Papa Francesco UDIENZA GENERALE, 22 aprile 2015
[…] Il Signore, dopo aver creato il cielo e la terra, «plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente». E’ il culmine della creazione. Ma manca qualcosa: poi Dio pone l’uomo in un bellissimo giardino perché lo coltivi e lo custodisca.
Lo Spirito Santo, che ha ispirato tutta la Bibbia, suggerisce per un momento l’immagine dell’uomo solo – gli manca qualcosa -, senza la donna. E suggerisce il pensiero di Dio, quasi il sentimento di Dio che lo guarda, che osserva Adamo solo nel giardino: è libero, è signore,… ma è solo. E Dio vede che questo «non è bene»: è come una mancanza di comunione, gli manca una comunione, una mancanza di pienezza. «Non è bene» – dice Dio – e aggiunge: «voglio fargli un aiuto che gli corrisponda».
Allora Dio presenta all’uomo tutti gli animali; l’uomo dà ad ognuno di essi il suo nome – e questa è un’altra immagine della signoria dell’uomo sul creato –, ma non trova in alcun animale l’altro simile a sé. L’uomo continua solo. Quando finalmente Dio presenta la donna, l’uomo riconosce esultante che quella creatura, e solo quella, è parte di lui: «osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne». Finalmente c’è un rispecchiamento, una reciprocità. Quando una persona – è un esempio per capire bene questo – vuole dare la mano a un’altra, deve averla davanti a sé: se uno dà la mano e non ha nessuno la mano rimane lì….., gli manca la reciprocità. Così era l’uomo, gli mancava qualcosa per arrivare alla sua pienezza, gli mancava la reciprocità. La donna non è una “replica” dell’uomo; viene direttamente dal gesto creatore di Dio. L’immagine della “costola” non esprime affatto inferiorità o subordinazione, ma, al contrario, che uomo e donna sono della stessa sostanza e sono complementari e che hanno anche questa reciprocità. E il fatto che – sempre nella parabola – Dio plasmi la donna mentre l’uomo dorme, sottolinea proprio che lei non è in alcun modo una creatura dell’uomo, ma di Dio. Suggerisce anche un’altra cosa: per trovare la donna – e possiamo dire per trovare l’amore nella donna -, l’uomo prima deve sognarla e poi la trova.
La fiducia di Dio nell’uomo e nella donna, ai quali affida la terra, è generosa, diretta, e piena. Si fida di loro. Ma ecco che il maligno introduce nella loro mente il sospetto, l’incredulità, la sfiducia. E infine, arriva la disobbedienza al comandamento che li proteggeva. Cadono in quel delirio di onnipotenza che inquina tutto e distrugge l’armonia. Anche noi lo sentiamo dentro di noi tante, volte, tutti.
Il peccato genera diffidenza e divisione fra l’uomo e la donna. Il loro rapporto verrà insidiato da mille forme di prevaricazione e di assoggettamento, di seduzione ingannevole e di prepotenza umiliante, fino a quelle più drammatiche e violente. La storia ne porta le tracce. Pensiamo, ad esempio, agli eccessi negativi delle culture patriarcali. Pensiamo alle molteplici forme di maschilismo dove la donna era considerata di seconda classe. Pensiamo alla strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica. Ma pensiamo anche alla recente epidemia di sfiducia, di scetticismo, e persino di ostilità che si diffonde nella nostra cultura – in particolare a partire da una comprensibile diffidenza delle donne – riguardo ad un’alleanza fra uomo e donna che sia capace, al tempo stesso, di affinare l’intimità della comunione e di custodire la dignità della differenza.
Se non troviamo un soprassalto di simpatia per questa alleanza, capace di porre le nuove generazioni al riparo dalla sfiducia e dall’indifferenza, i figli verranno al mondo sempre più sradicati da essa fin dal grembo materno. La svalutazione sociale per l’alleanza stabile e generativa dell’uomo e della donna è certamente una perdita per tutti. Dobbiamo riportare in onore il matrimonio e la famiglia! La Bibbia dice una cosa bella: l’uomo trova la donna, si incontrano e l’uomo deve lasciare qualcosa per trovarla pienamente. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre per andare da lei. E’ bello! Questo significa incominciare una nuova strada. L’uomo è tutto per la donna e la donna è tutta per l’uomo.
La custodia di questa alleanza dell’uomo e della donna, anche se peccatori e feriti, confusi e umiliati, sfiduciati e incerti, è dunque per noi credenti una vocazione impegnativa e appassionante, nella condizione odierna. Lo stesso racconto della creazione e del peccato, nel suo finale, ce ne consegna un’icona bellissima: «Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelle e li vestì». E’ un’immagine di tenerezza verso quella coppia peccatrice che ci lascia a bocca aperta: la tenerezza di Dio per l’uomo e per la donna! E’ un’immagine di custodia paterna della coppia umana. Dio stesso cura e protegge il suo capolavoro.
fonte: Vatican.va
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leggi anche Il Papa contro la teoria del gender: “espressione di frustrazione”
Se a qualcuno intereressa leggere senza che pensi che venda religione puo’ trovare nel libro di Tobia tante risposte Vere ed Eterne per sapere come comportarsi da uomini/donne come voluto da chi ci ha creato. E’ solo un inizio di millenni ma ricco di Sapienza rivelata …poi a ognuno di noi leggere il contenuto con intelletto aperto e onesto d’intento. Paul
Ma mettiamo (per ipotesi) che non fosse stato Dio a creare l’uomo e la donna.
Allora chi si prenderebbe cura di loro?
Ce la farebbero da soli?
O anche coloro i quali credono di farcela (bene) da soli sarebbe (in realtà) perché Dio li aiuta?
…E di te chi si prende cura Alvise e tu di chi ti prendi cura? E se per ipotesi ti prendessi cura di qualcun altro di chi ti prenderesti cura? E per ipotesi chi vorresti si prendesse cura di te?
…non mi prendo cura di nessuno e nessuno si prende cura di me (ovviamente) e nemmeno vorrei.
Ma non era questo il discorso!
E’ la seconda volta in pochi giorni che Papa Bergoglio parla di Uomini e Donne. Non parla di famiglia ma di coppia etero. Questo è assai significativo: la famiglia non puo’ che conseguire dal ripristino dell’armonia e l’armonia oggi non puo’ fare a meno di una valorizzazione della Donna che nella Storia ancora non c’è. La Storia è ancora tutta scritta dall’Uomo.
Quando nella Storia la Donna avrà trovato una sua ribalta autonoma e dignitosa , un piano d’azione indipendente (che non sia al servizio del potere maschile o, peggio, della lobby del Gender) allora l’intreccio eterosessuale dipanerà i suoi benefici effetti sia sul piano sentimentale che su quello culturale. Nuove dinamiche antropologiche interverranno a ripristinare Ragione e Biologia ponendo fine alle aberrazioni del Gender.
Le Donne attendono una rivisitazione del Femminismo in chiave di Femminilismo : un percorso difficile che potrà essere possibile se i nostri sforzi saranno “accompagnati” e sostenuti anche da Uomini illuminati, per superare insieme gli errori di quello che fu il movimento di liberazione della Donna, esasperato e disperato, che rivelo’ al mondo quanto fossero impreparate le Donne a gestirlo, se è vero che nel femminismo presero il sopravvento le derive verso l’omologazione e l’omosessualità.
Ora è tempo per la Donna di affrontare coraggiosamente le nuove sfide.
I nostri codici valoriali sono per natura orientati dal maternage. E’ un sentire diverso , una specificità preziosa che stenta ad emergere , a realizzarsi.
Uscendo da casa per lavorare e proporsi sul piano sociale la Donna non ha trovato modelli se non quelli maschili. Ha adottato comportamenti e riferimenti valoriali ereditati dall’Uomo, Così , scimmiottando l’uomo, rientra la sera distratta, stanca e frettolosa ed entra in conflitto, lei semplice clone, con l'”originale”.
Nei circuiti lavorativi creati dall’Uomo per l’Uomo cosa puo’ fare la donna madre?
La donna in carriera sacrifica il ruolo di madre se non è ben supportata da risorse economiche e dal sostegno dei parenti. Ma lo stipendio è già tutto speso perchè ci appoggiamo al personale domestico, a servizi di prontocucina, prontolavanderia, postscuola , prescuola…
E il Femminile intanto , fatto di emozione, sentimento, protezione , si sottrae alla storia umana.
Oggi le donne sono impegnate a farsi largo in politica, imponendo quote cosiddette di genere ma il “genere” ormai ci è stato scippato.
E poi perchè le quote se le donne non votano le donne perchè non hanno nessun potere di decidere , nessuna capacità di pensare leggi a misura di questa nostra metà della popolazione che vorrebbe lavorare quattro ore senza sentir parlare di Part Time.
In fondo fare i figli non è un lusso, crescerli dedicandosi a loro almeno metà della giornata significa svolgere un importante ruolo sociale . Dunque la nostra prestazione lavorativa di 4 ore deve essere considerata in tutto e per tutto un Full Time! Vorremmo poter dimostrare che in metà giornata il dinamismo femminile fa miracoli e si possono fare salvi i risultati di bilancio se le Donne imparassero il piacere di lavorare tra loro, con un sistema premiante diverso, carriera e stipendio pieno garantiti per legge. Telelavoro e job sharing applicati su larga scala.
Cosa aspettiamo a chiederlo a gran voce? Dobbiamo pretenderlo con proposte di legge firmate e controfirmate da migliaia di donne. Questa la vera politica al Femminile : altro che le quote!
E Papa Bergoglio tocca anche un’altra delicata corda: la mercificazione del corpo femminile nei media. Là dove la fa da padrone proprio la lobby del Gender, capillarmente innestata in ogni settore della comunicazione, la donna appare ridicolizzata dallo stile burlesque esteso a tutti i programmi. Anche la faccia della Gruber, pompata a dismisura, sembra in linea con lo stile burlesque.
Dobbiamo impedire questo scempio perchè la televisione irrompe nelle case e impone modelli.
Se le Donne sentissero cosa suggerisce loro il Femminile, il Materno e creassero una squadra coesa, complice e determinata, per costruire una radicale rivoluzione nella cultura, nei media , nel lavoro , nell’ambiente allora sì che “donna vota donna”.
Cara Costanza, sei pronta a scendere in campo?
maschi e femmina..
l’importante è che siano liberi di lasciarsi velocemente.
passata definitivamente la legge sul divorzio breve.
398 sì, 28 no, 6 astenuti.
alle prossime elezioni, foss’anchero quelle di quartiere o condominio, se vi trovate con uno di quei sedicenti cattolici e difensori dei valori che ha votato ‘sta roba, fategli un pernacchio.
E il pupazzo “cattolico” se n’è vantato pure su Twitter. Domenica andrà a messa e farà la comunione. Le preghiere di Fontana non sono servite. Essendo vescovo, può provare con un esorcismo.
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Scandalosa l’ipocrisia di Matteo Renzi… Addirittura esultare come una conquista! 🙁
Ecco i nomi dei 28 che hanno votato no:
Paola Binetti,
Alessandro Pagano,
Eugenia Roccella per AP (UDC-NCD);
Giorgia Meloni,
Gaetano Nastri,
Fabio Rampelli per FdI;
Annagrazia Calabria,
Antonio Distaso,
Fabrizio Di Stefano,
Riccardo Gallo,
Antonio Palmieri,
Giuseppe Romele,
Luca Squeri,
Paolo Vella per FI;
Stefano Borghesi,
Massimiliano Fedriga,
Paolo Grimoldi,
Guido Guidesi,
Cristian Invernizzi,
Nicola Molteni,
Marco Rondini per LN;
Matteo Bragantini,
Roberto Caon,
Emanuele Prataviera per il Gruppo Misto,
Rudi Franco Marguerettaz (per il Gruppo Misto – Minoranze linguistiche);
Nissoli Fucsia Fitzgerald,
Gian Luigi Gigli,
Mario Sberna per Per l’Italia-Centro democratico.
Segnaliamo anche i 6 ignavi astenuti:
Raffaele Calabrò,
Paolo Tancredi per AP;
Gianfranco Chiarelli,
Cosimo Latronico per FI;
Angelo Attaguile per LN;
Gaetano Piepoli per PI-CD.
Ah, notare come tutto il Partito Democratico, nessuno escluso, ha votato “sì” al Divorzio breve… Neppure un astenuto! 🙁 🙁 🙁 🙁
@vale:
Certo che sì. Se già prima non potevo votarli e non li votavo, ora ancora di più… Ma chi votare però? 🙁
Dateci cattolici tra i candidati!
Lettera aperta a monsignor Italo Castellani
di Elisabetta Samek Lodovici
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-lettera-aperta-a-monsignor-italo-castellani-12453.htm#.VTigGiGipls.facebook
@ giusi
infatti è divertente,si fa per dire, vedere un vescovo che chiama a dar lezione due che la pensano in modo diametralmente opposto.
leggiti questo.soprattutto la seconda metà dove si riporta una parte di un libro di Ricossa.
http://www.ildiscrimine.com/buonismo-idiota/
Molto interessante. Grazie
Spero qualcuno sappia che il divorzio breve approvato ieri e di cui si parla riguarda il matrimonio civile, regolato dalle leggi di uno Stato sovrano e laico, che nulla attiene con il matrimonio religioso. Non si comprendono quindi le reazioni stizziti del mondo cattolico che come solito pretende di mettere il naso laddove non ne ha alcuna facoltà.
Premesso questo, l’eventuale difesa della famiglia non si realizza con l’obbligo di mantenere in piedi una relazione in cui sono venuti meno i presupposti necessari che l’avevano generata, quali ad es. l’amore, l’affetto, la stima reciproca e la necessaria complicità, semmai con opportuni e concreti aiuti.
Sarebbe auspicabile quindi che a livello legislativo/ fiscale ci fossero degli incentivi concreti e non all’italiana, tesi ad agevolare in modo serio la coppia unita in matrimonio in special modo nel momento in cui decide di mettere al mondo delle creature. Provvedimenti in vigore da anni proprio in quei paesi di solito denigrati e messi all’indice dal mondo cattolico. Paesi in cui, guarda caso, nonostante il riconoscimento delle coppie di fatto e il matrimonio omo, il tasso di natalità è ben superiore a quello del nostro paese, in cui tantissime giovani coppie sono costrette a rinunciare a diventar genitori. Meno chiacchiere quindi e soprattutto meno ipocrisia.
Così a occhio, che sia matrimonio civile o matrimonio religioso, quando i genitori lo mandano all’aria i figli ci patiscono tutti nello stesso modo.
@Simone quindi fammi capire: il “mondo cattolico”, ossia costituito da cittadini di questo Paese (che sono anche di religione cattolica) e quindi soggetti alle stesse leggi del “mondo laico” non avrebbero diritto di parola sulle leggi stesse? Avere un’opinione sarebbe “come solito pretende di mettere il naso laddove non ne ha alcuna facoltà”?
E perché mai? chi avrebbe facoltà di dire la propria?
Lo stabilisci tu, Simone? In base a quali poteri?
