di Andrea Torquato Giovanoli
In un frangente abbastanza ampio della mia vita professionale ho avuto la grazia di poter esercitare il mestiere di artigiano, e fin dai primi giorni d’apprendistato mi risolsi a constatare come tra le varie competenze richieste dal lavoro manuale vi è non solo quella di saper usare degli attrezzi, ma soprattutto quella di saperli modificare adattandoli di volta in volta alle particolarità dell’oggetto che si sta producendo.
Così, ad esempio, se guardo ai miei tenaglioli osservo come essi, pur conservando la linea standard in cui furono prodotti, col tempo hanno perso la loro forma originale per acquisirne, a colpi di lima, seghetto e cartavetra, una ben più specifica, anzi, precipuamente adatta a svolgere compiti di una gamma ristretta.
Tanto è vero che la tradizione ricama aneddoti su come ogni artigiano custodisca con gelosia i propri attrezzi, poiché questi, plasmati dall’esperienza e dai lavori svolti, sono diventati ai suoi occhi unici ed insostituibili.
A questo pensiero sorrido immaginando la parimenti amorosa gelosia di quel Dio, che nella Sua Incarnazione non a caso s’è fatto artigiano, per ognuno di quegli “operai” che liberamente accettano di farsi Suoi strumenti nell’edificazione del Regno, e di come anch’Egli, alla guisa di veri e propri attrezzi da lavoro, li plasmi attraverso gli accadimenti della vita, rendendoli sempre più adatti a quello specifico ruolo a cui sono chiamati nel compimento del Suo disegno.
Così mi risalta agli occhi come la docile obbedienza alla Sua volontà non sia affatto la schiavitù di una marionetta al suo burattinaio, ma sia invero il reale compimento di una vocazione ontologica cui ogni uomo, nella diversità dei talenti donatigli, è chiamato a riconoscere come propria predestinazione.
E la docile accoglienza di quelle “sgrossature” che la vita consegna ad ogni anima creata, lungi dall’essere i tiri mancini di un Dio indifferente alle sorti umane, si rivelano in realtà come i premurosi accomodamenti del Paterno Artigiano ai suoi amati “strumenti”, perché questi diventino tanto più adatti nel fruttificare capolavori unici, ma tutti corrispondenti a quell’unico disegno di salvezza per il mondo.
Ecco che allora, nel maneggiare quelle pinzette dalla foggia così strana e così preziosa, mi ritrovo a ringraziare Dio per aver ribaltato l’umano motto, rivelando quel Verbo ai suoi operai per cui nella Sua vigna: “tutti sono utili, ciascuno è indispensabile”.
Grazie per questa bella riflessione! Com’è bello sapere di essere figli amati! Spero che ogni uomo possa realizzare la propria vocazione, in un abbandono fiducioso. Complimenti per il blog: è una voce importante (e i tanti commenti lo dimostrano).
Mi colpisce molto il fatto che il Signore sceglie come Suoi strumenti sempre i peggiori (Mosé ad esempio era balbuziente) per fare cose grandi. Lo fa per mostrare la Sua potenza, é Lui, l’artigiano, ad essere bravo non gli strumenti; e quanto più gli strumenti sono inadatti tanto più si vede la bravura del creatore.
Grazie Andrea.
“Ma noi portiamo questo tesoro in vasi di creta affinché sia manifesto che la sublimità di quest’amore viene da Dio e non da noi.” (San Paolo)
Teologia fatta in casa (come è giusto che sia)
In questo caso Alvise, si dovrebbe parlare più propiamente di “mistagogia”… (se vuoi fatta in casa, quella del “tinello” come ti piace dire, ma sempre ottima, anzi, quella più concreta ;-))
Mistagogìa: iniziazione ai misteri.
Esatto… e come ben sai i “misteri” non sono “fatti inconoscibili”, ma “fatti da disvelare” 😉
“Deus creando vult et volendo praedestinat”
[Scoto Eriugena
Molto bella e molto vera Andrea la tua riflessione, che mi spinge ad una introspettiva…
Che razza di attrezzo ha voluto e ancora vuole fare di me il Signore, che ha dovuto ben dare giù “di lima” e “di martello”? (Alla carta vetrata ancoro non siamo – passaggio di “rifinitura”). Perché c’è una durezza forse più di cervice che di cuore, che può rimandare, se non ahimè impedire questa mirabile opera…
Ha dapprima dovuto forgiarmi dal credermi creatore allo scoprirmi creatura e “strumento” (o “attrezzo per continuare la metafora…), ma ancora nell’atavica “durezza di cervice” di cui sopra, c’è la presunzione di quale strumento essere… che serve infatti credere o voler credere d’esser giravite piuttosto che martello, tenaglia o pinzetta, lana merinos piuttosto che straccio per le pulizie? Come potrà Dio compiere l’Opera sua mirabile, se mi rifiuto ancora d’esser lo strumento adatto allo scopo, come se poi lo scopo mi fosse interamente noto?
Che non avvenga che da Maestro d’ogni creazione, che rispetta la mia libertà, ma non rimanda il compimento dell’Opera Sua, lasci “da parte” quest’attrezzo spuntato e riottoso, che sembra volergli “sgusciare” dalle Sue Mani, cosicchè oltre a non essere adatto all’uso, rischia di “far danni” all’opera che va realizzando.
