di Cristina Tessaro
E’ la notte di San Valentino del 1991, giovedì grasso, secondo il calendario ambrosiano. Fa freddo e in un campo di periferia ritagliato da lastre di neve ghiacciata, Don Isidoro Meschi chiude gli occhi per sempre, mentre gli spunta un misterioso sorriso sulle labbra. E’ stato appena accoltellato – al cuore, un solo colpo incredibilmente preciso – da Maurizio, un giovane psicolabile che il sacerdote tenta da sempre di riabilitare.
Siamo a Busto Arsizio, popolosa cittadina del Varesotto, terra di industrie, soprattutto tessili, e gente che lavora duro. Don Isidoro, detto Lolo, c’era arrivato nel 1972, dopo tre anni come rettore del seminario arcivescovile di Venegono Inferiore, dove egli stesso aveva studiato. Era il suo primo incarico in parrocchia, da prete “vero”: un traguardo che sognava fin da bambino, con quel desiderio tenace che segna le chiamate più autentiche. Persino quando morì suo padre, a soli 46 anni, il sedicenne Lolo non aveva ceduto alle richieste di lasciare il seminario da parte della madre disorientata da quella grave perdita e, con ferma dolcezza, l’aveva convinta a lasciarlo proseguire.
A Busto don Lolo venne assegnato alla parrocchia centrale di San Giovanni Battista e all’oratorio di San Luigi, come coadiutore. Diventò da subito il beniamino dei ragazzi, nei campi di pallone e nelle sfide di corsa dove era impossibile batterlo. Il suo esempio parlava di perseveranza, coerenza, di un’asprezza un po’ “maschia” che, all’occasione, sapeva tingersi di tenerezza, benché sotto il velo di una certa ritrosia. I ragazzi don Lolo li frequentava anche in due istituti cittadini della città, una scuola media e il liceo classico locale, dove era un professore di religione fuori dal comune. Bastava il suo carisma a catturare l’attenzione degli studenti, a cui l’insegnante offriva lezioni di profondo livello teologico, sempre adeguandone il linguaggio alle loro capacità di comprensione.
Inoltre, data la sua capacità di riflessione non comune, il prevosto della città gli assegnò, suo malgrado, la direzione giornalistica del settimanale diocesano: “Luce”, regolarmente aperto dai suoi editoriali, gli stessi che oggi, raccolti in un libro, ne dimostrano la capacità di penetrare lucidamente la realtà, al punto da risultare profetico e ancora attuale.
Ma don Lolo non era solo, e nemmeno aspirava ad essere, un pedagogo o un intellettuale fuori dal comune: egli era, prima di tutto, un “prete felice”, per usare le sue parole. Lo dimostrava nel confessionale, dove passava ore e ore. Fuori c’era sempre una fila di penitenti ad attendere: nessuno se ne andava insoddisfatto, piuttosto c’era da stupirsi della sua estrema sensibilità, della capacità di orientare in maniera esemplare qualunque fosse il tema del discernimento. Durante la messa il sacerdote schivo e quasi timido sembrava “trasfigurarsi” fisicamente mentre si immergeva totalmente nel mistero di Dio al momento della consacrazione, tanto da lasciare interdetti i parrocchiani. Il suo profondo amore per il Padre, poi, si traduceva in carità operosa a servizio di tanti bisognosi: da Maurizio, il ragazzo fragile che l’avrebbe ucciso, al vedovo lamentoso che il sacerdote ascoltò con pazienza tutte le mattine per anni, dai colleghi malati al povero che passava davanti alla sua sagrestia. Lui arrivava ovunque, anche se per farlo aveva rinunciato a gratificare se stesso, anche di notte dormiva pochissimo. “Dopo Dio, c’è l’orologio”, amava ripetere mentre inforcava la sua bicicletta, con due mollette da bucato a trattenergli la tonaca, anche se la temperatura era inversamente proporzionale ai chilometri da macinare.
