2439 Le nazioni ricche hanno una grave responsabilità morale nei confronti di quelle che da se stesse non possono assicurarsi i mezzi del proprio sviluppo o ne sono state impedite in conseguenza di tragiche vicende storiche. Si tratta di un dovere di solidarietà e di carità; ed anche di un obbligo di giustizia, se il benessere delle nazioni ricche proviene da risorse che non sono state equamente pagate.
Forse può interessare l’opinione di C.S. Lewis ((Mere Christianity): «I am afraid the only safe rule is to give more than we can spare.»
“The truly amazing thing about C. S. Lewis is that he practiced what he preached about charity. He gave away two-thirds of the royalties from his non-academic book sales to many who were in need: students, widows and others. And this he did in spite of the fact that he had a life-long fear of ending up in the poor-house himself.
Once when Tolkien and Lewis met a beggar, Lewis gave the man some money. As they walked away Tolkien said to Lewis, “Jack, what did you do that for? You know the man is just going to go and waste that money on drink!” To which Lewis replied: “If I kept the money I would just waste it on drink myself. So what’s the difference?” (http://www.willvaus.com/blog/view/506/giving_alms)
interessa eccome! 🙂
La Santità poi, di qualunque segno Essa sia: ricca , povera, martire, eroica, ordinaria, straordinaria, da clausura o “sul campo” (potremmo proseguire) è DONO di DIO!
Non la pianifichiamo, decidiamo, programmiamo a tavolino, neppure possiamo deciderer per noi stessi di che tipo sia.
Una cosa è CERTA, il Cristiano è chiamato alla Santità perché… perché Dio è Santo.
Il Cristiano non è e non può essere una “mezza-figura”.
Poi c’è tutto un tempo di cammino di “maturazione”, di CONVERSIONE (e di misericordia per chi fatica in questo cammino).
A noi aspirare ai carismi più alti, desiderarla con tutto il cuore questa Santità e riamanere aperti e attenti alla Volontà di Dio, che OGNI GIORNO ci indica il cammino o dove ci chiama a conversione.
Affacendato come Marta e con il cuore ai piedi di Cristo come Maria attendendo una Sua Parola 😉
Bel commento Frabrizio, chiarisce molto, e grazie per la storia di Gregorio Magno. Aggiungo però una cosa: è vero che ognuno è chiamato a seguire Gesù nel modo che gli è proprio, ma non credete anche che ognuno partecipi in piccola o grande parte anche dei carismi degli altri? Cioè, pochi sono chiamati a fare gli eremiti, ma tutti dovremmo prenderci dei tempi di ritiro per comunicare con Dio. Non solo i Domenicani e i Gesuiti sono chiamati a coltivare l’intelligenza per difendere la fede, ma in parte anche i laici, secondo le loro possibilità.
Così per la povertà e la castità, credo. Nel caso della povertà credo che ogni cristiano sia chiamato a lasciare talvolta dei mezzi buoni, per aprirsi alla Provvidenza. A fare un “di più” rispetto ad una sana frugalità, perché per quella bastavano Seneca e Marco Aurelio. Però come dice giustamente Fabrizio, non deve essere una rinuncia arbitraria, bisognerà riconoscere quando è lo Spirito a chiedercelo.
@zimisce,
e come non potrebbe essere diversamente? Non siamo forse un solo Corpo?
Romani 12, 4-16
«Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. 2 Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l’insegnamento, all’insegnamento; chi l’esortazione, all’esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.
La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; 10 amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, 13 solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi.
Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini.»
😉 😀
Ottimo Fabrizio, condivido in pieno.
“2439 Le nazioni ricche hanno una grave responsabilità”
Sì. Attenzione però che con questo riferimento facciamo il salto logico da singole persone ricche a nazioni ricche (traparentesi… il CCC parla di “nazioni” e questo letteralmente intenderebbe i popoli, poi bisognerebbe capire se sono i popoli intesi come insiemi di persone che agiscono privatamente o anche le loro istituzioni, e quindi gli stati; io credo certamente entrambe le cose). Certe cose sono analoghe, altre no. Per andare su casi estremi: un singolo può anche decidere di non pianificare niente della sua vita ed affidarsi esclusivamente alla Provvidenza. Uno stato non può farlo, se non altro perché se rinunciasse al suo ruolo di regolatore allora non avrebbe più motivo di esistere.