Eh si… bisogna proprio che mi converta in un’utile attrezzo, fosse anche la scopa che tiene pulito il pavimento “dell’Officina”, piuttosto che lo straccio che lucida ben più raffinati attrezzi. Meglio uno di questi nelle mani del Signore, che “sofisticato aggeggio” dall’inutile funzione!
Così, mentre l Creatore va “costruendo” Opere e Strumenti, mi auguro di divenire (prima della fine dei miei giorni possibilmente) opera e strumento insieme e poter ammirare con occhi nuovi, anche in me stesso, la Sua l’infinita, grandiosa, imaparagonabile, misericodiosa maestria.
Mitico Bariom (as usual) 😉
Scusate tutti gli strafalcioni grammaticali (as usual ;-))
Grazie, oggi mi aiuta questa riflessione così vera!
“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto… Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.” (Gv 15,1-5)
Mi permetto di aggiungere questa citazione perché questo post mi ha ricordato un’omelia ascoltata anni fa su questo Vangelo: anche i tralci della vite per fare frutto hanno bisogno di essere “plasmati” cioè potati dal Signore.
Se mai avete visto potare una vite, il tralcio viene veramente ridimensionato, ridotto ai minimi termini…
Qualcuno ne ha fatto esperienza?
Per una volta concordo con il signor filosofiazzero, la vera teologia è quella fatta in casa, che si incarna nella vita, semplicemente.
Grazie per questo post! Se ci lasciassimo tutti lavorare dall’Artigiano!
Parlo per primo a me stessa. E’ dura, ma è la cosa migliore. mi dispiace solo che la mia tigna e la mia mancanza di abbandono lo hanno fatto e lo stanno facendo lavorare non poco: se oggi sono così è perché mi ha “manomesso” da capo a piedi. Di questo lo ringrazio, anche se al momento non mi è piaciuto molto essere levigata, a volte mi sembrava che più che carezze paterne fossero carezze fatte con guanti di carta vetrata molto grossolana. Quante volte ho cercato di sfuggire dalle ganasce! Stava male soprattutto il mio orgoglio e il mio “saper fare da sola”. Sono certa che ancora non sono come Lui ha pensato, ma mi piaccio già anche così. Chissà quanto orgoglio c’è in me per questo. Ma mi piaccio, mi piacio perché sono certa che è stato Lui a togliere la ruggine dei miei risentimenti e delle mancanze di perdono, a lisciare le asperità dei miei punti di vista sbagliati, a colmare con lo stucco del suo amore tutti i buchi del mio egoismo. Oh, non ero mica un mostro! Ero una come tanti… lontana da Dio..
mi piace entrare nel blog e trovare delle sane pagine di letteratura edificante, artigianale ed edificante come le parole che diresti a tuo figlio per spiegargli la vita.
Premio Internazionale “Tu es Petrus” nella categoria LAICI Costanza è quarta dietro al direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Vian, Navarro Valls e Kiko Arguello!!!
http://www.tuespetrus.it/?p=1848
se lo merita tutto il quarto posto! Grazie Costanza!
Alla faccia di chi mormora che non sa scrivere… e altro! Queste sì che sono soddisfazioni.
Brindisi assicurato, ma per votare che bisogna fare?
E’ possibile inviare il nome del proprio ‘vincitore del cuore’ sino al 30/05/2013, senza necessariamente fornire una motivazione, all’indirizzo e-mail:
premio@tuespetrus.it
Lo stesso indirizzo e-mail potrà esprimere non più di una preferenza per ogni singola categoria. In caso di più votazioni dalla stessa e-mail, si riterrà valida solo la prima per ogni categoria. E’ possibile votare per una sola, per più di una o per tutte le categorie previste. La classifica verrà aggiornata e pubblicata con cadenza settimanale sino al 15/05/2013 nell’area News del sito istituzionale dell’Associazione, all’indirizzo: http://www.tuespetrus.it, dopodiché, a partire dal 16/05/2013, il nome del vincitore dovrà essere scelto tra i tre più votati per ogni singola categoria. La classifica definitiva verrà pubblicata il giorno 01/06/2013.
votato! ecco i miei 4: Scola, Negri, don Fabio Rosini, Miriano.
Grazie Admin! Solita ccecata…
Votato!
Tanto di cappello 😀
…laici nel senso di non preti o che?
Ricopio:
A questo pensiero sorrido immaginando la parimenti amorosa gelosia di quel Dio, che nella Sua Incarnazione non a caso s’è fatto artigiano, per ognuno di quegli “operai” che liberamente accettano di farsi Suoi strumenti nell’edificazione del Regno, e di come anch’Egli, alla guisa di veri e propri attrezzi da lavoro, li plasmi attraverso gli accadimenti della vita, rendendoli sempre più adatti a quello specifico ruolo a cui sono chiamati nel compimento del Suo disegno.
Così mi risalta agli occhi come la docile obbedienza alla Sua volontà non sia affatto la schiavitù di una marionetta al suo burattinaio, ma sia invero il reale compimento di una vocazione ontologica cui ogni uomo, nella diversità dei talenti donatigli, è chiamato a riconoscere come propria predestinazione.
Da incorniciare