di Paolo Pugni
Lo scrittore è un po’ profeta, nel senso che aiuta a discernere che cosa capiti, scruta nelle profondità della scrittura, non quella sacra, ma quella quotidiana, che si compone per le strade, nelle case, sui giornali. Nella vita.
Ora capisco che già definirmi scrittore è peccato che grida di presunzione, ma posso vantare l’attenuante di un po’ di chilometri di carta, vera e virtuale, imbrattata per arrogarmi questo ruolo di scrutatore dell’umanità, dalla quale emergere non con esiti della votazione sul bene e il male, ma con una consapevolezza più ricca e cruda e perciò da condividere, per portarne peso e dono.
Ne consegue che i social media siano terreno buono per guardare questa umanità che mai la vita ti avrebbe messo accanto, e se è vero, come scrive benissimo Jonah Lynch ne Il profumo dei limoni (titolo che riprende questa splendida poesia di Montale) che dovremmo un po’ prendere le distanze dal web che ci cambia senza che ce ne rendiamo conto (un altro post su questo? Lo faremo!), è anche vedo che qui ci sia molto da osservare e comprendere.
A volte da vicino. Qualche tempo fa mia figlia, dopo una amabile chiacchierata a tavola in famiglia, ha scritto questo post sulla necessità di educare con fermezza e specialmente con il rispetto delle altre figure di riferimento: insegnante, istruttore, allenatore e così via.
Ha commesso una incredibile ingenuità: essere non solo sincera, ma politically uncorrect. Ha infatti parlato, senza criticarle ossessivamente, di sculacciate e sberlotti.
E’ cascato il mondo! Attacchi violenti, spesso imbecilli come di chi scrive, lì o su FB non ricordo, che il post non lo leggerà perché è convinto che contenga solo luoghi comuni e stupidate e che comunque non è d’accordo con quanto scritto…
Non mi interessa rivendicare né portare alla luce l’imbecillità di chi afferma che ogni pensiero è lecito e poi diventa intollerante con tutte quelle idee che non sono sovrapponibili alla sua.
Mi interessa vedere la qualità delle reazioni, che considero specchio di un paese che degenera e implode.
Nessuno che ti chieda di spiegare meglio, di chiarire il tuo pensiero. Nessuno sembra interessato a capire, quanto ad affermare. Le domande che ascoltano, aperta di chiarimento e chiusa di conferma, non appaiono su bacheche e blog. Solo affermazioni. E schiaffi.
Non c’è dialogo, c’è accusa, monologo, offesa.
Incoerenza.
C’è incapacità di provare a parlare del tema: le accuse vanno subito sul personale, sul vissuto. Non solo c’è stato chi ha minacciato Chiara di denunciarla all’ordine degli psicologi, ma molti hanno iniziato a sparare illazioni sulla sua infanzia, sulla nostra infanzia, sul metodo educativo, sulla nostra personale frustrazione.
Perché si scivola subito così sul personale? Sull’aggressione violenta?
Che cosa ci rende impossibile discutere di fatti e opinioni?
Una idea ce l’ho, ma me la riservo per un prossimo post. Per questo ho finito righe e parole.
Il web è l’arena dove l’incitazione, l’eccitazione prende il sopravvento sul confronto, sul dialogo. La tastiera diventa la nostra frusta e non se ne viene fuori. I fraintendimenti più o meno in malafede sono all’ordine del giorno. Si legge quello che ci interessa leggere, individuiamo un bersaglio e ci buttiamo addosso. Sui fatti di cronaca riportati dai giornali si ammucchiano commenti da scagliatori di pietra, poi il giorno dopo quando il fatto viene rettificato o i responsabili scagionati, ecco la schiera di lapidatori che passano sull’altra sponda. Si dice tutto e il contrario di tutto. Siamo moralisti e moralizzatori, buonisti e intolleranti, giudici e avvocati.
Grazie!
Proprio così!!!