“non credete anche che ognuno partecipi in piccola o grande parte anche dei carismi degli altri? Cioè, pochi sono chiamati a fare gli eremiti, ma tutti dovremmo prenderci dei tempi di ritiro per comunicare con Dio. ”
Sì. Diciamo che i carismi sono un numero definito di ingredienti, noi siamo piatti creati con miscele diverse.
“bisognerà riconoscere quando è lo Spirito a chiedercelo.”
Che poi è la cosa importante. Io ad esempio sto qui a scrivere tutte ‘ste belle cose, ma cosa vuole Dio da me non l’ho ancora capito. Però ho capito che non l’ho capito e che è importante, e sto cercando di capire… come capirlo. 😉
“Che poi è la cosa importante. Io ad esempio sto qui a scrivere tutte ‘ste belle cose, ma cosa vuole Dio da me non l’ho ancora capito. Però ho capito che non l’ho capito e che è importante, e sto cercando di capire… come capirlo.”
Ecco questo è un bel punto…
Se quello che fai adesso, anche se scrivi ‘ste belle cose, ti distrae dal punto nodale, dal capire quale è la Volontà di Dio sul il tuo “fare”, forse è meglio di lasciare lì quello che stai facendo (che a poco vale) per chiarirti… tu con Dio.
Chiuditi nel segreto della tua “stanzetta” e parla con Lui… meglio ascolta cosa ha da dirti.
Se Gli chiedi qual è la sua Volontà, come potrebbe non risponderti. Magari non subito, magari ti fa fare un po’ di anticamera, giusto per ricordarti che nulla ti è “dovuto”, ma ti risponderà… è certo.
Lungi da me farti da consigliere spirituale… parlo per esperienza. Ho scritto “tu”, ma tante volte l’ho detto a me stesso… non sempre l’ho fatto, ma quando l’ho fatto difficilmente sono rimasto deluso 😉
“Sì. Attenzione però che con questo riferimento facciamo il salto logico da singole persone ricche a nazioni ricche ”
Si e no. Molto vero che uno stato non puo’affidarsi alla provvidenza, ma questo non esime il singolo dalla sua responsabilità’. Primo esempio che mi viene in mente: se sai per certo che un certo bene, una certa marca di alimentari, attua politiche produttive e o salariali ingiuste – verso le nazioni povere ( nella maggior parte dei casi ) o meno ( puo’anche essere ), e’giusto come individuo singolo non comprarlo. Cosi’facendo da tante scelte individuali si puo’attuare quella responsabilita’generale di cui parla il CCC.
“credo che rinunciare a qualcosa per darlo ai poveri sia una cosa però che tutti siamo tenuti a fare…”
Un buon punto di partenza è rispolverare la “decima” e decidere di dare in attività caritatevoli una cifra proporzionale a quanto si spende per le cose non essenziali. Ad esempio, se uno spende X per un hobby, poi devolve anche una percentuale di X per gli altri. L’idea di tenere legate le due cose è per evitare la … pigrizia che potrebbe mettersi di mezzo.
PS Bariom ha menzionato “I gigli del campo”. Spot: c’è un vecchio film con lo stesso titolo, con Sidney Poitier. È la storia di un gruppo di monache europee che ereditano un fazzoletto di nuda terra nel sud degli USA e partono per creare una missione, senza nessuna risorsa e senza neanche conoscere l’inglese, affidandosi esclusivamente alla Provvidenza. Costruiranno la missione. Il film è eccellente fin nei dettagli, veramente teologia trasposta in pellicola (traparentesi… è da quasi un anno che ho scritto una bozza di recensione, dovrò decidermi a pubblicarla).
Grazie della segnalazione Fabrizio.
Poi sai certamente c’è chi dirà che queste cose succedono solo nei films…
Eppure io ho visto simili realtà fuori della “finzione” filmica.
Aspetto tua segnalazione sull’uscita della recensione 😉 (faccina insulsa)
…in che modo un non-cattolico può discutere con un cattolico di argomenti riguardanti la morale cattolica?
E’ possibile per un non cattolico, per esempio, intendersi con un cattolico quando si parla di contraccezione, di divorzio, di presunti peccati mortali consumati dai divorziati che si sono risposati eccetra?