Siamo come al solito tuti uguali ma qualcuno è più uguale degli altri, come direbbe Orwell?
Su cosa avrebbe diritto di parola “il mondo cattolico”, che pure esercita il diritto e paga le tasse? Sulle ricette di suor Germana? Così, per capire…
@ Theloniuos
per quel che mi riguarda non nego di certo il diritto dei cattolici in quanto CITTADINI di dire la loro, e se credono che il divorzio sia un male, ovviamente, in quanto cittadini, hanno il diritto di opporvisi.
Lo Stato, dal canto suo, deve cercare, per quanto è possibile, di contentare TUTTI, cattolici e non, PER QUESTO, quando ha garantito ai cattolici la validità del matrimonio concordatario e riconosciuto le opportune tutele, in costanza di matrimonio, e, dall’altro lato, ha garantito ai NON cattolici, il matrimonio civile e la possibilità di sclioglierlo, HA ESAURITO il suo compito.
Se la società si è laicizzata, lo Stato non può fare a meno di adeguarsi a questo tipo di società, e ciò perchè storicamente, tutti gli Stati che non corrispondevano più alla realtà sociale ed economica cui sovrintendevano, hanno finito coll’essere travolti.
Forse per questo, tanti cattolici (che voi definite “buonisti”) hanno finito coll’accettare le nuove norme sul divorzio, perchè sanno che non si può più imporre ai NON cattolici, di vivere secondo principi che loro considerano delle “forzature” (anche se per i cattolici sono principi iscritti nella natura stessa dell’essere umano).
Vi ricordo NUOVAMENTE le parole di uno dei più geniali uomini politici conservatori, di un politico che più di ogni altro ha cercato di mantenere in piedi gli stati basati sulle tradizioni ed i principi della religione, il grande Klemes Wenzel Lothar Von METTERNICH-Winneburg: ” “mi sono assunto il compito, non già di Impedire la rivoluzione……che era impossibile, ma di tenerla in iscacco per quanto si poteva”.
Inoltre vi ricordo, NUOVAMENTE, ciò che hanno dichiarato la figlia di Fanfani e Cossiga: il buon Amintore, si spese generosamente per il referendum per il divorzio, ma sapeva anticipatamente che sarebbe stata una sconfitta.
Infine, ribadisco un’altra volta che, un conto è “rendere testimonianza” un altro è riuscire nell’impresa che ci si è prefissi. A69
@ A69: “per quel che mi riguarda non nego di certo il diritto dei cattolici in quanto CITTADINI di dire la loro” : bontà tua !
Io il diritto ce l’ho in quanto cittadino, cattolico o meno non fa alcuna differenza.
Ho diritto / dovere di votare, di fare politica, di educare i miei figli, di fare il mio dovere di cittadino, di lavorare, di pagare le tasse e di esprimere liberamente il mio pensiero, che coincida o meno con quanto viene fatto o espresso da governi, giornali, televisioni e vari soggetti.
Questo è previsto dalla costituzione, non è “graziosamente” concesso da nessuno.
@ Thelonius
mi ero espresso male. Trattasi di diritti costituzionali. A69
@Anonimo69:
Cioè anche i due illustri uomini politici italiani hanno a loro tempo mischiato il loro sperma prima di ingravidare artificialmente una sconosciuta per non sapere chi fosse il padre della loro “figlia”, come Elton John? 😀
@ Ubi Deus
volevo dire la figlia di Fanfani (in una sua intervista, di lei) e Cossiga (in un’altra intervista, di lui) hanno dichiarato che Fanfani, in casa a colloquio con i figli, e, durante una seduta della direzione DC, aveva detto chiaramente di prevedere l’esito negativo del referendum.
Cossiga (ho sentito io stesso l’intervista in TV) disse che Fanfani aveva narrato, durante la seduta di cui sopra, di aver espresso il suo pessimismo direttamente a Paolo VI, il quale aveva risposto che non importava, che bisognava comunque tentare e rendere, così, “testimonianza”. A69
@ Simone:
Presupposti piuttosto labili se vengono meno sempre più spesso nel giro di 2, 3 anni… Non sarà che non ci sono mai stati e che a quei due non doveva essere proprio permesso di sposarsi senza capirne il senso?
Chiedere maggiore responsabilità a due adulti e ai nostri legislatori è così bizzarra come idea?
ATTINGO DA UN ARTICOLO DI TEMPI CHE CONDIVIDO:
“Lex creat mores”: la legge sul divorzio ha cambiato in peggio la società italiana. Oggi, 40 anni dopo, possiamo vederlo con chiarezza. Le famiglie regolari sono minoritarie, diminuiscono i matrimoni religiosi e civili, diminuiscono in modo drammatico i bambini, aumentano le libere convivenze e un numero sempre maggiore di giovani non si pongono più la meta di unire la propria vita ad una donna o a un uomo, per creare una famiglia stabile; rimandano la scelta decisiva e a 40 anni si ritrovano “singoli”. Trionfa “il sesso libero” invocato dai sessantottini, e nel Parlamento italiano sono in cammino le leggi del matrimonio fra i gay, le adozioni di bambini da parte di sposi o conviventi gay, le inseminazioni artificiali, l’utero in affitto, adesso il “divorzio breve” che risolve tutto in sei mesi, l’omofobia, ecc.
Le conseguenze sono tutte negative: si formano meno famiglie, nascono pochi bambini, e soprattutto i genitori precari danno vita a persone che portano dentro il tarlo della precarietà. Nelle scuole elementari dopo pochi mesi di scuola già si possono individuare dei bambini che non hanno genitori stabili, i cui genitori non sono uniti, bisticciano; non si può dire: “Obbedite ai vostri genitori” perché qualche bambino risponde: “Io ho due papà e mamma, a chi obbedisco?”. L’Italia manca di bambini (noi italiani diminuiamo di più di 100.000 unità all’anno!) e un certo numero dei giovani che ci sono, secondo Riccardo Gatti di una Asl milanese, “il 24% di ragazzi abusa di alcool e droghe” (Avvenire, 25 maggio 2014). Invece di andare all’oratorio, oggi molti giovani vanno in discoteca e certamente la loro formazione umana e morale non ci guadagna.
Il divorzio non è un problema dei cattolici. Lo diceva con forza il giurista prof. Gabrio Lombardi, laico non credente che presiedeva il “Comitato nazionale per il referendum sul divorzio”. Leggo in un suo ritaglio stampa di quel tempo questa profezia: “Se gli italiani approvano la legge sul divorzio, distruggono la famiglia tradizionale e la stessa società italiana, poiché la società si fonda sulla famiglia prima che sullo stato”. Aveva ragione, e con lui il Papa, i vescovi italiani e numerosi deputati Dc, compreso il segretario del Partito, on.le Amintore Fanfani, che si spese generosamente nella campagna contro il divorzio. “Ma il fronte cattolico si presentò diviso di fronte al divorzio – scrive lo storico Gianpaolo Romanato dell’Università di Padova (Avvenire, 25 maggio) – ma non bisogna dimenticare che era già diviso da prima, si era spaccato nell’immediato postconcilio”
“E’ un problema di diritti e di libertà, dicevano i divorzisti. L’amore dura fin che dura, se due sposi non si amano più è meglio che si separino e si sposino di nuovo”. Il Sessantotto ha lanciato il tema dei “diritti”, tutto era diritto, ma di “doveri” non si parlava e non si parla quasi più. Papa Francesco ha detto recentemente: “Ogni bambino ha il diritto di avere un papà e una mamma”. Ma questo diritto non si ricorda mai, non esiste più. Come al solito prevale il diritto (o il capriccio, l’egoismo) dei più forti. Il sessantotto ha imposto alcune delle tante ideologie di cui ancora soffriamo: il relativismo, l’individualismo e si perde il senso della vita. Se non esiste più una verità assoluta non esistono più valori assoluti, quindi nulla per cui valga la pena di spendere la vita. Il quotidiano cattolico Avvenire ha pubblicato un articolo intitolato: “Quella legge che cambiò l’Italia” (25 maggio 2014). Mi pare che l’abbia cambiata in peggio.
Come possano un Presidente del Consiglio, un Presidente della Repubblica, ministri e parlamentari che si definicono cattolici approvare questo sfacelo, cinguettare pure come deficienti su twitter e sentirsi a posto con la coscienza non so.
Non so se cattoliche ma certamente “sisters under the skin”,
«Da oggi Italia è più moderna […] il divorzio breve approvato a larga maggioranza testimonia politica che sa lavorare per rispondere a società» (Deborah Bergamini, FI).
«Si poteva fare meglio […] ad esempio adeguando il nostro ordinamento a quello di altri paesi europei dove non è necessaria la fase di separazione prima del divorzio, ma troppe chiusure e troppe arretratezze lo hanno impedito» (Michela Marzano, PD).
http://www.iltimone.org/33034,News.html
Promemoria per quando si va a votare anche se purtroppo ci sono molti cattolici adulti (adulteri e adulterati) che votano per divorzisti, abortisti, favorevoli a nozze e adozioni gay e ad ogni nefandezza compresi preti, suore e vescovi!
Gli irriducibili. Il clima in parlamento è cambiato. Dopo 12 anni dalla prima proposta di legge sul divorzio breve, il voto cattolico non affossa più le nuove norme per dirsi addio. Il primo tentativo della Camera di approvare un testo fu nel 2003, e da allora, nelle varie legislature che si sono succedute, un asse trasversale a tutti gli schieramenti è sempre riuscito ad impedire l’approvazione della legge. Nel mutato clima alla Camera però ci sono ancora 28 irriducibili del “no” che oggi hanno votato contro. Si tratta di: Alessandro Pagano, Paola Binetti ed Eugenia Roccela per Ap (Udc-Ncd); Giorgia Meloni, Gaetano Nastri e Fabio Rampelli per Fdi; Annagrazia Calabria, Antonio Distaso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Antonio Palmieri, Giuseppe Romele, Luca Squeri, Paolo Vella per Forza Italia; Stefano Borghesi, Massimiliano Fedriga, Paolo Grimoldi, Guido Guidesi, Cristian Invernizzi, Nicola Molteni, Marco Rondini per la Lega (da segnalare che Umberto Bossi ha votato ‘si«); hanno detto ‘nò anche gli ex iscritti al gruppo Lega (ora nel Misto) Matteo Bragantini, Roberto Caon, Emanuele Prataviera, Rudi Franco Marguerettaz (Minoranze linguistiche); Nissoli Fucsia Fitzgerald, Gian Luigi Gigli, Mario Sberna per Per l’Italia-Centro democratico. I sei astenuti sono i seguenti deputati: Raffaele Calabrò e Paolo Tancredi per Ap; Gianfranco Chiarelli e Cosimo Latronico per Fi; Angelo Attaguile (Lega); Gaetano Piepoli (Pi-Cd).
Questi sono i dati presi direttamente dal sito della Camera dei deputati : Area Popolare(Alfano) solo 5 su 33 hanno votato no; Forza Italia solo 10 su 70 ha votato no; Lega Nord 8 su 17 hanno votato NO (solo 5 hanno votato favorevole, gli altri 4 erano in missione o non hanno partecipato al voto); i 4 ex leghisti,passati al gruppo misto,hanno votato compattamente NO; Fratelli d’Italia 3 su 8 hanno votato NO (solo 1 ha votato favorevole,gli altri 4 erano in missione o non hanno partecipato al voto). Riepilogando in Fratelli d’Italia solo una persona (il 12,5%) ha votato a favore, nella Lega Nord, compresi quelli del gruppo misto solo 5 hanno votato a favore (il 23,8%). Quindi solo Fratelli d’Italia e Lega Nord in stragrande maggioranza hanno votato contro. Ricordo anche che circa due mesi fa al Parlamento Europeo in una votazione sull’aborto il 100% della Lega Nord(con i vari Salvini,Borghezio e Buonanno) ha votato NO(l’unico partito italiano tra i vari eletti).
Sì, Giusi, però non ci possiamo fermare ad aborto e a divorzio per scegliere chi votare… E la Lega sugli altri temi è decisamente imbarazzante, come tutti gli altri su molti altri temi.
Il più pulito c’ha la rogna però a non votare proprio vince sempre la sinistra. Scelgo il meno peggio. Che in questo momento sono Salvini e Meloni. Questo passa il convento.
Se proprio devo andare sul meno peggio, senza astenermi o annullare la scheda (e negli ultimi mesi sono fortemente tentato), allora obtorto collo la Meloni…
Che si alleerà con Salvini. Spero non anche con Berlusconi (calcoli elettorali potrebbero portare a questo) perchè allora non so proprio per chi votare in quanto che un vecchio puttaniere lo potevo pure sopportare ma un vecchio rimbambito appresso alla Pascale e a Luxuria no!
…
Davvero non capisco perché tanta agitazione, cari Thelonius e sodali.
Tutti possiamo esprimere le nostre opinioni e infatti siamo qui per questo. Per chi si dichiara cattolico osservante non capisco in che modo la legge sul divorzio, e poco importa se quella di ieri o quella breve di oggi, interessi non potendone fruire?
Per questo ho premesso che il divorzio breve approvato ieri riguarda soltanto il matrimonio civile e che tutto ciò che lo regola nulla attiene con il matrimonio religioso.
Il matrimonio religioso celebrato secondo il Magistero cattolico è per sempre e quindi non c’è separazione o divorzio che tenga e allora perché ci si scalda tanto se la maggioranza parlamentare di questo paese ha deciso giustamente di approvare il divorzio breve che interessa soltanto chi si sposa civilmente?
Sarebbe oltremodo sconveniente se il Parlamento italiano decidesse di interferire sulla validità del matrimonio religioso, ma non è accaduto e non accadrà. Non tutti i cittadini sono cattolici e non tutti sono disposti a convivere con il coniuge se determinate premesse venissero meno.
@ Simone: Tu hai fatto alcune affermazioni. Io ti ho solamente risposto nel merito.
Sei tu che ti sei messo a distinguere tra chi metterebbe il naso dove non deve (il “mondo cattolico”, che evidentemente può solo pagare le tasse, ma non esprimere giudizi sulle leggi dei governanti) e invece chi porterebbe avanti sani principi di laicità.
Ti ricordo che le leggi UMANE sono decise in modo democratico (almeno finché ci sarà consentito) e passano a maggioranza, dove il tuo voto conta come il mio, e pure il tuo parere conta quanto il mio.
Perciò, dato che sei tu che ti sei “agitato” con queste affermazioni, io ti ho risposto, insieme a qualcun altro.
Evidentemente ti sei reso conto di aver detto qualche “inesattezza”, dato sei passato dall’illuminismo totalitario del primo intervento (“Non si comprendono quindi le reazioni stizziti del mondo cattolico che come solito pretende di mettere il naso laddove non ne ha alcuna facoltà”) ai ben più miti consigli del secondo (“Tutti possiamo esprimere le nostre opinioni e infatti siamo qui per questo”).