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Grazie!
“Le domande che ascoltano, aperta di chiarimento e chiusa di conferma, non appaiono su bacheche e blog”
Forse anche perché, quando appaiono, non sempre ricevono come risposta chiarimenti pacati ma, spesso, sarcasmo, sberleffi o anche attacchi contro chi le ha formulate.
Interessante, e decisamente spesso (purtroppo) vero.
Ciò detto tendo a credere che il dialogo sia soprattutto indagine, riflessione, domanda: maieutica.
Secondo te che cosa spinge a questo ingiusto sarcasmo contro chi pone adeguate domande?
“Secondo te che cosa spinge a questo ingiusto sarcasmo contro chi pone adeguate domande?”
Un’ipotesi, mia personale, è che blog e internet vengono visti non come mezzo di dialogo, né come una piazza virtuale dove incontrarsi, scambiarsi esperienze e opinioni, ma come zona per ribadire e rafforzare ciò in cui si crede. Un luogo dove affermare e affermarsi, appunto.
Si potrebbe fare un parallelo, molto semplicistico e con tutti i limiti del caso, con una delle differenze tra la messa e il catechismo. Nella prima si cercano conferme di ciò in cui già si crede (e, per questo, il “dialogo” è limitato a frasi e formule standard), mentre nel catechismo c’è (ci dovrebbe essere) spazio per le domande, i dubbi, gli approfondimenti, il raccontare le proprie esperienze, confrontando opzioni e soluzioni. E anche le provocazioni ci stanno, se orientate al fine di capire meglio ciò che viene sostenuto.
Sia chiaro, non non affermo che il catechismo sia meglio della messa (o viceversa). Sono solo due momenti molto diversi tra loro, che non credo vadano mescolati. Vi immaginate, per esempio, se alla fine della predica un fedele alza la mano e pone una domanda su quanto appena detto? O se poi un altro fedele interrompe l’offertorio chiedendo spiegazioni su questo o quello? O che un altro, al momento di ricevere la comunione, ingaggia il celebrante in una discussione teologica?
Per qualcuno sentirsi fare delle domande su ciò che dice in un blog è come avere una nota stonata nell’orchestra di approvazione, di “bravo!”, di conforto e pacche sulle spalle, vere o virtuali che siano (le pacche, non le spalle…). E questa potrebbe essere una spiegazione delle reazioni alle domande “non allineate” che, solo per il fatto di non dire “sono d’accordo con te”, vengono viste come “provocazione” e “fomentazione di scontro”, quando addirittura come attacchi personali. Il tutto viene facilitato dalla velocità di stesura dei commenti, un po’ come se fosse un discorso verbale, dove però mancano tutti quegli elementi (mimica, tono di voce ecc) che possono modificare il crudo significato delle sole parole. E così la stessa frase può essere interpretata in modo completamente diverso a seconda di chi la legge (e di come si sente). Un’altra spiegazione di questa reazione è semplicemente legata al fatto che c’è gente che ha poca propensione al dialogo (nulla di male, siamo tutti diversi).
Poi la cosa può anche dipendere da chi amministra i blog stessi e dagli obbiettivi posti. C’è chi promuove un dialogo corretto prima di tutto, anche con chi la pensa in modo diametralmente opposto (e si esprime in modo pacato e argomentato) e chi invece punta sul confermare le idee e e le opinioni di un gruppo già omogeneo (il conforto prima del confronto) eliminando la discussione come “primario obiettivo” del blog stesso. Entrambe le posizioni ci stanno, sia chiaro e, se non c’è una vera e propria censura, non mi pare escludano dibattiti inconcludenti o esasperazioni delle posizioni delle parti. La seconda, secondo me, può avere il difetto di facilitare un po’ di più (giustificandole, a volte in modo esplicito) reazioni sarcastiche, quando non semplicemente cattive, verso domande sensate, le quali hanno il solo difetto di non essere allineate con la “filosofia” monocorde del sito e per questo risaltano di più, come una montagna risalta nella pianura (o un buco su una superficie piana, fate voi).