Più assimilabili, mi sembrano, le due morali riguardo ai temi di solidarietà verso il prossimo, specialmente alla luce di quanto detto da Fabrizio Giudici, che cioè sarebbe “giusto” applicare una specie di decima alle proprie spese superflue.
Che è poi quello che in teoria dovrebbero fare le tasse, tassando quelli che hanno più soldi (ammesso che si riesca a riscoterla questa decima o che se la autoapplichino le classi più agiate).
Per la verità la “decima” ai tempi non era intesa sulle spese “superflue”…
Credo si possa copnfrontarsi su tutto tra un cattolico e un non-cattolico (o intendevi non credente?) e ti diro che sui temi che ritieni improbabili ho trovato anche a volte punti d’intesa.
Come mai? Perche nella morale Cattolica, checchè se ne dica, vi è una profonda lucidità e razionalità (anche non volendovi riconoscere una assoluta verità).
…Bariom:
“Credo si possa copnfrontarsi su tutto tra un cattolico e un non-cattolico (o intendevi non credente?)”
Ho l’impressione che per un cattolico dire non-cattolico e non-crednte sia lo steso.
A ogni modo io intendevo dire “non credente”. Ma, appunto, non mi sembra che cambi molto!
Cambia e parecchio.
Perdonami ma cosa pensi tu in merito è diciamo… irrilevante
…un tipico esempio di “confronto”!
Ah cercavi un confronto?
La tua mi sembrava una affermazione senza possibilità di replica (con tanto di punto escalmativo) 😉
“Per la verità la “decima” ai tempi non era intesa sulle spese “superflue”
…intendevo riferirrmi al discorso di Fabrizio Giudici.
A giudicare da quello che scrivono alcuni di voi, mi sembra che i punti di “intesa” (sui temi che dicevo) possano essere ben pochi!
“…intendevo riferirrmi al discorso di Fabrizio Giudici.”
Mi era chiaro 😉
@zimisce
…..Trovato il forum di Consulenza (“per lo studio del cristianesimo”) e il collegato “forum biblico” ?
🙂
Sempre per zimisce e per chi volesse cimentarsi nel “dialogo interreligioso” che (per motivi meramente statistici) la maggioranza delle volte in Italia consiste nel dialogo tra (pochi, rari) cattolici e moltissimi ex cattolici che hanno preso le strade più disparate, perlopiù individualistiche-intimistiche… a volte con autointerpretazioni delle Sacre Scritture da spavento…
Ieri avevo fatto riferimento ad ambienti con una forte connotazione confessionale (di altra religione) che si presentavano come ‘neutrali studiosi di scritture’ – e l’ho fatto perché quella era stata una delle mie più recenti ‘esperienze’ in rete. Come già spiegavo, non mi sembrava però una buona idea fornire qui un link diretto (ma credo che chi desidera abbia ora tutti i riferimenti per trovare quei siti).
Oggi vi fornisco invece un link diretto ad un altro forum biblico, in quanto il sito si presenta fin dalla Home come “non aderente ad alcuna religione”, quindi non c’è pericolo di una presunta ‘diffamazione’ di altre confessioni.
Ho letto ancora poco dei thread di codesto forum, dunque più di tanto non posso dirvi. In ogni caso anche lì ho rilevato un certo anticattolicesimo nel senso che i (rari) utenti cattolici che ho letto non vengono molto apprezzati (anche da altri “credenti in Gesù”) e questo già in via “preventiva”.
Tra i tanti ho trovato significativo il seguente topic, che vado a linkarvi. Interessante per più di un motivo: 1)in un forum “biblico”, sedicente aconfessionale, si presenta la testimonianza di un ex prete cattolico, ma ok, sorvoliamo, può essere “per studio” 2)tutti applaudono alla decisione del prete (anche cristiani, credenti in Cristo)
3)per fortuna interviene nella discussione anche un ottimo e diplomatico cattolico praticante (uno su mille ce la fa 😀 )
4) credo che, al di là delle contrapposizioni degli utenti in discussione, possa essere utile per noi cattolici leggere alcune dinamiche e leggere “come ci vedono gli altri”.
Per chi volesse dare un’occhiata, buona lettura e buone riflessioni http://www.biblistica.eu/viewtopic.php?f=7&t=659
Bella idea riportare il CCC.
Grazie Ola.
