di Raffaella Frullone
Il problema di Andrea Torquato Giovanoli è che è vero. Vero, in carne, ossa e sangue.
Solo quando l’ho visto per la prima volta ho capito che il titolo del suo libro non poteva essere più azzeccato. Glielo confesso qui, a bassa voce, speriamo che non senta, o al limite che non si offenda, la foto che ha sul suo profilo facebook non gli rende giustizia. Troppo in posa, troppo statico, con quell’ombra che gli incupisce lo sguardo quando invece basta incontrare i suoi occhi una volta per capire che di statico non c’è nulla, e nemmeno di cupo, si è lasciato scavare nella carne al punto che i suoi occhi parlano d’Altro anche mentre ti racconta dove vive e che lavoro fa sua moglie.
Mi ha regalato una copia del suo libro ormai tre mesi fa e se non ne ho scritto fino ad ora è solo perché dopo averlo letto ho pensato che nessuna altra parola scritta poteva raccontarne il contenuto per una semplice ragione: non è un libro.
Non è un testo, un elaborato scritto, che si prende e si racconta, è uno scorcio di vita, un calvario doloroso e glorioso, e limitarsi a raccontare quello che è accaduto alla famiglia di Andrea sarebbe non rendere giustizia ad una storia, un po’ come per la foto potrebbe sembrare un racconto costruito ad arte, troppo bello per essere vera.
Andrea è padre di sei figli, tre sono vivi nella gloria eterna, due vivono con lui e sua moglie, una è in arrivo. Si può essere felici quando tre figli ti muoiono fra le braccia per una malattia genetica? Si può guardare al futuro con fiducia? Si può respirare il Paradiso?
Pensavo che nella carne con il sangue fosse il titolo del suo libro, edito da Gribaudi, invece è un avvertimento per chi si appresta a leggere. Se non siete pronti a lasciarvi scavare la carne lasciate perdere, non lo leggete. Io non lo sapevo, perciò scorrendo le pagine ho sentito strappare la pelle, attraversare il superfluo che nutre il mio quotidiano, ho sentito rodere le incrostazioni delle mie certezze, mi sono lasciata attraversare le viscere e finalmente mi sono trovata di fronte alla domanda: si può vivere oggi nel mondo in funzione dell’unica cosa che conta davvero?
«Emanuela ed io siamo consapevoli che i nostri figli, che siano malati o sani, ed indipendentemente
da quanto lunga o breve possa essere la loro permanenza in terra, saranno comunque felici, poiché riceveranno in vita l’unica cosa di cui ogni uomo ha davvero necessità, più di ogni altra, persino più della salute: l’amore. Noi, come genitori, sappiamo che ognuno dei nostri figli è ricolmato del nostro amore e di quello dei suoi famigliari fin dal giorno del suo concepimento e ciò gli assicurerà una vita piena e felice, per quanto potenzialmente gravata dalla mancanza di salute; inoltre, in un’ottica di fede, sappiamo che i nostri figli, se malati, taglieranno quel traguardo a cui
è chiamata ogni singola anima, e lo taglieranno in anticipo rispetto agli altri, rispetto anche a quei molti che, purtroppo, rischiano di non raggiungere tale obiettivo pur vivendo una vita lunga e prospera. I nostri figli malati hanno la prospettiva di ottenere prima di altri quel dono di comunione eterna con Dio, guadagnando uno stato di felicità definitiva di cui la felicità per l’amore ricevuto in terra è solo la prefigurazione. Noi, dunque, pur nella consapevolezza che i nostri figli possano nascere malati, abbiamo la certezza che vivranno una vita felice e piena d’amore, per quanto breve, e raggiungeranno presto quell’unico vero obiettivo cui un genitore deve aspirare per la propria prole: la comunione eterna con il Dio d’Amore. »
Grazie Raffaella…. questo libro lo devo proprio leggere credo probabilmente sapendo che finirò in pianti convulsi
…mi fa venire in mente il titolo di un racconto di Gogol: “Diario di un pazzo”.
e il tuo commento fa venire in mente il Siracide (22, 14):
“Che c’è di più pesante del piombo?
E qual è il suo nome, se non “lo stolto”?”