Questo è quanto penso.
E’ già tanto che non ti hanno denunciato per maltrattamenti.
Avevo letto solo il post (bellissimo)! Ora che ho letto anche certi commenti (illeggibili), poco ci manca che passassero alle mani!
Caro Paolo, ho letto il post di tua figlia e ho letto alcuni dei commenti.
Sul tema specifico del post, devo dire che qualche ingenuità è stata commessa: il termine sculacciate, sul web, attira la polemica quasi quanto la parola aborto. Visto che le paladine della non-violenza hanno solitamente un modo comunicativo piuttosto violento per sostenere le proprie convinzioni, l’esito era inevitabile. Ma questa è la superficie.
Di fondo, c’è una quasi latitanza del pensiero, dell’argomentazione logica. È un fenomeno diffuso nella società ad ogni livello, incoraggiato dalla consuetudine con il linguaggio televisivo, per sua natura non argomentativo, e con la parallela tendenza a un’assolutamente mal riposta autostima. L’autostima è il termine con cui il diavolo ha reso desiderabile la superbia.
Tale mancanza di razionalità è uno dei principali orrori della nostra società e un grave ostacolo all’evangelizzazione: se ci pensi, il male del nostro tempo è l’irrazionalismo.
Proprio per questo vedo l’azione dei cattolici sul web come un’azione prima di tutto di testimonianza di ragionevolezza, forse prima ancore che di fede: il germoglio della fede può nascere in mille circostanze, ma la ragione prepara un terreno fertile.
Questo tuo commento meriterebbe molto spazio e la dignità di un post (admin che ne pensi?) perché colpisce un nucleo duro, che tra l’altro ho molto a cuore.
Che bella frase quella sull’autostima!
Scrissi tempo fa, e perdona la presunzione dell’auto-citazione, “Uno dei più astuti trucchi del diavolo è che per spiegare la verità ci vogliono molte parole, per affermare la menzogna molte meno”.
Battiamoci per il ripristino della logica!
Grazie!
“Uno dei più astuti trucchi del diavolo è che per spiegare la verità ci vogliono molte parole, per affermare la menzogna molte meno”: grazie!
Paolo! Dove posso leggere il post di tua figlia? Grazie!
Clicca sulle parole questo post del testo e ci arrivi Grazie!
Certo che qualche commento sarebbe da “prendere a sculacciate”..Ognuno capisce quel che vuol capire! Complimenti per tua figlia.
Ma infatti, è molto meglio incarnarla la verità piuttosto che spiegarla: molto più efficace e meno logorante 🙂
Ineccepibile:
con un solo piccolo problema:
taglia fuori il 95% del mondo e della vita
E certo, questo è un problema: come la mettiamo con l’ambizione di santificarci in ogni circostanza della vita ordinaria?
allora non ho capito cosa dicevi: mi spieghi cosa intendi per “incarnare”? perché io l’ho preso per fare vita concreta, reale, e siccome buona parte del mondo oggi non è reale, ma virtuale, come questa famiglia bloggante, diventa complesso incarnare qualche cosa che carne non è.
Ma credo che tu intendessi altro, per cui lascio a te la parola…
Ben consapevole che anche sulla carta e sul web bisogna santificare ogni circostanza, che poi è il tema del post, credo.
Questa cosiddetta vita virtuale è secondo me anch’essa vita.
Incarnare nel senso di fare propria, cioè vivere nella verità. E non si può negare che anche il virtuale ci da la possibilità di scegliere se vivere nella verità o limitarci a predicarla.
ok, capito: comprendo l’assenza di distinzione. Mi sfugge come possa incarnare la verità senza redde rationem, senza motivare, giustificare di fronte a pareri diversi la mia scelta.