Credo sia sufficientemente chiaro a tutti o dovrebbe esserlo, che di solito quando ci si riferisce al “mondo cattolico” non si pensa ai pareri espressi nei blog. Pareri che come il mio valgono come il due di picche a briscola.
Per “mondo cattolico” s’intendono le prese di posizioni di eminenti personaggi e giornalisti che esprimono il loro parere con dichiarazioni pubbliche e articoli firmati nelle testate giornalistiche. Mi riferisco per es. a quanto già dichiarato dal direttore dell’Ufficio famiglia della CEI e agli articoli apparsi sui giornali come “Famiglia cristiana”, “Avvenire”, ecc.
E di solito accade proprio che quel “mondo cattolico”, molto ben rappresentato, metta eccome il naso in faccende per nulla pertinenti. Non ho ancora dimenticato i modi arroganti e gli sgambetti di eminenti personaggi contro questo o quel provvedimento in passato. Provvedimenti che ricordiamocelo bene, nessuno è obbligato a mettere in pratica o a conformarvisi se in coscienza contrario.
Non si tratta quindi di più miti consigli, ma di semplice puntualizzazione.
E quali sarebbero queste faccende per nulla pertinenti sulle quali la CEI e la stampa cattolica non possono intervenire? Quali sarebbero questi sgambetti, questi modi arroganti? Ma che stai dicendo? Si fanno passare delle aberrazioni e i cattolici dovrebbero pure stare zitti? Che modello è? Modello Unione Sovietica? Ma stai dando i numeri?
Dunque il matrimonio civile può essere una barzelletta, può non implicare l’assunzione di responsabilità, può fondarsi sul love is love, può con leggerezza privare i figli di una famiglia unita, può diventare una cosa da Las Vegas e questo sarebbe sinonimo di libertà e di civiltà e non avrebbe alcuna conseguenza sull’assetto della società? Giusto quei bacchettoni dei cattolici se vogliono stiano insieme finchè morte non li separi e non rompano le scatole che i “laici” si devono divertire e se ai bambini non piace la famiglia allargata che si arrangino e si civilizzino pure loro!
E che cavolo! Ma quand’è che diventeremo come quei civilissimi paesi scandinavi dove se vogliono fanno sesso pure con gli animali?
http://www.ilgazzettino.it/ESTERI/sesso_animali_bordelli_choc_danimarca_illegale/notizie/495803.shtml
Nn so Giusi.
Proviamo a chiedere a Marione Nostro -che l’ha fatte quasi tutte le cose che hai elencato- magari lui ce le sa spiegare…
Per il sesso con gli animali, s’è sempre fatto – vedi Nino Manfred, giusto per citare una fonte diversa dalle solite…
@ fortebraccio:
Almeno lui si definisce ad ogni pie’ sospinto un povero peccatore (e non si comunica per ciò). Tu fai altrettanto?
Anche l’omicidio mi pare che abbia i suoi begli annetti nella storia. Basta così poco per legittimarlo?
Una curiosità: sei tu, Fortebra’?
Si – profilo ricreativo, che uso saltuariamente.
Analogo nick su Anobii.
Io che contrariamente a te ho una morale ma non sono moralista (già e poi bisogna aggiungere la tua avversione personale per Adinolfi che vieni sempre a palesare qua dove non è di casa) apprezzo quello che fa Adinolfi (e lo fa anche bene). Per quanto riguarda i suoi peccati se la vedrà con la sua coscienza e con Dio come ognuno di noi.
@ Simone:
Il motivo è piuttosto semplice: si diventa santi con gli altri, in relazione col prossimo, non da soli. Se la legge sbaglia si ha il dovere di farlo osservare, con tutti i sistemi legali possibili (e qualora ci dovesse essere coercizione a compiere il male si ha anche il dovere di trasgredire la legge… Vedi ad esempio recentemente i sindaci francesi che si sono rifiutati di “sposare” coppie omosessuali. «Dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» vuol dire anche ciò: non mettere Cesare al di sopra di Dio).
Ogni cristiano quindi persegue il bene comune, senza costrizioni per alcuno (cioè con gli stessi strumenti democratici di chi non crede), ma sentendo la necessità di farlo, perché tutti si incamminino verso la Verità, che rende liberi, che è Cristo.
«…”Dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” vuol dire anche ciò: non mettere Cesare al di sopra di Dio».
Quel “anche” è una tua rispettabilissima opinione. A me invece hanno sempre insegnato di non confondere i due piani: ciò che è di pertinenza di Cesare, lo Stato laico, non va confuso con ciò che è di pertinenza della Chiesa cattolica o di una qualsiasi altra religione.
La nostra Costituzione, riguardo alla Chiesa cattolica, all’art. 7 recita in modo inequivocabile: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale».
Non credo si debba scomodare la metafisica per comprendere il senso di quelle parole.
@Simone:
E di ben più di un miliardo di persone… Dunque sì, rispettabilissima giacché coinvolge una percentuale significativa della popolazione mondiale.
È sempre commovente ricevere lezioni di Magistero da un non credente (o comunque da una persona che non crede la [e non “nella”, vd. Credo] Chiesa cattolica). 😀
Comunque volendoti seguire a ruota: è proprio questa impossibilità di confondere i due piani che obbliga moralmente un cristiano a non rispettare leggi inique rispetto al diritto divino… Luigi ti ha già spiegato perché.
No, direi proprio di no. Ma mi chiedo perché hai inserito questa considerazione… Mah!
Per chi si dichiara “cattolico osservante” esiste quel punto fermo della dottrina che si chiama “regalità sociale di Nostro Signore”.
Da cui discende il dovere di opporsi a leggi che contraddicano tale punto fermo.
Si possono avere anche altre idee in merito, è ovvio.
Ma non si può cercare di far passare come “cattolico” il sì al divorzio (breve, medio o lungo che sia).
Ciao.
Luigi
@ Luigi
il fatto è che questa dottrina della “regalità sociale” è una dottrina che la chiesa ha elaborato dal momento in cui ha avuto il potere temporale. Non solo nelle scritture neotestamentarie (per quelle veterotestamentarie era diverso: c’era un popolo eletto ed uno stato eletto) non c’è nulla che faccia pensare ad una simile “teoria”, ma, ci sono invece molti passi di “segno” opposto: “il mio regno non è di questo mondo” “siate sottosposti alle autorità” “obbedisci al padrone anche se tristo”, poi c’è il disinteresse di Cristo nella vicenda POLITICA del popolo d’israele (nonostante sia sollecitato in tal senso), e, infine, l’accettazione da parte dei primi cristiani dell’autorità imperiale che permetteva aborto, contraccezione e infanticidio.
L’unica opposizione che il cristiano può fare, Bibbia alla mano, è quella verso a leggi che gli IMPONGANO di FARE o DIRE qualcosa che va contro la legge di Dio (se lo Stato imponesse di abortire, usar contraccettivi ecc.), ma se l’autorità politica si limita a PERMETTERE quel “qualcosa”, lasciando al cristiano la libertà di seguire la legge divina, allora i comandamenti “lasciate a Cesare ecc.” e “è meglio obbedire a Dio che ecc.” sono adempiuti.
Naturalmente come cittadino, il cattolico, come cittadino, ha (costituzionalmente garantito) il diritto di dire la sua in merito ad ogni legge e di votare come gli pare. Ma questo non importa alcuna “regalità sociale”. A69
@ Luigi
ovviamente poi, il cristiano può (anzi deve) invitare tutti alla conversione ed alla conseguente obbedienza alla legge di Dio. Se viene ascoltato: bene, se non viene ascoltato, ciò che ne segue NON è più di sua competenza (“scuotete la polvere dai vostri calzari e andatevene”). A69
Scusami ma, come già avvenuto discutendo della liceità del servizio militare, permane l’equivoco tuo di non tener conto che per un cattolico il Depositum Fidei non è dato esclusivamente dalle Sacre Scritture, ma si compone della Rivelazione (terminata con la morte dell’ultimo apostolo; per cui tutto ciò che dovevasi rivelare è già stato rivelato) e dall’insegnamento di Santa Romana Chiesa, che della Rivelazione costituisce – in un certo senso e se mi si concede l’espressione – “l’interpretazione autentica”.
Il tentativo sornione di far passare il messaggio della dottrina come inventata da san Paolo – quando non da Costantino il Grande – perchè ovviamente Gesù avrebbe detto tutt’altro è, con tutto il rispetto, destinato ad arenarsi.
Da capo e come punto fermo: la dottrina cattolica è quella e non si può mutare.
Se non piace si lascia, se piace si abbraccia (o si tenta di farlo, per meglio dire).
Ma tagliare qui e là non è possibile; pena lo scadere nella deriva protestante.
Il cattolico ha tutto il diritto di opporsi alle leggi dello Stato che vadano contro la vera religione.
Che si tratti di divorzio, di aborto, di eutanasia.
Ciao.
Luigi
@ Luigi
per un cattolico il tentativo sornione di cui tu parli si è effettivamente arenato, per altri è riuscitissimo.
In quanto al quel furfante di Costantino, meglio lasciar perdere! A69
@anonimo
Dopo la Resurrezione Gesù assegna agli apostoli una missione diversa da quella, diciamo, propedeutica.
Essa sarà allora avrà un’azione universale, senza limiti di tempo, luogo, destinatari.
Correggo:
Dopo la Resurrezione Gesù assegna agli apostoli una missione diversa da quella, diciamo, propedeutica di Marco 6, 11.
Essa allora avrà un’azione universale, senza limiti di tempo, luogo, destinatari.
@Anonimo69:
frequentando assiduamente queste pagine chissà quante volte ti avranno ricordato che non siamo “la religione del libro”…
Sacra Scrittura,
Tradizione,
Magistero.
Tutt’e tre compongono la fede della Chiesa, e non c’è l’una senza le altre due.
Il Sola Scriptura è protestante.
@ Anonimo69:
Falso. Perseguire il bene comune vuol dire evitare in ogni modo il male, commesso personalmente o da terzi.
Neanche permettere legalmente il male è lecito, non è necessario che sia una imposizione. Per questo la Chiesa dichiara scomunicate le donne che abortiscono e le persone che le hanno aiutate ad abortire: l’omicidio del feto è più grave di un omicidio dell’adulto solo perché lo Stato ti vuole far credere che sia legittimo, e la Chiesa ti ricorda che non stanno affatto così le cose, introducendo quella censura ecclesiale pastoralmente utile.
Stai attento Ubi, che adesso ti beccherai del “cattolico da Concilio di Trento” a qualcosa di simile.
La famosa ermeneutica della discontinuità del Concilio di Trento 😀
Che fa il paio col “Concilio Vaticano Secondo… me“…
Il Concilio Vaticano Secondo me è troppo bello, me lo devo ricordare…
Mo’ mo’ me lo segno 😀
Per onestà devo dire che non è mia 😀 L’ho letta da un utente del forum di cui sono moderatore (quello del mio link), e non so manco se sia farina del suo sacco 🙂 Però rende benissimo l’idea!
@ Ubi Deus
“Neanche permettere legalmente il male è lecito, non è necessario che sia una imposizione. ”
Appunto: lo dicono la tradizione ed il magistero (elaborate nel periodo in cui la chiesa aveva il potere temporale) NON la Scrittura. I primi cristiani avevano molte meno pretese. Il mezzo che hanno i cristiani per evitare il male commesso da terzi è la predicazione al fine di convertire, fallita quella, subentra il libero arbitrio e finisce la competenza del cristiano.
Scomunicare chi commette un peccato grave e non vuol pentirsi, è lecito (questo sì che è scritturale), avere il potere di infliggergli sanzioni civili o, peggio, penali, NO.
Come cittadino poi, il cattolico, potrà, col voto, cercare di modificare le leggi che giudica ingiuste, ma solo perchè perchè la costituzione glielo permette, NON perchè vi sia la “regalità sociale”.
Ma non mi illudo che accettiate l’idea dell’illegittimità del potere della chiesa in materia sociale e politica, infatti, se ci sono volute la riforma protestante, l’illuminismo, la Rivoluzione francese, Napoleone e i risorgimenti, SOLTANTO per costringervi ad ADEGUARVI all’idea che non esiste la regalità di cui sopra, ma NON ad accettarla, figuriamoci se posso farlo io, con qualche post in un blog. A69
@Anonimo69
Con buona pace degli Atti degli Apostoli e le litigate tra Paolo e Pietro assolutamente “politiche” (in chiave laicista come la tua…). La Scrittura prende eccome posizione su temi politici.
Che visione misera che hai dei cristiani 🙁 “Ho fatto il mio, mo so … tuoi, me ne lavo le mani! Al più ‘na preghierina e c’ho la coscienza pulita!” 🙁 🙁 🙁
Il motivo per cui scomunicano coloro che praticano aborti non è la gravità del peccato, ma proprio la legittimiazione sociale che gli ha voluto dare lo Stato. Uccidere un feto, in sé, non è più grave di uccidere un adulto: la vita umana ha un valore infinito indipendentemente dal suo stato contingente.
La scomunica ha un valore educativo.
E anche le pene del codice penale vogliono avere un valore educativo. 😉
La Costituzione è solo uno strumento. Se la Costituzione vietasse il culto, il cristiano avrebbe tutto il diritto di ignorarla.
Questa è la regalità sociale di Gesù Cristo.
Quando mai ci saremmo adeguati al laicismo? Non definisci forse quotidianamente “anacronistici” i cattolici in tutte le loro manifestazioni contro aborto, divorzio, gender etc? Si combatte e si continuerà a combattere per il bene comune.
La Riforma, l’Illuminismo, la Rivoluzione francese, Napoleone e i Risorgimenti vari hanno fallito: non hanno cancellato né cancelleranno mai la regalità sociale di Nostro Signore. Fattene una ragione
P.S. per Anonimo: al fine di risparmiarti un impegno significativo nella risposta, sii pure conciso perché ti avviso che non risponderò ulteriormente. Siamo fuori tema e le tue posizioni sono (purtroppo) chiarissime. 🙂
@ Ubi Deus
l’hanno cancellata “nei fatti” la regalità sociale, se per voi continua ad esistere, sono fatti vostri (del resto, come avevo precisato che adeguarsi obtorto collo non significa accettare).
Non spetta alla chiesa redigere il codice penale. I cattolici in quanto cittadini possono interferire, con i mezzi democratici, su quello, al pari dei non cattolici.
Non ho una visione misera dei cristiani: penso che i cristiani di fronte al libero arbitrio altrui, una volta che abbiano compiuto il loro dovere di predicazione, DEBBANO FERMARSI.
Una legge che VIETASSE il culto cattolico, imporrebbe al cattolico di astenersi dal culto, sarebbe come quelle ” leggi che gli IMPONGANO di FARE o DIRE qualcosa che va contro la legge di Dio (se lo Stato imponesse di abortire, usar contraccettivi ecc.)” ed a quelle, come detto sopra, è cristianamente e scritturalmente lecito. A69
errata corrige: “è cristianamente e scritturalmente lecito OPPORSI”. A69
Catechismo 1903. Fine della discussione, per chi riconosce l’autorita’morale della chiesa. Punto.