Alessandro:
…cencio dice male di straccio!
Sarebbe tipo il bue che dice cornuto all’asino?
Ci potrebbe stare. Pazzia d’amore che trova il suo senso in Cristo. Quella del racconto è un’altra cosa.
Grazie Andrea e grazie Raffaella! Smack! 😀
Qua la lista dei libri da leggere (oltre quelli già letti dietro saggio consiglio… ) si allunga. 😉
O.T.: Importantissimo! Il Papa indice il sinodo sulla famiglia:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/10/08/Papa-indice-sinodo-famiglia_9428906.html
L’ho letto. Vero, concordo con Raffaella: non è un libro. Non è neanche un diario o un’autobiografia, direi invece una cronaca fedele e puntuale di ciò che Dio può operare nel cuore di un uomo quando davanti alle vicende della vita (malattie, ma anche tanto altro) quest’uomo, un normalissimo ragazzo come tanti, non si chiude in se stesso e rimane in ascolto, accogliendo tutto ciò che gli viene donato.
Davvero non capisco come si possa scrivere e pensare che il bene dei propri figli e’ racchiuso nel raggiungere prima il traguardo della vita eterna . Per esperienza ho vissuto il calvario di mio nipote, morto a 33 anni, a causa di una malattia genetica che gli ha lasciato una mente lucida in un corpo che andava via via paralizzandosi. Certo che anche lui ha vissuto una vita circondato dall’amore di tutti noi, ma questo non gli ha impedito di soffrire per tutto quello che non ha avuto. Al suo funerale qualcuno mi ha detto che andrea aveva finito di soffrire, ho risposto che in verità aveva finito di vivere. Sono convinta che mio nipote sia tra e braccia di Dio, ma questo non mi toglie la tristezza per quello che non ha avuto. E sia chiaro non parlo del potere, della ricchezza ma delle uscite con gli amici, del primo amore, della gioia di diventare padre, di un viaggio sognato. Qualche anno fa a Londra e’ stato scoperto il gene che ha provocato la malattia di Andrea, e’ un gene recessivo per cui devono essere portatori sani i due genitori.
Abbiamo deciso di sottoporre i cugini di Andrea a questo controllo, due sono risultati portatori sani, che non vuol dire avere figli malati, ma essere consapevoli che il rischio esiste.
Sono convinta che si può essere genitori anche se i figli non sono nati da te. Difficile decidere consapevolmente per gli altri, i figli non sono una nostra appendice.
Cara Rosanna, se davvero il suo intervento racchiude una domanda, e se davvero è interessata ad una risposta: legga il libro.
Se invece vuole esprimere velatamente la ricerca di un confronto: legga il libro.
Se, in alternativa, intende solo affermare la sua opinione, bé: legga comunque il libro.
In ogni caso, mi permetta di darle un consiglio: indovini quale… 😉
Certo che il libro lo leggero’ non sono così’ ottusa da non accettare il confronto.
Cara Rosanna, io capisco quello che hai passato però non mi pare che Andrea o altri come lui decidano per gli altri, si affidano alla volontà di Dio che è tutto il contrario. Cosa sappiamo noi del valore che hanno per Dio i suoi tre angeli volati in cielo? Perchè la loro vita dovrebbe essere meno importante e significativa di chi ha avuto il primo amore, è uscito con gli amici, è diventato padre, ha fatto qualche viaggio?
Lungi da me dire che una vita vale meno di un’altra. Ma perché dare a Dio la responsabilità di decidere a chi dare figli sani o figli malati, sarebbe un Dio capriccioso. Non credo nella predestinazione, Il Signore ci ha lasciati liberi. La malattia, la sofferenza ma anche la felicità, la gioia fanno parte della vita che è’ un mistero che ci sarà’ svelato dopo la nostra morte. Spiegare ” il male innocente” ha fatto balbettare più di un teologo.
@ Rossana, vero, ma diversamente saremmo in balia del “cieco destino”, del “fato”, della fortuna o della sfortuna, di cosa?
Ma quindi tu ti fidi più degli uomini? Dovremmo fare noi gli apprendisti stregoni? Manipolare, scartare se del caso?
