Da Album d’Aprile di Marco Paolini ( LA7 1 febbraio 2008).
“…perché in fondo quello che vi racconto oggi non è questo che sembra
no, sembra che sto parlando di politica, di rugby
invece io sto parlando di giovinezza
sto parlando di adolescenti
di ragazzi che avevano fretta di diventare adulti
adulto è il participio passato del verbo adolescere, colui che ha finito di crescere
io oggi, conosco molti più adulteri che adulti
adulteri a se stessi ovviamente
quella che sto raccontando e stasera vi racconterò
è la storia di un gruppo di ragazzi che avevano fretta di entrare in un mondo adulto
che è diventato vecchio senza essere adulto
il mio, il nostro paese oggi è questo, il più vecchio del pianeta
e lo guardiamo, senza nemmeno accorgerci di quello che abbiamo sotto gli occhi
abbiamo si sotto gli occhi il cambiamento del paesaggio
ma addosso a noi non lo leggiamo, perché?…
perché noi non possiamo sentirci vecchi, secondo gli Italiani si diventa vecchi a 83 anni
siccome l’attesa di vita è 81
secondo gli Italiani si diventa vecchi dopo morti
io… vorrei chiedere ai miei coetanei per primi
di fare outing, dichiaratevi adulti
rinunciate a quell’idea di giovinezza che ci viene venduta quotidianamente
perché c’è una confusione genetica mostruosa
adulto è colui che si è giocato delle possibilità e deve vivere con quello che ha
il resto si è seccato
quello che sei in potenza da giovane non ce l’hai dopo
se non capisci questo, se impedisci a chi viene dopo di sorpassarti
perché tu, cullato dal sogno di questa eterna giovinezza
rubi costantemente tutto ciò che viene prodotto
da chi viene dopo di te indossandolo in vario modo attorno a te
tu stai creando un blocco, mostruoso che ci impedisce di leggere la realtà
dichiaratevi adulti, prendetevi delle responsabilità …”
E cominciamo anche a dichiararci “anziani” e “vecchi”, non solo quando lo facciamo per schernirci e per sentirci consolati da qualcuno che subito ci dice: “Ma va là… vecchio tu! Se sembri un giovanotto!!” 😐
L’ha ribloggato su Beppe Bortoloso.
Ehi, mi ricordo di questo video! 😉
http://costanzamiriano.com/2012/03/21/gleeden-le-donne-la-chiamano-fedelta/#comment-32554
Mi fa venire la pelle d’oca ogni volta…
Vero! Chiamiamo le cose (e le età della vita) con il loro nome! Come può venire definito “ragazzo/a” uno/a che va per i 40? Ci stiamo giocando il cammino della nostra vita in un eterno girotondo che non va da nessuna parte. Io non ci sto! Io riconosco e amo la mia maturità, frutto di un cammino irto di difficoltà, ma anche pieno di gioie, di incontri, di progetti ideati, portati avanti, magari anche falliti, ma tracce di vita, o meglio di Vita (che con Via e Verità danno senso a tutto quanto). Silvana
Paolini the master! grazie
Le parole fanno male. Quando la realtà ci dà fastidio, cambiamo le parole. Così la donna matura diventa ragazza, anche se ha 38 anni.
Quante donne, nei reparti maternità, si offendono perché trovano scritto sulle loro cartelle “primipara tardiva”? C’è chi vorrebbe “aggiornare” questa classificazione, perché la maggior parte delle donne fa figli a 35 anni. Ma è un dato di fatto che il corpo della donna è più fertile e possiede le forze per portare avanti meglio gravidanza e bambini tra i 21 e i 25 anni. Poi inesorabilmente, diminuisce, dopo i 30 anni invecchia, dopo i 35 diventa difficile, faticoso se non pericoloso. Non credo che la biologia sia disposta ad aggiornarsi 🙂
mio figlio ringrazia la biologia di essersi aggiornata e di avergli permesso si nascere sano, allegro ,intelligente da una gravidanza e un parto normali di una donna di 42 anni. che prima non aveva pensato a carriera e happy hour, ma semplicemente non aveva incontrato la persona giusta.
Le parole appropriate fanno paura perché descrivono la realtà. L’Occidente contemporaneo è divorato dalla paura
http://www.tempi.it/perche-l-europa-ha-gia-deciso-di-lasciare-i-cristiani-d-oriente-e-gli-ebrei-in-balia-del-nemico
Ma bisognerebbe ricordare quello che dice Chesterton sul coraggio
«Courage is almost a contradiction in terms. It means a strong desire to live taking the form of a readiness to die. ‘He that will lose his life, the same shall save it,’ is not a piece of mysticism for saints and heroes. It is a piece of everyday advice for sailors or mountaineers. It might be printed in an Alpine guide or a drill book. This paradox is the whole principle of courage; even of quite earthly or brutal courage. A man cut off by the sea may save his life if we will risk it on the precipice.
He can only get away from death by continually stepping within an inch of it. A soldier surrounded by enemies, if he is to cut his way out, needs to combine a strong desire for living with a strange carelessness about dying. He must not merely cling to life, for then he will be a coward, and will not escape. He must not merely wait for death, for then he will be a suicide, and will not escape. He must seek his life in a spirit of furious indifference to it; he must desire life like water and yet drink death like wine. No philosopher, I fancy, has ever expressed this romantic riddle with adequate lucidity, and I certainly have not done so. But Christianity has done more: it has marked the limits of it in the awful graves of the suicide and the hero, showing the distance between him who dies for the sake of living and him who dies for the sake of dying.» (Orthodoxy)
L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
Mi piace e condivido. Sempre stimolante Marco Paolini.
bello bello. Da condividere in pieno.