Ma forse questa è una fissazione maschile, siamo noi che dobbiamo scomporre l’evidenza in sillogismi, altrimenti non potremmo capire la verità, che le donne intuiscono senza mediazione razionale.
“Visto che le paladine della non-violenza hanno solitamente un modo comunicativo piuttosto violento per sostenere le proprie convinzioni”: tragico ma vero!
….pur senza esagerare con il “mito” dell’argomentazione logica in se stessa, stato puro.
Quale sarebbe questa argomentazione logica? Ne stai facendo e ne sai fare uso te o io? etc.etc.etc.
(ancora la metafora del terreno fertile, del seme che dà frutto, della piantina che si rafforza, del ranuncolo etc.?)
E tutti le erbe che (direbbe, forse, il Vangelo?) che vengono fori da sé,
anche tre le pietre, tra i rovi, perfino sul cemento?
non lo so, ci devo pensare. Credo nella logica, quella aristotelica, oggi riproposta con vigore da Goldratt e dalla sua scuola di pensiero, la TOC (Theory of Constraints).
La logica presuppone ascolto, attenzione all’altro, perché se anche hai la convinzione di possedere la verità, devi farla scoprire non imporre. Socraticamente parlando.
Non ho risposte, non ancora, alla tua domanda Alvise.
Magari aiutami a trovarla tu.
Bellissimo commento
Buongiorno!
Eh si … proprio così, è svanito il valore del confronto e ci si erge tutti a giudici.
Se posso permettermi vorrei segnalare un blog interessante dove l’autore approfondisce su diversi temi attuali, come appunto l’odierna idea di “educazione”.
Il suo linguaggio è terra terra … ma va’ sempre dritto al punto. Forse si tratta di un uomo geloso del biblico concetto di famiglia.
http://www.tuttoquellochegliuomininondicono.blogspot.com
Grazie,
Serena
Una volta pensavo che la cosa dipendesse dall’anonimato: non essendo costretti a fissare negli occhi il proprio avversario, non essendo obbligati a meterci la faccia, rischiando nulla o quasi nulla, così pensavo, saltano quei provvidenziali guardiani della convivenza civile che sono i freni inibitori e ci si sente autorizzati a fare e dire qualsiasi cosa. Nella vita reale, così pensavo, questi sono per lo più bravi ragazzi e stimati professionisti che non si sognerebbero mai di rivolgersi a te in quel modo. Tanto è vero, così pensavo, che fenomeni di questo genere sono un privilegio soprattutto di quei popoli, come il nostro, virtualmente analfabeti (nel senso di parvenue nel mondo virtuale).
Ed una volta forse era effettivamente così.
Oggi mi preoccupa vedere una tracimazione dal mondo virtuale a quello reale, la maleducazione e l’arroganza dal web dilagano alla vita reale e sono sempre più diffuse e onnipresenti e certo questo mi spaventa, è come se dopo essere saltati in rete i freni inibitori fossero saltati ovunque.
Detto questo più che di una capitolazione della logica (peraltro innegabile) io parlerei più generalmente di una capitolazione della cultura. La cultura ed ogni forma di sapere presuppongono sacrificio, tempo, lunghe ore di eserczio “per dare stile al caos” (Pasolini), tutta roba che è decisamente fuori corso sul web e in genere in una vita sempre più a ritmo di macchina
Grazie don Fabio!
L’insulto, lo sfogo umorale, sono fulminei, repentini, impegnano poco tempo e poco affaticano il neurone. L’argomentazione razionale domanda tempo di incubazione, labor limae: esige parecchio tempo per maturare, essere formulata ed essere intesa da chi la prende sul serio. Troppo, troppo tempo, per una società che osteggia il pensiero della morte vera (e ostenta quella virtuale), brama la giovinezza perpetua e poi – paradossalmente – corre a rotta di collo, quasi che il futuro ancora a disposizione si sia fatto brevissimo, e il poco che si possa ancora compiere si possa compiere solo precipitosamente.