Tra le urgenze che lo interpellarono, negli anni Ottanta si presentò prepotente lo spettro della droga. Don Lolo non sopportava l’idea di giovani vite spezzate dall’eroina e presto organizzò intorno a sé un gruppo di volontari. Con il loro aiuto, anche economico, realizzò un’impresa eccezionale: dopo averla acquistata, ristrutturò una vecchia cascina per farne una comunità di recupero. Nel 1987, quando accolse i primi ospiti, don Isidoro aveva pronto per loro un metodo di recupero, che aveva elaborato studiando di notte testi di psichiatria, psicologia, medicina, pedagogia e che aveva condensato nel testo: “Dallo sballo all’empatia”.
Era probabilmente destinato ad incarichi ecclesiali di prestigio, don Lolo: ma l’arcivescovo di Milano Martini esaudì il suo desiderio di restare a Busto, così che potesse seguire la sua opera. La sua vita, già così fitta di impegni, nell’ultimo anno si fece ancora più frenetica: gli venne assegnata una nuova parrocchia della città, mentre la vita della comunità gli assorbiva ogni istante libero. Era visibilmente stanco, don Lolo, e Maurizio non accettava di dover dividere le attenzioni del suo amico con altri disperati, troppi. Fu così che la notte di San Valentino, rubando un coltello alla cucina della madre, raggiunse il sacerdote in comunità. Una telefonata della donna aveva avvertito don Isidoro del pericolo e, quando Maurizio suonò al campanello del centro, egli, che aveva lasciato i ragazzi all’oscuro di tutto, volle andare incontro all’amico da solo. La sua vita finì a 46 anni non ancora compiuti, come più volte lui stesso aveva profetizzato, nello sconcerto dell’intera città. Al suo popolo, però, lasciò un ultimo, sorprendente regalo: pochi mesi prima della morte aveva confessato agli amici di avere scritto il proprio testamento, che fu ritrovato proprio prima del funerale e in quell’occasione letto alla chiesa, alla piazza e alle vie adiacenti gremite di gente:
“Sorelle e fratelli che mi avete conosciuto, accorgetevi che Gesù, Emmanuele, Cristo Signore è davvero in sovrabbondante, gioiosa pienezza Via, Verità, Vita. In Lui, con Lui, per Lui, scoprite quanto è bella la vita, in tutte le sue espressioni autentiche. Essa, può, forse, sembrare breve, deludente, anche crudele; è invece l’appuntamento e il cammino con l’immolarsi di Gesù per noi, perché noi possiamo credere, sperare, amare fino alla Risurrezione, fino alla vita eterna. Davanti a qualsiasi fratello, abbiate il coraggio di non chiudere né mente, né cuore; Gesù ce ne rende capaci e ci fa avere il “Suo centuplo”. Ricordatevi che, credendo in Cristo, abbiamo la incommensurabile ricchezza di poter pregare; non rinunciate mai a mettervi sempre quali discepoli che vogliono imparare a pregare. Adesso, sapendo che ogni giorno è reso dallo Spirito Santo Pentecoste, uniti a Maria che ci è Madre e Maestra nel permettere alla parola di Dio di illuminare e glorificare l’uomo, ricordando un poco pure me, elevate insieme la preghiera che il Vangelo di Gesù ci insegna: Padre Nostro…”.
Stupenda testimonianza
In quella stessa sera noi giovani (di allora, sigh!) eravamo in preghiera a Busto Arsizio per l’iniziativa della “Scuola della Parola”, nonostante fosse il giovedì grasso. Niente lasciava presagire quello che stava succedendo.
Ma non dimenticherò mai il confessionale di don Isidoro vuoto la mattina successiva quando, come di consueto prima di andare in ufficio, sono entrata in San Giovanni per sostare in preghiera per le lodi mattutine, ed il volto tirato di mons. Claudio Livetti che si è avvicinato per informarmi del fatto.
