Il perdono

thCAAVW0RH

di Andrea Torquato Giovanoli
Traffico intenso. E fretta.
Così ti insinui in ogni pertugio libero, smanetti il cambio come fosse un joystick, rubacchiando un sorpasso alla pista ciclabile, prendendoti una precedenza ai limiti della legalità alla rotonda e sgommando ai semafori manco fossi ai blocchi di partenza del Gran Premio di Montecarlo.
Che poi il segreto inconfessabile è che sotto-sotto un po’ ti piace anche: ché hai la scusa di sentirti anche tu uno Schumacher (dei poveri, ma pur sempre uno Schumacher).
Poi però incroci quell’altro: quello che si crede Hamilton, e che ti ruba una precedenza, o che ti scarta senza mettere la freccia, o che ti tappa la strada solo perché gli urge proprio di stare al cellulare mentre guida e non ha gli auricolari.
Quello, insomma, che ti fa qualche sgarbo, magari anche piccolo, ma che ai tuoi occhi impregnati di adrenalinico agonismo stradale, risulta proprio una minaccia di morte fatta impugnando la sua arma a quattro ruote.
Naturale e spontaneo ti sale allora alle labbra un simpatico augurio di qualcosa di brutto, o almeno un insultino, se non proprio un gesto digitale d’affronto.
E invece no, davanti al torto subito, una volontà libera e redenta ricaccia secca indietro la tentazione a dar sfogo alla propria natura ferita dal peccato originale, e così, trattenendo in gabbia la bestia, ti sorprendi a sussurrargli addosso una benedizione e a puntargli contro un “angelo di Dio”.

Ecco: questo è il senso del perdono.
Perché il tuo cuore inabitato dalla consapevolezza che sei manomesso tanto quanto lui è predisposto alla comprensione verso l’altrui fragilità, che v’accomuna.
Perché la tua ragione ti richiama a quei debiti che tu per primo contrai ogni istante nei confronti di Colui che di ogni istante ti fa credito, affinché tu possa compiere il tuo cammino di continua conversione a Lui.
Perché il tuo spirito, rivestito del quotidiano abito dell’orazione, risulta pronto e docile a farsi veicolo dell’azione del Bene, anziché del male.
Dio infatti non butta via le cose rotte, ma le “aggiusta”, ciò che è sbagliato lo rende nuovamente giusto (anche purificandolo): così perdona Dio.
L’uomo non può fare lo stesso di suo proprio, poiché non ha in sé quell’Amore, ma può cercare di farsene riverbero, imitando l’agire divino nel suo rendersi liberamente Suo strumento, invocandolo.
Poiché è vero che Lui rimette a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, ma è altrettanto vero che siamo chiamati a domandare il Suo perdono per le offese che noi arrechiamo a Lui cosicché anche noi impariamo a perdonare a coloro che ci offendono.
E per rivelazione ed esempio di Gesù, pregare per il nemico è il solo modo per conformare il proprio cuore all’azione di Dio, che in quanto Amore, ti plasma nella capacità di giungere perfino ad amare chi ti odia.
Invocare il Suo iper-dono e farsene fattivo strumento, non con lo scopo di convocare l’altro a conversione (che è prerogativa, questa, solo divina), ma con l’intento di convertire prima di tutto se stessi, così da diventare operatori di pace nella fraterna intercessione per il bene vero di entrambi.
Che questo poi è il potere della preghiera, canale privilegiato dell’azione dello Spirito, la quale, per quella libera volontà di rispondere al male con il bene, attinge proprio la sua forza da quella maturata consapevolezza di essere per primi peccatori e che ti rende capace di comprendere l’altrui essere peccatore nell’impetrazione della giustificazione divina con la propria orazione di perdono.
E ciò, oltre che richiamare l’altro a lasciarsi interloquire con un’alternativa all’odio capace di salvare, agisce prima di tutto su te stesso, facendoti immagine di Cristo.

leggi anche il primo e il secondo capitolo della trilogia Il Peccato   Il Pentimento

19 pensieri su “Il perdono

  1. Gianluca

    Io di solito mi fermo al “Naturale e spontaneo ti sale allora alle labbra un simpatico augurio di qualcosa di brutto, o almeno un insultino, se non proprio un gesto digitale d’affronto.”….