La concitazione ansiogena dell’istante (controfigura atea e deprimente dell’eternità) conduce a valorizzare quasi esclusivamente lo schema stimolo-risposta più elementare: quello del riflesso monosinaptico. Per capirci: avete presente quando il medico vi colpisce dolcemente col martelletto sotto la rotula? Noi tutti (se non abbiamo guai neurologici), senza pensarci e in modo del tutto involontario, alziamo la gamba. In quel riflesso è coinvolta solo una sinapsi: il circuito stimolo (colpo di martelletto) – risposta (movimento della gamba) non transita neppure dal cervello. Allo stesso modo, se io dico “aborto”, “preservativo”, “sesso”, “pillola”, “sculacciate”, “schiaffo” ecc. (stimoli), in molti scattano risposte del tutto automatiche come il drizzarsi della gamba; risposte la cui emissione non necessita di una sosta presso il cervello.
Es.: dico “aborto”. L’antiabortista viscerale si produrrà in una requisitoria tonante (senza mostrare soverchio rispetto per le pur colpevoli donne che lo praticano), l’antiabortista viscerale intonerà invece impavido la tiritera sull’incomprimibile “diritto di scelta della donna”.
Chi implica nel proprio argomentare pure il cervello corre il rischio invece di giungere a dire:
“È necessario che la società tutta si ponga a difesa del diritto alla vita del concepito e del vero bene della donna, che mai, in nessuna circostanza, potrà trovare realizzazione nella scelta dell’aborto. Parimenti sarà necessario […] non far mancare gli aiuti necessari alle donne che, avendo purtroppo già fatto ricorso all’aborto, ne stanno ora sperimentando tutto il dramma morale ed esistenziale. Molteplici sono le iniziative, a livello diocesano o da parte di singoli enti di volontariato, che offrono sostegno psicologico e spirituale, per un recupero umano pieno. La solidarietà della comunità cristiana non può rinunciare a questo tipo di corresponsabilità. Vorrei richiamare a tale proposito l’invito rivolto dal Venerabile Giovanni Paolo II alle donne che hanno fatto ricorso all’aborto: “La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non s’è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con speranza il vostro bambino. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita” (Enc. Evangelium vitae, 99).”
(Benedetto XVI, dal discorso ai partecipanti all’assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, 26 febbraio 2011).
Quindi gli antiabortisti usano il cervello e gli altri no? usano cosa?
Chi è viscerale? E chi non lo è?
“Tutti i ragionamenti hanno un capo e una coda, e sotto la coda c’è il culo, sempre!”
Ho detto che viscerali possono essere sia gli abortisti sia gli antiabortisti.
Gli abortisti hanno argomenti razionali deboli (basta vedere quelli adoperati a più riprese in questo blog), argomentano male.
Non tutti i ragionamenti hanno un capo e una coda, alcuni hanno una coda che c’entra niente col capo (e quindi sono… sragionamenti), altri non hanno né capo né coda. Il sedere c’entra niente con il ragionamento.
No, vedi, sicuramente un lapsus esemplare, in questo caso, usi sempre “antiabortisti”, abortisti non ti viene proprio!!!
Quanto al culo come ultimo risultato credo sia incontrovertibile…
è un lapsus evidentissimo, “abortisti viscerali” mi viene eccome, tant’è che ho scritto “Ho detto che viscerali possono essere sia gli abortisti sia gli antiabortisti”…
quest’ultimo punto te l’appoggia (letteralmente!) anche Gesù, Alvise, ma il buon Dio precisava che questo “ultimo risultato” riguarda semplicemente ciò che non concerne l’essenza dell’uomo…
“E disse loro: “Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?”. Dichiarava così mondi tutti gli alimenti.
Quindi soggiunse: “Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo.
Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi,
adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.
Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo”.