Per tutti gli altri si puo’ovviamente continuare.
@ Simone: una riflessione che potrebbe interessarti
https://berlicche.wordpress.com/2015/04/23/i-ragazzi-nellera-della-velocita/
Ti ringrazio del pensiero.
Tuttavia più che a me la lettura dovrebbe interessare chi magari non per colpa sua è costretto a sopportare la sgradita presenza di un individuo divenuto ormai un estraneo e verso cui al posto della parvenza di un sentimento amoroso siano subentrati disistima e in alcuni casi vero e proprio odio.
Se è vero, come si dice, che il divorzio ha degli effetti disastrosi sulla persona, bisognerebbe valutare bene anche l’altra faccia della medaglia e cioè gli effetti di una convivenza imposta sul benessere generale e sull’equilibrio psichico.
Con altrettanta chiarezza si dovrebbero valutare anche le conseguenze che subiscono i figli, costretti anch’essi a vivere in un ambiente che di familiare ha più nulla.
Non credo quindi abbia nessun senso continuare a convivere con una persona verso cui la disistima è massima, senza tralasciare quelle situazioni in cui subentra anche la violenza. Perché se è vero che il matrimonio cattolico auspica ai coniugi quel “finché morte non vi separi”, è imperativo pensarci prima ed evitare che quella morte giunga prima del tempo per mano di uno dei coniugi.
Ma io a questo punto istituzionalizzerei il metodo Carlo Lissi/Motta Visconti perchè anche con questo divorzio breve residua sempre ‘sta zavorra, questa moglie precedente, questi figli… come si fa? Uno, poveretto, vuole stare con un’altra donna e deve avere questo peso: i figli che stanno male, l’ ex moglie… Invece quattro belle coltellate e via!
@Simone:
ma almeno ti è chiaro che la Chiesa cattolica non si oppone affatto alla separazione dei coniugi, qualora non sia davvero possibile proseguire la convivenza per g r a v i s s i m i motivi?
Ciò a cui si oppone è il divorzio, semplicemente perché è orientato a nuove nozze civili. E i doveri e le promesse nei confronti del coniuge che anche un ateo (se preferisci, uso l’improprio “laico” che va tanto di moda ora) fa nel momento in cui si sposa in Comune non decadono nel momento in cui ci si separa. A meno che non si sia scherzato fino ad allora, ma – ripeto – non mi sembra una grande dimostrazione di serietà e responsabilità… A te?
Ciao
@Ubi: non mi sembra una grande dimostrazione di serietà e responsabilità… A te?
Francamente, mi sembra che non sia stata, a suo tempo, molto seria e responsabile, l’idea di sposarsi sull’onda di un vago sentimento, magari sospinti dall’emozione e dalla giovane e fiorente età…
Ed ora che la realtà di prende a ceffoni tutti i santi giorni, che si fa? Ci si separa, ok.
E dopo che la separazione non ha portato ad un riavvicinamento, a nessun ripensamento?
Le mie conoscenze non fanno statistica -ci mancherebbe- ma tutte mi han detto la stessa cosa: il calvario si vive fino al giorno in cui si decide si separarsi; per alcuni anche i primi mesi dopo.
Ma dopo si rinasce (lentamente) più maturi e consapevoli del proprio ruolo nel mondo. Soprattutto le donne, mi par di poter dire – mentre alcuni uomini gigioneggiano sforzandosi di negare le proprie responsabilità.
Mi piacerebbe conoscere l’opinione di Cristina, l’autrice del passato post…
…date a cesare qul che è di cesare eccetra…
Prima cosa inportante da osservare è che Gesù non sa nemmeno (o vuol mostrare di non sapere nemmeno) di chi sia la figura sulla moneta, il che vuole dire che non gli importa nulla di nè dello Stato nè delle faccende dello Stato. A lui importa che gli uomini abbiano fede (vedi Zaccheo).Seconda cosa importante (era così anche per Pasolini) ) è che le parole di Cristo così andrebbero lette: “un credente ha da occuparsi di ben altre cose che delle cose di Cesare, che Cesare si prenda pure i suoi soldi e si levi dalle palle!
Altra cosa ancora da aggiungere è che in quel passo del Vangelo (quello di Cesare, appunto) si sta parlando di tasse e non di altre leggi dello Stato. Ci mancherebbe altro che un cristiano si sentisse in dovere di perder tempo a sfruzzicare in mezzo alle leggi ! Un cristiano è fuori di tutte le leggi!
Era pressoché inevitabile che qui o in altro articolo, si andasse a toccare il tema della recente approvazione della legge sul cosiddetto “divorzio breve”…
Ieri sera rileggevo, con rinnovato stupore (ogni volta che leggo quelle pagine…) per l’attualità, la lucidità e l’amore per l’Uomo in esso contenuti le prime pagine della:
COSTITUZIONE PASTORALE SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
GAUDIUM ET SPES
di cui riporto alcuni passaggi (leggere chi ha tempo e voglia. Il mio commento prosegue sotto ammesso che valga spendere tempo ad esso piuttosto che alla Gaudium et Spes medesima….)
PROEMIO
1. Intima unione della Chiesa con l’intera famiglia umana.
Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.
…la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.
2. A chi si rivolge il Concilio.
Per questo il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo il mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua parola non più ai soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti gli uomini. A tutti vuol esporre come esso intende la presenza e l’azione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l’intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive…
3. A servizio dell’uomo.
Ai nostri giorni l’umanità, presa d’ammirazione per le proprie scoperte e la propria potenza, agita però spesso ansiose questioni sull’attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell’uomo nell’universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, e infine sul destino ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio, testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il popolo di Dio riunito dal Cristo, non potrebbe dare una dimostrazione più eloquente di solidarietà, di rispetto e d’amore verso l’intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare l’uomo, si tratta di edificare l’umana società.
È l’uomo dunque, l’uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, l’uomo cuore e coscienza, pensiero e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione.
LA CONDIZIONE DELL’UOMO NEL MONDO CONTEMPORANEO
4. Speranze e angosce.
Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico. Ecco come si possono delineare le caratteristiche più rilevanti del mondo contemporaneo. L’umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all’insieme del globo. Provocati dall’intelligenza e dall’attività creativa dell’uomo, si ripercuotono sull’uomo stesso, sui suoi giudizi e sui desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e d’agire, sia nei confronti delle cose che degli uomini. Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale, i cui riflessi si ripercuotono anche sulla vita religiosa.
Come accade in ogni crisi di crescenza, questa trasformazione reca con sé non lievi difficoltà.
Così, mentre l’uomo tanto largamente estende la sua potenza, non sempre riesce però a porla a suo servizio. Si sforza di penetrare nel più intimo del suo essere, ma spesso appare più incerto di se stesso. Scopre man mano più chiaramente le leggi della vita sociale, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi. Mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze, possibilità e potenza economica; e tuttavia una grande parte degli abitanti del globo è ancora tormentata dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini non sanno né leggere né scrivere.
Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto sorgono nuove forme di schiavitù sociale e psichica.
E mentre il mondo avverte così lucidamente la sua unità e la mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria solidarietà, violentemente viene spinto in direzioni opposte da forze che si combattono; infatti, permangono ancora gravi contrasti politici, sociali, economici, razziali e ideologici, né è venuto meno il pericolo di una guerra capace di annientare ogni cosa.
Aumenta lo scambio delle idee; ma le stesse parole con cui si esprimono i più importanti concetti, assumono nelle differenti ideologie significati assai diversi.
Infine, con ogni sforzo si vuol costruire un’organizzazione temporale più perfetta, senza che cammini di pari passo il progresso spirituale.
Immersi in così contrastanti condizioni, moltissimi nostri contemporanei non sono in grado di identificare realmente i valori perenni e di armonizzarli dovutamente con le scoperte recenti.
Per questo sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e l’angoscia, mentre si interrogano sull’attuale andamento del mondo.
Questo sfida l’uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta.
5. Profonde mutazioni.
Il presente turbamento degli spiriti e la trasformazione delle condizioni di vita si collegano con un più radicale modificazione, che tende al predominio, nella formazione dello spirito, delle scienze matematiche, naturali e umane, mentre sul piano dell’azione Si affida alla tecnica, originata da quelle scienze. Questa mentalità scientifica modella in modo diverso da prima la cultura e il modo di pensare…
7. Mutamenti psicologici, morali e religiosi.
Il cambiamento di mentalità e di strutture spesso mette in causa i valori tradizionali, soprattutto tra i giovani: frequentemente impazienti, essi diventano ribelli per l’inquietudine; consci della loro importanza nella vita sociale, desiderano assumere al più presto le loro responsabilità.
Spesso genitori ed educatori si trovano per questo ogni giorno in maggiori difficoltà nell’adempimento del loro compito.
Le istituzioni, le leggi, i modi di pensare e di sentire ereditati dal passata non sempre si adattano bene alla situazione attuale; di qui un profondo disagio nel comportamento e nelle stesse norme di condotta. Anche la vita religiosa, infine, è sotto l’influsso delle nuove situazioni. Da un lato, un più acuto senso critico la purifica da ogni concezione magica nel mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige un adesione sempre più personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro che giungono a un più vivo senso di Dio. D’altro canto però, moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla religione. A differenza dei tempi passati, negare Dio o la religione o farne praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale.
Oggi infatti non raramente un tale comportamento viene presentato come esigenza del progresso scientifico o di un nuovo tipo di umanesimo.
Tutto questo in molti paesi non si manifesta solo a livello filosofico, ma invade in misura notevolissima il campo delle lettere, delle arti, dell’ interpretazione delle scienze umane e della storia, anzi la stessa legislazione: di qui il disorientamento di molti.
8. Squilibri nel mondo contemporaneo.
Una così rapida evoluzione, spesso disordinatamente realizzata, e la stessa presa di coscienza sempre più acuta delle discrepanze esistenti nel mondo, generano o aumentano contraddizioni e squilibri. Anzitutto a livello della persona si nota molto spesso lo squilibrio tra una moderna intelligenza pratica e il modo di pensare speculativo, che non riesce a dominare né a ordinare in sintesi soddisfacenti l’insieme delle sue conoscenze.
Uno squilibrio si genera anche tra la preoccupazione dell’efficienza pratica e le esigenze della coscienza morale, nonché molte volte tra le condizioni della vita collettiva e le esigenze di un pensiero personale e della stessa contemplazione.
Di qui ne deriva infine lo squilibrio tra le specializzazioni dell’attività umana e una visione universale della realtà. Nella famiglia poi le tensioni nascono sia dalla pesantezza delle condizioni demografiche, economiche e sociali, sia dal conflitto tra le generazioni che si susseguono, sia dal nuovo tipo di rapporti sociali tra uomo e donna.
PARTE I
LA CHIESA E LA VOCAZIONE DELL’UOMO
11. Rispondere agli impulsi dello Spirito.
Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane.
In questa luce, il Concilio si propone innanzitutto di esprimere un giudizio su quei valori che oggi sono più stimati e di ricondurli alla loro divina sorgente.
Questi valori infatti, in quanto procedono dall’ingegno umano che all’uomo è stato dato da Dio, sono in sé ottimi ma per effetto della corruzione del cuore umano non raramente vengono distorti dall’ordine richiesto, per cui hanno bisogno di essere purificati.
27. Rispetto della persona umana.
Scendendo a conseguenze pratiche di maggiore urgenza, il Concilio inculca il rispetto verso l’uomo: ciascuno consideri il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro « se stesso », tenendo conto della sua esistenza e dei mezzi necessari per viverla degnamente (50), per non imitare quel ricco che non ebbe nessuna cura del povero Lazzaro (51). Soprattutto oggi urge l’obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accanto: vecchio abbandonato da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente disprezzato, o esiliato, o fanciullo nato da un’unione illegittima, che patisce immeritatamente per un peccato da lui non commesso, o affamato che richiama la nostra coscienza, rievocando la voce del Signore: « Quanto avete fatto ad uno di questi minimi miei fratelli, l’avete fatto a me» (Mt25,40). Inoltre tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose. Mentre guastano la civiltà umana, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l’onore del Creatore.
28. Il rispetto e l’amore per gli avversari.
Il rispetto e l’amore deve estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo.
Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l’amore stesso che spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose (52).
Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque (53). La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie (54) e il precetto dell’amore si estende a tutti i nemici; questo è il comandamento della nuova legge: «Udiste che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e calunniatori » (Mt5,43).
29. La fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e la giustizia sociale.
Tutti gli uomini, dotati di un’anima razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti, redenti da Cristo godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino: è necessario perciò riconoscere ancor più la fondamentale uguaglianza fra tutti…
Le umane istituzioni, sia private che pubbliche, si sforzino di mettersi al servizio della dignità e del fine dell’uomo. Nello stesso tempo combattano strenuamente contro ogni forma di servitù sociale e politica, e garantiscano i fondamentali diritti degli uomini sotto qualsiasi regime politico.
Anzi, queste istituzioni si debbono a poco a poco accordare con le realtà spirituali, le più alte di tutte, anche se talora occorra un tempo piuttosto lungo per giungere al fine desiderato.
CAPITOLO IV
LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
40. Mutua relazione tra Chiesa e mondo.
Tutto quello che abbiamo detto a proposito della dignità della persona umana, della comunità degli uomini, del significato profondo della attività umana, costituisce il fondamento del rapporto tra Chiesa e mondo, come pure la base del dialogo fra loro (81).
In questo capitolo, pertanto, presupponendo tutto ciò che il Concilio ha già insegnato circa il mistero della Chiesa, si viene a prendere in considerazione la medesima Chiesa in quanto si trova nel mondo e insieme con esso vive ed agisce.
La Chiesa, procedendo dall’amore dell’eterno Padre (82), fondata nel tempo dal Cristo redentore, radunata nello Spirito Santo (83), ha una finalità salvifica ed escatologica che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro. Ma essa è già presente qui sulla terra, ed è composta da uomini, i quali appunto sono membri della città terrena chiamati a formare già nella storia dell’umanità la famiglia dei figli di Dio, che deve crescere costantemente fino all’avvento del Signore. Unita in vista dei beni celesti e da essi arricchita, tale famiglia fu da Cristo « costituita e ordinata come società in questo mondo » (84) e fornita di « mezzi capaci di assicurare la sua unione visibile e sociale » (85). Perciò la Chiesa, che è insieme « società visibile e comunità spirituale » (86) cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena; essa è come il fermento e quasi l’anima della società umana (87), destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio. Tale compenetrazione di città terrena e città celeste non può certo essere percepita se non con la fede; resta, anzi, il mistero della storia umana, che è turbata dal peccato fino alla piena manifestazione dello splendore dei figli di Dio.
Ma la Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica all’uomo la vita divina; essa diffonde anche in qualche modo sopra tutto il mondo la luce che questa vita divina irradia, e lo fa specialmente per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società e conferisce al lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato.