Vediamo come continua il nostro catechismo e….se qualcuno vuole obiettare che “rompe le palle” pure ‘sto documento scritto nero su bianco.
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2443 Dio benedice coloro che soccorrono i poveri e disapprova coloro che se ne disinteressano: « Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle » (Mt 5,42). « Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date » (Mt 10,8). Gesù Cristo riconoscerà i suoi eletti proprio da quanto avranno fatto per i poveri.Allorché « ai poveri è predicata la buona novella » (Mt 11,5), è segno che Cristo è presente.
2444 « L’amore della Chiesa per i poveri […] appartiene alla sua costante tradizione ». Si ispira al Vangelo delle beatitudini, alla povertà di Gesù e alla sua attenzione per i poveri. L’amore per i poveri è anche una delle motivazioni del dovere di lavorare per far parte dei beni a chi si trova in necessità. Tale amore per i poveri non riguarda soltanto la povertà materiale, ma anche le numerose forme di povertà culturale e religiosa.
2445 L’amore per i poveri è inconciliabile con lo smodato amore per le ricchezze o con il loro uso egoistico: « E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano! Le vostre ricchezze sono imputridite, le vostre vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti. Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza » (Gc 5,1-6).
2446 San Giovanni Crisostomo lo ricorda con forza: « Non condividere con i poveri i propri beni è defraudarli e togliere loro la vita. […] Non sono nostri i beni che possediamo: sono dei poveri ».
« Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia perché non si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia »:
« Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia ».
2447 Le opere di misericordia sono azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e spirituali.
Istruire, consigliare, consolare, confortare sono opere di misericordia spirituale, come pure perdonare e sopportare con pazienza. Le opere di misericordia corporale consistono segnatamente nel dare da mangiare a chi ha fame, nell’ospitare i senza tetto, nel vestire chi ha bisogno di indumenti, nel visitare gli ammalati e i prigionieri, nel seppellire i morti. Tra queste opere, fare l’elemosina ai poveri è una delle principali testimonianze della carità fraterna: è pure una pratica di giustizia che piace a Dio:
« Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto » (Lc 3,11). « Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, e tutto sarà puro per voi » (Lc 11,41).
« Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? » (Gc 2,15-16).
2448 « Nelle sue molteplici forme – spogliamento materiale, ingiusta oppressione, malattie fisiche e psichiche, e infine la morte – la miseria umana è il segno evidente della naturale condizione di debolezza, in cui l’uomo si trova dopo il primo peccato, e il segno del suo bisogno di salvezza. È per questo che la miseria dell’uomo ha attirato la compassione di Cristo Salvatore, il quale ha voluto prenderla su di sé, e identificarsi con “i più piccoli tra i fratelli” (Mt 25,40.45).
È pure per questo che gli oppressi dalla miseria sono oggetto di un amore di preferenza da parte della Chiesa, la quale, fin dalle origini, malgrado l’infedeltà di molti dei suoi membri, non ha cessato di impegnarsi a sollevarli, a difenderli e a liberarli. Ciò ha fatto con innumerevoli opere di beneficenza, che rimangono sempre e dappertutto indispensabili ».
2449 Fin dall’Antico Testamento tutte le varie disposizioni giuridiche (anno di remissione, divieto di prestare denaro a interesse e di trattenere un pegno, obbligo di dare la decima, di pagare ogni giorno il salario ai lavoratori giornalieri, diritto di racimolare e spigolare) sono in consonanza con l’esortazione del Deuteronomio:
« I bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese » (Dt 15,11).
Gesù fa sua questa parola: « I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me » (Gv 12,8). Non vanifica con ciò la parola veemente degli antichi profeti: comprano « con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali… » (Am 8,6), ma ci invita a riconoscere la sua presenza nei poveri che sono suoi fratelli:
Il giorno in cui sua madre la rimproverò di accogliere in casa poveri e infermi, santa Rosa da Lima senza esitare le disse: « Quando serviamo i poveri e i malati, serviamo Gesù. Non dobbiamo lasciar mancare l’aiuto al nostro prossimo, perché nei nostri fratelli serviamo Gesù ».
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Ooopss…mi è scappato il grassetto 😀
Carissima, scusa se non ho avuto tempo di leggere tutto ma, più o meno, conosco l’antifona. Tutti i cattolici conoscono l’antifona, non è che aspettavo te per capire che l’egoismo è male.