(Mc 7, 18-23)
“La concitazione ansiogena dell’istante (controfigura atea e deprimente dell’eternità)”
molto bello
Sono d’accordo con quanto scrivi, Paolo. Siamo stati disabituati ad ascoltare, o meglio ad ascoltare attivamente, mettendo in moto il nostro spirito critico e la reale disponibilità a mettersi in discussione. Davvero pero’ non saprei indicarne le cause. Una sola perplessita’: ho letto il post di tua figlia ( che in buona parte condivido), ma non ho letto i commenti rabbiosi e incivili cui fai riferimento.
curioso… mi interessa sapere come giudichi un commento per essere rabbioso ed incivile, visto che su questa stessa pagina altri li hanno trovati molto aggressivi.
Ed è una domanda sincera si intende, altrimenti sarei un ipocrita nel mio stesso post…
Ciao Paolo,
ho letto il post di tua figlia e la maggiornaza dei commenti: da farti girare la testa!
Io sono madre di due figli di 7 e 5 anni, sono insegnante e catechista. Ma soprattutto vivo all’estero e naturalmente ho contatti con altre famiglie di italiani e con famiglie bilingue come la mia (mio marito non e’ italiano). La mia situazione e’ in un certo senso privilegiata perche’ posso osservare da vicino come educano le famiglie interamente autottone, interamente allottone e quelle di cultura commista come la mia.
Be’, ti devo dire che, nonostante le cultura dominante sia ancora piu’ progressiva di quella italiana (ognuno dia a coscienza propria valore positivo o negativo a tale termine “progressivo”), nelle famiglie dove entrambi i genitori sono allottoni si trovano in genere bambini che hanno chiaro il senso del rispetto verso il prossimo (compreso verso le persone con cui vivono) e verso le cose, per esempio al museo, dove ho accompagnato la maesta con 24 bambini di 6 anni: mezz’ora di totale silenzio e compostezza! Questo rispetto viene nutrito da chiari accordi verbali (cioe’ si spiega per prima cosa cosa si puo’ e non si puo’ fare) ai quali seguono azioni coerenti al momento della trasgressione: “che cosa e’ successo?”, “questo non si puo’ fare perche’…” oppure “lo sai che non si puo'”. A seguire una punizione commisurata: mettere il bambino fermo in un angolo della stanza per un numero di minuti pari alla sua eta’. L’esperienza mostra che la coerenza dell’adulto – il che significa anche il sacrificio di interrompere la propria attivita’ e impegnarsi ‘subito e totalmente nell’educazione del figlio con pazienza e fermezza – e’ un atteggiamento che premia nel lungo termine. E’ un lungo termine, perche’ quei minuti nell’angolo (oppure seduti su una sedia senza poter fare altro) sono interminabili anche per noi “grandi”. Vorremmo andare avanti con il nostro progetto, con la nostra vita. Invece dobbiamo star li’ ad aspettare e seguire senza essere visti quel figlio che non sta facendo niente, se non forse piagnucolare per l’affronto subito (devo dire che il figlio si sente un po’ messo alla finestra, si sente guardato per quello che ha fatto di sbagliato). E poi i veri frutti si vedono quando questo figlio impara e chiede scusa per quello che ha fatto ancora prima che tu te le accorga. Per me ormai e’ gia’ cosi’, gia’ ne raccolgo i frutti. Poi quando lui cresce tu gli spieghi che lo metti fermo da una parte perche’ abbia la possibilita’ di ripensare a quello che e’ successo. Questo gli da’ modo di chiarirsi le idee e soprattutto calmarsi un po’. Quello che sembrava all’inizio un mettere alla gogna il condannato diventa un momento privilegiato per una meditazione personale e morale e forse una occasione di rapporto con un Altro. Nella liberta’ (anche il bambino puo’ essere libero senza essere abbandonato/ignorato dall’adulto o senza diventare il tiranno di casa).