41. L’aiuto che la Chiesa intende offrire agli individui.
L’uomo d’oggi procede sulla strada di un più pieno sviluppo della sua personalità e di una progressiva scoperta e affermazione dei propri diritti. Poiché la Chiesa ha ricevuto la missione di manifestare il mistero di Dio, il quale è il fine ultimo dell’uomo, essa al tempo stesso svela all’uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la verità profonda sull’uomo.
Essa sa bene che soltanto Dio, al cui servizio è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può essere pienamente saziato dagli elementi terreni.
Sa ancora che l’uomo, sollecitato incessantemente dallo Spirito di Dio, non potrà mai essere del tutto indifferente davanti al problema religioso, come dimostrano non solo l’esperienza dei secoli passati, ma anche molteplici testimonianze dei tempi nostri.
L’uomo, infatti, avrà sempre desiderio di sapere, almeno confusamente, quale sia il significato della sua vita, della sua attività e della sua morte. E la Chiesa, con la sua sola presenza nel mondo, gli richiama alla mente questi problemi. Ma soltanto Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e che lo ha redento dal peccato, può offrire a tali problemi una risposta pienamente adeguata; cose che egli fa per mezzo della rivelazione compiuta nel Cristo, Figlio suo, che si è fatto uomo.
Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo.
Partendo da questa fede, la Chiesa può sottrarre la dignità della natura umana al fluttuare di tutte le opinioni che, per esempio, abbassano troppo il corpo umano, oppure lo esaltano troppo.
Nessuna legge umana è in grado di assicurare la dignità personale e la libertà dell’uomo, quanto il Vangelo di Cristo, affidato alla Chiesa.
Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato (88) onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e per il bene degli uomini, infine raccomanda tutti alla carità di tutti (89).
43. L’aiuto che la Chiesa intende dare all’attività umana per mezzo dei cristiani.
Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell’una e dell’altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.
Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura (93), pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno (94).
A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali.
La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo.
Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la realizzazione.
Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale.
Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero (97).
Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e legittimamente.
Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall’altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l’autorità della Chiesa.
Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune.
I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l’animazione del mondo con lo spirito cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in ogni circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.
I vescovi, poi, cui è affidato l’incarico di reggere la Chiesa di Dio, devono insieme con i loro preti predicare il messaggio di Cristo in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase dalla luce del Vangelo.
Inoltre i pastori tutti ricordino che essi con la loro quotidiana condotta e con la loro sollecitudine (98) mostrano al mondo un volto della Chiesa, in base al quale gli uomini si fanno un giudizio sulla efficacia e sulla verità del messaggio cristiano. Con la vita e con la parola, uniti ai religiosi e ai loro fedeli, dimostrino che la Chiesa, già con la sola sua presenza, con tutti i doni che contiene, è sorgente inesauribile di quelle forze di cui ha assoluto bisogno il mondo moderno.
Ora la mia personale interpretazione, o per meglio dire i pensieri che queste splendide righe mi ispirano, è che ancora una volta la Chiesa e i singoli Cristiani sono chiamati ad essere LUCE (e potremmo ovviamente aggiungere “sale e lievito”).
Ancora è evidente a chiunque. che la chiamata ad un rapporto fattivo e costruttivo all’interno della Società Umana è un priorità ed un imperativo.
Quindi semmai il COME diventa la questione importante e su cui riflettere.
Sulla questione qui discussa sulla recente approvazione della legge del cosiddetto “divorzio breve”, essa potrebbe apparire semplice se presa con una visione esclusivamente cristiana equiparando il matrimonio civile a quello sacramentale (cosa che NON è…), per cui il Matrimonio è UNO e ha durata sino a che “morte non li separi”, ma bisognerebbe piuttosto *illuminare* il senso di questa unione civile ed anzi ancor più, portarlo ad evolversi e ad entrare nella grazia del Matrimonio Sacramento, giacché stando al solo Diritto Canonico, il matrimonio civile ha valore NULLO ed è riprovato quando contratto da due battezzati, quindi, conseguenza logica vorrebbe che ci si spendesse per l’abolizione del matrimonio civile tout court…. posizione sensata?
Qui subito si pone il problema se la posizione del cristiano è e deve sempre essere “contro”, piuttosto che “per”, non nel senso di una mera approvazione, ma più correttamente “in vista (e nella speranza) di”.
Torniamo al nocciolo… la riduzione del tempo di attesa per vedere ratificato il divorzio CIVILE (non lo dimentichiamo) passa da tre anni a sei mesi è un male assoluto?
Io non ho risposte certe, vorrei porre alcuni interrogativi:
1° fra tutti: c’è qualche statistica (anche eventualmente di paesi esteri) che dimostri che avere 3 anni a disposizione per “ri-pensarci”, porti ad un reale miglioramento delle situazioni in crisi e allo scongiurare una rottura definitiva dei suddetti matrimoni?
Dal mio personalissimo osservatorio, ho l’impressione che i 3 anni sinora necessari, non abbiano fatto altro che “incattivire” le situazioni di separazione e i rapporti tra le persone, giacché si giunge a questa decisione – generalmente – per una serie di conflitti piuttosto seri e “pesanti”.
2° Questa nuova legge sminuisce il valore del matrimonio in sé, confermando l’idea di fatto transitorio per nulla impegnativo?
Forse… ma oggi come oggi, dove sono assolutamente molteplici le possibilità di “convivenza”, chi sceglie il matrimonio (civile) lo fa forse partendo dal presupposto “se poi va male… poco male”?
3° La responsabilità verso gli eventuali figli…. qui ammetto la mia ignoranza rispetto obblighi in solido, che pure mi pare di capire esistano.
Qualora la stessa fosse messa in subordine o sminuita dal “divorzio breve” (non credo), lì si dovrà operare per un miglioramento delle norme. Torno comunque alla considerazione già fatta sopra: forse che chi anche in presenza di figli, arrivi a questa dolorosa decisione, cambierà idea avendo 3 anni davanti?
Su un piano ben superiore e di fondamentale importanza oltre che di piena attinenza con la funzione di essere LUCE da cui ero partito, resta la testimonianza del Matrimonio Cristiano ed è qui che profondamente bisogna interrogarsi.
Come pretendere da chi NON ha la luce della Fede, il saldo appoggio in Cristo, la Benedizione del Padre, l’aiuto dello Spirito Santo e della Chiesa, l’impegno e la fedeltà per una vita, il desiderio di entrare in un Sacramento, quando oggi il Matrimonio nella stessa Chiesa appare (direi è…) così malato e fragile? Quando tante coppie cristiane (non dico la maggioranza, ma troppe per una credibile testimonianza) o meglio di battezzati, si separano irrimediabilmente e danno poi vita spesso ad altre relazioni di fatto adulterine?
La realtà è che si trovano coppie non sposate o sposate civilmente che appaiono ben più solide di altre che, senza arrivare alla separazione, stando all’interno della Chiesa, mostrano una gran fatica, una pesantezza, a volte una ipocrisia di fondo, che all’esterno fa apparire il Sacramento come un vincolo opprimente, piuttosto che una fonte di gioia…
Non sto parlando su base statistica, ma sul “comune sentire” che viene dal dialogare con le persone comuni… certo un “comune sentire” che prende alcuni fatti a giustificazione dei propri limiti ed errori, ma altrettanto certamente non vi è una forza tale di conto-testimonianza capace da sola di smentire qualunque calunniatore (se di calunnia si trattasse…)
Infine non mi trovo per nulla d’accordo con chi, in un giudizio puramente moralistico, dipinge la spinta e oggi la scelta ad avere un “divorzio breve”, come la risposta alla semplice esigenza di avere una vita libertina, “godereccia”, senza alcun tipo di responsabilità… Se questa è la ratio di alcuni (e certo esiste) non vedo perché costoro dovrebbero impelagarsi in un qualunque tipo di vincolo civile o di altro tipo, annullabile in tempi brevi o brevissimi che fossero…
Anche per costoro poi varrebbe la giusta distinzione tra errore ed errante, in cui chi sta errando è certamente persona che non ha ben compreso dove può trovare il senso profondo della sua esistenza e questo non glielo si può certamente imporre per legge, ma dando a lui una luce e una speranza diversa.
Per legge certamente è necessario che le eventuali scelte disordinate, non arrechino danni al prossimo e che almeno civilmente, costui sia chiamato a crescere e ad acquisire un minimo di senso di responsabilità.
Ma concludendo e ri-citando la Gaudium et Spes: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo.”
Oggi la sfida, l’urgenza è mostrare Cristo al Mondo… oggi la sfida l’urgenza è che Cristo sia visibile, amabile e desiderabile nel Cristiani.
Ora vi spiego che cosa ha detto Bariom, in sintesi.
“Se tu sei cattolico, nessuno mai ti obbligherà a divorziare (lentamente o velocemente), ma non puoi obbligare anche chi non è cattolico a sottostare alla tua morale!”.
Mi ricorda qualcuno… forse dalle parti dei radicali…
fra’ Centanni:
…no, non puoi, anche se vuoi! (o te sì?)
D’altro canto la Gaudium et Spes, decretando la sostituzione dei fini della natura con i “diritti” della persona, è stata l’inizio della fine…..
Quindi la dottrina va bene solo quando ci piace?
E’ vietato pensare?
Alle volte pare proprio di si…
😉
Ah quindi decretare che una costituzione pastorale e’stato “l’inizio della fine” e’solo un semplice pensiero? Ok, messa così’ nessun problema, scusami, aveva tutta l’aria di una affermazione categorica.
Non me le sono inventate io le ambiguità derivanti da tale costituzione. Si sono scritti fiumi di inchiostro. Questo è l’allora Cardinale Ratzinger.
– L’inizio della Costituzione pastorale Gaudium et spes
Il primo capitolo («La dignità della persona umana») della prima parte (§ 12) di tale Costituzione comincia con queste parole: «Credenti e non credenti sono generalmente d’accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra dev’essere riferito all’uomo, come a suo centro e a suo vertice».
Ecco come il Cardinale Ratzinger commenta questo testo: «Mi accontenterò qui di analizzare alcuni tratti caratteristici di questa prefazione. Anche in questo caso, non è mia intenzione esaurire in tal modo il testo stesso, ma la storia della sua influenza, quale doveva mostrarsi, si ricollega proprio allo spirito di questa prefazione e ha subito largamente l’impronta della sua ambiguità. Un primo punto caratteristico mi sembra risiedere nel concetto di “mondo” che si trova utilizzato e che, malgrado i molteplici tentativi di definizione proposti al n° 2, è rimasto in gran parte ad un stadio pre-teologico, ed è grazie proprio a ciò che ha potuto esercitare la sua influenza particolare. Per “mondo”, la Costituzione intende un faccia a faccia con la Chiesa. Il testo deve servire a portarli entrambi in un rapporto positivo di cooperazione il cui scopo è la costruzione del “mondo”. La Chiesa coopera col “mondo” per costruire il “mondo”; è in tal modo che si potrebbe caratterizzare la visione così determinante del testo. Non si precisa se il mondo che coopera e il mondo in costruzione sia lo stesso; non si precisa ciò che in ogni caso si intende per “mondo”». Simili ambiguità possono essere indubbiamente risolte grazie ad una giusta interpretazione che permette di comprendere i testi in causa nel senso della dottrina tradizionale. Ma bisogna riconoscere che molti di essi, letti alla lettera, deformano la dottrina in senso contrario.
«Accontentiamoci qui di constatare che questo testo (Gaudium et spes) ha giocato il ruolo di contro-Sillabo nella misura in cui ha rappresentato un tentativo di riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo come era diventato dopo il 1789 […]. Solo questa prospettiva permette di comprendere il senso di questo strano faccia a faccia della Chiesa e del mondo: per “mondo”, si intende, in fondo, lo spirito dei tempi moderni, di fronte al quale la coscienza di gruppo nella Chiesa si sentiva come un soggetto separato che, dopo una guerra ora calda e ora fredda, ricercava il dialogo e la cooperazione» 51.
“Simili ambiguità possono essere indubbiamente risolte grazie ad una giusta interpretazione che permette di comprendere i testi in causa nel senso della dottrina tradizionale. Ma bisogna riconoscere che molti di essi, letti alla lettera, deformano la dottrina in senso contrario.”
Scusa Giusi solo per capire… il “molti di essi” è “molte di esse” e cioè le ambiguità? E queste righe sono commento commento giusto?
Ciò che sempre fatico a comprendere è perché, laddove ci potrebbe essere una lettura positiva e una negativa (come in quasi tutte le cose) all’interno di un Documento della Chiesa (che per la negativa già c’è chi ci pensa e lo fa “di mestiere”), si debba subito andare da parte di chi sta nella Chiesa stessa, a sottolineare proprio la visone negativa (che nota bene NON è quello che ha fatto l’allora Cardinale Ratzinger…), per poi magari uscirsene non con un ragionamento o ponendo interrogativi, ma con frasi tipo “siamo alla catastrofe”…!!
Molti di essi i testi della Gaudium et spes. E’ un commento di Ratzinger. E’ una costituzione pastorale non è dogma di fede, mi deve piacere per forza?
Per forza no… e anche senza per forza…
Sull’affermazione “l’inizio della fine” ad essa collegata, credo si possa discutere o controbattere, non trovi?
Il testo riportato da Giusi è chiarissimo. Cosa vorrebbe dire sennò “ambiguità lette alla lettera”?
Mi accodo ai dubbi di Bariom.
Attenzione che una costituzione pastorale non e’un dogma ma e’magistero.
La questione non e’se ti debba piacere per forza, quanto forse cosa cerca di dirci la chiesa attraverso di essa.
Già. E’ proprio questo il punto.
Della fine de che?…
Giusi l’apocalittica 😉
Infatti confido giusto in quella. Noi ormai siamo oltre….. Solo Lui può porre rimedio.
Perché allora agitarsi tanto… anche su questo blog? 😐
(lo so tu non ti agiti…) 😉
L’essere o non essere cattolici c’entra poco: il divorzio non è un obbligo per nessuno. Semmai è la conseguenza di un’unione naufragata non certo per futili motivi e non più ricomponibile.
Bariom ha espresso il commento di un cattolico capace di guardarsi in giro senza indossare i paraocchi e ha capito, cosa piuttosto rara, che la fede non s’impone.
La fede non è un teorema matematico, non si presenta all’uomo con un’evidenza assoluta per cui egli deve cedere per forza. La fede è una scelta libera.
Lo stesso Pascal a proposito della fede diceva: “C’è abbastanza luce per chi vuol vedere, ma ci sono anche abbastanza tenebre per chi non vuol vedere”. Esistono quindi indizi di luce a favore dell’aver fede, ma non delle prove violente che ci condannano a credere, così come esistono indizi di tenebra. Indizi che ognuno può interpretare liberamente in un verso o nell’altro.
Soltanto una mente infantile crede che la fede si possa imporre. L’aspetto preoccupante è che sono ancora pochi coloro che l’hanno capito.
In ogni caso il divorzio, lungo o breve che sia, non riguarda in nessun modo il matrimonio religioso.
È un classico della propaganda di ogni tempo e luogo: si finisce per credere alle bugie che si raccontano.