Ci sono ben quattro persone (mia moglie ed i miei figli) che dipendono da me per ogni loro esigenza materiale, piccola o grande. Quattro persone che non avrebbero di che vivere senza i miei spiccioli. Questo, naturalmente, è per me motivo di orgoglio oltre che di gioia.
Come vedi, non c’è alcun bisogno di dare alla caritas, di cui non mi fido, e non c’è bisogno nemmeno di dare agli accattoni che si trovano per strada, che se li bevono o se li giocano, per sentirsi vicini ai poveri. Ognuno faccia secondo la propria coscienza, senza sentirsi autorizzato a soppesare i portafogli altrui. Grazie.
Bravo. Quindi non sentirti autorizzato a soppesare la coscienza dei divorziati, e di qualunque “peccatore sessuale” baleni nelle tue fantasie, poi spalmate in grassetto, worlwide.
Correggo: world wide.
Valutare la coscienza altrui equivale ad esprimere un giudizio morale su una persona e questo è sempre illegittimo. Il tema in discussione è se i divorziati risposati possano accedere ai sacramenti. Si tratta di giudicare fatti e situazioni oggettive che sono sotto gli occhi di tutti, non c’entra niente valutare la coscienza altrui. Del resto una valutazione su divorzio e successive eventuali unioni l’ha già data Gesù, ed io, con tutta la buona volontà, davvero non capisco perché, in un sinodo sulla famiglia, si debba andare a mettere in discussione quello che , da sempre, è stato assolutamente pacifico e chiaro:
“Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; 12 se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”.
Sono giudizi di Gesù, quindi inappellabili, definitivi, incontestabili. Eppure… da non credere. Interessante, tra l’altro, notare come anche il giudizio di Gesù cala pesantemente sul comportamento, lasciando completamente indenni i responsabili di quel comportamento. Questo modo di giudicare non solo è legittimo, ma doveroso per ogni cattolico orgoglioso della propria fede.
“Sono giudizi di Gesù, quindi inappellabili, definitivi, incontestabili. ”
Cito da Francesca:
« Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto » (Lc 3,11). « Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, e tutto sarà puro per voi » (Lc 11,41).
Solo un appunto: anche questi “sono giudizi di Gesù, quindi inappellabili, definitivi, incontestabili.” – sempre per non dimenticarci, come ci ricorda Thelonius, che la Chiesa predilige sempre l’et/et all’aut/aut.
E che nessuno è così povero da non avere di che condividere…
(Anzi generalmente è chi è povero che ha meno difficoltà in questo)
Ho dato tutto a mia noglie ed ai miei figli e sarei pronto a dare anche la mia stessa vita.
Fra’ tu per qualche motivo pare continui a giustificarti… (perché poi?)
Tua moglie e i tuoi figli non credo siano i “poveri” che il Signore ti ha messo accanto, verso loro (come ben sai) hai be altra responsabilità.
Poi fai come ti pare, ma non mischiare vino e sale.
Non mi giustifico affatto, bariom, ho semplicemente preso me stesso ad esempio per tutti. Mia moglie ed i miei figli sono letteralmente mantenuti in tutte le loro necessità dai miei soldi. Naturalmente c’è una legge che mi obbliga a provvedere ai loro bisogni, ma nessuno mi ha obbligato a sposarmi ed avere tre figli. L’ho fatto per amore. Non mi pare che il mio sia un amore di serie B rispetto a chi fa la carità.
Sono solo due cose assolutamente diverse… ma se per te è uguale fa lo stesso o se vuoi dire amo già mia moglie e i miei figli (anche i pagani lo fanno, anche se tu dubiti sulla questione) tanto basta, fa ugualmente lo stesso.
Se puoi ritieni di poter essere preso ad esempio per tutti (e scusa se è poco)… buon per te.
L’amore è amore, non fa differenza se ami tua moglie o un estraneo. Del resto, anche mia moglie era un’estranea prima che ci fidanzassimo, ma io già la amavo.
E’ vero, anche (alcuni, non certo tutti) pagani amano la propria moglie. Ma infatti anche per loro è morto Gesù, ed anche loro potranno salvarsi senza fare l’elemosina.