Ribadisco che sono sicura che saremmo illuminati dopo la nostra morte.
Vorrei fare un esempio” la parte di Giuda” qualcuno doveva farla, ma se questa parte fosse stata predestinata a Giuda stesso quale colpa ne avrebbe? Tradire il Cristo e’ stata una sua scelta precisa perché è stato lasciato libero di farlo o non farlo.
Perfettamente d’accordo, ma come si applica questo alla malattia? Andrea non la scelta… la mia sposa non ha “scelto” di morire a 40 anni per un tumore…
Nella settimana di Ferragosto sono andata in Piemonte. Tra le altre cose mi sono messa sulle tracce del piccolo Silvio Dissegna. La sua figura mi ha folgorata. Nella sua breve esistenza, a volerle cercare, ci sono tante risposte. E’ già Servo di Dio. Son convinta che lo beatificheranno presto. Leggere quello che scrive e commuoversi è un tutt’uno!
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91049
Spiegare la malattia, che ha fatto morire un mese fa mia cognata di tumore a 58 anni, fa parte di quelle domande alle quali io non ho trovato risposte, e’ proprio quel ” male innocente” cui parlavo prima.
Anche mio padre è morto a poco più di 60 anni e la moglie di Bariom e in ogni famiglia c’è qualcuno, non siamo immortali e non sappiamo quando moriremo: è proprio per questo che mi fido di Dio. Che risposte potrei dare io?
@Rossana è un argomento che anche su questo blog è stato trattato e sul quale anch’io spesso sono intervenuto avendone un’esperienza molto concreta (come tanti certamente…).
Puoi certamente accettare il consiglio di Andrea sopra (che non è certo “pro domo sua”), che parte da un cocentissima esperienza personale, puoi rifarti all’esperienza di Chiara Corbella, puoi trovare tante strade come quella di tanti Santi… come, certamente non ultima, quella della preghiera intensa a Dio a cui presentare i tuoi dubbi… ti posso assicurare che risponde, magari non con un’illuminazione che ti da una risposta per “tutti i mali del mondo”, ma che pacifica il cuore rispetto quello che è il male del tuo vissuto e quello che ancora ti porti dentro.
Ciò che credo si fondamentale, è entrare in questa domanda e non lasciarla in sospeso, perchè nel dubbio di fondo, il Demonio gioca le sue carte e lo usa come grimaldello per la tua mente più che per il tuo cuore… e nel momento di debolezza in cui abbassi la guardia, colpisce! E il subdolo dubbio che insinua è: Dio non è un dio buono… è un mostro!
Coraggio Rossana, dietro il “muro” della morte e della sofferenza c’è un orizzonte sconfinato. Quello della Vita Eterna!
Non sulle nostre forze ma appoggiati alla Croce di Cristo, quel “muro” può essere abbattuto.
Ti abbraccio.
Diceva Don Carlo Gnocchi nel suo libro: “La pedagogia del dolore innocente”: “Quando si arriva a comprendere il significato del dolore dei bambini, si ha in mano la chiave per comprendere ogni dolore umano, e chi riesce a sublimare la sofferenza degli innocenti è in grado di consolare la pena di ogni uomo percosso e umiliato dal dolore”.
Ma scusa Giusi ma hai letto cosa ho scritto alle 11,31 ?
” ribadisco che sono sicura che saremo illuminati dopo la nostra morte” quindi anch’io mi fido di Dio, altrimenti la risposta l’avrei trovata nel credere che tutta si chiude con la morte .
Si certo ma la fiducia deve comprendere non solo la certezza di essere illuminati dopo la morte ma anche l’accettazione (non dico mica che sia facile eh!) di quanto di doloroso ci accade in questa vita. Nel parlare di male innocente c’è come implicita una critica a Dio, c’è un guardare in basso perchè invece magari (come ci insegna il piccolo Silvio, ma anche Giacinta e Francesco di Fatima, Rolando Rivi e tantissimi altri) è bene innocente! Con questo non ti sto facendo la predica, son cose che dico in primo luogo a me stessa e anch’io ho gridato a Dio e, quel che è grave, anche per cose molto più leggere di queste!