Nel caso del laicismo totalitario, si finisce per credere davvero al facile accostamento “cristiani=cretini” (che, nella sua finezza, dice per altro molto più di quanto sembri).
Opporsi al divorzio – lungo, breve, espresso, ristretto – non significa minimanete voler imporre la Fede con la spada.
Cosa, per altro, che notoriamente era condannata già mille anni fa, figurarsi oggi.
Significa semplicemente opporsi al male.
Che, torno a dire, è diritto di ogni cattolico.
Ogni cattolico ha il diritto di opporsi al divorzio, anche se non lo riguarda nello specifico, come ha diritto di opporsi a un tentativo di omicidio, pure se questo non viene portato nei suoi confronti.
O si vorrebbe far credere che, qualora un cattolico veda un tizio che sta per ucciderne un altro, non debba agire perchè significherebbe tentare di imporre la Fede etc. etc.?
Ciao.
Luigi
Caro Luigi, hai perfettamente ragione. Io direi che non solo opporsi al divorzio è un diritto di ogni cattolico, ma addirittura è un dovere, per la semplice ragione che <B<la legge sul divorzio è una legge iniqua. Eppure ci sono tanti “cattolici” che ritengono di non dover lottare contro queste infamie nella pia (falsa!) speranza che i non credenti, vedendo quanto (noi cattolici) siamo belli bravi e buoni, rinuncino a fare il male perché “attratti dal bene (…si, stanno freschi!); intanto la società sta andando in decomposizione.
A Simone vorrei dire che qui non si tratta di imporre la fede, piuttosto si tratta di imporre la ragione. Il matrimonio è o non è un impegno verso il coniuge e verso i figli? Lo stato ha o non ha l’interesse a che una famiglia resti stabile? Il matrimonio è o non è lo strumento per realizzare la stabilità della famiglia? La risposta ad ognuna di queste domande è : si, certo! Ed il divorzio è o non è lo strumento per distruggere ciò che con il matrimonio si intendeva proteggere? La risposta è: si, certo!. La domanda finale è: a cosa serve aver istituito il matrimonio, se poi con il divorzio si può ritornare nella situazione precedente a quella del matrimonio? La risposta è: a niente!
Un problema di logica. Spiegatelo ai cattolici che pensano di vivere in paradiso.
@Luigi.
Tenti di rassicurare dicendo che mai il cattolicesimo ha voluto imporre la Fede con la spada, e sappiamo tutti che non è vero, e subito dopo insisti nel dire che per ogni cattolico è un diritto opporsi al divorzio, anche se non lo riguarda nello specifico, perché si tratta di opporsi al male.
Spiace ma il tuo punto di vista è contradditorio.
Non vuoi imporre il tuo credo ma nello stesso tempo pretendi di costringere gli altri a conformarsi a ciò che la tua Fede insegna in materia di matrimonio, perché è un tuo diritto.
Quel diritto lo potrai far valere nell’ambito del tuo nucleo familiare e nei confronti delle persone di cui possiedi la patria potestà, sempre che ti ascoltino e non è scontato. Tutti gli altri sono liberi di agire come credono.
È bene quindi farsene una ragione, anche perché se andiamo a guardare nel dettaglio tantissimi matrimoni celebrati in chiesa, hanno finito l’avventura con un bel divorzio. C’è un esercito di cattolici che pretendono di essere riammessi all’Eucarestia nonostante si sono risposati civilmente, dopo aver divorziato. Il Papa ha perfino indetto un Concilio per cercare una nuova pastorale e allora di che cosa stiamo parlando?
Il matrimonio ha senso se nell’unione persevera l’affetto, l’amore, la complicità reciproca necessaria per affrontare assieme le tante difficoltà della vita. Se tutto questo viene meno, non ha senso continuare a sacrificare la propria vita per un principio che non tutti condividono. La legge che consente il divorzio sta lì per questo-.
Simone
In quale punto del Catechismo si dà per lecita l’imposizione della Fede con la forza?
In nessuno. E così era anche mille anni fa.
Che poi sia stato fatto è, ovviamente, tutto un altro paio di maniche.
Sfiora per altro il ridicolo, che si pretenda di limitare la propria opposizione al divorzio all’ambito familiare (perchè una tale pretesa è contraria non solo alla dottrina cattolica, ma perfino alla costituzione che citavi più su).
Il che non significa, sempre ovviamente, che gli altri non siano liberi di agire come meglio credono (appunto!).
Osservo inoltre come i matrimoni religiosi non finiscano col divorzio, pure se a molti piacerebbe (inclusi tanti cattolici, è vero).
E farsene una ragione non è un bene, ma un male.
Del resto bene e male, oggi come mille anni fa, non si distinguono certo sulla base del consenso raccolto; o sull’esistenza di una legge che ammetta determinati comportamenti.
Erano ad esempio perfettamente legali la segregazione razziale nel Sud degli Stati Uniti o la persecuzione degli Ebrei nel III Reich; col metro tuo e di tanti altri, perchè eventualmente opporsi alle leggi di Norimberga, se non si era di etnia ebraica?
La legge che consente il divorzio, infine, sta lì solo per offrire una scappatoia miseranda a chi presta giuramenti di fedeltà senza consapevolezza, a chi non intende pagare per le responsabilità liberamente assunte, a chi ritiene che la vita sia il copione malscritto di un film.
A gente, cioè, che come tu stesso ammetti non è capace di sacrificio, ovvero di far sacra l’esistenza.
Pretendere a copertura della propria piccolezza il divorzio è come voler fare la rivoluzione con il consenso delle superiori autorità. Si abbia almeno il coraggio di buttarsi senza rete, dico io!
Continuerò perciò a ripetere che il divorzio è un male, come lo sono l’eutanasia o l’aborto, sorridendo di chi pretenda ridurre il Cristianesimo a una tisana d’erbe da prendersi dopo cena.
Ciao.
Luigi
P.S.: un pensiero decisamente molto azzeccato…
http://uomovivo.blogspot.it/2015/04/un-aforisma-al-giorno-anzi-una-profezia.html
@ Simone:
Le pretese assurde non sono mica solo quelle dei laicisti come te. Anche tra noi cattolici ce ne sono di bizzarre!
Tra Concilio e Sinodo c’è una profonda differenza. Casomai dovessi aprirti a Cristo pure te saresti tenuto a credere alla Dei Verbum, mentre ai documenti finali di un Sinodo nessuno ti obbligherà mai a credere… 😉
@ Simone:
E questo dovrebbe in qualche modo consolare?
“C’è il male, ma non è obbligatorio asservirsi ad esso” può essere di una qualche consolazione per chi si rovina e rovina (i figli)?
Sempre magistrale nel rendere tutto o bianco o nero…
Anche me ricorda qualcuno… 😉
E ha te sta bene che qualcuno ti obblighi a fare qualcosa?
Se si tutto ok, se no perché dovresti tu obbligare qualcun altro?
Com’è che, ad esempio, non obblighi tua figlia (se non ricordo male…) a non vivere o dichiararsi atea (o è solo che non ci riesci)?
A scusa troppo personale… ma visto che arrivi così all’osso e paragoni il mio aver posto domande (a cui peraltro nulla hai risposto) all’altrui pensiero con il chiaro intento di semplicemente squalificarlo, vado anch’io “all’osso”… che riempirsi la bocca di chiacchiere e proclami è facile caro Giancarlo 😉
Tutti ovviamente ringraziano della tua spiegazione dato che, poveri sciocchi, come potevano da soli comprendere?!
Io dico semplicemente che il divorzio (breve o lungo) è contestabile anche sul piano logico e che nessuno può chiamare a giustificazione (del proprio divorzio) il fatto che non ha fede.
E’ ovvio che non si può obbligare chi rifiuta la fede a contemplare le altezze spirituali di cui è testimone Bariom, ma si potrebbe, più modestamente, obbligare chi si assume un impegno a rispettarlo. Oppure il matrimonio non è più un impegno?
Dal che si evince che hai capito poco o nulla del mio intervento…
Ma il tuo esordio pretendeva di spiegarlo ad altri in semplici due parole.
I gratuiti apprezzamenti e accostamenti sulla “filosofia” del mio commento, chiudono poi qualunque ipotesi di confronto. Giacché hai già espresso il tuo giudizio “che te lo spiego a fare…?”
Io mi tengo le mie “altezze spirituali” (che peraltro sono di molti giacché mie non sono), tu tieniti le tue.
La differenza sta nel fatto che io le guardo dalla prospettiva che ci vede in basso (dove vive la maggioranza di noi) guardare verso l’Alto, tu le fai calare dall’alto delle tue certezze e dei tuoi “modesti obblighi” (fossero modesti…).
Ho appena fatto un contratto con Wind, loro mi danno lo smartphone ma non posso cambiare gestore per due anni. E’ richiesta più lealtà verso una compagnia telefonica che verso il matrimonio.
…babbeibus ratio non prodest!
…babbeibus ratio non prodest! (Tertulliano)
Buona idea Giulio… si potrebbe introdurre un minimo di fedeltà per contratto.
Però entro quindici giorni dalla stipula, puoi recedere… 😉
Siamo più fortunati “noi” allora che se anche adulteriamo nel nostro cuore, possiamo poi sempre confessarci e risolvere in via “extra-giudiziaria” (e senza che nessuno lo sappia, che ci conviene…).
Scherzi a parte Giulio, non è questo il punto e non è un discorso da “liberi tutti”, né ho detto su simile tema vale il “far west”…
Mi pare di avere sollevato problematiche precise, discutibili (nel senso discutiamone…) e che hanno una precisa prospettiva.
Ridurre tutto a due battute o ad una estrema sintesi che non è detto sia la più corretta, non mi pare serva a molto.
Ma fa lo stesso… 😉
Comunque non vedo come un tempo di tre anni dovrebbe giovare al mantenimento dell’impegno preso (ma allora raddoppiamoli…)?
Come “spauracchio”, deterrente? Finora è servito?
E’ una domanda lecita, mi pare. Mi piacerebbe avere una risposta, più che delle “boutade” 😉
E non mi si facciano paragoni da codice della strada o con l’omicidio per favore, che mi auguro il più delle persone non ammazzi il prossimo solo perché teme la galera. (Che poi vediamo tutti i giorni che in situazioni estreme, di estremo conflitto o sofferenza, anche quelle che tutti indicavano come “una così brava persona”… pigliano il fucile e ammazzano – e spesso, guarda caso, poi si sparano…)
Perché il divorzio breve sarebbe un danno per tutti? Ad esempio:
http://www.iltimone.org/33034,News.html
Il divorzio è sempre un “danno”… con tempi lunghi o brevi che siano.
Grazie Lalla per il link, dove quanto meno si ragiona con dei numeri…
Ma ancora anche i numeri non mi convincono del tutto.
Cioè in buona sostanza si divorzia di più perché è più facile?
Ad esempio: “il 2014, per i danesi, è stato l’anno record dei divorzi, con una percentuale di rotture coniugali mai vista ed un tasso di divorzi cresciuto del 23% rispetto ai dieci anni precedenti, in particolare fra i più giovani, di età compresa cioè tra 20-29 anni, fra i quali si è registrata una percentuale di divorzi due volte più alta che nel resto della popolazione (Danmarks Statistik, 2015).”
Numeri drammatici, che forse sarebbero stati “spalmati” diversamente nel tempo, ma la CAUSA dei divorzi è la possibilità di farlo in tempi brevi? Non credo proprio. Come si fa ad affermare una cosa simile?
Diciamo piuttosto che questi numeri sono la dimostrazione che oggi come oggi, un vincolo come quello matrimoniale (possiamo anche parificare per un momento il religioso e il civile), è divenuto una sorta di “chimera”, un’utopia… guarda caso poi nei “civilissimi” paesi scandinavi.
Non è forse questo il nocciolo del problema?
Certo ci fosse il divorzio “dalla sera alla mattina”, sarebbe una strage! Ma al di là del definire un tempo congruo (ammesso sia definibile e ammesso sia un bene), bisognerebbe allora fare un bel passo indietro e tornare a PRIMA del divorzio, perché continuo ad avere i miei dubbi che gli ormai superati 3 anni, servissero realmente a qualcosa.
Ci sono dati che ci dicano quante coppie intrapreso il cammino per l’attesa della scadenza dei 3 anni, sono poi tornate indietro? Magari si sono “prese” e “ri-mollate” in quei tre anni, ma di coppie che NON siano entrate in un profondo cammino di revisione del proprio rapporto e di se stessi, quante sono “tornate indietro”?
Il sito ISTAT in questo momento è in manutenzione, ma si possono trovare statistiche recenti sui divorzi, riportate qui:
http://www.axerta.it/news/124/statistiche_separazioni_divorzi_italia.htm
Ciò che manca COMPLETAMENTE è una politica che prefiguri una qualsiasi forma di sostegno, aiuto, accompagnamento delle coppie in crisi (non al divorzio, ma alla ricostituzione di un legame che coinvolge moltissimi aspetti delle umane relazioni) o che manifestino la volontà di separarsi.
Insomma… “fatti vostri”! Scelte personali… ma la miopia dei nostri governanti rispetto il valore quanto meno SOCIALE, della solidità del nucleo famigliare è cosa ben nota.
Grazie, Lalla, per il collegamento. Davvero, grazie.
Perché finalmente esce fuori il fatto che togliere divieti spesso non aiuta, anzi.
Per tanti, l’articolo di legge che puniva il concubinato, l’omicidio, l’eutanasia, era la “molla di sicurezza” che impediva di attraversare la linea dell’abisso.
Può non piacere a chi ancora creda al mito del “buon selvaggio”, dell’essere umano moralmente sano.
Purtroppo, piaccia o meno, è la realtà: molti non uccidevano i figli, o non sfasciavano le famiglie, anche perchè era formalmente vietato dalla legge dello Stato.
Non tutti sono così forti, nell’animo come nel corpo, per fermarsi da sè.
E il male evitato per “imposizione” di legge è sempre male evitato.
Inutile girarci intorno, o irridere paragoni (fatti comunque solo per semplificare il discorso).
Di nuovo, è la realtà che impone la sua durezza: molti si trattengono dal compiere un atto moralmente e legalmente riprovato.
Ma quando questo stesso atto perde l’aura della riprovazione, morale come legale, beh… è la corsa allo sfascio.
“È permesso”, “lo fanno tutti”, “cosa vuoi che sia”… quante volte si sono sentite giustificazioni di tal fatta!
Quello che vale per il divorzio si potrebbe ripetere, paro paro, per l’aborto, le droghe, il furto e non so quanti altri comportamenti umani.
Capisco che ci siano tante persone forti che resistono impavide (credici!); ma ai deboli, agli insicuri, serviva anche il legislatore che diceva “alt! se abortisci, se abbandoni la famiglia, se rubi, se ti droghi, dovrai fare i conti anche con la legge”.
Lo so: spesso era solo teoria. Ma anche la teoria serviva da deterrente.
Ciao.
Luigi
Considerazioni le tue Luigi, tutt’altro che irrilevanti o di poco conto…
@ Giulio M.