Nelle famiglie interamente italiane vedo esattamente le cose che vengono gia’ deplorate un po’ da tutti voi. Le mie amiche italiane con marito italiano non vogliono credere ai consigli dei pediatri e degli psicologi infantili di qui da cui io ho imparato quanto sopra e hanno dei figli di cui si vergognano. Mi dispiace molto per loro.
Grazie Laura!
grazie Laura, una testimonianza chiara, ricca e molto lucida.
Un chiarimento: per autottoni intendi locali (indigeni nel senso solo etimologico del termine si intende) e per allottoni intendi stranieri, immigrati (sempre nel senso etimologico si intende), è così?
Grazie davvero!
Paolo
Sulla definizione allottoni-autoctoni: in effetti e’ una differenziazione originariamente basata sull’origine linguistica che io ho usato al posto di termini come immigrati e locali.
@Serena: ma fai sul serio? Quello da te portato a esempio e’ il blog di un uomo che usa l’ appellativo “galline” per citare il movimento femminista in generale, che definisce le donne (sempre in generale) “stridule e fastidiose”. Non mi pare proprio l’esempio di uno spazio di confronto critico e ragionevole…
@Paolo Pugni: ho riletto i commenti al post di tua figlia e, a parte l’anonimo che sproloquia di denunce all’ordine degli psicologi ( ma i matti sono dappertutto), gli altri commenti mi sembrano rientrare nella logica della discussione civile. Dissensi piu’ o meno vivaci, ma una maggioranza di consensi… Ma forse sono stati cancellati dei commenti insultanti?
può essere, chiedo a lei, perché ne ricordo di… pepati… 😉
Ok… In ogni caso se li avesse cancellati avrebbe fatto bene: credo che sul web, proprio perché stai dialogando con qualcuno che non conosci, dovresti usare maggiore delicatezza e rispetto (anche nel dissenso per carità’!).Invece molti si schermano dell’anonimato per dare sfogo alle loro frustrazioni… Per restare in tema: sculaccioni ci vorrebbero! 😉
Mi colpiscono sempre commenti più lunghi del post.
Paolo Pugni:
a me mi sembra, invece, che non sia “educativo” che una ragazza scriva un blog e che il
suo babbo intervenga nei commenti mescolandosi alla discussione, che sia accesa o pepata o che altro. O anche questa mia considerazione non si tiene dentro la discussione, è un attacco personale sleale, o che altro?
Come non detto.
non comprendo che cosa tu intenda dire, né con non educativo Nè con attacco sleale
@Paolo “Mi sfugge come possa incarnare la verità senza redde rationem, senza motivare, giustificare di fronte a pareri diversi la mia scelta.”
La mia esperienza è che quanto più le cose di cui parlo sono incarnate nella mia vita tanto meno devo giustificarle di fronte a chi la pensa diversamente. Se amo le scelte che faccio non faccio fatica a spiegarle. Anche se si tratta di scelte non condivise dai più. E se non vengo capita su qualcosa di cui sono profondamente convinta perché è parte della mia vita non perdo la pace. Quando invece sono un po’ incerta, o succube della verità che predico non solo non sono convincente ma mi incazzo anche perché non riesco ad esserlo.
Io l’ho detto: questa donna c’ha gli attributi!
fk, ho cercato il tuo primo commento rivolto a me, ma non l’ho trovato, Non mi ricordo per cosa pregavi 🙂
No, non ho gli attributi, fidati.
Anzi oggi mi sento così una caccola che neppure sorrido leggendo il tuo “complimento”. E mi si è pure rotta la lavastoviglie
Per fortuna che non l’hai trovato!
Comunque il mio voleva essere proprio un complimento. E’ quando ci sentiamo delle caccole che il Padreterno tira fuori il meglio da noi…
Certo, per la lavastoviglie è proprio un bel casino!
Capisco e apprezzo, probabilmente io non ne sono capace.
e chi lo è, Paolo? Ma per fortuna il lavoro difficile possiamo lasciarlo fare a Qualcun altro. In fondo incarnare la verità non vuol dire questo? “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”