
Ammiro molto le madri che con fiuto e sicurezza sanno individuare i talenti dei propri figli, e coltivarli con determinazione. Corsi di musica, lingua, sport. Già vedo medaglie e titoli accademici che stanno per piovere sui loro virgulti.
Io nei miei figli individuo talenti meravigliosi, con i quali però difficilmente potranno assurgere ad onori mondani.
Purtroppo la capacità di spargere a terra, prima della doccia, capi di abbigliamento sporchi nel raggio di azione più ampio non è stata ancora omologata come specialità olimpica.
Una bambina riesce a rompere praticamente qualsiasi oggetto le capiti a tiro, ma anche per questa suprema qualità non vedo un’utilizzazione pratica immediata.
Sua sorella ha un grande senso dell’umorismo, e ci ribaltiamo insieme dalle risate anche se ha 4 anni (o lei è avanti o io sono indietro).
Quanto al grande, vuole ritirarsi a vita privata come Salinger. Gli manca solo di scrivere il romanzo del secolo. Per ora ha cominciato la sua biografia: Lo chiamavamo naso a banana. Comincia con il capitolo I miei primi quindici anni. Peccato che ne abbia undici.
In attesa di trovare in loro altri talenti, sono certa che uno dei maschi sia primatista mondiale di laconicità.
Non potendo leggere meravigliosi saggi sociopsicoantropoqualcosa mi sono confrontata con i miei figli in previsione delle Invasioni Barbariche. Questa sì che è professionalità.
E così, mister poche parole ha ribadito il suo pensiero più volte espresso: uomini e donne non hanno niente in comune, salvo che sono esseri viventi. “Dai, sforzati, troviamo qualcosa che ci unisce” “Non posso neanche dirti che uomini e donne hanno tutti e due i capelli – ribadisce convinto il signor testadura – perché molti uomini li perdono.”
Il giovane filosofo è un acuto osservatore, e ha rafforzato le sue convinzioni guardando me e suo padre che preparavamo i bagagli: lui starà due notti a Ginevra, io una a Milano (la prima volta che lascio tutti e quattro i pargoli).
Il padre è partito con un bagaglio delle dimensioni di un cestino dell’asilo.
Io sto riempendo la terza sacca. Vuoi non portarti le scarpe per correre? Vuoi non avere un messale? Vuoi rinunciare a una maschera per capelli, un diario, un blocchetto, un’agenda, due libri, un computer, un vestito per la trasmissione, uno per il viaggio, uno per il giorno dopo, le foto dei figli, due telefoni, la liturgia delle ore?
Qualsiasi cosa accada, io sarò pronta ad affrontarla. Avrò tutto con me. Tranne la lucidità di mio marito.
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