Grazie per questa perla! 😀 😀 😀 😀
Come qualmente Ippotadeo, teologo, consiglia Panurgo sulla faccenda del matrimonio.
La domenica seguente appena il desinare fu pronto apparvero i convitati, eccetto Brigliadoca, luogotente di Fonsbeton.
Alla seconda portata, Panurgo, con profonda riverenza disse:
– Signori, non si tratta che d’una parola: Devo sposarmi o no? Se non riuscite voi a sciogliere il dubbio, lo stimerò insolubile come gli Insolubilia di Alliaco. Poiché voi siete tutti eletti, scelti e crivellati, ciascuno rispettivamente alla sua professione, come bei piselli al vaglio.
Padre Ippotadeo, a un invito di Pantagruele, tra il rispetto di tutti i presenti, con modestia incredibile rispose:
– Amico mio, voi ci domandate consiglio, ma primamente conviene chiediate consiglio a voi stesso. Sentite voi nel vostro corpo importunamente gli stimoli della carne?
– Assai fieramente, rispose Panurgo, e non vi dispiaccia padre.
– No, no, amico mio, rispose Ippotadeo. Ma, in questo tormento avete voi da Dio il dono e la grazia speciale della continenza?
– In fede mia, no, rispose Panurgo.
– Ebbene sposatevi amico mio, disse Ippotodeo: assai meglio è sposarsi che ardere in fuoco di concupiscenza.
– Questo è parlar da galantuomo! esclamò Panurgo, senza tanto circumbilivaginare intorno a potta. Grazie grazie, nostro Signor Padre. Io mi sposerò senza dubbio e ben presto. V’invito alle nozze. Faremo baldoria, corpo d’una gallina, voi avrete la mia livrea e mangeremo anche dell’oca, corpo d’un bue, che la mia donna non arrostirà. Vi pregherò inoltre d’iniziar voi la prima danza delle vergini, se vi piacerà farmi grazia e onore in contraccambio. Non resta che un piccolo scrupolo da vincere, un’inezia, meno che niente: non sarò io becco?
– No, per bacco, amico mio, se così piace a Dio, rispose Ippotadeo.
– Oh, che la virtù di Dio m’aiuti! esclamò Panurgo. Dove mi scaraventate voi, buona gente? Alle condizionali, le quali, in dialettica, ammettono tutte le contraddizioni e impossibilità… Se il mio muletto transalpino volasse… il mio muletto transalpino avrebbe le ali! Se a Dio piace, non sarò becco!.. Ma sarò becco, se piace a Dio. Se si trattasse di condizione alla quale potessi ovviare, non mi dispererei affatto, perdiana! Ma voi mi rinviate al consiglio privato di Dio, nella camera dei suoi minuti piaceri. Ma che strada prendete per giungervi voialtri Francesi? Signor padre nostro, io credo una cosa: sarà meglio che non veniate alle nostre nozze. Il baccano e il diavolio de’ convitati vi romperebbero tutto il testamento. Voi amate riposo, silenzio, solitudine. Voi non ci verrete credo. E poi voi danzate maluccio e sareste un po’ imbarazzato a iniziare il primo ballo. Vi manderò dei ciccioli nella vostra camera, e anche la livrea nuziale. E berrete alla nostra salute se vi piace.
– Amico mio, disse Ippotadeo, prendete in buona parte le mie parole, ve ne prego. Quando vi dico: se piace a Dio, vi faccio forse torto? Parlo male? È questa una condizionale blasfema, o scandalosa? Non è onorare il Signore, creatore, protettore, salvatore? Non è riconoscerlo datore unico d’ogni bene? Non è dichiarare che tutto dipende dalla sua benignità? Che nulla è senza lui, che nulla vale, nulla si può se la sua santa grazia non piove su noi? Non è mettere eccezione canonica a tutte le nostre opere, e rimettere tutti i nostri propositi a ciò che sarà disposto dalla sua santa volontà tanto in cielo come sulla terra? Non è veramente santificare il suo benedetto nome? Amico mio, voi non sarete becco, se piace a Dio. Per sapere poi quale sia il suo piacere non è necessario disperarsi come si trattasse di cosa nascosta, per conoscere la quale sia necessario intendere il suo privato consiglio e penetrare nella camera dei suoi santissimi piaceri. Il buon Dio ci ha fatto questo bene che ce li ha rivelati, annunziati, dichiarati e apertamente descritti nella Santa Bibbia. Là troverete che mai non sarete becco, cioè mai la vostra donna sarà ribalda, se la sceglierete figlia di gente dabbene, istruita in virtù e onestà, e che non abbia praticato né frequentato se non compagnie di buoni costumi, piena d’amore e di timor di Dio, desiderosa di compiacere a Dio per fede e osservanza de’ suoi santi comandamenti, timorosa d’offenderlo e di perdere la sua grazia per difetto di fede e per trasgressione della divina sua legge nella quale l’adulterio è rigorosamente proibito, e dove è imposto di accostarsi unicamente al marito, averlo caro, servirlo, amarlo sopra ogni cosa dopo Dio. Per confortare questa discipina voi dal canto vostro coltiverete l’affetto coniugale, continuerete a mantenervi onesto, le darete buon esempio, vivrete pudicamente, castamente, virtuosamente nella vostra casa come volete ch’essa viva dal canto suo; poiché come è detto specchio buono e perfetto non quello che più sia ornato di dorature e di gemme, ma quello che con verità rifletta le forme degli obbietti, così non è più da stimare quella donna la quale sia ricca, bella, elegante, di razza nobile, bensì quella che più si sforza di mettersi nella buona grazia di Dio e conformarsi ai buoni costumi di suo marito. Osservate la luna: essa non prende luce né da Mercurio, né da Giove, né da Marte, né da altro pianeta o stella che sia in cielo; essa non riceve luce che dal sole suo marito e non ne riceve punto più ch’esso ne dia per sua effusione ed aspetto. Così voi sarete per la vostra donna modello ed esempio di virtù e onestà. E continuamente implorerete la grazia di Dio a protezione vostra.
– Voi volete dunque, disse Panurgo, lisciandosi i baffi, che io sposi la donna forte descritta da Salomone?.. Ella è morta, senza alcun dubbio. Io non l’ho mai vista, che ricordi. Dio me lo voglia perdonare. Grazie infinite a ogni modo, padre. Assaggiate qui questa fetta di marzapane, vi aiuterà la digestione; poi berrete una coppa d’ipocrasso chiaretto: è salubre e stomatico. Proseguiamo…
E quante storie per far capire che conosce Rabelais. Già che ci siamo è uscita un’edizione economica del Folengo, gliela consiglio.
A proposito del divorzio, io credo che sarebbe davvero tempo di trovare un accordo fra cattolici e non credenti. Una legge che permetta il divorzio a chi non crede nell’indissolubilità del matrimonio, ma che, nello stesso tempo, consenta ai cattolici di rinunciare formalmente alla possibilità di divorzio. Insomma si dovrebbe prevedere la possibilità di scegliere tra due diversi matrimoni: uno meno esigente e che prevede anche la possibilità di accedere al divorzio; l’altro più esigente, per tutti coloro che credono nell’indissolubilità del matrimonio e che, di conseguenza, rinunciano da subito e per sempre alla possibilità di divorziare. Naturalmente la chiesa avrebbe poi buon gioco nel pretendere, per chi vuole sposarsi in chiesa, la forma di matrimonio più esigente. In questo modo tutti sarebbero tutelati nei propri interessi e nessuno avrebbe di che lamentarsi.
Un sogno.
…come si dice in Toscana: “Per i bischeri un c’è Paradiso!”
@ fra’ centanni
ho riletto con molto interesse un post, poco più sopra, in cui tu scrivi:
“A Simone vorrei dire che qui non si tratta di imporre la fede, piuttosto si tratta di imporre la ragione. Il matrimonio è o non è un impegno verso il coniuge e verso i figli? Lo stato ha o non ha l’interesse a che una famiglia resti stabile? Il matrimonio è o non è lo strumento per realizzare la stabilità della famiglia? La risposta ad ognuna di queste domande è : si, certo! Ed il divorzio è o non è lo strumento per distruggere ciò che con il matrimonio si intendeva proteggere? La risposta è: si, certo!. La domanda finale è: a cosa serve aver istituito il matrimonio, se poi con il divorzio si può ritornare nella situazione precedente a quella del matrimonio? La risposta è: a niente!
Un problema di logica. Spiegatelo ai cattolici che pensano di vivere in paradiso”.
ORBENE quello che tu scrivi è, in sostanza, una riaffermazione del sacrosanto principio “pacta sunt servanda”. Sulla universalità validità di questo principio siamo tutti d’accordo, ma esso NON è assoluto e non lo è mai stato. Gli ordinamenti giuridici hanno sempre comtemplato delle eccezioni, quali ad es.:
– la facoltà di inserire nei contratti clausole di recesso;
– la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta;
– la facoltà di disdetta nei contratti ad esecuzione continuata.
Quindi, anche l’istituto del matrimonio (che, in fin dei conti è un contratto, a parte le implicazioni sacramentali) può prevedere degli eventi che consentano il venir meno dell’efficacia.
Il divorzio non è altro che una facoltà di recesso dal contratto stabilita dalla legge stessa.E’ certo che lo stato abbia interesse a realizzare la stabilità della famiglia, ma ha anche interesse a che la famiglia non diventi un campo di battaglia ed ha pure interesse a fare la volontà del popolo sovrano, che non ha voluto una rigidità assoluta del vincolo matrimoniale.
La vita, nella sua variegatezza, NON è completamente subordinata alla logica. A69
Caro A69, prima di concedere il diritto di recesso bisognerebbe sentire la parte debole, cioè i figli, cosa pensa del venir meno del matrimonio dei loro genitori. Anche perché sono loro, alla fine, che pagano il conto. E non c’è nessun bisogno di trasformare la famiglia in un campo di battaglia; se la convivenza diventa impossibile, c’è la separazione che può essere scelta, pur rimanendo marito e moglie.
Di fronte alla (folle) volontà del popolo sovrano, io chiedo solo il diritto di poter lottare per cancellare la legge infame del divorzio. Ma siccome so bene che viviamo in tempi di assoluto egoismo, allora torno a proporre una doppia forma matrimoniale: una rigida per chi crede nell’indissolubilità del matrimonio, l’altra flessibile per chi vuole la possibilità del divorzio.
fra’ Centanni:
…nessuno ti impedisce di lottare! (o il pensiero unico è ormai così unico da paralizzare tutto?)
@ fra’
un sostenitore del divorzio probalbilmente negherebbe che lo scioglimento del matrimonio sia SEMPRE E COMUNQUE la peggiore soluzione per i figli, ma non sarò io a farlo, io, che SCIENTEMENTE ho rifiutato la paternità e sono quindi quello meno adatto a parlare di figli.
Giammai poi negherò che tu abbia il diritto di lottare contro una legge. A69
Appunto. Siccome esistono diverse opinioni su divorzio e matrimonio, allora sarebbe giusto concedere la possibilità, a chi crede nell’indissolubilità del matrimonio, di un “matrimonio rigido”, cioè non divorziabile. Questo lascerebbe la scappatoia del divorzio per chi vuole, mentre darebbe la possibilità di vedersi garantito sull’indissolubilità del matrimonio per chi crede nell’indissolubilità. Inoltre sarebbe un ottimo strumento nelle mani della chiesa per chiudere la porta a chi non crede nel sacramento del matrimonio.
Poi, visto che ne parli, potresti spiegare meglio cosa hai fatto per “aver scientemente rifiutato la paternità”?
“sarebbe giusto concedere la possibilità, a chi crede nell’indissolubilità del matrimonio, di un “matrimonio rigido”, cioè non divorziabile.”
Un’idea geniale!
@ fra’
visto che la cosa ti interessa, ti dirò che ho considerato tante cose:
1) non ritengo di avere quella calma, quella serenità, quel senso di responsabilità che un genitore deve avere;
2) non ritengo che sarei in grado di svolgere quei compiti di sorveglianza e di educazione, contemperando fermezza ed acquiescienza come si conviene ad un genitore;
3) non ho una visione ottimistica della vita, e quindi non ritengo di poter fare una scelta, così importante e così pericolosa, come scegliere di vivere o no, per conto di un altro;
4) inoltre i dubbi: mio figlio sarà sano psichicamente e fisicamente? Troverà lavoro? Avrà delusioni d’amore? Patirà umiliazioni e/o violenze?
5) poi per vivere passabilmente è opportuno avere delle certezze, dei punti fermi: come potrei trasmetterglieli io che non li ho? Nessuna dà quello che non ha.
Infine cosa più importante di tutte, se commettessi degli errori, non potrei tornare indietro, e, sarebbe mio figlio a pagarne le conseguenze.
Insomma, dal mio punto di vista, è stato un atto d’amore nei confronti della mia (ipotetica) prole. A69
@A69,
mi piacerebbe avere il tempo di esprimere una mia idea (non dico risposte, non dico verità da prendersi belle che confezionate) punto su punto, che viene anche dall’esperienza di essere padre, ma per brevità riassumo tutto ad una serie di considerazioni in ordine sparso.
Se anche tu avessi tutte le doti (che nessuno ha a priori… io tutt’altro) e le certezze che ritieni indispensabili, NULLA ti garantirebbe che la vita tua e dei tuoi ipotetici figli, seguirebbe un percorso SENZA preoccupazioni, incertezze, difficoltà e anche serissime sofferenze ( ma anche gioie assolutamente inaspettate 😉 ).
Primo perché è nella natura delle cose, secondo perché ogni figlio è una PERSONA. Non è fatta come si usa dire “con lo stampino” e anche due figli nati nello stesso ambiente e ricevute le stesse identiche cose (ipoteticamente), possono reagire, crescere, pensare e scegliere, in modi totalmente diversi.
Tu come ben sai NON puoi essere dio della tua vita, tanto meno di quella degli altri, ma si può accettare la realtà delle cose e spendersi al meglio per qualcuno che ami.
Un atto di amore per qualcuno che NON esiste (e forse non esiterà mai secondo la tua visone), è quanto meno, una “realtà irreale”, è solo un’idea, un nostro pensiero, che forse giustifica o nasconde altro…
La mia vita di figlio non è stata sempre “felice”, priva di sofferenze, umiliazioni o di precarietà. Non posso neppure riandare a quegli anni e vederli sostenuti da un fede che allora non avevo e neppure dai miei genitori ho ricevevo… non è stato un periodo neppure privo di conflitti con il carattere forte di mio padre (e la mia testardaggine…), ma se mi guardo indietro, vedo un storia ricca di fratelli e sorelle, di una madre amorevole e un padre che sino alla sua morte si è speso per noi e che mi ha portato oggi essere quello che sono, a quello che ho e alla Fede.
Certo ci sono realtà anche famigliari di una crudezza inenarrabile, ma tu pensi daresti questa ai tuoi figli? Non credo…
Di fondo si arriva ad una domanda: credo la vita sia una “fantastica avventura” (passami il termine), destinata poi per chi crede, alla vita eterna; o una tremenda esperienza fatta solo di lacrime e sangue, che vedrà la parola fine solo sotto “un metro di terra”?
