di Benedetto XVI
Roma , 8 febbraio 2013 . Cappella del Seminario
Abbiamo ascoltato tre versetti dalla Prima Lettera di San Pietro (cfr 1,3-5). Prima di entrare in questo testo, mi sembra importante proprio essere attenti al fatto che è Pietro che parla. Le prime due parole della Lettera sono “Petrus apostolus” (cfr v. 1): lui parla, e parla alle Chiese in Asia e chiama i fedeli “eletti e stranieri dispersi” (ibidem). Riflettiamo un po’ su questo. Pietro parla, e parla – come si sente alla fine della Lettera – da Roma, che ha chiamato “Babilonia” (cfr 5,13). Pietro parla: quasi una prima enciclica, con la quale il primo apostolo, vicario di Cristo, parla alla Chiesa di tutti i tempi.
Pietro , apostolo. Parla quindi colui che ha trovato in Cristo Gesù il Messia di Dio, che ha parlato come primo in nome della Chiesa futura: “Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo” (cfr Mt 16,16). Parla colui che ci ha introdotto in questa fede. Parla colui al quale il Signore ha detto: “Ti trasmetto le chiavi del regno dei cieli” (cfr Mt 16,19), al quale ha affidato il suo gregge dopo la Risurrezione, dicendogli tre volte: “Pascola il mio gregge, le mie pecore” (cfr Gv 21,15-17). Parla anche l’uomo che è caduto, che ha negato Gesù e che ha avuto la grazia di vedere lo sguardo di Gesù, di essere toccato nel suo cuore e di avere trovato il perdono e un rinnovamento della sua missione. Ma è soprattutto importante che questo uomo, pieno di passione, di desiderio di Dio, di desiderio del regno di Dio, del Messia, che quest’uomo che ha trovato Gesù, il Signore e il Messia, è anche l’uomo che ha peccato, che è caduto, e tuttavia è rimasto sotto gli occhi del Signore e così rimane responsabile per la Chiesa di Dio, rimane incaricato da Cristo, rimane portatore del suo amore.
[…] san Pietro scrive da Roma. E’ importante: qui abbiamo già il Vescovo di Roma, abbiamo l’inizio della successione, abbiamo già l’inizio del primato concreto collocato a Roma, non solo consegnato dal Signore, ma collocato qui, in questa città, in questa capitale del mondo. Come è venuto Pietro a Roma? Questa è una domanda seria. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano che, dopo la sua fuga dal carcere di Erode, è andato in un altro luogo (cfr 12,17) – eis eteron topon –, non si sa in quale altro luogo; alcuni dicono Antiochia, alcuni dicono Roma. In ogni caso, in questo capitolo, va detto anche che, prima di fuggire, ha affidato la Chiesa giudeo-cristiana, la Chiesa di Gerusalemme, a Giacomo e, affidandola a Giacomo, egli tuttavia rimane Primate della Chiesa universale, della Chiesa dei pagani, ma anche della Chiesa giudeo-cristiana. E qui a Roma ha trovato una grande comunità giudeo-cristiana. I liturgisti ci dicono che nel Canone romano ci sono tracce di un linguaggio tipicamente giudeo-cristiano; così vediamo che in Roma si trovano ambedue le parti della Chiesa: quella giudeo cristiana e quella pagano-cristiana, unite, espressione della Chiesa universale. E per Pietro certamente il passaggio da Gerusalemme a Roma è il passaggio all’universalità della Chiesa, il passaggio alla Chiesa dei pagani e di tutti i tempi, alla Chiesa anche sempre degli ebrei. E penso che, andando a Roma, san Pietro non solo ha pensato a questo passaggio: Gerusalemme/Roma, Chiesa giudeo-cristiana/Chiesa universale. Certamente si è ricordato anche delle ultime parole di Gesù a lui rivolte, riportate da san Giovanni: “Alla fine, tu andrai dove non vuoi andare. Ti cingeranno, estenderanno le tue mani” (cfr Gv 21,18). E’ una profezia della crocifissione. I filologi ci mostrano che è un’espressione precisa, tecnica, questo “estendere le mani”, per la crocifissione. San Pietro sapeva che la sua fine sarebbe stato il martirio, sarebbe stata la croce. E così, sarà nella completa sequela di Cristo. Quindi, andando a Roma certamente è andato anche al martirio: in Babilonia lo aspettava il martirio. Quindi, il primato ha questo contenuto della universalità, ma anche un contenuto martirologico. Dall’inizio, Roma è anche luogo del martirio. Andando a Roma, Pietro accetta di nuovo questa parola del Signore: va verso la Croce, e ci invita ad accettare anche noi l’aspetto martirologico del cristianesimo, che può avere forme molto diverse. E la croce può avere forme molto diverse, ma nessuno può essere cristiano senza seguire il Crocifisso, senza accettare anche il momento martirologico.