  2. Mia moglie dice che io sono bravo ad aggiustare le cose – in senso fisico, non metaforico – che so aggiustare di tutto e così bene che “non si vede niente” (quasi, niente…).

    Ma la crepa, l’incollatura, anche se persino ritoccata di colore, c’è, rimane e l’integrità dell’oggetto ormai non c’è più…

    Ecco, Dio non fa così… non è il “mago del bricolage”… Lui fa di ogni cosa “una cosa nuova”.
    Lui è il Creatore.

    Così nel Suo Perdono, quello sacramentale, siamo ogni volta rigenerati, rinasciamo creature NUOVE, come dall’acqua del Battesimo.
    Risorgiamo dal nostro peccato, che la morte ci ha procurato, a vita NUOVA.

    Perdonati, capaci di perdonare.

      1. @Giusi grazie, bellissima segnalazione… devo dirti onestamente che già conoscevo l’ “orientale usanza” e se volessimo trasporla all’argomento come metafora, potremmo dire, senza per questo smentire ciò che ho espresso riguardo il fare di Dio di ogni cosa una cosa NUOVA, che le “ferite” che riportiamo nella vita, anche quelle che ci autoinfliggiamo con il nostro peccato, vengono “rimarginate” dalla Grazia con vero oro puro.

        Di fatto, quale miglior modo per renere Gloria a Dio (ed essere credibili), se non con il mostrare le nostre ferite da Lui risanate e rese “preziose”?

        Non è forse questo il senso della “Croce Gloriosa”?

        Un abbraccio 😉

      2. Questa mi giunge nuova e mi piace molto. Grazie! In effetti a ben guardare, nella cultura tradizionale giapponese ci sono alcuni spunti “naturaliter christiani” che danno molto a pensare…

  3. Uomini al volante!!
    Ti racconto Andrea una mia esperienza mistica automobilistica: l’altro giorno tornando a casa regolarmente in ritardo, avevo 45 minuti per fare quell’ora che separa l’ufficio dal figlio da prendere, ho provato una strana sensazione. Presa la macchina, pienamente consapevole deicidi limiti alla guida che non mi consentono nemmeno di provare la volata, mi affido ai cieli perché di mio non ce l’avrei mai fatta. Recitando un rosario mentre andavo mi sono trovata a fare un tragitto con la netta sensazione che la Madonna passava davanti, spianando mi la strada e rinverdendo tutti i semafori!!!

    1. cinzia

      Hai ragione verovero. Io purtroppo faccio molta fatica a perdonare, non solo gli altri, ma anche e soprattutto me stessa. E così non riesco a sentire la pace nemmeno dopo la confessione.
      va beh, io sono un caso disperato 🙂
      Comunque è vero…. riuscire a perdonare fa bene prima di tutto a noi stessi, non solo a chi perdoniamo! Insomma… dovremmo provarci anche solo per egoismo!

      1. Cara Cinzia, fai attenzione… il non sentirsi in pace anche dopo la Confessione è un inganno – e non ho timore a dire che sia un inganno del demonio – che fa leva sul nostro eccessivo scrupolo di coscienza o un malsano orgoglio che non ammette ci si possa essere macchiati di tali peccati. Così come facciamo con noi stessi, agiamo poi con gli altri.

        Ma alla fine cosa si ottiene? Si ottiene solo di dubitare della Misericordia, della Potenza, dell’Amore di Dio… si rende vano il Sacrificio di Cristo.

        Ricorda le parole di Gesù (cito a memoria): “…secondo voi chi amerà di più?” “Colei a cui più è stato perdonato” risposero.
        Lasciamoci perdonare, lasciamoci a mare e impariamo così ad amare gli altri.
        Il Perdono (che è e resta un Dono da chiedere a Dio) è uno dei modi più belli e più concreti di amare gli altri e che il prossimo sente come tale. 😉

        1. Thelonious

          Bellissima risposta Bariom !
          E bellissimo errore grammaticale (felix culpa 🙂 : lasciamoci amare……lasciamoci a mare. Lo gran mar dell’Essere, ossia l’amore, appunto.

  4. ….lla misteriosa religiosità del Codice della Strada!

    p.s,”ai tuoi occhi impregnati di adrenalinico agonismo stradale, risulta proprio una minaccia di morte fatta impugnando la sua arma a quattro ruote.” (sublime!)

I commenti sono chiusi.