Infine, si, hai ragione: io penso di poter essere un esempio di santità per tutti! Anzi, se ti capita di passare dalle mie parti, fermati cinque minuti, così ti rovescio addosso un po’ di santità anche a te.
Non grazie non vorrei trovarmi inzuppato di troppa umiltà e con… l’acqua alla gola!
😐 🙁 😛 😉 😀
Per te le insulse facine ci vogliono proprio tutte…
“Non mi pare che il mio sia un amore di serie B rispetto a chi fa la carità.”
No di certo e penso che nessuno lo abbia sostenuto, ma penso di non sbagliare se faccio notare che i due amori non sono mutualmente esclusivi.
Ed io non ho mai sostenuto che l’uno escluda l’altro.
in questo caso ti chiedo scusa, avevo mal interpretato alcuni tuoi commenti sopra che mi facevano pensare che tu volessi sostenere che una volta adempiuti i propri doveri verso la propria famiglia decade l’obbligo morale verso chi e’nel bisogno. errore mio.
Il vero criterio distintivo del cristiano non è il credo religioso; in Giovanni (13;35) viene data un’altra definizione:
” Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.
“Quindi non sentirti autorizzato a soppesare la coscienza dei divorziati, e di qualunque “peccatore sessuale” baleni nelle tue fantasie, poi spalmate in grassetto”
Mi pare però che qui siamo arrivati sul paradosso, Francesca. A parte una serie di considerazioni generali che mi piacerebbe discutere sulla questione – ma devo ancora pensarci sopra – non mi torna la conclusione. Giuste le premesse, cioè che i peccati “sessuali” non sono gli unici e che non dobbiamo concentrarci su quelli che ci disgustano di più e poi trascurare gli altri. Giusto l’altro riferimento implicito nel tuo discorso, che prima c’è la trave nel nostro occhio e dopo la pagliuzza in quello degli altri. Però mi pare che con la tua conclusione siamo passati dal peccato al peccatore. E se ne potrebbe dedurre che se uno è peccatore allora non può dare testimonianza contro i peccati. Cioè, siccome siamo tutti peccatori di qualcosa, dovremmo stare tutti zitti.
Fabrizio, sì, proprio il paradosso volevo evocare.
A parte il giusto rilievo che ‘dovremmo’ stare tutti zitti (o solamente parlare al positivo) , ma trovandoci in un blog l’unica cosa che si può fare è scrivere= parlare, confrontarsi.
Quello che volevo far notare con la mia battuta è che tutti, e in particolare il suddetto utente, legittimamente, si sentono in diritto di disquisire sui peccati che “preferiscono”. Mentre non sarebbe lecito nominare peccati che afferiscono alla mancata carità verso il prossimo, inteso come fratello povero-indigente.
Quindi se devo stare zitta io o Bariom o chiunque altro, deve stare zitto pure lui 🙂
(a parte il fatto che nessuno ha mai accusato nessuno di niente, ma semmai è sempre il suddetto che vede ovunque accuse verso di lui – in particolare sull’argomento portafoglio)
P.s. ti sfugge inoltre, Fabri, che l’utente era già passato lui dal peccato al peccatore.
Lo fa di continuo. È il suo sottile giochetto 😉
L’ho semplicemente…chiosato 🙂
P.p.s. Fabrizio, hai mai frequentato siti non cattolici come quelli di cui parlavo?
Hai mai pensato di dare , saltuariamente, un tuo contributo in certi luoghi virtuali, come diceva zimisce?
Te lo dico per le tue capacità argomentative, conoscenza della storia, ecc.
Purtroppo leggo in giro della famosa “ignoranza dei cattolici” e ….ahimé leggo anche davvero tanti cattolici ignoranti che scrivono in rete (anche plurilaureati) nei blog/forum non cattolici……
Sbagliatissimo. Papa Francesco invece ci invita ad una correzione fraterna nell’umiltà e nella carità, appunto perché siamo tutti peccatori. Zittirsi o fare i moralisti sono due errori opposti e speculari.
Esattamente Pierre.
Lo vedi come sono rivelatori i paradossi ?
Appena li sveli, tutti dicono “ehi che stai dicendo!!”