Dopo queste parole sul mittente, una breve parola anche sulle persone alle quali è scritto. Ho già detto che san Pietro definisce quelli ai quali scrive con le parole “eklektois parepidemois”, “agli eletti che sono stranieri dispersi” (cfr 1 Pt 1,1). Abbiamo di nuovo questo paradosso di gloria e croce: eletti, ma dispersi e stranieri. Eletti: questo era il titolo di gloria di Israele: noi siamo gli eletti, Dio ha eletto questo piccolo popolo non perché noi siamo grandi – dice il Deuteronomio – ma perché lui ci ama (cfr 7,7-8). Siamo eletti: questo, adesso san Pietro lo trasferisce a tutti i battezzati, e il contenuto proprio dei primi capitoli della sua Prima Lettera è che i battezzati entrano nei privilegi di Israele, sono il nuovo Israele. Eletti: mi sembra valga la pena di riflettere su questa parola. Siamo eletti. Dio ci ha conosciuto da sempre, prima della nostra nascita, del nostro concepimento; Dio mi ha voluto come cristiano, come cattolico, mi ha voluto come sacerdote. Dio ha pensato a me, ha cercato me tra milioni, tra tanti, ha visto me e mi ha eletto, non per i miei meriti che non c’erano, ma per la sua bontà; ha voluto che io sia portatore della sua elezione, che è anche sempre missione, soprattutto missione, e responsabilità per gli altri. Eletti: dobbiamo essere grati e gioiosi per questo fatto. Dio ha pensato a me, ha eletto me come cattolico, me come portatore del suo Vangelo, come sacerdote. Mi sembra che valga la pena di riflettere diverse volte su questo, e rientrare di nuovo in questo fatto della sua elezione: mi ha eletto, mi ha voluto; adesso io rispondo.
Forse oggi siamo tentati di dire: non vogliamo essere gioiosi di essere eletti, sarebbe trionfalismo. Trionfalismo sarebbe se noi pensassimo che Dio mi ha eletto perché io sono così grande. Questo sarebbe realmente trionfalismo sbagliato. Ma essere lieti perché Dio mi ha voluto non è trionfalismo, ma è gratitudine, e penso che dobbiamo re-imparare questa gioia: Dio ha voluto che io sia nato così, in una famiglia cattolica, che abbia conosciuto dall’inizio Gesù. Che dono essere voluto da Dio, così che ho potuto conoscere il suo volto, che ho potuto conoscere Gesù Cristo, il volto umano di Dio, la storia umana di Dio in questo mondo! Essere gioiosi perché mi ha eletto per essere cattolico, per essere in questa Chiesa sua, dove subsistit Ecclesia unica; dobbiamo essere gioiosi perché Dio mi ha dato questa grazia, questa bellezza di conoscere la pienezza della verità di Dio, la gioia del suo amore.
Eletti: una parola di privilegio e di umiltà nello stesso momento. Ma “eletti” è – come dicevo – accompagnato da “parapidemois”, dispersi, stranieri. Da cristiani siamo dispersi e siamo stranieri: vediamo che oggi nel mondo i cristiani sono il gruppo più perseguitato perché non conforme, perché è uno stimolo, perché contro le tendenze dell’egoismo, del materialismo, di tutte queste cose.
Certamente i cristiani sono non solo stranieri; siamo anche nazioni cristiane, siamo fieri di aver contribuito alla formazione della cultura; c’è un sano patriottismo, una sana gioia di appartenere ad una nazione che ha una grande storia di cultura, di fede. Ma, tuttavia, come cristiani, siamo sempre anche stranieri – la sorte di Abramo, descritta nella Lettera agli Ebrei. Siamo, come cristiani, proprio oggi, anche sempre stranieri. Nei posti di lavoro i cristiani sono una minoranza, si trovano in una situazione di estraneità; meraviglia che uno oggi possa ancora credere e vivere così. Questo appartiene anche alla nostra vita: è la forma di essere con Cristo Crocifisso; questo essere stranieri, non vivendo secondo il modo in cui vivono tutti, ma vivendo – o cercando almeno di vivere – secondo la sua Parola, in una grande diversità rispetto a quanto dicono tutti. E proprio questo per i cristiani è caratteristico. Tutti dicono: “Ma tutti fanno così, perché non io?” No, io no, perché voglio vivere secondo Dio. Sant’Agostino una volta ha detto: “I cristiani sono quelli che non hanno le radici in giù come gli alberi, ma hanno le radici in su, e vivono questa gravitazione non nella gravitazione naturale verso il basso”. Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad accettare questa missione di vivere come dispersi, come minoranza, in un certo senso; di vivere come stranieri e tuttavia di essere responsabili per gli altri e, proprio così, dando forza al bene nel nostro mondo.