Se la risposta è la seconda, perché, oltre a non dare la vita a nessuno, non porre fine anche alla mia invivibile fatica?
Bariom:
…sì, hai ragione: porre fine!
Alvise tu però aspetta almeno che abbia trovato tempo e modo di passare da te a bere un bicchierino… (a Dio piacendo) 😉
Tranquillo Bariom: quello non si ammazza, al massimo fa morire gli altri….. 😀
😀 ;-D
…non credo sia sbagliato pensare che chi si leva dal mondo lo fa quando la paura di dover continuare a stare al mondo (per situazioni non sopportabili di vario genere) supera quella del suicidarsi.
Infatti è così e non c’è neppure da scherzarci tanto sopra…
La mia battuta era “tra me e te” ,-)
Poi ritengo (cosa che a te farà scattare il “ma abbiate pazienza!”) che in quei tragici momenti, vi sia anche il sibilare del Demonio (omicida da sempre…), che viene , ti accusa, ti schernisce, ti fa credere che tutto è perduto… 🙁
@ Bariom
partiamo dal fondo: per porre fine alla “invivibile fatica” bisognerebbe aver dato una risposta appagante alla domanda posta da Amleto nel suo celebre “monologo” e da Kirillov nelle formidabili pagine sul suicidio nel romanzo “I Demoni” di Dostoevskij, e, siccome io non sono grado di farlo, non posso, al momento, procedere nel senso da te indicato.
Ho molti dubbi che la vita sia una “fantastica avventura”, mi sembra piuttosto un’avventura molto pericolosa che non si sa come va a finire.
Hai ragione, nulla mi garantirebbe che mio figlio non avesse a subire danni, malattie e umiliazioni, quand’anche potessi essere il migliore dei genitori, figuriamoci allora che cosa potrai garantirgli non sapendo nemmeno se sarei un buon genitore?!
Perchè poi non si può amare un’idea, un’astrazione, in una parola, un’entità che non ha soffrire e non ha da sottoporsi ad alcun (ipotetico) giudizio, dopo la morte?
Sarà nella natura delle cose aver figli, ma, giacchè la natura mi ha permesso di impedirlo, io, per questa via, GARANTISCO ai miei figli, uno “status” di pace, silenzio e quiete.
Hai inoltre ragione quando dici che 2 fratelli cresciuti alla stesso modo, diventeranno 2 persone diverse, ma questo ben lungi dal consolarmi, accresce la mia incertezze.
Anch’io, se mi guardo indietro vedo una madre amorevole, e non gli faccio certo una colpa di avermi fatto nascere, anche, perchè non la pensava come me sulla questione (del resto non aveva i mezzi concettuali per farlo), ma io che ho coscientemente sviluppato considerazioni come quelle sopra esposte, non posso agire diversamente. A69 ,
PS: “del resto non aveva i mezzi concettuali per farlo”: NON per colpa sua, ma solo perchè la situazione familiare non le consentì di studiare. A69
A volte è una gran fortuna essere dei semplici e non aver “troppa” cultura… 😉
Esistono forse avventure che non siano di per se stesse “pericolose” o “perigliose”? 😉
Che avventure sarebbero… un titanico scontro tra un paio di ciabatte e una poltrona?!
Per il resto, certo non ho preteso di indicarti direzioni o modificare la tua visione della vita, certo non con due battute scambiate su un blog, ma dispiace intuire una persona ancora abbastanza giovane (69? dieci meno di me…), direi intelligente e con un non indifferente grado di cultura, che ha una visione tutto sommato pessimistica e arrendevole di fronte ai limiti (innegabili) della vita…
Certo che si può amare un’idea, difficile essere dall’idea riamati, diversa cosa è “un atto d’amore nei confronti della tua (ipotetica) prole”… tutto molto “ipotetico”.
😉
Una piccola osservazione sul danno che talora porta l’eccesso di cultura: lo scrisse anche Guareschi.
Ulteriore dimostrazione della sua grandezza 😉
Quanto al resto… mi vien da dire che le cose che mancano di più, alla fine, son quelle che non si sono vissute.
Le altre, siano andate bene o male, si acquietano col tempo.
Ma le possibilità non realizzate, quelle marchiano dentro con il fuoco.
Ciao.
Luigi
@Luigi, permettimi di aggiungere che anche le “possibilità non realizzate” possono essere un semplice inganno…
Non ho fatto questo… non ho ottenuto quello, avrei potuto… tutto sta a capire se erano (sono) semplici “chimere”, nostre fantasie, che in fondo portano a credere noi stessi più di quello che realmente siamo o ad addossare ad altri la colpa delle nostre “non realizzazioni”.
Ma forse ti riferivi ad altro…
Io credo poi che sia proprio il male ricevuto e/o procurato a “marchiarci dentro a fuoco” più che le “occasioni mancate”, tant’è che persino la Grazia di Dio a volte, “fatica non poco” per risanare talune ferite.
Mah, non esistono genitori perfetti, ed anche se esistessero i figli sarebbero comunque imperfetti. Non bisogna preoccuparsi troppo della conseguenze delle nostre mancanze, l’importante è amarli con tutte le nostre forze ed insegnar loro con sincerità quello che si crede essere bene e male.
Ti dirò sinceramente quello che penso della tua scelta di non avere figli. Penso che la maggior parte dei motivi che adduci siano lievi mancanze, presenti nella maggior parte dei genitori. I motivi n° 3 e n° 5, invece, sono indizi importanti che rivelano quello che sta veramente dietro la tua scelta di non avere figli. Soprattutto il n° 3, la mancanza di speranza è davvero devastante per il futuro della vita personale e di tutta la società. C’è una notizia positiva però: avere speranza è una scelta, non un sentimento; dipende da te. Certo, sarebbe impossibile sperare contro la ragione, ma ecco che la ragione non ci nega affatto la speranza, anzi. In realtà non c’è nessun motivo, nè razionale nè tantomeno scientifico, che possa chiudere la porta alla speranza. Dunque sperare è possibile, basta volerlo. Basta desiderarlo. Perché il cuore della speranza è il desiderio.
Anche il n° 5, la mancanza di certezze è un formidabile nemico della vita. Anche qui però c’è una buona notizia: nessun argomento, razionale o scientifico, è in grado di sbugiardare la fede in Dio. È possibile dunque fondare le proprie certezze sulla fede. Ancora una volta, dipende da te.
Fede e speranza sono le due premesse fondamentali perché poi il cuore si apra alla carità, all’amore per la vita, ai figli. La loro mancanza, caro amico, è il vero motivo che ti impedisce di aprirti alla vita. La cosa più brutta è che è una tua scelta non avere né fede né speranza. Ricordati però che si può sempre cambiare idea, fino all’ultimo. Non impietrirti nel pessimismo e nella paura. Convertiti.
L’altro giorno ho letto questo pensiero di Santa Faustina: “L’amore non è fatto di parole, nè di sentimenti, ma di azioni. E’ un atto della volontà, è un dono, cioè una donazione”.
@ fra’ centanni
che devo dirti, caro fra’? Potrei rispondere alle tue bellissime parole con una citazione di Shakespeare (da “Molto rumore per nulla”) che è la sg:: “gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano”.
Poi non è che non abbia nulla per cui vivere (ora non esageriamo!), perchè, una volta che ci siamo al mondo, dobbiamo cercare di starci nel miglior modo possibile. Però, potendo scegliere “ab initio” la possibilità di evitarli tutti i problemi (compreso quello di accomodarsi al meglio), la risposta negativa ha una sua validità e pregnanza.
Per convertirsi bisogna essere convinti delle fede a cui si decide, appunto, di convertirsi, ed ho troppi dubbi (di mente e di cuore) sulla religione cattolica perchè elegga quest’ultima.
Infine come dice giustamente Milan Kundera: “L’origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere”. E mi sembra che questa sia la tua forza, caro fra’. Almeno mi sembra. A69
@A69.
La soluzione peggiore per i figli non è sempre e comunque il divorzio. In alcuni casi per garantir loro la necessaria serenità è sufficiente la separazione dei genitori, che non dovranno però far ricadere sui figli il fallimento del loro rapporto e continueranno a rispettarsi, anche di fronte di un nuovo legame; in altri è imperativo rivolgersi alle forze dell’ordine per evitare una tragedia. Tra questi due estremi ci sono infinite sfumature che dipendono esclusivamente dalla maturità e dal grado di civiltà dei soggetti coinvolti.
L’aspetto peggiore si realizza quando i figli si trasformano in oggetti da contendere, utili per giustificare le insicurezze e rivalersi vigliaccamente sul coniuge, dimenticando del tutto l’enorme responsabilità di aver messo al mondo delle creature.
Io credo sia necessario far comprendere ai figli, con l’esempio e con parole adeguate, che il matrimonio è una cosa seria che non coinvolge soltanto i sentimenti, ma è anche un contratto e come tale va gestito. Se le cose vanno bene son rose e fiori e non è certo la firma apposta davanti al sindaco o la benedizione del sacerdote a far sì che quell’unione diventi l’esperienza più gratificante della propria esistenza. Se tuttavia le cose vanno male allora tutte le azioni intraprese nel tempo, si trasformeranno in tanti articoli e postille di un contratto, sul quale si avventeranno come avvoltoi i rispettivi avvocati.
Aggiungo che condivido in toto tutti i tuoi interventi.
Simone
@ Simone
ti ringrazio, anch’io mi sento molto in sintonia con i tuoi interventi. A69
@ fra cent’anni
a proposito poi della tua idea del MATRIMONIO DIVERSIFICATO per i cattolici e per i non cattolici, devo dire che la cosa mi ha stupito, perchè, tampo fa, lessi una proposta analoga ho avuto occasione di leggerla, nientepopodimenoche nel sito delll’UAAR!
Un matrimonio per i cattolici secondo il diritto canonico, un altro matrimonio per i NON cattolici secondo il diritto civile.
Certo sarebbe un PROBLEMONE se uno o entrambi i coniugi cambiassero idea…………………………….A69
Più che altro sarebbe – giuridicamente – un salto indietro fino al molto alto medioevo e agli “iura propria”, coesistevano codici giuridici diversificati a seconda della (vera o presunta) etnia delle persone, con conseguente caos giudiziario e totale incertezza del diritto (se avevi ammazzato qualcuno ma riuscivi a convincere il giudice che eri longobardo te la cavavi con una multa). Situazione di bailamme altamente inadeguata alla pacifica convivenza e al progresso, tanto è vero che appena passata la buriana si tornò allo “ius commune”, ossia il diritto romano.
E’ curioso che gli stessi che a ogni pie’ sospinto deprecano il cosiddetto “ritorno al medioevo” stiano facendo di tutto per tornarci, e non agli aspetti migliori…
“quando coesistevano”
@ sen_webmrs
un momento! l’idea del diritto personalizzato nell’ambito del medesimo territorio (come avveniva nei regni barbarici) relativamente al matrimonio, non era partita da me, ma da “fra’ centanni”. Io ho semplicemente chiosato una sua idea. A69
@ sen_webmrs
se ti riferivi a quelli dell’uaar, mi sembra (se ricordo bene, perchè era un topic di un po’ di tempo fa) che la proposta del matrimonio diversificato fosse una mera provocazione anticlericale (un “ballon d’essai”). A69
Non me la prendevo con te o con chiun
Non me la prendevo con te o con chiunque abbia menzionato la cosa. Semplicemente sottolineavo come la fondamentale ignoranza di tutto quanto riguarda il c.d. medioevo porti molte brave persone a parlarne a vanvera.
…intanto (ho sentito ora) il Papa sta pregando per tutti i disgraziati di tutti generi della terra…
Si sentiranno riavere a questa notizia?
José Granados: il matrimonio indissolubile è come vivere il tempo con gli occhi di Gesù
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-jose-granados-il-matrimonio-indissolubilee-come-vivere-il-tempo-con-gli-occhi-di-gesu-12487.htm#.VT34Ouk14Ww.facebook
A tutti quelli che applaudono il divorzio breve come una conquista di civiltà
http://www.tempi.it/blog/romeo-e-giulietta-ai-tempi-del-divorzio-breve
@Bariom
L’assoluta miopia dei nostri governanti, incapaci di realizzare un sostegno concreto alla coppia e alle singole madri che mettono al mondo un figlio, dovrebbe secondo me essere considerata una omissione d’atti d’ufficio reiterata e continua, e come tale sanzionata, moltiplicando il massimo della pena già prevista dal codice penale per gli anni di omissione!
Non dovrebbero nemmeno sforzarsi troppo: è sufficiente copiare, anche soltanto in parte, i provvedimenti adottati nel tempo da paesi come la Francia, l’Inghilterra e l’intera fascia nordeuropea, che hanno tutti un tasso di fecondità superiore al nostro. L’Italia si attesta a 1.49, dati Istat 2014 e la Francia 2.01, Inghilterra 1.92, Svezia 1.91, Finlandia 1.80, Belgio 1.79, Danimarca 1.73, Olanda 1.72.
Interessante leggere l’intero Cap. 4° della Relazione annuale 2014, elaborata dall’Istat.
Tralasciando dunque la mancanza del sostegno all’infanzia, autentica vergogna dell’Italia, mi chiedo chi potrebbe prefigurare e in che modo realizzare in concreto una qualsiasi forma di sostegno alle coppie disponibili che manifestano la volontà di mettere fine al proprio sodalizio?
@ senm_webmrs e @ Simone
in effetti aiutare concretamente le famiglie (come si fa nei paesi citati da Simone) sarebbe molto più efficace, di opporsi al divorzio breve, al fine di rendere più stabile l’istituto familiare. A69
Da divulgare:
Il manuale (inedito in Italia) che ha segnato il trionfo di un’omosessualità da gay pride
http://www.tempi.it/manuale-inedito-italia-omosessualita#.VT5oNvCrHkd
Letto e diffuso (grazie!).
Che dire… chiunque abbia conservato una minima lucidità di pensiero aveva compreso da tempo che esiste una precisa strategia.
Tutto troppo spinto, tutto troppo pompato, tutto troppo prevedibile.
Ovviamente, adesso che la strategia è chiara, nessun laicista si chiederà “ma cosa c’è dietro?”.
C’è un particolare, però, dell’articolo del dottor Marchesini (sempre una garanzia) che deve essere evidenziato in ogni e qualsiasi sede, ed è questo:
“Se sono un pedofilo o un masochista lo terrò nascosto e starò lontano dalle parate del Gay Pride”
Questo è l’obiettivo finale, ancora celato per ovvi motivi di convenienza tattica: legalizzazione della pedofilia e della violenza sessuale.
Anche qui, non pochi avevano messo in guardia: attenzione, che passo dopo passo alla fine si arriverà a quello…
Ciao.
Luigi
Luigi:
…grazie per l’avvertimento!!!
Prego.
E già che ci sono…
http://ungranellodisale.blogspot.it/2015/04/fin-dal-principio.html
Ciao.
Luigi