😀
😉
Il problema dei divorziati risposati (agli effetti civili ovviamente) è sulla validità del sacramento che hanno ricevuto insieme ad un’altra persona, ancora in vita. Più che le persone divorziate, che dovrebbero certamente essere accolte nelle comunità ecclesiali ma non certo elevate a modello per le future generazioni(si tratta quindi in questo caso di saper armonizzare accoglienza e pedagogia), qui mi sa che in gioco ci sia il sacramento, che rischia di essere privato di ogni carattere soprannaturale per essere “protestantizzato” e ridotto a contratto sociale… Quindi la prima urgenza forse è quella di non dare i sacramenti a chi vuole sposarsi “in chiesa perché in comune è brutto” magari pure con la distorta idea che “poi se pago tanto la sacra rota me lo ‘annulla'” . Potrebbe servire un catecumenato per adulti come quello già previsto dal Concilio. La Chiesa deve comunque cambiare profondamente perché vive nella post-Cristianità e rischia di essere una autorità parallela a quella civile in una società di fatto pagana (questo Ratzinger lo aveva capito benissimo, i movimenti ecclesiali in parte hanno intercettato questa sfida ma non è ancora sufficiente).
“La Chiesa deve comunque cambiare profondamente perché vive nella post-Cristianità e rischia di essere una autorità parallela a quella civile in una società di fatto pagana”
Leviamoci pure “rischia” e mettiamoci “è”. Ok con il resto del commento; ma cosa vuol dire “cambiare profondamente”? Traparentesi: quando è nata e si è subito espansa fuori dai regni giudei la Chiesa era proprio quello che dici: una autorità parallela a quella civile che era pagana. E pagana da sempre, quindi radicalmente pagana. In particolare, visto che parliamo di matrimonio, la cultura romana era tanto lontana dal concetto di matrimonio cristiano quanto lo è quella di oggi. Però la Chiesa non “cambiò” rispetto a quanto predicato da Gesù nella terra degli ebrei. Qualche secolo dopo, quando la civiltà pagana venne giù perché era arrivata al capolinea, arrivarono ondate di invasori, pagani anch’essi da sempre. La Chiesa non cambiò mai, eppure la ebbe vinta, convertendo prima i Romani e poi i barbari, solo con la forza della propria parola.
Ci fu un momento, comunque, in cui qualcuno invocò il cambiamento, perché la cultura pagana di certi popoli germanici aveva qualche problema a capire certi concetti. Il qualcuno era Ario e fece un gran casino.
Per questo, quando leggo di “cambiamento”, e per di più “profondo”, mi chiedo: quale cambiamento e perché?
Per cambiamento profondo almeno io, che sono un figlio della Chiesa e non un modernista, intendo qualcosa di simile alla nota ‘profezia’ di Ratzinger sulla futura Chiesa senza privilegi, più piccola e centrata in Cristo ma capace di una energia e uno slancio nell’evangelizzazione senza pari. Le strutture eredi della vecchia Cristianità europea (di cui forse molto è già perso, protestantizzato de facto) spesso non si mostrano adeguate a questa sfida perché pensate per un mondo che purtroppo non c’è più. Quindi quelli che vogliono fossilizzare la tradizione e ipostatizzare la Chiesa fissandola in un determinato periodo storico andato e sicuramente meraviglioso non credo saranno molto d’aiuto.Sbaglio?
Comunque mi spiego meglio: nelle nazioni di antica cattolicità investite dalla secolarizzazione e oggi di fatto “pagane”, cioè nelle quali la cultura popolare non è più permeata e modellata da Cristo, la Chiesa rischia di sopravvivere come apparato amministrativo-burocratico che, di fronte al paganesimo dei suoi battezzati, non ha da dir nulla se non formule meccanicamente ripetute. Come si potrà conciliare questo apparato interessato sicuramente a sopravvivere (e a conservare i suoi privilegi economici e sociali) con la pretesa veritativa del Fatto cristiano e la necessità di comunicarlo agli uomini? La Germania offre spunti…se paghi la tassa puoi anche divorziare, la comunione te la daremo lo stesso (anzi per usare il linguaggio di oggi: è un tuo diritto).
Amputazione, Secondo me non c’è altra strada.
“Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!” (Papa Francesco). Per i poveri di spirito.
Per i poveri di spirito e per i poveri veri, ma anche per i ricchi e, se permetti, per i ricchi sfondati. Perché Gesù è venuto per tutti e vuole tutti salvi. Soprattutto, una chiesa che sia madre e maestra, aperta a tutti, ma severa con chi rifiuta il suo insegnamento. Una chiesa che non diventi accozzaglia di gente eterogenea, ma gregge di pecore dietro ad un pastore.