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testo integrale www.vatican.va
Benedetto XVI è stato un dono immenso per la Chiesa. Dal Cielo Sara soltanto molto più “operativo”. Lode e ringraziamento a Signore❤️🙏❤️
Ringraziamo e lodiamo il Signore per averci dato un autentico Pastore di anime, difensore luminoso della Verità, della Dottrina Apostolica e del Magistero di sempre, vero combattente del progressismk e relativismo che ultimamente impera. Che Dio lo accolga nel Suo Regno, lui Suo dolce ed umile servo. Dall’alto continuerà a proteggere la Chiesa di Cristo, ancora più di quello che ha potuto fare su questa terra. Grazie infinite, Benedetto XVI, padre di anime.
L’unica cosa che mi nasce nel cuore è un grande grazie per Papa Benedetto XVI. Il Signore ha voluto prenderlo con Se ma sono convinta che continuerà a proteggere la Chiesa. Il suo grande cuore ora potrà esprimere tutto il suo grande amore per l’umanità senza più i limiti della condizione umana. Grazie Papà Benedetto, Grazie Signore.
Buon nuovo anno Costanza. Grazie per diffondere costantemente la parola di Dio. Sei una portavoce importante di tutti noi fedeli.
Molti fedeli, oggi, si dispiacciono per la morte di Benedetto XVI, mentre io sono contento che lo scenario, voluto da Dio, si chiarisca, e Papa Francesco ne prenda atto.
Tutto è bene per quelli che credono nella Provvidenza: sicuramente ne verrà un gran bene per la Chiesa e il mondo.
Angelo Di Marzo
Un meraviglioso Dottore della Chiesa! Ci custodisca saldi nella fede e nella ricerca della Verità, sempre…a qualsiasi costo!
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Era tanto bravo… il prevedibile sperticarsi di lodi. Dopo la morte.
Quanto è vero il detto: “Il Re è morto, viva il Re”. E ancor più il “nostro” “morto un Papa se ne fa un altro”. In questo caso già c’era ma si tratta solo dell’eccezione che conferma la regola.
Non voglio essere sarcastico, solo intendere dire quello che tutti sanno ma non dicono mentre si accodano al coro degli ipocriti.
Ma si, è stato un grande Papa.
Per la verità credo che qualsiasi Papa sia stato “grande” per il solo fatto che lo era ed ha occupato un posto esclusivo nella storia. Tutti hanno contribuito alla costruzione della Chiesa: “Tu sei Pietro e su di te edificherò la mia chiesa”, Nel bene e nel male (perché Dio fa nuove tutte le cose e scrive dritto anche sulle righe storte e permette il male per cavarne un bene maggiore…), Anche se non hanno fatto “nulla” durante il loro tempo hanno spinto la barca della Chiesa ancora un po’ più in là: qualcosa in più che ancora mancava al corpo mistico di Dio.
Esprime un giudizio sostanzialmente politico sul papato e quello successivo, o addirittura come in questo caso, il loro sovrapporsi, è un esercizio intellettuale che non rende giustizia ai singoli pontefici. Meglio, non la rende ai singoli uomini che il Signore ha chiamato a quel ruolo.
Anche in questo caso lo Spirito Santo susciterà solo poi le giuste riflessioni negli uomini di buona volontà mentre la storia giudicherà i fatti secondo l’intelligenza (assai condizionabile e ballerina) della sua carne. Vedremo quale sarà il giudizio più attendibile, quello più misericordioso, quelle meno ideologizzato.
Per quanto mi riguarda Papa Benedetto XVI è stato un grandissimo Papa.
E vorrei che i pontefici fossero tutti grandissimi. Perché amo la Chiesa e non godo nel vederla divisa, lacerata, derisa, attraversata da faide, plagiata dal potere, sedotta dai vizi… cioè infiltrata dal maligno. Ma tant’è… è stato così fin dal principio.
La lotta finirà solo con la fine.
Benedetto XVI prega per il Papa, per il bene della Chiesa del Signore nostro Gesù Cristo e per noi.