Oltre a tutto ciò che ha scritto Cristina, l’ultima immagine che mi porto dentro di don Isidoro sono i suoi piedi con le scarpe da footing che vedevo frequentemente al mattino quando si infilava in confessionale. Ed il suo sorriso felice, sì, da prete felice!
Sei stata fortunata ad averlo conosciuto di persona! I tuoi ricordi sono davvero preziosi. Grazie!
Caro don Isidoro
Prega e intercedi per i nostri “figli giovani” di adesso perché ritrovino il gusto della appartenenza a Dio, come eri tu.
Una preghiera anche per gli anziani, quelli che si sentono soli e incompresi per le loro esigenze spirituali.
Amen
Grazie per aver dato testimonianza a tutti ……di questo Sacerdote
Eh questi preti con fede! Ce ne sono ancora per fortuna ma non sempre si incontrano nel proprio cammino
Il Signore gli dia tutta la gloria che merita. Invochiamo il suo aiuto per la santità di tutti i sacerdoti, dei vescovi, del Papa e di tutto il popolo di Dio. Una vita spesa bene vale moltissimo anche se è breve.
Grazie. Leggendo mi sono commossa.
un prete testimone ,in missione che segue lo Spirito che lo ha mandato.
Prega per noi!
Che esempio anche per ognuno di noi. Quante riflessioni!
Grazie Cristina di averci dato di leggere, questa stupenda testimonianza.
Dei preti cosi oggi ce ne sono pochi ….ma ci sono.
Grazie.
Grazie per queste storie di uomini straordinari, almeno risollevano gli animi, visto che ultimamente se i giornali parlano della Chiesa ne parlano solo per gli scandali sessuali o di qualsiasi parola esca dalla bocca di Papa Francesco. Non ci sono altri argomenti. La Chiesa non è solo questo e questo blog è una ventata di aria fresca e pulita.
Peccato che questi uomini non facciano notizia con la loro umile e santa vita. Grazie Cristina per questa testimonianza, grazie Costanza.
Questo articolo mi porta a ricordare un’omelia pronunciata dall’attuale Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, proprio in occasione di un anniversario della morte di don Isidoro. La si può leggere qui:
http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=325
Non so se di preti così ce ne sono pochi… forse perché si parla di più dei preti, vescovi e cardinali che servono per alimentare il gossip. Che vengono usati da chi detesta Gesù Cristo e la sua Chiesa. Non voglio fare l’ ottimista ad oltranza, ma nemmeno la pessimista… sono comunque sicura che i preti fedeli alla loro ordinazione sono dove devono essere, dove il Signore li ha chiamati a vivere. Probabilmente preghiamo troppo poco per loro.Anche loro hanno bisogno delle nostre preghiere, perché sicuramente avranno dei momenti di stanchezza e fragilità. Grazie per questi articoli che ci ricordano che ci sono parroci, suore, frati, monaci, monache, vescovi ecc per la cui vita possiamo, e dobbiamo, essere grati al Signore.Fanno così bene !
Grazie di avermi fatto conoscere la vita bella e fiduciosa di questo santo presbitero. Sono d’accordo con Valeria. La santità è ordinariamente nascosta e non fa rumore, tantomeno si cura di salire sulla scena del mondo. Nella mia vita ho conosciuto tanti sacerdoti pieni di fede, che camminano in conversione insieme al popolo di Dio.
Sono d’accodirssimo con Giulia, sacerdoti santi ce ne sono e credo di averne conosciuti anche io. E’ una grazia incontrarli nel confessionale, rialzano quando ci si sente inadeguati (come sono io) confortandoti e facendoti “sentire” che Gesù ti cerca e ti è vicino anche e soprattutto perchè sei un peccatore e hai bisogno della Sua Grazia
Non potrò mai ringraziare abbastanza per averli incontrati nella mia vita!