Ottimo!
(più che severità invocherei “fermezza” …ma è una sfumatura)
@Francesca
Trovato il forum a cui ti riferivi. Ci darò un’occhiata più approfondita quando ho un po’ di tempo. Solo che non mi aspettavo appartenesse a quella religione. Credevo ti riferissi a qualche forum sulla storia delle religioni o antropologia o religioni comparate. In questo caso non stupisce che i moderatori del forum portino acqua al loro mulino.
Ciao
Se hai tempo guarda anche quello che ti ho linkato dopo, “non aderente ad alcuna religione” http://costanzamiriano.com/2015/10/19/siamo-in-missione-per-conto-di-dio/#comment-103032
Sì, certo, poi ce ne sono anche altri di “storia delle religioni” o similari….. In generale in ambienti non cattolici osservo un generale non rispetto (oltre che non conoscenza) del cattolicesimo. Ora non saprei quali altri linkarti….perché ce n’è davvero tanti….
Nel caso ti faccio sapere. Comunque già in quell’altro , aconfessionale, che ti ho linkato puoi farti un’idea.
P.s. inoltre, una cosa è “portare acqua al proprio mulino”, in un dialogo che può anche diventare molto stimolante…e altra cosa è insultare le persone e magari arrivare tranquillamente alla blasfemia, oltre che impedire ai cattolici di aprire bocca in certi forum tacciandoli di “razzismi” e accusandoli di persecuzioni (odierne!!) verso le altre religioni. Se poi citi le persecuzioni verso i cristiani: ti accusano di apologia/proselitismo, sempreché non cancellino tout court i post scomodi.
Il succo è: prova a scrivere un qualsiasi argomento cattolico fuori dei siti cattolici.
Ai fedeli di altre religioni è permesso esprimere opinioni e vengono trattati con tutto il rispetto del mondo. A noi no. Prova. L’unico modo che hai di entrare nei forum, venire un minimo accettato/a, e parlare tranquillamente di temi religiosi (ma anche di altri argomenti laici ricevendo un minimo di rispetto) è quello di NON dichiararti MAI cattolico/a romano/a.
@ francesca
Gli altri li guarderò volentieri, ma credo che non tornerò mai più nel primo forum che hai indicato (se davvero sono finito quello giusto). Prima avevo solo scorso i titoli dei post ora ho provato a leggerne un paio e non c’è neanche una minima base comune su cui tentare di costruire un discorso razionale. Ognuno con la sua lettura di come gli evangelisti falsari hanno falsato i “veri” fatti. Gesù salutato con le palme a Gerusalemme perché ha appena guidato i suoi seguaci in una scaramuccia vittoriosa contro i romani… Gesù amico di Vespasiano… solo per citare le idee meno balzane. Per discutere con questa gente dovrei leggermi la dottrina personale di ogni commentatore. Prima di fare il Domenico di Guzman via web bisognerà prima trovare qualcuno che sia psicologicamente in grado di ricevere qualche beneficio da una discussione. Ma quell’ex cattolico che hai convinto che il cattolicesimo sarebbe stato quasi accettabile se fosse stato interpretabile come lo interpretavi tu non l’hai beccato là in mezzo, o sí?
Comunque posso suggerirti un posto dove trovare qualche buona discussione: qualche anno fa ero iscritto al famoso social dei libri, Anobii. Poi non ho più fatto l’accesso per dire anni e non ho avuto più voglia di rifare l’account è ricaricare tutta la libreria virtuale. Però lì ci sono gruppi interessanti (o almeno c’erano), tra cui quello dei lettori cristiani, poco attivo, ma con qualche buona discussione tra varie confessioni, e vari altri sul tema spiritualità e senso della vita. Lì almeno i commentatori sono persone affezionate ai libri (che non è una garanzia in sé di libertà da ideologie e pregiudizi vari, ma sono almeno persone che amano qualcosa al di fuori della loro testa, e quindi c’è almeno un pezzetto di realtà in comune su cui intavolare una discussione).
Ora finiamola se no andiamo troppo offtopic. Se trovi qualche altro posto interessante potresti indicarmelo in poche parole in fondo ai tuoi normali commenti.